Da Elvis Presley a Neil Armstrong: viaggio nel Southeast USA all’insegna della musica e dell’America “da cartolina”

Dal country al jazz, il blues e i diritti civili. Un viaggio nei suoni e nella storia degli stati del sud.
Scritto da: Chiara_M
da elvis presley a neil armstrong: viaggio nel southeast usa all'insegna della musica e dell'america da cartolina
Ascolta i podcast
 

Altro giro, altra corsa! Visto che l’ESTA è ancora valido, quest’anno abbiamo deciso di tornare negli Stati Uniti, ma questa volta, buttandola sul “facciamo un viaggio musicale alla Lazarus di Cattelan e il Nongio”, esploriamo mid e southeast USA. Meta iniziale scelta per il nostro OTR, Nashville, con volo Torino-Monaco-Washington-Nashville e ritorno da Fort Lauderdale-New York-Monaco-Torino (United Airlines – 2952€ a cui dobbiamo aggiungere 80€ di bagaglio a testa pagato in aeroporto e 75$ a testa per il ritorno). Voli comprati il 16 giugno e tragitto definito il giorno di San Giovanni. Solito parcheggio multipiano coperto a Caselle (127€), assicurazione di viaggio (100€) e playlist da ascoltare in macchina, e siamo pronti a partire. 

Informazioni utili sul viaggio

Costi

  • 3339 (voli+bagagli+parcheggio+assicurazione)
  • +1862 (benzina+cibo+parcheggi)
  • +1947 (hotel)= 

Totale: 7150 € (senza souvenir/spese personali)

Hotel

  • Nashville: Locale Music Row (475€/2 notti, parcheggio a pagamento a 30$ first come first serve, noi non abbiamo ancora la macchina comunque) – indubbiamente molto bello, a 25 minuti a piedi da Broadway. Richiedono 200$ di cauzione esclusivamente su carta di credito intestata a qualcuno che abbia fatto la registrazione. Noi abbiamo avuto problemi con la manopola della doccia che si è rotta ed era impossibile chiudere l’acqua e la cerniera di un’anta che si è sfilata, ci hanno messo buona parte della giornata ad aggiustare tutto. Bella la piscina sul rooftop. 
  • Memphis: Midtown Stays (279€/2 notti, parcheggio gratuito) – bell’appartamento a metà strada tra il museo dei diritti civili/Lorraine Motel e Beale Street, lungo la Main street. Non c’è l’ascensore e portare su le valigie si rivela un bell’allenamento. Il proprietario è molto gentile e risponde molto velocemente ai messaggi su Booking. 
  • New Orleans: Wyndham Garden Hotels Plaza (242€/3 notti). Dietro Canal Street, vicinissimo all’inizio di Bourbon Street. È praticamente costruito come un motel ma al chiuso. Le finestre della camera danno sul corridoio dell’hotel. Parcheggio a pagamento a 39$+tasse al giorno, ma per noi inevitabile. Si deve prima fare il check in e poi si lascia l’auto nel garage. Non forniscono servizio di pulizia ma alla reception sono molto gentili. Si fa sentire la mancanza di luce naturale.
  • Gainesville: Travelers Inn (80€/1 notte) – molto basic, tipico motel americano. Arriviamo tardi e la piscina è già chiusa, purtroppo. Il receptionist è gentilissimo e molto socievole, chiacchieriamo su quando sia il miglior momento per visitare l’Italia, del cibo italiano e della pizza in particolare, si stupisce quando gli diciamo che in Italia la pizza si mangia una a persona e ci consiglia la pizzeria più nota di Gainesville. Il wifi funziona bene se stai seduto fuori sul marciapiede, che è dove sto scrivendo il diario. 
  • Miami Beach: President Villa – (458€/3 notti + 29$ resort fee a notte) si fa il check in nell’hotel accanto (President Hotel) e non dispone di parcheggio, ma il Miami Municipal Parking si trova due isolati prima e propone 20$ come flat rate per tutta la giornata (15$ dalle 8PM alle 5AM nei weekend). Ci sono 29$ di resort fee obbligatori che sostanzialmente coprono le bottiglie d’acqua che offrono ogni giorno (ma devi chiederle perché non passano a pulire la stanza se stai meno di tre giorni), la colazione, un drink di benvenuto e gli asciugamani per la spiaggia. È però molto bella la piscina sul rooftop al quinto piano da cui di vede uno splendido tramonto (aperta dall’alba al tramonto). Camera molto spaziosa. 
  • Key West: Douglas House – (312€/2 notti) posizione comodissima a metà tra casa di Hemingway e il punto più a sud degli USA, bellissima costruzione tipica di Key West con casette tutte colorate. Pulitissimo e ben attrezzato, con piscina calda e aperta fino a mezzanotte, asciugamani a disposizione, come anche caffè e tè. Parcheggio gratuito lungo la strada ma anche con voucher in parcheggio riservato e gratuito. Receptionist gentilissimo e molto disponibile. Miglior sistemazione in questo viaggio. Consigliano di prenotare direttamente con loro invece che passare da Booking, credo facciano tariffe ridotte.
  • Fort Lauderdale: Rolo Beach Hotel (100€/1 notte) – bello, bella piscina anche se non facciamo in tempo a usarla. Se necessario affittano ombrelloni e sdraio per la spiaggia. Parcheggio a pagamento a 10$. 
  • Miglia percorse: 2296 (3695 km)
  • Playlist Spotify: https://tinyurl.com/923wj2zb 

Diario di viaggio negli USA

Sabato 10 agosto – San Lorenzo – Torino – Nashville

Sveglia all’alba con un caldo già importante e alle 7.35 varchiamo la sbarra del parcheggio multipiano dell’aeroporto.  Ci mettiamo subito in coda al gate, imbarchiamo le valigie (e andiamo a pagarle – 80€ a capoccia), passiamo i controlli e alle 10.20 partiamo per Monaco. C’è un discreto vento e si balla un po’, corriamo un po’ da un gate all’altro ma a mezzogiorno siamo sistemati sul volo Monaco-Washington. Il volo accumula 53 minuti di ritardo prima ancora di partire, e visto che noi all’arrivo dovremo passare la dogana, recuperare le valigie e imbarcarle di nuovo e andare al nuovo gate, iniziamo a sudare freddo. Nelle 9 ore e mezza di volo per fortuna recuperiamo quasi metà del ritardo accumulato e alle 15.35 ora di Washington atterriamo. L’equipaggio chiede ai passeggeri senza fretta di lasciar scendere chi ha connessioni con più margine di tempo, per cui inizia una corsa contro il tempo, con l’app di United Airlines che fa il countdown in diretta alla partenza del volo. In Italia io ho scaricato e già compilato i form per la dogana, con foto dei documenti e selfie che si caricano prima della partenza e all’arrivo in aeroporto sull’app CBP MPC, che permette di velocizzare le pratiche doganali. Effettivamente facciamo velocissimo, ma dobbiamo poi aspettare che scarichino i nostri bagagli, per rimbarcarli esattamente 2 metri più avanti. Ripassiamo nuovamente i controlli di sicurezza e, sfidando l’app United che dà come tempo necessario dai gate C ai gate A 20 minuti, correndo parecchio, dopo 10 minuti siamo a bordo dell’ultimo volo. L’aereo è talmente vuoto che ci contano come faccio io nelle gite in pullman, con tanto di appello nominativo e ordinazione di bevande fatte ad personam.

