Laghi, santuari e città d’arte: viaggio tra Veneto e Trentino-Alto Adige sulle strade della Grande Guerra

Scritto da: us01234
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Qualche inciampo nella pianificazione delle ferie estive, ma decidiamo di ricostruire un progetto di vacanza minimal alla scoperta di Trentino-Alto Adige e Veneto sulle orme della Grande Guerra. Siamo io e Laura, compreso il mio broncio, che può sempre servire.

Diario di viaggio in Trentino e Veneto

Giorno 1. Crema – Soncino – Lundo

crema

In un viaggio da un punto A ed un punto B Laura deve infilare dei punti intermedi, ma spesso sono in altre regioni, stati o emisferi e, per evitare di fare 1300 km nella prima tappa, li scelgo io. Non è andata benissimo. Prima tappa, se escludiamo autogrill senza croissant, Crema, in piena Pianura Padana. Una piccola e tranquilla città. Inizialmente ci siamo fermati fuori porta a visitare la chiesa di Santa Maria della Croce. Classica chiesa romanica-lombarda, stile inventato da me perché mi ricorda altre chiese di Milano con le cupole ottagonali.

Andiamo in centro, piccolo con un bel Duomo davanti al quale incontriamo un signore orgogliosamente cremasco: ci fa l’elenco dei giocatori cremaschi (Tacchinardi, i fratelli Ferri e altri molto meno famosi) e altre celebrità, Beppe Severgnini e una lista di notai, imprenditori che non conosco. 

Dopo pranzo puntiamo Soncino, inserito nella lista dei più bei borghi medievali. Bah, niente di che: una Rocca Viscontea e poco altro. Almeno il parcheggio era gratis. Accaldatissimi saliamo sulla Golf e puntiamo a nord.

Percorriamo la sponda ovest del Lago di Garda per la nostra destinazione: il B&B Nido di rondine a Lundo (3 notti 247€ colazione inclusa), frazione di Comano Terme a mezzora a nord del lago, in mezzo ad una valle trentina larghissima. Accolti da Michele ci facciamo un’idea di dove siamo e, soprattutto, dove mangiare: a Lundo non c’è assolutamente nulla, neanche un bar.

Prenotiamo cena in un agriturismo, ma poi Michele ci propone una cena vietnamita cucinata dalla moglie pugliese… no, no, vietnamita. Si chiama Ohan. Accettiamo volentieri e mangiamo riso con pollo e gamberi e uno spezzatino molto buoni e anche il dolce fatto con patate dolci cui Ohan aggiunto lo zucchero (in Vietnam i dolci non sono zuccherati). Vietnam in Trentino, una bella sorpresa.

Giorno 2. Sentiero del Ponale

ponale

Io ho una, una…, fobia: il parcheggio. Ogni minuto passato a trovare un posto sono 10 minuti di broncio e, sempre, parto già imbronciato, quindi ieri sera mi sono già fatto dare delle dritte da Michele su dove parcheggiare a Riva del Garda. La sua espressione ha preoccupato più Laura di me, perché io il broncio lo faccio, ma lei se lo becca. Comunque ho capito che se non trovo posto davanti all’hotel Astoria sarà una brutta giornata. Colazione “chiacchierata” con Ohan che mi ha distolto dal pensiero fisso.

Partiamo: Laura parla poco perché oltre a tutte le dita delle mani e dei piedi ha incrociato anche la lingua. Dopo mezzora ci siamo: parcheggio completo, il cielo diventa nero poi… una macchina esce e parcheggiamo. È bello andare in giro con me, oltre il parcheggio c’è un’altra cosa che mi fa andare ai matti: il caldo. Ci saranno 70° all’ombra ed il parcheggio non è proprio in centro. Partiamo camminando radente i muri per sfruttare ogni brandello d’ombra e arriviamo in riva al lago.

Giriamo per Riva che è la classica città sul lago, bella, ma già vista. La particolarità sta nel fatto che è in punta al Lago di Garda, oltre Riva il lago non c’è più.

Mangiamo in un bar nella piazza principale e poi ritorniamo alla macchina per attrezzarci per la camminata del pomeriggio. Ci perdiamo e rischiamo di perdere anche i sensi sotto il solo delle 14. Torniamo in riva al lago chiedendoci se abbia avuto senso questa autotortura, ovviamente ci diciamo che sì, era sensato.

Si affronta il Sentiero del Ponale, la vecchia strada costiera ora riconvertita per pedoni e ciclisti. Seguendo consigli letti qua e là siam partiti nel pomeriggio per stare all’ombra. Non sarei sopravvissuto. Dopo la centrale elettrica, ben visibile sulla sponda occidentale, parte super-segnalato il sentiero. Bellissimi scorci del lago ed un sentiero che, attraverso varie gallerie, praticamente non sale. Stiamo bene.

L’unico rischio che si corre è di essere investiti da panzoni, sciure e giovinastri che sfrecciano sopra le bici elettriche appena noleggiate. Un mio caro amico le vende e, giustamente, le decanta. Tutto corretto, il problema non sono le bici, ma chi le cavalca. Se sei stato sul divano fino a stamattina, oggi pomeriggio non sei diventato Gianni Bugno (un idolo!!!), quindi salire ai 25 Km/h su sterrato non lo potresti fare senza quei trabiccoli; quindi, cari e-bikers della domenica, fate come me e come voi fino a stamattina, guardate la tele, rischiamo tutti di meno.

Il Sentiero del Ponale rimane un gran bel giro, vale la pena di rischiare di essere investiti.

A cena si va al Agritur Maso Maroc, sopra Comano Terme, bellissimo posto dove abbiamo anche mangiato bene.

11 luglio – Lago di Molveno

molveno

Oggi si va a nord, direzione Lago di Molveno. Parcheggiofobia risolta lasciando un rene in cambio di un posto auto. A Molveno o ti fermi due ore parcheggiando a tempo o ti dissangui e puoi rimanere, a tasche vuote, quanto vuoi.

Il giro del lago è una bella e dolce camminata di 2 ½ – 3 ore, su un sentiero sempre abbastanza pianeggiante. Il lago è molto bello, ritenuto il più bello d’Italia. Questo non saprei, però merita.

Siamo in Trentino, bel posto di valli, monti, laghi e… orsi. Il sentiero che parte da una spiaggetta ad un tratto deve attraversare la strada e qui vediamo un cartello che mette in guardia su questi giganti pelosi e con unghie lunghe così. Io minimizzo dicendo che li mettono solo per sicurezza ed infatti non ne vedremo, vedremo solo pochissima gente.

A fine giro, che noi ovviamente abbiamo fatto al contrario rispetto a tutte le descrizioni lette, ma è un giro no?, c’è una piccola deviazione verso i fortini napoleonici, da vedere. Ci sono tracce delle trincee scavate ai tempi di Napoleone, a fine giro, dicevo, l’idea era quella di spaparanzarsi e, magari, fare anche un bagno. Abbiamo il praticello, gli asciugamani e, no, i costumi, no. Son rimasti nel trolley, in camera. Vabbè, l’acqua è troppo fredda, comunque.

Si mangia in un baretto, si sonnecchia un po’ e si torna. Cena nuovamente al Maso Maroc.

Capitolo orsi: Michele ci incontra e ci dice che ieri, proprio lì dove c’era il cartello c’era anche un’orsa con i suoi cuccioli che si è imbattuta con una mamma umana con i suoi, di cuccioli. La mamma senza peli ha abbracciato i bimbi ed ha sperato: l’orsa si è avvicinata, le ha toccato una spalla e o l’avrà valutata troppo magra o una mamma come lei e se n’è andata. Non riesco ad immaginare come si sarà sentita sta povera donna. Dicono che bisogna fingersi morti, io non avrei finto, sarei morto.

12 luglio – Trento

Trento

Oggi ci si sposta. Salutiamo Ohan e si va verso Trento. Ci sono nuvoloni orrendi e le previsioni non sono migliori. Parcheggiamo vicino alla stazione e si va, sperando che Giove pluvio sia in ferie.

Il centro è bello con bei palazzi medievali e la piazza Duomo cui il Duomo mostra il fianco e non la facciata. Facciamo il ‘giro dei sassi’, passeggiata in centro dei trentini. Si chiama così per via dell’acciottolato delle strade. A metà passeggiata Giove pluvio arriva portando secchiate d’acqua: noi siamo gente di cultura e troviamo riparo sotto la pensilina del Teatro Sociale. Aspettiamo sperando di non dover fare il resto della visita a nuoto. Alla fine spiove e mangiamo in una banale pinseria, poi andiamo al Castello di Buonconsiglio (8€ ai tesserati CGIL). Classico castello prima difensivo, poi residenziale. C’è anche una pinacoteca, perdibile.

Anche stavolta siamo scampati ad un problema: il diluvio di prima ha fatto esondare un fiume lungo la strada che avevamo fatto il mattino. Niente orsi, niente acqua: ci sta andando bene.

Saliamo in macchina, imposto il navigatore verso l’appartamento dove passeremo le prossime 4 notti, vicino a Schio. Un tempo previsto un po’ alto, ma non ci faccio caso. Facciamo una strada di montagna scendendo una trentina di tornanti e arriviamo … almeno così credevo. Laura mi fa notare il posto non le torna, sul sito era descritto diversamente. Mi viene un sospetto…: controllo il navigatore sperando di dargli tutta la colpa. Il completamento automatico di Google, tra le mille via Montegrappa del Veneto ha scelto quella di Thiene, noi dovevamo andare a Torrebelvicino. Avessi letto meglio avremmo evitato 300 tornanti e saremmo già arrivati. Reimposto e dopo 20’ arriviamo. Appartamento Ida su Airbnb (76 € a notte).

Daniela ci riceve e ci consiglia per la cena il ristorante Belvedere sopra Schio. Un posto molto kitsch .. ma mangiamo.

13 luglio – Monte Cengio

monte cengio

Oggi primo giorno nei luoghi della Grande Guerra. Laura insegna storia e voleva vedere questi luoghi, imparerò qualcosa camminando, binomio perfetto. Un assaggio di quel che abbiamo fatto più di 100 anni fa, sia dal punto di vista ingegneristico, militare e, soprattutto, umano.

Si parte dal Piazzale Principi di Piemonte dopo aver assaporato un po’ della coda che troveremo domani per andare ad Asiago. Sul Monte Cengio erano asserragliati i Granatieri di Sardegna che dovevano fronteggiare gli austriaci. Durante l’offensiva sono morti e dispersi qualcosa come 10.000 italiani e 6.000 austriaci: una carneficina. Nei corpo a corpo i granatieri si lanciavano sugli austriaci portandoli con sè nel precipizio. C’è un punto chiamato il Salto del Granatiere che rende l’idea. Questi soldati sono stati degli eroi, perdenti, perché alla fine gli austriaci passarono. Quanti morti inutili.

Dal punto di vista ingegneristico, la strada è stata tutta scavata, a mano, nella roccia con degli strapiombi mozzafiato. Si cammina senza fatica, ma con stupore per il bellissimo panorama che si gode da qui dove una strada non avrebbe dovuto esserci. Arriviamo alla croce e poi proseguiamo verso il forte Corbin, accompagnati da nessuno.

Un’ora di camminata e si raggiunge il forte dove pensavamo di mangiare, ma abbiamo scoperto che era vietato panineggiare. L’abbiamo fatto nel parcheggio, una roba triste come la moquette marrone. Visitiamo questo forte costruito su uno sperone di roccia e che era stato cannoneggiato dagli austriaci. Ci sono ancora i crateri lasciati dalle granate, abbastanza impressionante.

Ora si torna alla macchina. È stata una camminato che ha reso l’idea della vita allucinante che hanno fatto i soldati quassù, per ammazzarsi l’un l’altro.

Stasera abbiamo un invito a cena: una cara amica, Marta, viveva qui prima di essere travolta dal fascino dell’uomo della Provincia Granda che l’ha portata nel profondo nord-ovest.

In questo weekend è qui a Thiene dalla sorella e ci ha invitato: come rifiutare?

Una bella serata al ritmo di “ghe semo”, “ghe xè”, “de drìo”, “capìo” e via dicendo. Me la sono cavata, go capìo quasi tùto!

14 luglio – Forte Interrotto – Asiago

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È domenica: noi ed il resto del Veneto occidentale decidiamo di andare ad Asiago. Facciamo molto, molto più lentamente, la strada di ieri e le nuvole si addensano nell’abitacolo della macchina (ah, io odio anche fare le code). Decidiamo, per evitare temporali familiari, di invertire il programma che ci eravamo fatti.

Lasciamo la coda al suo destino e andiamo a Camporovere, compriamo speck e salame vicentino, Asiago (il formaggio) e, zaino in spalla, puntiamo Forte Interrotto.

Sono le 11, le descrizioni dicono che il sentiero è nel bosco, ma da qui il bosco non si vede ancora. Si vede, però, l’altopiano di Asiago, bello ampio e verde ed al centro Asiago , più al centro ancora, il Sacrario: un arco di 30 m. eretto in memoria delle migliaia di soldati morti qui tra il 1916 ed il ‘18. Guardiamo e sudiamo e finalmente il bosco che ci fa smettere di fare entrambe le cose.

Il Forte Interrotto l’avevano finito: si chiama così perché è stato eretto sul monte Interrotto che non so perché si chiami così.

Ricorda, molto in piccolo, la Basilica di Massenzio di Roma, con archi ripetuti. Da qui si potrebbe andare a vedere il cimitero asburgico, si potrebbe. E invece si mangia e si torna giù. Asiago… bah, classica città pedemontana con la strada pedonale e le gelaterie, l’interesse che può suscitare è quello storico: nella prima guerra era stata bombardata dalle alture e poi occupata. Il gigantesco sacrario eretto negli anni del fascismo ricorda le migliaia di giovani caduti qui attorno.

Il forte è stato interessante, Asiago molto meno. Meglio il formaggio.

Seguo Google Maps che mi permette di non fare code, ma chilometri su strade secondarie. Tempo di percorrenza? Lo stesso del percorso con code, ma bei panorami e sempre in movimento.

Tornati veniamo invitati da Daniela e Giorgio per un aperitivo, ovviamente accettiamo. Dopo un po’ si aggrega un loro amico simpatico che si infervora spiegandoci che lì attorno son tutti discendenti dei cimbri (???), popolo forse celtico, boh. Era molto preso e, vedendo le facce degli amici, non era certo la prima volta che si buttava su questo argomento.

Cena all’Osteria San Martina, consigliato dall’amica Marta, a base di carne alla griglia. Giornata da cinque al sei, ma ora so tutto sui cimbri!

15 luglio – Strada delle 52 gallerie

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Oggi camminata più impegnativa. Abbiamo scelto di venire oggi, che è lunedì, per evitare bolge. Questo posto è molto gettonato: la strada delle 52 gallerie.

C’è un monte che, nella 1a guerra mondiale, si affacciava sul fronte e la strada che portava alle Porte del Pasubio, avamposto italiano, era troppo esposta ai cannoneggiamenti, quindi un generale convoca i genieri all’attuale partenza del sentiero e dice loro: “Dovete fare una strada, non visibile dal fronte, da qui alle Porte del Pasubio. Ciao.”. Era il febbraio del 1916, non c’erano carte, rilievi, niente se non il genio, uomini, dinamite, pale e picconi. A novembre l’ultimo diaframma di roccia dell’ultima galleria cedeva e le Porte erano raggiunte. Avevano creato una strada pazzesca di 6,3 km con tratti a strapiombo e 52 gallerie di varia lunghezza, il tutto in soli 9 mesi. Nel 1916. Durante una guerra. Per me ha del miracoloso.

Si parte da 1300 e si arriva a 1800 metri passando per i 2000 nel punto più alto. Una discreta camminata: la fanno in tanti, ma non è una passeggiata.

Alcune gallerie, son tutte numerate, richiedono la torcia per vedere dove si mettono i piedi. Io sono veramente ammirato: le due più estreme, consecutive, hanno dell’incredibile: una ha i tornanti, l’altra sale a chiocciola all’interno di un torrione.

Mangiamo polenta, goulasch e patate al Rifugio Papa, ci riposiamo un po’, compriamo due magliette evocative e scendiamo per la Strada degli Scarubbi, quella cannoneggiata e si chiude l’anello.

Venite qui, un’esperienza assolutamente da fare. Cena da Osteria del Conte a Thiene, sempre su consiglio di Marta: bel posto. Facciamo finta di non essere stanchi, ma credo di essere arrivato all’appartamento dormendo. Laura dormiva proprio.

16 luglio – Madonna della Corona

madonna della corona

Salutiamo Daniela e partiamo, dopo un rifornimento di mortazza, crudo e Asiago, alla volta di Brentino Belluno, per l’ultima “impresa sudata” della vacanza.

Obiettivo: Santuario della Madonna della Corona per il Sentiero della speranza. Scendiamo dalla macchina ed i piedi affondano nell’asfalto. In montagna, si sa, si parte presto, infatti sono le 11 e non siamo neanche in montagna. Il sentiero diventa: sentiero della speranza di sopravvivere. Si inizia a salire l’infinità (più di 1.700) di gradini che portano alla meta. Questo è un sentiero che i devoti percorrono sgranando rosari: anch’io sto invocando santi, ma molto meno devotamente.

Per buona parte si cammina all’ombra, poi, ai piedi di una scalinata praticamente verticale su una parete di roccia il sole si presenta in tutta la sua solarità di mezzogiorno. Ho finito i santi cattolici, passo agli dei indù per esaurire pure quelli, ma, sudati come nemmeno un lottatore di sumo che corre la maratona, arriviamo!

Il Santuario della Madonna della Corona è costruito su un costone di roccia del Monte Baldo, la vista è veramente d’effetto. Due delle pareti della chiesa sono la roccia sulla quale è abbarbicata. Ah, al Santuario si arriva comodamente con una corsa in autobus di 10’ da Spiazzi. Dirò di più: il punto con la miglior vista sul santuario è la fermata del bus. Lo sapevamo, ma ci piace soffrire.

Si torna giù e abbiamo scoperto di essere partiti troppo presto “stamattina”: partendo nel pomeriggio il percorso è tutto all’ombra, ma sale uguale. La discesa ha qualche insidia, si scivola un po’ sulla ghiaietta. Laura se l’aspettava, infatti ad un certo punto scivola esclamando: “Eccola!” prima di sederare a terra. Nessun danno ed un po’ di risate.

Ora si va a Caprino Veronese, insieme alle mosche che ci inseguono inebriate dal profumo dei nostri corpi, al B&B Fontana rosa (Booking 90€ colazione inclusa): un bel complesso.

Cena da Cima 11, consigliato dal gestore del B&B. Pensavamo ad un locale intimo ed invece è bello grosso. Ci mettono in un angolo e ci dimenticano. Sono troppo stanco per arrabbiarmi e aspettiamo: ad un certo punto ci trovano e finalmente mangiamo. Buono, ma come tutti i posti in cui abbiamo mangiato (Maso Maroc escluso), dimenticabile.

Ora si torna in camera e si dorme.

17 luglio – Bardolino, Lonato sul Garda, casa

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Si torna a casa, oggi. Ma, come di consueto, serve una tappa intermedia. La mia idea era di andare a Lazise, ma la coda, ferma, ci ha deviati su Bardolino. Ennesimo borgo lacustre, bello ma già visto. Passeggiata, piedi a mollo e poi: “E adesso? Cosa facciamo?”.

La zona sud del Lago di Garda la conosciamo abbastanza, ma troviamo un posto non ancora visitato: Lonato sul Garda con la sua Rocca.

Arriviamo all’ora di pranzo, mangiamo in un baretto e ci dirigiamo alla Rocca. Fa un caldo scorticante: optiamo perché è al chiuso per la visita guidata della Casa del Podestà. Una casa del ‘500 andata completamente in rovina e praticamente riedificata da un senatore del posto che, arrivato il fascismo, ha saggiamente deciso di dedicarsi al restauro piuttosto che al “petto in fuori per l’Impero!”.

Niente di che, la ragazza che ci guidava si prodigava in spiegazioni ma… niente di che.

Ora vinciamo la paura e andiamo alla Rocca: imponente e vuota, ma con una bella vista sul lago e sulla penisola di Sirmione.

Fine: non ho più sudore da sudare. Macchina, aria condizionata e… casa!

Conclusioni

Una vacanza minimal, ma molto, molto, soddisfacente. L’ho detto più volte, molto, troppo, caldo, ma abbiamo visto luoghi affascinanti sui monti che hanno visto uomini fare cose straordinarie ed eroiche per la cosa più brutta che c’è: la guerra. Monte Cengio e Strada delle 52 gallerie su tutte, nessuna delle camminate, però, ci ha delusi.

Mi è spiaciuto un po’ non aver trovato posti dove mangiare veramente bene, l’unico posto che ha appagato il palato e anche gli occhi è stato l’Agritur Maso Marocc in Trentino a Comano Terme. Evitate Asiago e ditemi com’è Lazise.

Edo.

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