4 giorni a Roma: un viaggio alternativo tra monumenti che rappresentano l’incanto dei secoli

Un viaggio archeologico, ma non solo, tra le bellezze note e insolite della Capitale
Scritto da: superele1982
4 giorni a roma: un viaggio alternativo tra monumenti che rappresentano l'incanto dei secoli
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Negli ultimi due anni ho soggiornato a Roma con mio marito in occasione di due weekend lunghi. Abbiamo letteralmente amato la città, e quest’anno volevo tornarci insieme a mia madre, che l’ha già visitata, ma affidandosi a dei viaggi di gruppo che ovviamente le hanno lasciato pochissima libertà. Con qualche modifica rispetto agli anni scorsi, ho prenotato viaggio, soggiorno e ristoranti con molto anticipo (e ho fatto bene!), per essere sicura di avere ciò che volevo alle date che avevamo deciso e agli orari che ci facevano più comodo. Ecco il nostro racconto di viaggio di 4 giorni a Roma, tra luoghi più o meno soliti.

Giorno 1 – Via Panisperna, Colosseo, Fori Imperiali e Rione Monti

Alle 7.05, il nostro Frecciarossa (pagato circa 200 euro per due persone andata e ritorno in area Silenzio e con opzione di rimborso), parte puntuale, ed arriviamo alla stazione di Roma Termini in tre ore e mezza, con una decina di minuti di ritardo. Dato che il B&B che ho prenotato su Booking dista meno di un chilometro, decidiamo di raggiungerlo a piedi, anche se – stranamente – la fila per i taxi su Piazza dei Cinquecento è praticamente inesistente.

In nemmeno un quarto d’ora arriviamo in Via Urbana 48, nel cuore del Rione Monti, al B&B La Scalinatella (per tre notti in camera doppia con colazione abbiamo pagato circa 370 euro, tariffa rimborsabile fino a qualche giorno prima dell’arrivo). La signora Annamaria, una napoletana super affabile, ci accoglie con simpatia insieme alla sua cagnolina (Diega Armanda, in onore – ovviamente – di Maradona). Registriamo i documenti ed approfittiamo dell’occasione per rinfrescarci un po’ dopo il viaggio. Il tragitto verso la nostra camera (la struttura è composta da tre camere ognuna con servizi privati più i locali riservati alla titolare) si rivela una vera sorpresa: in ogni angolo spuntano libri! La titolare è un’accanita lettrice, proprio come me, e ci invita a servirci dei volumi a disposizione degli ospiti se dovessimo rimanere sprovviste di letture durante il nostro soggiorno… non succederà, ma vedere così tanti libri mi scalda veramente il cuore. Sono capitata proprio nel posto giusto! Sistemiamo i bagagli, ci rinfreschiamo e siamo pronte ad uscire.

Rione Monti

rione monti

A circa 300 metri, la Chiesa di Santa Pudenziana – la prima tappa del nostro itinerario, ha da poco chiuso. Pazienza, ci torneremo nei prossimi giorni! In Via Panisperna, ci fermiamo davanti al ristorante La Carbonara, dove ho prenotato un tavolo per il pranzo di oggi. Le titolari, Rosy e Tiziana, ci salutano con molto affetto: durante gli scorsi soggiorni a Roma, io e mio marito non abbiamo mancato di apprezzare la loro cucina, e siamo tornati più volte entusiasti dei loro piatti. Per questo ho voluto andarci di nuovo insieme a mia madre, sono sicura che anche lei apprezzerà! Chiacchieriamo un po’ e riprendiamo la passeggiata per il rione. Il ristorante apre alle 12.30 e abbiamo il tempo per fare un giro nei dintorni. Scendiamo verso via dei Serpenti, e la attraversiamo per prendere via Baccina, che ci porta direttamente ad un bel punto panoramico sopra i Fori Imperiali. Qualche selfie, poi riprendiamo il cammino. In Via della Madonna dei Monti, ci sorprendono ben 20 pietre di inciampo messe per ricordare le persone che qui furono catturate e poi uccise nei campi di concentramento. Non ne abbiamo mai viste tante insieme. Quanto cattiva può essere l’umanità, ma queste testimonianze sono importanti per ricordare e cercare di fare in modo che certe atrocità non debbano più accadere. Ci fermiamo qualche minuto anche nella chiesa ortodossa, praticamente di fronte a quella cattolica di Santa Maria ai Monti. Alle 12.30 arriviamo puntuali a La Carbonara, e Rosy ci fa accomodare all’interno: il locale è proprio come lo ricordavo! Ambiente raccolto, con luci soffuse, il clima informale e familiare e l’accoglienza delle titolari sono solo alcuni dei loro punti forti. Ordiniamo un carciofo alla Giudìa, rigatoni alla gricia e mezze maniche con pecorino, guanciale e carciofi. Tutto veramente ottimo, e rinfrescato con due belle birre medie. Il conto è di circa 50 euro, ma quando c’è la qualità non si pensa più a niente. Torneremo domani sera, il nostro è solo un arrivederci a prestissimo.

Colosseo e Terrazza del Belvedere

colosseo

Rientriamo brevemente in camera (il B&B dista dal ristorante solo 400 metri) e poi ripartiamo alla volta del Colosseo. Sono riuscita miracolosamente a prenotare (con un mese di anticipo) la visita all’Anfiteatro Flavio con l’accesso alla Terrazza (biglietto a 24 euro per persona, che però include anche l’accesso ai Fori, al Colle Palatino e ai Siti Super ed è valido per 48 ore), che prevede l’utilizzo dell’ascensore di recente installazione che è stato pensato proprio per offrire una vista eccezionale su uno dei monumenti più famosi al mondo. Il tragitto fino a Piazza del Colosseo è abbastanza rapido, dalla camera sono circa 800 metri. Davanti all’anfiteatro c’è una folla immensa. Troviamo abbastanza rapidamente il punto in cui i nostri biglietti vengono controllati, e da lì accediamo direttamente all’interno della struttura. L’entrata che cerchiamo noi è molto più avanti, ben oltre il controllo delle borse con il metal detector, e quasi mi stava sfuggendo. Un cartello veramente minuscolo indica “Visita con ascensore”, e in effetti l’addetto controlla i nostri biglietti e ci fa salire sull’ascensore panoramico insieme ad un’altra coppia di visitatori. Sin da subito la magnificenza di ciò che stiamo vedendo ci colpisce dritte al cuore. La salita dura pochi istanti, ma quando arriviamo lo spettacolo è di quelli speciali. Gli addetti alla Terrazza ci informano del percorso da effettuare e del fatto che avremo a disposizione trenta minuti di tempo prima di riprendere l’ascensore e tornare al punto di partenza. Ci incamminiamo per la galleria alla nostra sinistra, non senza sorpresa: sembra di poter tornare indietro al tempo dei grandi spettacoli gladiatori! C’è silenzio, siamo sole, la temperatura è freschissima e il venticello che ci guida è piacevolissimo. Sulla sinistra, uno squarcio ci permette di scorgere già un piccolo anticipo di ciò che ci aspetta più in alto. Dopo un breve tragitto, arriviamo ad una ripida serie di gradini, sulla destra. Li saliamo, e il panorama che si apre davanti a noi è veramente meraviglioso: sulla destra, l’imponente Arco di Costantino e la meraviglia del Foro Romano. A sinistra, invece, lo spettacolo del Colosseo che ci accoglie in tutto il suo splendente abbraccio. Qui siamo davvero nel punto di osservazione più alto, da qui si vedono benissimo l’arena, l’ipogeo, le gallerie. Il silenzio che c’è quassù, rispetto alla confusione che dev’esserci più in basso, è quasi mitologico: se si chiudono gli occhi, si potrebbe anche immaginare di tornare indietro fino al I secolo dopo Cristo, quando il Colosseo fu inaugurato e gli spettacoli con i gladiatori iniziarono ad intrattenere un pubblico immenso. Ci prendiamo il nostro tempo per scattare selfie e foto panoramiche, poi riprendiamo la galleria e l’ascensore. Da qui, seguiamo le indicazioni degli addetti per andare a prendere il “secondo” ascensore, quello a disposizione di tutti i visitatori, che ci porta al secondo livello. Una folla immensa percorre le gallerie interne, che al momento ospitano una bella mostra dedicata alla Colonna Traiana. Sbuchiamo fuori e riusciamo a vedere ancora lo spettacolo dell’arena dall’alto (anche se non come prima sulla terrazza, c’è davvero una bella differenza!). Iniziamo la discesa, fino ad arrivare al piano dell’arena, presa letteralmente d’assalto dai turisti: facciamo fatica a trovare un posticino per un selfie veloce, poi riprendiamo la ripida scalinata fino all’uscita, dall’altra parte di Piazza del Colosseo.

Basilica di Santa Francesca Romana al Palatino 

Da qui, riattraversiamo la piazza per visitare la vicina Basilica di Santa Francesca Romana al Palatino, che avevo visitato due anni fa ma che mi aveva favorevolmente impressionato. Siamo accaldate e stanche, e la frescura della chiesa ci ristora un po’. Quando alziamo gli occhi ad ammirare gli splendidi mosaici dell’abside rimaniamo a bocca aperta. Mia madre mi racconta di aver già sentito nominare la chiesa, scelta da Tyrone Power per il suo matrimonio da favola con Linda Christian, nel 1949.

Riprendiamo il nostro cammino, stavolta verso il nostro Rione Monti. Ci prendiamo un gelato (buonissimo) alla Gelateria dell’Angeletto (in Via dell’Angeletto), poi facciamo un salto a salutare la mia amica Michelle nella sua libreria Libri Necessari, nella vicinissima Via degli Zingari. Mentre mia madre e Michelle scambiano due chiacchiere, do uno sguardo agli scaffali deliziosamente zeppi: l’anno scorso, avevo scoperto per caso questa piccola libreria, e vi avevo trascorso qualche piacevole minuto chiacchierando con la libraia, super preparata e simpatica. Non potevo non tornarci anche quest’anno! Con la promessa di ritornare prima di partire, salutiamo Michelle e ci rifugiamo in camera per riposarci un pochino prima di cena.

Ho prenotato con piglio più che sicuro alla Trattoria Vecchia Roma di Via Leonina, locale che già conosco dagli ultimi due soggiorni con mio marito. E anche stasera, Patrizio e soci non tradiscono le mie aspettative. Con poco più di 50 euro, ceniamo molto bene a base di spaghetti alla carbonara, abbacchio allo scottadito con patate arrosto, due birre medie, un tiramisù e un sorbetto. Il servizio è come sempre amichevole e senza fronzoli, i piatti sono appetitosi e sinceri. Questa è una delle poche vere trattorie romane rimaste sempre uguali nel tempo, una garanzia nel rispetto delle tradizioni culinarie romanesche.

Dopo cena, siamo stanche ma felici per questa prima giornata del nostro viaggio insieme. Domani ci aspetta un programma intenso, quindi torniamo in camera presto per un buon sonno ristoratore.

Giorno 2 – Fori Imperiali, Via Sacra e Villa di Massenzio

La prima tappa del nostro itinerario di oggi è quella che attendo con più trepidazione. I Fori sono il mio luogo del cuore qui a Roma, e portare mia madre a visitarli per la prima volta mi riempie di emozione. La colazione al B&B è piuttosto basica, ma con caffè latte, succo di frutta, fette biscottate e plumcake siamo a posto. La signora Annamaria è molto affabile, staremmo per ore a chiacchierare con lei! Il tempo però stringe, e voglio entrare subito alle 9, per evitare la ressa e vedere tutto con calma. Il programma è quello di accedere al sito sotto l’Arco di Tito, salire al Palatino, poi discendere sulla Via Sacra nel Foro Romano, percorrerlo e poi passare ai Fori Imperiali uscendo sotto la Colonna Traiana.

Da Via Urbana, l’ingresso che ho scelto per accedere ai Fori dista circa un chilometro. Percorriamo la stessa strada che abbiamo fatto ieri per andare al Colosseo, poi teniamo la destra e in due passi siamo davanti all’ingresso riservato ai visitatori già in possesso del biglietto. Appena dopo le 9, passiamo i tornelli e il metal detector e siamo già sotto l’Arco di Tito. In una manciata di passi, la “valle” del Foro Romano si apre sotto i nostri occhi: che spettacolo! L’aria è frizzante, non ci sono ancora tanti turisti, e il silenzio è paradisiaco.