Dopo un’ora e mezza abbondante di volo, in cui recuperiamo un’ora col fuso orario, atterriamo a Nashville. Recuperiamo in fretta le valigie e andiamo a cercare il pullman 18 per arrivare in centro città. Purtroppo mentre attraversiamo il parcheggio il pullman ci parte davanti. Scopriamo che quello successivo non arriva prima di un’ora, quindi prenotiamo un Uber che arriva in meno di un minuto e per 18$ ci porta esattamente davanti al portone d’ingresso del nostro appartamento (Locale Music Row). Usciamo quasi subito per cercare qualcosa da mangiare ed esplorare Broadway, che il sabato sera esplode di vita. Ripieghiamo sull’hot deli bar di Wholefoods in cui prendiamo un po’ di cose (27$) e ci dirigiamo verso il centro. Broadway è l’equivalente musicale di Las Vegas: una piccolissima strip piena di gente, insegne luminose, musica e stivali e cappelli da cowboy.

Il mix di diverse canzoni che esce da ognuno dei locali, odori di dubbia provenienza e la fiumana di gente ci tiene compagnia per un paio d’ore, finché decidiamo di sederci al bancone di un locale – Miranda Lambert’s Casa Rosa – dove prendiamo una Budweiser in lattina e un frozen margarita per la modifica cifra di 27$ (alla quale ci dimentichiamo di aggiungere la mancia, che si aggiunge dopo aver pagato – ops) e restiamo ad ascoltare e guardare il gruppo che suona e la gente che balla. Alle 22.30 siamo ormai veramente stravolti, e dobbiamo comunque ancora tornare, per cui ripercorriamo la strada per tornare a casa, che forse riusciamo anche ad allungare, ma alle 23 sveniamo definitivamente nel letto.

Domenica 11 agosto – Santa Chiara – Nashville

Il jet lag ovviamente non ci risparmia e alle 5.30 siamo entrambi svegli. Tentiamo di vedere la finale per l’oro di pallavolo femminile delle Olimpiadi litigando con la tv della camera per buona parte del tempo, per poi scoprire che se avessimo acceso quella del soggiorno avremmo trovato facilmente la partita. 

Fede decide poi di farsi la doccia e, non sappiamo bene come, la manopola della doccia si rompe e inizia a girare a vuoto. Ne approfitto per farmi la doccia e avvisiamo i gestori che mandino qualcuno a ripararla (e soprattutto chiudere l’acqua, visto che sembra di avere le cascate del Niagara in bagno). Nel frattempo noi usciamo per andare a fare colazione al McDonald’s (15$) con i famosi biscuits che avevamo già assaggiato l’anno scorso in Illinois/Missouri (senza gravy stavolta). Veramente buoni!

Dopo colazione andiamo al Country Music Hall of Fame (29.95$ il biglietto, gli insegnanti – sulla fiducia visto che io non ho nessun documento per provarlo – 27.95$) dove sono esposte memorabilia di tutti i grandi nomi della musica country, tra cui Elvis, Dolly Parton, Johnny Cash e Taylor Swift. Molto bello, con video interessanti. Dopo il museo, torniamo a vedere Broadway di giorno, che si conferma musicalmente caotica anche alla luce del sole, ma con molta meno gente. All’una torniamo da Wholefoods per comprare un boccone per pranzo e un paio di snack (35.72$) e torniamo all’appartamento per vedere se qualcuno sia intervenuto e per riposarci un po’ in piscina. 

Effettivamente qualcuno è venuto perché la doccia è smontata ma il problema persiste, finché arriva qualcuno che chiude l’acqua e promette di tornare a risolvere il problema. Mentre noi andiamo in piscina, un tizio incaricato di aggiustare la doccia fa avanti e indietro (un po’ disperato) un paio di volte, ma, quando rientriamo dalla piscina, sembra esserne uscito vincitore. 

Noi quindi ci cambiamo e usciamo in direzione Centennial Park, che dista tre quarti d’ora a piedi. Arriviamo intorno all’ora del tramonto, per cui gironzoliamo in questo parco molto bello, molto verde e molto curato, in cui i locali giocano a vari sport con la palla e gli scoiattoli cercano di elemosinare del cibo. Visto che poco distante c’è un Chipotle, decidiamo di cenare lì: io prendo il mio ormai solito kids taco kit, mentre Fede prende un chicken burrito talmente pieno che sembra un pallone da football (25$). Quando arriviamo alla cassa, la cassiera mi fa pagare evidentemente un’altra transazione. Quando le spiego che il pagamento purtroppo è andato a buon fine, visto che lei non sa come aiutarmi, interviene il manager che clicca, cancella, swipa a destra e sinistra e alla fine ci restituisce i 12.89$ in contanti e ci fa ripagare la quota corretta. Tutto questo senza emettere neanche un suono. 

Terminata la cena, camminiamo di nuovo per 45 minuti abbondanti. Oggi, pur avendo passato un paio d’ore in piscina, abbiamo fatto più di 25mila passi, per cui siamo parecchio stanchi e andiamo a dormire per riprenderci da questa faticosa giornata. 

Lunedì 12 agosto – Nashville – Memphis

lorraine

Stamattina sveglia sia alle 5.30 sia alle 7. Ci prepariamo e torniamo a fare colazione al McDonald’s (12.84$) coi chicken biscuits. Dopodiché raggiungiamo a piedi il car rental dell’Avis in Church street. Noi abbiamo prenotato una macchina di categoria “grande” per essere sicuri di avere un bagagliaio abbastanza capiente. Non sappiamo però che le categorie grandi sono i pickup che rasentano la grandezza di un tir, per cui sfruttando la scusa che ci serve una macchina con baule che si chiuda e nasconda i bagagli, ci facciamo ridimensionare a una Kia Forte di grandezza normale (che per loro viene catalogata come small car). Recuperiamo le valigie dal nostro appartamento e ci mettiamo alla guida, direzione Memphis. Visto che il check in del nuovo appartamento è alle 15, allunghiamo fino al di là del confine tra Tennessee e Mississippi per andare a fare un giro al Tanger Outlet, dove facciamo un po’ di acquisti tra GAP, Nike e Converse.

Alle 15.30 posiamo le valigie e decidiamo di andare subito al Motel Lorraine, sulla cui balconata il 4 aprile del 1968 fu assassinato Martin Luther King Jr, e oggi sede del National Civil Rights Museum. 38$ i biglietti, sconto educators per me (sempre sulla fiducia) e in un’ora e mezza giriamo nelle sale del museo, che ripercorrono la storia dei diritti civili degli afro americani a partire dall’abolizione della schiavitù fino ai giorni nostri, e che chiude con la famosa stanza 306, dove MLK soggiornò a Memphis e sul cui balcone fu assassinato con un colpo sparato da un balcone dall’altro lato della strada.

sun studio

Alle 18, visto che il museo chiude, torniamo al nostro appartamento, che si trova su Main Street, poco prima del museo. In questa parte di Memphis sembra di attraversare nuovamente le cittadine che abbiamo visto l’anno scorso lungo la Route, una via lungo la quale si trovano vecchi edifici e murales. Oggi ci sentiamo ancora un po’ stanchi e affaticati dal jet lag, per cui andiamo a fare la spesa da Kroger’s (facendo nuovamente la tessera per assicurarci grandi sconti!) e acquistiamo due pasti surgelati (Fettuccine Alfredo – eravamo curiosi – e pollo e purè) per cena, più mini bagel con salmone e philadelphia per colazione e snack da viaggio vari assortiti (89.53$). Visto che è sulla strada, tornando ci fermiamo a vedere da fuori il Sun Studio, dove Elvis registrò il suo primo pezzo nell’agosto del ‘53, a soli 18 anni. 

Una volta a casa, scaldiamo la cena, che si rivela non solo commestibile ma anche buona e abbandoniamo l’idea di uscire dopo cena perché la stanchezza prende il sopravvento.

Martedì 13 agosto – Memphis

elvis presley

Stamattina sveglia alle 7.00 e colazione autogestita con bagel con salmone e cream cheese, dopodiché usciamo per andare alla visita prenotata per le 9.15 di Graceland, la mansion in cui viveva Elvis qui a Memphis (167$).

Si pagano ancora 10$ di parcheggio, si vede un video introduttivo, si prende un iPad come audioguida (a forza di chiedere 80$ a visitatore, te credo che danno gli iPad) e si sale su un pulmino che attraversa la strada e porta all’entrata della Elvis Presley’s Mansion. Durante il tour, che dura quasi tre ore, si vede il piano terra della casa che comprende il salotto e la stanza della musica, la sala da pranzo, la camera da letto dei genitori, la cucina e la cosiddetta Jungle Room, il salotto informale (tamarro). Al piano di sotto si vedono invece la tv room e la stanza del biliardo, la mia preferita. Fuori invece si vedono il giardino con le stalle dei cavalli, la piscina, il campo da racquetball dove Elvis passò il suo ultimo pomeriggio prima di morire nel bagno di Graceland, e ovviamente le tombe di Elvis e dei suoi familiari (genitori e nonna paterna). Finito il tour della casa, si riattraversa la strada per vedere la collezione di macchine e costumi, nonché il famoso aereo Lisa Marie, che Elvis aveva fatto customizzare a suo gusto con sedili in velluto e cinture placcate in oro, e una camera da letto all’altezza della coda dell’aereo. 

Ormai è quasi l’una, compriamo due magliette come souvenir e passiamo dal supermercato Kroger a prendere del sushi e un’insalata pronta (36$) e andiamo a casa a pranzare, e mentre ci siamo, facciamo anche il pieno di benzina (27.98$ – 2.99$/gallon, un’utopia).

Dopo pranzo usciamo per andare a Beale Street, il centro di Memphis, dove si trovano locali in cui c’è musica dal vivo, negozi di souvenir etc. Gironzoliamo lungo la via pedonale fino al Withers Collection museum, un piccolo museo che raccoglie delle bellissime fotografie in bianco e nero, soprattutto sul tema della lotta per i diritti civili – ma non solo – di Ernest Withers, un fotografo afroamericano originario di Memphis che ha raccontato attraverso le sue foto la storia dei diritti civili dal processo per l’assassinio di Emmett Till fino a quello di MLK e del sanitation strike del 1968. L’ingresso è gratuito ma chiedono di lasciare una donazione (noi lasciamo 10$) e le fotografie sono davvero molto belle.

Finita la visita al museo, ripercorriamo Beale Street fino al Mississippi river, che in questo punto basta attraversare per arrivare in Arkansas. La temperatura alle 17 è ancora caldissima, per cui torniamo verso Main Street, che per lo meno è ombreggiata. La via principale di Memphis è molto bella, ma i negozi e i locali sono in buona parte chiusi e la via è abbastanza deserta. Facciamo dentro e fuori da un paio di supermercati per pause aria condizionata e tornando indietro passiamo davanti all’hotel Peabody, famoso perché al mattino e alla sera fa sfilare un gruppo di anatre su un tappeto rosso (??), ma sfortunatamente lo fanno alle 17, e quindi l’abbiamo ormai perso. Nella via dietro al Peabody troviamo però il Flying Fish, un ristorante di pesce che cucina piatti tipici, e ordiniamo da asporto una porzione di gamberi e pesce gatto fritti, accompagnati da patatine fritte e hushpuppies, delle piccole polpette di farina di mais, e un seafood boil di gamberi e granchio, accompagnato da mezza pannocchia, due patate bollite e un etto di burro sciolto (46$). Molto abbondante e davvero buono!

Dopo cena aspettiamo che lavatrice e asciugatrice finiscano il loro ciclo e mettiamo a posto le valigie, e poi a dormire, pronti per la lunga trasferta verso New Orleans. 

Mercoledì 14 agosto – Memphis – New Orleans

chitarre

Stamattina sveglia alle 7.00 e pioggia battente su Memphis. Alle 9 siamo in partenza in direzione Tupelo, aka Elvis Presley’s birthplace. Dopo due ore di cui buona parte sotto secchiate di pioggia, arriviamo a Tupelo (in Mississippi): sosta veloce da Walmart a comprare gli Oreo di Halloween e giretto in centro (500 metri di via in cui l’attrazione principale è un ferramenta in cui Elvis comprò la sua prima chitarra dopo aver mediato tra sua madre che voleva comprargli una bicicletta e lui che voleva comprare un fucile) e andiamo a vedere da fuori la casetta (un bungalow, praticamente) costruita da Mr Presley Sr in cui Elvis nacque e visse fino ai 14 anni.

Da lì mi metto alla guida con direzione New Orleans. Sosta pranzo da Cracker Barrel con southern style fried chicken con purè di patate e mac&cheese e pollo fritto con okra fritta e mais bollito, accompagnati da biscuits e corn bread (34$ con tip) e riprendiamo il viaggio (tappa gas station per rifornimento con 20$ e coca cola a 1$). Arriviamo a New Orleans alle 20 dopo esserci presi secchiate d’acqua lungo tutta la strada e ci sistemiamo nella stanza del Wyndham Hotel. La receptionist mi fa firmare un foglio informativo in cui ci mette al corrente che da giugno a novembre è stagione di uragani, quindi bisogna stare attenti agli allagamenti. Molto bene. Usciamo velocemente per cena, visto che tra una cosa e l’altra sono quasi le 21, e troviamo uno Shake Shack vicino che chiude alle 22. Nel frattempo si è alzato un forte vento e all’orizzonte si vedono grandi lampi. Facciamo giusto in tempo ad entrare da Shake Shack e ordinare gli hamburger con la convinzione di portarceli via per non venire completamente lavati, che quando ci giriamo a guardare fuori sta venendo giù “à la hurricane”. Consumiamo quindi la nostra cena all’interno e fortunatamente nel frattempo smette di piovere. Intanto mi è venuto mal di testa e c’è un’umidità dell’80%, per cui per stasera ci limitiamo a riprenderci dal viaggio e organizzare le cose da fare in questi due giorni a New Orleans.  

Giovedì 15 agosto – New Orleans

new orleans

Stamattina dopo sveglia e doccia usciamo per esplorare New Orleans. Prima tappa, colazione da Cafè Beignet, dove ci dividiamo una porzione di beignets (lo stesso impasto dei donuts ma a forma di rombo, giganti e ricoperti di zucchero a velo – buonissimi) e una omelette prosciutto e formaggio con french bread tostato e imburrato e grit, un porridge fatto di mais bianco. 33.33$ (un pranzo praticamente) con iced cafè au lait e chocolate milk + tip. Dopo colazione andiamo fino al fiume a prenotare la river boat cruise per domani pomeriggio, visto che oggi dà pioggia nel pomeriggio.

La temperatura è già altissima, ma soprattutto l’afa (non è il caldo che ti frega, ma l’umidità, come ripetono tutti i torinesi nei mesi estivi) è insopportabile, quindi ci rifugiamo a fare un giro di negozi al Riverwalk Outlets e facciamo un giro da Forever 21 e GAP. Dopodiché ci dirigiamo verso il French Quarter, passeggiando lungo Bourbon Street. Purtroppo, mentre la sera è interamente pedonale, di giorno è aperta al traffico e quindi diventa caotico passeggiare. Già in qualche locale si sente musica, soprattutto jazz. Deviamo su Royal Street per andare a vedere l’edificio più famoso del French Quarter, la LaBranche House, all’angolo con St Peter street. È davvero bellissima, e un gruppo di musicisti suona proprio lì davanti. 

A questo punto torniamo in camera a riabbassare la temperatura corporea con l’aria condizionata e reidratarci e usciamo di nuovo, questa volta per esplorare l’Arts District, Magazine street e il Garden District. Teoricamente Magazine Street dovrebbe essere una via piena di gallerie d’arte che porta fino a Julia Street, da dove parte la parata di Mardi Gras, il carnevale tipico di New Orleans. In realtà non c’è quasi nulla, se non tanto caldo e afa. Visto che il Garden District è ancora un po’ lontano, torniamo a prendere la macchina. Il Garden District è un bellissimo quartiere, con bellissime mansion in cui si vedono solo bianchi passeggiare portando a spasso i cani. La particolarità di questo quartiere è anche che per arrivarci si attraversa un altro quartiere pieno di casette colorate, ma molto più trascurate e abitate prevalentemente da neri. Mentre siamo qui andiamo a vedere la Buckner Mansion, la casa usata come set di American Horror Story: Coven, che per altro è in vendita (per 3.998.000$ su Zillow). 

Dopo il giro torniamo indietro e nel frattempo inizia a lampeggiare e tuonare. Usciamo con l’intento di andare a berci un tipico Bloody Mary e un tipico Hurricane, sperando di non lavarci. Ci sediamo al Cafè Beignet di Bourbon Street, che ha un bellissimo cortile interno con terzetto di jazzisti che fa musica live, e beviamo un Bloody Mary, perché purtroppo per i frozen Hurricane i freezer sono spenti (30$ tip inclusa). Dopo il nostro aperitivo proseguiamo lungo Bourbon Street per vederla nella sua veste serale, ceniamo con una fetta di pizza (una pepperoni and sausage e una cheese pizza buone ma carissime – 18$!) e visto che ormai ci stiamo sciogliendo, torniamo in camera.  

Venerdì 16 agosto – New Orleans

Stamattina sveglia e colazione per strada con caffè e beignets (9$) perché alle 9.30 vogliamo essere alla Whitney Plantation. Puntualissimi iniziamo il giro con le audioguide (50$) dell’ex piantagione di riso e zucchero. La visita dà moltissime informazioni sulla vita degli schiavi impiegati nella piantagione, che rimase attiva dal 1752 al 1975. Vengono raccontate diverse storie sugli schiavi, tra cui la storia di uno di essi, comprato per 1500$ perché molto bravo nella realizzazione delle botti che venivano poi impiegate per commerciare i beni della piantagione. Dopo un’ora e mezza abbondante di visita, per fortuna all’ombra dei tanti alberi, rientriamo in città. Veloce pranzo da Shake Shack dove ci dividiamo un bacon and cheese burger, patatine, cocacola e chocolate shake e alle 13.30 siamo in fila per imbarcarci sulla Creole Queen per la crociera sul Mississippi river. Lungo la crociera una bravissima guida di nome Charles, un ex avvocato con una laurea in storia e un podcast (Storied History) racconta la storia della città di New Orleans dall’occupazione francese alla battaglia contro gli inglesi nell’era napoleonica. Dopo circa 40 minuti di navigazione si arriva a Chalmettes, luogo in cui nel 1815 gli americani, con un esercito nettamente inferiore guidato da Andrew Jackson e il pirata Jean Lafitte, sconfissero l’esercito britannico contando solo 70 vittime, a fronte delle 2000 inglesi. Tale battaglia è ricordata nella canzone “The Battle of New Orleans” che fu al primo posto nelle classifiche nel 1959. 

Il tema della navigazione del ritorno è invece, ovviamente, dedicato all’uragano Katrina del 2005: mi ricordo che in quarta liceo, col mio professore di italiano, per esercitarci nei saggi brevi, proprio questo fu il tema. Risentire quasi vent’anni dopo la narrazione di quegli eventi, degli sbagli e delle conseguenze che ne derivarono porta ancora lo stesso livello di ansia e impotenza di allora.

Al termine della crociera facciamo una puntata in un paio di negozi e poi ci dirigiamo verso uno dei motivi per cui si visita New Orleans: il famoso cocktail Hurricane! Ci accomodiamo al Pat O’Brien’s, un bellissimo bar storico che ha la fama di aver inventato proprio tale cocktail e ci beviamo il nostro mezzo litro di Hurricane (30$ con tip) ascoltando due pianisti che suonano nella sala centrale. Per asciugare un po’ (e rialzare la temperatura dopo esserci surgelati da Pat O’Brien’s) ci fermiamo a cenare al Tipsy Trumpet su Bourbon Street, dove prendiamo un Fried Shrimp Po’Boy (il tipico panino con il cosiddetto French bread e gamberetti fritti e coleslaw) e un Taste of New Orleans, con rice and beans, shrimp étouffée (una zuppetta di gamberi, verdure e spezie) e chicken and sausage gumbo (un’altra sorta di crema di legumi, riso, pollo e salsiccia) per 55$ (inclusa la tip). 

A questi punto rientriamo per ricostituire le valigie e prepararci alla lunga tappa di domani. 

Sabato 17 agosto – New Orleans – Gainesville

Oggi giro di boa, giornata di nuove scoperte e di lungo viaggio. Alle 9 lasciamo New Orleans e dopo circa un’ora (in cui riascoltiamo la narrazione della storia della città dal podcast della guida di ieri) lasciamo la Louisiana per rientrare in Mississippi e ci fermiamo per un giro veloce al Gulfport Outlets, dove cerco un cappellino della Nike che però non trovo. Proseguiamo il viaggio attraversando il confine con l’Alabama e, qualche chilometro prima del confine con la Florida, ci fermiamo a vedere Bucc-ee’s, una sorta di autogrill texano enorme e frequentatissimo, che vende letteralmente qualsiasi cosa. Dopodiché proseguiamo ancora, fermandoci a pranzo da Chick-Fil-A, dove prendiamo patatine, burger di pollo grigliato e bacon e filetto di pollo fritto per 18.44$. Ce lo portano al tavolo e quando ringrazio il cameriere che mi porta la Chick-Fil-A sauce che gli ho chiesto, mi dice ben due volte “it’s my pleasure”. Trovo che si possano dire tante cose sui modi e le convinzioni degli americani, ma una cosa è certa: sono genuinamente e spontaneamente cortesi e cordiali, si rivolgono con modi gentili in qualsiasi contesto. È qualcosa di cui forse noi ormai ci sorprendiamo, mentre qui è all’ordine del giorno. 

