Giordania: terra del cuore

Quattro giorni d'intensa scoperta delle meraviglie giordane: dalle acque trasparenti del mar Rosso all'incredibile Petra, passando per il deserto del Wadi Rum. .
Scritto da: alvinktm
giordania: terra del cuore
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Ci dicevano che la Giordania custodisce bellezze naturali e plasmate dall’uomo, che oltre ai panorami ci avrebbero conquistato le persone, con la loro accoglienza spontanea e calorosa. Non ci credevamo del tutto, eppure ci siamo dovuti ricredere. Certi sguardi e sorrisi allegri, così come le gentilezze inaspettate di coloro che ci hanno accompagnato in questo indimenticabile viaggio rimarranno per sempre nei nostri cuori.

Il poco tempo a disposizione e il fatto di viaggiare con un bimbo di sei anni, Leonardo, hanno influenzato la scelta di restare nella parte meridionale del Paese. La Giordania infatti si allunga da nord a sud, stretta tra Siria, Iraq, Arabia Saudita, Israele, e la capitale Amman sorge nella parte settentrionale, a una cinquantina di chilometri dai resort sul Mar Morto. Questo specchio d’acqua salatissimo si posiziona circa 400 metri sotto il livello del mare, aggiudicandosi così il primato di luogo più basso della terraferma. Lì si galleggia facilmente ma è quasi impossibile nuotare, l’eccessiva salinità può provocare bruciore e irritazione, perciò lo abbiamo escluso dall’itinerario al pari di Amman e alle attrazioni limitrofe (come il sito archeologico di Jerash e il Monte Nebo) in quanto per noi meno interessanti rispetto alle meraviglie custodite nella fascia meridionale della Nazione. Ovviamente si tratta di un’opinione personale, snocciolata per chiarire il motivo delle nostre scelte.

Voliamo quindi su Aqaba, secondo centro abitato della Giordania nonché unico porto, affacciato sul Mar Rosso. Avete capito bene, infatti in pochi sanno che pure i giordani possono godere di un lembo, se pur ristretto, di spiaggia lambito dalle acque cristalline di uno dei mari fra i più conosciuti al mondo per la barriera corallina. Negli ultimi anni Aqaba ha subito un’espansione edilizia fortissima che non accenna a fermarsi e in effetti la città è cosparsa si cantieri edili, mossi dalla ricchezza derivante dai turisti giunti fin qui per la vicinanza a Petra e al Wadi Rum.

Ma prima di illustrarvene le bellezze, eccovi elencati gli aspetti pratici di organizzazione del viaggio.

La Giordania è ben collegata all’Italia grazie alle compagnie aeree low cost tra cui spicca Ryanair. Per varcare i confini servono il passaporto con una validità residua di almeno sei mesi e un visto, gratuito, valido un mese e rilasciato direttamente all’aeroporto se si atterra ad Aqaba. Cosa diversa se optate per Amman, lì infatti è necessario pagare per ottenerlo a meno che non si abbia acquistato online il pacchetto turistico Jordan Pass, comprensivo dei biglietti d’ingresso per la maggior parte delle attrazioni del territorio. Prima di partire è necessario stipulare un’assicurazione sanitaria per l’intero periodo del soggiorno perché non esiste una convenzione sanitaria con il nostro paese e nel caso si dovesse ricorrere a cure o ricoveri il costo risulterebbe completamente a carico dell’interessato. Per quanto riguarda il Covid non sono più richieste quarantene d’ingresso, tamponi e certificati di vaccinazione.

