Primo viaggio in India: come organizzarlo e cosa aspettarsi
Se si pensa all’India, la mente corre subito al Taj Mahal (una delle 7 meraviglie del mondo moderno), alla favola di Aladino e alle mucche per strada. Forse per qualcuno l’India è anche quella dei documentari su Calcutta e sul Gange.
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Ad ogni modo, niente di quello che si può conoscere attraverso racconti, libri o film di Bollywood renderà un’immagine realistica su quello che vivrete se ci andrete.
Questo viaggio è per molti aspetti un’esperienza di vita e riflessione. Per questo ho deciso di dividere il mio diario in due parti: la prima per le indicazioni in generale, per chi cerca consigli su cosa vedere e come organizzare il viaggio, e la seconda sul racconto del nostro itinerario e delle emozioni che ho provato.
Personalmente, questo diario di viaggio – come tanti che ho letto sull’India – non può essere scritto al netto di emozioni e percezioni.
La prima volta in India non si scorda mai
Si può scegliere di viaggiare in India in vari modi: con lo zaino in spalla, affidandosi ai trasporti locali e lasciandosi ispirare dalle sensazioni del momento per scegliere le mete successive; con un viaggio organizzato che decide ogni parte dell’itinerario e consente di avere costantemente guida e autista; con il fai-da-te, concedendosi momenti di comodità e alternando programmazione e improvvisazione.
Per il primo tipo di viaggio bisogna avere molto tempo a disposizione, perché ogni trasporto in India è lentissimo, anche se organizzato nel modo migliore. I treni hanno ritardi mostruosi, le distanze da percorrere in auto sono lunghissime a causa della lentezza del traffico e degli imprevisti di percorso e il Paese è molto vasto.
Il secondo tipo di viaggio è certamente il più comodo e quello più adatto a viaggiatori meno esperti (indispensabile, direi), ma non consente di fare esperienza di alcune parti della realtà indiana.
Il nostro è stato una via di mezzo: spostamenti in auto con autista già prenotato; voli; hotel di livello alto; azzardati spostamenti a piedi e in tuk tuk verso l’ignoto; hotel pagati poco e decisamente disgustosi (non ci abbiamo dormito, alla fine); parti con guida e parti con improvvisazione. Avendo poco tempo a disposizione e avendo bisogno anche di fare un viaggio che fosse almeno in parte riposante (lo stress della vita al rientro è altissimo), non abbiamo potuto che fare così. Il primo tipo di viaggio, comunque, non lo avremmo sopportato, ma so che moltissima gente si mette lo zaino in spalla e gira in India per mesi, adattandosi alla vita locale.
Sarete voi a conoscervi e a scegliere il vostro tipo di viaggio.
L’india non è una meta per tutti e non piacerà a tutti: l’igiene qui è una rarità, la folla è infinita e costante, il traffico rumoroso e insopportabile anche nei luoghi più sacri. La spiritualità indiana convive costantemente con un sottofondo di rumore e sporcizia e animali, persone e veicoli sono compagni costanti del viaggio. Se avete problemi ad adattarvi al cibo, alla mancanza di comodità, allo sporco, evitate l’India o organizzate un viaggio privato che vi tenga il più possibile al riparo da questo.
Per chi riesce ad adattarsi, l’India è un mondo che entra dentro, è una riflessione su tutto ciò che è stato dato da sempre per scontato ed è una strada per conoscersi meglio e conoscere meglio il mondo esterno.
Come scegliere un itinerario
L’India è un paese immenso e definire un itinerario non è per niente semplice. Di solito si comincia con il tour del Rajasthan e del Nord, unendo Varanasi per l’esperienza spirituale. Noi abbiamo avuto a disposizione solo 8 giorni e quindi abbiamo selezionato: due giorni a Delhi, da lì ad Agra e poi a Jaipur in auto, in volo da Delhi verso Varanasi e infine due notti a Goa per non rientrare al lavoro stremati.
Avevo pensato di fare Mumbai al posto di Goa, ma ho avuto paura che mio marito mi piantasse in mezzo al traffico e se ne volasse in un posto rilassante e così ho inserito due giorni di mare. Ora che siamo tornati so di aver fatto la scelta giusta: non avremmo retto altra confusione fino alla fine della vacanza. Anche Calcutta sarebbe stata una meta interessante, ma forse troppo strong: la città ha un livello di povertà che per molti è difficile da dimenticare al ritorno a casa e penso che quello che abbiamo visto nelle infinite ore in auto sia stato sufficiente.