Dopo pranzo mi rimetto alla guida io fino alla nostra destinazione, Gainesville, dove arriviamo verso le 20.30. Nel frattempo siamo entrati nella Eastern Time, e quindi invece che -7 ore di fuso ne abbiamo solo -6. Abbiamo scelto Gainesville per due motivi: uno, per spezzare il viaggio, ovviamente, e due, perché Fede è stato qui con un amico nel 2010 a trovare un loro amico che studiava alla University of Florida, al cui Swamp, lo stadio di Football dell’università giocava Tim Tebow, il quarterback dei Florida Gators, e Fede ha piacere di rivedere lo stadio che ha visitato ormai quasi 15 anni fa. Purtroppo però a pranzo abbiamo scoperto che lo stadio è chiuso perché è ricominciata la stagione, e quindi non si può visitare. Andremo domani mattina presto a vederlo da fuori. 

Arriviamo al Travelers Inn, un motel su una delle vie principali di Gainesville, e persino il cordialissimo receptionist ci chiede cosa ci facciamo lì. Visto che ci mettiamo a chiacchierare di Italia e cibo italiano, ci consiglia di andare a mangiare la pizza da Blaze Pizza, dove puoi build your own pizza, mettendoci sopra gli ingredienti che vuoi. Visto che siamo curiosi, ci lanciamo in questa avventura. Tra i diversi abomini che gli americani ordinano (tra l’altro tutti studenti della University of Florida con le loro famiglie, visto che lunedì iniziano le lezioni), tra cui spicca ovviamente l’intramontabile ananas, noi optiamo per qualcosa di più basic, e ordiniamo una meatball pie (una margherita sottile con ricotta e polpettine), un cheese bread (nient’altro che impasto della pizza ricoperto di formaggio) e un drink che si può riempire più volte, come in praticamente tutti i fast food, per 25$ compresa la tip (data volentieri per il particolare entusiasmo del cameriere/pizzaiolo che sembra divertirsi davvero a fare il lavoro che fa). Devo ammettere che la pizza è pure buona, non solo commestibile! Il cheese bread con la salsa di pomodoro per me è veramente buono, ma anche la pizza si difende bene. Ma tu pensa cosa non fa la globalizzazione che persino gli americani riescono a fare una pizza buona!

Torniamo quindi al motel, scrivo il diario seduta sul marciapiede di fronte alla stanza perché è l’unico posto in cui prende il wifi e si va a dormire, domani la sveglia suona prestissimo!

Domenica 18 agosto – Gainesville – Miami

Nasa

Stamattina sveglia alle 6 e alle 7 siamo al Ben Hill Stadium, anche detto The Swamp, casa dei Florida Gators a vederlo da fuori. Dopodiché, caffè e pieno (27.45$, qua in Florida è sopra i 3$/gallone, persino cara!) e ci rimettiamo in viaggio. Dopo un paio d’ore sosta bagno da Bucc-ee’s (ci abbiamo preso gusto) e poi dritti fino al Kennedy Space Center, per cui abbiamo già comprato i biglietti (altri 80$ a testa). Impostiamo sul Google Maps “Kennedy Space Center” che ci porta effettivamente a Cape Canaveral… al cui ingresso però una gentile poliziotta alla mia domanda “Is this the Kennedy Space Center?” mi risponde “No, ma’am, this is NASA”. Ops! Mi rassicura dicendo che “It happens all the time” e che dobbiamo impostare KSC Visitor Center, dove arriviamo finalmente alle 11.30. Paghiamo ancora 15$ di parcheggio (te pareva), peraltro tutto completamente al sole. Per girare tutto il parco ci vorrebbe una giornata intera, noi abbiamo già “perso” la mattina e non vogliamo arrivare troppo tardi a Miami Beach, per cui optiamo per il tour in pullman che porta a vedere il gigantesco “garage” in cui vengono costruiti e assemblati gli shuttle delle missioni spaziali, da cui sono usciti i vari Apollo, e il mezzo di trasporto che si usa per trasportare tali shuttle dal garage al trampolino di lancio, un cingolato gigantesco che raggiunge l’incredibile velocità di 1mph. Si raggiunge poi la sezione dedicata alle varie missioni Apollo, in cui una simulazione ripercorre la missione di orbita intorno alla Luna della missione Apollo 8, una replica a grandezza originale dello shuttle Saturn V e, ovviamente, nel Lunar Theater un altro video che racconta il famoso allunaggio. Se non fosse per la solita temperatura da frigorifero, si potrebbe passare una giornata solo lì perché è davvero interessantissimo. Ci dividiamo un turkey wrap alla modica cifra di 10$ e proseguiamo. Al ritorno dall’Apollo/Saturn V Center si vedono gli edifici in cui vengono organizzate e costruiti gli shuttle di Space X, nonché un pino in cui le aquile del posto sono solite nidificare a fine agosto e aspettare la schiusa in autunno inoltrato. E dire che comunque di spazio in Florida ce n’è, proprio nel posto più rumoroso e pericoloso fai nascere i tuoi aquilotti (eaglets in inglese)? 

Tra l’altro si vedono moltissimi aironi e rapaci intorno al KSC. Il tour prosegue al padiglione dedicato allo Space Shuttle Atlantis, la prima invenzione NASA riutilizzabile: uno shuttle che veniva lanciato come razzo ma atterrava come un aereo glider e usato per trent’anni, la cui realizzazione senza fallimenti richiese 12 anni. Ma soprattutto, in questa parte si può fare la simulazione di un lancio di uno shuttle, che dura solo qualche minuto ma dà una buona idea di come sia venire lanciati a 17.000 miglia di velocità dopo che ti hanno ruotato di 90 gradi rispetto al piano. 

Visto che sono quasi le 16, a malincuore lasciamo il parco ripartiamo. Sosta coca cola di Circle K (il bicchiere più piccolo di polistirolo che tiene la bevanda fresca a lungo costa meno di un dollaro) e via fino a Miami Beach. Lungo la strada impostiamo il filtro “no pedaggi” perché bisogna essere in possesso di un telepass della Florida o (solo in alcune zone) le telecamere fotografano la targa e poi arriva l’addebito del pedaggio con la maggiorazione di 2.50$, ma scopriamo dopo che la corsia a pedaggio affianca tutte le altre senza pedaggio sulla highway.

Finalmente alle 20 parcheggiamo davanti all’hotel President Villa di Miami Beach. Il check-in si fa nella lobby dell’albergo gemello di fianco, e offrono un drink di benvenuto, che andremo a riscuotere domani. Salgo al rooftop per vedere un bellissimo tramonto rosa e ci precipitiamo in spiaggia con la speranza di vedere il tramonto anche lì e magari fare un tuffo. Purtroppo è praticamente buio pesto, quindi ci rifaremo domani. Usciamo per cenare e decidiamo di andare da Five Guys, dove prendiamo un bacon cheeseburger e un bacon cheese hotdog, una porzione di patatine e una bibita (41.31$). Sulla strada sentiamo parlare più spagnolo che inglese, ma d’altronde, come dice Max Pezzali in “Welcome to Miami (South Beach)” qui “se habla spanglish”. Dopo cena, giretto nei dintorni dell’hotel e a dormire.  

Lunedì 19 agosto – Miami e Miami Beach

Stamattina sveglia alle 7 per essere in spiaggia a vedere l’alba sull’oceano e fare il primo bagno. La spiaggia è praticamente vuota, c’è silenzio, il sole che sorge e l’acqua tiepida. Che meraviglia!

