Info x viaggio On The Road e codice stradale

America, Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono un grande paese. Sicuramente per le distanze, non c'è ombra di dubbio. Spazi immensi e una valanga di chilometri per raggiungere ogni destinazione. Questo rende il territorio estremamente vario ed allo stesso tempo dispersivo. Bisogna valutare molto attentamente le proprie mete per non rischiare di...
Scritto da: Ivanweb
info x viaggio on the road e codice stradale
Partenza il: 20/10/2004
Ritorno il: 10/11/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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America, Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono un grande paese. Sicuramente per le distanze, non c’è ombra di dubbio. Spazi immensi e una valanga di chilometri per raggiungere ogni destinazione. Questo rende il territorio estremamente vario ed allo stesso tempo dispersivo. Bisogna valutare molto attentamente le proprie mete per non rischiare di passare la maggior parte del giorno in auto e poche ore per vedere ciò che si era posto come obiettivo primario. E a parte le distanze, qui è davvero tutto più grande, fisicamente parlando. Sono più grandi e grossi gli uomini (anche troppo), le piante e persino gli animali. Ho visto un gatto che sembrava una tigre, dei cavalli della stazza di elefanti asiatici, e non dimentichiamo i bufali (3 o 4 volte le nostre mucche!?)… La natura si è data da fare ed è stata estremamente generosa nel territorio degli U.S.A. Impegnandosi a regalare al viaggiatore i paesaggi più straordinari e inimmaginabili. Parlo in particolare dell’Ovest. Un breve giro di 5 giorni ad anello da Las Vegas al Grand Canyon poteva essere di un mese solo per approfondire con attenzione tutte le tappe intermedie e per godersi quelle principali. In un solo giorno, percorrendo poco più di 100 miglia, ho visto tre paesaggi che non hanno nulla in comune uno con l’altro, di una bellezza da mozzare il fiato e che non erano inizialmente nemmeno preventivati: l’Antelope Canyon, una fessura stratificata e contorta nella riserva indiana, con magici fasci di luce che la rendono surreale; il Lake Powell, sbarrato da una enorme diga e creato su un canyon che lo rende sterminato, con le coste frastagliate fino all’impossibile, con un contrasto accecante tra l’azzurro dell’acqua profonda e la chiara roccia arenaria dalle forme bizzarre; lo Zion N.P., attraversato per cause di forza maggiore per rientrare a Las Vegas per non dover allungare di molti chilometri, dai magici colori del tramonto e da altre forme indescrivibili e non immortalabili da alcuna macchina fotografica o videocamera. Sono tutti canyon alla fine, eppure tutti così straordinariamente diversi per forme e colori. E la strada panoramica che li collega, la 89 Scenic Byway, è altrettanto surreale e magnifica, capace di donare emozioni improvvise curva dopo curva, capace di allungarsi per decine di miglia senza far intravedere un solo segno di civiltà umana. E che dire del Grand Canyon: non si può descrivere ciò che è indescrivibile, non si può quantificare ciò che è infinito. E’ soltanto da vedere. Da vedere di persona, con i propri occhi, e non dalle riviste e dal televisore perchè è tutta un’altra cosa.

