USA WEST – 3.700 miglia on the road

Di Cinzia e Stefano Bettini Quest’anno il nostro viaggio “zaino in spalla” si trasforma in “on the road”, attraverso la bellezza sconfinata dell’ Ovest degli Stati Uniti, ovvero California, Nevada, Utah, Colorado e Arizona in 3 settimane. Un viaggio splendido, non solo per i Parchi Nazionali che sono uno più bello dell’altro, ma...
Scritto da: StefanoBet
usa west - 3.700 miglia on the road
Partenza il: 23/08/2008
Ritorno il: 13/09/2008
Viaggiatori: in coppia
Ascolta i podcast
 
Di Cinzia e Stefano Bettini Quest’anno il nostro viaggio “zaino in spalla” si trasforma in “on the road”, attraverso la bellezza sconfinata dell’ Ovest degli Stati Uniti, ovvero California, Nevada, Utah, Colorado e Arizona in 3 settimane. Un viaggio splendido, non solo per i Parchi Nazionali che sono uno più bello dell’altro, ma anche per le città: San Francisco, Las Vegas e Los Angeles così diverse tra loro ma ognuna con il suo proprio fascino. Il viaggio è effettuabile sicuramente con il “fai da te”, non c’è assolutamente bisogno né di una guida né di motel prenotati. Tutto verrà da sé. E consigliamo vivamente di effettuarlo in macchina, i viaggi sono piuttosto lunghi ma molto molto comodi e non ve ne accorgerete nemmeno. I motel sono moderatamente economici: ne abbiamo trovati da 42 Usd a 100 Usd, ma il comfort è stato lo stesso buono, sono tutti uguali con il loro letto a due piazze, televisore, bagno, grande comodino e posto auto. Inoltre è stato un viaggio relativamente economico, sfruttando soprattutto la debolezza del dollaro nei confronti dell’euro. Alla fine tutto compreso (volo, noleggio auto, pernottamenti e souvenirs) abbiamo speso ca. 2.800 euro a testa.

In questo nostro diario di viaggio non ci soffermeremo tanto sulla descrizione della grandiosità e dello splendore dei parchi (anche perché pensiamo siano ben conosciuti da tutti coloro che stanno organizzando un tour come questo), ma più sugli aspetti logistici, sui viaggi, sui motel e sulle curiosità. Non vorremmo fare cattiva pubblicità, ma di solito viaggiamo sempre con la Lonely Planet che per noi è come la Bibbia e lo stesso abbiamo fatto anche quest’anno. Purtroppo però l’abbiamo trovata un po’ troppo generalista e con poche informazioni utili, anche perché abbraccia in una sola guida uno spazio troppo grande, tutti gli “stati uniti occidentali” dalla California al Missouri, con North Dakota e addirittura l’Alaska!!. Fortunatamente, ci siamo portati con noi anche 4 racconti di viaggio presi da questo stesso sito, www.Turistipercaso.It, e si sono rivelati utilissimi. Così anche noi che abbiamo effettuato questa splendida esperienza, vorremmo metterci a disposizione degli altri, cercando di essere il più utili possibili, sperando che qualcuno porti con sé un giorno anche il nostro diario…

23 AGOSTO 2008 – MILANO/LONDRA/S.FRANCISCO: partiamo molto presto da casa nostra per raggiungere la Malpensa. Il volo British prenotato a marzo sul sito di e-dreams, costo 850 euro, parte alle 7.55 e raggiunge London-Heathrow dopo le canoniche 2 ore scarse Milano/Londra. Qui attendiamo circa le 14.00 quando ci imbarchiamo per il viaggio più lungo, 11 ore Londra-San Francisco. Viaggio British molto comodo, con televisore personale ad ogni posto. E così alle 17.30 ora locale (dello stesso giorno!!! per via delle 9 ore indietro di fuso) mettiamo piede sul suolo americano. Effettuate le formalità di ingresso (comprese le impronte digitali e una foto), ritiriamo gli zaini e ci dirigiamo con lo sky-train dell’aeroporto al centro Hertz dove dall’Italia avevamo prenotato via internet la nostra auto (ca. 550 euro per 3 settimane). L’addetto al bancone di origine chiaramente orientale, ci propone un’auto leggermente più grossa e comoda rispetto a quella prenotata. Ci spiega che il viaggio sarà molto lungo e quindi ci consiglia un’altra macchina a 100 euro in più che pagheremo con carta di credito al termine. Così i 550 euro sono diventati 650.

Qui apro una piccola parentesi sulla carta di credito: senza questa non potreste assolutamente muovervi. Tutto ma proprio tutto si può pagare con la carta di credito, ma soprattutto in tutti i motel ti chiedono la tessera, anche solo come garanzia. Per cui non andate solo con il Bancomat, perché la Carta di Credito è tutto.

L’addetto americo-orientale ormai ci ha imboccati e così decidiamo per la nuova auto: Toyota Prius Hybrid, con cambio automatico “Drive, Rear, Neutral e Parking” e Cruise Control, utilissimo e comodissimo per il tipo di viaggio da intraprendere. Vi permetterà di guidare a gambe incrociate, distese, raccolte, insomma nella posizione più comoda che preferite. Ma soprattutto di rispettare i limiti di velocità. La polizia americana non transige su questo e anche per poco volano multe a destra e manca. I limiti tra l’altro non sono neanche poi così tanto bassi e sono fattibili. Conoscevamo già le funzioni del cambio automatico avendolo già usato lo scorso anno in Australia, per di più al contrario, ma all’inizio ci vuole sempre un po’ di pratica. Così, un po’ impacciati nella guida ci tuffiamo sulle tangenziali a 4 corsie circostanti la città di San Francisco e successivamente nel reticolo sali-scendi dei quartieri. Sbagliamo strada più di una volta, perché non riusciamo ad orientarci. Così finiamo involontariamente prima sul Bay-Bridge, poi al Fisherman’s Wharf, prima di raggiungere finalmente dopo due ore di guida a zonzo il Grant Hotel in Bush St. L’hotel è l’unico prenotato dall’Italia via internet, costa ca. 60 Usd con colazione. Posizione ottima perché vicino a Union Square e al capolinea del Cable-Car. Comfort buono, tranne un odore acre persistente di moquette bruciata.