Torniamo in camera a cambiarci e poi scendiamo a fare colazione, che l’hotel offre a buffet. C’è una bella scelta con uova strapazzate, bacon, tater tots (crocchette di patate), waffle con sciroppo, bagel con cream cheese, cereali e succo e caffè. Dopo questa bella colazione recuperiamo la macchina dal garage (19$) per andare a Miami e fare il giro della città, iniziando dal Metromover, il trenino gratuito che gira su una monorotaia per la città. Partiamo da Brickwell in 5th Street, quindi dobbiamo parcheggiare nel parking garage del centro commerciale Brickwell, in cui le prime due ore costano 12$. Il giro è molto carino, peccato che mentre siamo a bordo inizi a piovere, per cui decidiamo di sospendere il nostro giro esplorativo di Miami e tornare a South Beach. Lungo il ritorno piove talmente forte che è difficile vedere la strada e procediamo ai 20 all’ora. Rimaniamo segregati in camera guardando Friends e aspettando che smetta di piovere fino alle 16.30, quando finalmente usciamo a fare una passeggiata lungo Oceans Drive. Arriviamo fino a South Pointe, la punta di Miami Beach dove vediamo passare una gigantesca nave da crociera MSC e ci fermiamo a fare il bagno nell’acqua calda e cristallina. Torniamo verso l’hotel e ci concediamo i nostri welcome drink, un tequila sunrise e un madras. Poi doccia e usciamo a cena: stasera ci viziamo con queso fundido, birria tacos e tacos con gamberetti e due margarita da Oh Mexico! su Espagnola Way (127$). Passeggiatina digestiva, afa insostenibile e a dormire. 

Martedì 20 agosto – Miami e Miami Beach

Stamattina sveglia di nuovo alle 7 per un po’ di sport (Fede) e bagno pre colazione. 

Visto che il cielo è blu, non c’è una nuvola ma fa parecchio caldo, decidiamo di rimandare la spiaggia a più tardi ed evitarci una probabile ustione e riprendere il giro di Miami messo in pausa ieri. Prima tappa, il quartiere di Wynwood, famoso per i suoi murales. Parcheggiamo lungo la strada (comodissima l’app paybyphone, carissimo il parcheggio a 3.25$/ora). Giriamo un’ora abbondante e nel momento in cui saliamo in macchina si rannuvola e inizia a tuonare. Non ci facciamo prendere dallo sconforto e sotto una pioggia battente arriviamo a Little Havana. Quando arriviamo, finalmente per una botta di fortuna, smette di piovere e torna il sole. Paghiamo di nuovo il parcheggio lungo strada con l’app (0.88$/30 minuti) e passeggiamo lungo Calle Ocho, tra 12th e 19th street. I locali, la musica, il cibo, i souvenir e i sigari la rendono veramente simile a Cuba. A circa metà della via c’è un parco che funge da club ricreativo, rigorosamente destinato solo a membri over 55, in cui i pensionati (per la maggior parte hispanici) si ritrovano a giocare a domino (che abbiamo scoperto essere una grande tradizione e molto apprezzato a Cuba) e a scacchi. Ne approfittiamo per fare anche benzina visto che qua costa un po’ meno (3.09$/gallone, 31$).

Finito il giro puntiamo ad andare a esplorare il quartiere di Coral Gables, dove si trovano belle case di ispirazione latina. Paghiamo la nostra mezz’ora di parcheggio (1.77$) e non facciamo in tempo a fare il giro dell’isolato che arriva una pioggia torrenziale, che in quindici secondi netti ci lava completamente. Torniamo tristemente inzuppati alla macchina e decidiamo di tornare all’hotel a cambiarci. Sulla strada vediamo le indicazioni per Coconut Grove, un quartiere molto elegante sulla Marina che sarebbe stato l’altra tappa, per cui puntiamo al Vizcaya Museum per vedere qualche casa. Il museo oggi è chiuso, allora ci infiliamo nella via subito dopo, un cul de sac su cui affacciano case molto belle e mega ville sul mare con cancelli elegantissimi che le nascondono. Sulla strada del ritorno ci fermiamo ancora all’Hard Rock Cafè ma visto che il parcheggio più vicino costa 10$/ora (e al nostro vicino scopro dopo hanno pure spaccato il finestrino poco prima che arrivassimo), io resto in macchina e Fede va a fare un giro, riportando la notizia che rispetto al capodanno 2009/2010 l’area è cambiata molto. A questo punto, il giro l’abbiamo finito e i vestiti sono ancora bagnati, per cui puntiamo ad andare in spiaggia. La spiaggia di Miami Beach è ora coperta da nuvoloni neri, per cui ripieghiamo sulla piscina dell’hotel: per lo meno se inizia a piovere ci evitiamo un’altra doccia non richiesta!

Finalmente alle 18 le nuvole sembrano essersi dissipate abbastanza da permetterci di andare in spiaggia, dove stiamo fino al tramonto. Per cena prendiamo da asporto un burrito di pollo, tacos di gamberetti, guacamole e queso da Taco Rico (42$ con tip) e ceniamo in camera guardando Justice League alla TV. Poi sistemiamo le valigie e andiamo a dormire.

Mercoledì 21 agosto – Miami Beach – Everglades – Key Islands

Stamattina sveglia di nuovo alle 7, ultima buona colazione e alle 8.15 lasciamo la camera con destinazione l’Everglades National Park – Royal Palm. Senza nessun motivo apparente, oggi la connessione a Tim non funziona, nè voce nè dati. Fortunatamente avevo cercato la destinazione mentre ero collegata al wifi dell’hotel, altrimenti non l’avremmo credo mai trovato. Alle 10.45 varchiamo l’entrata delle Everglades (35$ il pass di 7 giorni, se ci fossimo ricordati il pass America the Beautiful sarebbe stato gratuito visto che era ancora valido…) e parcheggiamo al Visitor Center. Non appena scendiamo dalla macchina veniamo assaliti da migliaia di zanzare. Oltre al pass, ovviamente abbiamo anche dimenticato l’antizanzare, che quindi andiamo prontamente ad acquistare per soli 9$ al Visitor Center. Quando uno è furbo…

Tra l’altro in lontananza si sentono anche tuoni. Sempre meglio!

Il Royal Palm offre due brevi loop: l’Anhinga Trail (l’anhinga è un grosso uccello che pesca pesci della palude qua) e il Gumbo Limbo Trail. Lungo il primo dovrebbe essere possibile vedere wildlife tipo pesci, tartarughe, serpenti, uccelli di vario tipo e soprattutto alligatori. Noi lo percorriamo tutto e a parte un paio di farfalle e cavallette gigantesche, non vediamo niente. Tuttavia, mentre sconfitti e accaldati torniamo verso il Visitor Center, sentiamo un rumore come di bolle. Ci giriamo e… un alligatore! Proprio lì, a pelo dell’acqua! Ci avviciniamo un po’ per fotografarlo e lui retrocede, ma rimane lì a studiarci (spero non intenda assaggiarci). Purtroppo dopo poco arriva una famiglia di tedeschi che chiacchiera ad alta voce, nonostante il mio cenno a fare silenzio, per cui l’alligatore si allontana impaurito. Peraltro, i tedeschi non sembravano neanche così colpiti dall’animale. Mah. 

Ci dirigiamo quindi verso l’altro trail, il Gumbo Limbo, dove si trovano alberi e palme, che erano stati sradicati dall’uragano Andrew e sono rinati. 

Non facciamo in tempo a fare 100 metri in questa bellissima foresta all’ombra che veniamo assaliti da centinaia di zanzare che se ne sbattono del nostro antizanzare e decidiamo di desistere. Vincono loro. 

Facciamo un ultimo tentativo a vedere se per caso l’alligatore sia tornato ma se ne è guardato bene, quindi riprendiamo il nostro viaggio verso le Keys. Fortunatamente di strada per andare ce n’è una sola, perché internet e connessione telefonica continuano a non funzionare. 

Sosta coca cola da Circle K e miracolosamente il telefono prende la linea per permettermi di impostare come meta il Dolphin Research Center vicino a Marathon, nelle Keys. 

Alle 2 arriviamo al centro, e finalmente la rete ha ricominciato a funzionare. Il biglietto per il centro costa 32$ a persona e permette di vedere abbastanza da vicino le lagune in cui si trovano i delfini.  Alle 14, alle 14.45 e alle 15.45 le biologhe trainer del centro fanno dei talk in cui spiegano abitudini e curiosità sui delfini presenti, mentre danno da mangiare quintalate di pesce ai questi meravigliosi animali e li fanno esercitare in alcuni esercizi per stimolare la loro mente, intrattenerli e mantenerli attivi. Oltre ai vari salti, saluti e battute di pinna (fin five) i trick più divertenti sono sicuramente quello di tenere una palla da basket tra le pinne e simulare il nuoto di uno squalo. Per questo comando, che i delfini replicano anche quando sono i visitatori a farlo, basta tenere un indice alzato per segnalare l’intenzione di dare un comando e poi tenere la mano a mo’ di pinna di squalo sopra la testa. Tra l’altro, i delfini amano infinitamente il rinforzo positivo (con pesci, baci e complimenti) e il tifo del pubblico. Sono animali incredibili, e ora mi ricordo perché a 7 anni volevo diventare biologa marina e venire a lavorare qua. 

Rimaniamo fino alla chiusura del parco, dopodiché continuiamo la nostra discesa verso Key West. Visto che poco dopo il centro c’è una bella spiaggia a Marathon, ci fermiamo un’oretta (5$/ora di parcheggio) a fare il bagno nell’acqua calda e calma di questa spiaggetta con palme e sabbia bianca. Rush finale fino a Key West dove arriviamo alle 19. Il receptionist della Douglas House è un ragazzo cubano molto gentile che ci accompagna alla nostra camera, molto spaziosa, con un letto alto la metà di me e molto ben attrezzata con frigo, microonde, stoviglie e lavandino per lavarle. In più la piscina è aperta fino a mezzanotte con asciugamani a disposizione e offrono tè e caffè tutto il giorno. 

Posiamo le valigie e andiamo subito al Publix a cercare cena e colazione. Mentre entriamo inizia a tuonare, speriamo di farcela senza lavarci!  Da Publix c’è un’offerta su yogurt (tre per 5$) e cene surgelate (tre per 10$!) per cui compriamo cena, colazione, anguria, qualche snack per 42$ (risparmiando quasi 10$!) e torniamo a cenare nel patio condiviso della nostra guest house. Dopo cena, bagno in piscina (con acqua salata, ma soprattutto calda!), doccia e nanna. 

Giovedì 22 agosto – Key West

Stamattina ce la prendiamo un po’ più comoda e ci alziamo alle 8. Colazione autogestita e usciamo per esplorare Key West

Prima tappa è la boa nel punto più a sud degli Stati Uniti (che poi ok, ci sarebbe ancora il fortino di Dry Tortuga), foto e poi avvistiamo una decina di pellicani che si riposa su dei pali in mezzo al mare, intervallando il loro riposo a dei tuffi a picco nell’acqua. Riprendiamo il giro dirigendoci verso la casa museo di Hemingway, entrando e uscendo dai negozi di souvenir perché l’afa alle 10 del mattino è già insopportabile. Girando per le vie di Key West si incontrano tantissimi galli (gli animali, non i francesi) che razzolano indisturbati. 

Arriviamo alla casa di Hemingway (18$ a testa) famosa sì per essere la residenza del grande scrittore, ma anche per i 59 gatti, di cui parecchi a sei dita, discendenti del primo gattino a sei dita che Hemingway ricevette dal capitano di una nave, che i suoi figli battezzarono Snow White. Se ne trovano in ogni stanza, angolo del giardino, persino tra gli scaffali del bookshop. Non si possono prendere in braccio ma si possono accarezzare, e tanti di loro si lasciano facilmente avvicinare e coccolare. Un paradiso! 

Tra un micio e l’altro passiamo un’ora nella casa e quando usciamo si è rannuvolato e tuona (strano!), quindi decidiamo di andare a posare gli acquisti fatti prima che si rovinino. Appena usciamo comincia a piovere, per cui stiamo un’oretta in hotel ad aspettare che smetta. Alle 13 finalmente abbiamo il via libera, ci sono circa mille gradi e noi andiamo sotto il sole a vedere la Papa’s Pilar Rum Distillery, frequentata da Hemingway, la Truman’s White House, una casa bianca (letteralmente e metaforicamente) usata da vari presidenti come ufficio per le vacanze in un quartiere molto bello e molto elegante di Key West, e infine il cartello “Mile 0” che segna l’inizio della Highway 1 North, e dall’altro lato, la fine di quella South. 

Visto che ormai siamo sudati marci, torniamo a fare merenda con frutta e yogurt, prendiamo asciugamani e macchina e andiamo alla Smathers Beach di Key West. Il parcheggio è molto grande e gratuito, e come sempre ci sono docce e bagni gratis. Il mare è molto basso per diversi metri e ci sono parecchie alghe, ma l’acqua è calda.  Restiamo in spiaggia fino alle 18, poi andiamo a cercare qualcosa per cena da Publix che lasciamo a casa e corriamo a Mallory Square per vedere il tramonto, a detta di tutti, il più bello della vita. Quando partiamo si vedono grossi nuvoloni grigi, quando arriviamo c’è un vento che porta via ma i nuvoloni non si sono spostati abbastanza per permettere al sole di fare capolino. Dovremo rimandare a un altro tramonto per vedere il più bello della vita, perché alle 20 il sole ormai è tramontato, le nuvole e il vento sono rimasti. 

Ceniamo, bagno in piscina e andiamo a dormire visto che domani alle 6 vogliamo partire per un secondo giro nelle Everglades. 

Venerdì 23 agosto – Key West – Fort Lauderdale

Penultimo giorno, ma in realtà ultimo, perché domani alle 11 il nostro volo parte. Alle 5.30 suona la sveglia e alle 6.15 imbocco la US 1 – North in una Key West buia e silenziosa. Lungo la strada scopriamo che è obbligatorio fermarsi e aspettare che lo school bus riparta dopo che ha caricato i bambini per andare a scuola, e nelle zone davanti alle scuole è invece vietato superare le 20 mph, con cartelli che invitano alla prudenza perché si tratta di “children’s lives”. E proprio ieri sera alla Democratic National Convention si parlava di gun control per evitare altri eventi come Sandy Hook del 2012.