E vogliamo parlare degli americani? Sono un grande popolo. Sicuramente per il peso, non c’è ombra di dubbio. L’obesità, diffusissima negli Usa, raggiunge livelli tremendi di vera e propria deformità fisica da rendere alcuni “casi umani”, chiamiamoli così, altrettanto indescrivibili come il Grand Canyon, ma in negativo. Sono da vedere, anche questi di persona, per capire fino a quanto si può spingere il benessere, o di contro, il malessere della civiltà umana. Ma a parte questo sono davvero un grande popolo anche per l’esaltazione, la fede, l’efficienza, la volontà, l’ordine e il rispetto, e per tutto il contrario pure. Gli Usa sono da questo punto di vista un paese di contraddizioni fortissime che convivono normalmente nella vita di tutti i giorni. Ma ricordiamo sempre che sono una nazione estesa da oceano a oceano, con una diversità di clima, cultura e storia non da poco. E’ perciò impossibile parlare degli Stati Uniti senza generalizzare su qualunque cosa poichè se esiste il bianco esisterà sicuramente da qualche altra parte anche il nero e d infinite tonalità di grigio nel mezzo. Ci sono i buoni e i cattivi, gli educati e i maleducati, i colti e gli ignoranti, le ville e i ghetti, i ghiacciai e il deserto e via andando all’infinito. In una nazione così grande non manca nulla e non basterebbe una vita per descrivere e catalogare America e Americani. Ma, nonostante non possa giudicare un’intera nazione per la superficialità del mio viaggio durato solo tre settimane, ritengo comunque di aver colto lati importanti di un “sistema” omogeneo che raggruppa ben 51 stati e che fa tanto discutere per il suo aspetto economico, politico e militare. Un sistema lontano da quello europeo e agli antipodi di paesi asiatici come Sri Lanka o Thailandia, da me visitati in precedenti viaggi. In questi miei appunti parlerò un pò di tutto, cercando di approfondire ciò che agli occhi di un italiano medio appare più diverso dal proprio modo di vivere, più interessante e notevole da osservare. Nel mio soggiorno da turista, ammetto che nei ben 6 stati visitati di passaggio sono rimasto maggiormente colpito dai lati positivi di questa parte d’America piuttosto che da quelli negativi. Inizio subito col dire che uno dei miei obiettivi principali di questo viaggio era capire quanto di vero e reale ci fosse nella vita americana rispetto a tutto quello che si intravede nei film. Perchè noi conosciamo tutti il prodotto del cinema di Hollywood, che nei suoi movies bombarda gli spettatori di dosi di vita americana dalle commedie, ai polizieschi, ai film drammatici, horror, fantascienza e chi più ne ha più ne metta. Ebbene, in breve annoto subito che gli USA sono esattamente ciò che si vede nei film! In ogni angolo che si visita spunta inevitabilmente sempre uno spezzone magico di qualche scena già vista: o per i paesaggi, o per i monumenti, o per i personaggi, o per qualunque piccolo dettaglio insignificante. Facciamo qualche esempio nelle città.

– le mille luci di Las Vegas con i casinò sfarzosi e gli hotel megalitici dove trovi gente buttata in solitudine davanti a una slot machine tutto il giorno; i villaggetti western sperduti in paesaggi solitari che sembrano musei a cielo aperto; – Miami, vista in un elenco interminabile di film, con il suo litorale, le sue spiagge, i bagnini sulla torretta e le patrol che passano sulla battigia, i grattacieli; – le cittadine residenziali con tutte quelle casette in legno circondate da giardino a prato e spazi enormi con tanto di strade a reticolato, corrispondenti per noi alle villone indipendenti dei quartieri più ricchi. E facciamo qualche esempio nei personaggi. – Il motociclista della Harley Davidson, un mito per eccellenza: giubbotto in pelle con canotta sotto, muscolacci (e quasi sempre anche una bella panza!), peso medio 150 chili, sbragato sulla moto che scorrazza sempre in gruppo o, pardon, con la sua banda. Esiste davvero, e ce ne sono parecchi. Si incontrano ovunque! – Il classico texano, un figaccio o un gaggio a seconda dei punti di vista: giubbotto in pelle, stivaloni da cowboy doverosamente a punta, camminata a gambe larghe e sputo frequente, diciamo massimo ogni 3 minuti. Ne ho visto diversi esemplari all’aeroporto di Dallas stando seduto, senza neanche bisogno di andare in giro per il Texas: uno in particolare tornava sempre nello stesso punto, a sputare sempre nello stesso cestino. Una scena da non perdere, che infatti, ho filmato la terza o quarta volta che è tornato…

