Da Tolone a Barcellona in scooter
Il mattino, tutti fuori a vedere le coste francesi, ma per me uscire dalla cabina è un tormento. Il mal di mare ha colpito ancora, e col mio colorito verdastro cerco di fare l’indifferente. Bene o male scendiamo dalla nave. Direzione Marsiglia. “Metti la fascia per la schiena!” Non l’avessi mai fatto. Arriviamo a Marsiglia, ma l’inevitabile compressione sul mio stomaco già provato, genera una reazione a catena che ci costringerà ad una sosta forzata nel primo albergo sul lungomare. Il senso di colpa è forte: oggi è il compleanno di mio marito e ha sposato un catorcio, ma questo non basterà a darmi la forza di muovermi fino al giorno dopo. Almeno la vista dalla nostra finestra è bellissima, sul mare e sul castello. Al mattino, ancora con la testa che gira, facciamo una rapida passeggiata in moto per la città e ci dirigiamo verso Aix En Provence. Peccato per Marsiglia… Ci sarà una prossima volta? Aix è una cittadina molto francese, fiera patria di Cèzanne,un po’ aristocratica e piena di piazzette, zone pedonali e mercati di frutta e fiori che sembrano usciti da un quadro. Insomma piacevole e a misura d’uomo. Da Aix si riparte verso sud, tra gli impagabili profumi della primavera, che solo sulle due ruote puoi apprezzare appieno. Sbagliando ripetutamente strada ad un paio di rotatorie poco prima della città, arriviamo ad Avignone. Parcheggiamo gratis fuori dai bastioni, vicino ad un grande prato proprio sotto il famoso ponte. Entriamo e troviamo una deliziosa cittadina medioevale dominata dal Palazzo che fu sede papale per 70 anni nel XIV secolo ospitando ben 9 papi. Entriamo per 9 euro e troviamo più di 20 enormi sale, quasi tutte ormai praticamente spoglie: le razzie della rivoluzione francese hanno anche qui lasciato il segno. Mi colpisce la grande cucina, dove si accendeva il fuoco facendo uscire il fumo direttamente dall’alto soffitto a forma di canna fumaria, e dove si trovano gli elenchi minuziosi delle centinaia di animali arrostiti e delle quantità enormi di altre vivande preparate per l’elezione di non so quale papa, e al cui pranzo partecipò tutta la cittadinanza, Prendiamo la strada verso Arles. Il panorama si fa davvero bellissimo quando si arriva nei pressi di Tarascona. Intorno campagna, alte e rocciose colline, castelli più o meno diroccati e traffico zero. Il paese dell’eroico Tartarino è un piccolo gioiello, affiancato dal castello con tanto di fossato pieno di ranocchie. Vorremmo visitarlo, ma dobbiamo arrivare in Camargue prima di sera. Ci si rimette in sella e si giunge ad Arles. Anche questa cittadina, come Nimes, è paragonabile a una piccola Roma, con l’arena, il teatro e il foro. Accanto all’arena visitiamo la presunta casa di Van Gogh, e a lui pensiamo quando, appena lasciata Arles verso le pianure camarguesi, facciamo conoscenza con uno degli elementi dei suoi quadri: il Mistral. E’ insidioso e violento, e ci sposta sibilante. Sui prati, l’immagine da cartolina di tori e cavalli bianchi in un pallido, rosato tramonto.
A Saintes-Maries-de-la-Mer ci fermiamo all’Hotel Le Chatelet, consigliato da una tpc e veramente il migliore della cittadina per rapporto qualità-prezzo (andiamo a verificare anche gli altri). Il paese è piccolissimo e intorno alla piazzetta ci sono numerosi piccoli ristoranti. In uno di questi gusteremo delle ottime tenere bistecche di toro con patatine e birra per 20 euro in due.
La giornata è stata lunga.
Il giorno dopo ci accorgiamo che sulle rive degli stagni intorno al paesino sono accampate decine di famiglie zingare. Hanno enormi e spesso lussuosi camper e roulottes, non certo vecchi e colorati carrozzoni. Sono i gitani che vengono da tutto il mondo per la festa di santa Sara, loro patrona, sepolta nell’antichissima e buia chiesa-fortezza piena di ex-voto, da cui partirà tra due giorni la processione. Sara faceva parte secondo la leggenda di un santo equipaggio cacciato dalla Palestina dopo la morte di Cristo e qui naufragato. E qui Sara e le due sante Marie vollero restare, dando così il nome al paese.
Dedichiamo il resto della mattina alla visita dell’Etang de Vaccarès, area paludosa protetta, tra uccelli di varia specie e fenicotteri rosa. Ma il vento, implacabile, è un vero tormento. La guida è difficile e faticosa, e quando ci fermiamo per le foto è preferibile tenere il casco.
Rientrati a Saintes-Maries, devo trovare un’altra cosa consigliata dalla tpc di cui sopra. Sul lungomare, semi-assiderati e trasportati dal solito Mistral, ci sediamo, senza scelta, all’aperto di una rivendita di frutti di mare crudi. 6 ostriche servite su un letto di ghiaccio e 1 bicchiere di bianco gelato per 5 euro, Impossibile non bissare e non assaggiare altre cose. Non sentiamo più nemmeno il freddo. Mai mangiato ostriche più saporite e polpose. Solo questo varrebbe il viaggio.
Il programma prevedeva di partire stasera dalla Camargue, ma la minaccia di pioggia non ce lo consente. Nel pomeriggio ci avviamo prudentemente alla vicina città fortificata di Aigues Mortes, attraversando distese che tanto ci ricordano la nostra pianura padana. La cittadina del 1200, porto d’imbarco della settima e ottava crociata, con le mura e i torrioni che la racchiudono, è veramente attraente e i numerosi battelli nel canale ci fanno venire voglia di fare una piccola crociera. Forse domani.
Al ritorno a Saintes-Maries, il paese è festoso. In piazza, eleganti gitani vestiti di nero suonano davanti ai locali e coppie di anziani nei costumi tradizionali, ballano come ragazzini. Ci sediamo per cena e stasera… Paella, in onore di questo strano lembo di terra in cui i francesi si sentono spagnoli.
Si riparte: direzione sud, verso la Spagna, ma prima sosta ad Aigues-Mortes per la crociera con il battello a ruote stile Mississipi. Il paesaggio è assai monotono, e delle specie di volatili in brochure non se ne vede una. Nemmeno i fenicotteri, che a Saintes-Maries sono pure in paese. Però ci si consola con lo spettacolo di tori e cavalli per il quale ci fanno sbarcare di fronte a una specie di recinto. Alla fin fine 2 ore perse o, se vogliamo, 2 ore di relax con gente simpatica alla modica cifra di 10 euro. Ora però ci aspettano parecchi chilometri. Ci rifocilliamo con ottimi formaggi francesi, jamon serrano e baguette acquistati in paese e cerchiamo di ridurre al minimo le soste. Ci fermiamo però a Narbonne, per la spettacolare cattedrale gotica, ma purtoppo lì il bivio per Carcassone è una tentazione troppo forte e io inizio la lagna. Mio marito mi fa notare le nuvole nere verso l’interno, ma io, per un problema di ricordi infantili, voglio andare lo stesso. Di nuovo il vento, le nuvole sempre più minacciose, ma riusciamo ad arrivare per un pelo. Carcassone sembra uscita da una favola e le nuvole nere ne accrescono il fascino. I suonatori in costume medioevale alle porte, ci ricordano che siamo nella terra dei trovatori. Purtroppo però il giro dura poco, perchè una pioggerella sottile ci ricorda che non siamo in macchina. Fa anche freddo, perchè siamo verso le montagne, e io, in un fetido bagnetto vicino al parcheggio, indosso tutto ciò che ho nello zaino. Bene, viaggerò più leggera. Cerchiamo di scendere rapidamente verso il mare. La pioggia sembra inseguirci, ma non riesce a raggiungerci più di tanto, anche se il rumore dei tuoni ci fa acquistare sempre più velocità.
Ritroviamo un po’ di sole, ma dura poco e quando arriviamo dopo varie vicissitudini a St. Cyprien dove passeremo la notte, siamo congelati e abbastanza bagnati. Non ci aspettavamo tanto freddo per la fine di maggio e siamo stati poco previdenti. Tutta scuola per il prossimo viaggio in moto…
Oggi superiamo i Pirenei attraverso verdissimi panorami e siamo in Spagna. Il cielo è finalmente sereno e il sole si fa sentire. Meravigliosa Spagna! Arriviamo a Figueras e la meta è naturalmente la casa-museo di Salvador Dalì, già visitata da mio marito e di cui aveva riportato un ricordo molto intenso. Effettivamente l’ingresso in questo luogo è un’esperienza particolarissima. Ci si sente quasi dei guardoni, tanto sono intersecate l’esibizione artistica e quella privata, la vena del genio e quella della follia. Gala e Dalì. Da non perdere. Dalì si può anche odiare, ma non può generare indifferenza. Da Figueras scendiamo verso la bianca Cadaques, attraverso una tortuosissima strada che riesce a farmi venire il mal di mare anche in moto. Però che panorami! Cadaques è un paesino grazioso, vagamente andaluso, con le sue strette e ripide stradine che portano alla piazzetta con la spiaggia di sassi, La chiesa dovrebbe essere interessante, ma è chiusa fino ad un orario che non possiamo aspettare. Veloce spuntino con soliti panini e via, direzione Girona. La cattedrale gotica, anticipata dalla scenografica scala barocca, è da vedere. Famosa per essere la cattedrale europea con la più grande navata centrale, in compenso non ha le laterali. Il chiostro e il museo episcopale, con gli abiti e i tesori dei prelati, sono compresi nel prezzo del biglietto (6 euro). Facciamo ora prosaiche provviste (polpo gallego e vino tinto) in un negozietto sotto la cattedrale e ripartiamo verso Barcellona. Ci piacerebbe vedere ancora un po’ di Costa Brava, ma non esiste una vera e propria strada costiera. Costretti sulla comoda superstrada, non possiamo che fare qualche deviazione ogni tanto, ma devo dire che quel poco che vediamo non ci entusiasma. Il mare non è pulito e il panorama è spesso deturpato da alberghi-casermoni da riviera romagnola. Ci fermiamo per la notte a Calella, appunto uno di questi paesi. L’hotel Neptuno è un accogliente tre stelle da consigliare. Paghiamo per la notte e la colazione 50 euro, uscendo per la cena. Ma la desolazione del paese ci fa fare marcia indietro, così con soli altri 10 euro a testa ceniamo a buffet (e che buffet!). Ma la sorpresa migliore è il buffet del mattino, dove c’è veramente di tutto e di più, compreso lo spumante, apprezzatissimo da me e dai numerosi ospiti teutonici.
I chilometri per Barcellona sono pochi, ma il traffico è piuttosto intenso, avendo poi scelto di passare per la litoranea. Addirittura terribile è però il tratto alle porte della città, con i vari sottopassi pieni di camion a rimorchio. Arriviamo un po’ provati (soprattutto io) al Port Vell, dove leghiamo lo scooter con la solita maxi-catena e ci avviamo a piedi per la Rambla. Sono le 10 del mattino e alle 17 abbiamo l’imbarco per Civitavecchia, così ci accontentiamo di una passeggiatona che comprenderà solo il centro, la Cattedrale e la Sagrada Familia, tanto per assaporare un po’ dell’atmosfera di questa città. Al porto la fila è molta e il confortevolissimo traghetto Barcelona della Grimaldi è pieno. Dall’alto della nave si ha un favoloso colpo d’occhio sulla città al tramonto. Il mare è per fortuna calmissimo e al mattino successivo sarà imperdibile il passaggio tra la Corsica e la Sardegna, con le Bocche di Bonifacio da un lato e le coste sarde dall’altro. Ci godiamo anche un po’ di sole in piscina e nel primo pomeriggio sbarchiamo a Civitavecchia. Il nostro primo viaggio in moto è finito, ma sicuramente ce ne saranno altri.