mesi migliori per visitarla sono la primavera, fino a metà giugno, e l’autunno fino a metà novembre, per le ovvie ragioni dovute al caldo estivo opprimente, il freddo invernale nelle regioni settentrionali e le eccessive escursioni termiche nel deserto. La religione musulmana sunnita è praticata dalla quasi totalità della popolazione, con il venerdì e il sabato considerati i giorni festivi e il Ramadan la ricorrenza principale dell’anno. La donna ha conquistato libertà e rispetto se paragonata ad altri stati di estrazione islamica; studiano, lavorano, ma indossano il velo e c’è ancora molto lavoro da compiere per ottenere la parità dei sessi. In alcuni quartieri se ne vedono diverse con il niqab, indumento di copertura integrale del corpo a eccezione degli occhi, trattasi di profughe immigrate soprattutto da Siria e Iraq. Il problema dell’immigrazione infatti è molto presente a causa della posizione geografica della Giordania, circondata da Nazioni devastate da anni di guerre interne e regimi dispotici. Il popolo giordano subisce tale situazione diventando talvolta insofferente, in quanto l’integrazione è difficile e si generano situazioni di contrasto sociale. Di contro diversi giordani residenti ad Aqaba sono ‘frontalieri’, ovvero varcano il confine con Israele per lavoro in quanto lì gli stipendi sono migliori, proprio come accade a tanti italiani nel settentrione che svolgono la propria attività in Svizzera pur abitando in Italia. Il detto ‘tutto il mondo è paese’ calza proprio a pennello.

La valuta locale è il Dinaro, o Jod, gli uffici di cambio sono presenti nelle città e negli aeroporti (sebbene cambiare in questi ultimi non convenga per via del tasso sfavorevole). Quasi ovunque è possibile utilizzare le carte di credito, fatta eccezione per i mercati, i taxi e nel Wadi Rum, meglio quindi procurarsi qualche banconota per esempio nelle banche in Italia, si pagherà qualcosa in più ma almeno eviterete inutili ansie e attese.

Il voltaggio della corrente elettrica è uguale all’Italia, sono presenti tuttavia diversi tipi di prese elettriche e sebbene nella maggior parte degli hotel siano uguali a quelle italiane, ad Aqaba è diffusa la presa inglese. Per evitare disagi munitevi quindi di un adattatore. Telefonate tramite WhatsApp e internet sono possibili e gratuiti collegandosi alle reti wifi di alberghi, aeroporti, ristoranti, centri visitatori, e il prefisso giordano è il +962. Se necessitate di una sim card per una copertura a 360° potete scegliere fra una delle diverse compagnie i cui banchi informazione sono presenti pure in aeroporto. Fra la tante la più economica per i turisti è Umniah, se invece possedete un cellulare di ultima generazione potreste considerare la e-sim, o sim virtuale, disponibile sul sito Holafly e attivabile scansionando un codice QR inviato tramite mail dopo il pagamento. Sconsiglio ovviamente il roaming a causa dei costi esorbitanti.

La sicurezza è di primaria importanza in un paese la cui economia è basata principalmente sul turismo. Garantita ai vertici dalla famiglia reale, la quale assicura pure la stabilità politica, e messa in pratica dalla presenza massiccia di polizia e posti di blocco. Come ovunque è meglio evitare di aggirarsi per i quartieri periferici, di agghindarsi con gioielli appariscenti e per le donne di indossare vestiti corti e scollati. Se infatti nelle spiagge private le turiste possono sfoggiare i bikini, in quelle pubbliche le donne giordane fanno il bagno completamente vestite. Noleggiare un auto non comporta alcun problema, così come usufruire dei taxi (verdi ad Aqaba, gialli o auto comuni nel resto della Giordania) dai costi accessibili, veloci e puntuali, proprio la nostra opzione. L’alternativa sono i taxi collettivi bianchi, simili a minivan, la cui partenza però è vincolata al numero degli occupanti, oppure gli autobus della compagnia Jetcost per tratte lunghe, di certo più economici ma dei quali ho letto recensioni sconfortanti.

Per approfondire le informazioni consultate il sito Giordania per tutti.