– Il poliziotto – sceriffo modello base di qualunque poliziesco: quello che spunta dal nulla anche in pieno deserto quando ti azzardi a commettere la minima infrazione del codice stradale, quello che si avvicina calmo ed elegante nei suoi due metri per uno di mole massiccia, che ti chiede cortesemente ma con estrema decisione i documenti mentre tieni le mani strette sul volante e non fai movimenti bruschi per non ritrovarti una pistola puntata contro e che, nonostante tutto, è capace di sorridere e fare il “buono” della situazione. Mi è capitato questo incontro ravvicinato alle Everglades a Flamingo, durante l’imbocco in una strada “one way” in senso sbagliato. Preciso che c’ero solo io e qualche altro turista nel raggio di chilometri e il traffico era zero (altrimenti mi sarei accorto che andavo in senso contrario no?). Era il primo e anche l’unico caso visto di tre strade parallele alternate ad una sola corsia a senso unico. Sono comparse dal nulla addirittura due auto della polizia! Per fortuna andavo a passo d’uomo e ho avuto la faccia da bravo turista sperduto… Non mi hanno neanche messo la multa, ma mi hanno scortato per un buon tratto…

– I medici efficienti e tempestivi e i ranger pronti ad esaltarsi in qualunque azione che abbia a che fare con l’eroismo. Un episodio capitato al Grand Canyon village all’ora di pranzo. Dopo aver fatto una breve camminata di mezz’ora, siamo andati a ristorarci ma mentre ordinavamo gli hamburger una mia amica si è sentita male e ha avuto un principio di mancamento. Si è inginocchiata qualche minuto a terra con nausea e subito è intervenuto il ragazzo che stava dietro al banco, che ha chiamato una donna la quale ha portato un bicchiere d’acqua con zucchero. La mia amica si è seduta ed si è sentita subito meglio ma hanno insistito per chiamare il medico, che è arrivato nel giro di due minuti contati: un ragazzo muscolosissimo con due enormi borse che ha iniziato a fare una serie di domande con tanto di taccuino e penna per prendere appunti: quali erano i sintomi, se non mangiava da molto, se aveva fatto trekking, hiking e per quanto tempo, se era stata male prima, se aveva malattie tipo asma, che numero aveva di scarpe… Ma mica è finita: dopo un minuto ancora arriva un altro che pare un ranger con tanto di fodera e pistola, un altro bestio di di un metro e novanta il quale, nonostante la mia amica imbarazzata da tutte queste attenzioni ripetesse che ormai stava bene ed era troppo quello che stavano facendo, sottolinea premuroso che l’ospedale non c’è, ma in caso di bisogno la possono portare immediatamente in elicottero a quello più vicino. Cavoli ma questa è un’americanata pura, sembra un telefilm tipico di quei personaggi che compiono atti di eroismo tutti i giorni! Se poi l’elicottero sia da pagare o meno, questo è un altro discorso…

Si capisce adesso perchè dico che non c’è tanta differenza tra la realtà e i film che si vedono al cinema? E’ chiaro che le cose vanno prese con buon senso: è ovvio che molte scene, molte frasi, molti effetti speciali e molti film stessi sono ridicoli e non possono essere presi sul serio. Ma in linea di massima, dopo aver visto tanti movies e telefilm e documentari, è possibile davvero avere un’idea precisa di come sono gli States. E tante di quelle che io credevo fossero americanate, non lo sono affatto. Sono davvero così. Il vero cruccio di tutte le opere di hollywood sta nella fisicità degli attori, in qualunque parte degli Usa si parli, di qualunque età, sesso e colore. Sono sempre tutti belli e in forma fino a raggiungere estremi alla Baywatch (tanto per capirci) dove non solo i protagonisti sono pezzi di ragazzi e ragazze ma anche i “passanti” casuali e le comparse che si intravedono sullo sfondo per caso. Fantascienza. Tutto ciò non esiste, è da dimenticare. O forse, esiste in parti limitatissime degli States, in apposite spiagge o locali dove si concentrano i “belli”, come se fossero una casta a sè stante. Avessi visto una sola bella ragazza in tre settimane! Qualcuna rarissima appena carina, niente di più. E ce ne vuole. E’ vero che non ho frequentato locali notturni e all’ultimo grido, ma voglio dire, in Italia e in altri luoghi dove sono stato, prima o poi una bella ragazza, anche di sfuggita, capita vederla ovunque. Mah… Mistero americano… Probabilmente sono tutte finite a Hollywood e non ce ne sono più per strada… Per i ragazzi il discorso è meno allarmante. Grazie alla loro ossessione per lo sport infatti, è più facile trovare fisici ben fatti e muscolosi.