Stadio Domiziano

stadio domiziano

Ci spostiamo sulla sinistra e iniziamo la breve salita verso il Palatino. Saltiamo il Museo (che ho già visitato l’anno scorso con mio marito), e andiamo direttamente allo Stadio Domiziano, di fianco alla Domus Augustana, che raggiungiamo subito. Scattiamo molte foto, e rimaniamo incantate in particolare dalla fontana sotto la Domus Augustana e dalla vista sul Circo Massimo. Riprendiamo la nostra strada, stavolta alla ricerca della Domus Tiberiana, riaperta al pubblico nel settembre 2023 dopo cinquant’anni di restauri. Sapevo di poter accedere facilmente dagli Horti Farnesiani, e anche Google Maps mi fa percorrere questa strada, ma non trovo l’ingresso alla Domus. Mentre cerchiamo l’entrata, non possiamo fare a meno di camminare meravigliate tra le bellissime fioriture che gli alberi ci regalano in questa splendida giornata di sole. Negli Horti Farnesiani poi, splendidi alberi carichi di limoni e arance sono la spettacolare scenografia di un palcoscenico più unico che raro. Al termine degli Horti, un’ampia terrazza ci regala una vista mozzafiato sull’intero Foro Romano e anche oltre: a destra, il panorama arriva fino al Colosseo, poi più vicino vediamo la bellissima Basilica di Massenzio, il Tempio di Romolo, la via Sacra che si sta già riempiendo di visitatori lungo tutta la sua lunghezza, e poi avanti fino all’Altare della Patria. Comunque, non un cartello per la Domus Tiberiana, le guide sono tutte impegnate con i loro gruppi… ma non mi arrendo: non uscirò dai Fori se prima non avrò trovato l’ingresso per questa nuova perla archeologica ancora da esplorare. Intercetto un guardiano del Parco Archeologico e chiedo indicazioni. Siamo vicinissime, basta scendere qualche gradino a partire dagli Horti, girare a sinistra e poi siamo davanti al cancello che finalmente ci annuncia la maestosa Domus Tiberiana.

Domus Tiberiana

Già dai primi passi, capiamo di essere state catapultate al tempo degli imperatori: questo fu il primo palazzo ad essere costruito sul Palatino, molto probabilmente sulla casa natale dell’imperatore Tiberio. L’edificio fu successivamente ampliato da Caligola verso il Foro Romano, completato da Nerone ed infine restaurato da Domiziano. Ancora prima di passare sotto i primi archi, la meravigliosa fioritura dei glicini e di altre bellissime piante ci dà il benvenuto incantando i nostri occhi e le nostre menti: le foto e i selfie si sprecano, impossibile non ammirare a bocca aperta uno spettacolo del genere. La struttura della Domus Tiberiana è letteralmente imponente, mai visto niente del genere: le arcate si stagliano altissime contro il cielo azzurro, il silenzio – sempre mitologico – parla di millenni di storia scolpiti ad imperitura memoria nella pietra di questo incredibile luogo. Con i nostri pass Super, entriamo senza problemi all’interno delle sale del museo, dove reperti di inestimabile valore storico sono efficacemente valorizzati e ben presentati. Impressionante è una splendida testa bifronte in mezzo a tante altre che ci raccontano storie di dèi di secoli lontani, ma che qui sembra di poter rivivere senza neanche schioccare le dita. Percorriamo i lunghissimi corridoi della Domus e usciamo dal lato opposto rispetto a quello da cui siamo entrate. Per scendere sulla Via Sacra dobbiamo però tornare indietro, verso l’Arco di Tito, ma siamo talmente affascinate dall’atmosfera che il tragitto non ci pesa. Ci rinfreschiamo bevendo la squisita acqua di una fontanella (qui nel Foro Romano se ne trovano diverse), e iniziamo la nostra passeggiata tra i secoli, calpestando lo stesso terreno che anche i piedi di Giulio Cesare, Marco Antonio, Augusto, Livia, Giulia, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, le Vestali calpestarono percorrendo questi metri di autentico splendore. Respiriamo la storia, non si sa dove voltare la testa, non si sa su cosa poggiare lo sguardo in contemplazione di tanta bellezza. Colonne finemente istoriate, capitelli decorati, basamenti, pavimenti con tracce di mosaici, templi. Tutto ci parla di una civiltà splendente che ancora ci fa sentire il suo respiro eterno.

Curia Iulia

In fondo al Foro Romano, alcuni lavori precludono il passaggio verso i Fori Imperiali, quindi torniamo leggermente indietro e passiamo di fianco alla Curia Iulia. Da qui, un sentiero sopraelevato in legno accessibile a tutti e privo di barriere architettoniche ci conduce al Foro di Cesare, che attraversiamo velocemente per poi imboccare il passaggio sotterraneo ricavato nelle cantine del Quartiere Alessandrino demolito negli anni Trenta del secolo scorso, da cui usciamo trovandoci direttamente nel Foro di Traiano, quasi sotto l’imponente Colonna. Siamo in netto anticipo sulla tabella di marcia, ma siamo piuttosto stanche anche se decisamente soddisfatte della mattinata. Decidiamo di anticipare il pranzo, che avevo previsto per le 13.00, ma – dato che comunque dobbiamo spostarci dall’altra parte della città, approfittiamo del tempo a nostra disposizione e chiamiamo il nostro taxi. Con la mia ormai fedelissima App Free Now, in una manciata di minuti mi procuro un’auto che ci porta dritte nel Quartiere Prati. Con la sua guida decisa e veloce, Juri ci deposita davanti al ristorante Il Maritozzo Rosso per una quindicina di euro, non senza averci deliziate con il racconto di una carrellata di golosità romane, dai primi ai dolci più gustosi.

Il Maritozzo Rosso

Da casa, avevo prenotato con anticipo un tavolo qui al Maritozzo Rosso dopo un servizio della trasmissione tv Geo & Geo che mostrava come qui preparassero maritozzi sia dolci che salati. Mia madre me ne aveva parlato, e non ho esitato a prendere contatto per poter assaggiare qualcosa di tipico e al contempo insolito. Quando arriviamo, il ristorante è aperto ma ancora deserto. Veniamo fatte accomodare nell’ampia sala moderna, e chiacchieriamo amabilmente con Cris, che oggi si occupa dei tavoli e che era stata protagonista del servizio tv insieme al titolare del locale (che ha anche un altro punto di ristoro a Trastevere). Ordiniamo due piccoli Polporitozzi (maritozzi salati piccoli ripieni di polpo alla brace e verdure rosticciate in padella) e due calici di vino spumante francese che Cris ci consiglia. Tutto strepitoso. In attesa della Carbonara e dell’Amatriciana che abbiamo ordinato come primi piatti, chiediamo di assaggiare anche un altro piccolo maritozzo salato, quello ripieno di cicoria, stracciatella e alici di Sciacca – sublime, ce lo dividiamo in due anche se ne avremmo mangiati almeno una decina! Gli spaghettoni all’amatriciana con datterini rossi e gialli sono davvero ottimi, ma devo ammettere che i mezzi rigatoni alla carbonara sono insuperabili. Dai cartelli esposti nel locale, vedo che questo piatto ha vinto il titolo di “Miglior Carbonara di Roma” del 2023 per gli utenti di Roma Today: sono pronta a sottoscrivere in pieno! Il guanciale è sapido al punto giusto e croccante, la salsa all’uovo e pecorino sembra seta al palato. Il pecorino grattugiato sopra la pasta è stato aggiunto nella giusta quantità, senza andare a salare troppo il piatto, e il pepe non copre i sapori ma arricchisce una perfezione difficilmente eguagliabile. Anche le porzioni sono perfette, né scarse né troppo abbondanti. Riportiamo a Cris i nostri commenti entustiastici, e chiedo che vengano fatti i complimenti alla cucina. La chef, Silvia, viene a salutarci di persona e chiacchieriamo un po’ dopo averla ringraziata per dei piatti tanto gustosi. Approfittiamo del bagno (pulitissimo) e paghiamo il conto. Con una bottiglia d’acqua e un caffè il conto è di 66 euro, ma dire che siamo soddisfatte è un eufemismo.

