“Moro Moro” Namibia

Stupenda avventura con due esploratori di 3 e 5 anni
Scritto da: vichingo69
moro moro namibia
Partenza il: 23/05/2010
Ritorno il: 07/06/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 3000 €
Equipaggio: Roberto 41 anni – Nadia 33 anni – Patrick 5 anni – Giulia 3 anni Agenzia locale di appoggio: Latitude 24 1. 24/5 KALAHARI DESERT ANIB LODGE BB 2. 25/5 KALAHARI DESERT ANIB LODGE BB 3. 26/5 SESRIEM DESERT HOMESTEAD LODGE BB 4. 27/5 SESRIEM DESERT HOMESTEAD LODGE BB 5. 28/5 SWAKOPMUND SANDFIELDS GUESTHOUSE (FAMILY ROOM) BB 6. 29/5 SWAKOPMUND SANDFIELDS GUESTHOUSE (FAMILY ROOM) BB 7. 30/5 DAMARALAND TWYFELFONTEIN LODGE BB 8. 31/5 DAMARALAND PALMWAG LODGE DBB 9. 01/6 KAOKOLAND OPUWO COUNTRY LODGE BB 10. 02/6 KAOKOLAND OMARUNGA CAMP DBB 11. 03/6 ETOSHA AREA KAVITA LODGE (FAMILY COTTAGE) BB 12. 04/6 ETOSHA OKAUKUEJO RESTCAMP (FAMILY CHALET) BB 13. 05/6 ETOSHA HALALI RESTCAMP (FAMILY CHALET) BB 14. 06/6 ETOSHA HALALI RESTCAMP (FAMILY CHALET) BB 15. 07/6 WINDHOEK – FLY OUT Auto: 4×4 dublecab Nissan con doppio serbatoio e doppia ruota di scorta Volo: Lufthansa/SouthAfricanAirlines Monaco-Johannesburg-Windhoek e ritorno. L 24/5 Eccoci qui, finalmente in Namibia, finalmente in Africa…. Appena usciti dall’aereoporto di Windhoek ci imbattiamo nell’assordante silenzio della natura africana, nonostante siamo a pochi km dalla capitale della Namibia tutto è sabbia rossa, cespugli chiamati bush e tanto silenzio. Un autista ci accompagna a prendere la nostra jeep alla compagnia Asco Car Hire, durante il tragitto ci imbattiamo nei primi animali, un sacco di babbuini che ci attraversano la strada, pecore, mucche e una specie di buffo formichiere che se ne va tranquillo sul bordo della strada. Appena arriviamo in città ci accorgiamo della difficoltà di guidare a sinistra, tutto è al rovescio e sembra sempre di sbagliare corsia. Per fortuna che abbiamo modo di capire come funziona guardando l’autista, poi ce la dovremo cavare da soli, li ci sarà da ridere…. Al noleggio troviamo Sonia, una ragazza italiana che lavora con Latitude 24, che ci da le prime info sulle regole della Namibia, come si guida, cosa non fare e anche qualche aneddoto di altri turisti che ci fa sorridere ma anche pensare che, se non si guida con attenzione, si rischia grosso. Controllata la nostra Nissan 4×4 (è tutta un graffio e botte) e firmati un po’ di documenti, eccoci pronti alla guida del nostro mezzo che ci accompagnerà in questa avventura africana, prima tappa il supermercato e poi via per la strada che collega Windhoek con Marientall dove, a 30 km di distanza, si trova il nostro primo lodge. Il fuoristrada che abbiamo in dotazione è un duplecab bianco con doppia ruota di scorta, doppio serbatoio (180 litri), con pala per insabbiamenti e tanica di emergenza appese fuori dall’abitacolo, serbatoio per acqua con spina esterna e attrezzature varie di soccorso e manutenzione. Sono ormai le 14, siamo già in ritardo, abbiamo tre ore e mezzo di strada e entro le 17.30, ora in cui cala il sole, dobbiamo arrivare al lodge. Che spettacolo, e questo è solo l’inizio, dietro di noi il sole scende, le nuvole sembrano ovatta bianca illuminata dai raggi del sole, l’erba a bordo strada è di un giallo ocra che abbaglia, la strada è tutta per noi, i bimbi dormono e noi calcoliamo i km che ci mancano sperando che non siano troppi quelli da percorre su strada sterrata. Siamo super fortunati hanno asfaltato la strada fino all’ingresso dell’Anib Lodge, il guardiano ci apre e registra la nostra targa, siamo gli ultimi ad entrare, ci stavano aspettando… Dopo pochi km, il lodge immerso tra piante verdi rigogliose, con tante casette, e due bellissime piscine sulla savana. Una cena veloce e a nanna presto, abbiamo proprio bisogno di riposare. Domani ci aspetta il deserto del Kalahari. Notte M 25/5 Dopo una bella dormita siamo pronti ad esplorare un po’ il lodge; l’Anib Lodge è un posto tranquillo, adatto per famiglie le casettine sono a dir poco enormi e si trova tutto dallo spray antizanzare, le zanzariere sui letti, lo sherry per brindare (o far la bala) e anche lo spray profumo nel bagno per chi fa le puzze …. Una buona colazione abbondante e poi una mattina in piscina, a giocare a bocce e a rilassarci godendoci la natura, il silenzio disturbato solo (oltre alle voci di Patrick e Giulia a caccia di chissà quali insetti) da grilli e uccellini di tutti i tipi che fanno strani versi. Anche un cane Labrador a pelo lungo ci adotta come amici e si sdraia a fianco alle nostre sdraio. Ci troviamo ai margini del Kalahari, la terra dei Boscimani, il più antico popolo d’Africa, i piccoli e agili cercatori, veri padroni di questa parte di Africa inospitale e difficile, dalla lingua indecifrabile fatta di schiocci. Aspettiamo le 15.30 per partire alla volta del deserto del Kalahari, con grandi Land Rover aperte, un vero e proprio safari di circa 2 ore e mezza. Con noi una famiglia tedesca con due ragazzi e una coppia inglese. La nostra guida Dean ci mostra un sacco di cose, dai nidi condomini dove vivono tre generazioni di uccellini, sempre se non arriva il cobra giallo a mangiarseli tutti, dalle varie razze di antilopi, tra cui i simpatici e saltellanti springbok chiamati molle da Patrick, i termitai, struzzi, zebre (Giulia ne è rimasta affascinata), gnu e facoceri, insomma un sacco di animali, liberi, nella natura e disturbati solo dal motore delle nostre jeep. Animali fieri di farsi ammirare, in posa per uno scatto che li porterà nel resto del mondo, dove, solo sfogliando un libro, non si immagina possa esistere una natura tanto bella e selvaggia. Dean guida con disinvoltura tra sabbia rossa e sterrato, rocce e grosse buche, passiamo anche da grandi spianate di terra battuta dove non cresce nulla perchè, nei mesi piovosi, corre l’acqua: sono torrenti effimeri e pozze salate. All’orizzonte il sole inizia a scendere, ma abbiamo ancora un po’ di tempo prima che sia il tramonto, e allora zigzaghiamo tra una duna e l’altra. Un paesaggio stranissimo: a valle tanta vegetazione e sulle dune sabbia perfettamente rossa, un contrasto che lascia senza parole. Su e giù, ci avventuriamo sempre più nel Kalahari Desert schivando buche e grossi massi, ci accorgiamo di quanta attenzione bisogna avere nelle piste, fino a raggiungere, in vetta, una duna per aspettare il tramonto. Dean in due secondi apre una tavola e l’apparecchia per un aperitivo veramente suggestivo, bibite, birra e vino per tutti, naturalmente non mancano le patatine, e così come vecchi amici tra uno scatto e l’altro, si aspetta che il sole scompaia dietro l’orizzonte. Impossibile descriverlo!!! In pochi minuti è sempre più buio e soprattutto sempre più freddo, ci vestiamo veloci e Dean ci prepara delle grosse coperte, ci aspettano 8 km di sterrato per arrivare al lodge, siamo troppo impegnati a cercare altri animali, non pensiamo al freddo, e ci godiamo la tavolozza di colore di quel tratto di cielo dove è appena calato il sole. Poi come per magia il cielo si illumina di stelle, mentre Patrick e Giulia non riescono a contenere l’entusiasmo, il loro primo piccolo safari… Di ritorno al lodge ci aspetta una cena fantastica, prosciutto di black forest con juacamole e verdura, zuppa di pomodoro con crostini, tortino di sfoglia con carne di springbok su sugo di funghi, contorno di patate e carote e come dessert gelato in una rete di caramello con tortino caldo. Niente male per essere in Africa! Per i bambini: spaghetti al ragu di carne, pesce impanato e patatine fritte, non poteva andare meglio, hanno divorato tutto (merito degli animali???? ce ne portiamo qualcuno a casa o ci trasferiamo qui per sempre???). Tutti a nanna, ma prima togliamo mezzo chilo di sabbia rossa dalle scarpe e buona notte! M26/5 Inizia un nuovo giorno. Dopo una abbondante colazione e aver caricato la jeep, alle otto e mezzo