Ritornati “sul continente” rifacciamo (forse per l’ultima volta) il pieno (26.43$, 3.25$/gallone) e alle 10.15 siamo al Shark Valley Visitor Center, a detta di internet, il posto in cui è più probabile avvistare alligatori nelle Everglades. Facciamo colazione col nostro yogurt Chobani comprato ieri (sono buonissimi!), ci incremiamo e riempiamo di anti zanzare e iniziamo la nostra passeggiata sotto il sole. Qua c’è un loop di 15 miglia (24km) di strada asfaltata senza nessun riparo od ombra, per cui decidiamo che ne faremo solo un pezzetto per poi tornare indietro. C’è un po’ d’aria ma il sole picchia abbastanza, e purtroppo, a parte un Great Blue Heron e una tartarughina che vedo con la coda dell’occhio prima che si nasconda sotto le piante acquatiche, di alligatori neanche l’ombra. Il lato positivo però è che di zanzare non se ne vedono. Visto che si avvicina mezzogiorno, facciamo ritorno alla macchina per spostarci a Fort Lauderdale. Nel momento in cui chiudiamo la portiera inizia a gocciolare. Per fortuna ce l’abbiamo fatta appena in tempo! 

Pochi km dopo il visitor center veniamo sorpassati di gran carriera da un pick up con lampeggianti rossi e blu e dopo pochi metri ci fermiamo in coda, dove rimaniamo 20 minuti. C’è stato un incidente, quindi bisogna transitare a senso unico alternato. Quando finalmente riusciamo a superare l’incidente, la pioggerellina si è trasformata in temporale con secchiate d’acqua, quindi procediamo lentamente per diversi km. Diciamo che lo slogan “Sunshine State” al momento non si conferma veritiero. 

Verso le 14 facciamo una pausa pranzo+giro di shopping al Pembroke Lakes Mall, visto che ci passiamo davanti, e alle 16.30 facciamo il check in nel nostro ultimo hotel, il Rolo Beach Hotel di Fort Lauderdale. Questo hotel è gestito da una coppia di svedesi a cui vorrei tanto chiedere cosa li ha portati a lasciare un Paese il cui sistema sociale, educativo, sanitario è invidiato da coloro che vengono dal Paese in cui vivono. In ogni caso, si nota che l’hotel è gestito da europei perché quando arriviamo in camera, l’aria condizionata è spenta (e la dotazione di stoviglie in camera è ovviamente marcata Ikea). 

Lasciamo le valigie in camera e andiamo in spiaggia, che è a meno di dieci minuti dall’hotel. Purtroppo il tempo è brutto e il mare è molto agitato, ma riusciamo comunque a fare il bagno saltando le onde. L’acqua è decisamente più fredda rispetto a Key West!

Mentre facciamo la doccia dopo il bagno, sentiamo il rumore di un incidente: un pickup sperona un suv, lo colpisce e lo supera, e quando l’autista del suv gli suona perché si fermi, il pickup scappa scavalcando l’aiuola spartitraffico e scappando nella direzione opposta. Spero che qualcuno sia riuscito a prendere il numero di targa!

Rimaniamo un po’ sulla spiaggia a guardare i pellicani che planano e decollano sul mare. Sono affascinanti da vedere!

Verso le 18 usciamo quindi per fare un giro sui canali di Fort Lauderdale, soprannominata “la Venezia d’America”. I canali sono tutti traverse di East Las Olas Boulevard: su ogni canale si affacciano ville di diverso tipo, quelle tutte su un piano, quelle simili a Beverly Hills e quelle più moderne. Sono veramente una più bella, elegante e fastosa dell’altra. Parcheggiate nei canali ci sono una serie di yacht più o meno giganti, mentre sulla terraferma sono invece parcheggiate macchine più o meno costose, tra cui spiccano diverse Porsche. In un garage con porte di vetro vediamo esposte non una ma ben due Ferrari. Parecchie case sono in vendita, altre sono in costruzione.

Finito il giro proseguiamo lungo Las Olas Blvd, piena di negozi e locali, e poi puntiamo a un Chipotle per cena, l’ultimo di questa vacanza! Visto che davanti a Chipotle c’è un Marshalls, facciamo un giretto di shopping e ceniamo con il solito taco kit da bambini e burrito (15$) e torniamo in hotel. Sulla strada del ritorno vediamo un negozio interamente dedicato al Natale, The Christmas Palace, con tanto di alberi addobbati e illuminati, e un cartello che avverte che le luci sulla strada lungo il mare sono abbassate o spente per impedire ai piccoli di tartaruga di confondersi e prendere la via verso la terra invece che la via del mare.

Tornati in hotel, doccia e valigie e si va a dormire per prepararci al ritorno domani.  

Sabato 24 agosto – Fort Lauderdale – casa

Sveglia alle 7.00 e alle 7.30 partiamo dall’hotel per riportare la macchina all’aeroporto di Fort Lauderdale. Alle 8.30 abbiamo già anche passato i controlli, dopo un paio di minuti di brivido e riorganizzazione delle valigie che raggiungono i 50 lbs each (ops). 

Colazione da Starbucks (c’è già il pumpkin spice latte!) per la modica cifra di 26$ e poi ci sediamo al gate C6 ad aspettare l’imbarco. Viaggio di due ore e qualcosa che ci porta a Newark, passiamo velocemente da un terminal all’altro e da quello per Monaco si vede pure la Freedom Tower e lo skyline di Manhattan

Ordiniamo il pranzo (pad thai e Philly Cheesesteak sandwich, 50$) che teoricamente dovrebbero portare al tavolo del gate. Dopo 45 minuti di attesa in cui non arriva nessuno, vado a cercare i ristoranti e scopro che il nostro pranzo è all’order pick up da chissà quanto, ormai freddo. Ovviamente mandiamo prontamente una mail di lamentela per far notare che se mi dici che me lo porti, come posso sapere che devo andare a prendermelo?

Alle 16.15 iniziano un velocissimo imbarco (con tanto di sollecito da parte del personale di terra) e partiamo puntualissimi. Il volo arriva persino in anticipo di un quarto d’ora a Monaco (per ora è tutto meglio dell’anno scorso) e ci spostiamo velocemente di terminal. Alle 8.25 l’aereo decolla per Torino, dove arriviamo alle 9.30. Recuperiamo i bagagli, la macchina e di corsa a casa a recuperare i nostri micetti e il sonno!

Appunti di viaggio finali

Viaggio molto diverso dall’anno scorso sulla Route 66. A parte qualche spostamento di molte ore, si passa molto meno tempo in macchina e molto più tempo in loco, perché ci sono più cose da vedere in città che sulla strada. 

Benzina molto meno cara, ma molto più costosi gli hotel e abbiamo mangiato fuori molto più spesso (colazione inclusa solo a Miami Beach, a parte fast food come Chipotle e McDonald’s si lascia la tip ovunque). 

Nashville bella la zona di Broadway e la vita e come si anima, soprattutto la sera, ma città non indimenticabile. New Orleans, Miami Beach, Miami e Key West bellissime invece. 

Limiti di velocità talvolta ridicoli, soprattutto nel sud della Florida. Ogni tanto guidare è veramente una noia mortale. 

Le spiagge in Florida sono tutte attrezzate con docce e bagni. 

Consiglio l’esperienza da Bucc-ee’s, l’autogrill texano gigantesco. Puoi capirlo solo se ci entri. 

Apprezzabile viaggiare con United Airlines, ha tempi di connessione un po’ stretti ma correndo ce l’abbiamo fatta. Wifi gratuito a bordo per messaggiare.  

concorso letterario diario del mese maggio 2024
Guarda la gallery
19

southeast usa nashville_2418513121

9

8

7

6

5

4

3

20

2

1

18

17

16

15

14

13

12

11

10



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari