Da Nord a Sud dello Stivale: uno sguardo alle Città ideali e alle signorie del Bel Paese

Francesco De Luca, 24 Ago 2024
da nord a sud dello stivale: uno sguardo alle città ideali e alle signorie del bel paese
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La Città ideale, uno dei concetti più preziosi lasciati in eredità dall’Italia rinascimentale, lo status symbol e il cuore pulsante delle grandi signorie italiane dell’epoca. I Gonzaga a Mantova, gli Sforza a Milano, i da Montefeltro a Urbino, per citare i più noti, costituiscono solo alcuni degli esempi di quello stretto rapporto fra uomo e spazio urbano, fra utopia e realtà, e, perché no, fra cielo e terra.

Ai “lavori in corso” di questi nuovi centri rinascimentali contribuiscono, con le loro idee e le loro bozze, i più illustri intellettuali e scienziati dell’epoca: da Leon Battista Alberti a Bramante, passando per Michelangelo fino ad arrivare a Leonardo da Vinci.

Non una semplice città, dunque, né un luogo delimitato e progettato per le élite più in voga del momento, ma, al contrario, un ambiente ideologico portatore di un sentire nuovo, in cui il centro stesso diviene opera d’arte, progetto politico, e, non da ultimo, spazio in cui la comunità pensa e programma la sua esistenza. Un breve viaggio da Nord a Sud della nostra penisola, sbirciando le realtà urbane in cui il concetto di Città ideale è riuscito a trovare, già dal Rinascimento, una sua realizzazione pratica.

L’Umanesimo di pietra del nord Italia

Castiglione Olona

A guadagnarsi il titolo di prima Città ideale del rinascimento è Castiglione Olona, in terra lombarda, borgo incastonato fra il lago Maggiore e il lago di Como; l’umanista al quale si devono l’iniziativa e l’ambizione di fare di questo luogo un centro culturale di grande importanza è Branda Castiglioni, che opera alla metà del XV secolo, e dalla cui nobile casata discendono due pontefici di non poco rilievo: Celestino IV e Pio VIII. Da vero e proprio mecenate, il Castiglioni provvede alla manutenzione e riprogettazione dello spazio urbano, includendo nel suo piano anche la ristrutturazione e l’ampliamento dei luoghi di culto; a spiccare fra tutti è la Collegiata dei santi Stefano e Lorenzo con annesso Battistero, le cui pareti, magistralmente affrescate, portano la firma di grandi artisti del periodo: da Paolo Schiava a Masolino da Panicale.

Sabbioneta

sabbioneta

Restiamo in terra lombarda, stavolta all’estremo sud della regione, dove, quasi al confine con il territorio emiliano, sorge Sabbioneta, dal 2008, assieme a Mantova, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La profonda influenza dei Gonzaga, prima marchesi e poi duchi di Mantova, città che possiamo considerare a tutti gli effetti come vero e proprio stato preunitario (1861), ha fatto di Sabbioneta uno dei migliori esempi di Città ideale, un’opera d’arte a sé stante, anche e soprattutto perché questa non fu ricostruita, ma anzi edificata direttamente dai Gonzaga. La cinta muraria, Il Palazzo Ducale, la Galleria degli Antichi, il Palazzo del Giardino – appositamente creato per oziare –, così come le architetture religiose, risalgono tutte al medesimo periodo, cioè alla fine del XVI secolo, e presentano dunque un fine e un motivo comuni: esprimere al massimo il concetto di Città ideale; negli edifici e nella planimetria poligonale, nei luoghi dell’ozio e dell’attività politica

Palmanova

palmanova

Ultima, ma non ultima, rappresentante dell’Umanesimo di pietra del nord Italia è la “città stellata”, Palmanova, nel Friuli-Venezia Giulia orientale, anch’essa, dal 2017, inclusa dall’UNESCO fra i Patrimoni dell’Umanità sotto la dicitura Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale. A Palmanova, città-fortezza fondata dai Veneziani alla fine del XVI secolo per trovare riparo dalle incursioni turco-ottomane, il progetto di Città immaginaria, utopica, ideale, prende realmente vita, ed è forse il caso più unico e sorprendente.

La struttura è quella di una stella a nove punte, alla quale si accede da tre porte dislocate lungo la fortificazione; qui, a differenza di Castiglione Olona e Sabbioneta, non si avvertono la mano e l’intenzione delle signorie cittadine, perché il fine, come detto, rimane quello di una roccaforte. Al di là della Piazza Grande, delle Porte e del Duomo, infatti, a Palmanova si conserva qualcos’altro, qualcosa che, ancora oggi, la rende unica nel suo genere: la planimetria. 

Una stella, lo abbiamo già detto, ma una stella che viene da molto lontano; la pianta di Palmanova, infatti, ricalca in parte quella della Sforzinda, città immaginaria ideata nel 1464 dall’architetto e scultore Antonio Averlino detto il Filarete. Il nome, Sforzinda, è un omaggio a una delle più grandi e influenti dinastie del Rinascimento italiano, quella milanese degli Sforza.

Il progetto del Filarete, certo, non ha mai visto la luce, e tuttavia riflette quello che si sarebbe realizzato in non poche città italiane del periodo, e, soprattutto, a Palmanova: una pianta a otto punte, una cinta difensiva, il Palazzo comunale, gli edifici di culto. 

Ferrara, Terra del Sole, Urbino: il respiro della nobiltà 

castello estense ferrara

Dalle preziose architetture del nord, scendiamo ora verso il delta del Po, e poi, ancora verso il centro dello Stivale.

Ferrara è fra i primi centri che si incontrano dopo il confine veneto, anche lei, dal 1995, entrata nella lista UNESCO sotto la dicitura Ferrara, città del Rinascimento, e il suo delta del Po. Qui, ogni vicolo o pietra conservano la gloria del passato e il respiro di quella casata, gli Este, che fecero di questo centro una delle pietre angolari dell’Italia rinascimentale

Governata dapprima dai Bizantini, poi assediata e occupata dai Longobardi, e, infine, alla metà dell’VIII secolo, donata dai Franchi al papato, Ferrara entra nell’orbita degli Este solo nei primi anni del 1200; da qui in poi, è storia, e una storia ricca di arte, progresso e innovazione. Per l’epoca, potremmo pensare a Ferrara come a una città del futuro; il progetto dell’architetto Biagio Rossetti, portato avanti sotto la supervisione del duca Ercole I d’Este, ha le carte in regola per entrare nell’albo delle Città ideali: sfarzosi palazzi, bellezza e cura urbanistiche, strade larghe e rettilinee. Gli ambienti della corte, poi, non sono da meno: oltre alla scuola ferrarese di pittura, nata durante la seconda metà del XV secolo, fra i corridoi e i soffitti delle residenze estensi vanno e vengono i più grandi nomi dell’epoca: Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Piero della Francesca, Andrea Mantegna, per citare i più noti

A livello monumentale, risulta davvero difficile preferire un luogo d’interesse a un altro, ma, cosa non perdere assolutamente? Il Castello Estense, residenza nobiliare e sede delle milizie cittadine, il Duomo di san Giorgio, massima espressione dello stile romanico-gotico, i giochi prospettici del Palazzo dei Diamanti, con i suoi 8500 blocchi esterni di marmo bianco-rosato, il Palazzo Schifanoia e il ciclo d’affreschi della scuola ferrarese

Rimanendo in tema storico-culturale, ma, questa volta, a sfondo gastronomico, una menzione d’onore va alla coppia ferrarese, uno dei cinque pani italiani riconosciuti dall’Unione Europea con il marchio IGP.

Terra del Sole

terra del sole

Prima di costeggiare l’Adriatico e approdare a un altro must del Rinascimento italiano, Urbino, facciamo una breve tappa verso un’ulteriore città-fortezza, Terra del Sole, o Eliopoli. Ci troviamo nella regione storica della Romagna fiorentina, nella provincia di Forlì-Cesena, non lontano dal confine toscano.

Tèra del Sòl, in lingua romagnola, è una fortezza medicea sorta fra il 1564 e il 1579 per volontà del primo e più noto Granduca di Toscana, Cosimo de’ Medici. La sua idea è semplice e funzionale: vista la notevole estensione del Granducato di Toscana, si vedeva necessario creare una struttura difensiva e amministrativa ad hoc per la zona romagnola, e così fu infatti.

Le mura e le porte, conservate perfettamente, abbracciano le imponenti e delicate strutture interne, espressione della nobile dinastia toscana che, qui, vive ancora nei nomi dei monumenti, dal Castello mediceo a Porta fiorentina 

Urbino

urbino

Inclusa, al pari di Ferrara e Mantova, fra le 14 città nobili dell’Italia unita che impreziosiscono le sculture del Vittoriano, Urbino, inutile dirlo, anche lei, dal 1998, entrata a far parte dell’UNESCO, sorge nella regione storica del Montefeltro, occupando gli ultimi ritagli dell’Appennino settentrionale. La storia della città, che conserva pressocché intatto l’aspetto rinascimentale, fa pendant con la serie di dinastie che, a partire dai Montefeltro, si susseguirono e contesero il dominio di questo spicchio di paradiso, arricchendolo e dal lato architettonico che culturale.

Dapprima con i Montefeltro e il suo massimo esponente e mecenate, il duca Federico, passando per le parentesi dei Borgia, i della Rovere e i Medici, fino ad arrivare, nel XVIII secolo, agli Albani, Urbino si arricchisce al passo delle sue signorie, prendendo, nel tempo, le fattezze di vera e propria Città ideale.

Con Federico da Montefeltro si apre il filone del Rinascimento urbinate (importante ramo del Rinascimento italiano), fra le cui punte di diamante spiccano nomi quali Raffaello Sanzio e Donato Bramante

Restando sul tema del nostro viaggio, poi, è utile sottolineare che, fra il 1480 e il 1490, alla città di Urbino fu dedicato – da autore ignoto – un dipinto il cui tema e titolo fanno ben intendere l’importanza e la considerazione che il centro doveva avere già in quel periodo; il titolo, infatti, è niente di meno che Città ideale di Urbino, conservato alla Galleria Nazionale delle Marche 

Il centro storico è un susseguirsi di angoli, piazzette, odori, architetture civili e religiose: gli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni, eseguiti da Lorenzo e Jacopo Salimbeni, le volte mozzafiato dell’Oratorio di San Giuseppe, decorate grazie alle donazioni degli Albani, una delle dinastie menzionate prima, la casa di Raffaello, in cui è possibile ammirare, lungo le pareti, la mano del giovane pittore alle prime armi, già basterebbero per fare di Urbino una delle capitali dell’arte italiane e mondiale 

Impossibile, tuttavia, allontanarsi da Urbino senza fare due passi nel Palazzo Ducale; oltre a ospitare la Galleria Nazionale delle Marche, con opere del fiore della pittura rinascimentale – Piero della Francesca, Sandro Botticelli, Raffaello Sanzio, Paolo Uccello – il Palazzo è spesso sede di eventi a tema artistico e culturale. Al suo interno, inoltre, si trova lo Studiolo di Federico da Montefeltro, un ambiente rimasto fermo nel tempo, in cui il duca era solito ritirarsi per oziare e studiare; nello studiolo, grazie agli intarsi lignei, lo spettatore è immerso in un’illusione visiva continua: il trompe-l’oeil

Prima di ripartire e giungere all’ultima tappa del nostro tour, indichiamo altri tre nomi di Città ideale del centro Italia da non perdere: Pienza in Toscana, anch’essa UNESCO, La Scarzuola in Umbria e San Lorenzo Nuovo nel Lazio.

Acaya: lo scrigno ideale del sud Italia

acaya

Ci troviamo sul tacco della penisola, lontani da dove siamo partiti, nella provincia di Lecce, fra le pietre del profondo e assolato Salento. Acaya è una piccola frazione del comune di Vernole, una città-fortezza con una pianta che ricorda alla lontana quella di Palmanova, anche se, in questo caso, potremmo parlare di stella a quattro punte

Appannaggio degli Angioni fino alla fine del XIII secolo, Acaya deve il suo nome all’ingegnere personale di Carlo V d’Asburgo, Gian Giacomo dell’Acaya, che qui lavorò durante la seconda metà del XVI secolo fortificandola e dotandola anche di un Castello 

L’obiettivo della fortificazione, ca va sans dire, risente della necessità di assicurarsi una roccaforte-vedetta sulla costa adriatica, spesso teatro di attacchi e scorrerie 

Anche ad Acaya, fra i vicoli e i vari edifici in pietra leccese, vivono gli “elementi ideali” che abbiamo visto e apprezzato negli altri centri: un Castello, una cinta muraria, una chiesa e delle strade dritte e ben ordinate. 



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