Tra Marche e Romagna, Mondaino e le sue fisarmoniche

E ancora una volta vado “in zìr per la Romagna” a caccia di tesori, luoghi insoliti e storie passate da raccontare.
Scritto da: lara_uguccioni
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Certo che in Romagna non ci si annoia mai! Ecco che parto di nuovo verso le campagne assolate della mia terra, allontanandomi per un po’ dal solito trambusto della costa, vitale e affollata. È primavera, la stagione del risveglio della natura e passare del tempo in campagna, è come godere di una sorta di liberazione dalla morsa del grigiore invernale. Tutto profuma di fiori ed erba tagliata, mentre la brezza marina arriva fin oltre le colline accarezzandole di aria salmastra. Mauro, il mio caro amico sempre pronto a seguirmi in nuove avventure ed io, arriviamo a Mondaino, borgo malatestiano al confine con le Marche. Attenzione, qui siamo in Romagna e anche se questo piccolo scrigno di tesori domina la Vallefoglia marchigiana, il dialetto, la cucina, lo spirito delle genti di “Mundaìn” è quello tipico romagnolo.

Un po’ di storia

A circa 15 km dal mare di Cattolica, Mondaino è arroccato sulla cresta di un lungo costone di roccia, che divide le valli dei fiumi Tavollo e Foglia. La sua storia si perde realmente nella notte dei tempi, infatti scavando nel sottosuolo sono stati trovati reperti di insediamenti risalenti all’età del ferro. Già in epoca romana, si ipotizza che qui ci fosse un tempio dedicato alla dea della caccia Diana, perché con ogni probabilità questo luogo era ricco di selvaggina. Si pensa infatti che il nome Mondaino derivi da “daino”, perché erano proprio questi animali che popolavano i boschi della zona. Mons Damarum ovvero Monte dei Daini.

Altre teorie fanno risalire il nome al termine gotico Mundawins, che significa luogo fortificato. Mondaino era infatti un avamposto militare impiegato alla difesa delle zone di confine, come la vicina Montegridolfo. Questa teoria è avvallata dal fatto che la fortificazione presente passò di mano più volte, tra i comuni di Rimini, governati al tempo dal casato Malatesta, al ducato di Urbino della stirpe nemica dei Montefeltro. Furono i Malatesta ad ampliare la fortezza estendendo le mura e costruendo muraglioni  “a scarpa” difficili da espugnare. Mondaino ebbe inoltre un’importanza strategica indiscussa: è qui che in più di un occasione, i Malatesta e i Montefeltro siglarono patti di pace, ovviamente quasi mai rispettati.

In zìr per Mondaino

Varcato l’imponente arco d’ingresso della cinta muraria, Porta Marina, si viene catapultati indietro nel tempo. La piazza Maggiore è la prima cosa che si incontra, ampia e ariosa fa da ingresso all’antico borgo medioevale. La sua bellezza ottocentesca è data dalla forma semicircolare che ospita un loggiato neoclassico proprio ai piedi della Rocca Malatestiana. Questo è il ritrovo degli abitanti del paese che la chiamano piazza “Padella”. Assieme all’adiacente via Roma, vista dall’alto crea infatti la forma di una padella. Se si volge lo sguardo a sinistra, si può vedere una cosa curiosa: si tratta della Piazzetta delle Grazie. Qui un tempo sorgeva una chiesetta con lo stesso nome, lo si vede dal selciato dove ancora sono impresse le fondamenta delle mura perimetrali. Inoltre sull’unico muro rimasto, come in un altare all’aria aperta, è presente l’immagine della Madonna delle Grazie, a ricordo dell’antico luogo sacro.

