Cinque dita per un solo borgo: nella Calabria greca c’è uno dei borghi abbandonati più incredibili d’Italia

Adriano Bocci, 05 Ott 2024
cinque dita per un solo borgo: nella calabria greca c'è uno dei borghi abbandonati più incredibili d'italia

Arroccato sulle rocce del Monte Calvario, che più coerenza di così si muore (leggi, fidati), come un’antica sentinella sofferente e malinconica, si erge Pentidattilo. Un borgo abbandonato col fascino di leggende millenarie, un gioiellino sulla punta più bassa della Calabria greca, che deve il suo nome, o meglio i suoi nomi, alla sua posizione decisamente unica nel suo genere. Pentidattilo, chiamato anche Pentadattilo o Pentedattilo, è incastonato fra delle rocce che formano una sorta di mano gigante con cinque dita protesa verso il cielo, ed il nome di Pentidattilo difatti proviene dal greco pente (5) e daktylos (dito). Oltre alla conformazione il nome sta a indicare la forte influenza greca che la Calabria ha subito in passato, specialmente qui: venne fondato come colonia greca nel 640 a.C. e poi conquistato dai Normanni nel Xii secolo per passare poi sotto il controllo di varie famiglie nobiliari, leggasi gli Alberti e gli Abenavoli. Le strade ormai silenziose, i resti del castello e le case di pietra raccontano di un passato glorioso, sanguinario, tragico e di abbandono. Eppure Pentedattilo è leggermente rinato come meta di artisti e viaggiatori che vogliono l’autentico e uno fra i luoghi più suggestivi di tutta Italia.

Pentedattilo, Pentadattilo, Pentidattilo: dalle origini greche all’ascesa

scorcio di pentedattilo
Codas, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Sì, Pentidattilo, Pentadattilo, Pentedattilo: la lingua dal 2000 ha deciso di non decidersi nei documenti ufficiali (e nella segnaletica stradale), un borghetto della Calabria che sta nel comune di Melito di Porto Salvo. Nato come colonia della città greca di Calcide nel 640 a.C. è cresciuta molto velocemente come un importante centro commerciale e militare sfruttando la posizione fra la costa ionica e le montagne dell’Aspromonte. La conformazione rocciosa naturale lo rendeva praticamente inespugnabile e ne favorì lo sviluppo come avamposto nell’epoca greco-romana, ma col declino dell’Impero Romano d’Occidente (e l’arrivo dei Bizantini) si è indebolito. Aggiungi le invasioni dei Saraceni e il quadro è completo: nel XII secolo con la conquista normanna, Pentedattilo diventa feudo e la sua storia si caratterizza dalle rivalità nobiliari finché Pentadattilo viene dipinta di rosso dal massacro degli Alberti del 1686, che va a segnare il destino del borgo.

La leggenda di Pentedattilo tra il Massacro degli Alberti e la Mano del Diavolo

monte calvario di pentedattilo
Il Monte Calvario.

La parte più oscura e leggendario della storia di Pentidattilo è legato a un evento a dir poco tragico che ha a dir poco segnato (di rosso) il borgo: il massacro degli Alberti. Corre l’anno 1686 e la faida tra le due famiglie più importanti della zona, gli Alberti e gli Abenavoli, sfocia in un atto di brutalità. La violenza tipicamente è umana, e Bernardino Abenavoli, barone del vicino Montebello Ionico, aveva chiesto la mano di Antonietta Alberti, figlia del marchese di Pentidattilo. Succede però che il fratello, Lorenzo Alberti, aveva deciso di concedere la sorella in sposa al figlio del viceré di Napoli Don Petrillo Cortez. Sentendosi tradito e umiliato Bernardino raduna una milizia di uomini armati e la notte del 16 aprile 1686 attaccò il castello di Pentidattilo, massacrando Lorenzo Alberti, il giovane fratello Simone (di 9 anni!) e altri membri della famiglia.

L’evento ha alimentato più di un paio di leggende sinistre, ma la prima in assoluto è quella che narra come le rocce a forma di dita che vanno a sovrastare il borgo siano in effetti la Mano del Diavolo, la mano insanguinata del barone Abenavoli. Per la leggenda, quando di notte tira vento, fra le gole delle rocce si sentono ancora le grida di dolore del massacro al castello, segnando un bel po’ Pentedattilo e facendo nascere storie di fantasmi qui e lì.

Nonostante comunque la storia sanguinosa da sempre, il borgo ha resistito fra le lotte, ma non alla natura.

Abbandono e rinascita di Pentidattilo

 
 
 
 
 
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Il destino di Pentadattilo cambia pesantemente dopo un terremoto devastante del 1783 che colpisce pesantemente la Calabria meridionale. Il borgo non fu completamente distrutto ma i danni sono stati più che abbastanza significativi da portare a una migrazione verso la più vicina, e più bassa, Melito Porto Salvo. Difatti il vecchio borgo di Pentedattilo sta a 320 metri s.l.m. mentre il borgo nuovo sta a 250 metri s.l.m. Questo però è stato solo l’inizio di un lungo processo di spopolamento che è finito negli anni ’60 quando è stato dichiarato inabitabile.

Gli ultimi abitanti hanno abbandonato definitivamente le loro case fra il ’68 e il ’71 per le minacce continue di frane e terremoti; per decenni il borgo è rimasto completamente deserto, diventando appunto uno dei tanti borghi fantasma che costellano il Sud. Una piccola rinascita arriva coi meravigliosi anni ’80 tra iniziative culturali e un gran lavoro di volontari e associazioni: il borgo viene parzialmente restaurato e artisti e artigiani locali sono attratti dalla bellezza selvaggia, insediandosi nelle vecchie case e creando qualche bottega e laboratorio artistico.

E per la cronaca, Pentedattilo ha un abitante.

Chi vive a Pentedattilo? Quante persone ci abitano? Una. Attualmente, Pentedattilo ha una persona fissa che ci vive: Rossella Aquilanti, trasferita lì nel 1983 e vive in modo autosufficiente, allevando capre e coltivando la terra. In passato c’erano altre due persone, ma col tempo gli abitanti si sono ridotti. Il borgo però sta rinascendo.

Qualche visitatore c’è, ma è inabitabile: si consiglia vivamente di portare provviste ed altro se non si va in determinati momenti, perché i servizi potrebbero essere totalmente assenti. Opera di restauro (nominata prima) comunque derivata da eventi tipo il Paleariza  Festival sulla cultura greco-calabrese e il Pentedattilo Film Festival che è dedicato ai cortometraggi internazionali di registi e appassionati.

Pentedattilo, cosa vedere e cosa fare

mulini di pentedattilo
La vista sui mulini di Pentedattilo. Crediti foto: Calabria Meravigliosa, Facebook, ph. by Antonina Cuzzilla

Cosa c’è da visitare a Pentedattilo? Sorprendentemente, non poche cose. Con tutto che è un borgo abbandonato Pentidattilo è un’esperienza da fare, specie se si ama un po’ di trekking, ma ne parliamo dopo. Fra le prime cose da vedere ci sono le rovine del castello che stanno sulle pendici del Monte Calvario (sì, molto coerente) dove un tempo risiedevano i signori locali e ora lo infestano coi loro spiriti. Oggi come oggi sono solo ruderi ma fra il panorama spettacolare su borgo e valle e il mistero è semplicemente uno spettacolo. Altro punto interessante è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, di origine bizantina, che dentro custodisce una lapide dedicata alla famiglia Alberti, un tocco simbolico a richiamo della storia.

Passeggiando per le stradine strette, ciottolose e in salita, si trova qualche bottega artigianale dove gli artisti e gli artigiani vendono ceramiche, lavorazioni in legno e articoli di bergamotto. Appunto la Casa del Bergamotto è di interesse, perché qua si possono vedere gli antichi metodi di estrazione dell’essenza del bergamotto e portare a casa prodotti naturalissimi.

Se ami la natura e le escursioni Pentedattilo dà percorsi di trekking che si fanno paesaggi meravigliosi: in primis c’è il Sentiero dell’Inglese che è ispirato allo scrittore Edward Lear e porta fra panorami molto wild fino alla Rocca di Santa Lena che è uno dei punti più fotografati per la vista impareggiabile sull’Etna. Gli escursionisti possono godersi pure la Vallata di Sant’Elia che una volta era alimentata da vecchi mulini ad acqua a ruota greca ed oggi è più semplicemente immersa in una vegetazione di mandorli, ulivi e fichi d’India. Le Rocche di Prastarà stanno nei pressi di Montebello Ionico e sono un sito naturale affascinante a pochi km da Pentidattilo; formazioni rocciose che per secolo hanno fatto da riferimento a eremiti a monaci, specie Sant’Elia il Giovane, che fondò (secondo tradizione) un eremo ai piedi delle rocce.

In estate come detto ci sono i due festival, il Paleariza Festival per la cultura greca con gli spettacoli teatrali, concerti e corsi di greco antico, e il Pentedattilo Film Festival per il cinema indipendente. Oltre loro però c’è il Museo delle Tradizioni Contadine, chiamato MuTrap, che si conserva gli oggetti della vita agricola della Calabria e della zona: utensili, attrezzi e altre cose sul quotidiano delle generazioni che furono.

Come puoi immaginare, causa rinascita anni ’80, Pentedattilo è dove l’arte contemporanea ha tutti i suoi spazi per iniziative e manifestazioni: menzione speciale va a Maurits Corenlis Escher, l’artista olandese che nel 1930 ha immortalato il borgo in una litografia famosa; ma non abbiamo ancora finito. C’è da vedere l’affresco di San Cristoforo di fine ‘800 sotto uno sperone di roccia inclinato, santo narrato di aver usato la propria forza per proteggere le case sottostanti dai terremoti, ma pure la Chiesa della Candelora con dentro una scultura del ‘500 della Madonna col Bambino.

 
 
 
 
 
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La Fiumara di Pentidattilo è molto conosciuta in zona, a tutti gli effetti la Fiumara Sant’Elia, un letto fluviale che si fa la vallata circosstante che in passato era un’ottima risorsa. Si usava per alimentare vari mulini ad acqua che erano sparsi sul fiume, e i resti di qualcuno di questi si vede ancora. La fiumara, specie in stagioni piovose, è veramente stupenda da vedere. Fino agli anni ’50 è stata usata per l’energia elettrica e i mulini (fra ‘800 e ‘900) abbastanza conservati sono 3: quello sotto Pentedattilo, quello di Masella (contrada Neto) e il più integro fra Montebello e Masella.

Prima di andarvene da Pentadattilo probabilmente passerete per una bottega chiamata Le Calamite di Pentidattilo, una delle poche botteghe attive. Tanti oggettini artigianali come le calamite, quasi tutto fatto a mano; se parlate coi proprietari vi diranno di più su storia e leggende del borgo. Il proprietario Giorgio e la moglie gestiscono anche una piccola colonia felina che gira attorno alla zona. Vicino la bottega c’è un’abitazione storica dove fu ospitato Garibaldi nel 1860 durante il suo sbarco a Melito di Porto Salvo.

Pentedattilo, come arrivare (maps)


Per arrivare a Pentedattilo (Calabria) il modo più semplice è arrivare in auto. Questo vale specialmente se vuoi fare da Reggio Calabria a Pentedattilo, seguendo la SS 106 Jonica verso Melito Porto Salvo di cui il borgo è frazione. Raggiunto Melito si prende lo svincolo per Annà e si seguono le indicazioni su una strada a tornanti fino al parcheggio gratuito ai piedi del borgo.

In alternativa c’è il treno fino alla stazione di Melito Porto Salvo, e da lì si prosegue in taxi per 4 km fino a Pentadattilo. Mente invece coi bus sono disponibili le Autolinee Federico che collegano Reggio Calabria a Melito Porto Salvo.

Pentedattilo, però… dove mangiare? L’offerta gastronomica è limitata, considerato l’abbandono. Principalmente c’è La Cantina di Nonno Nino che è uno dei pochi ristoranti nel borgo con piatti semplici della tradizione calabrese. Si consiglia molto la prenotazione… anche per sapere se per qualche motivo non sono aperti.



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