partiamo alla volta di Marientall dove ci fermiamo a fare un po’ di spesa, di benzina e in banca, naturalmente tutto ai lenti ritmi africani. Siamo nella terra dove si parla Africaner, un incrocio di tedesco e olandese. Poi via veloci sulla strada asfaltata che porta a Malhtoe. Da lì inizia una altra avventura: lo sterrato. Fa un certo effetto vedere negli specchietti, la nuvola di polvere che il nostro mezzo alza. Attraversiamo paesaggi sempre diversi, zone aride, di montagna, pietraie e immense praterie fino a scendere per trovarci in una grande valle gialla , il giallo slavato dell’erba secca. Dopo 180 Km. Di polvere a 60-80 km\h, ecco il nostro lodge, il Desert Homesteat. Non ci fermiamo ma arriviamo a Sesrim per fare il permesso d’ingresso per il giorno sucessivo a Sassusvlei nel Deserto del Namib. Così domattina non dovremo fare grosse code e appena apriranno i cancelli, alle sei e mezza ci infileremo sulla pista che ci porterà nel bel mezzo del deserto più antico del mondo alle prime luci dell’alba. Adesso tutti al lodge, per una tappa in piscina prima che il sole tramonti, poi una doccia calda in questo lodge particolarissimo, formato da tante quadrate capanne in paglia e mattoni, in fila nella prateria assolata dove sembra di tornare indietro nel tempo ma tutto è molto pulito ed elegante. La nostra veranda ci permette di ammirare un paesaggio splendido e dopo una abbondantissima ottima cena (qui non hanno idea delle dosi europee, sembra che con un piatto debbano sfamare un esercito) ci fermiamo ad ammirare le stelle. Poi a nanna presto, domani mattina la sveglia suonerà alle 5.30 per essere tra i primi all’ingresso del Namib. Notte notte…. A dimenticavamo: oggi era il nostro nono anniversario di nozze. G 27\5 Aiuto, alzarci alle 5.15… Ma ci siamo riusciti! In macchina alle 5.50 e via per arrivare rapidi al cancello di Sesrim. Dopo 45 km ecco la famosa duna 45, la più fotografata e spettacolare del mondo, una grande esse che dalla pista arriva fino quasi al cielo, sono le prime luci dell’alba e sulla cresta della duna si scorgono alcune sagome, sono coloro che, con un pass speciale sono entrati in anticipo per ammirare l’alba dalle dune. Noi non potevamo chiedere così tanto ai nostri cuccioli, la notte fa freddo e bisogna camminare per 2-3 ore. Ma armati di buon coraggio siamo arrivati al parcheggio dei 2×4 e con una navetta fuori strada ci siamo fatti accompagnare all’inizio del sentiero per il Deadvlei, un grande lago morto. Ci incamminiamo nella sabbia del Namib, si fa fatica, è Patrick a incitarci ad andare avanti. Dalla cima della duna ci appare di colpo questa grande spianata bianca puntellata di neri scheletri di albero e circondata da un muro di sabbia arancione che si staglia nel cielo azzurro. Pochi passi e arriviamo in fondo, foto di rito, esplorazione di questa bianca depressione e su di nuovo veloci perchè la navetta ci aspetta… Patrick e la supermamma, naturalmente, si lanciano di corsa dalla duna e arrivano in fondo con sabbia ovunque, persino nelle mutande, ma questo non li ferma, ridendo decidono di rifarlo anche a Sossusvlei. Intanto papà e Giulia immortalano tutto divertiti. Arriviamo a Sassusvlei dopo 4-5 km di gincane nella sabbia e subito ci appare davanti una bella grande duna da scalare. Questo antico lago asciutto è molto più grande; ci si arriva direttamente con le jeep e, proprio per questo, perde un po’ di fascino. Si inizia la scalata, a metà della ripida cresta diventa sempre più dura e allora prosegue solo la mamma. Si deve stare attenti a dove si mettono i piedi, altrimenti si scivola giù per il pendio di sabbia. Che emozione, una distesa enorme di dune arancioni si staglia davanti, un oceano, solo il rumore del vento, un paradiso che non si può dimenticare. Poi ritorniamo alla nostra Nissan 4×4 e partiamo alla volta del Sesrim Canyon. Una oretta ci divide dalla metà e allora Patrick e Giulia ne approfittano per dormire. Gli ultimi km sono di sterrato, dei peggiori, ma nonostante gli scossoni si sveglia solo Patrick, Giulia dorme proprio ovunque. Eccoci al canyon e visto che la topina dorme, solo la mamma e Patrick scendono a scoprire questo nuovo posto. Come due grandi esploratori si addentrano, è Patrick la guida esperta, e accompagna la mamma dritto al laghetto in fondo al canyon, foto da pazzerelli e ritorno, immaginando ad ogni passo di essersi persi in questo labirinto di rocce rosse…. “sembra quasi Petra” è la frase che ripete di continuo Patrick, per lui una nuova esperienza come una grande avventura! Sono passate già 9 ore da quando ci siamo svegliati, adesso siamo tutti impolverati ma felici. Quindi tappa in piscina del lodge per un po’ di relax, merenda con the, torta e muffin, poi doccia e a cena sperando di non scoppiare dal troppo cibo…. Poi come al solito: tanta nanna. V28\5 Sarà per abitudine, ma ormai ci si sveglia sempre prestissimo. Alle 5.40 siamo tutti perfettamente operativi, allora si chiudono le valigie, si carica la jeep e via a fare colazione. A colazione ci ritroviamo con altri italiani e ci si scambiano opinioni e prossime mete. Alle 7.30 tutti a bordo e via veloci nella polvere, ci aspettano parecchie ore di viaggio per raggiungere l’oceano. Durante il tragitto troviamo il cartello che delinea il passaggio del Tropico del Capricorno, poi puntiamo a nord passando per due profonde gole che improvvisamente fendono le pianure namibiane, e come la strada ne viene inghiottita, così poi viene risputata, in una vertiginosa discesa e ripidissima salita. Il paesaggio muta di continuo, prima dolci e gialle vallate, poi gole rocciose, poi immense pietraie. Superati i due canyon deviamo per una pista secondaria che attraversa una parte di Naukluft Park per raggiungere le due oasi di Ganab o Hotsas, anche qui ci vuole un pass e noi siamo super attrezzati. E’ una pista solitaria, ma è quella che ci farà vivere le emozioni più forti, paesaggi tipo “la mia Africa” tra branchi di antilopi, zebre, struzzi e orici. Tappa in area da picnic lungo la pista, in oltre mezz’ora non passa neppure un’auto, siamo proprio fuori dal mondo! Tornati sulla pista principale dopo qualche km facciamo un’altra deviazione per ammirare le welwitschie, particolari conifere tra le piante più antiche del mondo, una specie di enorme fiore secco radente il suolo circondato da lunghe e arricciate foglie. Altra tappa fondamentale di questa zona è Moonlandscape, come dice il nome uno spettacolare paesaggio lunare. Da alcuni punti panoramici ammiriamo questo dipinto di rocce erose dall’acqua e dal vento che hanno creato un impressionante distesa senza tempo. E’ ormai pomeriggio e veloci ci dirigiamo verso Swakopmund, una cittadina del tutto simile a quelle che si trovano in Germania con case dai tetti a punta e alti campanili di chiese, un pezzo di Germania trapiantata su questa inospitale, grigia, ventosa e nebbiosa costa atlantica . Facciamo due passi nel centro. Qui, in Namibia la cosa strana è che bisogna sempre dare una mancia a dei ragazzi perchè ti controllino l’auto, ma se questo serve a non farsi derubare va bene così, in fondo il lato brutto c’è in ogni posto. Dopo aver fatto la spesa al solito Spar e aver prenotato un tavolo in un ristorantino sul molo per la cena, ci dirigiamo alla nostra GuestHouse…. Una piacevolissima sorpresa ci aspetta, la pensioncina si presenta come una bella villetta, gestita da una coppia con un bambino Nicolas di 2 anni. Ci sono poche stanze, splendide e arredate con gusto, ognuna ha un bel caminetto da accendere (che gheba che avem fat) e dei bagni enormi. Sono state progettate da un architetto, il proprietario della casa, marito di una signora che parla perfettamente l’italiano. Doccia super veloce e via a cena, a base di calamari fritti e alla piastra con contorno di riso e patatine fritte, il tutto annaffiato con un ottima birra.

Cotti, cotti torniamo a casa e buona notte!!! Domani ci aspetta una crociera nell’atlantico, pranzo a base di ostriche e un pomeriggio in fuori strada sulle dune a picco sul mare.

S29\5 Alle 7.00 siamo tutti a colazione, una di quelle super, che non trovi nemmeno nei migliori hotel lusso, eppure è tutta per noi, unici presenti questa notte nella piccola Sandfield GuestHouse; 5 camere appena, ma di gran classe. Alle 8.00 siamo in auto diretti a Walwis Bay a ca. 40 km di distanza, ai piedi delle dune del Namib desert, cittadina portuale adagiata su una laguna ricca di fauna ittica. Da qui infatti parte la nostra escursione a bordo di un motoscafo, assieme a una coppia spagnola, una coppia tedesca e una belga. In due ore di navigazione vediamo una infinità di pellicani e gabbiani, milioni di flamingo e aironi, due delfini, una otaria particolarmente giocherellona e migliaia di altre foche che si ammassano lungo la spiaggia interna alla laguna di cape Pellican, lembo di sabbia piatta che si spinge nel freddo oceano Atlantico per decine di km. In prossimità della colonia di foche, dopo aver aggirato anche alcune grosse navi cargo, facciamo il trasbordo su due fuoristrada LandRover per proseguire via terra, sono ormai le 11. La seconda 4×4 è riservata alla Rella Family in the world che assieme al pilota austriaco si accinge ad una cavalcata indimenticabile sulle difficili dune del Namib costiero. Dopo alcuni chilometri sul bagno-asciuga oceanico, che vira al viola ferroso per lunghi tratti, ci ritroviamo prima tra una selva di piccole dune costiere costellate di bassa vegetazione sul lato oceano e poi, tutto ad un tratto, ad arrampicare maestose dune di finissima sabbia chiara. Dopo il freddo della navigazione mattutina arriva il caldo del deserto di mezzogiorno e così piano piano, da supervestiti (tenuta invernale con tanto di berretto di lana e piumino) ci ritroviamo nel classico abbigliamento di piena estate. Visto il mare di sabbia che ci circonda, riponiamo scarpe e calzini nel fuoristrada (le reindosseremo solo a fine giornata) e, ad ogni sosta, ci catapultiamo prima giù e poi su da queste vertiginose montagne di sabbia tipo borotalco, una volta rotolando, l’altra saltando e correndo. Non abbiamo mai visto i nostri figli giocare e ridere così felici e liberi di esprimere la loro gioia di vivere sicuri di non poter imbattersi in alcun pericolo. Arriva così l’ora del pranzo e, mentre noi ancora ammiriamo lo stupendo scenario sahariano dalla cima di una duna, le nostre guide hanno allestito un banchetto da mille e una notte in fondo nella depressione tra le dune. Raggiunto il succulento pranzo ci sfamiamo con ostriche, calamari, involtini, pasta, uova, frittata, polpette ecc… Annaffiando il tutto con un buon champagne e dell’acqua. In conclusione the, caffe e biscotti. E’ ora di rimettersi in marcia e qui comincia il bello: un rally tra le dune salendo impossibili pendenze e discendendo vertiginose rampe lasciandoci trasportare sulla sabbia dalla sabbia stessa e dalla forza di gravità. Patrick, Giulia e la mamma urlano la loro carica di adrenalina ed eccitazione ad ogni salto o impossibile discesa nel vuoto, nemmeno la montagna russa più spinta potrebbe farci provare simili emozioni, per di più in un paesaggio unico. Così di duna in duna, di sobbalzo in sobbalzo, ci ritroviamo su in alto, a picco sul mare, sopra a Sandwech Arbour, su immense dune, muraglie di sabbia tra mare di sabbia e oceano di acqua. Con il sole che si abbassa sull’oceano tutto il deserto da qui in alto sembra un enorme voluttuosa massa di dolci colline dorate. Verrebbe voglia di tuffarsi in mare, laggiù, un centinaio di metri più in basso. E’ ora di rientrare, ma prima di arrivare a Walwis Bay ci fermiamo anche ad ammirare le enormi saline nella baia scandite dalle grandi piramidi bianche di sale. Al tramonto rientriamo alla nostra dimora, stanchi e felici. Patrick, che non ha dormito in tutto il giorno, crolla sul letto in un profondo sonno. Chissà cosa porterà con se in Italia di questa stupenda giornata in stile Parigi-Dakar. Buona notte. Domani inizia la parte di vacanza più avventurosa, fuori dalle principali rotte, su piste meno battute. Finalmente arriveremo nell’Africa dei neri, lasciando quella dei bianchi. D 30/5 Ci svegliamo in una cittadina completamente immersa nella nebbia, ogni giorno qui il paesaggio muta in maniera sconvolgente. Oggi ci aspetta una tappa molto lunga, partiamo presto salutando i nostri amici Nicolas e il cane Bingo e ci dirigiamo verso Cape Cross, circa 2 ore a nord verso la Skeleton Coast. Questo posto ha la particolarità di essere una delle colonie di otarie più grandi al mondo, non avremmo mai pensato di poterne vedere così tante. Giulia e Patrick sono estasiati, oltre che per l’infinita presenza di questi buffi e simpatici esemplari anche per la forte puzza che ci riservano. Saliamo di nuovo in jeep e dopo mezz’ora circa entriamo nel parco naturale della Skeleton Coast, due grossi teschi sul cancello d’ingresso ci fanno capire quale sarà il tipo di paesaggio per i prossimi km. Ci ritroviamo nel nulla, su una scivolosa strada di sale e terra battuta, accerchiati solo da distese infinite di sabbia e ghiaia grigia, sassi e mare, immersi in un forte vento che a tratti alza un gran polverone. In alcuni momenti abbiamo visto l’effetto della Fata Morgana, veri e propri miraggi di acqua della nostra immaginazione. Questo deserto riserva sorprese. Cosa avranno pensato gli sfortunati che, confusi dalla nebbia perenne, si arenavano in passato su questa costa invivibile? Qualche relitto è ancora visibile lungo la spiaggia. Dopo più di due ore siamo al cancello di uscita 150 km. Più a nord con la nostra Nissan 4×4 (un tempo bianca) ormai color sabbia. Lasciamo per sempre questo strano posto inospitale e con nulla al suo interno, ma proprio per questo affascinante, e ci avventuriamo nel Damaraland. Qui ogni km si colora, si passa dal grigio al giallo dell’erba, dal verde degli alberi al rosso delle rocce e delle falesie in arenaria delle sue montagne. Incontriamo branchi di zebre di montagna, orici, springbok, struzzi e tante mucche e asinelli. Finalmente, questa zona si popola e ogni tanto sorgono delle farm, qualcuno lavora, ma qui i ritmi sono lenti e assonnati in una domenica di inverno namibiano. Alcuni bambini Damara, impegnati a fare avanzare uno sgangherato carretto trainato da un asino, ci salutano e noi contraccambiamo donando loro alcuni giochi portati dal casa e dei leccalecca. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Twyfelfontein, il nostro lodge è quasi invisibile dalla strada, è perfettamente mimetizzato nella natura che lo circonda, con enormi pietre rosse che fanno da tribuna a questo affascinante paradiso di casette con i tetti di paglia ai piedi di una rossa falesia. Giusto in tempo, per una puntatina in piscina e poi a cena sulla terrazza coperta, affacciata sulla piana sottostante, con spettacolo finale di tutti i camerieri e cuochi che ci intrattengono con canti e balli tipicamente africani. Giulia ha conquistato tutti, i camerieri la coccolano e la viziano come una principessa, infondo che male c’è, in questo paradiso si può anche concedersi il lusso di essere delle vere principesse!!! A domani…. L31\5 La nostra giornata inizia un pochino più lentamente, ci alziamo verso le 6.30 e dopo una buona colazione, carichiamo la jeep e partiamo per andare a vedere le pitture rupestri boscimane sulla rossa arenaria di questa bella parte di Namibia. Il giro dura circa 45 min, accompagnati da una guida scopriamo questi antichi disegni di animali tra cui, stranamente, anche alcuni pinguini e foche, il che significa che questi antichi camminatori erano arrivati anche sulla costa. Patrick e Giulia sono due veri arrampicatori e scalano queste rocce rosse con un agilità sorprendente. Al termine ci spostiamo di circa 50 km, fino alla foresta pietrificata. Qui si trovano delle grandi conifere che si suppone siano state trasportate dall’acqua tantissimi milioni di anni fa, per poi fossilizzarsi e assumere la solidità di grandi pietre. C’è ne sono di lunghe oltre 30 metri, con ancora parte di corteccia e nodi. Nell’area pic-nic ci fermiamo per un pranzo veloce, dobbiamo raggiungere Palmweg, un posto dove potremmo imbatterci in elefanti di montagna, giraffe, leoni e rinoceronti. La pista è come sempre polverosa e a tratti veramente brutta, pietrosa e parecchio ondulata, ma piano piano la nosrta 4×4 mangia i km che ci separano dal lodge, dalla piscina…. Raggiungiamo la linea rossa, barriera attraverso l’intera nazione che separa la zona dove le carni bovine sono certificate da quella dove non lo sono e quindi solo per sussistenza e non per commercio, in realtà separa la Namibia dei bianchi da quella dei neri. Ai cancelli, ci chiedono se trasportiamo animali e poi Thomas una guida del posto ci propone una gita di qualche ora per ammirare gli elefanti di montagna. Troppo sicuro di se, ci assicura di poter fotografare questi grandi animali, ma ahimè ci ritroviamo ad immortalare solo grandi branchi di zebre, springbock, kudu e solo dopo 3 ore ci imbattiamo in una solitaria ed elegante giraffa. La pista, se così si può chiamare, che ci fa percorrere all’interno di un parco naturale, è un vero e proprio rally tra sassi, sabbia, terra, erba, siamo costretti ad innestare il 4×4 perché il terreno è assolutamente impraticabile, vediamo le orme di elefanti e anche di rinoceronti ma di loro nessuna traccia. Ad un certo punto, attraversando il greto sabbioso di un fiume scorgiamo le orme di un leone e allora deviamo nel pietroso fondo di questo torrente asciutto ma dopo un estenuante percorso con 4×4 inserito, nessun leone. Il papà da grande prova di essere un bravo pilota, ma si ritroverà stanchissimo e ormai fuso alla fine del percorso. Questo doveva essere il nostro regalo di compleanno, un safari per ammirare gli elefanti, ma l’unico elefante di montagna che abbiamo visto è stato il nostro super papà Roby. Anche questa gita però, ci ha però riservato grandi emozioni: l’ avvistamento delle orme di leoni, delle orme di due elefanti, una mamma e il suo piccolo, e delle orme di rinoceronte fanno palpitare di emozione, chissà come sarà quando li vedremo veramente, zigzagare tra le pietraie e i bush seguendo le loro orme riporta ai film con le battute di caccia. Ma il sole scende veloce e il buio è ormai alle porte, rinunciamo dando alla guida solo parte del compenso pattuito, non avendo visto ciò che ci assicurava all’inizio. Torniamo al lodge stanchi, impolverati e affamati. Doccia di rito e via a cena. Assurdo, in stanza ci ritroviamo le trombe da stadio, a cosa servono??? Se qualche elefante si presenta alla porta della tua stanza, allora l’unico modo è suonarle così arrivano i guardiani a mandarlo via. Che spettacolo, allora speriamo di essere svegliati da qualche barrito!!!! M 1/6 Alle 6.15 un grande elefante bussa alla porta dell’alloggio della mamma e di Giulia, ma è solo il papà, che ci chiama per andare a colazione. Ci rimettiamo in marcia, ripercorriamo una parte di parco, ci aspetta una lunga e difficile tappa, ma incontreremo sicuramente popolazioni Himba e Herero. 230 km ci separano da Opuwo prima cittadina considerata veramente Africana dove noi saremo gli unici bianchi, ultimo avamposto prima del niente che ci aspetterà domani. Prima di oltrepassare il passo di Juberth troviamo la prima comunità herero, siamo a Warmequelle agglomerato di capanne rettangolari in legno, fango e sterco o, per i più fortunati, mattoni e lamiera. Ci fermiamo e regaliamo ai bambini giochi, vestiti e scarpine. Le ragazze ci chiedono subito abiti anche per loro, ne regaliamo qualcuno. Contrattiamo con alcuni uomini la possibilità di fare qualche fotografia assieme alle loro mogli che indossano i tipici vestiti colorati con buffo copricapo ereditati dal periodo di colonizzazione tedesca di fine ottocento. La foggia degli stessi rimanda infatti agli abiti delle mogli dei primi coloni con copricapo a caramella, ma reinterpretati e colorati. Li salutiamo felici di aver dato loro qualcosa, ma soprattutto di aver ricevuto noi un grande insegnamento: per essere felici non servono tante cose materiali! Maciniamo ancora km di polvere e troviamo una famiglia Himba che chiede un passaggio per Opuwo (siamo a circa 90 km di distanza o, meglio, a due ore), purtroppo non abbiamo sufficiente spazio, dovranno attendere ancora qualche ora per il passaggio del prossimo mezzo. Ci fermiamo comunque a bordo pista, a parlare un po’ con loro, tramite quel poco di inglese che conoscono e con il solito linguaggio internazionale dei gesti. La donna è di una bellezza sorprendente con grandi trecce marroni, impastate e indurite con una miscela di burro, cenere e ocra rossa, è nuda, a parte un gonnellino in pelle, e tiene in braccio una bimba bellissima di 6 mesi. Entrambe hanno la pelle cosparsa di ocra. Esso dona loro un riflesso ocra su tutto il corpo, protegge la pelle dal sole e la mantiene giovane. Anche a loro regaliamo alcune cose, la ragazza mi chiede se anche io allatto ancora Giulia, rimane sorpresa e quasi delusa quando le dico di no e mi mostra il suo seno con orgoglio ancora carico di latte. Sono di una dolcezza e ingenuità impressionante, ci lasciano un ricordo piacevole di questa popolazione ancora primitiva. Giulia è estasiata da questi bimbi con la pelle nera e dei corti corti capelli riccioluti, hanno grandi occhi da cerbiatto e sorrisi unici. Poco più avanti, altri bambini Himba controllano un gregge di capre. Ci fermano e dopo avergli regalato lecca lecca e giochini li lasciamo al loro lavoro. Ci inerpichiamo per salite e mulattiere impossibili dove superiamo alcuni tratti di pietrame in prima, ci è mancato un niente ad inserire il 4×4, poi ci ritroviamo ad attraversare un altopiano dal verde lussureggiante cosparso di enormi termitai, vere e proprie colonne di terra alte più di due metri. Il nostro pranzo si svolge all’ombra di un albero di mopane mentre ammiriamo dei grandi baobab, le grandi piante tipiche africane dalla corteccia liscia e grigia con enormi e sproporzionati tronchi e rami tozzi senza foglie. Siamo entrati nel Kaokoland, estrema regione Namibiana, sul confine con l’Angola, dove nemmeno ti vengono a recuperare se hai un problema con il mezzo, dove diventa quasi impossibile ogni rapporto con la civiltà. Ripartiamo stando attenti alle innumerevoli mandrie di bovini dalle larghe corna, che ci attraversano la strada, naturalmente sempre dopo un dosso che li nasconde alla vista. Ancora pochi km di pista facile ma parecchio ondulata e siamo a Opuwo: un mare di bambini si riversa nelle strade tutti con la loro divisa di scuola, ci fermiamo in una specie di market ad acquistare succo e pane per i prossimi giorni. All’interno non c’è molto, solo pochi generi alimentari, alcuni pezzi di abbigliamento e qualche coperta. E buffo vedere la mamma in fila alla cassa tra donne Himba quasi totalmente nude, donne Herero con i grandi vestiti floreali e i strani copricapo, e alcuni uomini vestiti a festa. Sicuramente i pochissimi turisti stridono in questa bolgia di colori e profumi intensi, in questa allegra confusione africana che pervade la principale strada di Opuwo. Siamo completamente pieni di polvere e quindi ci dirigiamo veloci al lodge per un tuffo in piscina. Alloggiamo al Opuwo Country Lodge, uno splendido hotel tutto in stile africano, adagiato su di un verde pendio, con camere di gran lusso e con vista su una valle incantevole. Perfino la piscina in pietra nera si affaccia sulla valle che porta in Angola, facendo cadere l’acqua verso valle. Dopo un bel bagno rigenerante e un pomeriggio di sole ci prepariamo per una cena che ci auguriamo possa essere all’altezza della struttura. M 2/6 Ormai, come tutte le mattine siamo svegli molto presto. Partiamo alla volta delle Epupa Falls, passando nuovamente da una sonnacchiosa Opuwo. La pista ci si presenta subito bellissima, rispetto a quelle dei giorni scorsi. Dopo pochi km ci imbattiamo in una scuola, i bambini si riversano in strada, sono centinaia tutti attorno alla nostra jeep. E’ un grosso vociare, ci chiedono di tutto, cibo, vestiti, penne e purtroppo anche soldi. Non avendo regali per tutti decidiamo di lasciare loro un pallone, unico gioco che potrà accontentare tutti e li salutiamo. Il nostro 4×4 corre veloce fermato soltanto da alcuni ponti in cemento che ti obbligano a rallentare per non finire fuori strada, essendo gli stessi molto più stretti della pista e ad una quota differente. Un ragazzino, con il suo grande gregge ci libera la strada dai suoi animali e noi, grati, gli doniamo un lecca lecca. Vuole essere fotografato, fiero con il suo bastone, con sullo sfondo i suoi animali. Ci rimettiamo in marcia, 180 km separano le Epupa Falls da Opuwo, calcoliamo 3 ore di viaggio. Passiamo per grandi distese di boschi verdi, sul fondo grandi montagne, guadiamo fiumi più o meno secchi, sobbalziamo su serie infinite di saliscendi, puntando diritto verso l’Angola. Ogni tanto si vedono le case e i villaggi Himba, costruiti con sterco mescolato a fango spalmato su rami di legno di Mopane, questi luoghi catturano centinaia di foto, ogni scatto un’emozione, un sorriso. Fortuna che abbiamo caricato le valigie di giochi, leccalecca e abbigliamento, è una grande festa ogni volta. Gli ultimi 20 km sono di pista sconnessa e poi, come per magia, di fronte a noi si staglia una grande oasi, in fondo ad una valle, con un palmeto, in riva al fiume Kunene, che separa la Namibia dall’Angola. Andiamo subito al lodge, un campo con grandi tende, costruite in parte in muratura e in parte in paglia e legno, in riva al fiume, il posto è spettacolare, la forza dell’acqua potente, sembra di trovarsi in un campo di esploratori in luoghi estremi. Ci siamo praticamente solo noi e i gestori, oltre a rari viaggiatori solitari in tenda propria. Partiamo subito per esplorare l’idilliaco luogo, per vedere da vicino le grandi e roboanti cascate. Un cane ci segue, non ci lascia mai soli, scopriremo poi essere del nostro lodge, quasi avesse il compito di controllarci. Raggiungiamo un punto panoramico sulle cascate, la potenza è sorprendente, le goccioline d’acqua arrivano fino a bagnarci il viso, eppure siamo distanti. Un placido lento fiume africano, popolato di coccodrilli, nella giungla, che ad un tratto viene inghiottito dalla terra per cadere per oltre settanta metri all’interno di un canyon tra le rocce, formando infinite cascate che cadono nella spaccatura da ogni parte uscendo, in basso, sottoforma di gorgoglianti rapide impetuose. Ci fermiamo a fare acquisti ad un mercato Himba, inizia la lunga trattativa ma alla fine troviamo l’accordo regalando loro, oltre al prezzo pattuito, abiti e lecca lecca per i bambini. Un ragazzo di 18 anni, Owen Jabbo, si propone come guida per l’intero pomeriggio. Dopo aver acquistato, farina di manioca, olio, tabacco, sale e zucchero, da donare come ringraziamento per l’ospitalità al capovillaggio, ci accompagna in un cral Himba a 15 km da Epupa. Che bellezza queste donne Himba ricoperte di ocra e gioielli, con le caratteristiche capigliature a trecce interrate. Ci mostrano le loro case, il loro modo di vivere, ci insegnano alcune parole (come moro moro = ciao) e si lasciano fotografare, per poi rivedersi nello schermo della macchina fotografica. Una donna spalma sul braccio della mamma dell’ocra, un modo per condividere una parte delle loro usanze. Tanti bambini ci seguono, bellissimi e con grandi occhi color cioccolato, nei loro abbigliamenti tipici. Decidiamo di regalare loro un pallone e Patrick li invita a fare una partita di calcio. E’ una gioia vedere i nostri figli giocare con altri bambini in una atmosfera così diversa da quella a cui siamo abituati. Ridono tutti felici tra uno scivolone e l’altro, alzando nuvole di polvere per raggiungere il pallone che abbiamo regalato anche a questi bimbi. Dopo le solite foto di rito, tutti i bambini sono interessati a rivedersi nello schermino della macchina fotografica. Un uomo Himba ci chiede un passaggio per Epupa, non abbiamo posto in jeep, ,dietro nel cassone chiuso invece si. Si sistemano così con lui, tra una valigia e l’altra, anche altre due donne cosparse di ocra con i propri averi in sacche fatte di pelli. Nel ritorno ci fermiamo ad una scuola primaria, il maestro ci lascia entrare in classe e li sulla lavagna insegniamo alcune parole italiane a questi bambini curiosi. Il loro orario di scuola è composto da 8 ore di lezione e la mensa è all’aperto su dei sassi attorno al fuoco. Siamo noi, i diversi, ci toccano i capelli estasiati, accarezzano Giulia come se fosse una preziosa bambola di porcellana, le bimbe più grandi fanno a gara per prenderla in braccio o per spingerla in altalena. I maschi invece vogliono Patrick a giocare con loro su un gioco di corde e scivoli, sono molto ospitali, ci regalano una bandiera italiana disegnata da loro. Un ricordo prezioso che saremo felici di portare in Italia assieme alla dolcezza e ingenuità di questo popolo dalle usanze antiche. Ormai purtroppo, solo gli Himba di montagna resistono ancora alla penetrazione del consumismo occidentale; una etnia che sembra destinata a perdere mano a mano la sua unicità che si è finora mantenuta grazie all’isolamento di questa estrema regione. Il maestro ci chiede un aiuto per poter portare in gita all’Etosha la classe e noi felici di contribuire lasciamo un contributo. E’ tutto certificato dal ministero e questo ci fa essere certi che questi soldi saranno utilizzati per una giusta causa. Dopo aver scaricato i tre Himba, che si sono fatti un viaggio da paura tra buche e scossoni, rinchiusi nel cassone portabagagli del nostro mezzo, Owen ci propone di andare in cerca di coccodrilli; cosa potevamo rispondere??? SIIIIIII. Anche questa volta strade da panico e nessun coccodrillo, ma una bella passeggiata tra le palme in riva al grande fiume e un altro passaggio ad un altro uomo. Salutiamo stanchi, Owen, è stata una guida esemplare ci ha spiegato tutto e ha tentato di imparare tante parole italiane. Impressionate la facilità di apprendimento di questo ragazzo e soprattutto la voglia di conoscere per diventare una guida esperta in tutte le lingue. Ci confida il suo sogno di viaggiare in Europa e il nostro pensiero va subito ai ragazzi italiani che hanno tutto e non sono mai felici di nulla. Rientrati al lodge, tutti pronti per una doccia, siamo sporchissimi, ma l’acqua dalla doccia non scende, neppure questo riesce a toglierci il sorriso, la giornata trascorsa è stata talmente ricca di emozioni che, questi imprevisti ci fanno soltanto ridere… E allora bimbi nel lavandino e risciacquo a bicchieri d’acqua (per la verità un po’ marrone). Veloci a cena in riva al fiume sotto a una copertura in legno e paglia, con il sottofondo della dolce musica dell’acqua che cade dalle rocce. E, come sempre, si crolla a letto stanchi ma più felici. G 3\6 Ci svegliamo con il cinguettio degli uccellini e il roboante rombo delle cascate poco distanti, alle prime luci dell’alba che filtrano dalle zanzariere della tenda. Sembriamo dei perfetti esploratori al campo nella giungla. Prima di colazione perlustriamo l’idilliaco luogo che alle prime luci del sole emana una paradisiaca tranquillità. Dopo un po di relax sull’amaca a bordo fiume ci sediamo a colazione al tavolo appositamente preparato per noi sulla riva del fiume, … e se sale un coccodrillo? Niente paura, le lente acque proprio in quel punto acquistano impeto e iniziano la veloce corsa, tra le rapide, fino alle cascate: non è l’habitat ideale dei grandi rettili africani. Si parte verso le sette e mezza per una tappa di puro trasferimento verso il parco nazionale Etosha. La nostra meta per oggi è il Kavita Lodge nei pressi di Kamanjab. Ripercorriamo la tortuosa pista del giorno prima fino a Opuwo e, nei 180 km che ci separano da questo crogiolo di etnie africane più disparate, regaliamo le ultime cose che abbiamo portato dall’Italia. Dopo il rifornimento carburante e il controllo olio e acqua, nell’unica pompa ancora fornita di benzina, ripartiamo finalmente su asfalto, dopo tanti giorni. I 250 km finali passano rapidamente e alle due del pomeriggio siamo al lodge per un pomeriggio in piscina. Calato il sole ci inoltriamo a piedi tra il bush della savana fino ad una postazione di birdwoching. Attenti a serpenti e scorpioni, passiamo una oretta da naturalisti. Nadia, nel frattempo, ha prenotato un veloce Game drive per domani mattina presto, specifico per la visione dei leoni che la fondazione presente nel lodge, recupera e reinserisce in natura. Purtroppo non sono ammessi i bambini piccoli come i nostri e quindi il papà rimarrà con loro. Poi doccia, cena all’aperto: zuppa di entrata attorno al falò e poi grigliata con fiaccole in giardino. Durante la cena arrivano anche due ospiti non attesi: si tratta di due enormi istrici di circa 15 kg l’uno che si abbuffano in un angolo buio, di mele e verdura. Naturalmente, per tutta la cena, Patrick e Giulia non parlano di altro. Ora tutti a nanna. I bambini sono ansiosi perchè domani si arriva in Etosha e sono garantiti interessanti avvistamenti di animali, elefanti e rinoceronti compresi. V 4\6 Sveglia alle 5.45, la mamma è attesa alle 6.15. Sarà l’unica ospite ad effettuare questo piccolo safari mattutino. La guida, è un ragazzo di 35 anni nato in Botsowana, per anni anche lui ha ucciso i leoni che facevano strage delle sue mucche, poi è arrivato al parco Etosha e ha deciso di iniziare a salvaguardare questa specie unica e ormai rara in Africa. Fino a 50 anni fa i leoni presenti in Africa erano oltre 500.000 oggi sono 350.000. Ogni anno la fondazione reintegra dai 40 agli 80 leoni. Si parte con la jeep scoperta verso la scuola, spiega come lavorano con i leoni, quali sono le prime cure che prestano a quelli feriti, come accolgono le scolaresche in gita e quali sono le aree più popolate da questi felini. Dalla dimensione dei canini si può capire l’età, mentre i puntini sul muso sono le loro impronte digitali. Ogni anno purtroppo muoiono tanti leoni intrappolati nelle tagliole, ne mostra una affilatissima. Poi, sempre in jeep, si percorre un tratto di pista nel bush e poi un ultimo tratto a piedi, fino ad una postazione di osservazione. Il primo pensiero appena seduta davanti alla pozza: “la solita fortunata, non c’è nulla!” e invece, a 3 metri mimetizzato nell’erba, un grande maschio è impegnato a mangiare. Si blocca il respiro, è di una bellezza inimmaginabile, regale. Si alza, sfila davanti a 2 mt e va a bere alla pozza. Poi, come per magia arrivano: uno, due, tre, quattro… Che spettacolo: 3 femmine e 2 maschi li a pochi passi. Nadia è pietrificata, immobile, scatta una raffica di foto, pensa a quello che si sono persi Patrick e Giulia e Roberto, li riprende con la telecamera per poterglieli mostrare. Visto che questo Game drive è particolarmente pericoloso, se non si rispettano certe regole, è vietato ai bambini e quindi Roberto si è offerto di rimanere con loro. I minuti scorrono veloci, loro sono li sdraiati, mentre si leccano le zampe, poi come sono arrivati, uno alla volta se ne vanno. Indescrivibile. Eccitatissima, Nadia rientra al lodge con tante cose da raccontare durante il viaggio mattutino per raggiungere il parco Etosha. Alle 12 entriamo nel parco, subito un gruppo di manguste in mezzo alla strada. Raggiungiamo il lodge a Okaukuejo e, mentre facciamo il check-in, subito un turista ci racconta di un avvistamento di leoni presso una pozza a pochi km da lì. Molliamo letteralmente le valige in camera (una bellissima villetta con 2 camere, 2 bagni e cucina) e via a caccia. Arriviamo al luogo indicato e sono proprio lì: 5 leonesse controllano la pozza stiracchiandosi al sole, attorno sprinbock, orici e zebre si avvicinano a bere con cautela, controllando i movimenti delle leonesse. Una di loro parte in battuta di caccia, non è molto convinta e torna senza nulla a sdraiarsi con le altre. Patrick e Giulia sono ammutoliti, non credono ai loro occhi, non è facile trovare i leoni ma oggi è il nostro giorno fortunato. I bambini ripetono in continuazione: ”siamo in un documentario” Continuiamo il nostro giro, zebre, orici e sprinbock ovunque, vediamo anche due giraffe intente a mangiare. Percorriamo una strada che spesso utilizzano anche gli elefanti, ma di loro nessuna traccia. Un serpente ci attraversa la strada. Raggiungiamo un’altra pozza, quella di Aus, dove 2 elefanti stanno bevendo. Finalmente riusciamo a vederli, li ammiriamo per un pochino e poi avanti, ma appena girata una curva un gruppo famigliare di 6 elefanti sono nel folto bush lungo la strada, intenti a mangiare. Decidiamo di ritornare alla pozza perchè sicuramente saranno diretti lì. Non tardano molto ad arrivare: ora sono 8, tra cui 2 piccolissimi. Ci lasciano a bocca aperta. Il maschio lascia la pozza per permettere alle mamme con i piccoli di entrarvici per bere e lavarsi, le mamme sono molto premurose. Le sorprese non sono finite: stiamo per ripartire e ci bloccano la strada altri 8 elefanti per lo più cuccioli. Che spettacolo 16 elefanti soltanto nel primo pomeriggio di parco. Le emozioni qui sono assicurate. Ci teniamo a distanza controllando i due elefanti più grandi, sicuramente il papà e la mamma, sono attentissimi ai loro piccoli pronti ad attaccare al primo pericolo. Siamo costretti a una sosta forzata di 20 minuti, la strada è tutta loro e non intendono assolutamente spostarsi. Mancano 50 min alla chiusura dei cancelli, appena possiamo, una volta che la guardinga madre ha abbandonato la pista assieme al suo piccolissimo cucciolo, ripartiamo velocissimi. Patrick e Giulia vogliono ripassare dal punto dove avevamo visto i leoni e allora li accontentiamo. A poco dalla meta, mentre tramonta il sole, scorgiamo una fiera leonessa a spasso a bordo strada, la seguiamo, ammirando questo felino che sembra di una dolcezza infinita ma che è anche una crudele aggressore. Alla pozza dei leoni ci sono tre elefanti: due maschi lottano per la conquista dell’unica femmina. Quante emozioni. Adesso: veloci al lodge, doccia, cena e alla pozza del lodge perchè alle 20 sono attesi i rinoceronti. Fa sorridere pensarci, ma succede proprio così: alle 19.30 c’è un solo rinoceronte nero che beve tranquillo, ma alle 20 (meglio di un orologio svizzero) si presenta anche l’altro. Qui comincia una strana danza di questi due corazzati, si avvicinano, si allontanano, si arrabbiano con un uno strano verso (assomiglia al cigolare di una porta) e poi si allontanano di nuovo. Sono proprio buffi; se fanno tutto questo baccano tutte le sere per contendersi la pozza sono anche un po’ stupidini. I bimbi sono divertiti e entusiasti: si aspettano chissà quale lotta a suon di corno. A noi sembrano più due amici che hanno messo in scena un bello spettacolo, orgogliosi di essere ammirati da tantissime persone. Che giornata incredibile, e domani? Un altro giorno ci attende, domattina si parte presto a caccia del leone maschio. Notte, sicuramente Patrick e Giulia sogneranno questi spettacolari momenti trascorsi oggi. S 5/6 All’apertura dei cancelli, alle sei e mezza, siamo già fuori in cerca del leone maschio. E’ l’alba, torneremo più tardi a fare colazione, siamo diretti alle pozze di nord-ovest, a circa 40 km, di solito ci sono i leoni, ma troviamo solo orici e sprimbock. Delusi, percorriamo un altro tratto di pista, alla fine di un boschetto ci troviamo davanti 9 bellissime giraffe: 3 piccolissime che impaurite scappano dietro le loro mamme al nostro passaggio, poco distante anche un elefante mangia placido. Ci fermiamo ad ammirarle, hanno un manto lucido, camminano lente, sembra abbiano i tacchi a spillo, sono molto eleganti. Per strada troviamo alcuni buffi Kori, degli uccelli di ca. 70 cm. Simili a piccoli struzzi, alcune volpi e uno sciacallo. Sono ormai le 7.30, Patrick e Giulia non demordono e vogliono vedere il leone maschio, è come trovare un ago in un pagliaio. Prima di rientrare a colazione tentiamo alla pozza dove ieri sera abbiamo visto la leonessa. Proprio in mezzo alla strada c’è una leonessa che si dirige alla pozza. Decidiamo rapidi di andare a posizionarci vicino all’acqua per vederla arrivare ma, sorpresona, alla pozza c’è un enorme esemplare maschio di leone. Bello e fiero, si lascia accarezzare la folta criniera dal vento, mentre guarda la femmina avvicinarsi. Che spettacolo, Patrick e Giulia sono elettrizzati, il leone inizia ad allontanarsi e noi lo seguiamo, ci attraversa la strada a un metro dal muso della nostra 4×4, siamo ammutoliti…. Ci vogliono parecchi minuti prima che qualcuno di noi parli nuovamente. Che squadra ragazzi: da oggi in poi chiamateci i Rella dei leoni, in 18 ore ben 9 avvistamenti. Andiamo di corsa a fare colazione, sarà l’adrenalina ma abbiamo mangiato tutti: wurstel, bacon, pane tostato, yogurt e frutta. Chiudiamo le valige e ci trasferiamo al lodge di Halali, 75 km. Più all’interno del parco. Naturalmente per arrivarci, fra una deviazione e l’altra per controllare le varie pozze, ci impieghiamo quasi tre ore. Troviamo una pozza zeppa di zebre: un intero branco di centinaia di esemplari che arriva da nord, si abbevera e se ne va a sud. Poi replichiamo la pozza di Aus, dove ieri c’erano gli elefanti. Li ne ritroviamo una dozzina di diversa stazza ed età. Alcuni, dopo essersi bagnati, si riempiono di sabbia e polvere, gettandosela con la proboscide. Ripartiamo e incontriamo alcuni Kudu maggiori, grandi antilopi dalle corna tortili, e una serie di Impala. Entriamo verso mezzogiorno e mezzo ad Halali e ci impossessiamo del nostro prossimo alloggio munito di portico con camino per grigliate all’aperto. Tappa rigenerante in piscina e verso le 15 riusciamo per una battuta alla ricerca del leopardo. Siamo superfortunati, e alla prima deviazione ci imbattiamo subito in uno stupendo esemplare di leopardo che sta appostato all’ombra di una acacia, e pensare che si dice che è difficilissimo vederlo di giorno. E’ fermo accucciato nella folta erba ingiallita, quando un gruppo di impala passa nei pressi; “… ora salterà addosso ad uno di loro” pensiamo, ed invece niente. Poi si alza con un balzo felino e si avvicina alla strada nella nostra direzione, ci spaventiamo e chiudiamo i finestrini. Invece inizia una lenta ma elegante sfilata a bordo pista con noi al suo seguito, intenti a fotografarlo e filmarlo, poi si gira e si dirige nella boscaglia allontanandosi. Abbiamo ancora alcune ore prima che faccia notte. Al tramonto chiudono i vari cancelli ai lodge. Decidiamo di allontanarci ad est, verso il Pan, in direzione Namutoni, per cercare di scorgere qualche altro animale e per goderci il rosso tramonto africano. Ci imbattiamo subito in alcuni Dik Dik, piccolissime antilopi di circa 40 cm., poi in altri impala, poi in una mandria di Gnu. E’ ora di tornare ma prima vogliamo battere anche un ultima pozza che di solito, al tramonto, è battuta da leoni ed elefanti. Troviamo sulla strada un enorme elefante maschio che, per fortuna, si sposta e ci lascia passare. Arriviamo alla pozza che sta per tramontare il sole, è già troppo tardi, ma la vista di un grosso esemplare di rinoceronte nero ci fa dimenticare l’ora. Al nostro avvicinarsi, il possente rinoceronte parte di corsa in ritirata nel bush della savana. Patrick, per tutto il percorso di rientro, continuerà a ripetere quanto sia raro incontrare un rinoceronte di giorno; è fiero degli avvistamenti di oggi. Corriamo a rotta di collo, con le ultime luci della giornata, per rientrare in tempo nel Lodge, siamo in tremendo ritardo. Ripassiamo da tutti gli animali incontrati in andata e quando ormai è quasi buio, a pochi Km. Dalla meta, una buffa e goffa sagoma, con il sedere basso, ci corre innanzi: è una magnifica Iena maculata che , spaventata dai fari del nostro mezzo, si fa da parte velocemente guardandoci da bordo strada. Siamo esaltati per gli avvistamenti importanti di questa giornata. Arriviamo davanti al Lodge e troviamo i cancelli chiusi, sono trascorse le 18, ci aprono ugualmente e campiamo la scusa dell’elefante in mezzo alla strada. Prima di cena decidiamo per una puntatina alla pozza di Halali per curiosare, dall’apposito appostamento, la eventuale presenza di animali. Siamo ancora fortunati: tre enormi rinoceronti neri sono a bordo pozza intenti a bere. Si riflettono nell’acqua, talmente piatta da sembrare uno specchio, ammiriamo in religioso silenzio una schermaglia tra due dei tre presenti. Per oggi abbiamo visto abbastanza e, dopo la cena, ci incamminiamo verso il nostro alloggio. In camera dei bambini, da dietro il testa-letto, fa capolino un jekko rosa. Simpatica compagnia per la notte. D 06\06 Colazione super presto e alle 6.30 siamo già in jeep, si punta alla zona di Namutoni, a est del parco. Subito ci dirigiamo alla pozza di Goes, quella del leopardo di ieri, e troviamo 3 giovani leoni che giocano in riva alla pozza d’acqua. Che belli, sembrano 3 gattini che si azzuffano, tutto si direbbe tranne che siano cattivi. Incontriamo, lungo il tragitto odierno, centinaia di giraffe, di tutte le età e sempre eleganti nei loro movimenti. Un minaccioso avvoltoio se ne sta appollaiato in cima ad una acacia aspettando qualche banchetto e tantissimi uccellini colorati di azzurro e viola ci svolazzano davanti al 4×4. A tutte le pozze che battiamo nella mattinata vediamo solo gnu, sprinbock, impala, zebre e giraffe impegnate in una strana danza di equilibrio per bere. Sono troppo buffe piegate all’indietro, con le zampe larghe. Alle 11 andiamo all’interno del lodge di Namutoni e sfruttiamo la loro piscina per un bagno ristoratore, con pranzo a bordo piscina in compagnia di decine di manguste. Ci rigeneriamo, lasciamo sfogare i bambini in acqua e alle 13.30 ripartiamo. Oggi la fortuna non sembra girare dalla nostra parte, non abbiamo più visto leoni, ma neanche elefanti. Facciamo tappa ad un’altra pozza, in una grande spianata d’erba troviamo 8 esemplari enormi di elefante, completamente impolverati che, divisi in coppie, incrociano le proboscidi in un gioco divertente e si appoggiano l’uno all’altro come per farsi le coccole. Sembrano tante coppiette innamorate, piano piano si addentrano nel bush e noi li guardiamo allontanarsi. Percorriamo altre piste mai battute in questi giorni e troviamo buffi facoceri, grandi alcefali e minuscoli dick dick; poi ci dirigiamo alla pozza all’interno del nostro lodge di Halali. Che sorpresa: troviamo 22 elefanti, per lo più cuccioli, raggiunti poi poi da altre 2 famiglie che escono velocemente dal bush, in tutto contiamo 32 elefanti. Tutti giocano nell’acqua, bevono, si azzuffano, lanciano grandi barriti, si lavano e poi si impolverano. Poi arriva un grande rinoceronte nero, tenta di avvicinarsi per bere ma gli elefanti non gli lasciano spazio, più volte assistiamo alle minacciose, ma soprattutto buffe, azioni di un piccolo elefantino ai danni del rinoceronte che fugge velocemente. Poi arriva mamma elefante e riprende il piccolo coraggioso. Il grande maschio del branco si fa largo per raggiungere la pozza e tutti gli altri gli lasciano campo aperto. Tutto avviene durante uno spettacolare tramonto rosso, con questi grandi amici che lo rendono ancora più emozionante e suggestivo. Siamo tutti e quattro rapiti dallo spettacolo della natura, il nostro ultimo tramonto in Etosha e sicuramente è anche quello che ricorderemo più intensamente. Poi tutti a nanna, domani si parte, abbiamo tanta strada da percorrere per raggiungere Windhoek, circa 490 km ci separano dalla capitale. L 7\6 Come ormai di prassi, ma assolutamente normale in Africa, alle prime luci dell’alba siamo operativi, in marcia sulle polverose piste dell’Etosha diretti all’uscita del grande parco. Poi ca. 400 km di asfalto, ci mancava, per raggiungere Windhoek e l’aereo per Munchen, via Johannesburg. Sulla pista scorgiamo parecchi animali che in questi giorni ci sono diventati familiari e in particolare un gruppo di giraffe che ci attendono per un ultimo saluto. Lasciato il parco sfrecciamo veloci verso sud e a bordo strada vediamo numerosi babbuini e alcuni simpatici facoceri che, indisturbati, se ne vanno a spasso. A 70 km dalla capitale, facciamo tappa a Okahndja, per gli ultimi acquisti in un mercato locale di prodotti in legno intagliato o scolpito provenienti da tutta la Namibia: è dal primo giorno di viaggio che vediamo ovunque bellissime giraffe in legno ma, sapendo del conveniente mercato, abbiamo atteso fino a ora anche per poter stare più larghi in auto fino all’ultimo. Infatti la nostra nuova compagna di viaggio è decisamente maestosa e ingombrante, speriamo non ci creino problemi con l’imbarco in aereo. Nadia, da ottima commerciante, spunta un prezzo vantaggioso, dopo una estenuante trattativa all’ultimo dollaro namibiano. Naturalmente, visto che alla fine il venditore ha accettato, anche lui ha fatto il suo affare, ma la nostra super-mamma si è comunque guadagnata il rispetto dello stesso venditore. Ripartiamo ed entriamo in Windhoek per riconsegnare il 4×4 che ci ha scorrazzato per tutto il paese. La capitale ha tutto di una città australiana: grandi vie, palazzi alti e moderni, negozi scintillanti, viali alberati, giardini, centri commerciali e palazzi governativi. In giro parecchia gente: di colore e non, ricchi e poveri ma ovunque però sistemi di sicurezza, cancellate e muri, guardie nei negozi e nei locali a significare che sono decisamente di più coloro che fanno fatica a tirare avanti, Quindi i pochi benestanti devono proteggersi dalla massa che vive nella Township di Katatura. Il viaggio è alla fine, una silenziosa malinconia ci assale quando salutiamo per l’ultima volta la nostra impolverata e infangata Nissan 4×4 targata N75664W. Ci ha portato per 4387 km. Ben 3017 km li abbiamo percorsi su sterrato più o meno sconnesso ma comunque sempre polveroso. Proprio lo sterrato è la cosa che più ci ha divertito tanto è che ogni volta che si ritornava su asfalto scemava quel profumo di avventura altrimenti avvolgente. Ricorderemo, in particolar modo, la giornata su e giù per le dune del Namib, i trasferimenti attraverso lo sperduto Kaokoland, i colori del Damaraland, i sorrisi degli Himba, la fierezza del leone maschio a spasso per la savana, lo spettacolo serale offerto dagli elefanti alla pozza di Halali, la colonna sonora di musiche africane che ci ha accompagnato, la meraviglia dei nostri figli davanti ad ogni una delle innumerevoli avventure che si sono succedute in queste due settimane. Il mal d’Africa esiste davvero. …. Al prossimo viaggio.



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