Sola, sul Cammino delle Pievi della Carnia

Il Friuli che non ti aspetti
Scritto da: MarinaSpili
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Qualsiasi viaggio non è mai solo un punto su una mappa, ma è prima di tutto un confronto con se stessi, specie se il percorso è fatto a piedi con zaino in spalla, in modo lento e faticoso. Da tempo desideravo compiere un Cammino in solitaria, ma le mete più frequentate, come il Cammino di Santiago o la Via Francigena, ai miei occhi risultavano troppo gettonate e ben organizzate, tanto da non soddisfare il mio spirito d’avventura e la prova di consapevolezza dei limiti. Ho dunque puntato al meno noto Cammino delle Pievi della Carnia (camminodellepievi.it) in Friuli, nato come pellegrinaggio e frequentato dai più per brevi tragitti, specie durante i fine settimana estivi, ma anche da qualche turista austriaco in viaggio esplorativo, in cerca di mete selvagge, non convenzionali.

È composto da 20 tappe, per un totale di 310 Km e 12700 metri di dislivello, che seguono i fari delle 11 Pievi dell’area, dei 2 Santuari e dei 6 luoghi di culto meritevoli di sosta (numerosi e bellissimi gli affreschi rinascimentali di Gianfrancesco da Tolmezzo, uno dei massimi esponenti dell’arte pittorica friulana del Quattrocento). Le Pievi, nate per l’evangelizzazione della gente di montagna tra il V e il XIV sec., come vere entità giuridico-religioso-sociali, isolate su colli ed alture, sono luoghi simbolici, differenti da tutti gli altri edifici religiosi che conservano meravigliose opere d’arte.

Prima della partenza, presso Casa Emmaus a Imponzo, i credenti possono chiedere la Credenziale, un documento dove verrà apposto un timbro ad ogni Pieve raggiunta: rappresenta una sorta di diario del percorso compiuto dal pellegrino durante il Cammino e consente al termine di ricevere la pergamena dell’Indulgenza Plenaria.

Tredici i giorni di viaggio in tutto.

L’itinerario è circolare e si percorre in senso orario, con partenza da Imponzo di Tolmezzo (Ud) e arrivo a Zuglio (Ud) ed è contrassegnato da cartellini con logo e freccia direzionale, oppure dai segnavia CAI.

Ma, nonostante le tracce GPS e le indicazioni cartacee, in alcune situazioni solo le isoipse della fedele cartina Tabacco hanno consentito di non perdermi: satelliti, rete o la magia di sbilfs dispettosi talvolta possono giocare brutti scherzi!

Lungo la tappa è raro incontrare qualcuno ed è sempre prudente chiedere preventivamente informazioni ai locali prima di mettersi in cammino. Qualche tratto dell’itinerario può risultare ostico per l’orientamento perché a volte l’erba può non essere ancora sfalciata e il bosco, inevitabilmente avanza.

Sono spazi di natura selvaggia, ma ricchi di storia, da vivere lentamente e con curiosità, punteggiati da staipe e pianori, siti archeologici, vestigia di antiche culture e resti militari che testimoniano lo scorrere dei secoli dai romani alle grandi guerre mondiali, con una spiccata individualità storica e geografica che invitano alla sosta.

Non manca la cucina della tradizione, specie cjarsons con le erbe, blecs e saporiti formaggi di malga.

Inanello una dopo l’altra le Pievi passando per Illegio, Tolmezzo, Cesclans e Villa di Verzegnis per scendere al ponte sul fiume Tagliamento e arrivare a Invillino, Villa Santina, Raveo Enemonzo e suonare le campane della stupenda chiesetta di San Martino a Socchieve insieme alla sacrestana, che da 45 anni si occupa anche di caricare l’antico orologio.

I paesini abbarbicati sulle pendici dei monti sono pronti a rubare ogni possibile spiraglio di sole e appaiono e scompaiono ad ogni scollinamento; nella piazza centrale c’è sempre la fontana, spesso con lavatoio.

Con il pacifico luogo di villeggiatura di Forni di Sopra e l’incantevole Sappada, “borgo più bello d’Italia”, è come entrare in una cartolina; tanti però anche i borghi silenziosi dove l’ultima osteria, luogo simbolo di ogni comunità friulana, spesso resiste insieme agli ultimi abitanti, molti di loro anziani, che non demordono all’increscente spopolamento e all’ abbandono, anche se la vita con poche comodità reclama maggiori sacrifici.

Riposo al fascino del lago Sauris, dalla singolare lingua alto-tedesca e le caratteristiche case in legno, in compagnia della pregevole birra artigianale.

A fondovalle calpesto spesso un sottobosco di felci e noccioli all’ombra prevalente del carpino e del pino nero e il cinguettìo degli uccelli fa da colonna sonora all’incedere, ma percorro anche sentieri in quota a 1946 m. che serpeggiano ripidi tra Malga Tragonia, Rifugio Tenente Fabbro e Forcella Rioda, dove l’aria delle Dolomiti Friulane si fa frizzantina tra i pascoli alti delle malghe, i fiori rosa di rododendro e lo stridore dei falchetti.

Lambisco il confine veneto sulle creste del Cadore e percorro sentieri, mulattiere e piste forestali nel respiro dei grandi boschi verdi della Carnia che nascondono Prato Carnico e Ovaro, dove tra faggeti e abetaie incontro il forte profumo di muschio e di funghi; percepisco la presenza dello Zoncolan, sua Maestà “Il Kaiser” con la nota salita, temuta da tutti gli amanti del ciclismo.

Mi attardo a Cercivento rapita dalle ceramiche e dai mosaici affissi ai muri delle case che formano una Bibbia a cielo aperto e giunta sulle pietre del tracciato della strada romana Julia Augusta che incontro nel bosco vicino a Paluzza e punta al Norico, accentuo il tichettìo dei bastoncini che scandiscono il passo, per allontanare con il rumore eventuali animali: nella solitudine dell’andare, provata dal disagio di essere inzaccherata e fradicia a causa di un forte temporale con grandine, e costretta a cercare un percorso alternativo a causa dell’interruzione del sentiero a causa della tracimazione di un torrente, affiorano ancestrali e spaventose paure, ma mi convinco che è solo la mia mente a crearle. Proseguo con coraggio certa che la stanchezza può giocare brutti scherzi.

Sfioro l’austriaca Valle di Lienz fino a Timau, dove l’Ossario militare conserva le spoglie dei soldati che vissero dolore, morte e orrore nella Prima guerra mondiale; una donna, Maria Plozner Mentil, portatrice carnica morta nel 1916, decorata medaglia d’oro al Valor Militare, ancora vive nella forza d’animo di tante donne carniche.

Percorse le tre grandi valli montane delle Alpi Carniche, solcate rispettivamente dal fiume Tagliamento, dal torrente But e dal Chiarzò, attraverso la selvatica Val d’Incaroio con pendenze al 18% per tuffarmi nella ridente conca con al centro Paularo, centro dai tipici loggiati in pietra, gli onnipresenti gerani e musei come “La Mozartina” e “Mistìrs”.

La gente dei borghi, non avvezza al turismo di massa, posa volentieri la gerla che ancora porta a spalle, per offrire informazioni e fermarsi curiosa ad intavolare quattro chiacchiere. Del resto il tempo qui scorre lento e l’arrivo di un “viandante” è ancora occasione di stupore.

Dopo un lungo attraversamento in quota su versante sempre rivolto a sud, arrivo ad Arta Terme: in alcune fioriere vivono gli eterni proverbi popolari, raccolti in eleganti cuori in ferro battuto.

In alto sul colle veglia con maestosità la Pieve di Zuglio (la romana Iulium Carnicum) dove trovo riparo dall’ennesimo violento temporale estivo. Le agane sono state dispettose, ma hanno fatto la magia che rende liberi dalla fretta fermando il tempo. Lassù tutto è pace.

Mi stupisco trovando nei pressi una scuola dove ancora si impara a suonare le Campane.

Durante il Cammino si percepisce una forte religiosità, custodita dalla gente in una moltitudine di cappelle, immagini sacre, poesie, edicole votive, saccelli, capitelli o Cristi, sempre adornati da fiori, posti all’entrata e all’uscita di ogni piccolo agglomerato di case, come pure ad ogni bivio significativo, anche in mezzo al bosco.

Una presenza che rassicura e diventa una fedele compagnia.

Il chiocciare delle galline che razzolano libere nei prati, il ronzio delle api e i campanacci delle mucche che pascolano vicino alle tombe di un piccolo cimitero di paese, accanto alla chiesa, sono suoni e immagini che suscitano emozioni e restituiscono un’esperienza di viaggio lento che fa riflettere e rigenera, nonostante la fatica.

L’esperienza del Cammino espone ad un inevitabile senso di vulnerabilità: l’assordante silenzio della montagna rotto solo dallo scalpitìo dei passi sulla roccia, la potente e rigogliosa natura che si attraversa, insieme al sole, alla pioggia, ai torrenti e al fiato corto ci ricordano quanto siamo piccoli e deboli, ma passo dopo passo, con umiltà, aumenta la fiducia in sé e cresce l’affidamento allo Spirito che parla ad ognuno di noi.

Mi porto a casa un senso di enorme gratitudine: il miglior souvenir.

Dall’epoca medioevale ogni pellegrino saluta con “ultreya et suseya”, ma in Friuli il migliore saluto rimane sempre “mandi”!

Informazioni utili sul Cammino delle Pievi della Carnia

  • Pernottamento presso B&B, Malghe, Rifugi o Alberghi Diffusi con un costo da 30 a 45 euro massimo.
  • Ogni paese è collegato quotidianamente con Tolmezzo (Ud) dal servizio di linea SAF
  • Utile prendere contatto con l’Arciconfraternita Pieres vives San Pietro di Carnia indicata nel sito www.camminodellepievi.it
  • Rifornimento d’acqua ad ogni fontana di paese
  • Acquistare qualche busta di cibo liofilizzato o altro perché negli alberghi diffusi non c’è ristorante
  • Indossare solo pantaloni lunghi ed usare il repellente per zecche
  • Le tappe ufficiali sono 20, ma soprattutto nella prima parte del viaggio, senza grandi dislivelli, alcune si possono mettere insieme.
  • In alta stagione, specie nelle mete di villeggiatura di Forni, Sauris e Sappada, prenotare in anticipo.
  • Le Pievi solitamente chiuse, vengono sempre aperte ai pellegrini, previa richiesta.
  • Scarponcini da trekking impermeabili
  • Cerotti per vesciche “Compeed”
  • Bastoncini da trekking
  • In quasi tutti i paesi c’è un alimentare per la spesa
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