Doccia e relax, abbiamo solo il tempo di andare a cenare in un ristorante ad un isolato da noi in un simil-ristorante italiano (niente di che).

24 AGOSTO – SAN FRANCISCO: dormiamo profondamente, ma il fuso orario mentale ci sveglia alle 5.30 del mattina. Ne approfittiamo così per sistemarci un po’ con calma e alle 7.30 siamo già da Starbucks per la colazione con cappuccio mega, croissant e succo. L’aria di S. Francisco al mattino presto è fredda e nuvolosa ed è utile una giacchetta anti-vento. Camminiamo per 5 minuti sulle salite e le discese della città e arriviamo al capolinea del Cable-Car. Lo prendiamo e ci facciamo lasciare al Fisherman’s Wharf (ovvero la zona portuale). Passeggiamo lungo il porto dove vediamo Alcatraz, tanti negozietti coloriti, l’ Hard Rock Cafè, i leoni marini e nel pomeriggio Chinatown, Lombard St., la zona finanziaria, Union Square e altro. Camminiamo tutta la giornata e prendiamo saltuariamente il Cable-Car. Arrivo la sera distrutto, la Cinzia un po’ meno, ma siamo felici di aver visto questa splendida città “europea”, centro focale del movimento artistico degli ’70 e dei “figli dei fiori”. E’ una città vivibilissima e a misura d’uomo. Non sembra nemmeno una megalopoli come ce la si può immaginare, ma piuttosto una cittadina di mare, molto vivibile.

Ma non è ancora finita perchè il giorno dopo…

25 AGOSTO – SANFRANCISCO/viaggio per MARIPOSA:…Avvolti da un’altra mattinata nebbiosa e fredda ci dirigiamo nuovamente al Fisherman’s Wharf per qualche acquisto e successivamente a Alamo Square e le sue sette sorelle, case vittoriane colorate costruite una di fianco a l’altra. Ma il clou di oggi è il Golden Gate, il grande ponte rosso che collega le due estremità della città costruita su una baia. Arriviamo al ponte dopo ca. 5 km da Alamo Square e non vediamo proprio nulla. Se non l’avessimo percorso in auto avremmo pensato che il ponte non esistesse. Difatti la nebbia avvolge completamente il ponte e non lo si può ammirare per la sua grandezza. Cinzia comincia a perdere le speranze, io invece penso che tutte le giornate a San Francisco siano così. Al mattino l’oceano porta la nebbia e il nuvolo sulla città che verso mezzogiorno quando l’aria si scalda, lasciano il posto ad una splendida giornata di sole. E così in una manciata di minuti ecco le colonne rosse del Gate che si fanno ammirare. Salendo su di una collina, lo spettacolo è ancora più bello. Il ponte si vede nella sua lunghezza e la città ancora avvolta dalle nubi sullo sfondo.

Oggi dovremmo percorrere anche la prima tappa del nostro viaggio, da San Francisco a Yosemite. Essendo la prima, non abbiamo ancora ben presente come siano le distanze tra un posto e l’altro e neanche conosciamo bene le strade da percorrere. Così per anticipare più possibile la partenza da San Francisco, non visitiamo Sausalito, il paesino di pescatori sotto il ponte che a detta di tutti meriterebbe molto. Inoltre ci perdiamo, nuovamente come all’arrivo, per i quartieri questa volta periferici della città. Non ci sono grosse indicazioni e andiamo un po’ a naso. Col senno di poi, se dovete andare da San Francisco a Yosemite, dovete semplicemente percorrere il Bay Bridge in direzione Oakland o San Josè. Chiaramente uscendo da una grande città, le strade sono ancora enormi e trafficate, ma ben presto il paesaggio cambia e lascia spazio a campi di grano gialli che più gialli non si può. Ci fermiamo lungo la strada ad un Mc Donalds (attenzione non ci sono gli autogrill come da noi, ma bisogna uscire un po’ dalla strada per poi rientrare). Altra piccola parentesi. Le autostrade sono gratis, non esistono nemmeno i caselli. Da una strada secondaria si arriva direttamente nella Highway o nella Interstate. Non ci sono però tante indicazioni come da noi, ad es. Non è indicata l’autostrada con il cartello verde. Bisogna stare attenti, soprattutto sulle strade secondarie e non sulle highway, ai numeri della strada e alla direzione Nord, Sud, Ovest o Est. I primi giorni sbagliavamo un po’ ma poi diventa semplice.

Inoltre, fermandoci al Mc Donald’s abbiamo potuto constatare quello che ci dicevano ma al quale non credevamo: il bere è praticamente gratis, ovvero si prende una coca (anche la small ha una misura enorme) e te la puoi riempire al miscelatore quante volte vuoi, anche con altre bibite. In pratica ti compri il bicchierone e non la bevanda. Oppure in posti dove c’è il cameriere, quando arrivi a metà bicchierone, passano e ti chiedono se ne vuoi ancora, ovviamente gratis!. Per me che ho sempre caldo e bevo come un turco, è stata una stupenda trovata. Legato a questo ci sono anche i caffè o cappucci, o “caffettoni” americani che ti spari in un bicchierone-da-coca-cola-con-la-cannuccia e te li porti in macchina, sugli appositi porta-bicchieroni. A noi piaceva soprattutto il “french vanilla”.

Scusate della divagazione ma pensiamo siano curiosità interessanti.

Arriviamo verso le 18.00 a Mariposa, minuscolo paesino a 1 ora dal Yosemite N.P. Dove pernottiamo. Mariposa è costruita sulla strada per 200 metri sulla quale si affacciano un supermercatino, due tavole calde stile “Happy Days”, tre motel e un benzinaio. Troviamo alloggio in un motel a 102 Usd, sinceramente in una camera un po’ spartana e buia. Essendo il primo motel del nostro viaggio, pensavamo che i costi sarebbero stati sempre così alti e invece si è rivelato il motel di gran lunga il secondo più caro di tutti, anche di Las Vegas. Unica nota positiva, una colazione nel negozio, ma abbondante soprattutto di frutta. Molto buona.

