INDIA di Rajasthan, Varanasi e Calcutta dalla A alla Z

Buon viaggio a chi deciderà di vivere la magia e l'allegria dei colori indiani... capaci a volte di far dimenticare la serena disperazione della gente, a chi deciderà di ridere, di piangere, di gustare... con la certezza che la commozione e l'emozione, lo stupore e l'incredulità, la riflessione e la voglia di cambiare non vi abbandoneranno...
Scritto da: Luna Lecci
india di rajasthan, varanasi e calcutta dalla a alla z
Partenza il: 22/08/2010
Ritorno il: 10/09/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
INDIA (Rajasthan, Varanasi e Calcutta) dalla A alla Z

Animali. Se ne vedranno quasi più che ad uno zoo! Quasi ogni famiglia ha una mucca o un maialino mentre i numerosi cani che invadono le strade sono tutti randagi e quanti se ne vedranno investiti! Diverse vacche e capre hanno le zampe anteriori legate affinché il pascolo non sia troppo lontano. E poi scimmie, pecore, antilopi, gazzelle, pavoni, pipistrelli, cornacchie, piccioni, vari tipi di uccelli, furetti, ranocchie, gechi, ratti, cavalli, tori, gatti, asini, cinghiali, elefanti, scoiattoli… E anche se si profuma di repellente, alle mosche e alle zanzare (ma non molte di più che in Italia) non importa nulla! Ah, il cammello! Sul suo dorso fatta una gita: è alto, ha un modo bizzarro di alzarsi ed abbassarsi, di muovere il collo per scacciarsi le mosche… Ma tutto sommato è docile, difficilmente pericoloso.

Arte. Per gli affreschi sono stati usati tutti colori naturali; per le sculture ci sono differenze tra l’arte Indù (rappresenta figure di dei, del popolo, di animali), quella Mughal (pianeti e natura) e quella Persiana (natura morta).

Autista. Il driver dovrà essere una persona con esperienza perché affronterà percorsi accidentati, strade non asfaltate colme di acqua piovana e ad ostacoli. Anche sull’autostrada dovrà schivare animali, pedoni che sbucano all’improvviso… Dovrà districarsi nelle intasatissime viuzze dei villaggi e delle città (vecchia Delhi e Varanasi sono le apoteosi). Sarà importante che conosca un po’ di inglese perché le ore di viaggio saranno tantissime. Non è una guida, ma qualche chiacchiera e informazione sulla vita locale potrà darvele, magari parlando della propria storia… Noi abbiamo avuto la fortuna di esser condotti dal gradevolissimo Kishore per ben 13 giorni consecutivi e da Rincu (senza lode né infamia) per i due giorni a Varanasi. Peggio non poteva capitare per due giorni a Calcutta con Aput (Pashupati Tour ‘N’ Links). Bravo e anche guida turistica Lalit (Rajasthan Four Wheel Drive) per la giornata a Delhi. Autisti di altri turisti italiani che abbiamo conosciuto e meriti di segnalazione sono: Gajjù e Mohen.

Auto. Il giro del Rajasthan l’abbiam fatto su un’Ambassador Grand bianca, per intenderci quella di Minnie e Topolino, nuova di due anni, costo € 8.400,00 circa, diesel (circa € 1 al litro), con aria condizionata e che si è rivelata molto più sportiva di quanto non sembri. Molto comode, spaziose ed accessoriate anche le Toyote Innova con le quali abbiamo girato a Calcutta e a Delhi.

Autostrade. A una donna non è concesso guidare in autostrada! Può portare l’auto solo nelle grandi città e le moto esclusivamente nella capitale: nel Rajasthan a Jaipur. Da noi per segnalare a qualcuno che lo si vuol superare al massimo si lampeggia e nella parte posteriore dei mezzi non vi è assolutamente scritto “please horn” o “blow horn” o “sound horn” (per favore suona il clacson!). Il mio spiegare il telepass, le carte prepagate, i punti sulla patente, le telecamere, le limitazioni sul consumo degli alcolici… E il fatto di non trovare per nessuna ragione al mondo animali, risciò, tuc tuc, apette, motorini con quattro-cinque persone in sella senza casco, autobus con decine di viaggiatori sul tetto o appesi ad una scaletta, ciclisti, pedoni… Buche, mezzi abbandonati, frane… Su questi percorsi, e ancora targhe inesistenti o illeggibili perché scritte a penna… Diverte molto l’autista e le sue uniche serene risposte, ascoltate più volte, sono: in India tutto è permesso, in India niente è impossibile!

Bagni. Le toilettes nei templi (e in genere) sono impraticabili, veramente indecenti. Se proprio scappa… Da preferire quelli degli “autogrill” cioè punti di ristoro turisticissimi! I water classici sono solo per non indiani visto che i loro sono alla turca rasoterra o un po’ rialzati o ci si libera all’aria aperta. Quanti uomini in continuazione in mezzo alla strada, contro un muro in città o in nicchie all’aperto (bagni pubblici) fanno pipì (ma non solo!)! (v. Anche carta igienica).

Bere. Masala tea: un mix energizzante di latte, tea, acqua, chiodi di garofano, cardamomo e pepe nero che si serve bollente in bicchierini. Per soft o cold o aerated drinks intendono fanta, coca cola, pepsi e tinca (una sorta di sprite in bottiglie da massimo 33cl). Diverse volte nei ristoranti le abbiamo trovate scadute anche da un paio di mesi, lo abbiamo segnalato e la risposta è sempre stata la stessa: nessun problema, si bevono fino a sei mesi dopo la scadenza. Lassie: una sorta di yogurt Muller bianco dolce e fresco, ma esiste anche una versione “salata”; kasmiri tea: un mix di cardamomo, cannella e un pizzico di zafferano (praticamente un tea senza tea)! Buona la birra, molto indicata per accompagnare i sapori della cucina indiana. Le bevande alcoliche fanno lievitare di molto il conto. Mai assaggiato il vino.

Bustine. A mo’ di gratta e vinci vedrete, quasi ovunque, esposte coloratissime e numerosissime bustine. Contengono monodosi di polvere per rinfrescare l’alito, noccioline, sostanze dolci, tabacco da masticare… Che in continuazione gli indiani comprano, scartano buttando l’involucro argentato per terra e mettono in bocca.

Cacca. Gli escrementi dei vari animali invadono le strade, sarà impegnativo evitarle ma sono molto importanti e spesso fuori dalle abitazioni le cacche appena evacuate dalle mucche vengono lasciate o addirittura spalmate affinché le mosche ci si appoggino e non entrino in casa portando malattie. Vengono poi rimosse, una volta secche, di prima mattina.

Cancelleria. Portatene quantità industriali! Io pensavo di averlo fatto con più di 200 pezzi tra penne, matite, colori, pennarelli…, una ventina tra zaini e borse, una quindicina di astucci e dopo neanche una settimana era tutto finito! Verrete ripagati dai sorrisi di chi li riceve che arriveranno alle orecchie. Accortezza nel distribuire: a volte scatta una mini ressa tra i bambini per accaparrarsi più pezzi possibili e all’improvviso di ragazzini ne sbucano a decine.

Capelli e barba. Hanno un’importanza esagerata! A tutte le ore del giorno e della notte vedrete barbieri all’opera che fanno accomodare i propri clienti su banchetti in strada, faccia rivolta verso il muro sul quale è appoggiato uno specchio, o neanche quello, a far loro la barba. Il costo è veramente irrisorio o spesso si fa una sorta di baratto: “io ti porto il latte o vado in paese a comprarti la frutta e tu quando consegno mi sbarbi o tingi i capelli con l’henné”. Molti uomini che da noi sarebbero ridicoli con capelli e barba color arancione, qui per bellezza se ne vedono; i maschi si fanno tingere per non mostrare la loro chioma o i loro mustache bianchi. Le donne che hanno i capelli tinti (sempre con prodotti naturali) o segnati, sono sposate, mentre le nubili devono obbligatoriamente essere al naturale.

Carta igienica. Non è contemplata e si troverà solo presso gli hotel (non credo nelle guest house) o in vendita accanto alle bottiglie d’acqua (beni meramente turistici). Agli stranieri viene dato, prima di entrare in bagno, un tovagliolo di carta molto scadente (consigliamo di portare diversi pacchetti di fazzolettini, salviette umidificate e amuchina) perché il popolo tutto dopo i bisogni usa solo acqua. In ogni toilette vi è un piccolo e basso rubinetto attiguo alla tazza, un secchio e una sorta di boccale. Ogni indiano porta sempre in tasca un tovagliolo-fazzoletto di stoffa con il quale si asciugherà le mani o ciò che è bagnato… Talvolta anche il sudore in viso! Alla mia domanda “e se qualcuno ha un improvviso attacco di dissenteria ed è sprovvisto d’acqua?” la risposta è stata “usa l’open toilette e troverà sempre qualcuno che gli porterà dell’acqua”. Se in una casa indù viene trovato un rotolo di carta igienica chiunque chiederà “dove l’hai presa?” e soprattutto: “perché?”.

Cartoline. Tante e poco costose, spesso non riescono a riprodurre le bellezze dei posti; un paio di volte lo erano alcuni biglietti di ingresso a monumenti. Sarà difficile trovare i francobolli acquistabili solo presso gli uffici postali.

Case. A volte piccole e di paglia in villaggi dove le popolazioni hanno conservato le antiche tradizioni. In città, poverissime, fatiscenti, sono poco confortevoli e accessoriate (in molte mancano le finestre!).

Casello autostradale. In India si tratta di una casupola in cemento con una finestrella protetta da una grata all’interno della quale vi è chi maneggia i contanti allungati da un tizio seduto su uno sgabello davanti al blocco di cemento in questione mentre un terzo sposta un pannello con su scritto “stop”.

Caste. L’influenza brahminica ha portato con sé la suddivisione in caste alle quali ancora oggi, a seconda della famiglia in cui si nasce, si appartiene. Solo le donne, ma raramente, hanno la possibilità di cambiarla se sposano un uomo di un diverso ceto. Vi sono quattro caste principali: la prima è quella dei guerrieri (governanti, potenti, violenti: la nobiltà), la seconda quella dei commercianti (venali: la ricchezza), la terza dei brahmini (insegnanti, sacerdoti vegetariani – no uova, no carne, no pesce, no cipolla, no aglio, sì al latte e ai suoi derivati, verdure, legumi, grano -: il clero) e i bassi (lavoratori: la plebe). Vi è poi una sottocasta, quella degli intoccabili i cui atti sono considerati impuri, gente molto povera e spesso ghettizzata. I villaggi di un tempo erano costruiti seguendo questo sistema: 4 templi, 4 pozzi, 4 cliniche, 4 tipi di strade (larghe o strette a seconda della classe).

Cenotafi. Tombe senza la salma che viene cremata, in onore di Marajà e di Maharani deceduti più di 300 anni fa a forma di cupole, spesso lavorate, intarsiate, con all’interno lapidi scolpite.

Check in. Presso qualsiasi hotel la scena si ripete. Saluto di benvenuto a volte con una bibita fresca e identiche domande: da dove arriviamo, quale sarà la prossima meta, quanti giorni totali di permanenza in India, indirizzo di residenza in Italia ed e- mail. Grazie, vi faremo avere i passaporti fra qualche minuto in camera. Driiiiiiin! Presso gli aeroporti i controlli saranno abbastanza rigidi. Gli uomini controlleranno i maschietti e le donne, dietro tende a mo’ di stanzini-guardaroba, accuratamente le femminucce.

Cibo (v. Colazioni, Menu, Ristoranti). Il riso e il pane sono le pietanze fondamentali, ogni religione ha la sua cucina e le sue regole da rispettare e i miei quasi venti giorni in questo paese non son stati sufficienti per provare tutte le specialità gastronomiche! Elementi comuni a tutti i piatti sono il curry e le spezie. Ho distinto una cucina vegetariana e una non vegetariana ed entrambe offrono zuppe con sapori forti e gustosi.

Cibo testato personalmente. Piatti assaggiati senza postumi (al massimo sete e un po’ di pesantezza, la stessa che si prova quando si va a cena fuori e si esagera un po’): chicken spinach: pezzetti di pollo in salsa di spinaci; malai kofta: polpette di formaggio e patate; salsa di cashewnut: sughetto di anacardi; chapati: pane caratteristico, una sorta di piadina; riso ai funghi: attenti che spesso sono sottaceto; chicken pulao: riso con pezzi di pollo e verdure; curd: salsa di yogurt molto acidula; tandoori chicken: per chi non ama salse, spezie ed intingoli è da provare in quanto sembra semplice pollo arrosto, spennellato da una “tintura di iodio” insapore, ma in realtà la carne è fatta macerare nello yogurt con spezie e peperoncino e poi cotta in un forno – prima era interrato – chiamato tandur; aloo gobhi: patate e cavolfiore ripassati in padella; roasted potatoes: patate arrosto condite con menta e anice; rice biryani: riso speziato con pomodoro, cavolfiore e piselli; tandoori roti: “piadina” con farina differente da quella del chapati; mutton: spezzatino di capra; dal: zuppa di lenticchie con pezzetti di pomodoro, spezie e chili; chocolate coconut ball: “trottola” di cioccolato e cocco dal gusto simile al nostrano salame dolce, più aromatizzato; bananffee: semifreddo alla banana e al caramello; paneer pulao: riso con cubetti di formaggio, curry e anice; paneer tomato: zuppa di pomodoro e formaggio a cubetti; hara bhara kebab: “spinacine”; mutton pulao: riso allo spezzatino di capra piccante; “pizza margarita”: base tonda croccante completamente coperta di formaggio fuso, olive nere e funghi; mix vegetable pulao: riso con i piselli; plain roti: piadine semi integrali.

Cibo non testato. Non dovrebbero esser male il chana: composto di pomodoro, cipolla, peperoncino, lime ed un legume incrocio tra la lenticchia e il cece venduto anche sulle bancarelle come snack e l’ice cream per eccellenza: gelato al cardamomo, zafferano, zucchero e latte venduto a mo’ di cremino e tirano fuori da un pentolone di ferro coperto da un telo e che probabilmente all’interno conserva del ghiaccio.

Città. In hindi si dice Pur e molte mete lo avranno come suffisso al nome del marajà che vi governava: Jodhpur, Udaipur, Jaipur… Attualmente in Rajasthan se ne contano 33. Ognuna ha un soprannome legato alla sua caratteristica quale il colore predominante delle costruzioni, la presenza di laghi, la posizione…

Clima. In agosto-settembre il sole (temperature dai 32 ai 44 °C) ha avuto la meglio sulla pioggia! Solo qualche giorno i forti acquazzoni, durati dieci minuti-un’ora, si sono abbattuti dalle 14 alle 16. Spesso nel pomeriggio si alzava un po’ di vento paragonabile ad un phon caldo! Il vero freddo si sentiva all’interno degli hotel, dei ristoranti, in auto, in treno, in aereo… Dove c’era l’aria condizionata con temperature di 15-16 °C!

Colazioni. Tutte molto simili, quasi sempre presenti toast, marmellate varie, frutta fresca, cereali, yogurt, succhi o spremute, tea e caffè americano, omlettes. A volte cibo cucinato indiano e internazionale. Negli hotel dalle 4 stelle sup. In su molta più scelta e varietà di dolci e frutta secca. A buffet o al tavolo su ordinazione (meno spreco, più risparmio), da tavola ci si alzava abbondantemente sazi.

Colori. Quelli delle vesti, degli scialli, dei turbanti variopinti di queste genti vanno dalla profonda tonalità del rosso, all’arancione brillante, al giallo abbagliante, al verde rinfrescante. Qualsiasi ambiente assume una vivacità che non ha uguali. In passato, ora si stanno un po’ perdendo le tradizioni, i colori erano differenti a seconda delle festività (l’azzurro pavone si indossava quando si assisteva ai fuochi d’artificio per la prevalenza del bene sul male; il rosso portava fortuna se indossato dalle spose così come il turbante color zafferano dai mariti, colore sacro degli abiti dei guerrieri durante i combattimenti alla fine della carica; lenzuola bianche per coprire le salme e color cachi o bianco e verde opaco o azzurro spento e turbante rosa pallido se si era in lutto) e delle stagioni (scuri nei mesi freddi, a luglio prevaleva il colore delle nuvole per l’attesa del monsone, rosso e bianco per il raccolto…). Se chiudo gli occhi ancora ho limpida l’allegria dei vestiti femminili e quella dei turbanti di puro cotone o di seta o misti al 50%, materiali che assorbono solo colori vegetali che si ricavano dalla natura (dallo zucchero di canna e dall’henné il rosso, dalla curcuma e dallo zafferano il giallo, dagli spinaci, dal mango e dalle olive il verde, dalla pianta dell’indaco il blu).

Comprare. Guide e autisti saranno interessati a farvi consumare i pasti presso alcuni ristoranti, comprare da una parte piuttosto che da un’altra… dicendovi la bugia che i posti non sono turistici (chissà perché sono pieni di stranieri!), appartengono a zii, cugini… esclusivamente lì si troverà la qualità. E’ ovvio che, al contrario, saranno turistici, di proprietà di nessun parente, la qualità si troverà lì come in molti altri negozi… Per fortuna non sono molto insistenti, così come non lo sono i venditori la cui frase ricorrente sarà “solo vedere senza comprare”, “mio padre, mio nonno… È una generazione che fabbrichiamo questo genere di articoli…”. Molti vorranno conquistare la vostra fiducia dimostrandovi che tanti altri turisti, italiani compresi, hanno fatto l’affare prima di voi! Le prove? Cartoline, foto vecchie anche di cinque anni ricevute dagli acquirenti una volta rientrati in patria o i commenti lasciati su qualche book, mandati via mail… che dovrete dare la soddisfazione di leggere. Diverse volte abbiamo accettato la proposta anche solo per ascoltare la spiegazione della lavorazione di un tessuto, di una pietra… Dell’effetto di una tisana… O perché avevamo intenzione di comprare e non avendo altre indicazioni un commerciante valeva l’altro. In altre occasioni ci siamo rifiutati perché non più interessati ad acquistare o perché preferivamo girare da soli per i mercatini o rilassarci in hotel e l’autista o la guida non se la son presa più di tanto.

Comprare Cosa. A Jaisalmer: abbigliamento. A Jodhpur: tea, tisane, spezie. A Jaipur: tessuti, copriletti, federe, tovaglie così come pietre preziose, semipreziose e gioielli. A Udaipur: manufatti con pitture su seta, carta, marmo, legno e pashmine, tappeti di seta o dhari (tappeti double face realizzati a mano grazie da artigiani che in posizione scomodissima, a memoria e con cotoni puri realizzano mini capolavori). A Varanasi: broccato, stoffe, tovaglie, quadretti, copriletti… Cuciti con fili d’argento e seta.

Comprare Dove. A Jaisalmer presso un magazzino tra i vicoli del Forte, per scarsi € 4 si trovano pantaloni di Alì Babà con ampia fascia in vita che può far da top e un cavallo molto ma molto abbondante, freschi e utili per entrare nei templi quando da vestito-bermuda si trasforma in gonna-pantalone lunga. A Jodhpur presso il Sadar Market. A Jaipur da Ganesham Textile & Handicraft e da Marco Polo. A Udaipur presso la Co-operative Art School e la Sapna Rugs Factory. A Varanasi al Mehta’s Silk.

Controlli. A volte presso significativi templi, lussuosi hotel oltre che, ovviamente, aeroporti, abbiamo subito delle vere e proprie perquisizioni personali, alle borse e agli zaini che spesso ci chiedevano di svuotare (no penne, caramelle…) o di lasciare presso inaffidabili armadietti metallici.

Diario di bordo. Raccontato con dovizia di particolari, commenti, curiosità e altri consigli… Da prendere in considerazione prima di fare la valigia, di prenotare il percorso, magari da stampare e portarsi in viaggio (solo allora si riuscirà a comprendere in pieno), su Turisti per caso cerca il mio contributo: “Rajasthan, Varanasi e Calcutta minuto per minuto”.

Disabili. Tanti se ne vedono soprattutto nei pressi dei templi. Molti sembrano poliomielitici. Solitamente si spostano con grossi tricicli che fanno avanzare girando una “manovella” sul manubrio che, ruotando, mette in movimento una catena simile a quella della bicicletta (ovviamente se non hanno l’uso delle gambe). Mezzi che ci hanno spezzato il cuore ma che rendono autonome tante persone con un fare disinvolto e sereno. Una volta un disabile mi ha fatto cenno di scattargli una fotografia sul suo mezzo e dopo avergliela mostrata, dicendogli che l’avrei portata con me in Italia, l’ho lasciato sorridente e felice.

Divinità. Gli indù venerano 33 milioni di divinità, impensabile conoscerne di tutti la storia o la parentela, ma quelli che sentirete più spesso nominare e che hanno nomi più pronunciabili sono: Shiva con tre occhi, detto il dio distruttore di cose cattive (quando aprirà il terzo occhio finirà il mondo) che è rappresentato dalla testa di un cobra, sua moglie è Parvati e suo figlio Ganesh, dio della buona fortuna e della prosperità; Visnù (la cui moglie è Lakshmi, dea della salute e della bellezza che opera in tutto il mondo e si è reincarnato 8 volte, la terza in Krisna, dio dell’amore la cui moglie è Rucmani, ma spesso viene rappresentato con l’amica Rada; Brahma è il dio della creazione e sua moglie Sarah Suati è la dea dell’educazione, della musica, dell’arte ed è rappresentata da un pavone. Poi mi sembra di ricordare… Ma faccio un po’ fatica e questi nomi andrebbero appurati… Rama che ha come moglie Sita e la Dea Dirga che è quella che siede sul Leone. Sono adorati molti alberi tra cui il Neem, grande e verde; diverse piante tra cui il basilico (Tulsi, reincarnazione della Dea Kalì) ed ogni famiglia ne possiede un vasetto in casa visto che è utile anche per tenere lontano gli insetti, ma non si utilizza per cucinare. Unica eccezione in inverno, se si sta particolarmente male, qualche foglia può essere messa nel Masala tea! I pianeti, la natura tutta (le montagne, il mare, la terra, l’aria, l’acqua…) si rispettano e si adorano. Tutto sembra essere sacro o appartenere alla sfera spirituale. Ogni Dio ha un veicolo con il quale si manifesta: mucca, pavone, scimmia, coccodrillo, testa di boa, topo, fiore di loto, aquilone… Ossia un animale, un vegetale, un oggetto importante a tal punto da essere venerato.

Docce. Nei villaggi quelle pubbliche sono delle nicchie scavate in un muro dove si collocano diverse brocche riempite con acqua di pozzo. Una tenda viene accostata e quando una donna si lava, affinché si avverta la sua presenza, indosserà una sorta di braccialetto in bronzo che tintinnando nell’insaponarsi avvisa i passanti. Se non avessi visto con i miei occhi non avrei creduto a tante realtà!

Donne. Quelle dei villaggi sono delle lavoratrici instancabili. Ne fotografiamo tante mentre portano sulla testa fasci enormi di erba (cibo per gli animali) o fasci di legna da ardere o bacinelle di ferro piene di pietre. Non possono lavorare come cameriere ma come carpentiere sì! Discorso a parte per quelle di città più “occidentalizzate”: si occupano della casa o dell’acqua da attingere nei pozzi e a lavorare vanno gli uomini.

Esperienza. Buon viaggio a chi deciderà di vivere la magia e l’allegria dei colori indiani… Capaci a volte di far dimenticare la serena disperazione della gente, a chi deciderà di ridere, di piangere, di gustare… Con la certezza che la commozione e l’emozione, lo stupore e l’incredulità, la riflessione e la voglia di cambiare non vi abbandoneranno nemmeno per un giorno. Fate, se potete, questa esperienza!

Entrate. Se si paga il biglietto per visitare un monumento, a volte si può portare una macchina fotografica. Quando l’accesso è gratuito (spesso nei templi) si pagano tasse per la telecamera (sarà per voi una figlia grande) e per la macchina fotografica (la figlia minore). I costi non sono eccessivi, a volte neanche € 1 tranne che per il Taj Mahal! Se non dichiarate niente vi chiederanno se il cellulare potrà far foto e allora… Zac! Spesso per ricordo conservavo a mo’ di souvenir i tickets ma la maggior parte delle volte erano identici perché emessi dallo Stato e l’unica variante era l’importo stampato. Raramente appongono un timbro con il nome del sito sul retro. Un paio di volte potevamo utilizzarli come cartoline.

Fedeli. Tutti! In gruppo o in solitaria, a piedi o su bus stracolmi si avviano verso i templi sventolando bandiere bianche, rosse, dai colori della pace… Che poi vengono legate su alberi, pali, transenne o inferriate a ridosso del luogo di culto. Nel solo mese di agosto se non l’avessi visto con i miei occhi, non avrei mai creduto allo spostamento di quasi 17 milioni di persone che spesso scalze, rotolando, o in 3-4 in moto… Senza uno zaino, la certezza di un riparo, sotto il sole cocente o la pioggia incessante, su strade sterrate o su un asfalto rovente rendono omaggio alle divinità. In alcune rientranze del tragitto (anche di km 500 percorribile in minimo 10 giorni di cammino) i ricchi fanno allestire dei punti di ristoro gratuiti. La sera molti trovano ospitalità presso “case” dove c’è sempre posto per sdraiarsi e lavarsi o per continuare ad onorare Baba Ramdev con balli e canti prima di rimettersi in cammino alle 5.

Feste e festival. Consiglierei di visitare il Rajasthan nel mese di agosto solo per vedere la partecipazione di tanti fedeli in pellegrinaggio al tempio di Ramdeora. Il 24 agosto era la festa dei fratelli e delle sorelle e dell’aiuto reciproco che devono darsi. Le famiglie cercano, in qualche maniera, di ricongiungersi per festeggiare e scambiarsi doni. Qualora le distanze fossero impossibili da coprire… Le sorelle inviano tramite corrieri o affidandoli ad altri indiani dei braccialetti per i loro fratelli che ricambiano con sahari o shalwar cameez. In questa terra si abbonda in fiere, celebrazioni, festival folkloristici che sono una fonte inesauribile di conoscenza delle tradizioni popolari (interessante sarebbe stata la festa Holi, dei colori o quella della Luna o dei cammelli). Noi ne abbiamo vissuta una a Pushkar ma non siamo riusciti a capire esattamente cosa si festeggiasse. Numerose sono anche le ricorrenze religiose (durante la nostra permanenza: il pellegrinaggio a Baba Ramdev e il compleanno di Krishna) e tutte rappresentano il volto sacro e misterioso dell’India.

Foto. I più benestanti che hanno un cellulare o una macchina fotografica chiederanno la cortesia di posare per o con loro. I più timidi invece faranno finta di immortalare un punto nel vuoto e… Zac, nel riquadro dell’immagine ci siamo noi! Che se ne faranno, poi! Siamo contenti di regalar loro un sorriso ed increduli che il nostro incontro sia un ricordo da conservare. A volte abbiamo l’impressione di averli distratti dal motivo principale della loro visita culturale. Non occorre, tra l’altro, indossare indumenti eccentrici o particolari! Il mio boy spesso in bermuda e t-shirt, io con magliettina di cotone e pinocchietti o pantaloni di Alì Babà acquistati in India! Se chiedete voi, invece, di scattarne una, al 99% i soggetti poseranno molto, ma molto volentieri. Solo pochissime volte pretenderanno delle monete o non vorranno proprio essere “disturbati”.

Gravidanza. Viene da chiedersi, dopo aver attraversato il Rajasthan, aver visto condizioni igieniche precarie di abitazioni situate in villaggi lontani ore e ore dai centri più importanti, incontrato tantissimi bimbi… Come fa una donna in stato interessante soprattutto quando manca poco al parto? Solitamente avviene in casa, ma sempre più spesso le donne si stanno recando in ospedale e allora dovranno tener conto del tempo che ci si impiegherà (mai meno di due-tre ore) per l’ospedale più vicino. E’ completamente gratuito ed alle partorienti verranno dati circa € 40 affinché si nutrano bene in vista dell’allattamento. Non vi è una vera e propria media sul numero dei figli e comunque da minimo tre si arriva ai 10-15 nelle famiglie musulmane.

Guide. Non sempre abbiamo trovato guide che parlassero italiano, ma un semplice e comprensibile inglese sì e in un paio di località ottime le audioguide. Quelle che vengono fatte trovare dall’agenzia con la quale avete prenotato, si congedano sempre con una mancia anche se spesso sono pagate, minimamente, sia dal Governo che dall’agenzia stessa. La cifra consigliata, a seconda del tempo che trascorrerà con voi, se parla o meno la lingua, è disponibile a rispondere anche ad altre curiosità, è dagli € 2 ai 4. Altre volte le troverete fuori dai siti ed espongono il tesserino che le qualifica o ad affiancarvi saranno semplici indiani desiderosi di darvi qualche informazione di propria conoscenza ricompensati dal vostro buon cuore. Spesso vi diranno che non vogliono alcuna ricompensa ma parlare un po’ in inglese, in italiano… Per impratichirsi. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere: a Jaisalmer: Soru, un ragazzo distinto che parla un italiano comprensibilissimo e soprattutto è molto preparato; a Phelodi: Sanjay, un jainista che parla un inglese chiaro e perfetto; a Jaipur: Jagdish, un bel ragazzo brahamino di 35 anni, laureato in storia, politica e arte, che parla un italiano perfetto; a Khajuraho: Reetesh, uno studente con il progetto di aprirsi un’agenzia turistica; a Varanasi: Bibo, un ragazzino di 15 anni che dalle 5 alle 8,30 fa la guida e alle 10,30 va a scuola e ha la sfortuna di vedere Agra, anzi di non vedere Agra, ma solo di entrare e sentire in un inglese poco chiaro minime spiegazioni sul Taj Mahal con la guida Monat.

Havelis. Residenze di ricchi commercianti, mercanti, i quali avevano l’abitudine di far pitturare, con affreschi meravigliosi (alcuni ancora originali e con disegni in oro, altri restaurati), sia l’interno che l’esterno delle loro dimore. Spesso vi abitano i guardiani in quanto i ricchi proprietari vivono nelle grandi città e l’entrata è libera o con un piccolo contributo. A volte ho avuto l’impressione che fossero abusivamente occupate!

Hotels. Abbiamo risparmiato su tutto ma non sull’alloggio. A parte il primo e l’ultimo albergo bisogna dire che le categorie erano realmente a 4 e a 5 stelle. A Mandawa – Hotel Heritage Mandawa (esteticamente bellissimo internamente lo sconsiglio), a Bikaner – Hotel Lallgarh Palace, a Jaisalmer – Hotel Rang Mahal, a Jodhpur – Hotel Ranbanka Heritage, a Udaipur – Hotel Swaroop Vilas, a Pushkar – Hotel Jagat Palace, a Jaipur – Hotel Shahpura House, ad Agra – Hotel Clarks Shiraz, a Orchha – Hotel Orchha Resort (molto più bello il contesto che internamente, ma pulito), a Khajuraho – Hotel Clarks Khajuraho, a Varanasi – Radisson Varanasi, a Calcutta – Hotel The Park e a Delhi – Hotel Singh Palace (senza lode e senza infamia).

Igiene. Condizione poco nota insieme alla pulizia. Le vie, i negozi, l’interno delle abitazioni, i ristoranti sono maleodoranti, spesso in bella mostra troviamo immondizia di tutti i generi, escrementi di animali, bestie morte, mosche… E ci vorrà un po’ per abituarsi all’odore, si farà in continuazione lo slalom tra macerie, disperati, discariche, pozzanghere, acquitrini… E “prove di velocità” per schivare sputi.

Incidenti. Una volta abbiamo assistito ad una scena da film dell’orrore, un’immagine di guerra: un incidente mortale. Qualche minuto prima al nostro passaggio, c’era stato un violento scontro tra un camioncino e una jeep. I mezzi erano completamente distrutti e sull’asfalto (attorniate da curiosi, animali, macchine che facevano zig zag) sei persone insanguinate e sparse qua e là. Tre erano sicuramente decedute, tre si muovevano appena e “salve” per miracolo. Il nostro driver chiamava i soccorsi, altre segnalazioni erano già state fatte, ma gli aiuti partivano da lontano, le strade non sono mai in perfette condizioni e… Non si poteva far altro che aspettare, sperare e pregare! Purtroppo di incidenti ne abbiamo visti veramente tanti, ma per fortuna non così gravi.

India. E’ composta da 44 Stati federali. Noi in una ventina di giorni ne abbiamo attraversati sei e quasi in ognuno abbiamo notato delle caratteristiche legate prevalentemente al clima, al cibo, ai mestieri, alle strade… Da Delhi, Stato a sé, abbiamo attraversato l’Haryana per arrivare nel Rajasthan dove si è concentrato maggiormente il nostro tour. Il termine Rajasthan deriva da Rajaputana: grande terra presso la quale vivono molte caste, le cui città prima erano 27, governate da marajà, guerrieri Rajaput intenti ad estendere il proprio dominio, ognuno con una propria bandiera. Per amore del Taj Mahal e del Gange siamo andati nello Uttar (Nord) Pradesh, nel verdeggiante Madhya Pradesh e per pregare sulla tomba di Madre Teresa nel West Bengala.

Internet. Le connessioni, a parte in qualche piccolo villaggio in cui si pernotta solo per far sì che il viaggio non sia troppo lungo, sono quasi sempre disponibili. Ci siamo spesso, col portabile, connessi gratuitamente (a volte la password è da chiedere), ma non mancano business room. Se a pagamento il costo varia da € 1 a 5 l’ora a seconda delle stelle dell’hotel!

Italiani? Spesso ci hanno chiesto se eravamo spagnoli (sono tra i maggiori visitatori del paese) e quando rispondevamo: “no, italiani” la frase successiva era: “Sonia Ghandi!” (una donna impegnata nella politica, di origine torinese e molto apprezzata dal popolo tutto). La nostra provenienza ha sempre riscosso successo e all’affermazione “siamo di Roma” seguiva: “ah! La capitale”!

Jainismo. Movimento nato dal Re Jina che cambiò casta, divenne monaco e trovò il suo Nirvana quasi 3000 anni fa. Il vero jainismo, però, risale al 540 quando Mahavira e i suoi 24 profeti furono illuminati, passarono cioè da uno stato di ricchezza ad uno stato in cui contava solo l’anima.

Lingua. Abbiamo imparato, o cercato di farlo, alcune parole o frasi utili. Ovviamente ho scritto la pronuncia! Buongiorno: namasthé o ram ram saa; grazie: dhanwad; per favore: karpiya; tutto bene? Deek he? La dhaba è un chiosco su strada dove si preparano cibo e bevande; Luna, il mio nome, indica la marca di una piccola bicicletta, mentre la traduzione del satellite-pianeta in indù è Chandra, in sanscrito è Ciandrà-mas, in musulmano è Chand; ci vediamo domani: cal meige; quanto tempo vuoi? Aaram se ana?; come stai? Cese ho?; hai un bel nome: aapka nam kha he; quanti anni hai? Aap ki umr; il cibo era buono? Kha he? Sawai è un titolo che significa 1 e ¼ più intelligente di qualcuno.

Mais. Godermi la città è stato anche sgranocchiare una delle numerosissime pannocchie che, come in Italia, vendono arrostite su bracerini improvvisati. Con stupore dei venditori la prendo semplice e non, come tradizione vuole, con lime e sale. Mi guardano, ridono, penseranno che scondita non sa di niente! La pago € 0,40 e la condivido con il driver che invece se la fa guarnire abbondantemente. Per la stessa cifra gusto un bel cartoccio di pop corn fatti scoppiettare dentro un’enorme padella di ghisa all’interno della quale le manone dell’ambulante si perdevano quando, in continuazione, serviva il prodotto! Quello che non strozza ingrassa e… Nessun postumo.

Mance. Da tenere sempre banconote di piccolo taglio perché saranno aspettate dalle guide locali, dai facchini in hotel, da chi guarderà le scarpe fuori dai templi, da chiunque fornisca un minimo di servizio e non. Meritatamente o non sarà quasi obbligatoria, a fine viaggio, all’autista.

Mamma. Gli indiani hanno quattro mamme: quella che ti dà la luce, il fiume Gange (madre Ganga), la mucca (animale sacro!) e l’India (a madre India è dedicato un tempio a Varanasi).

Marajà e Maharani. Re e regina. Ogni re possedeva più di una moglie, anche 12. La prima era la più importante, le altre tutte uguali. Potevano praticare qualsiasi religione anche dopo essersi sposate. Per ognuna veniva realizzato un appartamento e si incontravano solo in particolari occasioni (feste, cerimonie). Uno degli attuali Marajà ha 75 anni, ha partecipato ad importanti guerre tra cui quella contro il Pakistan nel 1971 e nel passato era un brigadiere.

Marmo. Bianco, giallo e crema è utilizzato per templi, parti di fortificazioni ed è fornito in gran parte dalle cave nei 500-600 km dei Monti Aravalli.

Massaggi. Ad Udaipur mi sono regalata, presso il centro Ayur Santhushti, una quarantina di minuti di massaggio Uzhichil a quattro mani: due ragazze di 26 e 27 anni, di cui una al settimo mese di gravidanza, mi hanno massaggiata dalla testa ai piedi con un olio proveniente dalla zona dell’Ayurvedica per eccellenza: il Kerala. Diciamo che per € 14 non è stata una brutta esperienza, ma certo lontana dagli standard italiani di comfort e pulizia delle spa. Forse è meglio spendere un po’ di più e goderselo in hotel (quasi qualsiasi albergo dispone di un centro benessere).

Matrimonio. Ci si sposa molto presto e spesso i fidanzati, scelti dalle rispettive famiglie, si conoscono con una chiacchierata di pochi minuti. Nelle grandi città ci si sta un po’ occidentalizzando e comunque dipende molto dalla casta alla quale si appartiene. I mesi da matrimonio vanno da gennaio a metà luglio. Convolare a nozze nei tre mesi successivi (agosto, settembre e ottobre) secondo le credenze popolari porta male. Quel giorno si chiama Dula.

Menu. La prima sera la lista vi sembrerà scritta in ostrogoto, penserete di perdere kg a vista d’occhio, sarete malfidati e cauti perché è nota la dissenteria alla quale potreste andare incontro… Ma alla fine della vacanza le pietanze che prima vi sembravano ricette fantascientifiche, intrugli da cui stare lontano vi risulteranno così familiari da ordinare in pochi minuti senza studi approfonditi e facce turbate e disgustate. Termini ricorrenti: tikka: arrostito o bollito con molte spezie e farina; masala: mix di spezie; biryani: termine musulmano per indicare piccoli pezzi di…. Conditi con riso, spezie, piatto sia vegetale che non; kofta: polpette di formaggio e patate; paneer: formaggio molto delicato a cubetti; malai: verdure; kebab: “piadina” dentro la quale arrotolare (si fa autonomamente) il cibo; pulao: mix di patate, pomodori, piselli e spezie.

Mestieri. Alcuni in occidente stanno scomparendo o sono scomparsi. Ne abbiamo visti dei più disparati: il trasformatore di canna da zucchero; lo “spaccatore” di ghiaccio da vendere a pezzi a coloro che si presentavano con una riciclata busta di plastica; lo “spezzettatore” di carbone da ciocchi di legno in carbonella; il “pesatore” di persone con una bilancia un po’ demodé sulla quale gli indiani, per pochi centesimi, salivano e si facevano dire più o meno il peso! Spesso svolti in baracche, sul ciglio della strada, alcuni ben chiari, altri meno, molti mestieri ci ricordano quelli svolti dai nostri avi o appresi dalla visione di vecchi film. I più gettonati sono i meccanici, i barbieri (v. Capelli e barba), i sarti, i pasticceri, le stiratrici, le lavandaie, i calzolai… A cielo aperto o sotto qualche improvvisata tettoia! In alcuni periodi molto caldi in cui la temperatura arriva anche a 48°C si lavora prevalentemente dalle 5,30 alle 10 e dalle 18 alle 22. Negli Stati in cui si vive di agricoltura e turismo ci si concentra a dare il massimo per 8-9 mesi e a campare di risparmi per il periodo rimanente.

Mete (v. Visitare). Da non perdere se si hanno due comode settimane a disposizione (noi lo abbiamo svolto in 19 giorni ma meno bastavano!): Mandawa, Fatehpur, Deshnoke, Bikaner, Ramdeora, Barabagh, Jaisalmer, Khuri, Pokaran, Phelodi, Osiyan, Jodhpur, Ranakpur, Kumbalgarh, Udaipur, Chittaurgarh, Pushkar, Jaipur, Amber, Fatehpur sikri, Agra (Taj Mahal), Gwalior, Orchha, Khajuraho, Varanasi, Kolkata (Calcutta) e ovviamente Delhi. Ogni città ha una sua bellezza e caratteristica, molto soggettiva la scelta se si vuole dare più importanza alla natura, alla cultura o alla storia.

Mezzi di trasporto. Tuc tuc, phat phat, risciò, biciclette, tram (quelli storici hanno la particolarità di avere una grata al posto del parabrezza, di essere guidati in piedi e l’entrata e l’uscita non protette da porte). Tantissime le moto il cui costo parte da circa € 1.000 e sulle quali viaggia tutta la famiglia al completo. Difficile vederle montate da meno di tre-quattro passeggeri tutti rigorosamente senza casco. E poi auto, ma soprattutto camioncini, autobus (metro a Calcutta), cammelli, cavalli, somari… Insomma qualsiasi cosa abbia da due zampe-ruote a quattro è un mezzo di trasporto!

Monsoni. Per fortuna non spessissimo, ma abbiamo assistito a passaggi di monsone che, in pochi minuti, riempivano interi avvallamenti creando, a vista d’occhio, dei laghi artificiali. In alcuni momenti ci siamo detti che se avessimo superato questa vacanza sani e salvi ci saremmo dovuti sentire dei miracolati. Qualora una situazione simile si fosse verificata in Italia, qualsiasi persona-mezzo-animale si sarebbe riparato, fermato… In India ognuno continuava per la sua strada: le persone a camminare senza alcun ombrello, le mucche a pascolare, le auto, i tanti camion, bus, tuc tuc… Nella totale anarchia di sensi di marcia, a proseguire il viaggio.

Musei. Spesso espongono perfette armi realizzate artigianalmente, su misura e gusto dei guerrieri; culle per i bimbi appena nati, magari futuri reali; palanquini ossia sedili o veri e propri letti sui quali i reali venivano trasportati da uomini (a volte anche 12) che camminavano sincronizzati e cantavano per rendere più piacevole e meno monotono il viaggio (ovviamente se a spostarsi era una donna i mezzi dovevano essere semichiusi o coperti da veli!).

Occhi. Gli occhi dei bambini, soprattutto se piccoli, sono spesso truccati o, meglio, attorniati da linee di kajal, una matita scura molto morbida. E’ usanza evidenziarli affinché oltre che belli siano anche sani. Così facendo si pensa di scongiurare qualsiasi malattia.

Oppio. Fondamentale il commercio dell’oppio, consumato soprattutto dai guerrieri rajput affinché nel combattere avessero la visione della città eterna. Il suo uso rafforzava il coraggio e, qualora fossero stati feriti, arrestava le emorragie e dava sollievo al dolore. Veniva fumato, sorseggiato dal palmo di una mano (acqua di zafferano) o mangiato. Oggi è una sostanza illecita, ma è comune il consumo per festeggiare le nascite, durante cerimonie commemorative, per appianare rivalità tra famiglie. I parenti dei futuri sposi, ad esempio, consolidano il nuovo legame consumandolo insieme. Minime quantità sono concesse agli anziani.

Ospitalità. Ci meravigliamo molto di come le persone, durante le visite all’interno delle havelis, non siano per nulla infastidite dal via vai di turisti mentre svolgono le regolari mansioni di “casa”: lavano i piatti, cucinano (le loro pentole e stoviglie di acciaio mi ricordano quelle per le bambole con cui giocavo da bambina), si rilassano… Siamo stati invitati a cena dal ragazzo che ci ha organizzato il viaggio e che gestisce un tour operator indiano. Una serata in una tranquilla ed affabile famiglia benestante senza fasti, ma semplici comodità e cordiale ospitalità.

Paesaggio. Spesso caratterizzato dalla tipica vegetazione delle zone aride, in alcuni punti, nonostante il terreno sabbioso, è molto verdeggiante grazie alle piogge monsoniche che cadono da giugno a settembre.

Pannolini. Nessuna preoccupazione se i neonati non li indossano! Non è che le famiglie non se lo possano permettere, è cultura locale che per i primi due anni i bimbi si tengano in casa, o nei paraggi, o comunque in luoghi all’aperto e si abituino quanto prima ad essere indipendenti nell’esplicare le normali funzioni fisiologiche sciacquandosi poi il sederino. Solo nel caso di interminabili viaggi in bus che prevedono poche fermate è ipotizzabile l’uso di questi beni di emergenza! In 20 giorni di viaggio ho visto solo un bambino su decine con il pannolino.

Pietre. La pietra arenaria, sandstone è una di quelle maggiormente utilizzate per la costruzione di forti, porte d’accesso a città. Ne esistono 7 tipi con colori differenti (rosa, giallo, grigio, marrone, bianco, celeste e avana) e si trova prevalentemente nelle zone vicino al deserto. Per le pietre preziose sarà interessante vedere la dimostrazione di come si lavorano, si lucidano (con polvere di diamante e a mano per perderne solo il 10% quelle preziose e con polvere di smeraldo e a macchina, ma se ne perde il 25% le altre), capire la differenza tra preziose (zaffiro, rubino, smeraldo e diamante) e semi preziose (un’ottantina, alcune introvabili in Italia, altre più note: topazio, onice, opale, malachite, occhio di tigre, turchese, quarzo rosa o bianco, stella nera, agata bianca, mokite, femo, calsidonia rosa, prehnite, silver colour drussy, golden o verde rutile, tigre di ferro, quarzo fumo, pietra di lava, luce di casa, pietra del sole, florite…).

Povertà. Non credo che in Italia ci sia stata tanta miseria, si sia vissuto in condizioni così poco dignitose, viaggiato sui tetti dei mezzi pubblici uno sopra all’altro… Ci sia mai stata tanta disparità economica. In India, purtroppo, nonostante il terzo millennio, tutto questo si vede e si tocca ancora con mano!

Religione. Chiunque pratica una delle religioni presenti: l’induismo, il jainismo, il buddismo, l’islam e il cristianesimo. Vi sono poi i Sikh, i Sindy e i seguaci della dottrina di Zaratustra. Presso i templi indù ci lasciamo guidare ed eseguiamo con rispetto ciò che la nostra guida fa: passiamo in mezzo a un cerchio multicolore in cemento, stringiamo palline bianche di zucchero mischiate a pezzetti di cocco secco da portare a casa, annodiamo un filo rosso intorno ad una transenna, attingiamo il dito anulare su una polverina porpora e ci tocchiamo il centro della fronte (un segno che ci faranno tante altre volte con la cenere, con polvere arancione…).

Ristoranti. Spesso abbiamo cenato su terrazze a volte parzialmente coperte. A Mandawa da Monica all’interno di un’haveli, a Bikaner presso l’Hotel Harasar Haveli, a Jaisalmer al Golden Fort e al The Trio, a Jodhpur all’On the Rock, a Udaipur al Mansi Mirch Masala (una parte adibita a ristorante, un’altra a paninoteca), a Pushkar al Rainbow Roof Top Restaurant (menu non solo indiano), a Jaipur al Gayatri’s Veg. Restaurant e a casa di Karni Singh (l’organizzatore del nostro viaggio), a Orchha al Rajawat Restaurant, a Khajuraho all’Agrasen Restaurant, a Varanasi al Canton Royal, a Calcutta al Tandoori delights e nei chioschi per gustare i roll egg.

Scarpe. Per noi insolita l’usanza di lasciare le “scarpe-ciabatte” sparse qua e là o ammucchiate sulla via dei templi. I singoli fedeli, le famiglie o i gruppi scesi da qualche mezzo spesso continuano il cammino scalzi per un maggiore sacrificio. Sono ciabatte che rimangono lì nonostante molti siano così poveri da non potersene permettere un altro paio! Poi un giorno passerà qualcuno, le caricherà su due ceste e in bicicletta le venderà in un mercato.

Scuola. Tutti gli studenti, di qualsiasi età, indossano la divisa (spesso gonna o pantaloni blu scuro e camicette bluette). E’ l’unico costo che devono sostenere le famiglie, al resto: mensa scolastica, libri… Ci pensa il Governo. Sarà bellissimo vedere – e scordare per un momento la tanta povertà – orde di bimbi, di adolescenti uscire dalle fatiscenti scuole tutti insieme o nel corso di una gita scolastica o durante un pic-nic all’interno di un parco. Sarà tristissimo ritrovarli con le stesse divise perché gli unici indumenti che possiedono, sparsi qua e là nelle botteghe sudice, in mezzo ai vicoli sporchi, a percorrere da soli, magari sotto la pioggia battente, km e km di strada o accalcati in decine su tuc tuc o su malridotti scuolabus. L’orario di frequenza è diviso in due fasce: dalle 7 alle 12,30 e dalle 10,30 alle 16,30, ma a qualsiasi ora della giornata ed in qualsiasi villaggio attraversato nelle interminabili ore trascorse in macchina, di school boy e girls se ne vedono in continuazione! I più fortunati hanno una busta per trasportare un quaderno, altrimenti portato a mano o neanche un foglio. Ho visitato la scuola di un villaggio ed un nodo alla gola mi ha perseguitato per le spoglie classi dove fungono da sedie e banchi delle stuoie, da luce e da aria condizionata una finestra e un ventilatore e da cattedra una sedia al centro dell’aula per i sei maestri che si alternano (spesso sono volontari) ad insegnare ai 200 bambini, divisi in due turni, che la frequentavano. Ho fatto una donazione e lasciato un commento sperando che quei soldini contribuiscano all’istruzione, a una minima dotazione scolastica (i quaderni costano circa € 0,20, la qualità dei fogli è pessima, sono grigini e quasi trasparenti) e tolgano dalle strade il futuro dell’India. Altro che cartella troppo pesante, zaino di Hello Kitty o astuccio di chicchessia! E’ chiaro che per i college privati il discorso cambia, così come cambiano i colori, le stoffe, lo stile dell’abbigliamento e i mezzi che conducono i bimbi (spesso si distinguono pure perché hanno una cartella sulle spalle ed in mano una borraccia o un succo di frutta)!

Semafori. Nessuna preoccupazione se non ne vedrete… Non vi siete distratti, è che al di fuori delle grandi città non esistono!

Sogno. India: un brutto sogno (la miseria, la sporcizia…), un bel sogno (i sorrisi della gente, i colori, i templi…), un sogno che a volte non ricordo (che lingua complicata, quanti nomi di tante divinità…), ma che al risveglio mi ha lasciato la sensazione di ciò che ho provato: piacevole come i profumi dell’incenso, delle collane di fiori… O d’angoscia come gli sguardi e i gesti inequivocabili di chi ha bisogno di te per sopravvivere; un sogno che vorrei continuare anche domani notte, un sogno che mi ha lasciato il buon sapore del sweet lassie o del masala tea e di disgusto della realtà cruda di una stazione invasa da ratti o di una strada lercia dove bivaccano disperati; mi sono risvegliata leggera per esser stata in un paradiso dove tanti erano i visi sereni e pieni di pace, quelli di coloro che pregavano… E nello stesso tempo pesante per aver visitato un girone dell’inferno con la grossa differenza che lì nessuno aveva peccati mortali da espiare! Un sogno dove tutto è possibile, all is possible, all is permit, un sogno incredibile, come l’Incredibile India.

Sport. Insegne di palestre se ne vedono ben poche. Non rientra nella loro cultura praticarlo soprattutto se in locali chiusi. Le sale da ginnastica vengono frequentate solo da chi è benestante e non svolge un lavoro di fatica. Lo sport nazionale è l’hockey, ma il cricket piace di più. Il calcio non interessa a nessuno e a chiunque abbia chiesto i colori della nazionale ha risposto picche! Per noi è un po’ inconcepibile, ma se penso ai colori delle nostre squadre di hockey o di cricket… Darei la stessa risposta! Uno sport popolare ed antico che ancora si gioca nei villaggi è il kabaddi. Un paio di drivers mi hanno spiegato, ridendo, le regole, ma sono riuscita solo a comprendere che è a squadre e vince chi pronuncia più volte e senza interruzione questa buffa parola! Mah! Se si divertono loro… Ben venga!

Stampa. Visti i numerosi incidenti incontrati lungo i tragitti, pensavamo di trovare su qualsiasi quotidiano del giorno successivo articoli in merito a famiglie a volte distrutte, ma l’autista ci comunicava che spesso le notizie vengono pubblicate con due giorni di ritardo o mai dal momento in cui, ad esempio gli incidenti, anche se mortali, non fanno notizia.

Stipendi. Variano dagli € 35-70 al mese per i lavori manuali, ai 270 € mensili per quelli pubblici, ai 370 € per le forze dell’ordine, militari… Fino ad arrivare ai 730 € per i medici, avvocati, i liberi professionisti in genere.

Targhe. Quelle dei mezzi, quando ci sono e sono leggibili perché non scritte a penna, non sporche… Sono così composte: le prime due lettere indicano la sigla dello Stato dove sono state acquistate; se siamo in Rajasthan: RJ, seguite dal numero di uno dei 32 distretti al quale appartengono es. 7 Bikaner, 14 Jaipur, 19 Jodhpur, 27 Udaipu… e finiscono con due lettere e quattro numeri. Chissà se un’auto di nuova immatricolazione fra una trentina di anni non recherà più la sigla della provincia come in Italia.

Templi. Nei templi=Mandir si entra scalzi e siccome spesso sono sporchi o bagnati noi avevamo portato tante paia di calzini “usa e getta”. Non sempre, invece, abbiamo indossato i copriscarpe per paura di scivolare o perché proibiti in quanto “rovinavano” i marmi. Consigliamo vivamente di fare altrettanto. Ogniqualvolta ci si accinge ad entrare in un tempio indù, si avrà l’impressione di giungere ad una sagra dove da carri colmi di persone esce un’allegra musica ascoltando la quale si balla, si canta, si ride… Fino a quando non ci si trova davanti ad una statua, ad un quadro… Momento in cui si diventa seri, ci si concentra nel chiedere, ringraziare, offrire. Per noi prevale l’aspetto folkloristico, ma dobbiamo sempre tenere a mente che le persone stanno pregando. L’entrata ai templi è gratuita (tasse per macchine fotografiche e telecamere), ma spesso le statue e coloro che pregano non si possono né filmare né fotografare e su ogni altare è usanza elargire sempre una mancia.

Italia-India. Venti giorni in una realtà così differente che sicuramente insegna ad apprezzare di più quello che si ha, a non lamentarsi o arrabbiarsi per inconvenienti che ora, se paragonati, sembrano stupidaggini. Il bucato è steso e inizia a piovere? In Italia può essere motivo di dispiacere, in India è un episodio che si verifica anche più volte al giorno ed il vero dispiacere è che da stendere c’è ben poco! Altro che “portati l’ombrello che le previsioni per oggi…”. In un auto in Italia: “stai comodo o mi faccio più avanti? Mettiti tu davanti che hai le gambe lunghe…”; In India su un tuc tuc viaggiano anche in venti, sulla cappotta di un pullman a decine, sul tetto di un treno in centinaia, su un motorino anche in quattro e su ogni mezzo nessuno spinge, si lamenta… In Italia al coperto: “hai freddo? Hai caldo?” “lì c’è corrente…”; in India spesso le case, le strutture non hanno finestre o non hanno tetti e con qualsiasi clima si indossa lo stesso abbigliamento, magari ci si mette sulle spalle un asciugamanino tutto fare! In Italia se ci si prepara per uscire e “la maglia è un punto di beige differente rispetto alla gonna!”… può essere un problema! In India “verde e celeste” non farebbe mai venire in mente “burino si veste” ma: un’esplosione magnifica di colori! E poi… “la merendina è meglio biologica, così come il succo di frutta… Bisogna sempre vedere la scadenza e che non siano ogm”… In India se si ha fame e si è fortunati una banana, un chapati o un po’ di riso. Adoro l’Italia e da un paese che ha troppo poco mi porto tanto: la magia della gioia dei colori… Capaci a volte di far dimenticare la rassegnata disperazione della gente… Lascio un po’ di stress, un po’ di beni superflui e mi porto un po’ di buon senso per combattere lo spreco del nostro Bel Paese!

Trasferimenti. Anima in pace: se la prossima meta sarà a 250 km, scordatevi di percorrerli in meno di sette ore!

Treno. Durante il tour spesso c’eravamo trovati dall’altra parte, ossia al passaggio a livello ad aspettare che passasse strombazzando fortemente e fumando pesantemente. Mi divertiva l’esperienza di fare un viaggio su questo mezzo, ma devo riconoscere che è stata un po’ dura. Prima di tutto non sono mai puntuali. Il nostro ha portato 4 ore di ritardo (e siamo stati fortunati! Molte volte l’attesa è di 7, 8 ore). E’ giunto a destinazione accumulando altro ritardo con conseguente perdita di tempo utile per visitare la città di partenza e soprattutto quella di arrivo. Le stazioni sono sporchissime e piene di tutto: di disperati che bivaccano indecentemente, di venditori (frutta, verdura, oggetti inutili…), di bambini che raccattano plastica tra i binari, di numerosi topi che fanno da padroni gironzolando a pochi centimetri dai nostri piedi, di facchini che trasportano pesantissimi bagagli sulla testa (noi ne avevamo preso uno pensando che ci aiutasse a portare un bagaglio a mano ed invece ha messo due valigie del peso totale di circa kg 30 sulla testa ed è salito e sceso da una rampa di scale, con un caldo infernale per il costo di € 2)! E poi scimmie, gechi, piccioni, mucche! Il tour operator indiano ci aveva prenotato in prima classe delle cuccette paragonabili alla nostra seconda classe con lenzuola lerce e soprattutto, nonostante avessimo speso una cifra non bassa (€ 70 a persona), pensando di essere gli esclusivi abitanti di uno scompartimento da quattro, ci siamo ritrovati un indiano a condividerla con noi (tra l’altro per nulla cordiale)! Esperienza quindi che non consiglio per i lunghi spostamenti!

Visitare. A Mandawa e a Fatehpur: Havelis; a Deshnoke: Tempio Karni Mata con 2000 topi considerati santi; a Bikaner, Città del cammello: Forte di Junagarh; a Ramdeora: uno dei più importanti templi per gli indù, quello di Ramdeovra (obbligatorio indossare pantaloni lunghi); a Jaisalmer, Città d’oro: lago artificiale di Gadisar, Forte del Sonar, Havelis e templi jainisti; a Barabagh: Cenotafi; a Khuri: dune di sabbia del deserto del Rajasthan; a Pokaran: piccolo ma grazioso Forte in arenaria rossa; a Phelodi: Havelis, Tempio di Shri Godi Parshnath; a Osiyan: tempio indù in pietra scura lavoratissima; a Jodhpur, Città del Sole, Città blu: Jaswant Thada, Forte di Mehrangarh (documento o 2000 rupie o € 40 per cauzione), palazzo di Umaid Bhawan, Sadar Market con adiacente Torretta dell’orologio; a Ranakpur: imponente tempio jainista; a Kumbalgarh: Forte cinto da una grande muraglia simile a quella cinese; a Udaipur, Venezia d’Oriente, Città dei laghi, Città bianca: tempio di Jagdish, Palazzo della città e Museo adiacente, lago Pichola e Fateh Sagar, Palazzo del lago, Jag Mandir Palace, Vintage & Classic Car Collection, Wildlife Sanctuary Jaisamand, Monsoon o Sajjangarh Palace da cui si gode di splendide vedute dei Monti Arvalli, Sahelion-ki-Bari; a Chittaurgarh: sito Kumbha, Torre della vittoria; a Pushkar: Tempio di Brahama; Jaipur, Città rosa: Palazzo di Hawa Mahal (letteralmente Aria Palazzo ossia Palazzo dei Venti), Forte di Amer o Amber, osservatorio astronomico all’aperto o Jantar Mantar che letteralmente significa strumento calcolo, City Palace, Manar Fort; a Fatehpur sikri: grande moschea Jama Masjid, Panch Mahal e ingresso di Buland Darwaza; ad Agra: Taj Mahal, Forte Rosso, Baby Taj; a Gwalior: Man Singh Palace; a Orchha: Jehangir Mahal, Raj Mahal, Rai Parveen Mahal; a Kumbalgarh: Forte e Grande Muraglia; a Khajuraho: templi orientali ed occidentali noti per le sculture erotiche, tempio di Kendriya Mahadev; a Varanasi: Gange, Pashupatinat Temple e Golden Temple; a Sarnath: Chaukhandi Stupa, Dhamek Stupa e Colonna di Ashoka; a Calcutta: quartiere musulmano, Kalighat Kali Temple, Maidan all’interno del quale Victorian Memorial e Queen Victorian Museum; Raj Bhavan (attuale residenza del governatore), Fort William, Eden Garden, ippodromo, stadio (squadra di calcio del Mohammagan), ponte Vidyasagar Setu Shalimar, neogotica Cattedrale di Saint Paul, Moschea Nakhoda, chiesa di Saint John, Palazzo degli Scrittori (sede del Governo), Palazzo di Giustizia, Libreria Nazionale (più grande in India), Birla Temple (rappresentazioni di Gesù, di Maria e di S. Francesco), Giardino zoologico, New Market, Indian Museum, Science City, Dakhlneshwar, casa di Madre Teresa; a Delhi (parte Nuova e Vecchia): undici statue, prima fra tutte quelladi Ghandi, Mausoleo di Humanyun, Qutub Minar, India Gate, Parlamento, Residenza dell’attuale Presidentessa dell’India, tempio Lotus, tempio di Bahai, Raj Ghat (sito in memoria di Mahatma Gandhi), Meena Bazar, Jama Masjid, Forte Rosso sul fiume Yamuna,Connaught Place, Khan Market.

Vestiti. Bellissimi, coloratissimi e difficilissimi da indossare quelli tradizionali delle donne: sahari per quelle donne sposate e shalwar cameez per le nubili. Variopinti i turbanti degli uomini. Spesso ad adolescenti e ragazzi o uomini abbiamo distribuito i nostri vestiti (più che altro t-shirt e magliette). Sono stati molto graditi e a pensarci avremmo portato tanti vestitini per i bambini!

Vacanza/Viaggio. Per lo stesso identico tour si possono spendere dai 1.000 ai 3.000 € a persona! La cifra più bassa se si ha molto tempo a disposizione, si usano mezzi locali, si dorme in guest house (anche € 2 a notte) e si ha un forte spirito di adattamento alla scarsa igiene; quella più alta se ci si affida completamente all’agenzia sotto casa facendo presente che si vogliono vedere più mete possibili, si desidera alloggiare in strutture più che confortevoli e si ha la necessità costante di una guida che parli italiano. Noi abbiamo scelto una via di mezzo (€ 2.000,00 pp) dando sì importanza al contatto con i locali e vivendo secondo il loro stile di vita durante il giorno (anche dieci ore tra gite, passeggiate e visite), ma la sera ci piaceva ritrovarci in strutture pulite ed accoglienti. Abbiamo prenotato da soli il volo dall’Italia e in loco ci siamo affidati, previi contatti via mail, ad un’agenzia locale.

Vita. In India, almeno secondo tradizione, gli anni di una vita si dividono in tre fasce: da 1 a 25 anni si vive in una condizione di castità, dai 25 ai 50 si realizza una famiglia, si lavora, si guadagna, dai 50 in poi ci si dedica alla meditazione, si pratica lo yoga.

Volo. Finnair Roma-Delhi-Roma con scalo a Helsinki. Puntuale, poltrone comode e possibilità nella tratta intercontinentale di vedere più film di prima visione o di giocare ognuno col proprio televisorino. Veloce la consegna del bagaglio. Non male la compagnia aerea Jet Airways per i voli sulle tratte interne Khajuraho-Varanasi e Calcutta-Delhi.

Zafferano. Diffidate dalle imitazioni! Fino al ‘600 si coltivava abbondantemente in questa zona, ora non più, fa troppo caldo e gli unici Stati che lo producono sono più a nord, in montagna: l’Himachal Pradesh, il Kashmir… E non costa meno di 200-300 rp al grammo.



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