La “porta d’Oriente” è italiana solo da 100 anni, ed ecco perché oggi è la nostra città più internazionale
Io e il mio compagno siamo stati a Trieste per 5 giorni che per noi, provenienti da Roma in treno, sono diventati tre effettivi ma che, ben spesi, ci hanno dato la possibilità di conoscere alcuni angoli davvero particolari di questa città! Dal momento che non era la nostra prima visita e che è piovuto quasi sempre, abbiamo deciso di concentrarci sui musei e sulle passeggiate che “ci mancavano”.
Indice dei contenuti
Giorno 1 – Arrivo a Trieste
Arriviamo giovedì sera con Italo Treno (117 euro a testa A/R, tariffa Italo Friend), dopo ben 6 ore di viaggio, e abbiamo occupato la nostra stanza all’NH – Trieste, stanza prenotata un mese prima usufruendo di un’offerta: la sistemazione è davvero molto accogliente (c’è anche la palestra), la struttura è vicinissima alla stazione e al centro. Il letto è così comodo che il mio compagno – stranamente – non russa!
Giorno 2 – I Musei di Trieste
Giovedì mattina piove a dirotto, decidiamo quindi di andare a visitare il Museo Civico di Storia Naturale: si raggiunge facilmente dalla stazione ferroviaria con il bus n° 22 (biglietti in vendita dentro il bar della stazione e attenzione: comprate anche i biglietti del ritorno perché vicino al Museo non ci sono rivendite). Il tragitto in autobus è l’occasione per osservare strade e quartieri che non avremmo visitato: belle strade e palazzi eleganti scorrono veloci oltre il vetro. Scendiamo alla fermata “Scala Bonghi” in via Revoltella e dopo un breve tratto a piedi arriviamo al Museo, che apre alle 10 e costa 3 euro.
Oltre alle consuete collezioni mineralogiche, quello che più ci stupisce sono i due dinosauri (chiamati affettuosamente Antonio e Bruno) trovati presso l’area archeologica del Villaggio del Pescatore, dinosauri che rappresentano la più importante scoperta paleontologica europea (Antonio è praticamente intero). Davvero interessante poi la sezione dedicata alla paleoantropologia e ai ritrovamenti in grotta (impressionante la ricostruzione dell’Orso delle Caverne a grandezza naturale!). Non sono mancati diorami di ambienti naturali, enormi riproduzioni di insetti, animali impagliati tra cui Carlotta, un gigantesco squalo di 5,4 metri! Prima di uscire l’occhio ci cade su un magnifico quanto misterioso tronco fossile posto vicino alle casse: non se ne conosce il luogo di provenienza né la data della scoperta. Se volete farvi un’idea più dettagliata visitate il sito del museo.
Soddisfatti della visita (il mio compagno ancora di più, perché non è un appassionato del genere e temeva di annoiarsi a morte!), sempre sotto l’acqua aspettiamo l’autobus n. 18 che ci riporta in centro. Scendiamo su Corso Italia e decidiamo di mangiare in uno dei buffet più famosi della città, Da Pepi, dove però non prendono prenotazioni. Per fortuna troviamo un tavolo libero e il pranzo è all’altezza delle aspettative: tipico piatto di lessi misti, vino rosso e crauti per contorno! Il posto è frequentato anche da triestini e questo dona all’ambiente un’atmosfera genuina.
Visto che fuori continua a piovere, ormai sazi, decidiamo di visitare il Museo Civico di Arte orientale. Questo piccolo museo, poco distante da Piazza Unità d’Italia, a ingresso libero, è una vera chicca per gli amanti del genere: le sale dedicate al Giappone sono ricchissime di pezzi e la collezione delle stampe ukyio-e è davvero notevole, si può ammirare anche la celebre Grande Onda di Hokusai.
Usciamo un po’ frastornati per i tanti pezzi ammirati e ci fermiamo in un caffè in zona Cavana per una sosta rigeneratrice.
Continuiamo il nostro pomeriggio passeggiando senza meta per le strade del centro: ci fermiamo al negozio Illy vicino piazza Unità d’Italia (impreziosita dai grandi alberi di Natale riccamente decorati), per acquistare qualche regalino di Natale, poi visitiamo il Borgo Teresiano dalla pianta ordinata e pieno di locali dove si prende l’aperitivo; entriamo anche nel Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione: c’è una celebrazione in corso, le icone dorate mandano bagliori alla luce delle candele e la melodia delle preghiere cantate dal pope ci proietta in un’atmosfera senza tempo.
Fuori è ormai buio e fa freddino, le luci dei lampioni si riflettono sul lastricato bagnato che costeggia il Canal Grande con un effetto molto suggestivo e sul ponte di via Roma facciamo un saluto alla statua di James Joyce.
Torniamo in albergo per cambiarci prima di cena: stasera abbiamo scelto di mangiare alla Hostaria Strehler, nell’omonima via, proprio davanti al Politeama Rossetti. Si tratta di un locale tranquillo, dove gustiamo piatti della cucina triestina, che non è proprio leggerissima. Per fortuna, in albergo si torna a piedi.
Terzo giorno – San Giusto, la Trieste Istriano-dalmata e Piazza Unità d’Italia
Stamattina non piove! Ben coperti (si è alzato un bel venticello freddo) ci incamminiamo verso il centro, in particolare la nostra meta è la collina di San Giusto. Dal momento che non abbiamo voglia di salire rampe e rampe di scale, ci dirigiamo all’ascensore posto all’interno del Parking Colle san Giusto, in via del Teatro Romano (al quale ovviamente dedichiamo uno sguardo ammirato). Dopo aver percorso il tunnel sotterraneo dalle pareti colorate da murales davvero belli, prendiamo l’ascensore (gratuito) che ci porta in un baleno in cima al colle, di fronte al Monumento dei Caduti. Da quassù la vista su Trieste è superba: alle spalle abbiamo la cattedrale con la sua torre imponente, sotto di noi tetti rossi fino al mare blu scuro, mentre all’orizzonte, sembra strano ma si vedono chiaramente delle montagne innevate. Ci godiamo questa bella vista per qualche minuto, anche se ci preoccupano un pochino i gridi striduli di un gabbiano, appollaiato sul muretto e che ci guarda di traverso: forse si aspettava qualche bocconcino?
Iniziamo a scendere verso il mare percorrendo lo scalone di Via della Cattedrale, alla cui sommità si affaccia l’entrata del Museo d’Antichità J. Winckelmann: ad ingresso libero, questo museo, da me visitato in una precedente occasione, possiede ricche collezioni ed è davvero interessante, sebbene poco conosciuto e poco frequentato.
Via della Cattedrale è bella e impervia, regala degli angoli molto suggestivi, piazzette ed edifici dalle finestrelle adorne di tendine di pizzo che riportano ad un tempo lontano, sveviano direi. Uno sguardo all’Arco di Riccardo e scendiamo per via dei Capitelli: per caso l’occhio mi cade su una bottega aperta in Androna della Pergola. Fuori c’è un mostro enorme di pezza verde e il negozio si chiama proprio Mostri 113: la mia curiosità mi spinge ad avvicinarmi! Si tratta di un laboratorio, in cui una signora (più una ragazza, in verità), circondata da ogni sorta di mostri benevoli, ne sta cucendo un altro. Non resisto e le chiedo che storia abbia questo posto! Roberta Cibeu, così si chiama questa toy designer, mi racconta come, in un momento particolare della sua vita (un lutto familiare), abbia inventato il primo “mostro mangia paura” per suo figlio Sebastiano e come poi da cosa sia nata cosa (anzi, da mostro sia nato mostro…), fino a dare vita alla bottega che possiamo visitare oggi. Il “primo mostro” è in vetrina, protetto da una campana di vetro proprio come una reliquia! Questo laboratorio è bellissimo, pieno di colori, bottoni, stoffe, cerniere lampo…si respira un’aria di magia e tanta, tanta passione per il proprio lavoro. Se volete saperne di più: www.mostri113.com.
Continuiamo il nostro cammino verso il mare: percorriamo via di Cavana, poi piazza Hortis dove, a ridosso del giardino pubblico, troviamo alcune bancarelle, la statua di Italo Svevo e l’ingresso della Biblioteca Civica Fulvio Tomizza. Ma la mia meta è il Civico Museo della Civiltà Istriana e Dalmata! Sono già passata due volte per Trieste e l’ho trovato sempre chiuso: stavolta sarò più fortunata? Purtroppo no.
In realtà il museo è aperto (ingresso libero), ma una gentilissima signora mi informa che le masserizie, i mobili, le foto e gli oggetti sono al Magazzino 18 e che le visite si effettuano in giorni stabiliti e su prenotazione. Sono molto delusa: mio nonno e tutta la sua famiglia erano emigrati a Fiume da Palermo, per esserne poi cacciati; mio nonno non ha mai parlato di quel periodo nemmeno ai figli, se non per brevi cenni, pieni di dolore e avevo sperato di saperne di più, di vedere magari il suo viso da giovane in una delle foto. Ne parlo rattristata con la signora, e lei si confida in un sussurro: anche i suoi genitori erano degli esuli istriani e non ne parlavano, per un senso di vergogna e paura.
Mi racconta anche di un spettacolo, di cui non sapevo, il musical Magazzino 18 appunto, di Simone Cristicchi, che narra di quel drammatico segmento della nostra storia. Siamo ambedue con gli occhi lucidi: per spezzare questo momento così intenso, la signora ci invita a visitare la bella mostra in corso sul disegnatore Attilio Micheluzzi. Splendido allestimento, con tavole a colori e in bianco e nero che ripercorrono la carriera di uno dei nostri più importanti fumettisti (ma è riduttivo definirlo tale).
Dopo così tante emozioni, è d’obbligo un caffè: ci fermiamo per un’ottima merenda dolce da MUG, tornando un po’ indietro su piazza Hortis/via dell’Annunziata.