Un viaggio solo al Sud personalmente non mi avrebbe dato niente: molto meglio la Thailandia o le Maldive, se si vuole provare il mare da quelle parti. Avendo avuto qualche giorno in più, invece, avrei aggiunto altre mete in Rajasthan (cosa che vi consiglieranno moltissime agenzie di viaggio). Però il nostro non era solo un viaggio alla ricerca di bellezze architettoniche e paesaggistiche e quindi aver scelto di spostarci così tanto (3 ore di volo per raggiungere Goa da Delhi) è stata la scelta vincente.
Comunque, se state programmando un viaggio in India sappiate che non sarà rilassante e fate bene i vostri piani per il rientro a casa. Se ne avete la possibilità, prendetevi più tempo per vivere al meglio quest’esperienza.
Dove dormire in India (e come)
L’India è attualmente per noi molto economica e si possono trovare anche sistemazioni a 10 euro a notte. Però gli alloggi che costano poco sono spesso di livello igienico precario: la doccia può non esserci e occorre lavarsi con il catino; manca la carta igienica; gli asciugamani e le lenzuola non ci sono o sono sporchi. Inoltre, molti alberghi anche di media categoria affacciano su strade rumorose in cui il clacson non smette di suonare h 24, per cui dormire e riposare può essere difficoltoso.
Gli alberghi a 4 e 5 stelle costano relativamente poco (in media abbiamo speso 120 euro a notte in due nel 5 stelle), sono in località più silenziose e hanno servizi e pulizia pari agli equivalenti in Italia. Sicuramente aiutano moltissimo a sentirsi puliti e riposati al termine di una giornata passata tra mucche e tuk tuk.
Nel nostro viaggio abbiamo soggiornato sempre nei 5 stelle, tranne che una notte a Varanasi, dove abbiamo scelto un 3 stelle con ottime recensioni su Booking.com. L’albergo lo abbiamo trovato comunque pulito, anche se mancava l’acqua calda, e confortevole. La sola pecca è stata il rumore proveniente dalla strada, ma con i tappi per le orecchie e la giusta dose di stanchezza abbiamo dormito benissimo.
Se prenotate da Booking.com o simili, cercate le strutture su più siti e confrontate le recensioni: ci è capitato un caso di hotel che aveva foto e recensioni false. Inoltre, spesso gli indiani prendono in “prestito” il nome di strutture di livello e si spacciano per tali, pur essendo strutture diverse: controllate gli indirizzi. Infine, nel leggere le recensioni accertatevi che provengano da europei o simili: il giudizio degli indiani non è quello vostro e ciò che per loro è ultra pulito per voi potrebbe non esserlo.
I mezzi di trasporto
Come ho già detto, i trasporti in India sono molto lenti e anche brevi distanze richiedono tempi dilatati. Il mezzo migliore per le grandi distanze è l’aereo, ma non tutte le compagnie interne sono affidabili. Io prima di partire ho letto molto e ho optato per Indigo, che insieme a Vistara era indicata come una compagnia affidabilissima. Di fatto di 6 aerei presi nessuno ha avuto ritardi o cancellazioni e gli aerei erano molto comodi e moderni. Sul monitor anche gli altri voli di queste compagnie erano in orario.
Per Go First i voli erano tutti costantemente in ritardo, mentre per Spice Jet ho visto frequenti cancellazioni. Spesso il volo è cancellato senza preavviso, per cui potreste restare in aeroporto per ore. Per gli spostamenti interni, dai diari di viaggio che ho letto ho imparato che i treni fanno ritardi mostruosi e che arrivare alla meta è un’avventura. Ho chiesto informazioni alla nostra prima guida e mi sono sentita rispondere che ogni giorno a Delhi si spostano in treno tante persone quante ne vivono in Australia, con la differenza che i treni indiani non hanno le dimensioni dell’Australia.
