L’altra Rimini

Una domenica tra tesori sepolti, templi misteriosi e il libro dei sogni di Fellini
Scritto da: AlixA
l'altra rimini
Partenza il: 26/02/2017
Ritorno il: 26/02/2017
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
Ascolta i podcast
 
Rimini è sinonimo del divertimento estivo più sfrenato, un tripudio rutilante di sole, ombrelloni e piadina. Il tutto condito dalla tradizionale ospitalità romagnola, che colora il quadro dei toni pastello e rassicuranti ancora in stile Sixties, quelli caserecci del buon tempo andato; pensando a lei e alle sue spiagge, sembra quasi di sentire Gino Paoli che canta “Sapore di sale”. Eppure la cittadina della Riviera Adriatica possiede un volto alternativo particolarmente ricco, per chi si prende la briga di scoprirlo; dietro la facciata godereccia e maliziosa della Rimini estiva -tintarelle estreme, storie d’amore brevi quanto uno schiocco di dita e falò sotto la luna- c’è quella invernale, che vanta toni più delicati.

Niente più sedie sdraio sulla spiaggia, niente locali stracolmi di turisti gozzoviglianti; le strade di Rimini, libere dal chiasso, sono pronte ad accogliere le orme visitatori più discreti, interessati alla sua storia. E’ con uno spirito curioso e ben disposto, dunque, che un mattino di fine febbraio prendo il treno che da Ravenna, la mia città, scende verso sud, percorrendo la costa adriatica fino a Rimini. La carrozza è vuota, silenziosa, e mi posso godere i paesaggi che via via inquadra il finestrino: il folto bosco della pineta di Classe, il pittoresco porto-canale di Cesenatico, disegnato da Leonardo da Vinci, e poi tutta una serie di località con nomi che sanno d’azzurro, di sabbia e di gabbiani: Gatteo A Mare, Bellaria, Igea Marina. Infine, dopo neanche un’oretta di viaggio, eccomi arrivata alla stazione di Rimini. Non c’è bisogno di prendere alcun mezzo: sono già a due passi dal centro.

La Domus del Chirurgo

La mia prima tappa, a 5 minuti di cammino, è un luogo intriso di storia, che mi porterà alle origini della cittadina romagnola, nell’antica Ariminum. In piazza Ferrari, dove un giovane Fellini veniva a sospirare davanti alle forme giunoniche del Monumento ai Caduti, si trova un edificio basso, costruito con vetro e mattoni e posto lungo il fianco della grandiosa mole della Chiesa del Suffragio. Attraverso la porta a vetri e, di colpo, mi ritrovo in un altro mondo.

Sotto di me, si aprono oltre 700 m² di scavi: storie stratificate, abbandonate a loro stesse per secoli, come foglie cadute, una dopo l’altra. Le antiche vicende legate a questi resti sarebbero rimaste sepolte dall’oblio, se nel 1989 non si fosse deciso di pavimentare il giardino di Piazza Ferrari. Quando si rimosse un grosso albero, si trovò attaccato alle sue radici un lacerto di mosaico romano. Ritraeva Orfeo, il celebre personaggio della mitologia greca che scese negli Inferi con la sua lira, per salvare l’amata sposa Euridice; i successivi scavi archeologici riportarono alla luce i resti di un vasto complesso, che comprendeva abitazioni di periodi diversi ed alcune sepolture.

Il più interessante e completo dei ritrovamenti è senza dubbio quello della Domus del Chirurgo. Si trattava di una casa lussuosa, costruita nella seconda metà del II sec.d.C. e strutturata su due piani. Com’ è accaduto per molte vicende archeologiche, fu un evento disastroso a preservare i resti di questo luogo; in questo caso un incendio, avvenuto nel III sec. d.C., che fece crollare la casa su se stessa, nascondendo per sempre tra le ceneri gli oggetti e i pavimenti della casa, come una capsula del tempo. Grazie ai reperti rinvenuti, si è potuto ricostruire la storia del proprietario della domus, come le tessere di un antico puzzle: un po’ alla volta si è andata formando l’immagine di Eutyches, brillante medico chirurgo, di origine orientale. Specializzato in ortopedia, probabilmente aveva esercitato la professione nell’ambito militare, concludendo la sua carriera ad Ariminum. Ai veterani di guerra spettavano case e terreni e la città di Rimini, già a quei tempi, doveva essere piuttosto accogliente. Fondata nel 268 a.C., le fu dato il nome Ariminum probabilmente per il fiume che qui scorreva, l’attuale Marecchia. Presto la città si trasformò in un importante snodo viario del mondo antico, con le tre grandi strade consolari che partivano da qui o vi giungevano: la Flaminia, l’Emilia e la Popilia.L’isolato cui apparteneva la domus si trovava al limite della città, sul lato nord est, e dalle sue finestre si poteva vedere il mare, dato che la costa all’epoca era molto più arretrata. Il ricchissimo corredo di strumenti chirurgici, ritrovato al suo interno e conservato oggi al Museo della città, è quasi un unicum nella storia archeologica della medicina. La domus era suddivisa in ambienti di servizio e e residenziali ed era impreziosita di splendidi mosaici pavimentali, sia geometrici che figurativi. L’incendio che la distrusse, fu appiccato probabilmente dagli invasori che in quel periodo si riversarono su Rimini, gli Alemanni. Secondo gli storici, è altamente improbabile che Eutyches sia sopravvissuto: in caso contrario sarebbe tornato a recuperare i suoi preziosi strumenti.Circa 150 anni dopo il crollo la Domus del Chirurgo, giunsero nuovi abitanti ad occupare questo isolato. Prima fu innalzato un elegante palazzetto tardoantico, poi, più avanti nel tempo, un cimitero cristiano ed, infine, una casa altomedievale con pareti d’argilla. Fino al VIII secolo, dunque, la vita su questo pezzo di terra è continuata, nelle sue diverse forme. Poi, l’oblio; la vegetazione che si riappropriava man mano del terreno, nascondendo i ruderi. Fino al 1989, quando si aprì una finestra sulla storia.

Il Museo della città

La visita continua nell’adiacente Museo della città, collocato negli spazi del settecentesco Collegio dei Gesuiti. Distribuite su tre piani, più uno interrato, le eterogenee collezioni del museo riflettono la lunga parabola di Rimini, partendo dalla preistoria fino all’epoca moderna. Al piano terra si possono visitare un paio di ambienti suggestivi, che ricostruiscono la taberna medica e la stanza per la degenza dei pazienti della domus, insieme alle vetrine che contengono il famoso corredo del chirurgo ed altri preziosi reperti archeologici.

Un paio di sale monotematiche celebrano invece i personaggi più noti della Rimini novecentesca. Una è dedicata a René Gruau (1909-2004), illustratore di talento, che collaborò con importanti riviste internazionali e case di moda.L’altra sala è dedicata al personaggio più famoso e amato di Rimini, Federico Fellini (1920-1993), che trascorse i primi 19 anni di vita nella cittadina romagnola e ne portò sempre un affettuoso ricordo. In mostra ci sono alcuni fogli originali del suo “Libro dei sogni”, in cui Fellini annotò ed illustrò per trent’anni le proprie fantasie notturne, dal 1960 al 1990; una carrellata surreale, a volte dissacrante, delle immagini che popolavano l’universo interiore del regista, in cui spiccano le procaci forme delle signore, in pieno stile felliniano…

Al primo e secondo piano del museo, cui si accede grazie ad uno scenografico scalone settecentesco, si trova la Pinacoteca; tra le opere risaltano La pietà di Giovanni Bellini (1470) e i dipinti della Scuola riminese del Trecento. Nel maestoso cortile del collegio, mi godo il mio pranzo al sacco sotto ad un sole tiepido, che sa già di primavera.In questo angolo del museo regnano la poesia ed il silenzio; tra le zolle d’erba, spuntano pallide le steli di marmo. Il lapidario romano, qui ospitato, conserva iscrizioni funerarie realizzate tra il I a.C. e il IV sec. d.C.; parlano degli uomini e delle donne che un tempo hanno camminato per le strade della città.

Una passeggiata in centro

Uscita dal museo, mi spingo verso il centro storico. In via Gambalunga si trova la biblioteca civica omonima, fondata nel Seicento; poco più in là si trova Piazza Cavour. E’ dominata da imponenti architetture di diversi periodi storici, come il Palazzo dell’Arengo o il Teatro Amintore Galli. L’edificio che più mi colpisce però è la Vecchia Pescheria, un’imponente loggia con banconi in pietra d’Istria, realizzata nel XVIII secolo per ospitare il mercato del pesce, che precedentemente si teneva a ridosso della Fontana della Pigna. Percorro Corso d’Augusto, in direzione sud est, e raggiungo Piazza Tre Martiri. E’ situata dove si trovava il foro romano, cuore di Ariminum e punto d’intersezione del decumano e del cardo massimi, oggi Corso d’Augusto e via Garibaldi. Il suo toponimo ricorda tre giovanissimi partigiani che qui furono uccisi nell’agosto del 1944. La loro colpa? Quella di aver tentato di sabotare una trebbiatrice, per evitare che il grano finisse nelle mani dei nazifascisti. Furono catturati e giustiziati su di una forca si legno, montata al centro della piazza. Oggi però l’aspetto di questo luogo appare molto diverso da quei tempi drammatici; è pieno di sole ed allegria, con la confusione del mercato domenicale di Rimini Antiqua.Continuo la mia passeggiata su Corso d’Augusto, seguendo l’antico tracciato del decumano ed oltrepassando la settecentesca Torre dell’orologio ed il Tempietto dedicato a S. Antonio da Padova, che qui operò il miracolo della mula, facendo inginocchiare l’animale davanti all’ostia consacrata.Proseguo diritto fino all’Arco di Augusto, un tempo uno degli ingressi trionfali della città romana. Alto ben 17 metri, è il più antico arco del nord Italia: risale al 27 a.C..

Il Tempio Malatestiano

Ritorno sui miei passi in Corso d’Augusto, poi svolto a destra in Via Alessandro Serpieri, sbucando in Via Leon Battista Alberti. Ecco lo splendido Tempio Malatestiano, gioiello del Rinascimento riminese: una chiesa sorprendente e misteriosa, voluta dal più grande signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta. La sua costruzione, a metà del 400’, suscitò polemiche e controversie, per il suo carattere giudicato eccessivamente profano; Pio II ne parlò addirittura come di un tempio di “infedeli adoratori di demoni”.

Sigismondo incaricò Leon Battista Alberti e Matteo de’ Pasti di ristrutturare la chiesa francescana che già da due secoli ospitava le tombe dei suoi avi. Alberti realizzò qualcosa di unico, rivestendo di un involucro di marmo l’edificio originario, ricco di rimandi dell’architettura classica romana. All’interno trionfa il raffinato neoplatonismo della corte di Sigismondo, tanto che ancora oggi si fatica a decifrare la foresta di simboli iconografici delle cappelle. Sulla facciata del suo tempio spiccano le lettere S e I, le prime due del nome del Malatesta o forse, più romanticamente, quelle di Sigismondo e di Isotta degli Atti, la sua terza e amatissima moglie, sposata nel 1456; entrambi riposano all’interno della chiesa.

Attraversando la storia: il Ponte di Tiberio

Per continuare il mio itinerario rinascimentale, seguo le indicazioni turistiche fino a Piazza Malatesta; qui trovo Castel Sismondo (1437), ciò che resta della grande residenza di Sigismondo Pandolfo, che lo fece edificare quando era appena ventunenne. L’aspetto originario della fortezza, un complesso vasto e turrito, l’ho ammirato stamattina, in una medaglia rinascimentale esposta al Museo della città; oggi Castel Sismondo è sede di mostre temporanee. Ritorno su Corso d’Augusto, in direzione nord, per la mia ultima tappa: il maestoso Ponte di Tiberio, che insieme all’Arco d’Augusto, ricorda la magnificenza di Ariminum. Realizzato in pietra di Aurisina e d’Istria, il ponte ha ben 2000 anni sulle spalle: la sua costruzione iniziò sotto il regno di Augusto nel 14 d.C. e terminò con il suo successore Tiberio, nel 21 d.C.. Di qui partivano la via Emilia verso Piacenza e la Popilia averso Aquileia. Ancora oggi, vetture e pedoni attraversano il ponte, che collega il centro di Rimini al bellissimo Borgo San Giuliano, un quartiere caratteristico e pieno d’atmosfera, punteggiato di piccole casette colorate e percorso da un intrico di strette viuzze. Ogni due anni in qui si tiene la tradizionale “Festa de’ Borg”.

Bye bye Rimini

La mia full immersion riminese sfuma verso il tramonto. Mentre il treno risale la costa, penso ancora una volta ai mille volti di Rimini, quasi uno specchio che riflette sogni e desideri di chi la guarda, o piuttosto, di chi la immagina. L’antica Ariminum, la capitale dei Malatesta, l’onirica Amarcord di Fellini, la mecca del turismo estivo di massa…. e non posso che concludere con Ligabue, che nella Rimini vacanziera e spensierata ci ha ambientato un film pieno di nostalgia, Da zero a Dieci. A Rimini, ogni giorno è il tuo compleanno. dal film”Da Zero a Dieci”, 2002, di Luciano Ligabue. Per altre avventure di viaggio seguitemi sul mio blog www.carnetdevoyage.it memorie di una viaggiatrice solitaria.

Guarda la gallery
cultura-3suzy

Ricostruzione degli ambienti della Domus del Chirurgo, Museo della città di Rimini

cultura-hwaeh

Domus del Chirurgo, Rimini

cultura-vfgsz

Rimini e il Ponte di Tiberio



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari