Corso Italia a Trieste
Il Settembrino si era svegliato presto e aveva fatto una passeggiata fino alla punta del Molo Audace. Quando mancavano pochi minuti alle dieci era tornato indietro perché non voleva far tardi all’appuntamento che si era dato con i suoi compagni di viaggio in Piazza Unità d’Italia.
Il cielo era coperto di nuvole scure, gonfie di elettricità. All’inizio del molo il Settembrino aveva visto due uomini della Guardia costiera che discutevano se sarebbe venuta la risacca e se sarebbe stato il caso di chiudere il molo all’accesso dei visitatori. Affrettò il passo. Trovò i suoi compagni davanti alla Fontana dei Quattro Continenti.
Il gruppo prese a destra verso Piazza della Borsa e si fermò di nuovo vicino alla fontana del Dio del Mare, Nettuno, che si erge sopra tre piccoli cavalli.
Tutti videro la panchina dove un posto a sedere è occupato da un monumento di Gabriele D’Annunzio. Così cominciò uno scambio di telefoni per farsi la foto con il Vate. Poiché D’Annunzio ha il capo chino su un volume che tiene aperto davanti a sé, tutti si fecero immortalare allo stesso modo: un click mentre sporgevano il busto fingendo di curiosare le pagine che D’Annunzio sta leggendo.
Il Settembrino ha sempre provato imbarazzo a farsi le foto con i monumenti degli scrittori; un disagio che nasce dall’idea che tanto solitarie ed introverse sono state le vite di molti letterati quanto i monumenti che ne celebrano la gloria, come un beffardo contrappasso, sono diventati obiettivo di selfisti anonimi da rimpallare sui social.
Visto che tutto si può dire di D’Annunzio fuorché sia stato una persona introversa (il Settembrino dirà la stessa cosa davanti alla statua di Joyce, lungo il Canal Grande in Piazza Ponterosso, e per quella di Svevo in Piazza Attilio Hortis) anche lui scattò una foto con il Vate.
Quando anche l’ultimo del gruppo scattò la sua foto, il Settembrino disse: «Voi andate» e indicò il palazzo della Borsa e la direzione che li avrebbe portati alla Piazza del Ponte Rosso, il Canal Grande e il Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità. «Voi andate, io vado un attimo di qua» e indicò, perpendicolare, Corso Italia, in particolare la colonna di Leopoldo I d’Austria il cui figlio, Carlo VI, istituì a Trieste il porto franco. Corso Italia è una grande arteria con traffico intenso nei due sensi di marcia che parte da piazza della Borsa e giunge a piazza Goldoni e cioè collega il lungomare con la parte alta della città.
Benché ai lati ci siano molti negozi per fare shopping, grandi firme, il Settembrino pensò che non è una via che stimola il passeggio e così si rese conto che aveva fatto bene a congedarsi dagli amici; non sarebbe stato facile spiegare il perché gli interessasse passare proprio in quella via.
«È proprio qui che è stata scattata la foto» disse il Settembrino arrestando il passo.
Pensò al punto immortalato nella foto scattata il 2 Luglio del 1914 da Giuseppe e Carlo Wulz: il corteo funebre che accompagna i feretri con le salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando, nipote ed erede dell’Imperatore, e di sua moglie Sofia uccisi a Sarajevo per mano dello studente indipendentista serbo Gavrilo Princip. Ventisei giorni dopo lo scatto di quella foto, l’Impero Austro-Ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia e sarà l’inizio della Prima Guerra Mondiale.
È una foto strana quella scattata dai fratelli Wulz. Nell’attimo dello scatto, il corteo è fermo a metà del corso. Il motivo della sosta è sconosciuto.
Gli ufficiali in sella si sono voltati indietro a vedere cosa succede. Accanto al carro funebre sosta immobile un isolato cortigiano che regge una tuba tra le mani. Soldati, marinai, cittadini, ufficiali: tutti sono voltati all’indietro come se ci fosse qualcosa da risolvere, prima di far ripartire il corteo funebre, ma non si capisce cosa.
Su un saggio il Settembrino ha letto un’ipotesi letteraria che gli ha gelato il sangue: che qualcuno di loro si fosse voltato perché ha avvertito il passaggio dell’alito della morte, della triste amazzone, vestita con la cappa nera, venuta ad annunciare la catastrofe: milioni di morti, immani distruzioni, la fine di quattro imperi (Austro-Ungarico, Russo, Ottomano, Tedesco).
La fine di un’intera civiltà.