Questo era probabilmente un modo per giustificare una realtà: gli spostamenti in treno sono un’avventura faticosa (e per molti indiani indispensabile). Per le tratte più vicine è molto conveniente prenotare un tour con autista, cosa che consente di viaggiare comodi e freschi e di risparmiare moltissimo tempo. Noi lo abbiamo fatto per il triangolo d’oro e ancora adesso sento la mancanza di Raj che ci portava alla meta e ci aspettava con acqua fresca e un discreto sorriso.
Per spostarsi in città, ci sono Uber e taxi, ma è più rapido il viaggio in tuk tuk. Per chi soffre di mal d’auto meglio essere pronti a vedere sfiorare animali, persone, auto, moto, oggetti, edifici, in un dribbling che non conosce tregua. Sulla mia pagina Instagram ho raccolto un po’ di timelapse di viaggi in auto e tuk tuk, tanto singolare mi è sembrata l’esperienza (degna dei migliori videogiochi).
Il prezzo va concordato prima e state attenti: gli indiani amano imbrogliare e all’arrivo vi potreste sentir dire che il prezzo pattuito era stato indicato come a persona anziché a tratta o come in euro o dollari anziché in rupie. Concordate con chiarezza il costo fino alla meta per il numero totale di passeggeri in rupie e fate capire al vostro autista che sapete bene di cosa state parlando.
Non pensate mai di poter guidare in India: ancora oggi mi chiedo come facciano gli indiani a non morire a ogni incrocio. Le regole della guida le conoscono solo gli indiani e mi sono convinta che per prendere la patente bisogna superare un esame in cui si guida bendati in un parco giochi con bambini lasciati liberi di correre ovunque. Probabilmente esiste anche un esame per calcolare al millesimo lo spazio di manovra senza urtare un ostacolo e gli autisti avranno sviluppato un nuovo senso sulle orecchie, come le vibrisse dei gatti, per percepire i movimenti altrui. Forse anche l’idea della reincarnazione aiuta l’audacia degli avventori sulle strade indiane. Comunque, fidatevi: nel vostro DNA non c’è nulla che vi consentirà di guidare e giungere incolumi alla meta.
Il cibo indiano
Il cibo indiano è normalmente apprezzato nel mondo, come dimostrano i numerosissimi ristoranti indiani che si incontrano un po’ ovunque, spesso pieni di gente europea o americana. Posso anche premettere da subito che il cibo mangiato in India non è diverso da quello che viene proposto nei ristoranti indiani: il menu, il livello di spezie e piccante, la varietà e le tipologie di cibo sono del tutto sovrapponibili.
Allora qual è la differenza? Che in India, soprattutto se viaggiate in posti meno turistici, non avrete alternative e anche negli alberghi a 5 stelle la colazione salata sarà a base di riso, lenticchie e brodi speziati. Il vostro stomaco non sarà felice di questo insieme di brodaglie, pane fritto e legumi proposti a pranzo e cena e dopo un poco vi risulterà un po’ difficile digerire o un po’ troppo urgente l’impellenza dell’andare in bagno.
Io ho viaggiato – come sempre – portandomi dietro biscotti, barrette e cracker, alimenti che in India non avrei assolutamente trovato (anche perché il primo negozio che potesse assomigliare a un supermercato di quartiere l’ho avvistato al quarto giorno). In più, non sempre è facile trovare ristoranti nel senso tradizionale del termine e più spesso si incontrano bancarelle di street food con gente che mangia con le mani seduta per terra. Ovviamente, sto parlando di un tour zaino in spalla e gestito in autonomia, perché se vi affidate a una guida troverete ristoranti, tovaglioli e posate.
Un elemento di sopravvivenza (nel senso letterale) è assicurarsi la freschezza del cibo: un posto gremito di gente, con un ricambio frequente, avrà cibo fresco. Se la cucina è a vista è ancora meglio e in caso contrario sbirciate un po’ per comprendere il livello di pulizia (ricordatevi di abbassare le aspettative da ottimo a decente). Gli indiani sono tantissimi, per cui se un posto non viene scelto vuol dire che la percentuale di locali che lo disdegna è altissima: il cibo sarà vecchio e potenzialmente avariato.
L’acqua è l’altra cosa su cui fare attenzione, come sempre quando si fa questo tipo di viaggi: bevete solo acqua in bottiglia che sia sigillata e controllate anche il fondo (se ci sono fori, è stata riempita). Non prendete acqua della caraffa, nemmeno nel vostro lussuosissimo hotel, e chiedete solo ghiaccio confezionato o evitatelo del tutto.
