Magica Tuscia, fra dedali e boschi incantati

Viaggio pet-friendly alla scoperta di alcune delle location del film Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone dove la realtà è più magica della finzione.
Scritto da: patrix77
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Inizia il viaggio: Abbazia di San Galgano e la spada nella roccia

Due amiche, una trentina e una lombarda, separate da kilometri di distanza, si ritrovano un lunedì mattina alla ricerca di luoghi incantati dopo essere state separate, più a lungo del previsto, a causa di forza maggiore in tempo di pandemia. Assieme a loro Gandhi, un meticcio maculato. Luogo di partenza Brescia. Destinazione la città del tufo di Pitigliano, detta anche la piccola Gerusalemme.

Scopo del viaggio, la visita alle Vie Cave etrusche e il Bosco del Sasseto, due delle numerose location italiane scelte dal regista per il suo film. Durante il tragitto decidiamo, per spezzare il viaggio e sfamare la nostra curiosità, di deviare il nostro percorso per perderci nelle campagne senesi e fare tappa alla suggestiva Abbazia di San Galgano che si trova nel comune di Chiusdino, a una trentina di chilometri da Siena. Un edificio cistercense del XIII secolo caratterizzato dal tetto mancante che lo rende suggestivo e che ci ricorda le chiese della Gran Bretagna e i miti arturiano. E non a caso, dato che a poca distanza dalla stessa abbazia, con un sentiero che si snoda su una collinetta percorribile in poco più di 5 minuti, si trova l’Eremo o Rotonda di Montesiepi. Qui, all’interno alla chiesa, protetta da una teca, è possibile ammirare la leggendaria spada nella roccia. Leggenda vuole che Galgano Guidotti, nobile e dissoluto, dopo una visione di San Michele Arcangelo si convertì e conficcò la spada in una roccia facendola così diventare simbolo di fede. È possibile visitare l’abbazia tutto l’anno, anche con il vostro cane visto che i pelosi sono ammessi, pagando un biglietto d’ingresso di 5 euro.

Riprendiamo il viaggio attraverso strade statali che ci permettono di ammirare le campagne toscane di un brillante verde primaverile. Dopo un paio d’ore e un paio di tornanti si svela ai nostri occhi Pitigliano in tutta la sua maestosità. Il paese è arroccato su una rupe di tufo e questa visione ci strappa un urlo di meraviglia che ci accompagna fino all’ultima ripida salita che porta a varcare l’ingresso del centro storico. Qui abbiamo affittato un piccolo appartamento che sarà la nostra casa per i prossimi 5 giorni. Una volta arrivate, seguendo le indicazioni della nostra padrona di casa, entriamo in una zona ZTL che è attiva solo nel weekend nel periodo di bassa stagione. Non trovando posto parcheggiamo provvisoriamente, giusto il tempo per scaricare le valige e il cane e portiamo la macchina ad un parcheggio gratuito poco distante, raggiungibile in poco meno di 10 minuti a piedi.

L’appartamento è all’interno del paese storico, in una delle vecchie e caratteristiche abitazioni. Il portoncino d’ingresso si apre su scale strette e ripide che in un paio di brevi rampe ci porta al piano superiore in un piccolo bilocale di 35 mq. Essendo la casa una costruzione in tufo la temperatura al suo interno tende a rimanere bassa e dato che siamo in primavera gli sbalzi termici tendono a farsi sentire. Ma, fortunatamente, la casa è attrezzata con stufa a pellet e condizionatore. Aver affittato un’appartamento ci permette più libertà organizzativa anche per la presenza del cane. In più all’interno del paese sono presenti diverse botteghe dove si possono trovare beni essenziali di prima necessità, panificio,  bar e farmacia. Ed essendo il paese molto piccolo tutto risulta a portata di mano.

Secondo giorno: le vie cave e Sovana

Dopo aver passato praticamente tutto il primo giorno in macchina, decidiamo di dedicare l’intera giornata successiva all’escursione ed esplorazione delle vie cave, vero obbiettivo di questo viaggio. La nostra meta è Sovana, paese distante solo poco meno di 8 km e raggiungibile a piedi proprio grazie anche a questi percorsi. Le vie cave, infatti, sono una serie di strade scavate nel tufo in epoca etrusca dal significato ancora misterioso. Esse sono tuttora oggetto di studio per capirne l’originaria funzione. Alcuni ritengono siano state costruite con fini religiosi e significati mistici, altri come semplici percorsi difensivi di collegamento fra un centro abitato e l’altro.

Nel 2004, il World Found Monument, prestigiosa fondazione culturale americana, ha indicato le Vie Cave come beni di interesse mondiale da tutelare. Dopo aver chiesto informazioni alla signora della bottega sotto casa, che ci prepara due panini imbottiti con salumi locali, ci dirigiamo dalla strada principale verso il lato opposto al centro storico in direzione della cattedrale di San Pietro e Paolo. Al termine della via troviamo un’ampia scalinata che ci porta ai piedi del paese. Qui sono presenti diverse indicazioni e una mappa dei percorsi che si snodano lungo la valle. Don’t worry! I percorsi sono chiaramente segnalati.

Seguiamo quindi l’indicazione per tutte le vie cave che ci porta all’inizio della prima denominata poggio cani. Bisogna fare molta attenzione a percorrere queste antiche vie a causa del terreno sconnesso, pendente e ricoperto a volte di muschio. Per questo motivo è consigliato non solo un abbigliamento comodo, ma in particolare l’uso di scarpe possibilmente da trekking. Al termine della prima via ci troviamo su un tratto di strada asfaltata. Da qui ci dirigiamo verso destra dove, una volta attraversata la strada, prendiamo il primo sentiero a sinistra e seguiamo nuovamente le indicazioni questa volta per la cava di San Giuseppe, ritenuta da molti la più caratteristica. Essa infatti presenta delle pareti in tufo scavate che possono arrivare anche a 20 metri di altezza. A metà del percorso troviamo un edicola con la raffigurazione del santo. Il masso su cui è stata realizzata ha ceduto e crollando si è adagiato sulla parete opposta creando così una suggestiva porta d’ingresso per il proseguimento dell’ultimo tratto della via. Questa conclude il suo percorso alla fontana dell’olmo.

Il percorso poi si apre sulle campagne aperte che portano ad un’ampia strada asfaltata costeggiata da vasti prati  intervallati da oliveti. Proseguendo arriviamo ad un cartello che indica un sentiero sterrato sulla sinistra che porta all’azienda vinicola Sassotondo. Attenzione! Proprio sotto questo cartello è presente anche l’indicazione per la deviazione (e quindi la scorciatoia) per il paese di Sovana, ma qualche simpaticone ha cancellato la scritta con vernice spray rendendola illeggibile. È possibile comunque seguire questa indicazione che porta a risparmiare strada e fatica. Una volta arrivate a Sovana ci rilassiamo e pranziamo nella bellissima e lilipuziana piazza del paese dove, nonostante le dimensioni ridotte non manca proprio nulla, e anche per chi non è organizzato può trovare ristoranti, bar, gelateria altro ancora.

Dopo la pausa, concludiamo il nostro giretto per arriviamo alla cattedrale del paese da dove, per una strada che la costeggia, si può raggiungere l’ingresso della necropoli in poco più di mezz’oretta. Decidiamo di posticipare questa visita e prendiamo la via del ritorno. La strada è la stessa ma a ritroso, con l’unica differenza che una volta arrivati sullo stradone principale, dopo essere usciti dalla strada che indicava l’azienda Sassotondo, seguiamo l’indicazione per la via cava Annunziata. Questa infatti porta direttamente sulla strada principale asfaltata da dove ritroviamo l’ingresso alla via cava di poggio cani che ci riporta in paese.

Terzo giorno: Sorano, necropoli e le terme di Saturnia

Per il terzo giorno decidiamo di prendercela con più calma, dopo i 16 km di camminata fatti il giorno precedente. Quindi in mattinata prendiamo la macchina e in 10 minuti arriviamo al vicino borgo di Sorano detto anche la Matera toscana. Il paese è davvero molto piccolo e visitabile tranquillamente in un’oretta, giusto il tempo per perdersi fra i saliscendi e le sue tortuose  viuzze. Gli scorci sono fantastici e il panorama intorno affascinante. Il borgo infatti si affaccia a strapiombo sulla valle del torrente Lente e a dominarlo la Fortezza Orsini.

Dopo pranzo decidiamo di dedicare il primo pomeriggio alla necropoli etrusca di Sovana e al suo Parco Archeologico che dista da Sorano solo 9 km. Il parcheggio è comodo anche se non molto ombreggiato. Il biglietto d’ingresso costa 5 euro a persona e il percorso completo è percorribile in un paio d’ore. Al suo interno sono presenti altre due vie cave, di cui quella di San Sebastiano, a nostro avviso, è una delle più suggestive. Per la seconda parte del pomeriggio decidiamo di fare una tappa alle Cascate del Mulino di Saturnia.

Da Sovana infatti distano solo una mezz’oretta di macchina (23km). Queste sono delle terme naturali completamente libere e aperte tutto l’anno. L’ingresso alle terme è gratuito e possono accedervi  anche i cani. Poco distante dalle terme, è presente un ampio parcheggio a pagamento che dista 5 minuti a piedi e all’interno dell’area delle terme è presente un bar. Le terme si presentano suggestive come immaginavamo, incorniciate da un contesto naturale con le sue ampie vasche calcaree originate dalla cascata  di acqua sulfurea di origine vulcanica che sgorga alla sorgente ad una temperatura di 37 °C.

Arriviamo verso le ore 18 e nonostante la bassa stagione le vasche sono ancora affollate. Malgrado una iniziale indecisione, causata anche dalla gestione del cane, decidiamo di entrate per fermarci almeno un’oretta. Avendo con noi Gandhi, un cane tendenzialmente impaurito dalle persone a causa delle sue esperienze passate, cerchiamo un posto più appartato possibile, lontano dalla folla. Ci dirigiamo quindi verso la parte bassa del torrente dove le acque scorrono più lentamente rispetto alle cascate sovrastanti.

Una volta immerse, beneficiamo immediatamente dei caldi massaggi dei suoi flussi, ma quando ci alziamo notiamo su tutto il corpo la presenza di minuscoli vermicelli chiari e scuri. Prese dal panico cerchiamo di toglierceli velocemente a vicenda per poi scoprire, una volta in macchina verso la via del ritorno, che si tratta del saturnino, un organismo tipico delle acque termali che ne sta ad indicare attraverso la sua presenza la qualità. Il mio consiglio è quindi, se ne avete la possibilità, di scegliere di sostare nelle vasche in alto, più vicine alla cascata dove le acque scorrono velocemente. Nonostante tutto i soli 20 minuti dedicati alle acque termali sono stati sufficienti a riscontrare benefici, così che il viaggio di ritorno sul finire della nostra giornata è stato rilassante e piacevole come il sonno ristoratore di quella notte.

Quarto giorno: museo Archeologico all’aperto Alberto Manzi, ghetto ebraico e Bolsena

Per il quarto giorno decidiamo di non muoverci da Pitigliano, dedicandole l’intera giornata. Esploriamo quindi il paese nel suo dedalo di strade e vicoli tufacei per rimanere affascinate da ogni angolo, bottega e scorcio. In realtà, sotto suggerimento di qualche giorno prima, usiamo la mattinata per visitare un’altra delle vie cave percorribile all’interno del museo aperto Alberto Manzi, un sito archeologico al cui interno sono presenti tombe etrusche. Il costo del biglietto d’ingresso è 5 euro ed il sito è raggiungibile a solo 5 minuti in macchina essendo situato proprio sotto al cimitero ebraico della stessa Pitigliano. Il percorso del museo è percorribile in un’oretta e nulla a nostro avviso aggiunge all’esperienza dei percorsi esplorati nei giorni precedenti.

Una volta ritornate a casa, abbiamo il tempo per una doccia e prepararci qualcosa da mangiare rilassandoci prima della prossima visita. Usciamo nuovamente nel primo pomeriggio per dirigerci perso il ghetto ebraico che si trova a 5 minuti a piedi dalla nostra abitazione. L’ingresso è ben segnalato attraverso un’insegna che indica la direzione alla sinagoga. Pagato il biglietto di 5 euro a testa ci viene spiegato che l’intero percorso, chiaramente indicato, dura un’oretta. Il nostro amico peloso è ammesso all’interno delle aree dell’edificio dove sono visitabili i vecchi forni delle azime, le antiche concerie, ecc, ma non ovviamente all’interno della sinagoga per la quale ci diamo il cambio per entrarvi.

All’interno del ghetto troviamo anche una piccola bottega dove è possibile acquistare prodotti kosher. Qui troviamo il dolce tipico di questa comunità, lo sfratto. Viene venduto confezionato singolarmente con la descrizione della storia delle sue origini. Si presenta come un biscotto a forma allungata ripieno di un impasto di noci, miele, spezie e scorza d’arancia rivestito di una sottile pasta di pane non lievitata. Nel suo nome conserva la storia dell’editto emanato da parte di Cosimo de Medici che nel 1600 ordinava agli ebrei del territorio di lasciare le proprie abitazioni e radunarsi in unico luogo comune, il ghetto. Nella sua forma il simbolo del bastone che veniva utilizzato per intimare lo sfratto picchiando alle porte delle abitazioni. Il dolce è ormai divenuto simbolo del paese stesso, può essere quindi tranquillamente trovato anche in qualsiasi forno e bottega al di fuori del ghetto.

Terminiamo la nostra esplorazione usando il resto del pomeriggio per percorrere la passeggiata della selciata, una strada sterrata che circonda tutto il centro storico ai piedi del masso tufaceo su cui sorge il paese, percorribile in 20 minuti. Concludiamo poi il percorso deviando sul sentiero dei Londini che porta, attraverso un percorso che serpeggia fra la fitta vegetazione, all’omonima cascata visibile anche dalla terrazza panoramica di Piazza della Repubblica. Solo in serata ci spostiamo verso Bolsena, a mezz’ora di macchina da Pitigliano, per gustare il pesce locale e fare una passeggiata sul lungolago.

Quinto giorno: Bosco del Sasseto, Orvieto e pozzo di San Patrizio

Il nostro quinto e ultimo giorno lo usiamo per concludere in bellezza dirigendoci, verso Torre Alfina in provincia di Viterbo, una piccola frazione del comune di Acquapendente, per visitare il Monumento Naturale Bosco del Sasseto. Essendo un bosco protetto è gestito dalla cooperativa l’Ape Regina che ne organizza le visite guidate. Il costo dell’ingresso è di 5 euro, e in questo caso i cani sono ammessi al guinzaglio. Il suo nome deriva dalla caratteristica presenza di grandi massi lavici originati da un antico vulcano. Questi, così come la particolare conformazione del terreno, hanno dato vita a un ecosistema del tutto particolare ed unico.

Il bosco viene lasciato al suo stato naturale così da permettere il suo percorso di vita e di morte. Per questo motivo al suo interno non solo è possibile ammirare fiori e piante unici nel loro sviluppo, ma se ne percepisce la storia ed i secoli. La guida che ci accompagna fra i sentieri in un percorso ad anello di circa 2 ore ci racconta la storia del bosco, dalle sue origini documentate fra castelli, marchesi e storie dinastiche senza ovviamente tralasciare informazioni botaniche. Finiamo il nostro tour giusto in tempo per il  pranzo per il quale ci siamo preparate  panini e spuntini al sacco.

Una volta finita la nostra pausa ci dirigiamo alla macchina per la nostra prossima tappa: Orvieto, la città vecchia. Costruita su una rupe di tufo che domina la valle del fiume Paglia, una volta arrivate in prossimità della città questa ci appare come una versione magniloquente di Pitigliano. Per raggiungerla è necessario inerpicarsi attraverso una strada in salita che conduce ad una serie di parcheggi coperti e non, dai quali si accede alle scale mobili ed ascensori che portano con più facilità alla cima e all’ ingresso della città. Non spendiamo molto tempo nel visitare il centro storico, giusto la passeggiata per la via principale che ci porta all’imponente cattedrale di santa Maria Assunta che padroneggia sulla piazza antistante. La sua struttura ci appare enorme e magnifica con la sua caratteristica architettura gotica. Proviamo ad informarci per la visita, ma questa viene effettuata solo a determinati orari con guida ed ingresso a pagamento.

Quindi decidiamo di dirigerci direttamente verso la nostra vera meta, il pozzo di San Patrizio. Questo è raggiungibile  in 10 minuti a piedi per una via che costeggia la cattedrale . Per fortuna, forse essendo in bassa stagione, non troviamo una lunga fila all’ingresso della biglietteria. Paghiamo 5 euro a testa . Anche la fila all’ingresso del pozzo, avendo due accessi, procede rapidamente. La struttura infatti presenta due rampe di scale elicoidali  indipendenti e con ingressi separati. In questo caso ai cani è vietato entrare così decidiamo di fare a turno. Il pozzo a base cilindrica, profondo 54 metri, è stato interamente scavato nel tufo e la sua visita, fra discesa e salita, dura una ventina di minuti. Oltre la sua funzione pratica la suggestiva discesa nel pozzo rievoca un simbolico viaggio verso l’oltretomba enfatizzata da un passaggio fra luce e tenebre.

Direi una giusta conclusione a questo viaggio. Ormai resta solo, bipedi e quadrupedi, prendere la via del ritorno ancora elettrizzati dalle meraviglie che ci sono state offerte da un paese piccolo, ma intenso nella sua storia e nella sua bellezza che non smette di incantarci con i suoi racconti.

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