Giordania fai da te in 14 giorni: questa sorprendente terra del Medio Oriente ti farà innamorare
Sognavo questo viaggio in Giordania dal 2020, quando per ovvi motivi abbiamo dovuto rinunciare e rimandare a data da destinarsi. E giunto il 2023 io e il mio compagno non abbiamo potuto aspettare oltre: a maggio ho messo a punto il nostro itinerario e provveduto alle prenotazioni online.
Indice dei contenuti
Il viaggio, di 2 settimane, è così organizzato:
- Jerash (1 notte)
- Madaba (1 notte)
- Wadi Musa (4 notti)
- Wadi Rum (2 notti)
- Aqaba (1 notte)
- Mar Morto (3 notti)
- Amman (2 notti)
A lungo mi sono chiesta quanti giorni dedicare a Petra, se andare o non andare ad Aqaba, e quante notti rimanere sul Mar Morto.
Alla fine abbiamo deciso di dedicare a Petra il maggior tempo possibile, prevedendo di visitare il sito in 3 giorni, dedicati rispettivamente a: Tesoro, Altura del Sacrificio, Monastero + Petra by Night. Una volta lì questo programma verrà un po’ cambiato, ma la scelta di trascorrere a Wadi Musa 4 notti si rivelerà comunque vincente.
Anche andare ad Aqaba si è rivelata un’ottima idea, perché, nonostante il caldo colossale di agosto, il Mar Rosso è stato comunque un piacevole diversivo.
Diverso è invece il discorso del Mar Morto dove, col senno di poi, avremmo potuto tranquillamente fare una notte in meno.
Per questo viaggio voliamo con Ryanair al prezzo di € 300 a persona A/R, con partenza da Bergamo Orio al Serio e arrivo all’Aeroporto Internazionale Regina Alia di Amman.
Tutti gli hotel sono stati prenotati su Booking, facendo la prenotazione da mobile per pagare un pochino meno.
Per quanto riguarda il Wadi Rum ho scelto il Rum Stars Camp perché convinta dalla recensione della Lonely Planet. Ho preso contatto con loro via email, tramite il loro sito web, molto ben fatto. Ho concordato tutti i dettagli via email, ma ho prenotato la tenda luxury direttamente da Booking perché un’offerta mi consentiva di pagare qualche decina di euro in meno. Per email ho anche organizzato il tour in jeep nel deserto e un’esperienza extra che sognavo di fare da tanto tempo: il volo in mongolfiera, che da solo è costato € 180 a persona.
Per gli spostamenti abbiamo scelto il noleggio auto, prenotando un’utilitaria su Alamo per € 486.
Pochi giorni prima della partenza abbiamo acquistato un’assicurazione sanitaria con AXA (€ 44 a persona), il parcheggio all’aeroporto di Orio al Serio (€ 105 per 15 giorni) e il Jordan Pass, acquistato sul sito ufficiale per € 103 a persona (ingresso a Petra 3 giorni).
Ma veniamo al viaggio!
Diario di viaggio
Sabato 29 Luglio | Milano – Amman – Jerash
Dopo aver lasciato l’auto al parcheggio di Orio al Serio ci dirigiamo all’aeroporto, dove partiamo alle ore 06:05 e arriviamo ad Amman alle 10:30, in anticipo di ben 23 minuti. Appena atterrati rimaniamo subito colpiti dall’aeroporto di Amman che è molto scenografico all’esterno, con giardini curatissimi.
Perdiamo un’oretta tra controllo Jordan Pass, controllo passaporti e ritiro bagagli, poi troviamo (non senza fatica) l’ufficio di Alamo e procediamo con il ritiro dell’auto prenotata.
Fuori dall’aeroporto assistiamo con stupore ad una specie di cerimonia che, ci spiega il tizio di Alamo, è per dare il bentornato a qualcuno che è stato via a lungo, per laurearsi all’estero o per lavoro. La scena è davvero strana: un capannello di persone in festa, con musiche, urla e persino tamburi! Che figata!
La nostra Hunday Atos con cambio automatico è veramente un cessone e viene subito rinominata “Il Calesse”. Incastrati i bagagli partiamo subito: direzione Jerash!
La zona fuori dall’aeroporto è molto curata e scenografica, con palme, aiuole verdi e tante bandiere giordane svolazzanti. Intorno, molti edifici di lusso in costruzione. Poi inizia il deserto, punteggiato da case fatiscenti o in costruzione.
Le strade sono in ottime condizioni e non c’è traffico, se non avvicinandosi alla periferia di Amman, che è molto animata. Superata la capitale, il paesaggio si fa più desertico e attraversiamo chilometri e chilometri di nulla.
Arrivati a Jerash rimaniamo subito colpiti dal sito archeologico che, oltre ad essere gigantesco, è anche recintato con parecchio filo spinato e, per di più, controllato da decine di guardie armate. Ce n’è una ogni 100 metri circa, tutte in assetto militare, ferme sotto il sole a difendere il sito da (crediamo) possibili attentati.
L’hotel, il Full Panorama to Archeological Site è proprio sul lato occidentale del sito.
È pulito ma molto economico. La camera è basica, con lenzuola plasticose e senza coprimaterasso (per fortuna il materasso è nuovo e pulito), un bagno abbastanza fatiscente (il pomello della doccia non c’è e il miscelatore è ballerino) con una ventola piuttosto zozza e pochi, insensati, oggetti d’arredamento tra i quali spiccano due cani peluche. Mah!
In più non c’è l’acqua calda, o quantomeno non c’è finché io non decido, il giorno dopo il nostro arrivo, di provare a schiacciare un pulsante etichettato “Hot Water” che c’è in corridoio, proprio fuori dalla nostra stanza, accanto ad una porta chiusa che sembra l’accesso ad un locale caldaia.
Insomma, questo hotel vale quello che costa, cioè poco! Paghiamo solo 22 JD per 1 notte, a cui aggiungiamo 2 JD per il caffè a colazione.
Dopo esserci sistemati in camera andiamo a pranzo all’Abu Ahmed Restaurant. La location è molto particolare, con tavoli e divanetti disposti in un cortile coperto da una tettoia e rinfrescato da decine di ventilatori e fontane con moltissima acqua.
Mangiamo un sacco: cheese manakeesh con formaggio e con carne e degli spiedini di agnello molto unti ma buoni. Il tutto per soli 20 JD (17 JD di conto e 3 JD di mancia).
Dopo pranzo decidiamo di fare un giro in auto per la città e ci ritroviamo nel mezzo di un traffico caotico e senza senso, ma soprattutto senza regole, dato che non c’è segnaletica, né verticale né orizzontale. Qui la precedenza ce l’ha chi arriva più veloce o suona più forte il clacson!
Ci destreggiamo nel centro cittadino, tra negozi affollati di ogni genere di prodotto, macellai con carcasse appese e una quantità pazzesca di camion carichi di frutta di ogni tipo, ma soprattutto angurie. Angurie enormi. Angurie gigantesche!
La gente attraversa la strada senza guardare, sprezzante del pericolo, e ovunque si sentono urla e clacson. Che posto!
Nel caos scorgo una pasticceria, Al-Hara Al-Shamiya, e mi fermo a prendere i miei primi dolcetti giordani, che si riveleranno deliziosi, oltre che incredibilmente belli da vedere.
Dopo una doccia e un po’ di riposo andiamo a cena al Lebanese House, ristorante libanese elegantissimo con una bella terrazza vista città, un menù molto ricco e un servizio impeccabile. L’hummus con i pinoli è di una bontà e di una cremosità incredibili! Eccellente anche il pane caldo e gonfio e le salsicce di agnello. Chiudiamo con un piccolo dessert offerto dalla casa: una specie di panna cotta con miele e granella di pistacchi. Il tutto per soli 26 JD.
Dopo cena saliamo verso la parte alta della città per ammirare Jerash in notturna. Lo spiazzo in cui ci fermiamo è tranquillo, il silenzio è incredibile e le luci della città sembrano magiche. Che spettacolo!
Domenica 30 Luglio | Jerash – Madaba
Alle 3:55 mi sveglia il canto del muezzin: è il primo richiamo alla preghiera della giornata. Inizia così il nostro primo giorno in Giordania!
Dopo una rapida colazione ci dirigiamo al Sito Archeologico di Jerash, il cui biglietto è incluso nel Jordan Pass.
L’ingresso dà su un piccolo mercato coperto, dove cercano subito di venderci delle kefiah, ma noi facciamo lo slalom tra i venditori ed entriamo subito nel sito passando sotto i metal detector. Ed eccoci sotto l’Arco di Adriano, così bello che sembra finto! E infatti scopro che è stato in gran parte ricostruito.
Superato l’arco entriamo nell’Ippodromo, che è davvero immenso, e lo percorriamo in lunghezza per metà sugli spalti e per metà sul terreno dove in antichità avvenivano le corse. Si vedono anche le stalle e dei locali tecnici: che bello!
Poi arriviamo all’ingresso vero e proprio, dove ci sono la Porta Sud e il Foro.
Proseguiamo salendo verso il Tempio di Zeus e arriviamo fino al Teatro Meridionale, che da fuori sembrava gigantesco, ma da dentro sembra così piccolo da fare impressione!
Passiamo accanto al Decumano, la strada secondaria che incrocia il Cardo, e arriviamo alla Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, decorata da un pavimento a mosaico stupendo e incredibilmente ben conservato. Ovviamente non lo si può vedere dal basso né calpestare, ma visto dall’alto ha dell’incredibile.
Passeggiamo poi tra i resti della Chiesa di San Giorgio, anch’essa contraddistinta da un pavimento a mosaico di cui rimangono solo piccole porzioni.
Ci spostiamo quindi alla Chiesa di San Teodoro, con bellissime colonne decorate da capitelli corinzi, e successivamente al Tempio di Artemide, dove le colonne sono ancora più grandi e più ben conservate. Questo è senza dubbio il monumento più bello di tutto il sito.
Lasciato il Tempio di Artemide, scendiamo verso il Cardo Massimo in corrispondenza del bellissimo Portale del Tempio di Dionisio.
Percorrendo il Cardo verso nord vediamo il Ninfeo e il Propileo del Tempio di Artemide.
Il sole però comincia ad essere spietato, quindi decidiamo di tornare indietro.
Il sito ci è piaciuto moltissimo e ha richiesto quasi 3 ore di visita: dalle 9:30 alle 12:20. Siamo anche belli brasati!
Decidiamo di tornare a mangiare all’Abu Ahmed Restaurant, dove ormai ci riconoscono. Mangiamo altre manakeesh al formaggio, alla carne, alle patate e quella mitica al timo e sesamo. Totale 10 JD. Il cameriere ormai è talmente in confidenza che nel salutarmi mi manda un bacio da lontano!
Torniamo in hotel a recuperare i bagagli e decidiamo di dedicare il pomeriggio ai Castelli nel Deserto. Partiamo quindi per Qusayr Amra attraversando panorami variabili: all’inizio il paesaggio sembra un mix tra Sardegna e Puglia, con tanti ulivi e vegetazione bassa. Poi inizia un deserto che diventa via via sempre più bello. Ad un certo punto vediamo anche un piccolo diavolo di sabbia che vortica nel deserto! Wow!
Quando arriviamo a Qusayr Amra per un attimo temo che sia chiuso: non c’è anima viva!
Appena scendiamo dalla macchina, però, un signore esce da quella che sarebbe la reception, ci saluta, ci chiede da dove veniamo e ci dà il benvenuto.
Il castello è in realtà un antico fortino e il sito è nientemeno che Patrimonio dell’UNESCO.
Gironzoliamo all’esterno, godendoci la vista di questa costruzione molto affascinante, anche se non isolata come pensavo. Sullo sfondo, infatti, ci sono la strada e i tralicci della corrente. Peccato!
Se l’esterno di Qusayr Amra è meno selvaggio di quanto pensassi, l’interno è molto più bello di quanto sperassi: affreschi pazzeschi ricoprono ogni parete interna e io mi metto alla ricerca delle immagini più famose, come la donna che fa il bagno nel fiume e l’orso che suona una specie di mandolino. Tutte immagini insolite per l’iconografia tipica di questa parte del mondo. Incredibile che tutto ciò sia giunto fino a noi! Mi colpiscono anche due volti dipinti sul soffitto di una stanza secondaria, dai tratti molto bizantini. Questo posto è incredibile… e come sono ben conservati questi affreschi!
All’esterno incontriamo un ragazzo polacco, arrivato fin qui in autostop e ora in cerca di un passaggio. Dopo un attimo di esitazione decidiamo di caricarlo con noi e portarlo fino alla nostra tappa finale della giornata.
Dopo Qusayr Amra partiamo alla volta di Qasr Al-Kharana che, al contrario del primo, è gigantesco: un grande parallelepipedo piantato in mezzo al niente, tanto misterioso fuori quanto labirintico dentro.
Il cortile centrale è bellissimo e spettrale: sembra di essere in un film di avventura, un mix di archeologia e soprannaturale! Salendo al piano superiore si entra in un labirinto di stanzette stupende, vuote ma in parte scolpite sulle porte e lungo i muri. Alcune stanze sono super buie, altre si affacciano direttamente sul cortile centrale: stupendo!
Finita la visita partiamo per Madaba e in poco più di un’ora arriviamo in questa bella cittadina, molto caotica ma decisamente più chic di Jerash. Lasciamo il nostro amico polacco all’ufficio turistico della città e ci avviamo al nostro hotel.
L’albergo, il Black Iris Hotel, è davvero un gioiellino.
Il ragazzo alla reception è gentilissimo e la camera è gigante, pulita e arredata benissimo.
Dopo una doccia veloce usciamo a passeggio per il centro, che si raggiunge in 2 minuti a piedi. Le strade che costituiscono il centro sono incredibilmente vitali, piene di negozi super illuminati con insegne appariscenti.
Ceniamo al Bawabit Madaba Restaurant, che ha una bella terrazza e vende addirittura la birra alcolica. Mangiamo un discreto hummus offerto dalla casa, una grigliata di pollo e una di agnello.
Qui vediamo anche un gruppo di ragazze giovani, alcune con l’hijab e altre no, che bevono frullati e fumano la shisha in un’atmosfera molto emancipata che mi colpisce positivamente.
Intanto, dal vicino minareto arriva il canto molto particolare del muezzin. Che atmosfera bella e rilassata!
Una breve passeggiata e siamo di ritorno in hotel.
Lunedì 31 Luglio | Madaba – Wadi Musa
Colazione veloce e partiamo subito per il Monte Nebo, dove arriviamo alle 9:30 tra orde di turisti scesi dai pullman, molti dei quali italiani.
Paghiamo l’ingresso, che non è compreso nel Jordan Pass, e saliamo verso la cima. Pensavo sarebbe stata una passeggiata più lunga, invece in due minuti si arriva allo spiazzo con la scultura risalente al Giubileo del 2000 e poi alla terrazza che affaccia proprio sulla Terra Promessa.
Il paesaggio è particolare, ma l’esperienza in sé è alquanto deludente. Non c’è un’atmosfera raccolta o una sensazione di sacralità: solo l’impressione che sia tutto molto turistico.
Entriamo nella chiesa, che ha il merito di esporre mosaici davvero stupendi. Ma anche qui l’esperienza è rovinata da gente abbigliata in maniera del tutto inappropriata (pantaloncini corti, infradito, canottiere… ma non eravamo in Giordania?) e da sedicenti influencer che girano video ammiccanti.
Tornati in città, lasciamo l’auto nel parcheggio dell’hotel e raggiungiamo a piedi la Chiesa di San Giorgio, famosa perché custodisce la più antica mappa della Terra Promessa sotto forma di mosaico. L’ingresso è a pagamento e non è incluso nel Jordan Pass, come tutti i siti ebraici del Paese.
Qui rimango parecchio delusa, non solo perché la chiesa è decisamente mal tenuta, con cellophane buttati a terra da tutte le parti, ma anche perché il mosaico è protetto malissimo da una transenna antiquata e del tutto inadeguata.
Se dovessi stilare una lista di tutti i siti visitati in Giordania in ordine di gradimento, questo forse starebbe all’ultimo posto.
Ci spostiamo alla Chiesa della Decapitazione di San Giovanni Battista (anche questa a pagamento ed esclusa dal Jordan Pass), dove visitiamo i bei sotterranei e saliamo sul campanile per vedere Madaba dall’alto. La salita è molto carina perché da un certo punto in poi le scale si fanno sempre più ripide e bisogna passare tra le corde delle campane (all’ingresso ti dicono esplicitamente di non suonarle!) per poi uscire da una porticina minuscola, ma la vista dall’alto non è poi così indimenticabile.
Insomma, le attrazioni di Madaba si sono rivelate un po’ deludenti, quindi chiudiamo questa mattinata con un pranzo al Cafè Ayola, dove prendiamo olive, uno stufato, una manakeesh al formaggio e una al timo e origano davvero ottima.
Dopo pranzo passeggiamo nel centro in direzione dell’hotel, guardando un po’ i negozi dei locals (vendono anche le Barbie islamiche!) e quelli per turisti, dove vendono tanti prodotti del Mar Morto.
In definitiva Madaba non ci ha convinti del tutto: tanto carina la città (moderna, vitale, luminosa) quanto deludenti le attrazioni turistiche.
Riprendiamo l’auto al parcheggio dell’hotel e partiamo alla volta di Wadi Musa percorrendo la Kings Highway, la famosa strada panoramica che attraversa la valle del Wadi Mujib, dove vediamo un panorama davvero incredibile. Poco prima della diga c’è un view point con un ampio parcheggio da cui ammirare il panorama, mentre superata la diga inizia un tratto desertico davvero eccezionale, spazzato dal vento e costellato di pale eoliche che, alla luce del tramonto, appaiono davvero meravigliose.
Arriviamo all’Old Village Hotel & Resort di Wadi Musa che sono le 20:00 passate.
Il check-in è rapido e accompagnato da un succo di anguria buonissimo. La nostra camera è meravigliosa: gigantesca, scenografica e super confortevole.
Tutto il resort è realizzato all’interno di un autentico villaggio rurale antico, e tutte le stanze sono in realtà ex abitazioni beduine realizzate in pietra. Meraviglioso!
La nostra stanza ha un salottino con divano, poltrone e tavolino sul quale sono serviti biscottini e frutta fresca, che viene rinnovata ogni giorno. Il letto è king size e, sul comò, ci sono il bollitore e tutto l’occorrente per farsi té, caffè e tisane. C’è perfino la macchina della Nespresso e il frigo bar gratuito.
Il bagno è una piazza d’armi, ha il bidet e una vasca con doccia enorme.
Una volta sistemati in camera, usciamo per cercare un posto dove mangiare. Siamo veramente stanchi e non vorremmo dover arrivare fino in città per mangiare, quindi andiamo a informarci sui ristoranti dell’hotel.
Decidiamo di cenare al ristorante alla griglia, che ha dei tavoli all’aperto accanto alla piscina.
La cena si rivela decisamente impegnativa: ordiniamo pollo e agnello alla griglia, e ci arriva prima un piatto gigantesco di antipasti con hummus, babaganoush e due tipi diversi di insalate, poi il piatto principale, che nel mio caso comprende ben 2 petti di pollo ripieni di funghi e serviti con patate e verdure alla griglia. E per finire un piattone gigante di frutta tagliata in maniera scenografica, accompagnata da mini baklava buonissimi.
Finita la cena ce ne andiamo subito a letto: domani ci aspetta nientemeno che Petra.
Martedì 01 Agosto | Wadi Musa
Sveglia alle 5:00 e colazione in camera perché purtroppo la sala colazione apre alle 6:00, ma noi a quell’ora vogliamo già essere ai cancelli del Visitor Center di Petra.
In 10 minuti di auto siamo al parcheggio semi-deserto del sito. Sono sorpresa: a quest’ora l’aria è talmente fresca che devo portare con me il giubbino di jeans, anche se poi scoprirò che, tempo un’oretta, la giornata diventerà molto calda.
Alle 6:00 in punto ritiriamo i biglietti esibendo il nostro Jordan Pass e ci ritroviamo a dar da mangiare ad una gattina tricolore incantevole. Ebbene sì: sapendo che avremmo trovato tanti gatti selvatici ci siamo portati delle crocchette da casa!
Il sole sta giusto spuntando quando entriamo dai cancelli e percorriamo il primo tratto di percorso, quello che, dopo circa 1 km di cammino, conduce all’inizio del Siq.
Vediamo la Casa del Djin e la Tomba dell’Obelisco, poi si apre l’ingresso del Siq. È qui che inizia l’esplosione di colori, con pareti altissime di tutte le tinte possibili: ocra, marrone, rosa, rosso… Che meraviglia! Le pareti si allargano e si stringono a seconda dei punti. In alcuni tratti è ancora ben visibile il canale, scavato nella roccia, nella quale scorreva l’acqua.
Le conformazioni della roccia sono pazzesche e le persone, in proporzione, appaiono come piccole formichine.
Ed eccolo lì: quando meno te lo aspetti, il Tesoro ti compare davanti in tutta la sua meraviglia. Ne intravedi la parte superiore che emerge da due sinuose spaccature di pietra, e ti compare sulla faccia un sorriso commosso, perché sai che finalmente sei lì, davanti a una delle 7 meraviglie del mondo.
Sono le 7:10 e la facciata del Tesoro non è ancora illuminata, se non per l’angolo superiore destro, che è già colorato d’oro. Ma anche così lo spettacolo è incredibile.
C’è pochissima gente, qualche cammello, alcuni beduini e un silenzio che non sembra vero.
Contrattiamo con Sarii (credo si scriva così), un ragazzo giovane e gentilissimo, 20 JD per salire ai due view point: quello famosissimo da cui tutti si scattano le famose foto e quello meno conosciuto, che permette di vedere il Tesoro dal lato sinistro della gola
Sarii è una specie di gazzella: salta sulle pietre ed è super veloce, mentre noi arranchiamo dietro di lui, già affannati dopo solo pochi metri. Però è anche molto attento e ci aiuta in tutti i passaggi difficili, sollevandoci come fossimo piume nonostante lui sia mingherlino.
Dopo circa 20 minuti di salita arriviamo ad una tenda beduina, con tappeti stesi a terra affollati da cani e gatti. Ci sono anche un asino e 3 beduini intenti a preparare il tè.
Sarii ci scatta parecchie foto, poi ci dice di prenderci il nostro tempo e stare quanto vogliamo mentre lui beve un tè con i suoi “colleghi”.
Prima di scendere ci godiamo la vista vertiginosa a strapiombo sul Tesoro e ammiriamo le persone e i dromedari che si muovono nello spiazzo sotto di noi, così distanti da sembrare formiche. Che impressione!
Dopo esserci riposati un po’ cominciamo la discesa, che appare anche più difficile della salita. Sono le 8:30 del mattino e noi siamo già piuttosto provati. Sarii però è molto simpatico, e chiacchierare con lui non ci fa sentire più di tanto la fatica.
Mentre scendiamo ci racconta della grotta in cui vive (di cui mi fa vedere anche qualche foto) e quando gli chiedo quanti anni ha mi dice che non lo sa, ma che crede siano circa 18!
La discesa richiede 20 minuti e non va presa sottogamba perché si rischia seriamente di farsi male. Infatti io, come una scema, mi prendo una bella storta. Lì per lì, però, non mi fa male, quindi vado avanti come se niente fosse.
Tornati di fronte al Tesoro ripartiamo per la seconda salita, quella decisamente più facile e breve, che porta al view point più famoso.
Purtroppo quando arriviamo in cima troviamo ben 2 gruppi numerosi di italiani, quindi ci mettiamo pazientemente in coda per fare la nostra foto.
Sono le 9:50 quando scendiamo e torniamo davanti al Tesoro, che ora è inondato da una luce dorata spettacolare, ma purtroppo è anche molto affollato.
La maggior parte della gente, infatti, arriva a quest’ora, in parte perché questo è l’orario dei pullman e dei gruppi organizzati, e in parte perché questo è l’orario (tra le 9:00 e le 11:00) in cui la luce sul Tesoro è al suo meglio: prima delle 9:00 la facciata non è ancora illuminata, mentre nel primo pomeriggio il sole gira dietro al Tesoro e si finisce per fare le foto controluce.
Imbocchiamo il Siq esterno che conduce alla Strada della Facciate. Subito prima che lo spiazzo si apra sulla facciate, notiamo un cartello che indica l’ingresso a una grotta con la scritta “Starbucks Cafè”: perché non entrare? Scopriamo che questo è un vero e proprio bar scavato nella roccia, dove fa freschissimo e si beve un ottimo caffè.
Usciti dalla caverna procediamo per la Strada delle Facciate e attraversiamo un ponticello in ferro sulla destra che porta ad arrampicarsi su alcune rocce che conducono a diverse caverne. Saliamo così tanto che arriviamo a vedere l’Anfiteatro dall’alto: che spettacolo! È veramente gigantesco, e dall’alto rende molto di più che dal basso.
Dopo una rapida visita della zona, scendiamo al punto di partenza e proseguiamo in direzione delle Tombe Reali, per le quali bisogna fare un’altra scarpinata verso l’alto.
Io comincio ad essere un po’ provata e non so se è per questo motivo che trovo queste Tombe Reali un po’ deludenti. Mi sembra di trovare interessante solo la Tomba di Seta.
Mi siedo a riposarmi un po’ prima di proseguire per il centro dell’antica città, ma quando mi rialzo, dopo 10 minuti di riposo, mi accorgo che qualcosa non va: la caviglia mi fa decisamente male. Decidiamo quindi di rimandare la visita della parte mancante al giorno in cui saliremo al Monastero, dato che comunque ci dovremo passare, e decidiamo di riprendere la via del ritorno.
Tornando al Visitor Center, però, la caviglia comincia a fare decisamente molto male, tanto che l’ultimo tratto lo faccio zoppicando. Serve urgentemente una farmacia.
Acquistato del ghiaccio e una crema per le distorsioni, torniamo in hotel dove, dopo una doccia veloce fatta in bilico su un piede, mi addormento con il ghiaccio sulla caviglia.
Quando mi sveglio, un paio d’ore dopo, la caviglia è molto migliorata e non vedo più le stelle quando l’appoggio.
Ceniamo al buffet dell’hotel, veramente ricco e variegato, poi ci sediamo un po’ sul divanetto fuori dalla nostra stanza e ci godiamo il fresco e il silenzio.
Che atmosfera meravigliosa!
Mercoledì 02 Agosto | Wadi Musa
Secondo il programma originale oggi avremmo dovuto visitare l’Altura del Sacrificio, ma visto l’incidente alla caviglia abbiamo deciso di riorganizzare così i due giorni rimanenti a Petra: oggi ci riposiamo e ci godiamo la piscina per poi andare al Petra by Night la sera, mentre domani andremo al Monastero.
C’è di buono che al risveglio sento che la caviglia va alla grande.
Ci godiamo una colazione da nababbi, abbondando con brioche, dolci giordani e frutta. Qui la colazione è veramente esagerata: c’è un intero bancone solo per le brioche, uno per la frutta e i dolcetti giordani, un addetto ai pancake, marmellate come se piovesse e tutto un reparto salati fornito di ogni genere di alimento.
Ci godiamo la nostra colazione sulla terrazza del ristorante, con una vista magnifica sul deserto di Wadi Musa. Che pace!
Dopo colazione facciamo un salto al Visitor Center di Petra per acquistare i biglietti per Petra by Night, ma ci dicono che i biglietti della serata saranno in vendita a partire dalle 19:00. Giusto per non essere venuti a vuoto facciamo un salto al Movenpick Hotel, solo per vedere la scenografica hall, che merita senza dubbio una visita veloce.
Tornati in hotel ci sistemiamo subito in piscina: che spettacolo! Ci siamo solo noi (dato che a quest’ora sono tutti in visita a Petra) e ci godiamo la piscina che è una meraviglia.
Grande, fresca, silenziosa, con vista sulle colline circostanti e due meravigliose fontane per il massaggio ad acqua.
Alle 19:00 torniamo al Visitor Center per acquistare i biglietti per il Petra by Night. Costano 17 JD a persona e non sono inclusi nel Jordan Pass.
Ceniamo al volo al Cave Bar, un locale che sta dentro al complesso di Petra, a pochi passi dalla biglietteria, e che si rivela un piccolo gioiello. Nella sala interna, tutta scavata nella roccia, ci sono dei tavolini incastrati in piccole nicchie rocciose davvero scenografiche.
Prendiamo un sandwich di pollo e un hamburger. Il cibo è ottimo e c’è pure la birra alcolica: cosa chiedere di più?
Finita la cena stiamo quasi per andare via quando un cameriere, Zeyad, ci offre un’altra birra in cambio di una buona recensione su TripAdvisor. Che tipo!
Alle 20:20 circa aprono i tornelli e la gente si riversa all’interno del percorso, che è illuminato da molte lanterne (piccole candele infilate in sacchetti di carta pieni di sabbia), ma di fatto rimane buio pesto! Meno male che noi ci siamo portati una torcia e illuminiamo il terreno sotto i nostri piedi.
Lungo il percorso alcuni beduini controllano che tutti si comportino bene e all’occorrenza sgridano i più rumorosi. Il percorso, infatti, andrebbe fatto in silenzio, e così è, soprattutto all’interno del Siq, dove l’atmosfera si fa veramente magica.
Le lanterne sono posizionate in gruppetti scenografici e noi ci attardiamo ad ammirare il panorama: il siq tenebroso che lascia intravedere piccole porzioni di cielo stellato, la roccia che disegna delle ombre incredibili, e infine il Tesoro, che spunta come sempre all’improvviso e ti destabilizza per un attimo con la sua bellezza.
Stasera però la facciata è quasi del tutto buia, e sullo spiazzo di fronte ci sono decine di stuoie illuminate da centinaia di lanterne. A poco a poco ci sediamo tutti sulle stuoie e un beduino fa un breve discorso per poi cominciare a suonare una specie di flauto.
L’atmosfera è molto intima e raccolta, nonostante le centinaia di persone raccolte in questo piccolo spiazzo. La musica crea l’atmosfera giusta e accompagna i pensieri e le emozioni di fronte allo spettacolo del Tesoro che si illumina di decine di colori in un’alternanza continua di giallo, rosso, fucsia, viola, blu, azzurro e verde. Che meraviglia!
Finito lo spettacolo il beduino racconta la storia di Petra mentre ci viene servito un tè caldo buonissimo in un bicchierino di carta.
Alle 21:30 lo spettacolo è finito e, dopo le foto di rito in quest’atmosfera magica, ci incamminiamo verso l’uscita. Che emozione irripetibile!
Giovedì 03 Agosto | Wadi Musa
Oggi la giornata è dedicata al Monastero Al Deir.
Colazione alle 6:00 in una sala completamente vuota, poi usciamo in auto e parcheggiamo nel solito spiazzo deserto.
Ripercorrendo il percorso dal Visitor Center al Tesoro, proseguiamo lungo la Strada delle Facciate, costeggiamo le Tombe Reali e attraversiamo senza fermarci il centro della città di Petra. Arrivati al Basin Restaurant, imbocchiamo gli scalini che portano al Monastero e che affrontiamo con calma ma determinazione. Io comincio subito a contarli, in parte perché mi sembra un ottimo esercizio di concentrazione per non sentire la fatica, in parte perché in questo modo saprò sempre quanto manca per arrivare a destinazione.
I gradini sono veramente impegnativi: oltre a non finire mai, sono molto irregolari e dissestati, essendo scavati nella roccia. Inoltre la direzione, l’inclinazione e la distanza tra un gradino e l’altro cambiano in continuazione, per cui non si riesce ad avere un ritmo regolare, e questo fa sentire ancora di più la fatica.
Durante il tragitto incontriamo diverse carovane di 2 o 3 asini accompagnati da un beduino che salgono carichi all’inverosimile di cibo e bevande.
Dopo un po’ cominciamo anche a incontrare persone che scendono. Tra queste fermiamo 2 coppie italiane, alle quali chiedo quanto manca e come sono arrivati in cima così presto: entrambe ci spiegano di aver fatto la scorciatoia, ovvero di essere entrati dall’ingresso secondario di Petra, quello di cui ho sentito tanto parlare sui diari di viaggio degli altri TpC, ma che io ho deciso di non utilizzare perché ci tenevo ad affrontare la sfida della salita.
Ci consola sapere che siamo a più di metà strada e così procediamo, attraversando bancarelle tendate (molte delle quali chiuse o forse addirittura abbandonate) e un paio di “baretti” all’aperto. Quando le bancarelle si fanno più fitte e attive intuiamo di essere vicini all’arrivo, dopo nemmeno 700 gradini contati.
Una piccola discesa ed eccoci arrivati allo spiazzo del Monastero, con la sua facciata immensa e imponente.
Rimango stupita dal fatto che questo luogo sia decisamente meno remoto e deserto di quanto mi aspettassi: quello che credevo fosse una semplice tenda beduina con qualche bevanda è in realtà un bar enorme e super organizzato, davanti al quale sono fermi a riposare molti asini con cassette vuote caricate sulla schiena.
Saliamo sul view point, dal quale si può ammirare una vista mozzafiato sul Monastero e sul deserto circostante. Poi scendiamo e ci fermiamo al bar, dove beviamo un’ottima spremuta fresca di melograno seduti sulle panche e accompagnati da un simpatico gatto bianco che arriva e si sdraia addosso ai nostri zaini.
Alle 11:00 ci incamminiamo per tornare indietro.
Scendere non è per nulla faticoso, ma è pericoloso perché è facile scivolare. Alle 12:10 siamo al Basin Restaurant, dove prendiamo una meritata birra Petra, e alle 13:00 ripartiamo alla volta del Tesoro. Mentre lo guardo per l’ultima volta, cercando di imprimerlo nella memoria, mi emoziono.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla piscina, e la sera optiamo nuovamente per il buffet dell’hotel, che però è molto meno faraonico della prima sera, probabilmente perché tanti pullman sono ripartiti e ci sono pochi ospiti nel resort.
Trascorriamo l’ultima sera sul nostro divanetto esterno ad ammirare le luci della città e salutare questo luogo magico.
Venerdì 04 Agosto | Wadi Musa – Wadi Rum
Il programma di oggi prevede: visita a Piccola Petra, relax in piscina, check-out e spostamento a Wadi Rum.
La strada che da Wadi Musa porta a Piccola Petra già di per sé vale il viaggio: la striscia di asfalto è un serpente che ti porta su e giù attraverso un deserto roccioso incredibile.
Arrivati all’ingresso del sito si parcheggia in uno spiazzo sterrato e si entra subito: il sito è gratuito e non ci sono particolari controlli.
Sulla destra c’è una tomba molto ben scolpita nella pietra, poi un piccolo Siq che si apre sull’attrazione principale: una specie di piccolo Tesoro visitabile anche all’interno.
Ci sono pochissimi turisti e questo contribuisce a rendere la visita particolarmente piacevole e rilassante.
Dopo la facciata si procede lungo un Siq in salita con dei grossi gradini che conduce ad una grande tenda permeata da un avvolgente profumo di incenso e di té beduino e affacciata su uno splendido view point. Tempo totale della visita: 1 oretta.
Dopo la visita a Piccola Petra torniamo in hotel, dove ci concediamo un ultimo bagno in una piscina praticamente deserta: che relax!
Poi doccia e check-out: è giunto il momento di lasciare questo meraviglioso hotel, in cui ci piacerebbe un giorno tornare.
Per pranzo ci fermiamo a Wadi Musa, al Red Cave Restaurant, che sta a due passi dall’ingresso del sito archeologico di Petra.
Qui mangiamo il miglior hummus provato finora, dei fantastici sambousek fritti ripieni di formaggio e degli spiedini di pollo e agnello buoni ma veramente troppo piccanti e speziati per i nostri gusti.
Prima di partire alla volta del Wadi Rum ci fermiamo al Tip Top Bakery Shop, un minuscolo panificio e pasticceria dove prendo due tortine di frolla, mele e cannella.
Finalmente si parte per il Wadi Rum!
Dopo circa 2 ore di strada arriviamo al Visitor Center, dove ci dicono che per il Rum Stars Camp dobbiamo procedere fino al villaggio, che è un agglomerato molto decadente di baracche col tetto in lamiera. Facciamo una gran fatica a capire dove dobbiamo andare, ma alla fine lo troviamo. All’interno c’è Omar, il fratello minore di Ahmed, il beduino che gestisce il Rum Stars Camp e col quale mi ero sentita via email.
Dopo un rapido check-in, partiamo alla volta del deserto seduti sul cassone dell’Hilux di Omar. La nostra auto, invece, rimarrà parcheggiata nel loro cortile.
Dopo circa 20 minuti di sballottamenti e panorami pazzeschi, arriviamo al nostro campo tendato, che sta nel bel mezzo di questo deserto rosso e roccioso, che ricorda moltissimo Marte (e infatti è stato il set cinematografico di molti film ambientati su questo pianeta).
Il campo tendato è stupendo e la nostra tenda Luxury è indescrivibile.
Più che una tenda è un bungalow, ma col tetto spiovente, ed è in tutto e per tutto una camera di lusso. Il soffitto è drappeggiato di velluti, il letto è enorme, abbiamo il bagno in camera con doccia e acqua calda e persino un tavolino con due sedie e un bollitore pieno di acqua bollente per farci il té.
Ma il pezzo forte è senza dubbio il terrazzino che dà sul deserto: qui c’è una sdraio a dondolo pazzesca, bella e comodissima!
Durante il giorno in camera non c’è corrente elettrica, ma dalle 19:00 i generatori vengono accesi e noi possiamo mettere in carica i telefoni e farci una doccia calda.
Alle 20:00 usciamo per andare al piccolo falò esterno, dove viene servito il té beduino prima e dopo cena e dove sono sistemati dei tappeti e dei cuscini per potersi sedere in tutta comodità intorno al fuoco. Il tè è dolcissimo e super aromatico: sa tantissimo di cardamomo ed è sempre bollente perché i beduini lasciano sempre queste enormi teiere in ghisa sulle braci.
Stanotte al campo ci saremo solo noi e un’altra coppia di italiani. Essendo in pochi non avremo la cena beduina cotta sotto la sabbia, ma solo un semplice buffet ricco di verdure, salse di ogni tipo, riso e pollo. Nonostante la scelta limitata la cena ci soddisfa, complici anche i dolcetti giordani a fine pasto.
Dopo cena beviamo un altro té intorno al fuoco e alle 22:30 ci ritiriamo nelle nostre tende. Noi ci sistemiamo sul nostro amato dondolo in terrazza, dal quale ammiriamo un cielo stellato favoloso.
L’escursione termica tra giorno e notte è micidiale: se di giorno si cuoceva, la sera ci tocca metterci il North Face antivento, tirarci sù il cappuccio e ripararci come possiamo da un’arietta davvero frizzantina.
Verso le 23:00, a un tratto, sentiamo un rumore fortissimo provenire dal deserto e ogni secondo sempre più vicino e inquietante: spaventata, prendo il telefono e accendo la torcia, e vedo nel deserto davanti a noi un piccolo gruppo di cammelli al galoppo! Pazzesco!
Sabato 05 Agosto | Wadi Rum
Oggi ci svegliamo con relativa calma perché il nostro jeep tour nel deserto parte alle 9:30.
Svegliarsi con una luce rossastra, uscire sul terrazzino e ritrovarsi avvolti da un deserto rosso e silenzioso è un’emozione fortissima.
È l’ora dell’alba, e noi ci godiamo il sorgere del sole da dietro le montagne rocciose scattando foto e mangiando un dolcetto di frolla e mele.
Dopo una rapida colazione partiamo per il tour nel deserto con Audi e il figlio di 8 anni. Il nostro autista è gentile ma molto sulle sue. Viaggiamo abbastanza comodi, su panche super imbottite montate sul cassone del pickup e coperte da un utilissimo tendalino rosso che ci ripara molto bene dal sole cocente.
Le tappe del jeep tour sono abbastanza classiche.
La prima sosta è alla Fonte di Lawrence, che però non ci colpisce particolarmente.
La seconda tappa è la Duna di sabbia: l’unica duna sabbiosa in questo deserto roccioso, difficile da scalare ma non impossibile e dalla quale si può godere di una vista meravigliosa.
Arranchiamo sù per la salita, non senza fatica, affondando i piedi nella sabbia rossa e morbida, fino a giungere in cima, dove la duna diventa rocciosa.
Qui, girando a sinistra, si supera una parete rocciosa e si arriva ad un panorama pazzesco: sabbia rossa a perdita d’occhio, declivi rocciosi e un’atmosfera surreale. Sembra davvero il set cinematografico di un colossal, e infatti molto probabilmente lo è.
Una volta scesi dalla duna ci dirigiamo al Canyon Khazali, un bellissimo canyon che si percorre su un piano di pietra rialzato e sulle cui pareti si possono vedere delle pitture rupestri. Il percorso è molto carino ma breve: fatti poche decine di metri bisogna tornare indietro ripercorrendo il siq a ritroso e uscendo da dove si è entrati.
La quarta tappa è il tanto atteso Small Arch, un arco in pietra naturale, piccolo ma non troppo, sul quale si può camminare.
Per quanto l’altezza non sia estrema io ho qualche timore a percorrere il pezzo più stretto stando in piedi, quindi mi siedo e lo faccio tutto da seduta, alzandomi solo quando arrivo al punto giusto!
Scesi dallo Small Arch, facciamo una pausa tè nella tenda accanto. Nel Wadi Rum ogni attrazione turistica ha quasi sempre una tenda vicina dove bere il tè e comprare qualche souvenir. Noi non siamo particolarmente interessanti ai souvenir, ma uno dei ragazzi che gestisce questa tenda ci fa sentire un profumo solido alla mirra e noi ne rimaniamo incantati, tanto che decidiamo di comprarne uno. Ci viene dato in una graziosa scatoletta in alluminio.
La prossima tappa è la Casa di Lawrence, che attualmente non è molto più che un muro cadente, ma ha un suo fascino se la si valuta con gli occhi della storia.
La sesta tappa è al famoso Fungo di Pietra, ovvero un enorme masso al centro di uno spiazzo desertico che ha l’incredibile forma di un fungo.
È l’ora del pranzo, e Audi si ferma in un posto tranquillo all’ombra di una parete rocciosa. Stende una stuoia gigante per terra, ci dà dei succhi di frutta e dei biscotti ripieni ai datteri e ci dice che ci preparerà una zuppa. Purtroppo però abbiamo qualche problema con diversi ingredienti di questa zuppa, quindi convinciamo Audi a passare direttamente ad hummus, tonno e pane. Prendiamo pezzi di pane piatto e lo usiamo come cucchiaio per prelevare bocconi di hummus e tonno dai due piatti che condividiamo con Audi e il figlio.
Loro mangiano pochissimo, non so se per poco appetito o per senso di ospitalità, poi si sdraiano sulla stuoia.
Mai avrei pensato di potermi addormentare nel deserto a metà giornata, ma la stanchezza e la digestione hanno la meglio e ci ritroviamo a dormire tutti quanti per un’oretta abbondante.
Dopo pranzo ci dirigiamo al Big Arch e quando lo vedo rimango interdetta.
Audi mi prende il telefono e, con tutta la naturalezza del mondo, ci dice “Si sale da lì”.
“Lì” è una roccia liscia e scivolosa, con qualche abbozzo di gradone scavato e sulla quale bisogna letteralmente arrampicarsi.
Io ho qualche perplessità, ma E. parte convinto e io lo seguo. Arrivata a metà strada penso che non ce la posso fare, ma la prospettiva di girarmi e scendere mi sembra ancora più terrorizzante che continuare a salire, quindi scelgo la seconda opzione.
Quando arrivo in cima, però, mi accorgo che questa era la parte facile! Quella difficile è camminare su una strettissima porzione di roccia piana tenendosi super rasenti alla parete rocciosa sulla sinistra perchè sulla destra c’è lo strapiombo!
Siamo a circa 9 metri da terra e io scopro che non è mica poi così vero che non soffro per nulla di vertigini come pensavo! Procedo lentamente, aggrappandomi con le unghie ad ogni minimo incavo nella roccia, consapevole che la presa in realtà non è salda e tenermi non serve a niente. L’unica salvezza è mettere i piedi dove vanno messi e non guardare giù.
Di solito in questi casi mi metto un po’ alla prova, e alla fine guardo sempre. Non stavolta. Stavolta ho una paura fottuta e giù non ci posso guardare, se no mi pietrifico qua e non mi muovo più. Non so come faccio, ma alla fine supero questo tratto infernale e giro a sinistra, dove bisogna letteralmente incastrarsi tra due rocce strettissime e issarsi verso l’alto.
Superato questo breve tratto di arrampicata si arriva finalmente sulla sommità della roccia che si stringe dove la roccia diventa ponte e io lì non ce la faccio proprio a rimanere in piedi.
Mi siedo sul sedere e procedo da seduta, come fatto allo Small Arch, e ancora una volta Audi, divertito, fa un video di me che cammino sul culo. Molto bene!
Mi alzo in piedi al centro dell’arco solo per fare le foto, sfoggiando coraggio e fredda indifferenza alle circostanze avverse, poi mi risiedo e rifaccio il percorso inverso sempre sul sedere.
La discesa è forse anche peggio della salita. Non ho memoria della parte sullo strapiombo al ritorno: forse ero così in trance che l’ho fatta col pilota automatico.
La stessa cosa però non si può dire della roccia inclinata: quella me la ricordo benissimo! Fatta tutta sul sedere, ovviamente, con E. davanti e io dietro, e Audi che ci scatta le foto! Una cosa è certa: i beduini sono matti a far salire i turisti su sto arco!
Finita l’impresa ci sediamo un po’ sulla roccia a riposare e guardare gli altri viaggiatori ripetere la nostra impresa, chi più carico e chi più terrorizzato. Alcuni nemmeno ci provano.
Dopo il Big Arch possiamo tirare un sospiro di sollievo: le tappe sono finite e possiamo concentrarci sull’ultima fase della giornata, ovvero il tramonto nel deserto. Il sole sta già calando quando arriviamo davanti a una roccia altissima, che Audi ci dice di scalare per poter vedere il tramonto da una prospettiva privilegiata. Da qui il deserto sembra letteralmente infinito e il tramonto è pazzesco. Quando il sole sparisce all’orizzonte, scendiamo e partiamo alla volta del nostro campo tendato.
Stasera il Rum Stars Camp si è riempito di ospiti: in totale siamo 22.
Ci aspetta la famosa cena beduina: pollo, patate e verdure cotti sotto la sabbia. Assistiamo all’apertura del forno “sotterraneo” e all’estrazione di un enorme vassoio a tre piani carico di cibo, che viene poi portato nella sala ristorante assieme agli altri piatti del buffet. Mangiamo pollo, patate, riso e verdure: tutto veramente buonissimo!
Dopo cena ci spostiamo avanti dal fuoco dove beviamo il tè e chiacchieriamo.
All’improvviso la corrente va via in tutto il campo e sopra di noi si accende il cielo, con un miliardo di stelle: una vista stupefacente! Si vede benissimo il grande carro, ma la cosa più bella è che vedo chiaramente una stella cadente!
Verso le 22:30 ci ritiriamo tutti nelle nostre tende, dove ripetiamo l’esperienza della sera prima: giacca antivento, dondolo e cielo stellato. Non posso chiedere di più.
Vedo anche una seconda stella cadente. Che momento perfetto.
Alle 23:30 andiamo a dormire perché tra 3 ore dobbiamo già essere in piedi. Alle 4:00, infatti, dobbiamo lasciare il campo per un’esperienza che sogno da tanto tempo: il volo in mongolfiera.
Il nostro accompagnatore, Abdullah, rimane a dormire insieme ad altri due beduini sui tappeti davanti al fuoco. Quando saremo pronti per partire dovremo essere noi stessi a svegliarlo per partire!
Domenica 06 Agosto | Wadi Rum – Aqaba
Sveglia alle 3:00 in piena notte e partiamo alla volta del villaggio, lasciando per sempre questo posto incantato.
Arrivati al villaggio carichiamo tutti i bagagli sulla nostra auto e seguiamo Adbullah fino al Visitor Center, dove ci attende un altro beduino. Qui saliamo sul cassone del pickup e partiamo per più di mezz’ora di viaggio, in parte su strada e in parte nel deserto, con un buio micidiale e un’aria glaciale addosso. Quando arriviamo sul luogo del decollo vediamo che ci sono già altri turisti in attesa e che è stato allestito un tavolo con la colazione: tè e biscotti. Voleremo con la Royal Baloon.
Mentre facciamo colazione assistiamo all’arrivo del pick-up che trasporta la mongolfiera.
Mentre il cielo si fa sempre meno nero, ci godiamo lo spettacolo del gonfiaggio della mongolfiera, che è lungo e articolato, ma anche spettacolare.
Mentre albeggia veniamo invitati ad entrare nella cesta, che ha delle pareti altissime e due gradini intagliati nei lati corti per consentire l’accesso. Qualche fiammata poderosa, e si parte. Appena ci stacchiamo dal terreno provo un’emozione travolgente: erano anni che sognavo questo momento.
Sfioriamo un costone di roccia, passandoci sopra a poca distanza, e vediamo altre due mongolfiere alzarsi in volo con noi. Che meraviglia!
Lo spettacolo è indescrivibile: i colori sanguigni e delicati del deserto all’alba, l’aria che ti culla, l’altezza, la sensazione di libertà, il silenzio totale.
Viaggiamo spostati dal vento, con Cesar che aggiusta la posizione e l’altitudine dando “scariche” di fuoco, l’unico rumore che si sente in questo paradiso ovattato.
Lo scenario è surreale: questo deserto rosso, metà pianeggiante e metà roccioso, sembra un altro pianeta. Sullo sfondo il sole fa capolino dalle montagne rocciose e in un batter d’occhio è l’alba, mentre le altre due mongolfiere partite con noi salgono e scendono in continuazione in una danza silenziosa che è emozione pura.
E in quello che sembra un batter d’occhio (ma che in realtà sono stati 45 minuti circa) cominciamo a scendere di quota.
Ovviamente il punto dell’atterraggio non può essere previsto, quindi vediamo i pick-up che ci avevano accompagnato alla partenza seguirci durante tutto il tragitto, come piccoli puntini in movimento. Cesar comunica con loro via radio e, quando trova uno spiazzo adatto, comincia la discesa. Mentre ci avviciniamo sempre di più al terreno, Cesar ci dice “Landing” e noi ci accovacciamo subito sul fondo della cesta.
Il primo impatto col terreno è più forte di quanto immaginassi, ma poi ce ne sono altri due meno forti e in un attimo siamo fermi. L’atterraggio, che secondo Cesar è stato più che buono, è compiuto.
Una volta scesi c’è il brindisi di rito, quello che accompagna ogni volo in mongolfiera, con la differenza che qui in Giordania non brinderemo a champagne, bensì con un analcolico succo di frutta!
Salutato Cesar saliamo sul nostro pick-up e torniamo al Visitor Center del Wadi Rum, dove recuperiamo la nostra auto. Si parte per Aqaba!
Arriviamo sul Mar Rosso verso le 9:00 e ci dirigiamo direttamente al Berenice Beach Club, un club dotato di piscine e accesso diretto alla spiaggia, spogliatoi, servizio teli mare e uno snack bar. L’ingresso costa 13 JOD a testa e ne vale veramente la pena.
La spiaggia è bella e ben tenuta, con lettini nuovi e ombrelloni in paglia.
C’è un molo da cui partono piccoli motoscafi per le immersioni e grossi traghetti per le escursioni nel mare aperto.
Il Mar Rosso è piuttosto caldo e soprattutto salatissimo! C’è così tanto sale che si fa quasi fatica a nuotare perché l’acqua ti spinge a galleggiare. La barriera corallina inizia a pochi metri dalla battigia ed è bellissima e gigantesca, anche se non molto colorata.
Pranziamo al bar del club, dove però il cibo è davvero tremendo.
Qui si vedono dei contrasti culturali davvero insoliti: donne in bikini accanto a donne in burkini totale, completamente coperte dalla testa ai piedi.
Verso le 17:00 facciamo un altro bagno, poi verso le 18 risaliamo dalla spiaggia e partiamo verso il centro di Aqaba e il nostro albergo, il Laverda Hotel.
Prendiamo possesso della camera, che è abbastanza ampia e ha un balconcino vista mare.
Verso le 20:30 raccogliamo le forze e ci vestiamo per andare a cena.
Ci accorgiamo che una gomma è un po’ sgonfia, quindi ci fermiamo da uno dei tanti gommisti che troviamo lungo la strada e che in un batter d’occhio smonta la ruota, estrae il chiodo gigante che abbiamo preso e aggiusta la gomma. Nel giro di 10-15 minuti il problema è risolto e il gommista pagato: solamente 3 JOD per sistemare una gomma bucata. Incredibile!
Ceniamo da Rakwet Kanaan, un locale in centro molto cool, con illuminazione scenografica e tavolini disposti lungo un marciapiede affacciato su quella quella che sembra la strada più trafficata di tutta Aqaba.
Dopo aver provato una strana birra analcolica servita con limone e sale (e del ghiaccio che forse si rivelerà essere la nostra rovina), ceniamo con la manakeesh più buona provata finora e una pizza abbastanza dimenticabile.
Dopo cena facciamo due passi nella via dello struscio e qui trovo Anabtawi Sweets, una pasticceria che vende i biscottini ripieni di datteri che avevo tanto apprezzato nel deserto! Costano solo 2,5 JOD quindi ne compro una bella confezione. Se occupassero meno spazio ne avrei certamente prese di più.
La passeggiata è piacevole e la città piena di vita, ma siamo distrutti e fa veramente troppo caldo: c’è un vento afoso che ti toglie il fiato, quasi peggio che di giorno!
Quindi torniamo in hotel e ci addormentiamo stravolti.
Lunedì 07 Agosto | Aqaba – Mar Morto
Dopo una rapida colazione in una sala vista mare, partiamo alla volta della prossima tappa.
Arrivati all’inizio del Mar Morto facciamo qualche sosta per osservare questo paesaggio desolato, tagliato da una striscia di acqua blu circondata da terra bianca.
Devo essere sincera: lo scenario è un po’ deludente. Mi aspettavo di trovare “spiagge” bianchissime di sale cristallizzato come nelle foto viste online, ma purtroppo non è così.
Dopo più di tre ore di viaggio arriviamo finalmente al Movenpick Dead Sea.
L’hotel è iper protetto: all’ingresso ci sono enormi dissuasori in metallo che impediscono il passaggio di qualsiasi mezzo, inoltre un addetto alla sicurezza ci chiede il nominativo della prenotazione, controlla tutti i lati del veicolo guardando anche al di sotto dell’auto con uno specchio attaccato ad un lungo bastone ed effettua un controllo anti esplosivo sul volante.
Una volta parcheggiati, ci dirigiamo alla reception, raggiungibile solo dopo un ulteriore step di controllo tramite metal detector.
Il check-in al banco è lunghissimo, il receptionist parla un inglese incomprensibile e trovare una golf car che ci porti i bagagli in camera è un’impresa.
La stanza è bella e spaziosa, con un bagno gigantesco dotato sia di doccia che di vasca. Il balconcino, però, devo dire che delude un po’ le aspettative: dalle foto sembrava avere una vista più panoramica sul giardino, mentre qui mi sembra un po’ sacrificato. Per non parlare del fatto che i cuscini del divanetto sono sporchissimi e logori!
Purtroppo entrambi non ci sentiamo in forma, quindi ci prendiamo qualche farmaco per i disturbi gastrointestinali e passiamo la sera in camera a riposarci.
Martedì 08 Agosto | Mar Morto
Colazione in una sala faraonica, con ogni ben di dio da mangiare: verdure, riso, hummus, pane di ogni tipo, brioche, donuts, torte, bevande calde e fredde… c’è veramente l’imbarazzo della scelta ed è tutto molto ben presentato.
Oggi giornata relax, trascorsa a riprenderci dai nostri malanni di viaggio e a goderci l’immensità di questo resort così lussuoso.
Alle 18:00, quando il caldo si fa meno torrido, scendiamo a vedere le piscine.
La più grande è super affollata, quindi ci dirigiamo a quella con vista sul Mar Morto. È piccolissima, ma è solo per adulti, quindi si sta tranquilli. Siamo senza telefoni e ci godiamo senza distrazioni il tramonto sul Mar Morto e la vista incredibile su Israele. Che pace.
Mercoledì 09 Agosto | Mar Morto
Sveglia alle 6:30 e partenza per il Wadi Mujib, dove andremo a fare canyoning!
Dopo mezz’ora di auto arriviamo al Visitor Center, paghiamo 44 JD agli antipaticissimi addetti e ci apprestiamo a cercare un giubbotto di salvataggio che ci vada bene.
Dopo aver preso un giubbotto a testa, scegliendo tra quelli meno rotti, usciamo sulla passerella che porta ad una scala a pioli in ferro che finisce direttamente nell’acqua del fiume. Io sono attrezzata con costume, maglietta, leggings e sacca impermeabile con dentro borraccia, telefoni, GoPro e fazzoletti.
Sono le 9:00 del mattino e non c’è quasi nessuno oltre a noi.
Una volta scesa la scala a pioli, camminiamo per un centinaio di metri nell’acqua bassa e limacciosa. Poi, arrivati al punto in cui la gola si stringe, la corrente aumenta e l’acqua arriva alle ginocchia: qui si fa già fatica a procedere, perché la corrente sbatte sulle tibie ed è difficile avanzare.
Si scavalcano delle rocce dove la corrente si fa intensa, dopodiché si arriva a un punto delimitato da corde gialle che superiamo con tanta fantasia e qualche difficoltà.
L’acqua è tiepidina ma rinfrescante al punto giusto: si sta veramente da dio. La luce filtra nel canyon stretto e alto e si sente solo il rumore delle cascatelle e dell’acqua che scorre sempre più impetuosa.
Camminiamo nell’acqua circa 30 minuti prima di arrivare ad un punto critico: una cascata alta circa 2,5 metri dove la corrente, fortissima, nasconde totalmente la scala a pioli in ferro che sta attaccata alla roccia e serve per superare questo dislivello. Proviamo a buttarci sotto la cascata, ma la corrente è devastante e ti spinge letteralmente indietro.
Mentre valutiamo il da farsi comincia ad arrivare un po’ di gente e decidiamo di temporeggiare qui un pochino guardando salire chi se la sente. C’è chi ci riesce, anche dopo vari tentativi, chi molla e chi non ci prova nemmeno.
Essendo noi molto poco atletici decidiamo di mollare e goderci il ritorno in tranquillità.
Superato il tratto con le corde gialle ci sdraiamo nell’acqua e ci facciamo trasportare dalla corrente per alcuni tratti: è divertentissimo!
Alle 11:00 del mattino siamo già di ritorno al Visitor Center. Ci cambiamo negli spogliatoi luridi, togliendoci gli indumenti bagnati e indossando il cambio.
In definitiva posso dire che questo canyoning nel Wadi Mujib è un’esperienza alla portata di chiunque goda di buona salute fisica, anche se non è sportivo o allenato. Con un pizzico in più di coraggio si può arrivare fino alla fine, ma se non ce la si sente si può tornare indietro in qualsiasi momento perché il ritorno è lo stesso dell’andata. È sicuramente un’esperienza adrenalinica, che ci ha divertito moltissimo e ci ha consentito di godere di uno spettacolo naturale pazzesco, quindi la consiglio senza alcun dubbio.
Dopo questa bella esperienza, torniamo in hotel affamati e decidiamo di pranzare al ristorante italiano Luigi’s, dove rimaniamo sorpresi dalla bontà dei piatti. Si inizia con un antipasto offerto dalla casa: focaccia alta e soffice come una nuvola, accompagnata da un patè di olive nere e una salsa di pomodoro condita e gustosa. È talmente buono che chiediamo anche il bis!
Poi arrivano i nostri piatti: tagliolini al pesto e risotto al nero di seppia e frutti di mare. Tutto buonissimo e super abbondante.
Dopo un pranzo così impegnativo ci concediamo un sonnellino in camera e alle 18:00 scendiamo in spiaggia per fare il nostro primo bagno nel Mar Morto. Il sole sta calando ma fa ancora un caldo afoso incredibile.
La spiaggia è piccola e non particolarmente scenografica, ma dalle foto viste online so che questo è uno standard. Ci sono lettini, docce, una postazione per fare i fanghi e delle gradinate di cemento che portano in acqua. La zona balneabile non è grandissima ed è delimitata da piccole boe, ma la gente è davvero poca quindi si sta in pace.
L’acqua è incredibilmente oleosa e la spinta in sù che ti dà è pazzesca. Ovviamente non si riesce a nuotare: puoi solo galleggiare a pancia in sù, con braccia e piedi fuori dall’acqua. Che esperienza!
Dopo il bagno ci facciamo i fanghi, spalmandoci ogni centimetro di pelle con questo fango denso e piacevole. Attendiamo una decina di minuti che il fango si asciughi e torniamo in acqua per sciacquarci: la pelle sembra incredibilmente più morbida al tatto, ma è una sensazione che dura poco.
Dopo il bagno ci godiamo il tramonto sulla spiaggia, seduti sui nostri lettini. Il cielo ha dei colori da non credere: dal grigio all’indaco, dal pesca al giallo luminoso, passando per verde lime e azzurro. Pazzesco! Una palette cromatica che lascia davvero senza parole.
La sera ci sentiamo ancora pieni dal pranzo quindi non ceniamo: semplicemente ci godiamo le luci del resort dal nostro balconcino finché non decidiamo di andare a dormire.
Giovedì 10 Agosto | Mar Morto – Amman
Oggi sveglia con calma, colazione e ultimo bagno nel Mar Morto prima del check-out. Ormai ho perfezionato la tecnica di galleggiamento, quindi faccio meno fatica e mi diverto anche un po’. Ma purtroppo alle 11:00 dobbiamo già risalire per farci la doccia, preparare i bagagli e lasciare la stanza.
Anche durante il check-out abbiamo qualche problema con la reception e la golf car. In definitiva possiamo dire che questo Movenpick Dead Sea è sì incredibilmente bello e scenografico, ma un po’ carente nei servizi. Ripresa la macchina dal parcheggio partiamo alla volta dell’aeroporto per la riconsegna dell’auto. Sbrighiamo tutte le pratiche di riconsegna e ci dirigiamo al parcheggio dei taxi
La tariffa ufficiale per il centro città è 22,5 JD.
Il tassista è simpatico come una colonscopia: proviamo più volte a chiedergli di abbassare la potenza dell’aria condizionata dal livello “Antartico” quantomeno al livello “Islanda in inverno”, ma lui non capisce o fa finta di non capire e alla fine ci accontenta solo quando mancano 10 minuti all’arrivo.
Il Layaali Amman Hotel è posizionato benissimo, a pochi passi dalle vie principali della città e proprio di fronte al Teatro Romano, che possiamo osservare benissimo dal nostro balconcino in camera.
La stanza è piccola ma carina, anche se ben presto emergono i difetti: il letto infatti è piuttosto scomodo e, dopo una rapida analisi, capiamo che non ha i materassi ma delle semplici lastre di schiuma insacchettate in un lenzuolo a sacco decisamente lurido e poi ricoperte solo da un lenzuolino sottilissimo.
Verso le 16:00 ci dirigiamo al Souq Al-Sukar, famoso mercato di frutta e verdura. I 600 metri che ci separano dal mercato sono un turbinio di auto, persone, merci esposte, rumore e caos. Il tutto ha un fascino particolare, esotico e suggestivo, che mi colpisce e mi conquista. Il mercato è piccolo ma pittoresco, molto caotico e pieno di locals che fanno la spesa. Siamo quasi gli unici occidentali presenti, ma nonostante questo nessuno ci osserva curioso o stranito. Le bancarelle sono cariche di frutta, verdura, frutta secca e spezie, e ogni tanto si vendono anche dolci e snack. Se solo si potessero fotografare gli odori di questo posto!
Prendiamo un taxi e ci facciamo portare in Rainbow Street, che dovrebbe essere la via più vivace e turistica della città, ma che di fatto ci sembra molto meno viva della zona in cui alloggiamo. Decidiamo di mangiare qualcosa al Ristorante Mijana, un locale molto bello e quotato.
Il locale è frequentato da locals e turisti in egual misura. Qui vediamo anche un’intera famiglia composta da un uomo apparentemente molto facoltoso, quattro donne con burqa integrale e alcuni bambini. Saranno tutte sue mogli?! Nel Wadi Rum ci hanno detto che in Giordania un uomo può avere fino a quattro mogli, ma non ci era mai capitato di vedere famiglie così grandi!
Io sono stupita dagli estremi che si possono vedere in questo Paese: è incredibile come riescano a convivere convinzioni, usi e costumi così diversi nello stesso posto.
Alle 19:10 usciamo dal locale e riprendiamo la passeggiata, che da Rainbow Street ci riporta in hotel passando dal centro, super caotico anche a quest’ora della sera. Nella piazza del Teatro Romano c’è un sacco di gente anche se il teatro è chiuso perché sembra stiano preparando il palco per uno spettacolo. Dopo una passeggiata per la piazza, risaliamo in camera e mi godo la serata sul balconcino, stupita da quanto traffico ci sia anche alle 22:30.
Venerdì 11 Agosto | Amman
Dopo una colazione deludente, usciamo e prendiamo un taxi per la Cittadella, che visitiamo in circa 40 minuti. Fa già un caldo assurdo e il sito turistico è tutto al sole.
Per quanto bello, devo ammettere che visitarlo dopo aver visto Jerash lo fa sembrare un po’ deludente. In particolare rimango stupita da quanto sia piccola la mano di Ercole: me la aspettavo decisamente più grande! Però il Tempio di Ercole è veramente molto bello e scenografico.
Usciti dal sito, cerchiamo un taxi che ci porti alla Moschea di Re Abdullah I, immensa e sormontata da una bellissima cupola azzurra.
Per accedere bisogna prima scendere in un bazar sotterraneo pieno zeppo di souvenir dove un giordano molto gentile mi fa indossare una tunica con cappuccio lunga fino ai piedi.
La cosa non mi fa impazzire perché mi sembra davvero poco igienico, oltre al fatto che il tessuto è incredibilmente sintetico e per nulla traspirante, ma così stanno le cose, quindi la indosso e andiamo alla biglietteria.
Paghiamo 2 JD a testa, poi lasciamo le scarpe su una rastrelliera in marmo accanto alla porta di ingresso ed entriamo in questa grande stanza circolare dominata da una moquette rossa a disegni blu in stile arabo. Ai lati della stanza vediamo alcuni uomini e ragazzi che pregano seduti a terra, quindi noi per non disturbarli esploriamo il centro di questa architettura grande e silenziosa, affascinante nella sua esoticità.
Una volta usciti, riprendiamo le nostre scarpe e facciamo il giro dell’esterno: l’architettura non è particolarmente elaborata, ma i decori azzurri la rendono bella e particolare.
Io entro anche nella stanza di preghiera delle donne, molto più piccola della moschea principale, dove vedo alcune donne e ragazze che leggono silenziosamente quello che immagino sia il Corano.
Finita la visita torniamo nel bazar dove lascio la tunica, poi prendiamo un taxi per andare al ristorante Zajal, che affaccia su una scalinata stretta ma molto pittoresca perché coperta da decine di ombrelli colorati.
Il locale è molto colorato e luminoso, dominato dal giallo e dall’arancione, ed è frequentato principalmente da locals. I camerieri sono gentili e il cibo buono. Mangiamo bene, seduti su un dondolo molto carino, che sostituisce le normali sedie.
Usciti dal ristorante, andiamo da Habibah, storica e famosa pasticceria di Amman, dove acquistiamo alcune scatole di dolci giordani da portare a casa. Conclusi gli acquisti torniamo in hotel per evitare le ore più calde del pomeriggio. È la nostra ultima sera ad Amman e in Giordania e decidiamo di trascorrerla in K. Faysar Sq, una delle vie più vitali del venerdì sera giordano.
In strada c’è un sacco di gente, sembra una festa di paese!
Negozi aperti, bancarelle in strada con dolciumi e giocattoli, uomini, donne e bambini di ogni età: un’atmosfera caotica e vitale, che però dà un senso di sicurezza e normalità.
Decidiamo di mangiare qualcosa e scegliamo l’Ajwa’a Restaurant totalmente a caso, soltanto perché ha un bel balcone in legno che affaccia sulla movida della strada sottostante.
Mangiamo davvero bene e ci godiamo la serata su questo bellissimo balcone. Le luci della città sono incredibili, dal marciapiede sotto di noi sale il brusio della folla, e dall’altro lato della strada riusciamo a vedere la fila incredibile di persone che aspetta di poter prendere un dolce take-away alla piccola sede di Habibah Down Town.
Stiamo talmente bene che decidiamo di prolungare la nostra permanenza provando la shisha, che ha un sapore molto delicato ma piacevole, anche se E. non è convinto!
Dopo cena salutiamo la bella e movimentata Amman tornando nella nostra camera e ammirando dal nostro balconcino le luci di uno spettacolo in corso all’interno dell’Anfiteatro Romano.
Sabato 12 Agosto | Amman – Milano
Il volo di ritorno è alle 11:30, quindi ci alziamo presto, sistemiamo i bagagli e prendiamo il taxi che abbiamo prenotato ieri sera direttamente dalla reception dell’hotel. Il tassista è super simpatico, e passiamo i 40 minuti che ci separano dall’aeroporto a chiacchierare fitto tramite google translate di calcio, cibo, e viaggio.
In aeroporto sbrighiamo velocemente le pratiche necessarie e decolliamo in perfetto orario. Purtroppo questo viaggio è giunto al termine e ci tocca rientrare in Italia. È stato un viaggio piacevole e ricco di esperienze.
Le cose che mi sono piaciute di più sono senza dubbio Jerash, Petra, il Wadi Rum, il canyoning nel Wadi Mujib e l’atmosfera vitale di Amman.
Le cose che invece mi hanno convinta meno sono state Madaba e il Mar Morto: il bagno qui è un’esperienza sicuramente da provare, ma forse mi aspettavo una cosa diversa.
Nel mio cuore rimarranno la gentilezza e l’ospitalità di gran parte dei giordani che abbiamo conosciuto, i colori pazzeschi del deserto, i beni culturali stupefacenti, il cibo ricco e i dolci piacevolmente collosi, le facce, gli odori, l’adrenalina di certe avventure e infine la voglia di tornare al più presto in questa parte del mondo, così ricca di fascino e mistero.
Ciao Giordania, grazie di tutto.