Diario di viaggio

Giorno 1

Finalmente inizia l’avventura in terra giordana! Atterriamo all’aeroporto King Hussein di Aqaba alle 13 di domenica e una volta sbrigati i controlli in modo veloce ed efficiente, in nemmeno venti minuti di taxi possiamo affondare i piedi nella sabbia del B12 Beach Club. Si trova nella nuova zona di espansione turistica Ayla Oasis che comprende hotel e residence, un campo da golf, piste ciclabili, negozi, caffè, ristoranti e un persino un parco avventura. L’area si compone di un insieme di isole e penisole artificiali create in un insenatura riempita dall’acqua del Mar Rosso, a pochissima distanza dal confine israeliano ben segnalato da lunghissime reti metalliche e lampioni. Il prezzo d’accesso non è proprio economico, ma per divertirsi e rilassarsi questa spiaggia privata è una delle migliori di Aqaba. L’ingresso comprende asciugamani, bottiglia d’acqua, l’utilizzo di sdraio, lettini, amache, materassi a dondolo, calcio balilla, ping pong, due piscine riscaldate e altrettanti percorsi su gonfiabili in mezzo all’acqua davvero divertenti. A pagamento è possibile cimentarsi nell’adrenalinico ‘cable wake park’, una sorta di sci d’acqua con salti e ostacoli, praticabile tenendosi a un dispositivo trasportatore, spinto da motore elettrico, che traina le persone sull’acqua. Non lo testiamo, eppure dalle voci eccitate dei ragazzi ne immaginiamo il divertimento.

Al tramonto è semplice e rapido raggiungere il centro di Aqaba grazie al taxi chiamatoci dai ragazzi del Beach Club. Pernottiamo al Lacosta hotel, prenotato in anticipo su Booking.com, un buon quattro stelle con personale alla reception gentile e sorridente, camere ampie e pulite seppure non nuovissime, colazione abbondante e varia con prodotti locali e internazionali, in prevalenza salati. La posizione è ottima, su una delle vie più turistiche della città, piena di negozi, bar e ristoranti, e a pochi passi dal mercato tradizionale. Soprattutto è adiacente al locale Khubza & Seneya, uno dei migliori di Aqaba dove provare i piatti tipici a un rapporto qualità-prezzo ottimo e al contempo accontentare i bambini con pietanze non speziate (perché le spezie qui la fanno da padrone) come le uova con il formaggio, le crocchette di mozzarella, di pollo e le patatine. Da provare le insalate, gustose e diverse dalle classiche italiane, il riso con mandorle e prezzemolo da accompagnare con i secondi di pollo e carne cucinati in salse dai sapori per noi insoliti eppure buonissimi. Il pane è una sorta di piadina su cui spalmare l’hummus, crema di ceci, e il mutabbal, vellutata di melanzane. Dal primo istante adoriamo la cucina giordana, dai gusti e gli accostamenti solo in apparenza caotici, tanto da tornare al Khubza & Seneya per altre due sere.

Giorno 2

Ci svegliamo carichi di emozione, trepidanti all’idea di esplorare il Wadi Rum, ovvero la ‘valle grandiosa’, anche conosciuto come Wadi al-qamar, la ‘valle della luna’, uno dei deserti più fascinosi al mondo, modellato dallo scorrere di un fiume antico, da molto tempo prosciugato.

Alle 8:30 ci attende un taxi all’ingresso dell’hotel (organizzato dal Wadi rum Excursions di cui scrivo più avanti), a bordo del quale superiamo i 70 chilometri in oltre un’ora di macchina fino all’entrata dell’area protetta, a cui accediamo pagando 5 Jod per ciascun adulto (gratuito per i bambini). Durante il viaggio chiacchieriamo con l’autista, un uomo di cinquant’anni costretto a reinventarsi tassista oltrepassati i quaranta per consentire ai due figli maggiori, un maschio e una femmina, dei suoi quattro, di proseguire gli studi universitari ad Amman. Ci racconta con umiltà e impegno di quando, pochi anni prima, ha cominciato a studiare l’inglese assieme a loro per poter accompagnare i turisti in giro per il suo paese che conosce e ama. Parla della moglie con una devozione ammirevole, della cultura e della religione mussulmana, distorta da troppi estremisti, e che invece proclama l’uguaglianza e il rispetto fra tutte le persone. Una lezione che in tanti dovrebbero imparare!

Passato il cancello d’ingresso al Wadi Rum proseguiamo fino a una baracca di cemento, una delle tante che compongono il villaggio di accoglienza turistica, tagliato da una rete di strade sterrate lungo cui corrono e giocano i bambini. E ‘l’ufficio’, se così può essere definito, del ‘Wadi Rum Excursions’, il tour operator presso cui avevamo prenotato online il giro di un’intera giornata nel deserto. Sul sito vi sono molte altre alternative (suddivise per durata e attività), compresa l’opportunità di dormire in un campo tendato, al fine di accontentare qualsiasi richiesta. L’impatto iniziale non è certo dei migliori ma la gentilezza del responsabile capovolge subito la prima impressione. In poco tempo saliamo assieme a una manciata di persone sul cassone del pick-up fornito di panche, aperto ai lati e protetto superiormente da una copertura robusta sopra cui è possibile accomodarsi. Il driver beduino, ovvero del popolo autoctono, conosce ogni granello di sabbia, parla inglese e sarà la nostra guida per l’intero giorno. Si rivelerà una persona stupenda, una di quelle che raramente si incontra, sensibile e premuroso con Leonardo, gentile e accomodante con tutti.

L’avventura ha inizio e in breve si viene catapultati in un paesaggio surreale, ampio, di sabbia rossastra, il cui vasto orizzonte è punteggiato da colline di roccia arenaria, più o meno alte e arrotondate, dalle tonalità che variano dal giallo al marrone, dall’arancio al rosso. Tutto è così meraviglioso da non sapere in quale direzione guardare. Dopo un tragitto breve io e mio marito assieme a Leonardo scendiamo dal mezzo per sperimentare un’esperienza per noi inedita (opzionale e a un prezzo aggiuntivo di 20 Jod complessivi per 40 minuti): cavalcare un cammello. Scopriamo essere animali mansueti se ben addestrati ma molto testardi, se infatti per esempio, ci spiega la guida, non vogliono alzarsi, nessuno riuscirà a fargli cambiare idea. Noi siamo fortunati e accompagnati da molti bramiti veniamo sollevati sulla schiena ritrovandoci a un’altezza ragguardevole. L’avanzare somiglia all’andare in barca e trascorso un momento di adattamento ci vengono consegnate le briglie per condurli! Con un sorriso perenne stampato in volto cavalchiamo fino a ricongiungerci al gruppo, impegnato nella salita, e discesa divertenti, di una duna di sabbia.

Il tour prosegue sul pick-up per arrivare all’ingresso di un canyon strettissimo il cui ingresso è segnalato da alcune piante e arbusti che grazie all’ombra e alla poca, ma preziosissima, acqua presente riescono a sopravvivere. Qui si nota molto bene l’azione degli agenti atmosferici sulle pareti verticali della tenere pietra arenaria, i cui colori appaiono particolarmente vivaci, magnifici. Il passaggio è davvero stretto e si prosegue a rilento in fila indiana per osservare le tante incisioni rupestri scalfite migliaia e centinaia di anni fa, dai Nabatei prima e dai Beduini poi. Il luogo è semplice eppure sprigiona un misticismo e provoca suggestioni forti, come del resto l’intero Wadi Rum.

La giornata continua raggiungendo la sommità di archi rocciosi, scalando rilievi scoscesi, consumando il pranzo all’ombra di una tenda beduina, nel mezzo del nulla, a base di gulash di carne e verdure, hummus di ceci e crema speziata di melanzane, il pane tipico piatto e morbido, fagioli, olive, tonno, pomodoro con peperoncino, acqua e bevande varie. I trasferimenti con il pick-up sono intervallati dai momenti necessari per visitare con calma e in autonomia i diversi punti d’interesse. Meravigliosa è la camminata sulla sabbia nel canyon in salita dalla conformazione di un doppio imbuto, comincia largo per restringersi nel mezzo e aprirsi nuovamente sulla sommità, spalancandosi su una veduta incredibile e profonda. Qui ogni panorama è emozione, bellezza, incredulità. Le uniche note negative sono la presenza di qualche sacchetto e bottiglia di plastica trascinati dal vento e la mancanza di bagni pubblici nei pressi dei punti di fermata del tour, a eccezione del villaggio di partenza e i campi tendati sparsi nel parco.