La Rocca Malatestiana, alle spalle della grande piazza è a mio parere, l’attrazione del paese. La sua struttura, imponente e ottimamente conservata, è di grande impatto visivo. Da una bolla di Papa Sisto IV sembra che la sua costruzione risalga al 1300 ad opera del popolo di Mondaino. All’epoca era solo un forte, che fu ampliato e abbellito da Sigismondo Pandolfo Malatesta il quale fece costruire i torrioni, i camminamenti sotterranei scavati nel tufo, la cinta muraria, aggiungendo anche le splendide merlature ghibelline. Si potrebbe stare ore a parlare delle similitudini che questa fortezza ha con altri castelli e manieri della zona. La bellezza delle roccaforti romagnole è per me unica e mi incuriosisce ogni volta, come una continua fonte di stupore. La rocca è sede del Comune di Mondaino ed ospita il Museo Paleontologico. Questo luogo è ogni anno protagonista silente delle manifestazioni che si tengono in paese. Una tra tutte è Il Palio del Daino, una delle più affascinanti celebrazioni storiche nazionali nel suo genere. Riconosciuto a pieno titolo dal Consorzio Europeo Rievocazioni Storiche, grazie alla straordinaria meticolosità con cui vengono curati i singoli dettagli, il Palio si tiene ogni agosto.

Il Palio del Daino

Arrivato quest’anno alla sua 35esima edizione, Il Palio del Daino rievoca la pace firmata da Sigismondo Malatesta e Federico da Montefeltro nel 1459. Questi due capi di diverse e nemiche fazioni, si incontrarono proprio nella rocca per suggellare la pace, dopo di che si diedero ai festeggiamenti. Ecco che la festa oggi riproposta, dura 4 giorni iniziando con la rievocazione in cui un castellano da il benvenuto a Federico di Montefeltro, seguito dal giullare di corte che racconta la storia delle due personalità. Insieme agli sbandieratori risuona lo sparo della bombarda che segna l’inizio dei festeggiamenti.

Per 4 giorni il borgo si anima attraverso spettacoli, mostre e bancarelle che ripropongono le arti e i mestieri tipici dell’epoca medioevale. Tra le strette vie si aggirano cavalieri e dame, giullari ed armigeri, saltimbanchi, menestrelli e giocolieri pronti ad allietare i forestieri. I piani bassi delle case del borgo si trasformano in osterie e in botteghe dove imparare le antiche arti come la battuta del cuoio, l’arte dell’affresco, il ricamo e il mosaico. Nelle taverne all’aperto si possono gustare piatti ispirati al 1500 in un’atmosfera unica, tipica di una sagra di paese, ma dai connotati medioevali. La rievocazione è precisa e minuziosa, gli abiti indossati dai figuranti, dai venditori e dagli oste sono quelli tipici dell’epoca e la lingua parlata è spesso quella antica.

Da non perdere le fosse dove viene stagionato il Formaggio delle Fosse della Porta di Sotto. Il mulino che lo ospita si trova in una delle viette del paese ed è un luogo unico, dove viene fusa cultura, storia e tradizione enogastronomica romagnola. È qui che bisogna andare se si cercano i sapori perduti. Un angolo di Romagna ad un passo dalle terre del Montefeltro, dove usanze diverse si combinano, a due passi da Porta Montanara dentro la cerchia muraria del castello. Il mulino è meraviglioso, ristrutturato in ogni dettaglio è così suggestivo che non può non essere visitato. Inoltre si possono assaggiare e comprare i prodotti di questa antica azienda in loco, è un vero viaggio nella gastronomia romagnola.

L’ultima sera si svolge Il Palio del Daino che vede in sfida 4 contrade: Borgo, Castello, Contado e Montebello. Se si vuole godere dello spettacolo è bene arrivare presto, per sedersi sulle gradinate della Piazza Maggiore. Si assiste così alla Gara dei balestrieri, alla Corsa delle oche e al Gioco del daino che ricorda un po’ quello dei 4 cantoni.

Fisarmoniche Galanti, una storia nata a Mondaino

Oggi Mauro ed io siamo a Mondaino per un motivo: visitare la Fabbrica delle Fisarmoniche Galanti. È una struttura privata, che fa parte del patrimonio culturale italiano. Per questo è aperta al pubblico solo in alcune giornate, come quelle della FAI che apre al pubblico i luoghi solitamente inaccessibili o poco conosciuti. Un’occasione unica più che rara, per conoscere la nostra storia e riflettere su quanto può insegnarci per affrontare il presente e il futuro. Quella delle fisarmoniche dei fratelli Galanti è una storia nata tra le colline romagnole, che segna profondamente il tessuto sociale italiano del ventesimo secolo. È una favola che parla di emigrazione, di fortuna, di arte e di quel sogno americano che molti dei nostri bisnonni hanno toccato con mano.

Si tratta di una storia che ha più di 100 anni, iniziata quando le donne portavano lo “zinale” e il fazzoletto in testa, in sostanza, quando nessuno da queste parti, sapeva con esattezza cosa fosse “la Merica”. Tempi in cui si parlava solo il dialetto romagnolo e le genti di Mondaino, inconsapevolmente, facevano ballare cowboy e bionde con la sigaretta in mano, nei locali alla moda di New York. Antonio Galanti è un ragazzo di campagna, ingegnoso e gran lavoratore, che sposa Teresa, giovane donna di paese. Ci sono tante botteghe di falegnameria e il lavoro per Antonio non manca, una buona opportunità per lui.

Teresa ed Antonio hanno 8 figli, ormai dei giovanotti nel 1910 quando Domenico, il primogenito, decide di partire per l’America, direzione Ellis Island, New York. Scende sull’isola dove tutti gli emigrati si fermano per essere accolti, registrati e se idonei accompagnati al traghetto per Manhattan. Per guadagnarsi da vivere, il ragazzo ottiene un impiego suonando la fisarmonica in locali notturni e teatri. La gente si innamora del suono di quello strumento così particolare e sconosciuto, dalle risonanze antiche, ma allo stesso tempo fresche e vivaci. Alla fine di ogni concerto, le persone lo avvicinano per chiedergli se il suo strumento fosse in vendita o come comprarne uno simile.

Il ragazzo, vedendo un’opportunità, scrive al padre Antonio rimasto in Italia, chiedendogli di costruire nuove fisarmoniche, per poi spedirle in America. Con gli anni anche altri tre dei figli di Antonio vanno a cercar fortuna in America. Quelli sono gli Anni Ruggenti, Roaring Twenties detta “alla mericana”, sfavillanti perché favoriti da una forte industrializzazione, da ideologie stravaganti e sempre più tolleranti. Un decennio antiproibizionista, libertino dove il jazz fa da sottofondo ad un dinamismo culturale senza precedenti. Un’epoca si può dire, per molti punti di vista irripetibile. È proprio in questo contesto che nasce a NY la Robert Galanti & Bros. (brothers) fabbrica venditrice di fisarmoniche, che si afferma come marchio di eccellenza.

Nel 1924, utilizzando le ricchezze accumulate in America, Domenico torna a Mondaino e insieme ai fratelli Robusto ed Egidio fonda l’azienda Fratelli Galanti – fabbrica produttrice di armoniche. Ampliata nel corso degli anni, la Fabbrica di Fisarmoniche F.lli Galanti da lavoro a circa 130 operai simultaneamente. Ogni reparto ha un settore specifico e ogni lavoro deve essere perfetto, millimetrico, atto la realizzazione di uno strumento così difficile da creare. Ad oggi, la fabbrica è gestita dalla Viscount International ad opera di Marcello Galanti, nipote di Antonio. La grande azienda rappresenta un esempio unico in Europa nel campo della ricerca e sviluppo, le loro creazioni sono irripetibili e all’avanguardia, grande vanto per la piccola città di Mondaino.

Come raggiungere Mondaino

Per arrivare a Mondaino è necessario avere l’auto. Usciti al casello autostradale di Cattolica, prendete la direzione Saludecio,  i cartelli vi porteranno ai piedi del borgo di Mondaino. Ci sono diversi parcheggi anche gratuiti, in paese sono organizzati ad ospitare molti turisti.

E se venite da queste parti fermatevi, potreste sentire tra il vento delle note malinconiche risuonare nella valle. Risate antiche echeggiare vivide tra il fruscio degli alberi, quelle di chi dopo una giornata di duro lavoro, nelle notti d’estate, danzava al suono di una fisarmonica. Sembra quasi di vedere i sorrisi dei nostri nonni, sentire il battere delle loro mani al ritmo di una melodia di festa, parole chiare di una canzone in un dialetto arcaico, vecchio tanto quanto la mia terra di Romagna.

Alla prossima viaggiatori!

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