Villa di Massenzio

villa di massenzio

Salutiamo Cris e Silvia e ci spostiamo sul vicino Lungotevere per prenotare un taxi per la prossima tappa del nostro itinerario di oggi. In una mezz’ora d’auto, Marco ci porta sulla Via Appia Antica e ci lascia davanti alla Villa di Massenzio. La distanza è notevole, e spendiamo più di 20 euro. Per questa vacanza con mia madre, ho scelto di evitare i trasporti pubblici per diversi motivi: è vero che il taxi non è economico, ma ci sono vantaggi che non hanno prezzo (comodità, rapidità e sicurezza in primo luogo. Secondariamente, al mio ritorno a Parma dovrò essere sottoposta ad un intervento chirurgico, motivo per cui è indispensabile evitare luoghi pubblici affollati in cui potrei contrarre qualche spiacevole malanno). Il tassista stesso non conosce questo sito, il che da una parte mi fa ben sperare di evitare la ressa di turisti che affolla la capitale in ogni angolo. Qui siamo davvero in aperta campagna, abbiamo addirittura oltrepassato le Catacombe di San Callisto e anche quelle di San Sebastiano.

Il complesso della Villa di Massenzio si estende tra il secondo e il terzo miglio della Via Appia Antica ed è una delle aree archeologiche più suggestive della campagna romana, seppur poco conosciuta come attrazione turistica – ecco perchè ho voluto inserirla nel nostro itinerario, amo in particolare tutto ciò che è lontano dai soliti circuiti turistici. La Villa fu una delle grandi opere edilizie avviate da Massenzio nel corso del suo breve regno (306-312 dopo Cristo). Sono tre gli edifici principali che componevano la residenza imperiale – il palazzo, il circo e il mausoleo dinastico. Il circo è l’unico dei circhi romani ancora ben conservato in tutte le sue componenti architettoniche (molto meglio conservato del Circo Massimo, per intenderci). Dalle notizie che leggiamo, poteva ospitare oltre 10.000 spettatori! Il nucleo centrale dell’intero complesso era però il mausoleo dinastico, più noto come Tomba di Romolo dal nome del giovanissimo figlio di Massenzio che fu qui quasi certamente sepolto (l’edificio, al momento, non è accessibile al pubblico). I biglietti d’ingresso vengono emessi ma sono gratuiti (altra cosa molto positiva). Appena entrate, un bel gatto ci dà il benvenuto e si struscia affettuosamente sui nostri pantaloni, godendosi le nostre carezze. Delle belle panchine all’ombra ci ristorano un po’, il tempo di fare una telefonata a casa per raccontare delle nostre prodezze quotidiane. Davanti a noi, lo splendore della storia immerso nel silenzio della verde campagna romana dell’Appia Antica.

Passeggiamo con calma nell’erba alta spostandoci verso i resti sopravvissuti ai secoli. In giro ci sono solo altre due coppie di visitatori (stranieri), che ci salutano e continuano in silenzio il loro cammino. Al di là dell’imponenza di ciò che resta della struttura, ciò che ci colpisce è l’atmosfera e la pace in cui ci troviamo: lontano dal traffico e dalla folla, un sito archeologico del genere acquista una magia davvero particolare. Prima di uscire, ci riposiamo ancora un po’ sulla nostra panchina all’ombra, poi ci spostiamo verso l’ingresso delle Catacombe di San Sebastiano per essere sicure di poter prenotare il taxi con la geolocalizzazione della app. Dopo poco, il taxi di Alessio arriva a prenderci, e in meno di quindici minuti e 20 euro di spesa ci lascia in Via Nazionale, davanti al grande punto vendita del Libraccio, che avevo visitato l’anno scorso con mio marito e che ben si adatta ad una breve incursione pomeridiana. Guardiamo un po’ le novità al piano terra, poi scendiamo nel settore dei libri usati: gli spazi sono enormi, ci sono talmente tanti libri che è facilissimo perdercisi dentro. Rispetto all’anno scorso, però, c’è un caldo soffocante… sarebbe stato meglio accendere l’aria condizionata! Avrei bisogno della toilette, ma l’addetto a cui chiedo mi dice che il bagno non è disponibile per i clienti. Usciamo dopo poco, fuori si sta decisamente meglio. Il nostro B&B non è lontano, ma lungo il tragitto ci troviamo davanti alla Basilica di Santa Pudenziana, che ieri non avevamo fatto in tempo a visitare. Non indugiamo oltre e decidiamo di entrare.