Io ho avuto una brutta esperienza con l’acqua in aeroporto: era in bottiglia chiusa da un sigillo manuale, come se fosse stata sterilizzata. Ho bevuto un po’ per sperimentare e … niente, poco dopo ho sentito l’effetto sul mio stomaco. Mi raccomando, dover andare ogni 3 minuti al bagno in vacanza vi potrebbe rovinare le ferie.
Da mangiare per i vegetariani ci sono alternative infinite. Personalmente consiglio la samosa, il paneer tikka (formaggio semifresco fatto alla piastra), il naan con formaggio, il chole bhature (a base di ceci e pane fritto). Per i carnivori, troverete il pollo al curry (da provare) e la cucina al tandoori (un forno in pietra dalla cottura deliziosa). Vi proporranno salse di ogni tipo, costantemente, e spesso dovrete usarle per bagnare il riso basmati che vi verrà portato.
Gli indiani mangiano con le mani, usando il pane come cucchiaio per unire riso e verdure/legumi/carne. A fine pasto, si leccano con gusto le dita e ruttano in segno di apprezzamento (sappiate che lo fanno anche nel civilissimo Giappone).
Noi comunque abbiamo sempre mangiato con le posate, anche nello street food, e abbiamo evitato le usanze locali di gradimento. A voi la scelta.
Quando partire
Il nostro viaggio in India lo abbiamo fatto unendo i ponti del 25 aprile e del primo maggio, periodo che è considerato di bassa stagione. La ragione è che il caldo è forte e per alcuni insopportabile. Noi siamo meridionali e le ultime estati ci hanno temprato, per cui il caldo non ci ha spaventati e non lo abbiamo trovato eccessivo nemmeno quando abbiamo viaggiato. Anzi, essere stati gli unici turisti tra migliaia di indiani ha più che compensato il sudore delle ore più calde.
Da giugno a settembre c’è la stagione dei monsoni, durante la quale è decisamente meglio evitare di partire perché le piogge sono talmente abbondanti e costanti che spostarsi diventa difficilissimo. Un fattore che rallenta il già lentissimo traffico indiano può voler dire perdere metà delle mete, per cui è meglio aspettare e partire in tempi migliori. L’inverno è la stagione migliore, perché il caldo è più sopportabile. Questa è l’alta stagione, infatti, spesso proposta dalle agenzie di viaggio. Ricordate che l’India è vastissima e che le zone montuose sono più fredde di quelle del sud, per cui controllate bene il clima prima di fare i bagagli.
La vita indiana
La vita degli indiani è difficile da comprendere per noi italiani e di certo un breve viaggio, pur fatto con costante spirito di osservazione, non basta assolutamente.
Posso però dire che alcune cose colpiscono da subito. In primis, la tenacia delle donne nell’indossare pesanti saree anche sotto il caldo atroce e addirittura in mare, scoprendo solo le braccia ma mai le spalle e le ginocchia.
Poi sconvolge il numero di persone che vivono per strada, letteralmente per terra, senza niente. Ho visto donne impastare e cucinare sotto un ponte al centro di una rotatoria su cui circolavano centinaia di veicoli e i loro figli mangiare con le mani da ciotole ricavate dai rifiuti. Non esiste un commento per questo, se non l’idea che costante che la prima fortuna che bisogna avere nella vita è nascere nel posto giusto.
Le famiglie sono numerose, numerosissime, e i figli vivono nella casa dei genitori senza mai andarsene. Quando si sposano, la moglie si trasferisce nella casa dei genitori del marito insieme ai suoceri e inizia una convivenza difficile. Le case non bastano per i milioni di persone che dovrebbero contenere e così si accetta di buon grado questa soluzione forzata. Ovviamente, non stiamo parlando delle caste più ricche.
Tutti si danno da fare, dai bambini agli anziani, in un processo che non conosce età e diritti sul lavoro. Per molti sopravvivere è il solo obiettivo verosimile e non c’è modo di rivendicare tutele e aspettative.
