Il Paese dei Flintstone

Il viaggio è stato programmato ed organizzato con le informazioni attinte da Turisti per Caso e, in misura minore, dalla Lonely Planet che, pur svolgendo egregiamente il suo compito, pare tradotta male dall'inglese con alcuni periodi assolutamente incomprensibili come costruzione della frase. Caso” e Consultati, ovviamente, anche i siti delle...
Scritto da: Paolo Vittori
il paese dei flintstone
Partenza il: 20/12/2006
Ritorno il: 07/01/2007
Viaggiatori: fino a 6
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Il viaggio è stato programmato ed organizzato con le informazioni attinte da Turisti per Caso e, in misura minore, dalla Lonely Planet che, pur svolgendo egregiamente il suo compito, pare tradotta male dall’inglese con alcuni periodi assolutamente incomprensibili come costruzione della frase. Caso” e Consultati, ovviamente, anche i siti delle località che si andranno a visitare.

Si è cercato di non ripetere nel racconto, descrizioni ed informazioni reperibili sulla guida ma di riportare, piuttosto, impressioni e notizie pratiche di cui si possa aver bisogno durante il viaggio, e per vari motivi non idonee ad essere riportate su una guida.

Organizzazione viaggio Come al solito abbiamo visitato il paese in macchina, ma non essendo possibile la guida per gli occidentali, dopo aver organizzato da noi l’itinerario abbiamo cercato un autista. L’autista avrebbe dovuto stare con noi per 12 giorni, su 17 gg effettivi. A questo scopo abbiamo interpellato diverse agenzie (prese dal sito Turisti per caso), tutte le agenzie hanno subito inviato il preventivo, suggerendo alcune modifiche di ordine pratico al programma (non possibilità di toccare le destinazioni che noi avevamo previsto in un solo giorno), che è stato di conseguenza modificato. Contemporaneamente, alle stesse compagnie è stato richiesto anche un preventivo per alberghi e voli interni, ed in questo caso le tariffe di alberghi ed aerei sono state pressoché uguali. Autista: Gli autisti diranno sempre qualche ora in più rispetto al tempo che effettivamente si impiegherà per giungere in una data località, in modo che i turisti siano contenti e non delusi dalle aspettative.

Il prezzo non dipende dai giorni occupati, il lavoro umano non costa nulla, ma dipende dalle distanze da coprire perchè la benzina è molto cara per loro. Hanno a disposizione, nei distributori statali, 2 galloni di benzina al giorno ma non so se gallone americano (gal US= 3.6 L) o inglese (Gal Imp= 4.5 L), comunque facendo una media si ha 1gal=4 L, (circa 240 L al mese) e che costa 1500 K/gallone (I K sono Kiats, l’unità monetaria Birmana). Consumata questa quantità, che annotano su un libretto timbrato e che devono via via mostrare al distributore, possono acquistare la benzina al mercato nero che è tollerato: si vedono i banchetti sul ciglio della strada. Al mercato nero la benzina costa 4000 K/gallone equivalente a 0.6€/L (0.8$/L; 1$=1250K), cioè circa 1190Lit/L, che è un prezzo enorme per loro: un impiegato Birmano medio prende 8€/mese (10$), se li prende, e quindi per un pieno (50 l) spenderebbe 30€…!!! Per i giorni iniziali abbiamo avuto diversi autisticome autista M. E poi per la gran parte del tempo C. Quest’ultimo non ci ha fatto da guida turistica, ma è un grande conoscitore dei posti, della storia e della condizione del suo paese. Culturalmente elevato, intelligente, svelto, premuroso, prodigo di consigli è stato una fonte preziosa di informazioni (ma abbiamo sempre evitato di parlare apertamente di politica come consigliato da più parti), che non saremo mai venuti a sapere facendo parte di un gruppo organizzato con guida al seguito. Eccone alcune: il paese è povero di petrolio ma ricco di gas ed il governo sta studiando un progetto per disseminare il paese di stazioni di servizio a gas piuttosto che a benzina, in modo di evitare di importarla dall’estero. Tale progetto è preliminare all’importazione di macchine a metano che non hanno molta autonomia.

Ci sono 3 classi, quella delle tribù che sono analfabeti e vivono allo stato tribale e primitivo, poi una classe media, composta da giovani che parlano bene l’inglese, con maniere occidentali ed aperte all’innovazione e ed è quella su cui si basa il turismo e la classe dei militari e dei politici che sovrintende tutto. Importano petrolio e cose elettroniche dalla Tailandia e Cina, esportano riso, grano e pietre preziose, giada, zaffiri e metano. Ko ci spiega che loro pagano 2500 $ una card speciale con cui possono telefonare anche all’estero perchè non esiste altra scheda, per telefonare solo all’interno per cui o comprano quella oppure nulla. Fra 2 anni il governo ha promesso di standardizzare i cellulari per cui sarà possibile anche per i turisti che vengono nel paese telefonare e ricevere. È stato un rapporto molto professionale perchè Ko è molto riservato e discreto e parlava solo quando interrogato o per segnalare qualcosa di interessante. Non bisogna chiedere agli autisti di fare le compere per noi, pensando di spendere meno, perchè li esponiamo così alle critiche dei commercianti, che ci vedono come fonte di quattrini e con i quali loro bene o male interagiscono durante il loro lavoro. Gli chiedevamo solo una stima delle cose che volevamo comprare e poi contrattavamo da soli. Abbiamo lasciato il 10% di mancia agli autisti (se lo aspettano..!!) e comunque se lo sono meritata: 10$ a Min Ko e 50$ a Chan, in proporzione ai giorni che sono stati con noi.

Traffico: Le macchine hanno la precedenza sui pedoni, cioè se le macchine stanno ad una distanza che ci consente di attraversare, confidando che se dovessimo rallentare lo farebbe anche la macchina, qui non funziona così, ed uno deve attraversare solo quando è cosciente che la macchina non farebbe in tempo ad investirlo se lo volesse, ed allora occorre fermarsi in mezzo alla strada ed aspettare che non ci sia nessuno all’orizzonte.

Alberghi Siamo stati in alberghi di standard occidentale, in genere con piscina, ma mai usata perchè c’era freddo ed eravamo sempre in giro, e con colazione inclusa a buffet dove ci siamo sempre rimpinzati e preparati i panini per i lunghi spostamenti in auto. Le stanze si dividono in Standard, Superior e De Luxe: le prime sono le più vecchie ed anguste, le seconde le più larghe e le terze, grandi come le seconde ma con qualche optional o vista speciale, per esempio quella con la Shwedagon Pagoda a Yangon. Consigliamo le Superior, in un rapporto costo/beneficio. Gli alberghi, stanza tripla, con prezzo per notte sono stati: Permanenza prezzo/notte Yangon: Park View Hotel 2 notti $ 54 (www.Hotelclub.Com) Monte Kyaikto Kyaikhtiyo Hotel 1 notte $ 75 (support@royal-exclusive.Com) Lago INLE : Paradise Hotel 2 notti $ 40 (Superior) paradisegroup@mptmail.Net.Com www.Inleparadise.Com Mandalay: Mandalay City Hotel 4 notti $ 50. 26° street betw. 82th and 83th www.Mandalaycityhotel.Com Bagan: Bagan Thande Hotel (Old Bagan) 4 notti $ 60 (Superior). I Bungalow vicino al fiume 200$ + 30 letto aggiunto thande@myanmar.Com.Mm Ngwe Saung Sunny Paradise Resort 3 notti $ 80 (60 la doppia + 20 extra bed). I bungalows de luxe vicino al mare: 110$ la tripla.

e-mail:tmwlwynn@mptmail.Net.Mm www.Sunnyparadise.Net Spesa totale per pernottamenti: 943$ (725€, media: 725/16= 45€ notte la tripla.) Gli alberghi sono rintracciabili in Internet.

Da notare che solo a Yangon e al Monte Kyaikto (dove c’è Kyaiktiyo cioè la Golden Rock) abbiamo prenotato inviando i dati della carta di credito, accettando quindi anche la politica delle cancellazioni, che però non è molto restrittiva, a Yangon al Parkview, avevamo il voucher, mentre per gli altri 3 alberghi, ci siamo presentati alla reception con la loro e-mail di conferma, ma avevamo preso solo un impegno “morale”, non essendoci appunto stato alcun prepagamento da parte nostra.

Il personale degli alberghi è sempre stato all’altezza a parte qualche piccolo contrattempo dovuto al caso e, grazie alla naturale mitezza e cordialità dei Birmani, ha sempre mostrato un’alta professionalità ed una volontà nel risolvere i problemi, a volte in modo commovente.