Basilica di Santa Pudenziana al Viminale 

basilica di santa pudenziana

La basilica di Santa Pudenziana al Viminale è una delle chiese più antiche di Roma e fu edificata, secondo la tradizione, sulla domus del senatore Pudente, convertito al Cristianesimo dall’apostolo Pietro insieme alle figlie Pudenziana e Prassede (la vicina Basilica di Santa Prassede è molto bella, l’ho visitata l’anno scorso), martirizzate durante la persecuzione di Antonino Pio. La basilica fu eretta nel IV secolo d.C. sui resti di un impianto termale risalente a due secoli prima. La facciata è austera ed elegante. Già dall’esterno, è facile intuire che l’edificio è davvero molto antico: per entrare, infatti, dobbiamo scendere diversi gradini, prova del fatto che all’epoca dell’edificazione la strada si trovava ben più in alto rispetto ad oggi. L’interno è raccolto ed intimo. Ammiriamo lo splendido mosaico absidale, al centro si vede Cristo raffigurato su un alto trono. Il tempo di qualche foto, poi riprendiamo la nostra strada verso il B&B, che da qui dista solo trecento metri. Ci riposiamo un pochino in camera, poi io decido di fare un salto a salutare Michelle alla Libreria Libri Necessari prima che chiuda. Sono le 17, ho ancora un’oretta di tempo per curiosare un po’ tra gli scaffali in santa pace. A quanto pare, non sono l’unica ad aver avuto la stessa idea: la piccola libreria di Michelle pare presa d’assalto! Entro ed inizio a scrutare in giro; alla fine riesco a scovare un bel volume d’arte sulla figura delle antiche donne romane che Michelle mi vende ad un ottimo prezzo. Poco prima della chiusura, saluto Michelle per l’ultima volta e torno in camera per prepararmi ad uscire con mia madre per la nostra cena da Rosy e Tiziana a La Carbonara. In attesa del nostro tavolo prenotato per le 20, chiacchieriamo un po’ con Tiziana mentre Rosy è indaffarata con la numerosa clientela che – come al solito, affolla il ristorante. Poi ci sediamo e stravolgiamo un po’ le nostre “abitudini”. Stasera abbiamo voglia di assaggiare qualcosa di diverso, quindi ordiniamo due porzioni di fiori di zucca ripieni, polpette al sugo alla romana e baccalà fritto. Un vero incanto per il palato! I fiori di zucca sono divini, quella benedetta acciughetta che si sente dopo la mozzarella è una vera libidine, e il fritto è spettacolare. Le polpette vanno giù che è una meraviglia, d’altronde questo dev’essere lo stesso fantastico sugo che usano per la loro ottima coda alla vaccinara. Il baccalà è semplicemente perfetto. Io chiudo in bellezza con un fantasmagorico dessert a base di mascarpone al pistacchio, mia madre chiede un bel caffè espresso. Con due birre medie, il conto è di 79 euro ma qui la qualità la fa veramente da padrona. Chiacchieriamo ancora con Rosy e Tiziana, ci scattiamo qualche foto ricordo e ci salutiamo con un arrivederci.

L’ultima breve passeggiata verso via Urbana e poi siamo pronte per una bella notte di sonno.

Sabato 6 aprile – Tempio di Adriano, Pantheon e Fontana di Trevi

Dato che per la mattinata di oggi non abbiamo appuntamenti che ci legano in qualche modo all’orario, a colazione ce la prendiamo comoda e ci godiamo senza fretta una bella chiacchierata con la signora Annamaria. Verso le nove, siamo pronte a metterci in marcia verso il cuore di Roma. Prima destinazione: il Tempio di Adriano, in Piazza di Pietra, che dista poco meno di due chilometri da Via Urbana.

La strada è in discesa, e in meno di venti minuti arriviamo davanti all’imponente colonnato. La costruzione dell’edificio fu voluta dall’imperatore Adriano che intendeva dedicarlo alla moglie Vibia Sabina, morta e divinizzata nel 136 dopo Cristo. I lavori furono però conclusi, intorno al 145, da suo figlio Antonino Pio, che lo dedicò ad Adriano divinizzato. Ciò che rimane del tempio sono undici colonne alte 15 metri e del diametro di 1,44 metri, davvero stupefacenti.

Pantheon

pantheon

Mentre cercavamo la piazza con il colonnato, ho intravisto alcune indicazioni per il Pantheon e per la Fontana di Trevi. Consulto brevemente il fido Google Maps, che in effetti mi conferma che entrambe le attrazioni turistiche sono a brevissima distanza da qui. Decidiamo di approfittare della bella giornata e del tempo a disposizione per farci un salto. Davanti al Pantheon c’è già tantissima gente, ma la splendida struttura conserva sempre un fascino particolare anche se pare presa d’assalto da una rumorosa orda di barbari. D’altronde, come disse Stendhal, si tratta de “Il più bel resto dell’antichità”. In effetti, è difficile trovare un edificio come questo, che con la sua bellezza, l’armonia delle linee e il calcolo perfetto delle geometrie è uno degli esempi meglio conservati dell’architettura monumentale romana. Le condizioni sono davvero perfette, se si pensa che risale addirittura al 27 a.C., quando Marco Vipsanio Agrippa, genero, amico e collaboratore di Augusto, fece costruire un primo tempio in quest’area dedicato a “tutti gli dei” (la forma attuale si deve però ad Adriano, che lo fece riedificare). Scattiamo qualche foto, anche la piazza è molto bella, e c’è una caratteristica carrozzella con un bel cavallo in attesa di qualche turista (è la prima che vediamo, in effetti pensavamo fossero state abolite).

Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola

Mentre torniamo indietro verso la Fontana di Trevi, decidiamo di entrare a vedere la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola. La policromia dei marmi, gli stucchi, la decorazione pittorica e la ricchezza degli altari conferiscono all’insieme una fastosa sontuosità. A colpirci sono inevitabilmente le decorazioni del soffitto della grandiosa volta della navata, ma anche la finta cupola all’incrocio del transetto. Si tratta di una tela di più di dieci metri di diametro, sulla quale è stato realizzato l’effetto prospettico della finta architettura. Anche qui, una discreta folla si sta progressivamente ammassando, quindi decidiamo di rimetterci in marcia prima che la situazione degeneri.

Fontana di Trevi

fontana di trevi

 

Il tragitto per la Fontana di Trevi è breve, ma qui il termine “folla” assume un significato tutto particolare. Riusciamo ad appoggiarci alla ringhiera sopra i gradini, approfittando del posticino che un paio di turisti hanno appena lasciato dopo aver scattato qualche selfie. Sono appena passate le nove e mezza, non è tardi! Eppure pare che metà della popolazione mondiale si sia data appuntamento qui. Costruita all’incirca nella prima metà del Settecento, è la fontana più famosa del mondo: e – in effetti, ne ha tutte le ragioni! È imponente, elegante, davvero stupefacente. Riusciamo a malapena a scattarci qualche foto, poi ci districhiamo e ritorniamo verso Via del Corso per riprendere il cammino.

Ara Coeli e Campidoglio

campidoglio

La destinazione è Piazza del Campidoglio, ma strada facendo decidiamo di fermarci prima alla Libreria M.T. Cicerone (molto famosa, la sua peculiarità è quella di essere in un sottopassaggio, quindi è l’ideale per una visita in un giorno di pioggia, anche se fortunatamente non è il nostro caso) e poi alla vicina Galleria Alberto Sordi (dove facciamo una brevissima incursione nel negozio di Iginio Massari, ma resistiamo alla tentazione di assaggiare qualcosa per non rovinarci il pranzo). Prima di salire sul Campidoglio, mostro a mia madre la magnifica Insula dell’Ara Coeli, un antico condominio romano. Risalente al II secolo d.C., questa struttura è costituita da almeno cinque piani, in parte ancora oggi conservati. Dalla strada, guardando (molto) in basso, si possono ancora vedere l’originario piano stradale e le grandi arcate del portico che ospitava botteghe e laboratori. Sopra, si vedono ancora gli alloggiamenti che ospitavano le abitazioni sia per i ceti più abbienti sia (ovviamente salendo sempre più in alto) per gli abitanti con meno risorse economiche. In questa insula, al tempo degli antichi romani, potevano alloggiare circa 400 persone, quindi non ci stupiscono le importanti dimensioni di quanto è ancora sotto i nostri occhi. Un affresco medievale testimonia il crudele (almeno per conto mio) reimpiego degli antichi ambienti romani al tempo della Cristianità. Piazza del Campidoglio è qui a due passi ormai, e la raggiungiamo in pochi minuti. Saliamo la comoda scalinata (molto meno lunga rispetto a quella adiacente che conduce alla Chiesa di Santa Maria in Ara Coeli) incuranti della gente che la affolla (devono esserci dei matrimoni, c’è tanta gente vestita in modo particolarmente elegante), e ci troviamo a tu per tu con la copia della bella statua di Marco Aurelio a cavallo. Il tempo di scattare qualche foto alla piazza progettata da Michelangelo e alla Fontana della Dea Roma e poi ci spostiamo verso l’obbiettivo che ci ha fatto arrivare sin qui: il Belvedere Tarpeo. C’è tanta gente anche qui, una coppia di sposi si sta facendo fare le foto di rito proprio qui (come dargli torto…), ma riusciamo a scovare un posticino libero per fare qualche bello scatto. Da quassù, lo splendore dei Fori sembra ancora più sorprendente, con le sue colonne che svettano alte davanti ai nostri occhi a costruire un panorama che risplende della grandiosità della storia antica e delle nostre origini. La discesa dal belvedere è rapida, e in pochi minuti arriviamo davanti alla nostra prossima tappa: il Teatro di Marcello.

Teatro di Marcello

teatro di marcello

Il progetto fu iniziato addirittura da Giulio Cesare e poi ripreso da Augusto. Probabilmente completato già nel 17 a. C, il Teatro di Marcello fu dedicato nel 13 o 11 a.C. alla memoria di Marcello, nipote dell’imperatore, destinato alla successione ma morto prematuramente. Con il suo imponente diametro di 130 m (poteva ospitare fino a 20.000 persone), il teatro aveva una facciata in travertino a triplice ordine di cui si conservano i due inferiori. Scattiamo qualche foto, ma ciò che più ci conquista è di nuovo quell’atmosfera che sa di storia e di antichi fasti. Questa è veramente un’area archeologica tra le più affascinanti della città, anche perchè l’esperienza non si ferma al solo grande Teatro, ma continua a pochi passi con gli adiacenti templi di Bellona e di Apollo, ben più antichi del Teatro di Marcello. Del Tempio di Apollo restano tuttavia solo le ormai famose e stra-fotografate tre colonne corinzie in marmo bianco (ricostruite nel 1940, ma devo dire che sembrano splendidamente autentiche). Da qui, accediamo direttamente – grazie ad un intelligente passaggio alla portata di tutti in quanto privo di barriere architettoniche – al meraviglioso Portico d’Ottavia, l’unico conservato tra i grandi portici che limitavano l’area che corrisponde all’antico Ghetto. Fu costruito da Augusto tra il 27 ed il 23 a.C. e dedicato alla sorella Ottavia. La struttura, ancora meravigliosa con la sua imponenza, svetta orgogliosa contro il cielo azzurrissimo, e i gabbiani si posano sui capitelli incuranti della bellezza che hanno intorno.

Ghetto di Roma

ghetto di roma

Da qui al Ghetto Ebraico, la distanza è praticamente inesistente. Ci fermiamo un istante a leggere la scritta in memoria del tragico rastrellamento durante la Seconda Guerra Mondiale, poi ci incamminiamo lungo Via del Portico d’Ottavia, dove la fanno da padrona diversi ristoranti e bar che propongono cucina romanesca e giudaica. Leggiamo un po’ tutti i menù esposti, ma poi decidiamo di fermarci alla Taverna del Ghetto, dove avevo già prenotato un tavolo da casa con la app The Fork (e il relativo sconto del 20%). Subito ci propongono un tavolo in mezzo al passaggio, noi chiediamo che ci spostino verso il marciapiede, in un angolino un po’ più isolato dal caos (ci sono tantissime persone, molte delle quali – elegantissime nei loro abiti per la festa – aspettano di entrare nei locali per festeggiare lo Shabbat). Il tavolino è un po’ al sole, il cameriere riesce alla bell’e meglio a sistemare l’ombrellone in modo da essere all’ombra. Il menù offre più che altro i piatti classici della cucina romanesca, nonostante ciò che ho visto sul sito non vedo particolari ricette giudaiche. Ascolto la scelta di due clienti romani che sembrano conoscere bene il cameriere, e mi lancio con i tonnarelli alla gricia con i carciofi. Mia madre decide di discostarsi un po’ dai soliti piatti e sceglie gli gnocchi allo zafferano con i fiori di zucca. Le birre medie arrivano in fretta, i due primi piatti si fanno attendere. I miei tonnarelli sono squisiti, gli gnocchi piuttosto anonimi e poco sapidi. Decidiamo di rifarci un po’ con i dolci, e chiediamo due fette di crostate di ricotta (rispettivamente al cioccolato e al pistacchio). Con quasi tutti i tavoli ormai occupati, il servizio è ulteriormente peggiorato: i camerieri pare vaghino senza una ragione, non rispondono ai clienti e regna un caos preoccupante. Per fortuna, le crostate sono davvero ottime! Ci avventuriamo dentro al locale per tentare di pagare il conto, e alla fine al bancone si presenta un arcigno signore che ci onora del conto (circa 50 euro, incluso lo sconto del 20% su The Fork). Non siamo molto soddisfatte, ma probabilmente la zona è sin troppo turistica e la scelta è quella che è. Dato che nel pomeriggio saremo alle prese con i Musei Vaticani, decidiamo di andarci a riposare per un po’ in camera, quindi chiamo un taxi che in dieci minuti ci porta poco lontano dal B&B (per 10 euro).

Musei Vaticani

musei vaticani: sala rotonda

Dopo un breve sonnellino e un altro viaggio in taxi in mezzo al traffico di Roma, con venti euro di spesa ci troviamo davanti all’ingresso dei Musei Vaticani. La folla è immensa, e la brutta notizia è che – rispetto agli anni scorsi, non è consentito l’ingresso anticipato rispetto alla prenotazione fatta da casa. Dobbiamo attendere le 16.30, ma per fortuna troviamo un posticino semi comodo all’ombra, dove inganniamo l’attesa osservando la colorata e varia umanità che ci circonda. Con i nostri biglietti saltafila (25 euro l’uno, prenotati on line due mesi prima), entriamo puntuali all’orario previsto. In ogni dove, c’è una fiumana impressionante di persone. Iniziamo il percorso dalla sezione egizia, ma c’è talmente tanta folla che camminiamo seguendo passivamente la fila che mano a mano si sposta di stanza in stanza. Da lontano, riusciamo a scorgere la statua del Laocoonte spuntare in mezzo al caos, e mentre avanziamo racconto a mia madre la storia leggendaria tratta da Omero. Anche nella sala in cui ci sono le statue e i busti degli imperatori è impensabile entrare. A questo punto, la mia maggior preoccupazione è arrivare il prima possibile alla Cappella Sistina, in modo da riuscire a sederci e a gustarci con calma ciò per cui in realtà siamo qui. Continuiamo spedite il percorso dietro il fiume di visitatori, anche se ci prendiamo comunque il tempo per curiosare i nomi riportati nelle antiche mappe nella Galleria delle Carte Geografiche (riusciamo a scorgere persino il minuscolo paesino in cui nacque mio padre) e per ammirare i capolavori di Raffaello nelle sue Stanze.

cappella sistina

Arriviamo finalmente alla breve scalinata che conduce alla Cappella Sistina: ce l’abbiamo fatta! Appena entrate, veniamo subito fatte spostare verso il fondo per non impedire il passaggio dei turisti che continuano ad affluire copiosi. Il tempo di sollevare lo sguardo verso la Volta, e mia madre mi dice di non sentirsi bene. Nella mia testa l’allarme, nel cuore lo sconforto. Non mi lascio scoraggiare, riesco a far sedere mia madre e nel frattempo vado a chiedere aiuto. Uno dei gentilissimi addetti alla sala mi aiuta a riprendere mia madre e crea per noi un passaggio per consentirci di uscire temporaneamente dalla Cappella, in modo da raggiungere in fretta i bagni appena fuori. Dopo qualche minuto, mia madre si riprende, e siamo pronte a rientrare per goderci lo spettacolo degli affreschi di Michelangelo. C’è ancora tantissima gente, gli addetti faticano a far mantenere il silenzio e ad impedire ai turisti di scattare foto e girare video. Riusciamo a conquistarci un posticino per sederci e guardare sia la Volta che il Giudizio Universale, uno spettacolo che vale ogni euro pagato e la fatica fatta per arrivare fino a qui. Fresca della lettura del libro che Alberto Angela ha dedicato alla Cappella Sistina, racconto a mia madre qualche particolare interessante su ciò che stiamo osservando e – nonostante la confusione, riusciamo a goderci a lungo la nostra permanenza in questo luogo particolare e assolutamente affascinante. Dall’alto, profeti e sibille sembrano far da guardie allo splendore della Creazione e alle scene della Bibbia mirabilmente dipinte da Michelangelo, dove un Dio muscoloso e dai lineamenti che esprimono al contempo potenza e saggezza spicca in tutta la sua magnificenza. Nel Giudizio Universale, la figura di Gesù, al centro della scena, è il punto focale di un’apocalisse di figure: i condannati e i salvati riempiono gli occhi e la mente di chi osserva, e alcuni dettagli sono talmente sorprendenti da lasciare veramente a bocca aperta. Siamo soddisfatte del tempo che siamo riuscite a ritagliarci dentro alla Cappella, stavolta almeno mia madre è riuscita a godersi lo spettacolo grazie alla nostra visita privata, molto diversa da quella – velocissima e molto superficiale – che aveva fatto in gruppo diversi anni fa. Pian piano guadagniamo l’uscita, attraverso l’infinita scala che alla fine ci conduce fuori dai Musei Vaticani. Vedo che mia madre non è ancora al massimo delle sue forze, quindi annullo la prenotazione al ristorante che avevo fatto per stasera proprio qui vicino e chiamo un taxi, per rientrare il prima possibile in camera. Per fortuna, il taxi arriva in un tempo relativamente breve, e dopo mezz’ora siamo fortunatamente di ritorno al B&B. La signora Annamaria ci presta il suo bollitore perchè mia madre riesca a prepararsi un tè caldo e riprendersi dal pesante disturbo allo stomaco che non accenna ancora ad attenuarsi. Riusciamo comunque a passare una notte tranquilla, anche se nel frattempo ho già pensato a qualche soluzione alternativa per la giornata di domani, per evitare di far stancare troppo mia madre dopo le fatiche di oggi.

Domenica 7 aprile

Al risveglio, mia madre sta molto meglio, ma scegliamo di comune accordo di cambiare il programma che avevo preparato per oggi. Le propongo diverse soluzioni, e una in particolare ci convince più delle altre. Consumiamo l’ultima colazione chiacchierando con la signora Annamaria, che ci permette di lasciare i nostri bagagli al B&B fino al nostro ritorno nel pomeriggio prima di andare in stazione a prendere il treno che ci riporterà a casa. Chiamo un taxi, e alle 9 precise Roberto arriva per accompagnarci fino a Castel Sant’Angelo. Durante il tragitto, chiacchieriamo amabilmente sulle bellezze di Roma, e troviamo in Roberto un simpatico cicerone che approfitta dell’occasione per mostrarci alcune chicche che lui ama in modo particolare.

Castel Sant’Angelo

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In poco meno di quindici minuti (e poco più di 15 euro di spesa), l’imponente profilo di Castel Sant’Angelo si staglia davanti ai nostri occhi. Roberto ci lascia sul Lungotevere, e noi ne approfittiamo per curiosare in pace nelle bancarelle di libri e souvenir che occupano una lunga parte di marciapiede. Ci prendiamo il nostro tempo, il cielo è azzurrissimo e la temperatura è gradevole. Dopo qualche acquisto, ci dirigiamo verso Castel Sant’Angelo, ma come prima cosa giriamo a sinistra per percorrere il Ponte Sant’Angelo e vedere il Castello da quest’altra prospettiva. La fila di visitatori in attesa di entrare è già lunghissima, ma per oggi ci accontenteremo di esplorare il tutto da fuori. Il ponte è meraviglioso, e le statue degli angeli (disegnate da Gian Lorenzo Bernini) sono imponenti e strabilianti. Castel Sant’Angelo è veramente maestoso: è formato da un basamento cubico e da un tamburo circolare che costituisce la parte inferiore del castello. Terminato nel 139 dopo Cristo, ospitava le ceneri dell’imperatore Adriano, ma qui trovarono sepoltura anche gli imperatori Antonino Pio, Commodo, Marco Aurelio, Settimio Severo, Geta e Caracalla. Dopo una breve passeggiata, ci sediamo su una panchina nel parco adiacente, vicino al passaggio verso il Vaticano, già affollato da molte persone che si recano in Piazza San Pietro per vedere il Papa.

Dopo qualche minuto di riposo, ci mettiamo in marcia verso il Quartiere Prati, per tornare a pranzo nel nostro caro Maritozzo Rosso. A darci il benvenuto stavolta c’è il titolare, molto simpatico ed affabile. Ordiniamo i nostri bei due calici di spumante francese, un maritozzo piccolo al polpo (da dividerci) e due belle amatriciane. Tutto sempre ottimo, davvero degno di lode. Assaggio anche un maritozzo piccolo ripieno di baccalà mantecato e hummus, e rimango sorpresa dalla bontà di questa piccola perla. Con una bottiglia d’acqua, il conto è di poco meno di 60 euro. Usciamo felici dopo una chiacchierata e un ultimo saluto alla chef Silvia, se non altro abbiamo terminato il nostro soggiorno romano con un pasto che sicuramente non scorderemo facilmente. Sul Lungotevere non riesco a trovare un taxi libero con la mia solita app. Provo allora con un’altra, itTaxi, che in pochissimo risponde alla mia richiesta e ci manda un taxi per portarci alle Case Romane del Celio, dove ho prenotato l’ingresso per il pomeriggio.

Case Romane del Celio

In meno di un quarto d’ora (e con poco più di 15 euro), Latina 57 ci lascia davanti all’entrata del nuovo Museo della Forma Urbis, poco distante dal nostro obbiettivo. Chiediamo indicazioni ad un addetto del Parco Archeologico del Celio, che ci mostra la strada per arrivare all’ingresso delle Case Romane. Alle pendici del Colle Celio, al di sotto della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, si trova infatti lo straordinario complesso archeologico che stiamo cercando per una visita che si preannuncia già da subito molto interessante. L’accesso è sul Clivo di Scauro, un’antica strada romana. Le Domus, uno dei luoghi più affascinanti della Roma sotterranea, sono costituite da numerosi ambienti ipogei splendidamente affrescati, datati  tra il I e il IV secolo, in origine botteghe e magazzini di un’insula trasformati nel corso dei secoli: da una domus su due livelli al piano inferiore, dotata di un impianto termale privato a un’insula, con botteghe al livello stradale e abitazioni ai piani superiori; da una lussuosa domus della fine del III secolo dopo Cristo, fino ad arrivare a ciò che tradizionalmente si considera come il luogo in cui i Santi Giovanni e Paolo vissero, subirono il martirio e furono sepolti, evento che rese il sito sacro e venerato e portò alla costruzione dell’attuale basilica. Le addette alla biglietteria ci lasciano entrare anche se siamo in largo anticipo rispetto all’orario riportato sui biglietti che ho prenotato da casa (10 euro a testa). L’audioguida ha un prezzo spropositato, così come l’opuscoletto in vendita al banco. Decido di procedere in autonomia, affidandomi alle notizie che troveremo scritte durante la nostra visita. Gli affreschi sono davvero ben conservati, non abbiamo mai visto niente del genere. Gli ambienti sono ampi, per niente claustrofobici, e i pannelli spiegano bene ciò che stiamo osservando con tanta sorpresa ed interesse. La temperatura è piuttosto bassa, il che non mi sorprende e mi ricorda un po’ le catacombe di San Callisto visitate l’anno scorso. Le pareti dei locali che stiamo attraversando uno dopo l’altro sono molto spesse. Ci sono pochi visitatori, e il silenzio intorno a noi rende la nostra esperienza ancora più particolare e – per certi versi, mistica. Siamo molto colpite dalle decorazioni della Sala dell’Orante, che mostra una decorazione floreale con teste d’acanto, mostri marini sospesi a mezz’aria e una maschera femminile tra fiori che mostrano ancora le originali pigmentazioni. È ancora sorprendentemente integra la figura femminile di una donna orante – che dà appunto il nome alla stanza, raffigurata con indosso una lunga tunica e le braccia tese, in segno di preghiera. La vera meraviglia però è quella che troviamo nel cosiddetto Ninfeo: sulle tre pareti dello spazio in cui ci troviamo, è rappresentata infatti una scena mitologica ambientata in un contesto marino, nel quale si notano piccole figure impegnate nella pesca. Al centro, su una sorta di isolotto, si distinguono due figure femminili con accanto una figura maschile in piedi, nell’atto di versare da bere. Da ciò che apprendiamo dai pannelli esplicativi, la scena ha dato luogo a varie interpretazioni, tra cui la raffigurazione di Venere marina o il ritorno di Proserpina dall’Ade, tra Bacco e Cerere. Le pitture sono ancora davvero molto ben conservate, sembra anche qui di tornare magicamente indietro nel tempo grazie ad una speciale macchina che ci fa respirare secoli di storia.

Usciamo ancora meravigliate dalla scoperta di questo luogo un po’ lontano dai soliti circuiti, ma impregnato di una magia dal valore inestimabile. Torniamo all’entrata del Museo della Forma Urbis, dò una veloce occhiata al bookshop e poi ci riposiamo un po’ vicino ai distributori delle bevande (davvero molto economici). Chiamo per l’ultima volta il taxi, stavolta per tornare al nostro caro Rione Monti. Facciamo due passi nel quartiere, e ci sediamo per un po’ davanti alla fontana di Piazza della Madonna dei Monti. Mi prendo un dolcetto nella pasticceria che sta servendo gelati all’incredibile folla di turisti che continua ad arrivare da ogni dove, poi l’ultima passeggiata, una brevissima tappa nella piccola chiesa di San Lorenzo (patrono dei cuochi!), e siamo pronte a ritirare i bagagli dalla signora Annamaria. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento a presto, sicuramente torneremo! Ci armiamo di pazienza e piano piano risaliamo il colle Esquilino fino ad arrivare alla Stazione Termini. Siamo in netto anticipo, ma meglio così. Il nostro Frecciarossa parte alle 19.50, e arriva puntualmente a Parma dopo circa tre ore e mezza di comodissimo viaggio.

Sono stati quattro giorni davvero incantevoli: siamo state fortunate per le condizioni meteo super favorevoli, abbiamo soggiornato in un alloggio che pareva cucito su misura per noi, abbiamo assaggiato piatti strabilianti e trovato sorrisi che ci hanno scaldato l’anima. Ma soprattutto, Roma ci ha regalato la sua splendente magia, sorprendendoci ad ogni angolo con l’incanto dei suoi secoli di storia. Arrivederci, Roma.

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colosseum at sunset in rome, italy

old district plate in rome

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the basilica of santa pudenziana in rome, italy

piazza del campidoglio on the capitoline hill, city hall of rome, italy

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a fragment of the painting inside the sistine chapel.

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