Gli indiani tendono a truffare il turista e non mi sento tanto di giudicarli, vista la realtà da cui provengono (a gente che non ha da mangiare deve sembrare giustificato truffare persone che buttano il cibo e selezionano finanche il cibo degli animali domestici, mentre le mucche sacre mangiano lattine e plastica). Del resto, l’arte di truffare il turista la conosciamo anche noi, per cui siamo anche piuttosto allenati a non fidarci del primo sconosciuto. Un po’ di buon senso aiuta senz’altro a stare lontani da spiacevoli eventi.
Gli animali vagano liberi per le strade e spesso sono sacri (mucca, scimmia, topo, tigre per citare i principali). Ho l’immagine di un gruppo di scimmie che assediano un chiosco di banane e delle mucche con una lattina in bocca nel mare di rifiuti che sono per strada. I cani sono tantissimi, mentre di gatti ne abbiamo visti solo due. Elefanti e dromedari li abbiamo visti a Jaipur, ma non ci sono arrivati spontaneamente.
Il sistema delle caste è stato dichiarato illegale, ma le differenze sociali sono nettissime e si mostrano con evidenza agghiacciante. Se non avete fatto altre esperienze di questo enorme divario sociale, ne resterete turbati.
La spiritualità è una parte importante della vita degli indiani e lo noterete nei numerosi templi che troverete lungo il cammino e nel numero di gente intenta a compiere i rituali con cieca fiducia. Il turbante è indossato dagli uomini del culto Sikh, per cui gli incantatori di serpenti lo avranno solo per spillarvi delle rupie per la foto o il video. Lo yoga è praticato quasi come un culto e gli amanti del genere troveranno qui il loro paradiso.
Le donne sono superaccessoriate: finanche i lunghi e forti capelli hanno ciondoli pendenti, che si uniscono a 5/6 orecchini per orecchio, collane, bracciali, cavigliere, anelli alle dita dei piedi. Molte hanno le mani e i piedi decorati con tatuaggi all’hennè e indossano abiti iper-colorati che risaltano sulla pelle scura.
Il colore della pelle varia molto e passa dal semi-chiaro allo scuro intenso. Per gli indiani, la pelle bianca è segno di bellezza e le ragazze si truccano con pesanti fondotinta per rendere la pelle più chiara. Chissà cosa penserebbero se scoprissero che facciamo le lampade con gli attivatori di abbronzatura!
Gli indiani parlano molto bene l’inglese, ma il loro accento lo rende spesso difficile da capire e ci vuole un po’ prima che un dialogo possa diventare stabile. Loro comprendono l’accento degli stranieri, ma per noi è un po’ difficile capire la loro pronuncia. Molti parlano italiano, almeno nei luoghi più turistici.
Perché andare in India
Moltissimi dicono che l’idea dell’India gli è venuta leggendo Shantaram o La città della gioia o guardando i film ambientati a Mumbai e simili o ascoltando i racconti di Gandhi e Madre Teresa. Per alcuni questa curiosità parte dallo yoga o dall’ayurveda o da processi spirituali e mistici.
Per me la ragione è stata all’inizio molto più prosaica: sono vegetariana da quasi 25 anni e ogni volta che mi trovo all’estero ho serie difficoltà a trovare cibo compatibile con la mia alimentazione. I ristoranti indiani, con il loro amplissimo menu vegetariano, mi hanno fatto venire la voglia di conoscere questo luogo in cui la mia scelta alimentare è predominante. Questo quando avevo 20 anni.
Dopo l’idea dell’India si è sviluppata per il desiderio di conoscere un modo diverso e di conciliare le immagini dei film e dei racconti fiabeschi con ciò che si vede nei documentari. Il Covid-19 ha fatto il resto: volevo capire come si vive in un luogo perennemente sovraffollato.
Proprio il Covid, comunque, ha posticipato quest’esperienza: dal TG sembrava che in India si morisse con estrema frequenza e che per noi andarci fosse molto pericoloso. Così è stato solo dopo aver conosciuto degli indiani in viaggio in Norvegia e aver chiesto informazioni sul vaccino e la situazione attuale che Delhi ha iniziato a essere una meta papabile.
Un’offerta di ITA Airways per i ponti del 25 aprile e del 1° maggio ha fatto il resto: si va in India, con soli 4 giorni di ferie su 10 giorni di vacanza (siano benedetti i ponti).