A pomeriggio inoltrato pratichiamo un po’ di faticoso divertimento, arrancando lungo un fianco ripido sabbioso per poi scivolare seduti o in piedi sopra una tavola: un semplice e spiritoso passatempo del posto. Rimane del tempo per giungere sulla sommità di un altro ponte naturale, farsi immortalare in una foto ricordo e gustare un ottimo tè nero accompagnato da biscotti (già il terzo di giornata) nel campo allestito alla base dell’attrazione.

Nonostante tutti gli scenari siano straordinari, niente prepara allo spettacolo che va in scena ogni sera al calar del sole. Sostiamo al centro di una vasta pianura chiusa nel lontano orizzonte dai rilievi che abbiamo toccato e sui quali ci siamo arrampicati. Il nostro driver beduino strappa qualche ramo secco dagli arbusti sparsi qua e là e accende un piccolo fuoco sopra cui appoggia una teiera, il contenuto bollente accompagnato da qualche dolcetto servirà a scaldarci, perché quando il sole comincia a scomparire le temperature nel deserto precipitano. Leonardo lo aiuta, quindi si siedono assieme e lui lo avvolge nel lungo cappotto fatto all’esterno di pelle di cammello e all’interno di calda lana di pecora. Mangiano e sorseggiano il tè stretti in un abbraccio: è una scena che tocca me e mio marito nel profondo e speriamo rimanga nei ricordi di nostro figlio. A poco a poco il cielo si incendia, disegnando infinite lingue di fuoco di un giallo intenso nel punto in cui tramonta il sole e che allontanandosi mutano in arancione, rosa e rosso: una visione talmente appassionante da farci commuovere.

Tornati al punto di partenza dell’escursione troviamo già ad aspettarci il taxi che ci porterà in un paio d’ore a Wadi Musa, la cittadina sviluppatasi intorno al sito di Petra e abbarbicata sui fianchi aridi e scoscesi delle montagne, allo scopo di accogliere le centinaia di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo.

Alloggiamo al Petra family hotel, una struttura semplice dal buon rapporto qualità-prezzo se rapporto all’ubicazione: vicino a una delle sette meraviglie del mondo moderno. Saltiamo la cena perché stanchissimi e ancora pieni del pranzo e degli svariati tè con i biscotti ingurgitati durante la giornata, sebbene il ragazzo alla reception ci informi cortesemente della possibilità di servire la cena in struttura direttamente da un ristorante vicino. Per saziarci ci bastano gli snack del frigobar presente in camera. Queste sono piccole ma pulite e silenziose, la sala colazione accanto all’ingresso è luminosa ed è possibile accomodarsi fin dalle 6 del mattino, gustando tè, caffè, latte, macedonia di frutta e una discreta scelta di prodotti dolci e salati (di certo migliorabile). E’ posizionato sul versante di una collina ripida a meno di un chilometro in discesa dal centro visitatori di Petra, a piedi dieci minuti scarsi, e se la mattina non comporta alcun problema, tenetelo presente la sera nel caso doveste rientrare. Consiglio l’albergo per passarci una notte ma non oltre, d’altronde c’è molta scelta e a un costo maggiore è possibile trovare alloggi dotati di maggiore confort.

Giorno 3

Inserita nel Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1985, Petra è una meraviglia protetta dalle montagne in cui si mimetizza. Non domina la scena come la tour Eiffel, il Colosseo o il Taj Mahal (alcune delle altre sette meraviglie del mondo moderno) e non è un monumento solo, bensì un complesso scavato nella roccia rosata e arancione, poi reso prospero dai Nabatei. Quel popolo ingegnoso di commercianti, guerrieri e ingegneri fu capace di raccogliere l’acqua piovana, e dei fiumi allora presenti, e distribuirla all’intera comunità grazie a dei canali ancora oggi ben visibili lungo il canyon d’ingresso. La città rosa, così viene definita per le sfumature rosate della pietra, rappresentò a partire dell’VI secolo a.C. un ricco centro mercantile per il commercio di incenso, mirra e spezie. Dopo il suo abbandono nel VIII secolo per colpa delle calamità naturali (soprattutto terremoti causati della vicinanza alla frattura della crosta terrestre in due placche, arabica e africana) e della diminuzione degli scambi commerciali, ne cominciò la decadenza. Molto tempo dopo i beduini trovarono rifugio nelle grotte create dai loro antenati, abitandovi sino a tempi recenti.

Bisogna ringraziare l’esploratore svizzero Burckhardt se il mondo nel 1812 poté conoscere una tale bellezza e da allora sempre più persone, comprese noi, vengono catturate dal fascino ammaliante di Petra.

Giungiamo al centro visitatori (sulla pagina web trovate le info necessarie alla visita, mutevoli a seconda della stagione e delle modalità di accesso) intorno alle 8 del mattino. Sebbene il sito sia aperto dalle 6, a novembre è sconsigliabile arrivarci così presto in quanto a quell’ora il sole non è ancora sorto privando il luogo di quei fasci luminosi che ne esaltano la bellezza, e inoltre il freddo della notte è ancora pungente. D’estate invece è meglio essere fra i primi a entrare per anticipare le orde di turisti venuti in autobus ed evitare di camminare durante le ore più calde della giornata. Se siete dei buoni escursionisti a mio parere una giornata è sufficiente per scoprire Petra con tranquillità, prendendosi i tempi per fotografare, ammirare, riposare e rifocillarsi, e tenendo conto che dall’entrata al Monastero (punto più lontano) l’andata e il ritorno corrispondono a 10,5 chilometri. Se come noi volete aggiungerci il trail delle Tombe Reali (percorso in una sola direzione) e qualche altra breve deviazione si compiono all’incirca 13-14 km in totale. Ovviamente sono presenti sentieri aggiuntivi se considerate di trascorrere qui due o tre giorni. A differenza del Wadi Rum i bagni non mancano e sono abbastanza puliti.

Una breve fila alle casse e subito ci catapultiamo lungo il viale di accesso sterrato in discesa, affiancato dal percorso riservato ai cavalli in groppa ai quali è possibile sfruttare un passaggio a pagamento. Superati gli 800 metri iniziali circondati da un panorama preludio, seppure di minore bellezza, a ciò che vedremo fra poco, con i Blocchi Djinn e le Tombe del Serpente e dell’Obelisco dagli interni vuoti, come del resto tutte le opere architettoniche di Petra, giungiamo all’imbocco del Siq. Il fluire di un fiume antico ha modellato le pareti verticali dalle forme tondeggianti del famosissimo canyon che nei punti dove il passaggio si restringe sembrano sfiorarsi sopra le nostre teste. Notiamo le striature giallastre mischiate a quelle di colore ocra e rosa, mentre lo percorriamo siamo da soli (un vero momento di fortuna) e ci immedesimiamo nel primo esploratore occidentale pensando a quanto, passo dopo passo, potesse battergli forte il cuore e procedesse con la curiosità insaziabile di vedere cosa si sarebbe celato dietro a ogni curva.

Poi, dopo circa un chilometro, vediamo dapprima una sezione del monumento più celebre del sito, il più fotografato, quello per cui i turisti arrivano dai vari continenti per ammirarlo. Procediamo ancora e finalmente siamo al cospetto del Tesoro. E’ la facciata meglio conservata di Petra, con colonne abbellite da capitelli corinzi, fregi, bassorilievi, decorazioni e coronato da un’urna funebre che secondo la leggenda dovrebbe contenere il tesoro del Faraone, da qui il nome. Su di essa sono visibili i fori dei proiettili sparati dai predoni nel tentativo di spaccarla per rubarne il contenuto. A tutt’oggi nessuno sa cosa contiene, come rimane un mistero la funzione dell’edificio. Questo ne accresce a dismisura il misticismo tanto da stregare persino il grande regista Steven Spielberg che qui ambientò una scena del film ‘Indiana Jones e l’ultima crociata’ interpretato da Harrison Ford e Sean Connery.

Abbandonato il Tesoro si esce dal canyon per proseguire in un vallone arido riempito di banchetti con oggetti ricordo da vendere ai turisti, e detto Strada delle Facciate. Sulla destra infatti si aprono gli accessi a diverse tombe, mentre a sinistra ai piedi della collina del Sacrificio compare quel che rimane del Teatro. Le tre file di sedute e il palcoscenico sono ben visibili, poteva ospitare ben 4000 spettatori, e si vede la porzione più recente dietro al palco ricostruita dai romani.

L’ambiente si apre via via sempre di più, ci lasciamo alle spalle i fianchi verticali delle montagne intarsiati con le Tombe Reali per scoprirli al ritorno, e passeggiamo lungo la Strada delle Colonne, chiamata così per la presenza di molti resti colonnati, ancora in parte lastricata, edificata dai Nabatei e ristrutturata dall’Impero di Roma. Si notano i ruderi del Ninfeo, un tempo la fontana pubblica semicircolare ancora oggi ombreggiata da una pianta di pistacchio di 450 anni. Poi ci inerpichiamo sui gradini del Grande Tempio fino a quello che centinai di anni fa ne era il cuore. La superficie del monumento archeologico e i resti delle colonne fanno comprendere quanto doveva essere immensa, imponente e finemente decorata la costruzione eretta nel I secolo a.C. combinando le tradizioni artistiche del luogo allo stile classico.

Davanti a noi, oltre la struttura squadrata del Castello della Ragazza, il tempio principale dedicato al signore delle montagne Dushara, si ergono i rilievi montuosi pieni di aperture buie su cui si arrampica, e addentra, il sentiero gradinato in costante salita per il Monastero, la seconda attrazione di Petra. Il tracciato, della lunghezza di 1,3 chilometri, è di per sé una meraviglia, accompagnato da una vista sempre mutevole verso la valle, i canyon, i picchi rocciosi e dalle bancarelle multicolore dei beduini che in un modo mai invadente e con un sorriso propongono i propri manufatti. Spesso veniamo superati da asini con in groppa i turisti oppure carichi di acqua, merce e beni di prima necessità da distribuire alle varie attività sul percorso e soprattutto al ristoro dell’arrivo. L’ambiente ci ricorda i documentari sul Tibet, terra altrettante misteriosa e affascinante.

Con tanta felicità, un poco di fatica e un grido di esultanza di Leonardo, raggiungiamo la spianata dal paesaggio lunare, protetta da spuntoni di pietra dalla cima appiattita in cima ai quali campeggiano i ‘bar’ tradizionali, ovvero tende con qualche panche e tappeti su cui sedersi a rifocillarsi e bere l’immancabile tè con vista strepitosa sul Monastero. Il monumento risulta imponente, meno decorato rispetto al Tesoro ma comunque incredibile, l’interno vuoto, come d’altronde tutte le costruzioni del sito, non è accessibile. La bellezza è l’esterno, è l’ambiente circostante, è il fatto di trovarsi in Giordania. Bruciamo le ultime energie per continuare fino alla vetta della roccia antistante per godere di una veduta indimenticabile, da una lato su Petra e dall’altra verso un orizzonte infinito, arido, disegnato dalle rocce. E’ una visione che rimarrà per sempre impresse nelle nostre menti.

Lungo il percorso di ritorno, oltre a comprare qualche souvenir e sederci di tanto in tanto nei punti più panoramici per ristorarci e riposare, superato il Ninfeo imbocchiamo il trail delle Tombe Reali. Merita davvero riprendere quota per godere di una visione completa della spianata con il Grande Tempio e osservare da vicino le facciate e i soffitti interni di questa serie di enormi mausolei resi bellissimi dal vortice di colore della roccia sedimentaria dalle svariate sfumature, dovute alla diversa quantità di ossidi presenti e responsabile della creazione di stupefacenti collage colorati visibili soprattutto sui soffitti e le pareti esterne.

Riprendiamo il percorso del mattino in prossimità del Teatro per rivivere con calma le suggestioni suscitateci dal Tesoro e il Siq. Una volta usciti dal sito e tornati tra gli edifici contemporanei del centro visitatori e della cittadina di Wadi Musa fatichiamo a credere di essere stati a Petra, di aver toccato la roccia lavorata dai Nabatei, di aver avuto il privilegio di vedere una delle sette meraviglie del mondo moderno.

Il taxi, lo stesso che ci aveva condotto al Petra Family hotel dal Wadi Rum e con il quale avevamo preso accordi la sera precedente, ci riporta in due ore scarse al Lacosta hotel di Aqaba per cenare ancora al ristorante Khubza & Seneya e passeggiare sulle vie del centro, coccolati da una temperatura per noi quasi estiva, gongolando per i paesaggi incredibili della Giordania.

Giorno 4

La giornata conclusiva del viaggio è all’insegna del relax, nelle acque cristalline del mar Rosso. Raggiungiamo il Berenice Beach Club (il cui ticket d’ingresso si acquista in hotel) con l’autobus gratuito, un po’ malandato e a orari prestabiliti, che collega gli alberghi cittadini al lembo di costa distante circa 13 chilometri a sud dal centro di Aqaba. I servizi offerti, la qualità delle attrezzature presenti attorno alle piscine, non riscaldate, e in spiaggia, compresi docce e spogliatoi, nonché la gestione dello stabilimento in genere sono notevolmente inferiori rispetto a quelle del B12 Beach Club sperimentato la domenica. Tuttavia qui  si viene per passeggiare sul vero lungomare, ghiaioso, e immergersi tra le onde indossando gli occhialini per avvistare qualche corallo e una miriade di pesciolini blu. Il pontile proteso verso il mare rappresenta un valore aggiunto del Berenice, mentre il vedere delimitati con delle reti i confini della spiaggia privata (aspetto comune dell’intera zona costiera della Giordania) danneggia quel senso di libertà a cui siamo abituati in Italia e in Europa in genere. La barriera corallina è vicina alla riva ma presenta i segni dei cambiamenti climatici, primo fra tutti lo sbiancamento dei coralli. Con un costo aggiuntivo è possibile salire su una barca dal fondo in vetro per esplorare i fondali senza ‘bagnarsi’, oppure noleggiare attrezzature per le immersioni. Noi non ne usufruiamo, preferendo trascorrere alcune ore scavando nella sabbia con nostro figlio, facendo il bagno e godendoci il sole ancora caldo di novembre, fino al tramonto, momento da noi prescelto per rientrare in città con lo stesso autobus del mattino.

Gustiamo gli ultimi sapori della cucina giordana al ristorante Khubza & Seneya, aggiudicandoci il titolo di clienti più affezionati! Poi, dopo aver ritirato i bagagli lasciati nella hall del Lacosta hotel, prendiamo un taxi fino al all’aeroporto King Hussein e imbarcarci in serata sul volo con destinazione Milano. La tristezza per il concludersi di questa avventura è pungente. Portiamo con noi un bagaglio di emozioni così forti che pochi viaggi sono stati in grado di regalarci, con la certezza che la Giornata ci rimarrà nel cuore per il resto della vita.

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tramonto_nel_wadi_rum

alcune_delle_tombe_reali_di_petra

il_tesoro_di_petra_compare_dal_siq

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l_immensit_del_wadi_rum

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