26 AGOSTO – YOSEMITE N.P./viaggio per THREE RIVERS: come al solito ci svegliamo presto per goderci a pieno le bellezze della natura e arriviamo all’ingresso del parco di Yosemite: qui fate il National Park Pass. Costa 80 Usd e vale per tutti i parchi che visiterete, tranne la Monument Valley. Vi risparmierà tanti soldi e vi permetterà anche di entrate e uscire più di una volta dal parco senza dover pagare (ad es. Bryce e Grand Canyon siamo entrati e usciti 5 volte!!!). Ci dà il buongiorno una signora ranger molto tipica e caratteristica e così in tutti i parchi troveremo i ranger stile Orso Yoghi. La mattinata passa dolcemente nella vallata di Yosemite, che ricorda moltissimo le Dolomiti. La gente passeggia a piedi o in bicicletta in una splendida giornata di sole. Vediamo le Bridalveil falls e le Yosemite Falls (o meglio quest’ultime ce le immaginiamo perché siamo nella stagione secca), El Capitan, l’ Half Dome dal basso e dall’alto a Glacier Point da dove si può ammirare un panorama sconfinato mozzafiato. Incontriamo anche innumerevoli scoiattoli e cervi che attraversano la strada.

Consumiamo il nostro pranzo al sacco a Glacier e verso le 14,30 partiamo alla volta di Three Rivers per vedere il Sequoia N.P.

Altra parentesi: i pranzi li abbiamo fatti tutti al sacco essendo a quell’ora sempre nei parchi e come facevano praticamente tutti. Ci fermavamo sempre ai supermercati piccoli e grandi e facevamo scorta in una borsa termica di: molta acqua, panini, affettati (abbiamo trovato anche la soppressata!!), yogurt, brioche, frutta intera o già tagliata a mo’ di macedonia. Così anche per le colazioni che spesso non c’erano nei motel, ci arrangiavamo con succo d’arancia, muffins e caffettoni dei Food Mart.

Il viaggio per Three Rivers dura all’incirca 3 ore e mezza e anche qui il panorama che scorre a fianco è incredibilmente bello. Three Rivers non è un paese ma così come quasi tutti i posti dove abbiamo dormito, è un agglomerato di pochissime case e motel lungo la strada. Pernottiamo al Sequoia Motel a 95 Usd senza colazione e mangiamo al sacco anche la cena perché i 2 ristoranti del paese-fantasma sono chiusi. Vediamo appese delle foto alla minuscola reception di un orso avvistato qualche giorno fa proprio in questo motel. Infatti tutta la zona circostante è abitata dall’orso bruno che è attirato dall’odore del cibo e della spazzatura dei turisti, proprio come l’orso Yoghi. Un’altra testimonianza della forte presenza di orsi l’avremo il giorno dopo.

27 AGOSTO – SEQUOIA N.P./viaggio per Ridgecrest: ennesima sveglia presto, colazione fai da te e ingresso al Sequoia N.P. Sarà l’orario mattutino ma non c’è in giro un’anima e l’atmosfera è proprio da parco naturale. Prima di raggiungere la collina delle Sequoie Giganti, ci sono un bel po’ di chilometri su strada a tornanti. Qui, praticamente a 100 mt. Dal parcheggio dove lasceremo l’auto, vediamo una jeep ferma a bordo della strada con i passeggeri che guardano verso il bosco. Penso subito che ci sia un orso ma non vediamo nulla. Quando parcheggiamo e scendiamo ci raggiunge la jeep, erano italiani e ci dicono di aver visto l’orso, con tanto di splendide foto ancora fumanti…

Lo Sherman Tree Trail ci porta nel giro di 5 minuti a piedi fianco fianco a delle sequoie immense, nemmeno immaginabili, con diametro di 11 mt. Come il Generale Sherman. Parco molto semplice e piccolo ma sicuramente da vedere. Dopo una salita a Moro rock ripartiamo e alle 18 sostiamo a Ridgecrest, a 2 ore dalla intimidatoria Death Valley. Paesaggio durante il tragitto magnifico, Ridgecrest è una vero e proprio paese nel bel mezzo di un deserto. Con i suoi 4.000 abitanti può offrire dei confortevoli motel, supermercati, autofficine. Il nostro motel è il Budget Inn che sarà il più economico del viaggio: 42 Usd senza colazione. Ci informiamo presso le autofficine se dobbiamo portarci dell’acqua per il radiatore: le temperature alla Death Valley arrivano persino a 50 gradi e l’auto può avere dei seri problemi. Questo è quanto diceva la Lonely Planet. Non datele retta perché vi verrebbero delle paturnie per niente. Più di un meccanico sul posto mi ha spiegato che le auto a noleggio sono dotate di un liquido particolare che non evapora, oltre ad altri accorgimenti tecnologici. Ceniamo da Denny’s, una catena di fast food, dove si può mangiare qualche buona porcheria americana. Ho mangiato una T-Bone Steak che però non era un granchè.

28 AGOSTO – DEATH VALLEY/viaggio per LAS VEGAS/LAS VEGAS: la Death Valley ci ha veramente affascinato. Non pensavamo fosse così bella nella sua desolante brutalità. Decidiamo di svegliarci all’alba alle 4.30 per sfuggire alle temperature elevate del posto. Percorriamo le 2 ore che la separano da Ridgecrest ancora al buio, ma alle 7.00 siamo già all’ingresso del parco senza ingresso, ovvero una strada sterrata libera che porta fino Stovepipe Wells Village a nord di Furnace Creek. Qui sostiamo presso un visitor center e facciamo benzina. Ah la benzina…Costa poco e fortuna che nell’ultimo anno gli americani si sono fortemente lamentati del grosso rialzo che ha subito, altrimenti chissà cosa costava. Ad oggi costa mediamente 3,95 Usd al gallone ovvero 3,97 litri. Senza scomodare i più illustri matematici della storia e facile capire che costa a conti fatti 0,75 euro al litro: quasi la metà rispetto all’ Italia!!! I consumi della nostra auto non erano nemmeno alti e così abbiamo speso relativamente poco in carburante. Attenzione però, non fate come me che la prima volta ci ho impiegato 1 ora a fare benza: si paga PRIMA di farla e non dopo, si spara una cifra a occhio ad. Es 25 Usd. Se se ne fanno di meno vi sarà dato il resto: mah, ‘sti americani! Tra Stovepipe Wells Village e Furnace Creek ci sono le Sand Dunes. Chiaro, non sono certo le dune del deserto del Namib e dell’ Erg Chebbi a Merzouga in Marocco, ma sono comunque belle e creano una paesaggio lunare caldissimo con i suoi 40° gradi alle 8 del mattino! Percorriamo la strada che ci porta a Furnace Creek (il nome è tutto un programma…) e sostiamo all’incredibile Zabriskie Point. A seguire Dante’s View, Golden Canyon e Bad Water, dove arriviamo verso mezzogiorno e ci accolgono 118 gradi Fahreneit ovvero 47 gradi!!!! Le strade lunghissime che solcano la continuità ripetitiva delle zone aride della Death Valley ci accompagneranno fino a Las Vegas, che raggiungeremo dopo una sosta pranzo-al-sacco a Shoshone alle 17.00. Lasciamo così la California e sconfiniamo per un breve tratto nello stato del Nevada e facciamo una “puntatina” nella città del lusso e dell’eccesso sfrenato, capitale del gioco d’azzardo, della lussuria e dello spreco…In due parole Las Vegas. Spunta dal nulla, dopo 3 ore di deserto vero e proprio ed è inimmaginabile pensare come possa esistere una città in queste condizioni climatiche e lontana da tutto. Abituati ormai da qualche giorno al silenzio e alla pace naturale dei parchi, non riusciamo proprio a vivere dentro questo inferno. Ci perdiamo subito con la macchina, ma finalmente raggiungiamo la Las Vegas Boulevard o “Strip”, ovvero il cuore pulsante e caratteristico della città. Decidiamo di pernottare al Circus Circus, uno dei tanti alberghi-casinò che caratterizzano Las Vegas. La hall per il check-in è immensa, il parcheggio sotterraneo nel quale aspetto Cinzia che esca dalla bolgia è un inferno: moltissima gente che viene e che va, le macchine che rombano e che strombazzano e il rumore viene amplificato dall’effetto “grotta” del parcheggio. I gradi sono ancora 40 e arriviamo da una sveglia alle 4.30 del mattino per la Death Valley. Finalmente la Cinzia arriva, la camera costa 50 Usd (pochissimo se pensiamo a quella di Mariposa e se pensiamo a dove siamo), si trova al 16° piano di una delle due torri ed è molto lussuosa (letto a tre piazze, bagno enorme, televisore al plasma, scrittoio etc etc…). Peccato che per trovarla ci abbiamo impiegato tre quarti d’ora, sfatti, stanchi e sudati…Sì perché in mezzo a quel casino di albergo era impossibile orientarsi.

Questa sarà la giornata più lunga ed intensa del nostro viaggio, perché non possiamo mica starcene in camera a riposarci. Fuori ci aspetta Las Vegas by night cioè LAS VEGAS! Doccia, riposino e cena a buffet nel ristorante del Circus Circus, dove a soli 20 Usd in due ci mangiano l’impossibile!!! Dai primi ai secondi ai terzi ai dolci e alle frutte. Era un po’ che non mangiavamo così.

Ok, con un taxi ci facciamo portare al “capolinea” della Strip cioè al Mandalay e da qui ci promettiamo di tornarcene al Circus Circus a piedi entrando e uscendo, giocando e non, in tutti i mega alberghi di Las Vegas. Così vediamo il Luxor, New York New York, Excalibur, Bellagio, Paris, MGM, Caesar Palace, insomma tutti.E tutti incredibili e incredibile le migliaia di persone a zonzo tra un hotel e l’altro. Prima di partire da Las Vegas non ci aspettavamo niente, perché noi amiamo la natura e i paesaggi, non siamo giocatori d’azzardo e non ci piacciono il lusso e la vita notturna. Alla fine invece si rivelerà una bella esperienza e ci ha dato più di quanto ci aspettassimo. Infatti la serata è stata molto piacevole e divertente, una parentesi completamente estranea al resto del viaggio, ma che si incastona piacevolmente in questo; consigliamo Las Vegas come punto inevitabile in questo tipo di itinerario.

Torneremo in albergo dopo un bel po’ di chilometri percorsi lungo la Strip esausti verso mezzanotte, un record per noi che in tutte le sere prima e dopo Las Vegas siamo andati a letto al massimo alle 9.30!! 29 AGOSTO: viaggio LAS VEGAS – SPRINGDALE: avevamo letto che a Las Vegas c’è un Outlet delle marche più prestigiose dove si possono comprare tantissimi capi d’abbigliamento a prezzi praticamente stracciati. Così ci svegliamo un po’ più tardi del solito, vista anche l’ora che abbiamo tirato la sera prima, e prima di prendere la strada per Springdale ci facciamo mezza mattinata nell’Outlet. Veramente ci sono cose che da noi non esistono veramente belle: Timberland, Billabong, Levi’s, Converse e non me ne ricordo più. Avevamo anche letto di portarsi dall’Italia una valigia vuota da riempire con i vestiti acquistati qui. Non l’abbiamo fatto, però dobbiamo dire che c’era veramente tanta roba che volevamo comprare: io ho preso due levi’s a 30 USd l’uno, le All Star a 20 USd, insieme abbiamo preso due bermuda della Billabong a 12 Usd l’uno, insomma un vero e proprio shopping.

Verso le 13.00 ci avviamo lungo la strada che ci porterà nello stato dello Utah, secondo noi il più bello tra tutti quelli visitati. Già dalle prime miglia percorse si vede che è uno stato unico. Le montagne granitiche stile dolomiti, ma molto molto rosse ci accompagnano nel paesino di Springdale proprio all’ingresso dello Zion N.P.. Decidiamo di pernottare qui per visitare con calma l’indomani mattina il canyon dello Zion, non accontentandoci di vederlo solo dall’alto, come fanno tanti che hanno poco tempo. Da qui si entra nel clou del viaggio e si comincia a respirare l’aria western di queste zone. Così Springdale, che farà 200 abitanti, è pieno lungo la strada di negozietti che vendono prodotti artigianali indiani che fanno impazzire la Cinzia. Alloggiamo in un motel come sempre molto carino il Terrace Brook Lodge a 88 usd con colazione. La sera ci mangiamo un pizza neanche tanto male per lo standard di qui a prezzi economici.

30 AGOSTO: ZION/viaggio Bryce Canyon: la mattina è dedicata allo Zion N.P. Si tratta di un parco molto piccolo e per la visita è sufficiente una mattinata. Parcheggiamo l’auto al Visitor Center dove partono gli shuttle che ogni cinque minuti portano i turisti lungo lo stretto canyon dello Zion. Non è possibile pertanto girarlo con la propria auto. Il canyon è carino anche se sinceramente è più bella la parte circostante, cioè il tratto di strada che porta al Bryce Canyon. Pertanto consigliamo la visita solo se si ha un po’ di tempo, ma sinceramente può essere evitato. Come dicevamo infatti il tratto di strada che a tornanti risale il parco è qualcosa di mai visto. Stupendo! Partiamo verso la una e in 2 ore e mezza raggiungiamo a metà pomeriggio prima il Red Canyon e poi il Bryce Canyon, dove pernottiamo lunga la strada 89 al Bryce Canyon Pine a 88 usd a notte.

Qui avevamo programmato due notti. Nel pomeriggio di oggi visita al Bryce per il tramonto, e l’indomani diverse camminate al suo interno.

Siamo stati sfortunati, perché non appena troviamo l’alloggio il cielo, che fino ad oggi era stato sempre terso, si riempie di nuvole non proprio rassicuranti.

Decidiamo ugualmente di vedere il piccolo ma rossissimo Red Canyon. Appena partiti per una breve camminata, comincia a grondare la pioggia. Terminiamo così la nostra mini-visita.

Dopo un’oretta circa smette di piovere e decidiamo di andare al Bryce Canyon. Il cielo dà una piccola tregua e nonostante il cielo nuvoloso lo spettacolo del Bryce è formidabile. Ceniamo lungo la strada 89 in una steak house a gestione familiare, con una T-Bone Steak squisita.

31 AGOSTO: BRYCE CANYON: oggi, come dicevamo, ci aspetta una camminata all’interno del canyon. Ma il tempo è peggio di ieri. Andiamo comunque al Bryce (anche perché senno lì intorno non c’è proprio un bel niente se non un piccolo agglomerato di case western e una grossa drogheria). L’anfiteatro del Bryce è completamente coperto dalla nebbia e non si vede nulla. Pioviggina saltuariamente, fa anche freddo, ma vediamo un bel po’ di gente che si avventura ugualmente nella camminata. E così anche noi. Addentrandoci la nebbia sparisce e le guglie rosse e bianche del canyon si vedono molto bene, peccato per le foto. A metà camminata ancora acqua, acqua e acqua. Terminiamo la breve camminata di un’ora bagnati fradici. Si ritorna così in albergo, pranziamo in camera con panini, formaggio, yogurt e banane. Scrutiamo continuamente il cielo, ma non ci sono segnali positivi.

Verso le 3 ritorniamo per l’ennesima volta al Bryce (tutte le volte abbiamo trovato lo stesso ranger al gabbiotto di ingresso. Chissà cosa avrà pensato di noi?!) e ci inoltriamo in un’altra camminata. Il cielo fortunatamente tiene e possiamo ammirare molto da vicino e bene le innumerevoli guglie di questa straordinaria bellezza naturale.

Non solo, al tramonto il cielo ci regala addirittura un perdurante scorcio di sole, cosicché possiamo assistere ad un meraviglioso tramonto, proprio come avremmo voluto vederlo.

Col senno di poi, abbiamo fatto bene a pernottare 2 notti, in modo da goderci due tramonti e un paio di camminate, peccato solo per il tempo.

01 SETTEMBRE: viaggio per MOAB/CAPITOL REEF/D.H. POINT: la tappa di oggi è puro trasferimento. Ci aspettano 6/7 ore di viaggio. Si attraversa tutto lo Utah in senso trasversale in direzione Est, fino a Moab, cittadina base d’appoggio per tre punti da visitare: Canyonlands, Dead Horse Point e Arches N.P. Non seguiamo proprio una strada diretta, ma facciamo una via più interna che ci farà attraversare il Capitol Reef. Alla partenza dal Bryce il cielo nuvoloso ci perseguita, fino a quando valichiamo un passo completamente avvolti nella nebbia fittissima. Lasciato il passo, il sole e la pioggia si alternano fino ad arrivare a Moab, dove pernottiamo per 2 notti al Inca Inn, pulito come sempre e con colazione inclusa a 70 Usd a notte. Essendo arrivati un po’ presto decidiamo di andare, nonostante il forte vento e il cielo nuvoloso, al Dead Horse Point. Questo punto non è compreso nel National Park Pass non essendo parco nazionale e si paga 10 Usd per l’ingresso. Restiamo più di un’ora ad ammirare il punto panoramico, con un clima che ricorda più i Twelve Apostles in Australia che un parco americano.

Ritorniamo a Moab e ceniamo in un altro simil-ristorante italiano (ce ne sono un po’ troppi di simil e non real negli States) veramente mediocre.

02 SETTEMBRE 2008: CANYONLANDS+D.H.POINT +ARCHES N.P.: il titolare del Inca Inn (tedesco?!) ci aveva avvisato che il tempaccio di ieri era cosa rara per Moab e infatti, oggi non c’è una nuvola! Colazione discreta, ci dirigiamo a Canyonlands a una mezzora da Moab. Il parco è visitabile in una mattinata, ricco di scorci di orizzonti infiniti e di canyon appunto che culminano con il fantastico Mesa Arch a Island in the Sky. Data la splendida giornata si decide di ritornare al Dead Horse Point per rivederlo nel pieno dei suoi colori, ripagando ovviamente i 10 Usd d’ingresso.

Forse perdiamo troppo tempo, ma ce ne accorgiamo solo quando entriamo nel Arches N.P. Alle 3 del pomeriggio. Il parco degli archi va oltre le nostre aspettative, con conformazioni rocciose impossibili e ci accorgiamo che dobbiamo visitarlo un po’ troppo in fretta. Il sole infatti alle 6,30 tramonta. Questo però non ci impedisce di vedere la Balanced Rock, le North e South Windows, il Double Arch, il Landscape Arch dopo una breve camminata, ma soprattutto il vero fiore all’occhiello: il Delicate Arch al tramonto. Per vedere questo arco bisogna impegnarsi in una camminata di mezzora e bella pendente, ma la fatica è sicuramente ripagata. Come dicevamo il parco è stato bellissimo e col senno di poi saremmo entrati più presto e non alle 3!.

03 SETTEMBRE 2008: Viaggio per CORTEZ/MESA VERDE: leggevamo durante il viaggio del caos infernale di Los Angeles. Questo mi aveva suscitato quasi una repulsione per questa città tanto che, conti alla mano, avevo visto che avevamo a disposizione ancora un bel po’ di giorni e così abbiamo ritardato appositamente il nostro ruolino di marcia on the road, verso la megalopoli. Decidiamo così di sconfinare in Colorado, un po’ per la visita al Mesa Verde N.P., un po’ per il motivo di cui sopra e un po’ per il gusto di aggiungere un altro stato a quelli già programmati.

Partiamo come sempre di mattina, nemmeno troppo presto, il viaggio dovrebbe durare un tre orette. L’ingresso in Colorado ci piace un sacco. Distese di campi verdeggianti, colorati di tanto in tanto da coltivazioni di fiori gialli, che contrastano con un cielo blu cobalto e soffici nuvole bianche. Troviamo alloggio al Ute Mountain Motel per 58 Usd senza colazione. Dopo il mitico pranzo al sacco nel pomeriggio raggiungiamo il Mesa Verde dopo un po’ di tortuose miglia. Visitiamo due villaggi anasazi, il Cliff Palace con visita guidata obbligatoria in inglese (ma costa solo 3 Usd a testa) e una allo Spruce Tree, questa volta libera. Non è un parco naturale, ma l’unico in cui si ammirano delle opere dell’uomo. La visita è carina, soprattutto se padronate bene l’inglese perché pensiamo che la guida abbia detto delle cose molto interessanti, che però noi non siamo riusciti a cogliere in pieno.

Rientramo a Cortez nel tardo pomeriggio e abbiamo così il tempo di rilassarci in motel. Cortez è una piccola cittadina, non come i villaggi rurali incontrati spesso fino a qui, offre per la cena diversi fast-food, come Pizza Hut (che a volte ci ha salvato!) Denny’s, Mc. Donald’s etc etc… 04 SETTEMBRE: Viaggio per Mexican Hat/MONUMENT VALLEY: ancora prima della nostra partenza per gli USA WEST, anzi ancora prima di avere una mezza idea di venire negli States, il mio sogno era la Monument Valley. Tanto ho aspettato questo giorno… La tratta di oggi però prevede prima una capatina velocissima ai Four Corners. Molti ci avevamo detto che si trattava di una cosa evitabilissima, ma passandoci così vicino non abbiamo resistito alla tentazione di essere contemporaneamente in 4 stati diversi. Paghiamo l’ingresso (non ci ricordiamo quanto ma non superava i 5 USd a testa) e se ci stiamo 20 minuti è tanto. Ve l’ho detto, io non vedevo l’ora della Monument Valley!! Foto di rito con cappello da cowboy con il cartello dell’Arizona (the Grand Canyon State) e quello del territorio Navajo e via diretti a Mexican Hat, che raggiungiamo dopo 2 ore e mezza abbondanti. Nelle nostre precedenti tappe, precisamente allo Zion, abbiamo incontrato due ragazzi piemontesi che facevano il nostro stesso viaggio ma al contrario. Così ci hanno consigliato Mexican Hat piuttosto che Kayenta come pernottamento per la Monument, sicuramente più vicino e anche molto più tranquillo. Vicino sì, tranquillo pure, anzi: inesistente!! Kayenta è una cittadina quasi ragionevole, Mexican Hat non è neanche un’idea di quattro case!. Nell’ordine: una pizzeria da asporto (chiusa), un benzinaio con food mart, 4 motel e un ristorante. Tutti sulla strada principale nell’arco di 200 metri. Qui abbiamo dormito 2 notti, al Canyonlands motel, sinceramente molto essenziale e spartano (il peggiore ma ci si può adattare) per 47 USd senza colazione.

Sinceramente ora ripensando alla desolazione di Mexica Hat, con il buio intenso della notte, il cielo bianco di stelle, le luci soffuse dell’unico ristorante dal quale echeggiavano nel silenzio assoluto le note country di un suonatore solitario…Beh è stato una bella poesia…

Tra l’altro l’unico ristorante è il Mexican Hat Lodge, dove cucinano carne veramente ottima su una specie di altalena! Torniamo a noi: lasciamo i bagagli e ci tuffiamo finalmente in un vero e proprio film western, stile John Ford e John Wayne. Mexican Hat è veramente vicino all’ingresso più spettacolare della Monument, quello fatto di una strada lunghissima che si perde nell’orizzonte frastagliato della vallata. Foto, foto e ancora foto e raggiungiamo il visitor center in ristrutturazione. Prima però paghiamo 10 Usd alla guardia Navajo in un gabbiotto all’ingresso del parco. Ci spariamo sulla lentissima strada sterrata e piena di polvere rossa, tutte le conformazione più conosciute della Monument Valley, fino al John Ford’s Point e oltre. Per un giro fatto con calma e con una macchina berlina e non fuoristrada prendetevi 3 ore scarse. Dalle 17 alle 20 aspettiamo con pazienza il tramonto infuocato, senza nemmeno accorgerci del tempo che vola, e assistiamo ad una panorama veramente mozzafiato. Rientriamo a Mexican Hat e, ovviamente, ceniamo al Mexican Hat Lodge.

05 SETTEMBRE: NATURAL BRIDGE MON/VALLEY OF THE GODS: pensando che la Monument Valley fosse più grande e volendo fare oggi il giro a cavallo, ci siamo fermati qui 2 giorni. Cosicché dopo la visita esauriente di ieri, per la quale un pomeriggio è bastato, e visto che la gita a cavallo proprio non ci ha ispirato, oggi abbiamo una giornata vuota da riempire. L’indiano del gabbiotto delle prenotazioni per il cavallo aveva uno sguardo assente, pronunciava una parola ogni 30 secondi, respirava a fatica (soprattutto non si capiva niente di ciò che diceva) e la gita era veramente costosa: 70 Usd a testa per un giro di mezzora, praticamente la visita di 4 metri quadrati.

Ci spostiamo così a circa 80 miglia che percorriamo in un paio d’ore verso nord, ai Natural Bridge Monuments. Si tratta di un parco poco conosciuto, carino ma niente più, che noi abbiamo potuto vedere perché avevamo tempo. Per chi è più di fretta è sicuramente evitabile. Così come la Valley of the Gods, “cugina” della più famosa Monument: la strada al suo interno è tutta sterrata, pertanto anche qui ci vogliono almeno due ore per visitarla e fermarsi nei punti di osservazione. Stesso giudizio che per i Natural Bridge, chi è di fretta può evitarla.

06 SETTEMBRE: viaggio per PAGE/ HORSESHOE BEND/LAKE POWLL/ANTELOPE CANYON: l’ Antilope canyon è un vero gioiello dalle incredibili conformazioni rocciose, un vero capolavoro della natura. E’ molto piccolo e per visitarlo bisogna obbligatoriamente prenotare un’escursione da 30 Usd a testa, da Page (non è possibile visitarlo da soli) e accaparrarsi le ore in cui il sole è a picco, cioè dalle 11 alle 14. La luce infatti deve penetrare all’interno delle strette fessure del canyon. Avevamo letto che era preferibile prenotare con qualche giorno di anticipo, ma noi non l’abbiamo fatto. Partiamo così alle 5,30 del mattino per cercare di raggiungere Page almeno verso le 8, quando aprono le agenzie, per prenotare l’escursione delle ore centrali. Il percorso in auto ci porta a superare la Monument in direzione Kayenta, cioè Ovest e ci permettere così di intravedere una meravigliosa alba, con le silhouettes delle rocce che si stagliano sull’albeggio. Forse era meglio che la scorsa mattinata ci venivamo a gustare anche l’alba prima di andare ai Natural Bridges e alla Valley of the Gods. Pazienza… Arriviamo come previsto, dopo una sosta a Kayenta per il mitico caffettone-da-viaggio, alle 8 a Page. Le agenzie aprono alle 9 e dopo aver prenotato una camera per la notte al Budget Inn (come a Ridgecrest) a 66 Usd senza colazione, ci piantoniamo davanti a una delle tante agenzie sulla strada principale. Peccato che a nostra insaputa a Page c’è il fuso orario di un’ora indietro, cosicché sono le 7.00 e non le 8.00!!!! Pertanto ci tocca girovagare guardando le vetrine, fino a quando l’agenzia che stavamo piantonando da prima, apre. Un indiano-gentile ci comunica che l’escursione delle 11 è piena, quella delle 12 è piena, quelle delle 13 è piena…Cambiamo agenzia un’indiana-un-po’-meno gentile ci comunica che l’escursione delle 11.30 è piena, quella delle 12.30 è piena, quelle delle 13.30 è piena…Cambiamo di nuovo agenzia, quella di prima, l’indiano-gentile ci comunica che sono tutte piene, è libera solo quella delle 14.00!!! Ricambiamo di nuovo agenzia, quella di prima prima, e l’indiana-un-po’-meno gentile ci trova due posti per quella delle 13.30. Wow meno male, altrimenti ci toccava prenotare per l’indomani e stare a Page un giorno intero. L’ansia di non trovare l’escursione è così ben presto archiviata e, essendo ancora senta tetto (la camera verrà pronta per le 16.00) chiediamo informazione su un certo Horseshoe Bend, visto su qualche cartolina qui a Page. L’indiana-un-po’-meno gentile ci indica la strada e lo raggiungiamo dopo 5 minuti di auto. L’Horseshoe è come il Dead Horse Point, anche qui il fiume Colorado fa un’ansa di 180 gradi, è sicuramente visitabile, carino. Dobbiamo tirare le 13.30 e andiamo così in perlustrazione del vicino Lake Powell. Sicuramente fotogenico, arido e solitario, non ci attira per il fatto che è completamente ricoperto da barche e motoscafi dei “signorotti” americani. Pranzo al Mc Donald’s e finalmente arrivano le 13.30! Veniamo caricati su 4 jeep-furgone e copriamo i 6 km. Di desertica sabbia in poco meno di 20 minuti. L’Antelope è piccolo e la sua visita è breve, ma il ricordo è grande e durerà nel tempo. Magnifico! 07 SETTEMBRE: viaggio per Tusayan/GRAND CANYON: l’ultimo parco, ce lo siamo tenuti proprio per ultimo. Immenso, anzi infinito il Grand Canyon. Lo raggiungiamo dopo 3/4 ore da Page, pernottiamo a Tusayan, vicinissimo all’ingresso Sud del South Rim, la parte più visitata e attrezzata per il turismo. Per la verità non cerchiamo molto per l’alloggio, anzi ci fermiamo al primo, il Red Feather Lodge, certi che i costi saranno all’incirca tutti così alti: 125 Usd a notte, con una affollatissima e discreta colazione a buffet (e ci mancherebbe…). Ci fermiamo per 2 notti.

Poco dopo l’ora di pranzo siamo già sulle sponde del Grand Canyon. Ci fermiamo nei vari punti panoramici, pranziamo al sacco in compagnia dei corvi, ritorniamo a Tusayan e ritorniamo nuovamente al Grand Canyon per uno splendido tramonto infuocato. Cena in un ristorante vicino al nostro lodge, buona. 08 SETTEMBRE: giornata dedicata interamente a qualche passeggiata leggera sulla sponda dell’ Hermit Road, la costa più bella del South Rim. Purtroppo ci accorgiamo solo sul posto che la zona è chiusa per rifacimento del manto stradale e così restiamo a bocca asciutta. Peccato, perché così se non si intraprendono altre camminate molto ma molto più faticose non c’è più nulla da vedere. Il pomeriggio e il tramonto di ieri sono stati più che sufficienti e ammazziamo il tempo al Desert View Drive, a fare un mini-shopping. Per di più il tempo si guasta ed non possiamo nemmeno ri-goderci il tramonto. Rientriamo a Tusayan, ceniamo, e passiamo la serata al centro National Geographic dove proiettano un documentario in inglese sul Grand Canyon. Ci pensiamo un po’ perchè costa 12 Usd a testa per 40 minuti di filmato, ma non avendo niente da fare, ne è valsa la pena. 09 SETTEMBRE: viaggio per Barstow via Route 66. La tappa più lunga, che inizialmente dovrebbe terminare a Los Angeles, ma che strada facendo decidiamo di interrompere. Tante le ore di guida, in più saremmo arrivati a Los Angeles al buio, immersi nel traffico a cercare un alloggio. Meglio fermarsi a un paio d’ore fuori, a Barstow. Se il viaggio non avesse compreso alcune soste sulla mitica “mother road”, la strada madre Route 66, sicuramente saremmo arrivati a Los Angeles per tempo. Ma oggi ci aspettano Williams e Seligman, due paesini stupendi, che ti fanno tornare indietro nel tempo, agli anni 50, epoca in cui sulla route 66 si concentrava la vita brulicante dei viaggiatori e lavoratori. Arriviamo a Bartsow verso le 17 e pernottiamo una notte, tanto per cambiare, al Budget Inn; 50 Usd senza colazione. Forse dopo Las Vegas la camera più bella.

Bartsow è una cittadina come Ridgecrest, Cortez e Page, dove si trovano diversi ristoranti ma soprattutto catene di fast-food. Leggiamo su un racconto di viaggio di un Outlet e di una ghost torwn nelle vicinanze. Così, l’indomani, prima di arrivare a Los Angeles, ci faremo una capatina (facevo proprio di tutto pur di ritardare il nostro arrivo a L.A…).

10 SETTEMBRE: CALICO GHOST TOWN/viaggio per LOS ANGELES/LOS ANGELES: alle 8 siamo già davanti a Calico Ghost Town, a una ventina di minuti da Bartsow. C’è un gabbiotto senza sbarra dove si dovrebbero pagare 6 Usd per l’ingesso. Ma qui di fantasma c’è anche l’addetto al biglietto, per cui entriamo senza pagare e parcheggiamo. La città è molto carina e veramente fantasma: non c’è nessuno, ma sarà l’orario mattutino. Ci divertiamo a fotografarci e riprenderci in qualche posa stile western col cappello fino alle 10.00. Poi ci dirigiamo all’Outlet ma ormai siamo stanchi di guardare negozi e io mi accontento (scusa) solo di un paio di scarpe Skechers, bellissime a soli 35 Usd. Il momento è arrivato, percorriamo la Highway a 6 corsie per senso di marcia in un paesaggio arido e tutto uguale, avvolto da una nebbia fittissima…Di smog! Pensiamo di aver sbagliato strada perché da quando siamo entrati a Los Angeles sarà già passata qualche ora di highway e non vediamo nessun cartello familiare, cioè quello di Universal City, vicino agli Universal Studios, dove abbiamo deciso di pernottare a priori. Vai, vai e vai per fortuna la strada era giusta. Usciamo dalla “corrente oceanica” dell’autostrada, ci perdiamo un po’ nelle viuzze, a caso incontriamo il Nite Inn e ci fermiamo: 2 notti a 80 Usd al giorno con modesta colazione servita (si fa per dire) dalla signora più fumatrice del mondo. Camere un po’ squallide.

Pranziamo al sacco in camera, con puzzo di tabacco impregnato nella moquette. E ci rituffiamo nel traffico di L.A. Per andare sulla Hollywood Boulevard. A metà pomeriggio ci inoltriamo nella splendida zona di Beverly Hills, Rodeo Drive e Santa Monica Boulevard che porta dopo una miriade di semafori (sempre rossi) e di macchine sulla bella spiaggia di Santa Monica. Tiriamo sera tra la spiaggia, i baywatch, il molo e la zona pedonale ricca di negozi. Ceniamo con un buon piatto di pasta in un quasi real-ristorante italiano.

11 SETTEMBRE: giornata dedicata interamente agli Universal Studios, ingresso (un po’ caro) circa Usd 65 a testa, ma sono molto belli e divertenti. Abbiamo deciso di pernottare proprio in zona Universal (molto squallida) per non avere problemi di traffico a raggiungerli. Difatti, a 100 mt dal nostro motel, dopo un ponte abitato da un barbone, c’è un trenino che porta in 5 minuti all’ingresso del parco-giochi. Secondo noi vale la pena dedicare un’intera giornata al parco, primo perchè altrimenti a Los Angeles non c’è più nulla da vedere, secondo perché dopo un viaggio come questo è giusto divertirsi un po’ allegramente.

12 SETTEMBRE: ultima mezza giornata, nuvolosa. Visitiamo Venice Beach (spiaggia da figli dei fiori), ritorniamo a Santa Monica, ma ormai lo spirito non è più quello di visitare. La mente ormai è già in volo, in volo verso casa. Raggiungiamo l’aeroporto internazionale con larghissimo anticipo (alle 15.00, con volo alle 21.00), ma è stato meglio così, perché al check-in sembrava di essere nell’aeroporto di Harare in Zimbabwe tanto era il traffico incasinato, le procedure di controllo, le file…Poco prima avevamo salutato con un po’ di commozione la nostra Toyota Prius, dopo circa 3.700 miglia (= 6.500 km) di gioie, curiosità, timori, apprensioni, ma soprattutto di…Libertà.

GOD BLESS AMERICA, oh I’m sorry: WEST AMERICA!

BREVI CONCLUSIONI: viaggio stupendo, posti incredibili. Per chi ha viaggiato “zaino in spalla” con i mezzi pubblici (come noi in Sud America, Thailandia , Messico e Guatemala o in Namibia) non si ha proprio il senso del viaggio, perché è un viaggio tranquillo, comodo e per famiglie. E’ vero anche che il percorso “on the road” è comunque di per sé un “viaggio”, un po’ come lo intendiamo noi.

Persone molto cordiali, qualcuna “mastica” un po’ troppo quando parla, ma con un inglese scolastico si può intendere e intendersi. La debolezza del dollaro ha reso questo viaggio più conveniente, anche se per 3 settimane si spendono circa 2.800 euro a testa. I viaggi in auto sono comodissimi e c’è sempre un panorama stupendo che fa compagnia e non annoia. In 3 settimane abbiamo visto tantissime cose, anche qualcuna in più del previsto, ma con molta tranquillità. Anzi, come abbiamo già scritto, a volte dovevamo addirittura ammazzare il tempo. Solo a San Francisco fa freddino. Per il resto si va dai 47 gradi della Death Valley ai 35 o 25 del resto. Per il resto, buon viaggio a tutti. Have a nice day. You’re welcome.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche