Diario genovese
Affiancata da mia madre ho preso il treno all’alba un po’ impreparata alla percezione di atmosfere ed occhi genovesi. Il viaggio da Venezia è stato un po’ lungo ma ha permesso di far crescere in me uno strano stato d’animo prodotto da quel mio innato sesto senso che quasi sempre mi avverte dell’imminente meraviglia. Dalla stazione Principe, seguendo le indicazioni forniteci via mail da chi ci avrebbe ospitato, abbiamo raggiunto l’alloggio già ammirando palazzi eleganti e respirando un’aria un po’ rivoluzionaria e ribelle ma nello stesso tempo accogliente e generosa. Negozi di migranti dai colori variopinti mi osservavano incedere verso Piazza della Nunziata con il suo caos di genti in attesa del bus, quindi continuare verso Via Cairoli e raggiungere infine Via San Luca, la nostra meta. Al numero 11 di questa strada lunga e stretta e brulicante di umanità varia abbiamo suonato il campanello del nostro bed and breakfast “Sopra i Tetti” e una voce pacata di uomo ci ha invitate a salire fino al quinto piano, l’ultimo. L’edificio era vecchio ma ben conservato con un bel androne dall’alto soffitto, un ascensore di quelli che ormai non si vedono più e perfino un ambiente riservato al portiere di cui fino alla fine del soggiorno non abbiamo colto la presenza. L’ambiente si preannunciava già da questi elementi ricco di fascino e forse anche di qualche mistero. Raggiunto il quinto piano ci siamo ritrovate di fronte ad un bel portone di legno scuro che si è aperto al nostro arrivo facendo uscire un uomo alto e magro dagli occhi azzurri e l’aria un po’ schiva ma amichevole. Dopo le presentazioni siamo entrate in questo magnifico appartamento con stanze dalle dimensioni spaziose d’altri tempi, ricoperte di libri, foto di viaggi ed escursioni sulla neve a sciare, un mobilio ricercato ma semplice e qualche poster che mi ha permesso di capire le idee sicuramente progressiste dei proprietari. Angelo, così si chiama il proprietario, ci ha introdotto alla nostra stanza, anch’essa spaziosa, luminosa, con una bella finestra effettivamente sui tetti di Genova e ci ha condotto sul terrazzo attraverso una candida scala bianca ancora fiancheggiata da numerosi libri. Ed è proprio il terrazzo la cosa più bella. Ampio, adornato da qualche pianta, con un ambiente chiuso dove potersi ritirare d’inverno e un vasto ambiente esterno circondato dall’intera città e dal suo mare che si offrivano a noi con generosità. Che splendore! Era ed è la casa dei miei sogni! Conversando con Angelo ho scoperto che vive lì con una donna, sono entrambi separati con figli dalle precedenti unioni e per questo hanno scelto una casa così grande ma non riuscirò fino alla fine a sapere quale sia la sua professione o quella della compagna nonostante percepisca un’aria di persone di cultura. Angelo mi ha dato alcune dritte sulla città, degli interessanti consigli che poi abbiamo in parte seguito. Abbiamo quindi iniziato ad esplorare Genova inizialmente un po’ titubanti per le distanze sconosciute. Subito però siamo scese verso il mare ed abbiamo compreso di alloggiare vicinissime al famoso Porto Antico. Qui palme, nuove architetture create in occasione dell’Expo, persone, un misto di sbandati, stranieri, anziani genovesi che prendevano il fresco, numerose auto delle forze dell’ordine. Abbiamo quindi visitato il famoso Acquario e, nonostante i miei dubbi dovuti al mio rifiuto di tenere e vedere animali al di fuori del loro habitat naturale, devo dire che mi è piaciuto molto. In particolar modo mi hanno incantato le evoluzioni delle foche e i sorrisi dei delfini. Che animali meravigliosi! In fondo, riflettendo, qui hanno ambienti “abbastanza” spaziosi anche se certamente sono nulla in confronto agli oceani; sono ben curati e soprattutto non rischiano di venir a contatto con bracconieri o altre meschine tipologie di razza umana. A questo punto la mamma era stanca, o meglio erano le sue gambe a lamentarsi, o meglio ancora le vene malate delle sue gambe. Quindi, per non infierire su di lei ho deciso di salire su un trenino colorato guidato da un buffo vecchietto che ci ha condotto, accompagnati da musiche anni ’80, attraverso i famosi carruggi di Genova facendoci scoprire Piazza De Ferrari con le sue fresche fontane e i suoi palazzi eleganti, il bianco Palazzo Ducale e il Duomo di San Lorenzo in tipico stile genovese e quindi a righe bianche e nere. Il tutto salutate da abitanti benevoli e turisti incuriositi che ci osservavano beate a bordo di questo simpatico mezzo. Devo dire che è stata una buona idea; ci ha permesso di iniziare a conoscere la città, capirne le dimensioni, ammirarne le varie facce. Ricondotte al porto dal sorridente vecchietto abbiamo preso un’imbarcazione per Pegli. Al modico prezzo di 1,20€ abbiamo raggiunto questa bella cittadina grazie ad un servizio continuo che la collega a Genova come un bus. Pegli è molto carina; è caratterizzata da edifici colorati e un’elegante villa con un interessante parco. Un solerte custode ci ha descritto le meraviglie del parco organizzato come un set di scenografie che si scoprono man mano. Purtroppo era troppo tardi per visitarlo e non siamo più tornate fino alla fine del soggiorno. Quindi siamo rientrate a Genova sempre con la nave-bus. E’ stato molto bello questo approccio diretto col mare. La mamma è rimasta sempre nella parte chiusa sottostante perché soffre di vertigini e lì ha anche chiacchierato con un simpatico signore del luogo. Io, invece, sono stata sopra nella parte scoperta a farmi baciare dal vento e dal sole, ad osservare Genova prima allontanarsi e poi riavvicinarsi. La sera eravamo abbastanza stanche e quindi, dopo aver gustato una buona pizza presso la cattedrale, siamo rientrate. La notte è stata un po’ disturbata dai rumori provenienti dalla strada ma eravamo talmente ubriache di bellezza che ci siamo entrambe assopite ed abbiamo dormito di gusto. Il giorno dopo, il secondo in liguria, abbiamo messo la sveglia abbastanza presto, alle 8 del mattino, in modo da far colazione alle 8.30 e uscire verso le 9. Quindi, dopo esserci vestite, siamo salite in terrazza dove Angelo ci ha servito la colazione. Questa consisteva di ottima focaccia genovese calda, pane caldo, marmellata e burro, dei biscottini panna e cacao, caffé e latte. Direi molto soddisfacente per non parlare della bellissima ambientazione in terrazza anche se mamma si è subito lamentata delle vertigini. Sazie e rilassate siamo uscite per questa seconda giornata genovese e ci siamo dirette al Palazzo Reale, in direzione stazione. Qui una simpatica guida, Taddeo, un genovese di origine napoletana, ci ha illustrato le storie dei famosi ospiti e ci ha perfino fatto giocare con i meravigliosi specchi che moltiplicavano la nostra immagine all’infinito. Nella splendida terrazza ci siamo calate nei panni dei nobili genovesi del ‘700 ed abbiamo immaginato banchetti sontuosi, abiti sfarzosi ed intrighi di palazzo. Salutato l’amichevole Taddeo ci siamo dirette alla volta del Palazzo del Principe. In sostanza abbiamo ripercorso a ritroso la strada che conduce dalla stazione a Piazza della Nunziata e, dopo qualche dubbio su dove si trovasse l’edificio, siamo scese in direzione stazione marittima e abbiamo finalmente raggiunto il palazzo. Questo si trova adagiato tra la stazione marittima e l’hotel Miramare alle spalle, entrambi costruiti successivamente alla sua edificazione e che ne hanno sacrificato il dominio del paesaggio e, soprattutto, l’apertura sul mare. In ogni caso il palazzo è molto bello con giardini decorati da bei esempi di arte topiaria, fontane (due per l’esattezza), piante aromatiche. L’interno è stato purtroppo devastato durante la seconda guerra mondiale. Molti affreschi di Perin Del Vaga, il buon allievo di Raffaello, sono stati fortemente danneggiati e ne resta ben poco. Il complesso da comunque l’idea del potere ma anche del buon gusto del grande Principe Andrea Doria. La visita di questi due interessanti palazzi ci ha quindi condotte all’ora di pranzo e, piuttosto affamate, abbiamo sostato in una trattoria situata in una vietta nei pressi della stazione. Qui un gioviale cuoco di origine campana ci ha servito un gustoso piatto di pasta al pesto rinfrescato da due boccali di birra bionda. Il tutto al modico prezzo di 16€, compresi due caffé, s’intende. Il cuoco aveva preso in simpatia soprattutto mia madre e con lei spesso scherzava. Sazie e divertite dall’amico campano abbiamo ripreso il cammino. Da Piazza Della Nunziata abbiamo preso una funicolare ed abbiamo raggiunto le antiche mura della città. Qui il paesaggio era incantevole; di fronte a noi il porto, la costa, il mare e alle nostre spalle i monti. Purtroppo faceva abbastanza caldo e mamma era affaticata. Quindi non abbiamo camminato molto, giusto fino ad un luogo, una specie di ponte dove, durante l’ultimo conflitto mondiale, dei partigiani erano stati trucidati dai nazifascismi. Siamo ridiscese a Piazza Della Nunziata che è una sorta di crocevia degli autobus. E, infatti, ne abbiamo preso uno convinte che ci conducesse al celebre cimitero di Staglieno, il quale ospita le spoglie di famosi personaggi. In realtà, soltanto più tardi, avremmo scoperto che la direzione non era quella ma intanto ci siamo godute il paesaggio, abbiamo osservato luoghi periferici della città ed abbiamo purtroppo assistito ad un disguido che ha avuto come protagonista un disabile. Quando il bus ha fatto sosta alla stazione Principe, questo giovane uomo in carrozzina si è avvicinato per prendere il nostro autobus ma la piattaforma necessaria per farlo salire non si azionava. O meglio, dopo che era salito non rientrava più in sede e quindi l’autobus non poteva ripartire. Abbiamo aspettato un po’ ma poi il tutto si è risolto. Era un uomo sui quarant’anni, moro, con due bellissimi occhi neri. Tutto l’autobus è stato solidale con lui e lui si è messo anche a scherzare sul fatto. Quando io e mia madre siamo scese ci ha sorriso e ci ha salutate. Giusto siamo scese, ma dove? Come ho accennato prima non si trattava dell’autobus per Staglieno, quindi siamo scese dopo il porto commerciale e abbiamo cominciato a camminare in direzione del centro sperando di trovare un altro bus che ci riconducesse in città. L’impressione di questa zona di Genova pullulante di gente variopinta, con una forte atmosfera di lavoro, fatica, sacrificio è stata molto particolare. Siamo riuscite quindi a tornare in città e abbiamo cenato al modico prezzo di 5€ a testa in un locale del porto dove, consumando una bevanda, era possibile abbinare un piatto di cibi veloci tra cui pasta fredda, insalata di riso, pizzette, tramezzini e altri stuzzichini molto buoni. Abbiamo avuto il tempo e l’energia per un’ultima passeggiata serale in Via Garibaldi con i famosi palazzi dei Rolli che da fine ‘500 ospitavano gli illustri visitatori della città. Questa via è Patrimonio dell’Unesco dal 2006, ospita musei estremamente importanti quali il Museo di Palazzo Rosso e Palazzo Bianco con le loro magnifiche collezioni di pittura e affascina per la sua eleganza. Un’eleganza mai sfacciata, mai eccessiva, mai ridondante. Quindi siamo rientrate verso casa e proprio vicino al nostro alloggio abbiamo fatto dei buoni acquisti. In particolare in un negozio indiano abbiamo acquistato un paio di orecchini color turchese per mamma e un paio di tipici pantaloni indiani per me. Una parentesi esotica in questa esperienza genovese. A casa non abbiamo trovato i padroni, siamo andate a dormire ed abbiamo concluso questa seconda giornata ligure felici e soddisfatte di ciò che avevamo visto e vissuto. La terza giornata è stata dedicata ad una bella gita in barca. Inizialmente eravamo indecise se andare alle Cinque Terre o a San Fruttuoso e Portofino. Infine abbiamo optato per la seconda proposta perché si trattava di località più vicine e anche perché per le Cinque Terre ci sarebbero voluti dei giorni in più e da dedicare completamente a quelle magnifiche località. Siamo partite dal Porto Antico con un barcone turistico. Sempre per le vertigini mia madre è rimasta sotto in cabina mentre io sono stata sul tetto a godermi il sole, il vento ed il fantastico panorama della riviera ligure nonostante qualche ingombrante turista americano che ogni tanto si alzava. L’imbarcazione ha fatto una prima tappa a Camogli e quindi ha proseguito per San Fruttuoso. Questo luogo è veramente straordinario. Avvicinandoci col barcone abbiamo visto apparire l’abbazia medievale. Il cielo era un po’ nuvoloso, il che contribuiva a creare un’atmosfera di rigoroso ritiro spirituale e di meditazione. A San Fruttuoso abbiamo camminato un po’ lungo il sentiero che conduce a Portofino, ricco di vegetazione lussureggiante e animato da qualche simpatica presenza come quella di un placido gatto bianco e nero. Abbiamo bevuto una granita nella bella terrazza di un caffé ed abbiamo deciso di procedere con il traghetto verso Portofino. Nonostante l’aspetto di eremo lontano dal mondo, abbiamo capito che San Fruttuoso è in realtà alla mercè del turismo di massa. Viste le numerose bancarelle di souvenirs, i ristorantini e la spiaggia zeppa di ombrelloni e lettini a noleggio. Ciò non toglie che si tratti di un posto unico e ricco di fascino. A Portofino la barca ha ormeggiato nel porto abitato da numerose barche a vela e lussuosi yacht. Subito abbiamo avuto l’impressione di una realtà dominata dai costosi negozi e turisti interessati più a spiare la vita agiata dei ricchi qui presenti che a godere delle bellezze del luogo. In effetti il paesino è molto carino con le sue case colorate, i suoi balconi fioriti e le sue stradine di ciottoli ma soprattutto è molto bella la via che conduce al faro dalla quale si possono ammirare degli scorci estremamente suggestivi. Abbiamo pranzato in una piccola trattoria mangiando non particolarmente bene e spendendo molto più che a Genova e verso le 17.00 abbiamo fatto rientro in città con la barca. Abbiamo anche rischiato di perdere il battello perché c’eravamo fermate ad attendere lì dove eravamo arrivate. Fortunatamente abbiamo visto dei turisti americani, che erano saliti con noi all’andata, correre verso un’imbarcazione più lontana e, capito al volo che si trattava della nostra, abbiamo anche noi cominciato a dirigerci verso quella in modo un po’ fantozziano. Siamo salite veramente poco prima che partisse. Ancora una volta la buona stella che ci ha accompagnate per tutto il soggiorno ci ha seguite. La sera abbiamo cenato ottimamente in un ristorantino di pesce vicino al porto. Abbiamo gustato un buon antipasto freddo di pesce, una frittura e delle cozze. Il tutto annaffiato da un buon vino rosso. Quindi, visto che era l’ultima sera e che la città pullulava di persone, abbiamo deciso di trattenerci un po’ di più fuori. Al porto abbiamo potuto visitare la libreria del porto e acquistare alcuni libri, ascoltare musica nel negozio di dischi presso gli antichi magazzini del sale e lì, dove era in corso un concerto di Morgan, respirare un’aria frizzante di giovinezza, divertimento, leggerezza estiva. C’erano anche numerosi artisti di strada che si sono offerti a noi con le loro fantasiose performance. Verso le 23.00 siamo rientrate e, proprio sotto casa, abbiamo assistito ad un brutto episodio: dei giovinastri hanno fatto lo sgambetto ad un signore anziano, il quale voleva seguirli ed affrontarli ma, fortunatamente, è stato trattenuto dalla moglie. Si è così evitato uno spiacevole epilogo. Questa scena ci ha fortemente impressionate e quindi di corsa siamo salite nel nostro appartamento. Il giorno dopo, l’ultimo del nostro soggiorno, abbiamo chiesto ai padroni di casa di poter lasciare i bagagli presso di loro fino alla partenza che era prevista nel pomeriggio in modo da consentirci di godere della città tranquillamente tutta la mattinata. I signori hanno acconsentito e così abbiamo di buon ora lasciato l’appartamento e iniziato a distribuire addii o meglio arrivederci ai luoghi che tanto ci avevano colpite: il duomo, la zona del porto, i carruggi, la fresca piazza De Ferrari. Inoltre abbiamo approfittato per fare degli acquisti nei piccoli negozietti della città vecchia e in quelli più grandi e “globalizzati” della via XX Settembre, la via dello shopping. Si tratta di un lungo viale porticato ad entrambi i lati che ricorda quelle vie commerciali che ormai si ritrovano in qualunque città grande o anche meno grande d’Europa e non solo. Si distingue però per i bei pavimenti decorati e gli eleganti palazzi, alcuni tipicamente genovesi. Quindi, dopo aver trascorso l’ultima ora al fresco delle fontane di Piazza De Ferrari, abbiamo raccolto i nostri bagagli, salutato la magnifica abitazione che ci ha ospitate e ci siamo recate alla stazione. Durante il viaggio verso casa abbiamo continuato a scambiarci opinioni sulle esperienze vissute ed abbiamo entrambe convenuto che questa non sarebbe stata l’ultima volta nella “Superba”.