Sono le 11.30: decidiamo di affrontare il Museo Revoltella, Galleria d’Arte moderna (biglietto 7 euro). Non è un caso che abbia usato il verbo “affrontare”: il museo è davvero bello, ma molto vasto, visto che le collezioni sono distribuite tra il Palazzo Revoltella (primo nucleo, tre piani) e l’adiacente Palazzo Brunner (secondo nucleo, quattro piani con terrazza panoramica). Sarebbe inutile elencare tutti gli artisti che vi si possono ammirare.
Usciamo dal museo che sono quasi le 15.00. Confesso che noi siamo lenti nel visitare e anche che ci siamo intrattenuti con il custode di una delle sale, che ci ha raccontato aneddoti a non finire, però questo museo è davvero molto, molto vasto. Un po’ frastornati da tanta arte e piuttosto affamati, percorriamo velocemente il lungomare fino a Piazza Unità d’Italia e ci infiliamo di nuovo Da Pepi: avremo pure poca fantasia, ma non potevamo mancare l’appuntamento con la jota, tipica zuppa triestina a base di cavoli e legumi. Per stomaci forti!
Decisamente satolli, usciamo a passeggiare e i nostri piedi ci portano verso viale XX Settembre, una lunga e vivace strada piena di locali e negozi, anche se adesso non abbiamo proprio voglia né di dolci né di altro! Come al solito capto qualcosa di particolare: mi trovo davanti ad una vetrina piena di mongolfiere, pupazzi, animalini sospesi… e sono tutti di cartapesta! Dentro, vedo un lungo tavolo con delle persone che incollano, mi sembra stiano creando delle decorazioni natalizie. Ovviamente non resisto alla curiosità, entro e inizio a fare domande! La persona che mi risponde si chiama Francesca Tonsi, “decoratrice per formazione, cartapestaia per passione” come ci tiene a definirsi: ha aperto questa bottega nel 2016 e realizza moltissime cose, dalle decorazioni ai gioielli alle maschere, lampade cornici … in cartapesta e non solo. Sono affascinata: tutti coloro che riescono a realizzare il loro sogno creativo ai miei occhi emanano una luce particolare. Per saperne di più: www.cartastraccialab.com/
Adesso siamo un po’ stanchi dopo una giornata veramente intensa e ha iniziato anche a tirare vento: ce ne torniamo in albergo passando per stradine laterali non particolarmente interessanti ma sicuramente più dirette.
Dopo una doccia rigenerante, usciamo per cena. Non siamo andati tanto lontano: Pizzeria Fratelli La bufala, dove mangiamo un’ottima pizza senza aspettare troppo.
Quarto giorno – Risiera San Sabba
Sabato c’è finalmente il sole e non tira vento. Decidiamo di visitare la Risiera San Sabba: forse non tutti sanno che, durante la Seconda guerra mondiale, anche in Italia c’è stato un campo di concentramento, con tanto di forno crematorio. Un luogo di morte e di dolore, di cui oggi rimangono alcune vestigia, costruito proprio nelle immediate vicinanze di Trieste.
Armati di coraggio e consapevoli che sarà una visita molto toccante, prendiamo il bus n.10 da Piazza Tommaseo e scendiamo in via Valmaura. C’è un pezzetto a piedi e ci troviamo dinanzi a questo ingresso stretto, di cemento grigio, che conduce al grande piazzale. A sinistra si apre una vasto spazio, dove si trovano alcune spoglie, piccolissime celle di prigionia; poi un vasto ambiente, sui cui pilastri si possono leggere alcune testimonianze; fuori si apre il grande cortile: qui c’era il forno crematorio ma oggi non ne rimane quasi nulla (fu fatto saltare quando i nazisti abbandonarono questo luogo); sul cortile si trova anche l’ingresso del museo (www.risierasansabba.it). Non si può descrivere lo stato d’animo che si prova visitando questo posto: mi vengono in mente le parole di Primo Levi, “Ricordate che questo è stato…”.
Decisamente provati, torniamo in centro e per scacciare quest’ombra ci gettiamo nelle stradine, tra i negozi e le bancarelle di Natale.
Dopo pranzo, consumato stavolta in caffè per stare leggeri, decidiamo di gironzolare: tra le altre, ci troviamo in via Felice Venezian e in particolare ci attira un negozio che vende cose Vintage, Delikatessen Modernariato & Collezionismo! Lampade, scatole di latta, palline di Natale di vetro colorato come quelle che distruggevo da piccola, mappamondi con la luce dentro, carte geografiche… chi più ne ha più ne metta! È un susseguirsi di “Ti ricordi questo?!” e “Ma questo lo aveva anche mia nonna!” e “Forse in cantina c’è ancora!”: un vero tuffo nel passato!
Dal momento che a pranzo abbiamo mangiato un panino, ci dirigiamo a cena piuttosto presto, anche perché dobbiamo sistemare i bagagli: ci sistemiamo al Buffet Birreria da Rudy, un altro locale di quelli storici.
Quinto giorno – Domenica
Il nostro treno parte alle 8.00. Salutiamo Trieste, che anche questa volta è stata all’altezza delle nostre aspettative!