Ad ogni modo, dopo questo viaggio, ho capito tantissime cose e affinità che prima non afferravo. Per esempio, il mio professore di inglese David, che è un americano puro, il quale dice che mentre noi ridiamo guardando un film come American Pie, pensando alle assurdità compiute da quei poveri disperati in americanate e cose irreali, lui ride “ricordando” ciò che veramente ha fatto lui e i suoi coetanei ai tempi della scuola: i party di nascosto quando i genitori non ci sono, gli scherzi burloni e talvolta pesanti, l’ossessione dell’adolescenza per il sesso, il mito dell’automobile e la passione per i motori, i raggiri per procurarsi l’alcool, etc.Etc. Altro esempio di americanate reali: le paure. Le paure create dal tragicismo di una natura incontrollata da cui nascono film per noi esagerati come twister e tutta la serie delle distruzioni di massa, oppure film di orrore come quelli di animali impazziti che distruggono tutto e persino i capolavori di Steven King. Io ho visto con i miei occhi gli effetti di cosa l’uragano Charlie ha devastato al suo passaggio nelle isole di Sanibel e Captiva in Florida: un intero paesaggio tropicale modificato, con grovigli di tronchi e rami, praterie di alberi spezzati, case danneggiate e strade rotte. E tutto questo dopo qualche mese che già stanno ristrutturando. Fa paura adesso, posso immaginare durante il disastro. E credevo che “The day after tomorrow” fosse un’americanata pura, con il fenomeno della glaciazione, le inondazioni di New York, etc.Etc. Beh, poco dopo esser tornato a casa è arrivato lo tsunami del 26 dicembre, devastando mezza asia con centinaia di migliaia di vittime, e il telegiornale non ha fatto altro che parlare dell’incredibile gelo arrivato in California e dintorni che ha paralizzato gli americani seppellendoli sotto la neve. C’è sempre qualcosa di vero alla fine nei film di distruzione di massa. Gli americani questo lo sanno, è per quello che vanno a vederli… Abitando in Sardegna che è una terra tranquilla e non avendo mai assistito ad alcun evento tragico di queste proporzioni, ho capito veramente per la prima volta di quale potenza devastante sia dotata la natura. Ma anche cose più piccole hanno scatenato in me l’accostamento reale ad altre paure apparentemente più insignificanti o strane degli americani. Per esempio, quando ho visto il museo del circo con una foto di un pagliaccio, ho capito perché è nato “It” con quella forma, così come ho capito ciò che mi sembrava l’assurda scena, chiamiamola in questo modo, di essere risucchiati dal buco del water. E’ pazzesco e fa ridere, e sembra persino incredibile che scriva queste cose, ma in alcuni motel, quando ho sentito lo sciacquone che tira giù tutta quell’acqua con un risucchio fortissimo (non vorrei scendere nei particolari, ma i “tazzoni” americani sono, a differenza di quelli italiani, pieni quasi fino all’orlo di acqua), ragazzi: ho avuto veramente paura! E ho capito anche un’altra ossessione ricorrente: quella dei serial killer o dei maniaci o dei mostri e di qualunque cosa che si avvicini, al buio, a casa tua ed entri di nascosto. Quando in Florida sono capitato in una strada secondaria, buia, con le tipiche casette isolate in un boschetto con giardino che le circonda, senza recinto, con semplici porte in legno e finestre al piano terra che si rompono con una palla da baseball lanciata per sbaglio, ho avuto davvero un senso di inquietudine e ho pensato: diamine, quanto sarebbe facile entrare là dentro per un malintenzionato! E di case così ne ho visto per interi quartieri! Ho ben afferrato la paura di Steven King nel Maine, che è ricoperta di boschi ben più grandi e inquietanti! Persino i gabbiani in gruppo a Treasure Island ad un certo punto mi hanno trasmesso un senso di inquietudine. L’oceano nelle spiagge americane è stupendo e la fauna più viva che mai. Ci sono gabbiani enormi, pellicani e uccellini di cui non conosco il nome (simili alle rondini di mare) che ho ironicamente soprannominato i “becca vermi”: stanno lì a infilare il becco sulla battigia per cercare cibo, e corrono buffamente velocissimi avanti e indietro per non bagnarsi con l’arrivo delle onde. Ebbene, tutto ciò regala in genere un’atmosfera stupenda e rilassante per tutte le spiagge della Florida. Ma che si provi a dare loro qualcosa da mangiare. I gabbiani arrivano in massa e ti svolazzano sulla testa, con quella apertura alare enorme, quasi ti ricoprono e sparisci come un ombra nel loro assedio. Mi sono ricordato quel film di orrore di uccelli impazziti che danneggiavano tutto… Forse non succederà mai niente del genere è vero, ma se alla natura desse di volta il cervello qua sarebbero guai davvero! Fondamentalmente, le paure come le emozioni di gioia nell’osservare le bellezze naturali americane, stanno nel fatto che qui ci si sente davvero piccoli. Qui tutto è enorme, immenso, infinito e in quantità esagerate. Gli americani non sono alla fine più esaltati di quanto non lo sia la natura con loro! On the Road: informazioni utili e codice stradale Da dove cominciare? Le strade americane sono una meraviglia. Semplicemente perfette, almeno paragonate alle nostre. Il fondo stradale è sempre in ottime condizioni, non ci sono buche, fossi, nulla, tranne in qualche rarissimo caso di lavori in corso. Penso che risparmino un patrimonio dal meccanico, visto che non cambieranno mai ammortizzatori e frizione. In compenso, consumano molto le gomme: ci sono quantità impressionanti di copertoni rotti, a volte proprio squarciati, nelle corsie laterali. Le strade sono sempre scorrevoli, a due corsie almeno per direzione, che diventano tre o quattro e più ancora nei pressi delle città per smaltire meglio il traffico. Guidare è assai più piacevole che da noi, e imparando alcune regolette basi del codice stradale, anche più semplice. Intanto le auto hanno il cambio automatico, che significa dimenticarsi l’uso del piede sinistro Esistono solo due pedali: l’acceleratore e il freno, il quale è molto più largo del nostro. La leva del cambio ha diverse posizioni, dall’alto verso il basso: – P sta per Parking e si usa per sostare o spegnere l’auto. Le chiavi non si tolgono dal cruscotto se non si lascia la leva in questa posizione. Si può anche evitare di inserire il freno a mano perchè tanto l’auto non si muove…

– R è per la retromarcia – N corrisponde al nostro “folle” – D è quella più utilizzata e serve semplicemente per andare avanti. Una volta impostata non si cambia praticamente più, neanche quando ci si ferma agli stop o ai semafori, tranne ovviamente se serve la retromarcia. Quando viene inserita la D, bisogna sempre lasciare il piede destro nel freno, perchè appena lo si alza l’auto parte leggermente in avanti. Ecco perchè ai semafori, come si vede anche nei film, tutte le auto hanno sempre gli stop accesi che paiono sincronizzati. – 1, 2, 3 sono altre posizioni che inseriscono forzatamente una delle marce per necessità particolari, tipo una salita estrema, l’uso del 4×4, etc.

Un’altra chicca utilissima è quella del “cruise”, una sorta di controllore della velocità che si imposta ad un valore fisso desiderato. Quando si raggiunge una certa andatura, che in genere corrisponde al limite massimo consentito, si preme un pulsante e l’auto cammina da sola sempre alla stessa velocità, anche staccando il piede dall’acceleratore. Se si aumenta l’andatura, per esempio per un sorpasso, rilasciando l’acceleratore comunque l’auto torna alla velocità di crociera impostata precedentemente. Se invece si tocca il pedale del freno, il cruise si disabilita per sicurezza e bisogna reinserirlo successivamente. I limiti di velocità sono sempre ben chiari e scritti in nero su cartelloni bianchi ai lati della strada. Il massimo che ho visto è 75 mph, corrispondente ai nostri 120 Kmh, ma è raro. E’ più frequente trovare 65 mph o 70 mph sulle Interstate, che sono le strade che attraversano più stati, e dai 55mph in giù per strade statali e secondarie. Da precisare che le strade secondarie, che non erano neanche segnate nella mia cartina, fanno dieci a zero alla “nostra” sarda S.S. 131, l’arteria principale e la strada più importante che attraversa tutta la Sardegna, la quale quest’ultima si sa, non è messa molto bene a trasporti (ma non pensavo a questi livelli, adesso me ne rendo conto…). In città invece il limite può scendere anche dai 35 mph in giù fino ai 15. E’ fondamentale avere ben chiaro in testa che rispettare i limiti è importantissimo, anche se si è in pieno deserto e arriva la smania di correre un pò di più. Ci sono controlli severissimi, radar aerei (che servono allo stesso tempo anche per soccorrere chi rimane in panne), e la polizia americana non va certo per leggere: proprio esattamente come nei film, questo è poco ma sicuro! Tra l’altro, correre servirebbe solo a creare confusione nel traffico, che invece non c’è. Mi spiego meglio. Essendo le strade scorrevoli, vanno praticamente tutti alla stessa velocità: quella massima consentita. Per cui le probabilità di tamponamento o incidenti laterali causati dalle classiche auto che spuntano all’improvviso da dietro diminuisce notevolmente. E non esistono scooter. Spesso nelle Interstate c’è anche il limite minimo di velocità consentito, in genere sui 40 mph, e quindi il “range” di distacco tra l’auto più lenta e quella più veloce è assai limitato. Una regola del codice stradale non applicata da noi in Italia, che ritengo molto utile, è quella di poter svoltare sulla destra anche col semaforo rosso, tranne se compare apposito divieto pochi metri prima nella corsia: “no turn on red” o similare. In assenza di questo cartello, basta dare la precedenza sulla sinistra e si può svoltare in assoluta tranquillità. Un’altra chicca americana è quella degli “stop 4 way” o “all way”, frequente negli incroci a raso delle strade interne o di città non eccessivamente trafficate. Funziona in questo modo: tutti hanno lo stop e sono obbligati a fermarsi. Il primo che si ferma, passa. Poi passa il secondo, il terzo, e così via. E’ di una comodità incredibile, sembra di scoprire l’uovo di Colombo. Si arriva allo stop e quando ci si ferma di fronte alla linea bianca si guardano quante auto ci sono prima (in genere una o due), si aspetta il turno e si passa. In questa maniera il traffico è molto più scorrevole e non si rischia di aspettare minuti inutili fermi in coda. Ovviamente, il pieno rispetto del codice da parte degli americani fa sì che questi si fermino anche se allo stop non c’è assolutamente nessuno, cosa che in Italia è considerata quasi…Ahimè… Ridicola.

Nelle corsie di sinistra che si aprono quasi sempre indipendenti per ogni svincolo o deviazione, è possibile anche fare in genere inversione di marcia. Pure qui, la sola eccezione è il cartello che indica una freccia nera ad “U” sbarrata. Non bisogna mai sottovalutare i cartelli e le indicazioni che talvolta possono sembrare incredibili. Cito l’esempio del cartello che si trova in Florida con disegnata la pantera e che ne sottolinea il pericolo di attraversamento. “Quando mai mi troverò una pantera che mi attraversa una strada a 4 corsie?” mi son chiesto subito, sembra fantascienza. Eppure al Visitor Center delle Everglades ho scoperto con stupore che gli esemplari uccisi dalle auto sono una delle maggiori cause della loro decimazione… Una delle cose che si rimpiange di più quando si torna nelle caotiche strade italiane è l’assenza totale di scooter: non esistono nella comune viabilità americana. Causa le enormi distanze, le strade larghe e il basso costo della benzina probabilmente, hanno tutti l’auto o la moto. Il che incide notevolmente, come è facile immaginare, sul discorso sicurezza e linearità del traffico. Per il racconto del viaggio con tutte le foto rimando vivamente al mio sito: www.Ivanweb.Net



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