Birmani: Grande popolo, onesto e sincero, ancora non inquinato dalle tecniche di arricchimento occidentali che corrodono di più la vicina Thailandia. Da tenere presente che i Birmani, gente stupenda, hanno un solo difetto: quando non sanno le cose preferiscono diventare “cazzari”, piuttosto che dire “non lo so”…E si inventano le cose peggiori. Per esempio, Min Ko, l’autista di Golden Rock Pagoda, a Pago alla mia domanda di quanti abitanti avesse Pago, dopo qualche secondo di esitazione ha risposto: 2 milioni !! Non è vero, ne avrà si e no 50.000…!! Sono abilissimi artigiani ed usano oggetti molto semplici, quasi primitivi, forse come era da noi fino agli anni ’50.

Attenzione, noi siamo, secondo loro, superiori, sia per soldi che per progresso, e per questo otterremo sempre tutto quello di cui abbiamo bisogno. Atteggiamenti di superiorità o sprezzanti o di indifferenza faranno precipitare la situazione e da “quasi semidei” diventeremo solo quello che abbiamo dimostrato di essere. Ho visto questa situazione a Mandalay con dei turisti italiani, mogli di medici, che si lamentavano, in modo scomposto della supposta sporcizia della loro biancheria: i Birmani le hanno affrontate ridendo e non prendendole sul serio come se fossero le donne di qualche tribù Shan. Poveri si, ma con grande dignità. Pagode Contrariamente ad altri paesi Buddhisti neanche le calze si possono lasciare quando si entra in una Pagoda, anche se, con una certa discrezione nessuno ti dice nulla, sono tollerate. All’inizio abbiamo provato ad uscire con le scarpe ed a metterci le ciabatte all’occorrenza, ma già dal secondo giorno uscivamo con le ciabatte e senza calze, per stare più comodi.

Wheater Al sud (Yangon) c’è caldo. Al lago INLE c’è freddo (sta a 1000m) e l’escursione in barca necessita di maglione e giaccone, almeno quando cala il sole. Alcuni turisti hanno riferito che l’albergo a Pindaya era senza riscaldamento ed hanno richiesto coperte supplementari. A Mandalay abbiamo chiesto noi coperte supplementari. A Bagan di mattina e di sera c’è bisogno di una giacchetta. A Ngwe Saung, nel golfo del Bengala, abbiamo fatto il bagno e preso il sole sulla spiaggia in costume: stupendo !!! Le stagioni sono 3: 1) stagione fresca da ottobre a febbraio, stagione calda da marzo a maggio (le scuole sono chiuse) stagione umida da giugno a settembre e piove soprattutto nel sud del paese ma meno nel centro. Il periodo migliore per andare è nella stagione fresca, mentre il caldo torrido è nella stagione calda, durante la quale non si usano auto con aria condizionata per evitare che l’escursione termica fra dentro e fuori la macchina possa essere foriera di malanni.

Aerei: Volo internazionale: Le compagnie che abbiamo consultato sono state China airlines, Malaysia airlines, Qatar airlines, Austria airlines e Thai airlines. È stata scelta la Thai, più economica ed anche perché l’arrivo a Yangon è previsto alle 8.30 di mattina previo scalo a Bangkok (13h 15min di volo, scali inclusi) facendo guadagnare l’intera giornata di arrivo e la partenza da Yangon è prevista alle 19.45, consentendo di sfruttare appieno l’ultimo giorno. E poi con le informazioni dell’amico Fabio, un riferimento anche di Turisti per Caso, siamo diventati soci millemiglia Lufthansa a cui la Thai partecipa. Abbiamo fatto i biglietti con la Bell Travel, Anna Moscatelli, via Umbria 13 Roma (bellticketing@travelroma.Com che interagisce bene con la Thai e fornisce un servizio essenziale ed efficiente).

Non tutti i giorni della settimana sono coperti dalle varie compagnie.

La Qatar parte da Roma alle 23.00 ed arriva a Yangon alle 18 (13h 30min di volo scali inclusi) previo scalo a Doha. Al ritorno parte da Yangon alle 7.0 ed arriva a Roma alle 17.30.

La Singapore parte da Roma alle 12 ed arriva a Singapore alle 6.45 da dove si prende il volo delle 14.10 che arriva a Yangon alle 15.30 ( 22h 00min di volo scali inclusi). Al ritorno parte da Yangon alle 16.20 ed arriva a Roma alle 7.10. La China airlines parte da Roma alle 13.15 ed arriva a Yangon alle 9.0 previo scalo a Bangkok alle 5.45, ma il volo c’è il giovedì ed il sabato. La Malaysia parte da Roma alle 12.20 fa scalo a Kuala Lumpur alle 6.30 e riparte alle 10 per arrivare a Yangon alle 11.15 L’Austrian airlines ha il volo diretto per Yangon, da Vienna, ma era tutto pieno.

La Cathay ha il numero a pagamento e non è stata consultata.

A posteriori, la prenotazione va fatta almeno 4 mesi prima, perché le agenzie si accaparrano tutti i biglietti e poi, nel tempo, li rendono liberi per mancanza di prenotazioni, però, comunque, quando uno telefona non resta che mettersi in lista di attesa. Inizialmente si era previsto di partire il 22 dicembre (venerdì) ma poi, non saltando fuori i posti, si è partiti il 20 dicembre, risparmiando qualcosa perché ancora non era scattato il periodo di alta stagione. I costi per la tratta Roma-Bangkok-Yangon sono stati di 1125€ /testa per 2 biglietti nella classe più economica e 1200€ per l’altro biglietto, in quanto i posti nella classe più economica erano esauriti. Le compagnie dividono l’intera classe economica (posti uguali) in sottosettori di diverso prezzo: chi prenota prima prende il sottosettore che costa meno.

Tratta: Roma 13.45 Bangkok 06.15 (10.30 h di volo);Bangkok 8.10 Yangon 9.00 (1h 20 min ora di volo) Yangon 19.45 Bangkok 21.15 ; (1h di volo); Bangkok 0.01 Roma 5.55 (12 h di volo) Time: A Bangkok sono 6 ore avanti rispetto a Roma, a Yangon sono 5.30 h avanti rispetto a Roma e di conseguenza a Bangkok sono 30 min avanti rispetto a Yangon, e questo spiega l’arrivo dopo 50 min nel tratto fra Bangkok e Yangon e dopo 1h e 30 min nel tratto fra Yangon e Bangkok. Il viaggio, in termini assoluti dura 1 ora.

Voli interni 24 dicembre 6T401 Yangon – Heho h: 6.30-9.45 03 gennaio 6T401 Bagan – Yangon h: 8.10-10.10 I voli interni vanno seguiti, in loco, perchè spesso cambiano orari e rotte.

Alcuni prezzi dal lago Inle visti il loco: biglietto aereo x Yangon: 76$, Mandalay: 35$, Nyaung U:52 $, Thandwe: 85$, Tachilek: 62$, minibus x Mandalay: 5000K, x Bagan 8000K, fitto bicicletta x 1g: 1000K.

Il prezzo dei biglietti aerei corrisponde perfettamente ai prezzi che si trovano su Internet, non è quindi vero, come compare nei siti delle compagnie, che se si prepaga il biglietto dall’estero si spende la metà.

Può essere però vero che le tariffe viste fossero delle offerte speciali.

Bus con aria condizionata x Yangon: 9500K, x Mandalay: 7000K Borsa nera Abbiamo cambiato a Yangon al rate di 1$=1275 Kiat (si pronuncia “Ciat”) a Mandalay a 1$=1230 Kiat a Bagan 1$=1250 Kiat A Yangon le banconote da 100 $ consentono il cambio a 1275 K. Le banconote da 100$ con la “testa piccola” (ante 2000) sono però valutate 1250K ed il cambio a 1275 è riservato a quelle con la “testa grande”. Le banconote da 50$ e da 20$ vengono valutate 1250K. Le banconote devono essere piuccheperfette, non sono ammesse scritte, abrasioni, piccoli taglietti e cianciccature, e questo anche nei posti istituzionali, per esempio in aeroporto o dove si paga l’ingresso ai siti archeologici: a volte mettono un cartello dicendo di “…Scusare se non saranno accettate banconote non perfette altrimenti la Banca non le accetterebbe a noi, etc etc…”.

Attenzione perché il massimo valore della banconota Kiat è 1000 Kiat, per cui cambiando 100$ uno riceve 100.000 Kiat, cioè 100 Banconote da 1000K ciascuna, che non si sa dove mettere (io le tenevo in tasta avvolte con un elastico, ma si notava il bozzo. Ad ogni modo il livello di sicurezza è altissimo ed episodi spiacevoli non solo non ce ne sono capitati, ma non ne abbiamo nemmeno avuto il sentore). Il fatto di cambiare 1banconota da 100$ con 100 da 1000K, comporta che uno deve contarle una per una per sicurezza. Alcuni ragazzi di Bologna ci hanno raccontato che a Yangon li hanno fregati perché, per la pigrizia di contarle tutte (avevano cambiato 200$, quindi 200 banconote) se ne sono trovate un pò meno e quindi il cambio è risultato di 1$ per 1125 K. Il gruppo di Avventure nel mondo ha cambiato a 1250k/$ ed altri ragazzi italiani a 1200K/$.

È meglio cambiare negli alberghi o nelle agenzie di viaggio, e non per la strada, tanto esiste una sorta di quotazione non ufficiale del dollaro che cambia ogni giorno in funzione del periodo turistico e delle oscillazioni del dollaro a cui, più o meno, si adeguano tutti. Ho provato a cambiare per strada avendomi offerto un ragazzo 1300 K/$, e, dopo una passeggiata di 10 minuti, l’ho seguito all’interno di un palazzo. Mentre contavo i soldi, hanno cominciato a lacrimarmi gli occhi, non ce la facevo a tenerli aperti, come se si fosse sparsa per l’aria qualche essenza irritante. Allora ho restituito i soldi, i miei ancora non li avevo dati, e me ne sono andato con il cambiavalute che mi ha inseguito per un pò perchè voleva un risarcimento per l’affare sfumato e per quei 10 minuti di strada che gli avevo fatto perdere…

Con i dollari che cambiano, i Birmani comprano oro che viene dalla Tailandia, perché dalla loro esperienza il costo dell’oro, nel loro paese, è sempre stato crescente e quindi lo rivendono quando hanno bisogno di soldi. Ho fatto osservare che anche l’oro può avere delle oscillazioni negative, ma hanno ribadito il loro assunto. Sarà ma resto perplesso di tale sicurezza. Soldi Siamo partiti con 250€ e carta di credito e poi 5399 $ divisi in 2 borse a pelle che ci siamo tenuti attorno alla vita. Ogni mattina prelevavamo la somma che reputavamo sufficiente a coprire le spese della giornata e la mettevamo nel borsello davanti, legato alla cintura. Ci siamo portati molti pezzi piccoli (1,5 e 10$) per piccole spese, quali taxi, mance …

Turisti per caso Siamo partiti con la stampa (carattere 8) di un file contenente tutti i racconti sul Myanmar apparsi su Turisti per caso dal 2001, che abbiamo creato con copia e incolla. Col senno di poi, avremo dovuto, con un ulteriore copia ed incolla, mettere vicini tutti i commenti su una stessa località, in modo da non dover poi continuamente sfogliare il fascicolo per trovare e leggere i commenti del posto dove si sta, apparsi su racconti diversi.

Spesa complessiva La spesa complessiva per 19 gg (18 notti) è stata di 1956€ a persona, inclusi regali (molti) e gli extra. Questa spesa deriva dalle spese per i biglietti aerei, la prenotazione degli alberghi con carta di credito e la differenza fra i soldi in contanti con cui siamo partiti ed i soldi in contanti con cui siamo arrivati in Italia).

Complessivamente per 3 persone abbiamo speso 1956€x3= 5867€. La spesa si è così ripartita: visti:75€, volo internazionale: 3450€, spese con VISA per 2 alberghi: 141€, contanti spesi: 1988€ (equivalenti a 2584$ USA), voli interni: 214€ (i 190€ che abbiamo pagato in contanti all’arrivo per i voli interni sono stati già conteggiati nelle spese con contante).

Facciamo notare che con un’agenzia media avremo speso 1995€ + supplemento Natale 410= 2500€/pax per 13 giorni (11 notti), esclusi:spese per visti, tasse aeroportuali, iscrizione agenzia, assicurazione medico, mance ed extra e spese personali. Con un aggravio minimo per il nucleo familiare di: (2500-1956)*3=1632€ più le voci dette prima.

Abbiamo, è vero rinunciato alla guida locale parlante italiano, al pulmann con aria condizionata (non c’e ne era bisogno), ma anche allo strazio della colazione, pranzo e cena, ai commenti finali del tipo ” Il viaggio è stato bellissimo, abbiamo…Mangiato molto bene”, ma ci siamo immersi, per quanto possibile in 18 gg e con la prudenza iniziale, nella vita della gente, ci siamo fermati dove volevamo e ci siamo attardati o meno nei posti sempre e solo secondo la nostra volontà. La Birmania è un paese “facile” e tranquillo e forse a ciò contribuisce, ahimè, la presenza della giunta militare che non lascia però scampo ai locali dissidenti che amano la libertà. 1° 20 dicembre 06-Mercoledì Alle 9.30 arriva l’ NCC (40€) alle 10.20 siamo in aeroporto con 6 persone al check-in davanti a noi e chiedo all’impiegato di essere messi nei posti vicino all’uscita di sicurezza dell’aereo (sono alto) ma vengo accontentato solo io. Mi vogliono vendere una scheda telefonica a 0.15€ / min ma che non funziona da Cuba e dal… Myanmar: cominciamo bene, pensiamo che il paese sia restio alle comunicazioni ed essendoci la dittatura militare, è comprensibile. Al controllo bagagli a mano chiedono se abbiamo flaconi di liquidi o di creme di volume superiore a 100 ml. L’ ultima tentata fregatura italiana prima di partire è il cambio all’aeroporto: per 100€ danno 110$ (incluse commissioni) cioè a 1.1, mentre 2 giorni prima ho cambiato a 1.3 (per 100€ mi hanno dato 130$) alla Western Union che si rivela più conveniente delle Banche e dei vari cambiavalute sparsi attorno alla stazione Termini e non so perchè gestiti da medio-orientali. Una pila per la macchina fotografica risulta invece conveniente al free shop (24€ contro i 34 chiestimi da un sito internet). Il collegamento a Internet all’aeroporto costa 7 € per 1/2 ora !!! Ma non vi pare di esagerare?? Camminiamo per l’aeroporto senza meta, l’imbarco è previsto al gate 30 alle 13.10. Alle 13.05 inizia e, stranamente, ci mettiamo in fila perchè in genere siamo sempre gli ultimi all’imbarco ed allo sbarco. Che sia il desiderio inconscio di arrivare in Mynmar? Ho il posto vicino all’uscita di sicurezza, accanto…Nessuno! Se restano liberi, moglie e figlia possono sedersi con me. Infatti restano liberi !! Ma l’impiegato della Thai mi ha fatto soffrire 2 mesi in lista d’attesa, ed ho avuto la sicurezza solo 10 giorni prima di partire con ciò che ne è conseguito rispetto alla prenotazione di alberghi e voli interni. La prossima volta prenoterò tutto anche stando in lista d’attesa e poi per il Myanmar le prenotazioni sono…Sulla parola, non essendo possibile prenotare con carte di credito o con bonifico bancario e si ricevono solo delle mail di conferma, senza impegno!!. Pranzo con le solite cose degli aerei e colazione con omelette e pezzetti di frutta. Beviamo molti succhi di pomodoro e di frutta.

Il volo è tranquillo salvo il solito litigio: 2 passeggeri parlano ad alta voce ed un terzo, sdraiato su 3 sedili, grossa colpa per gli altri due, li riprende. Volano parolacce e il terzo si è rialzato dalla sua comoda cuccetta e visto che sono vicini a noi e stanno per venire alle mani, chiamo lo stewart che quando arriva si limita ad ascoltare le opposte ragioni con flemma tailandese e tutto si appiana.

2° 21 dicembre 06-Giovedì Alle 00.15 nostre, 6.15 locali,siamo all’aeroporto SUVARNABHUMI INTL di Bangkok. All’uscita dall’aereo, ci salutano “Sodicar” o qualcosa di simile. Alla fine del tubo attraverso cui si esce dall’aereo, all’ incrocio, si va a sinistra verso i Transfer International e, sebbene abbiamo già la carta di imbarco, dobbiamo fermarci al Banco Transfer dove ci scrivono il gate (07) per Yangon che sta al piano di sopra (3° piano) del rinnovato aeroporto. Alle 7.55 ci imbarchiamo e alle 8.10 partiamo per Yangon dove arriveremo dopo un’ora di volo alle 9 locali (9.30 di Bangkok) all’aeroporto MINGALADON, due stanzoni squallidi al settore arrivi che denotano la scarsa fantasia delle dittature.): il Mynamar è 5 h e 1/2 avanti rispetto all’Italia e 1/2 h avanti rispetto a Bangkok). Ottima colazione con una carne morbidissima. A bordo ci fanno compilare un modulo dove dichiariamo se entriamo con gioielli ed altro (cos’è altro??), e se abbiamo oltre 2000$: diciamo la verità, no gioielli, più di 2000$. Facciamo la fila per il controllo passaporti dove ci ritirano il visto e ci lasciano una parte del modulo giallo compilato sull’aereo. Per non perdere tempo al controllo doganale ci intrufoliamo in mezzo ad un gruppo di turisti tedeschi che aveva avuto già l’OK. Dobbiamo andare a ritirare i biglietti per i voli interni alla Air Mandalay che sta al settore partenze. Usciamo dall’edificio degli Arrivi e giriamo a sinistra e dopo 100 metri, circondati da varia umanità e scortati da tassisti più meno abusivi che ci angosciano, andiamo a sinistra ed entriamo nell’edificio Partenze e quindi al banco della Mandalay air. Qui ci sono altri 3 banchi, quelli del Air Bagan e Yangon Air dove ci sono 2 file, e quello del Myanma air, (senza la r finale della Myanmar air) la famigerata compagnia di stato che compete per il Guiness degli incidenti e dove l’impiegato è assorto a leggere il giornale: davanti a lui nessuno. Paghiamo i 248$ rimanenti per i biglietti per i 2 voli interni che l’impiegata ci compila a più riprese, perché viene distolta più volte e ne vedremo le conseguenze più tardi. Scendiamo da 7$ a 4$ per un taxì che in 30 min ci porta in albergo, al Parkview, dove diamo 1$ al boy che ci porta le valigie in stanza. Ci colpisce il sorriso di tutti, si vedono i denti bianchissimi e gli occhi si chiudono a fessura: scopriremo dopo che non è per convenienza ma perchè sono davvero così, un misto di curiosità e timidezza che ci accompagnerà per tutto il viaggio, infondendoci sicurezza e serenità, noi ricchi e progrediti che andiamo in un paese povero ma pieno di dignità e tolleranza. Quando siamo da queste parti pensiamo sempre che il cattolici ed i musulmani sono aggressivi verso gli altri, magari con diverse modalità, mentre i Buddisti hanno come precetto la tolleranza e la stasi e pensiamo che, se riuscissimo a liberarci dai desideri, purificando il corpo e la mente, ci piacerebbe vivere qui, dove la spontaneità è sovrana ed i rapporti fra le persone sono scevri da sovrastrutture e basati sulla fiducia, la parola data e cose di questo tipo che da noi hanno lasciato il passo all’interesse ed al $io denaro. Non è che non contrattano, ma pensiamo che i soldi siano visti come un mezzo per vivere e non come un fine, almeno dalla stragrande maggioranza della gente. Mentre facciamo filosofia ci avvertono dalla Reception che Min Min, il nostro autista con cui siamo stati in contatto via e-mail, ci ha aspettato invano fino alle 9.30 e ci danno un biglietto in cui dice di chiamarlo appena arriviamo.

Yangon è una città di 5 milioni di abitanti che è stata costruita in mezzo agli alberi e non viceversa, anzi in mezzo ad una giungla di alberi tutti diversi. Mia figlia dorme, sopraffatta dal jet lag, chiediamo alla reception di cambiare i soldi e veniamo indirizzati in un negozio di quadri all’interno dell’albergo dove un signore ci cambia 50$ a 1250 K/$. Per una banconota da 50$ ci da un pacco di banconote da 1000K che mi metto in tasca formando un bel bozzo. Usciamo, intorno all’albergo solo viali, non è proprio al centro della città, i marciapiedi sono pieni di buche e stretti e ci avviamo verso il centro a piedi per prendere possesso del territorio. Ci fermiamo in un negozio di verdura e telefoniamo a Min Min col numero che sta sul bigliettino, ma risponde un’altra persona, siamo un pò preoccupati perchè potrebbe pensare che non siamo più partiti, in fondo non gli abbiamo mandato ne acconti ne nulla. Visitiamo la Sulay Paya, in mezzo al traffico, interessante come prima Pagoda e poi lo Scott Market dove ci colpiscono le sartine che cuciono con vecchie macchine Singer in piccole stanzette ed a cui ricambiamo il sorriso smagliante. Compriamo una borsa di plastica a 3000 K e 20 cartoline a 200 K e telefoniamo a Min Min, ma risponde la solita persona, all’improvviso ho l’illuminazione, come il Buddha, e faccio fare il numero alla ragazza che gestisce la bancarella, mi passa il telefono ed è…Min Min, avevo solo confuso i due numeri nove prendendoli per cinque.

Ci mettiamo d’accordo con Min Min per vederci domani mattina alle 8, giorno di partenza per la Roccia d’oro (Golden Rock). Continuiamo il cammino ed arriviamo fino all’albergo Strand, sul lungomare, dove c’è un personale gentilissimo che ci consente di fare un giro all’interno. Era l’albergo dei ricchi inglesi quando venivano a Rangon, c’è ancora un tavolo da biliardo ed un atmosfera retrò che ci piace pensare sia quella originaria, quando dopo settimane di viaggio, dall’Inghilterra, attraverso il Capo di Buona Speranza, qui alloggiavano i Sir ed i militari inglesi.

Alle 17 torniamo in albergo con i piedi roventi e, prelevata la dormigliona, andiamo alla Shwedagon Pagoda (5$/pax e 300 K per la custodia delle scarpe, ma non ce ne sarebbe bisogno) che è a 10 min di cammino, basta uscire dall’albergo, attraversare la strada e andare sulla destra, poi oltrepassare la rotonda e dopo 5 min arriviamo giusto in tempo per il tramonto. La Pagoda sta aperta fino alle 21. Non descrivo la religiosità e l’imponenza del luogo ( c’è la LP e TpC) e dove restiamo 3 h, affascinati dalle luci e dalle nenie e litanie con cui le venditrici attirano i clienti all’acquisto dei lumini. Veniamo contagiati dalla spiritualità della gente.

Veniamo avvicinati da un sedicente professore che, in inglese, ci illustra le zone salienti della Pagoda e ci spiega la ritualità delle azioni dei fedeli, quindi, preso un libricino, individua i nostri segni zodiacali e ci invita a versare acqua sui corrispondenti simboli. Alla fine, essendo un professore, non so se dargli soldi o meno, forse è la deformazione professionale e la curiosità che lo ha portato ad avvicinarci, e, con un pò di pudore, gli chiedo se posso offrirgli 3000 K, per un offerta non so a chi, e lui …Ce ne chiede 5000 K !!. Eroghiamo. Suoniamo 3 volte a testa ogni campana della Pagoda, così per buon augurio e per fare un pò di casino e vediamo una grossa campana di bronzo che gli inglesi volevano portare via ma poi finì in un fiume e gli inglesi concessero ai locali di riprendersela: dei quadretti simpatici raccontano la storiella che mette alla berlina i sudditi di Sua Maestà. Il professore ci dice la classifica delle nazionalità turistiche presenti in genere in Birmania: 1° Francesi, 2° Tedeschi (a lunga distanza dai primi), 3° Italiani, 4° qualche spagnolo, 5° Orientali non meglio identificati (molti giapponesi), ma nessun Inglese. Torniamo in albergo dove alle 21 ci aspetta un pessimo Buffet freddo (10$/pax) forse perchè è tardi. Andiamo a dormire perchè siamo stanchi e non sapendo a quale ora dobbiamo fare riferimento se quella oraria o quella biologica..

3° 22 dicembre 06-Venerdì Alle 7.30 facciamo un’ottima colazione a Buffet (inclusa nel prezzo) con riso, pasta, spezzatino con patate, dolci, verdura uova, frutta, etc, etc, insomma un vero pranzo e che sfrutteremo in ogni albergo in cui andremo, rubacchiando qualche panino e qualche frutto da sbocconcellare durante i lunghi spostamenti in auto. Lasciamo il grosso dei bagagli nel deposito dell’albergo, prendendo lo stretto indispensabile per il viaggio alla Roccia d’oro. Alle 8.0 incontriamo i nostri autisti: Min Ko che ci porterà alla Roccia d’oro ed a Bago e Chaung Ko, perchè Min Min è occupato, che starà con noi per 10 giorni attraverso il Mynamar. Firmiamo un contrattino in cui ci impegniamo a non far salire in auto altre persone oltre noi 3 ed a versare la metà della somma pattuita (650$) cioè 350$. Chiederò poi una fotocopia di quanto firmato, che puntualmente mi sarà data. Alle 8.30 con Min Ko partiamo per la Golden Rock Pagoda (La Roccia d’oro) ma ci fermiamo prima a casa di Min Min per cambiare 100$ (testa piccola) a 1275 K da un signore ciccione. Non capendo che quella è la casa di Min Min, e capirò solo dopo che il ciccione è il padre di Min Min che è il nipote di Chaung Ko, che è quindi il fratello del ciccione, maldestramente chiedo al Chaung Ko (il fratello di chi mi ha fatto il cambio) se è il caso di contare i soldi. Lui mi dice di no, risalirò solo dopo al suo imbarazzo, ma comunque, in macchina, lontano da occhi indiscreti, li conto e ci sono tutti: siamo appena arrivati dall’Italia e non ci siamo ancora ambientati alla nuova musica!!. Alle 9.0 partiamo per la Golden Rock dove dovremo arrivare, a detta di Min Ko dopo 6h (alle 15), ma l’autista ci dice che in 5 h ci si arriva (14). Entriamo nell’autostrada a 2 corsie Yangon-Bago dove si supera indifferentemente a destra e a sinistra, cosa che capita anche nelle strade a una corsia. Alle 10.10 siamo a Bago che visiteremo al ritorno e che lasciamo, causa traffico, alle 10.35 e dopo un pò ci fermiamo a fare benzina, dove un minaccioso cartello dice: no camera, non vogliono fotografie. La velocità media è 70-80 km/h, incontriamo pick up stracarichi di persone, sul tetto, aggrappati fuori della porta, sul davanti, sul di dietro. Fuori dei villaggi, c’è sempre gente, in bicicletta, a piedi o che lavora ai campi, questo perchè il Mynamar ha 55 milioni di persone che sono concentrate nelle zone fertili. All’uscita di Bago, arriviamo ad un incrocio:l’autista ci fa notare che a sinistra si fa a Mandalay, e a destra a Kyaikto (paese vicino alla Golden Rock), come era da noi anni 50, quando questi incroci dividevano l’Italia ed i suoi abitanti, non c’erano tremila strade e le direttive erano quelle. L’incrocio in questione ricorda a mia moglie ed a me lo svincolo per l’Aquila e Pescara della A24 da Roma. Vediamo per la prima volta le case dei villaggi: palafitte in bambù sollevate dal terreno con tronchi, pensiamo per la stagione umida quando l’acqua invade quella che in questa stagione è la terraferma. Alle 13 (dopo 4 h da Yangon) siamo a Kyaikto, nello Stato Mon, l’ultimo villaggio a 2 km dal campo base di Kinpun, il piazzale che è un punto di raduno dal quale partono i pick-up per la montagna dove c’e’ la Golden Rock. Quindi in realtà, almeno in questa stagione, 4 ore da Yangon a Kyaikto-Kinpun. Ci assaltano i venditori tra cui una bambina che vende banane e che, dicendoci il suo nome, ci raccomanda di cercarla quando scenderemo giù l’indomani. Così non capiterà per dimenticanza e mia moglie non mi guarderà in faccia per 3 giorni. Alle 13.30 prendiamo il pick up per salire sul monte. Il cassone è stracolmo di pellegrini stretti come polli in una stia, ma noi chiediamo di sedere affianco dell’autista, e veniamo accontentati mandando dietro 3 pellegrini che ci cedono il posto. Ci chiedono però 5000 K/pax ma spuntiamo 10000 K/in 3 che poteva anche scendere a 5000K/in 3. Alle 14 facciamo una sosta di 5 min in uno spiazzo, forse per far passare il camion che scende. Alle 14.10 si arriva ad un piazzale più in alto dove veniamo aggrediti da venditori-bambini dai quali compriamo dei capelli a 3200K perchè pensavamo di aver perso per sempre i nostri sul pick-up, mentre dopo vedremo l’autista che è venuto apposta a cercarci (!!!!) per restituirceli. L’attività su questo piazzale è frenetica, non si capisce nulla, gente che sciama, chi sta fermo, chi fuma, pick up aperti, chiusi, tutti rigorosamente scassati ed arrugginiti, chi strombazza chi urla, chi ride, è un casino, insomma. Ci colpiscono i portatori di bagagli (2$) e quelli di portantina (20$ o 20000K il prezzo iniziale). Infatti non è finita, per arrivare all’albergo ci attende una salita ripidissima. In realtà ci sarebbero degli autobus che proseguono la salita ma il governo ha deciso che gli stranieri non devono salire perchè è pericoloso e salgono solo i pellegrini vecchi ed handiccapati. Diciamo no alla portantina, per ragioni politiche e alle 14.45 cominciamo la salita, che ci mette a dura prova. I portatori sono abili avvoltoi ed attenti osservatori, ti tallonano, ti affiancano e ti sfiancano invitando 100.000 volte a salire sulla portantina perchè sanno che prima o poi qualcuno accetterà: mia moglie è in sovvrapeso e sono sicuri che non ce la farà ed avranno ragione, dopo circa 100 m di continue tentazioni, Sant Antonio cede, non ce la fa più, fa caldo, ed i diavoli cominciano l’ascesa con la portantina carica. Si sprecano le fotografie ed i filmini sulla Contessa della Sedia da far vedere al nostro ritorno. Con mia figlia continuiamo a piedi l’ascensione, davvero ripida la strada, e forse la discesa sarà anche peggio. Alle 15.15 prendiamo la scorciatoia inforcando a sinistra delle scale. In cima al monte ci fermiamo al posto di guardia dove paghiamo 6$/pax più 2 per la sola videocamera: nascondiamo la macchina fotografica. 2 osservazioni: 1) Se uno riesce ad evitare di pagare qualcosa allo Stato, al momento di pagare, poi è a posto, perchè nessuno andrà mai a controllare, grazie all’individualismo imperante, nessuno controlla nessuno. 2) Molto correttamente a tutti i pagamenti effettuati in $ il resto sarà in $. Alle 15.40 siamo al Kyaikhtiyo Hotel, hotel di stato che avevamo accuratamente evitato ma non c’erano altri posti (anche se poi il proprietario del Top Mountain hotel ci dirà, mezzo incazzato, che i posti c’erano). Paghiamo il portatore dei bagagli (2$) e 500 K di mancia perchè ci è sembrato preciso, professionale e si è fatto il mazzo, mentre per la portantina, sorpresa: dai 20$ iniziali erano scesi a 10$, perchè il cammino era già iniziato, ma loro intendevano 10$ a… Testa. Se non se ne vanno li picchio tutti, do 10$ in tutto e poi 1$ per tutti, anche se anche qui volevano 1$ a testa. Gli alberghi sono 3: 1) Golden Rock hotel, ma è a qualche decina di metri dall’ inizio della salita, ed a molti di più dalla cima 2) Top Mountain Hotel, 3) Kyaikhtiyo Hotel. Gli ultimi 2 sono strategici perchè, specie il Kyaikhtiyo Hotel, sono a 5 min dalla piattaforma dove sorge la Golden Rock che uno quindi può andare a vedere sia al tramonto che all’alba, mentre alloggiando al Golden Rock, che è in basso, occorre scegliere perchè non si può fare la salita per il tramonto, poi la discesa per andare in albergo e poi la salita all’alba e poi ancora la discesa. Se proprio ad uno ripugna dare i soldi allo stato dittatoriale allora deve prenotare il Top Mountain Hotel con largo anticipo. Ma nell’albergo di stato vediamo anche il logo di Avventure nel Mondo (anche loro hanno dato i soldi ai dittatori??!!). Ragazzi è il solito discorso della parola e della …Prassi.

Le stanze sono squallide, essenziali e grigie, 3 letti, una poltroncina ed un tavolino perchè sanno che tutti si fermano solo una notte. Da un terrazzo dell’albergo, all’uscita dalla stanza, vediamo la Golden Rock, dorata e in bilico. Alle 16 usciamo per vederla da vicino e facciamo le poche decine di metri che dall’albergo immettono nel piazzale. La Roccia poggia, solo per circa 1 m, su una roccia che è sotto, mentre c’è una fessura prima e dopo il piano di appoggio. Intorno si è sviluppata un’economia, un mercato che vende tutto e di tutto, venditori di santini, di candeline, di immaginette, e di cartine che hanno un sottilissimo strato di oro, infatti la Roccia d’oro così si chiama per l’abitudine dei fedeli di appiccicare sottilissimi strati di oro che fanno loro acquisire particolari meriti religiosi.

E questa umanità ci fa impazzire di gioia, persone del tutto avulse dal progresso, che parlano fra loro senza remore o censure e che non pensano a fregare il prossimo o a soddisfare incessantemente gli istinti animali. Si sentono cantilene, nenie, mai urla o strepiti, sempre tutto molto misurato, mai sopra le righe, chi parla al microfono ma non se lo fila nessuno, insomma è il trionfo dell’individualismo e del “fai quel che ti pare senza disturbare gli altri”, senza responsabilità ne doveri, ma anche senza diritti, c’è un affollamento di pellegrini, ciechi storpi, vecchi, una corte dei miracoli mai vista in Italia dagli anni 70 in poi, dalla scoperta di Sabin, venuti qui per meditare, contemplare o fare semplice atto di presenza ad una roccia di granito, come noi lo facciamo davanti ad un…Moribondo con delle spine in testa, come mi fa notare un signore che avevamo ribattezzato Notabile perchè guardava distaccato i suoi concittadini errando per il piazzale. Sul terrazzo antistante la roccia, verso destra per chi entra e quindi a est, vediamo la giungla Birmana, quella che confina con la Thailandia dove avvengono i traffici di qualunque tipo e che è popolata dai ribelli armati. La sera andiamo a cena al ristorante A1, proprio davanti al Top Mountain hotel e spendiamo 7100 K (9000 Lit), mangiando molto bene (crocchette di patate, chickenfried hot (pollo fritto piccante)) ed in realtà essendo praticamente la prima cena fuori, siamo un pò emozionati e preoccupati per quello che ci daranno da mangiare in quanto ancora non è passata la sindrome del paese povero dove le patatine fritte devono, per default, essere fritte con olio cancerogeno ed il pollo, seppur fritto, deve contenere il virus dell’ aviaria!!!! Al momento di andar via il cameriere ci rincorre per darci 1000K di resto che era in realtà un’implicita mancia che poi confermiamo. Dopo cena, stanchi ma contenti, ci ritiriamo in stanza e mettiamo i giacconi sulla coperta perchè non c’è riscaldamento e fa freddino.

4° 23 dicembre 06-Sabato Dopo una bella dormita, la levataccia è alle 5.45 per vedere l’alba sulla roccia d’oro. Ci facciamo la doccia, lasciando i vestiti subito fuori dal bagno per usufruire del vapore caldo che ci salva dal freddo. Alle 6.10 siamo davanti all’ingresso del piazzale, il sole albeggia ad est e ancora non è sorto.

Vediamo molti camion parcheggiati prima del piazzale, sono quelli dei pellegrini, interdetti, appunto, ai turisti perchè pericolosi. Anche a quest’ora il luogo è pieno di fedeli, alcuni ancora dormono avvolti in coperte di lana e c’è il solito gruppetto che attacca lamine d’oro sulla roccia. L’alba è un pò offuscata dalla nebbia ed il sole non si vede. Torniamo in albergo a fare colazione (marmellata squisita, burro caffè, omelette o scramble eggs), facciamo la posta ad un cameriere troppo servizievole (ci porta 4 volte il piattino con la marmellata) e dolce per non dargli la mancia, ma abbiamo paura che, essendo l’albergo dello stato, tale riconoscimento venga messo in un pentolone comune e acefalo e incamerato dallo stato dittatoriale birmano, o nella migliore delle ipotesi ridistribuito fra il personale, a prescindere dal merito, come nei nostri Ministeri. Appena è solo gli ammolliamo in mano 1000 K: se li è meritati. Alle 8.05 andiamo a prendere i bagagli e alle 8.20 cominciamo la discesa che ci porterà al parcheggio superiore da dove prenderemo il pick-up che ci riporterà a valle a Kinpun dove il fido Min Ko ci sta aspettando. La discesa, non è meno faticosa della salita perchè mette a dura prova le ginocchia e questo la dice lunga sulla pendenza. Notiamo ancora, lungo la discesa, che, grazie alla roccia d’oro, si è sviluppata una fiorente economia con bancarelle di tutti i tipi, quadretti, disegni, cose di pessimo gusto, armi in legno in scala naturale per i bambini, e poi candele, ninnoli di chiesa, spade e paccottiglia varia, la stessa vista la sera precedente sul piazzale. Alle 9.0 passiamo davanti al Golden Rock hotel (quindi 40 min dalla vetta in discesa ed in salita ci si mette 1 ora). Una riflessione è d’obbligo: nessuno su Turisti per caso aveva parlato dell’ infelice posizione del Golden Rock hotel rispetto agli altri due, di cui uno di stato, ma si sono sprecate parecchie parole sul boicottaggio dell’albergo di stato dove siamo andati noi. Sarebbe stato utile se qualcuno avesse parlato della posizione infelice del Golden Rock hotel (ma allora a che servono i racconti degli altri …??) che per esempio non consente di vedere sia l’alba che il tramonto alla roccia d’oro. Alle 9.10 siamo al parcheggio dove c’è il solito caos indescrivibile, ma c’è del senno in quel caos, per esempio notiamo che il numero di camion che arriva è uguale a quello dei camion che partono, per evitare fenomeni di accumulo, e poi ci sono dei personaggi che coordinano gli autisti, o che perlomeno sono riconosciuti ed obbediti da questi, ma non capiamo se hanno un ruolo istituzionale, statale o religioso, o sono solo dei capibastone o dei volenterosi. Alle 9.25 saliamo su un camion nei posti vicino all’autista con cui ci accordiamo per 6000K/3 pax (ne avevamo speso 10.000 all’andata) che, per evitare malintesi all’arrivo, paghiamo subito per evitare che si tramuti in 6000 K/pax. Tuttavia, i Birmani sono miti e dignitosi ed in caso di discussione oltre un certo limite, si tirano indietro, un pò perchè il turista ha sempre ragione, un pò per un timore reverenziale verso il ricco occidentale ed un pò per conservare sempre quella condizione di distacco e di pacatezza che li contraddistingue grazie ai dettami formativi della loro religione.

Il camion affianco al nostro è pieno di pellegrini e ci sono 4-5 americani e mancano pochi posti perchè parta, mentre il nostro è vuoto. All’improvviso, senza ragione, il cassone del nostro camion si riempie, l’autista mette in moto e parte. Sorridiamo beffardi agli americani che ci guardavano prima con aria di “che scemi, chissà perchè non vengono qua che parte prima”!!. Alle 9.50 dunque partiamo ed alle 10.05 arriviamo ad un ponte, passato il quale vediamo 4 camion fermi che forse aspettano quelli che scendono perchè la strada in alcuni punti è molto stretta, ed alle 10.20 siamo a Kinpun e il fido Min Ko ci viene incontro. Compriamo delle banane ed affrontiamo la delusione della bambina che ci riconosce ed alla quale avevamo promesso di rivolgerci. Alle 10.30 partiamo per Bago dove ci aspetterà una scorpacciata di Buddha che annotto preliminarmente su un biglietto facendo vedere all’autista il corrispondente nome in Birmano riportato sulla Lonely. Ogni tanto si incontrano, lungo la strada, delle bancarelle munite di bandierine colorate, altoparlante e persone che fanno tintinnare delle monete in dei catini di metallo: sono membri di monasteri che chiedono offerte. Alle 12 siamo al grande ponte su un fiordo che per decine di km penetra dal mare nella terraferma dove la polizia vuole vedere i passaporti che annota su un registro unto, bisunto e ciancicato che definire sporco sarebbe un complimento. Il poliziotto ci urla “Cannavaro” con un sorriso smagliante. Alle 13.15 siamo a Bago, o Pago o Pegu, (3 h circa da Kinpun). Alle 1.30 siamo alla Shwemawdaw Paya dove c’è un Buddha gigantesco ed alcune rovine crollate sono state incorporate nelle nuove strutture. Ci fermiamo per uno spuntino in un baretto (2 coca cola, una bottiglia d’acqua, patatine e banane: 1500K). Andiamo al Shwethalyaung Buddha, disteso e lunghissimo ed intorno ci sono dei riquadri che raccontano, anche in inglese, la storia di un principe e della conversione di sua moglie, interessante. Alle 15.30 chiediamo a Min Ko di farci vedere una fabbrica di sigari e ci porta in un capannone dove decine di donne e bambini dai 7 ai 12 anni, riempiono di tabacco dei sigari probabilmente fatti con delle foglie arrotolate. Restiamo allibiti, in male ed in bene da quella scena di attività e di sfruttamento, ma non c’è aria di oppressione, non ne hanno coscienza, tutti lavorano in silenzio e sembrano poco interessati alla nostra presenza. Filmiamo il tutto ma dopo qualche minuto l’autista in tono concitato ci dice che dobbiamo andare via. Pensiamo che il filmare tale situazione possa dar fastidio a qualche boss cosciente del feedbackk negativo che certi filmati possono avere in occidente, con fastidi per la sua attività. In compenso l’autista ci porta ad un’altra fabbrica di sigari, dove leggiamo cartelli che vietano di fotografare. È una fabbrica più ufficiale, la Three Lions, quella riportata dalla LP. Qui i sigari arrivano finiti ed il lavoro consiste nell’infilarli in buste di plastica, sigillando la chiusura con il fuoco. Alcuni ragazzini (8-12 anni) sono velocissimi ed hanno una produttività eccezionale. Pensiamo che siano pagati una miseria e da questo capiamo perchè, ultima anche la Burberrys abbia trasferito la sua produzione dalla Gran Bretagna alla Cina.

Alle 16 andiamo al monastero del serpente ma l’autista si sbaglia e ci conduce in un tempio vicino dove, in una stanza, appena salita la scalinata, assistiamo ad una danza Nat, gli spiriti benigni Birmani, piena di ambiguità: 4 uomini con la sigaretta in bocca, truccati e vestiti da donna ma con sguardo truce maschile, con delle spade in mano, a simboleggiare spiriti asessuati, stanno danzando intorno, poi ad uno a uno inscenano una danza demoniaca con mosse che sembrano quelle delle pose delle statuette orientali, leggermente flessuose, e con braccia e gambe intrecciate e c’è un’orchestra di tamburi di vari timbri che fa un casino pazzesco, insomma è un baccanale orgiastico. Quello che ci impressiona è che la gente che assiste seduta su sedie a meno di un metro dai danzatori, non pare ne interessata ne divertita, ma assiste passivamente al rito, quasi preoccupata, quasi come se assistesse ad una liturgia e non ad uno spettacolo teatrale come lo è per noi che stiamo li a guardare. Ai Nat si contrappongono i Mara, spiriti maligni e nelle splendide pitture di Bagan si vedranno i Nat in marcia con l’esercito ed il Mara di turno che si contrappone loro con la mano alzata. Andiamo poi a vedere il pitone in una piccola pagoda lì vicino dove l’autista non ci voleva portare dicendo che la strada era brutta, invece abbiamo insistito e la strada non era affatto brutta. Forse voleva tornare presto a casa pensiamo. Sono le 17 e dopo 1 km e 1/2 da Bago vediamo la Kyaik Pun Paya, dove si trovano 4 Buddha seduti di schiena e rivolti verso i 4 punti cardinali. Interessante una pila di mattoni facenti parte di un Buddha crollato, probabilmente per un terremoto, che sono stati inglobati nella ricostruzione del Buddha. Alle 17.30 riprendiamo la via di Yangon dove arriviamo alle 19.10 dopo 1h e 40 min sempre a mezzo autostrada. Mancia all’autista di 10$. Domani mattina ci verrà a prendere per portarci all’aeroporto per 5$. 5° 24 dicembre 06-Domenica Oggi tappa di trasferimento a Heho e poi sul lago INLE dove ci porterà il nostro autista principale, Chaung Ko che è partito 2 giorni fa per raggiungere, in auto, la zona. Sono le 4.30 di mattina, riprendiamo i bagagli dal deposito e ci facciamo preparare la colazione nei breakfast box che ci porteremo sull’aereo la cui partenza è schedulata per le 6.30 con arrivo a Heho alle 9.35, previa sosta all’aeroporto di Bagan prima e di Mandalay poi. Abbiamo scelto questo volo, nonostante la levataccia, perchè il successivo, che era diretto, partiva alle 9.35 e arrivava alle 10.45: troppo tardi!!!! Partiamo dall’ albergo alle 5 con Min Ko ed in 20 min siamo all’aeroporto dove c’è la solita fauna di umani, occidentali, bonzi, birmani, cinesi, pacchi, pacchetti, merce, gente che entra ed esce tranquillamente dalle porte vietate, il tutto si svolge in un aura di “volemose bene e collaboriamo”. Alle 5.30 un impiegato ci mette uno sticker addosso e ci prende i biglietti per farci la carta di imbarco. Facciamo comunque la fila per imbarcare i bagagli. Gli impiegati sono solerti, gentili ed efficienti e si fanno in 4 per fare andare le cose lisce e per toglierti dalle difficoltà: che il boom economico orientale si spieghi anche con questo? Abbiamo 7 bagagli a mano fra buste, bustine, zaini e colazion-box. Alle 6 l’aeroporto è pieno, ci saranno 300 persone che devono partire per svariate località. Alle 6.30 prendiamo il pulmino per imbarcarci. Ormai c’è luce. Alle 7 l’aereo parte. Alle 8.10 siamo a Bagan, dopo un ottimo volo ed una colazione con: croissant con tonno, una bibita e caffè. Siamo rimasti solo noi sull’aereo, e dopo 30 min ripartiamo per Mandalay, mentre atterriamo vediamo che non ci sono foreste e montagne ma molti appezzamenti di terreni ordinati e squadrati come se fossero coltivati con cura, un paesaggio spoglio ma non brullo. Dal basso vediamo le arature e le baracche dei contadini.

In realtà pensavamo che l’aereo facesse Yangon-Mandalay-Heho, invece ha fatto Yangon-Bagan-Mandalay-Heho, per cui arriviamo alle 9.45 invece che alle 9.05 come previsto dalla prenotazione Mandalay air, perchè la compagnia ha deciso di fare prima una capatina a Bagan e sarà quando avremo ancora a che fare con la Mandalay air, a Bagan, che capiremo di non aver letto male e che Bagan non era previsto dal piano aereo al momento della nostra prenotazione. Ritiriamo i bagagli ed incontriamo il fido Ko che salutiamo ed aiutiamo a caricare la macchina. Partiamo.

La vita è semplice perchè non hanno il nostro sistema complesso, ma cose semplici per cui tutto scorre bene.

Dall’aeroporto ci mettiamo circa un’ora per fare i 20 km che separano l’aeroporto di Heho dal villaggio di Nyaungshwe, villaggio sul lago e sede del nostro prossimo albergo, perchè la strada è a dir poco disastrata, con buche, stretta, poco meno di una mulattiera anche se è asfaltata, sembra appena uscita da un bombardamento dei B-52, solo che qui non c’è nessuna strada da distruggere. Arriviamo alle 11 al villaggio, carino e ridente, dove paghiamo 3$/pax per entrare e poi al Paradise hotel dove ci sistemiamo. L’albergo non ha riscaldamento e di notte farà un freddo boia e ci costringerà a chiedere coperte supplementari ma il dramma sarà alzarsi la mattina con quel tipo di freddo umido tipico dei posti vicino ai laghi: per fortuna il freddo tiene lontane anche le zanzare. Siamo qui nel regno del popolo Intha. Andiamo al Lago Inle ad affittare la barca. A ciò ha pensato già Ko che ha avvertito un capitano suo amico che alle 12.15 per 15000K (potevamo scegliere di pagare15$) ci porta a fare il giro lungo del lago, mentre quello corto costa 8000 K. Avevamo la paura occidentale che i giri partissero ad una certa ora e poi dopo basta, invece partono a tutte le ore, basta trovare il barcaiolo libero. Il capitano parlicchia l’inglese quanto basta per soddisfare le nostre domande, è ben vestito ed è sicuro di se: ormai la frequentazione con i turisti lo ha reso ricco e deve essere qualcuno nel suo paese, almeno questa è l’impressione che abbiamo di lui. Siamo in 5 (3 turisti + capitano + marinaio) in una specie di piroga a 5 posti turistici ma, con un motore molto potente, ammazza quanto corre, con salvagenti per ognuno ed ombrelli per ripararsi dal sole e…Dalla pioggia. Minù si dimentica la macchina fotografica e non si darà pace per tutta la gita, ma se lo merita perchè oggi ha la testa nella stratosfera. Il lago non è quello classico con le case costruite intorno, ma sulle sponde, per almeno 200 m, c’è solo un aquitrinio e le case sono lontane. Ci sono invece molte palafitte costruite proprio in mezzo all’acqua piazzando dei pali di bambù sul fondo che sta a 6 m di profondità dalla superficie del lago. Sotto la palafitta stazionano le barche per il movimento degli abitanti. Tutto intorno ci sono le montagne che fanno da cornice al lago, l’atmosfera è magica e il capitano ci porta a vedere gli orti galleggianti cioè pezzi di terra raccolti da canne di bambù dove si coltivano pomodori, cetrioli, cavoli e melanzane che i contadini raccolgono periodicamente dalla barca. Ed è ancora così, ma è lo sfruttamento turistico che ne fa il marinaio che non ci piace. D’altra parte con uno stipendio medio mensile di 8$/giorno, che fai non ti butti sul turismo ?. Sfatiamo la diceria, sui pescatori Intha, dei viaggiatori che sanno tutto e non si lasciano incantare da nulla…Oramai: non è vero che i rematori del lago remano con una gamba solo quando ci sono turisti all’orizzonte: ne vediamo uno che armeggia con le mani con una rete e con una gamba sta sulla barca e con l’altra ha avvolge un remo col quale spinge lentamente la barca, gli passiamo a poca distanza per distinguere i suoi movimenti, poi ci allontaniamo e quando siamo lontani lo guardiamo col binocolo: sta ancora remando con una gamba sola e non c’è nessuna imbarcazione vicino a lui per cui non avrebbe motivo di fingere. Troviamo un pò di snobberia in quelli che dicono che sono finti (anche la LP lo fa !!!). È vero invece che, quando vogliono andare veloci, si siedono e remano con le braccia come noi. Alle 13 siamo a Indein, al quale si arriva abbandonando il lago e continuando la navigazione nei canali interni. E’ un villaggio molto carino fatto di palafitte di Tek sulle sponde dei canali e di case sulla terraferma fatte, oltre che in Tek, anche in mattoni cotti al sole e c’è la solita pagoda, stile cinese, vediamo anche l’ospedale e l’High School che servono tutta la zona del lago. I pali della luce, vetusti e malridotti, scorrono sulla sponda. Ci inoltriamo in un canale, ce ne sono centinaia perchè i dintorni del lago sono acquitrinosi, che ci porterà all’interno del paese. La vegetazione è di sponda-lago, ci sono piante alte 2-3 m con un pennacchio bianco in cima. Passano continuamente canoe di pescatori o imbarcazioni dei turisti. Nella stagione secca, in questi canali, mettono dei tronchi di legno e sassi per fare dighe di sbarramento e consentire all’acqua di invadere i campi ed irrigarli. Nella stagione umida li rimuovono perchè non sono necessari. Le barche possono passare sulle dighe, che sono basse, grazie alla forma della prua che è molto ricurva verso l’altro: praticamente per 1m la canoa non tocca l’acqua sul davanti. Spengono il motore, lo sollevano e coi remi passano la diga.

A Indein regaliamo penne e pennarelli ai bambini, come ci avevano detto di fare, passiamo davanti ad un ristorante dove chiediamo al capitano di mangiare ma lui prosegue il suo cammino e noi dietro, ed arriviamo ad una capanna dove prendiamo da bere ed il padrone ci propone di fotografare le donne giraffa che stanno li vicino. Dal “volete fotografare?” invece del “volete vedere?”, capiamo che la cosa è a pagamento, come è, e diciamo di no per principio, poi non teniamo il punto e diciamo che faremo un’offerta. Andiamo dunque in una capanna lì vicino ed in effetti c’è una donna Padaung che tesse delle magliette di cotone con un telaio antichissimo, tutto in legno, con i movimenti degli organi assicurati da corde e cordicelle, ma che funziona egregiamente. Accanto a lei sedute delle bambine-giraffa, con meno anelli della nonna che scopriamo avere 50 anni. Tralasciato ogni principio e fotografiamo e filmiamo e lasciamo 10 $. D’altra parte non lo facciamo anche per qualunque altro fenomeno da baraccone che si incontra in Italia ? E poi questa poveraccia quando ha cominciato non avrebbe mai creduto che qualcuno le avrebbe dato 10$ per farsi fotografare e quindi sfrutta solo la situazione; e poi i suoi anelli se li è portata da anni, perchè non dovrebbe farsi pagare se c’è qualcuno che va a cercarla e che si farà bello con gli amici dicendo” Vedete, quello che voi avete visto alla televisione io lo visto di persona…” Lasciamo la nostra Prostituta… Di cui molti avrebbero preteso i servizi senza pagare “Non ho mai pagato in vita mia per fare una fotografia…!!!!!”, mimiamo ridendo, e continuiamo a vedere il villaggio.

Il nostro scanzonato marinaio ci porta poi a vedere il villaggio archeologico di Shwe inn Thein, con 1500 stupa di 1200 anni fa molto belli anche perchè sono diroccati ed emanano storia e vissuto e poi tanto più belli quanto inaspettati. Per arrivarci si percorre un lungo colonnato coperto, costellato da decine di bancarelle per turisti e che si lascia sulla sinistra prima di arrivare in fondo dove c’è la pagoda moderna. Un consiglio: alcune bancarelle, non quelle del ristorante ma quelle vicine all’approdo, avevano cose molto belle fra cui una spada intarsiata col fodero lavorato e che non costava più di 20$, e che non comprerò per paura della dogana ed anche il capitano si allinea inizialmente a questa mia preoccupazione, salvo ritrattare quando sarò interessato ad un’altra spada nel suo negozio di famiglia dove ci porterà dopo e dove ci farà vedere, appunto, un’altra spada che per fortuna non è intarsiata e di cui non sarà difficile rifiutare l’acquisto. Alle 15.15 lasciamo Indein, dove abbiamo comprato un gufo di legno e degli orecchini d’argento pagando 12000 K. Alle 16.30 siamo in un ristorante, solo noi, dove ordiniamo 2 bistecche di maiale, fritta ed arrosto, un pollo, patatine fritte, 2 birre ed una coca cola birmana (12000 K). Ci porta poi alla fabbrica di argento della sua famiglia che ci invita a prendere qualcosa al piano superiore della stanza. Vediamo come lavorano l’oro che fondono in un crogiolo e poi mettono negli stampi. Un cugino mi vuol vendere, chissà chi glielo ha detto?!!, delle spade tutte lavorate, ma appunto, senza intarsio sulla lama. Andiamo via senza comprare nulla. Vediamo poi una fabbrica di seta e di lotus (per fare anche i sacchi di juta e le caratteristiche borse a tracolla Birmane con la frangia sotto) e ci dice che non c’è tempo per vedere la fabbrica di sigari: pensiamo che lo sapesse già all’inizio del viaggio che non avremo fatto a tempo, ma, stile occidentale, aveva detto si, si, si, certo !!!. Finiamo la visita organizzata ed in fin dei conti, siamo andati dove il capitano aveva deciso di portarci…

Dal Lago INLE organizzano tutto: biglietti aerei e di autobus, viaggio a Kakku, a Pindaya, trekking, canoa, biciclette, massaggio burmese, ma per questo bisogna prenotarsi in anticipo. Al momento di andare a letto, apriamo il panettone portato dall’Italia e sentiamo delle voci vicino alla nostra porta, apriamo e troviamo 5 ragazzi, uno con la chitarra, che ci cantano Merry Christmas in inglese, per almeno 10 min. Noi li stiamo ad ascoltare: sono carini e gentili e anche molto intraprendenti perchè faranno la stessa cosa cantando in inglese ed in giapponese nei bungalows vicino a noi. La mancia è d’obbligo, lasciamo 3000 K e offriamo fette di panettone perchè, oltre il guadagno fatto, ci sembrano sinceri.

6° 25 dicembre 06-Lunedì Alle 8.30 facciamo colazione, Minù si è sentita male stanotte per il grande freddo di ieri sul lago e per la scorpacciata di patatine fritte. Alle 9.30 partiamo per Taunngyi dove arriveremo dopo un’ora, risaie intorno a noi ed il tempo è splendido, la strada pessima come al solito, si va tra 30 e 40 km/h anche per la moltitudine di carri e carretti tirati da buoi che portano fieno, e sopra il fieno persone, macchine stipate all’inverosimile, con persone sul cofano e sul tetto, che sciabordano dalle portiere, come si vede nei film neorealisti del dopoguerra di De Sica ma l’importante è farsi portare a destinazione. Alle 10.15 siamo a Taunngyi capitale dello stato Shan, a cui corrisponde l’omonima popolazione che si distingue dal copricapo che pare un asciugamano arrotolato e messo in testa a mò di turbante. Comunque chi ha poco tempo può evitare di andarci. Vediamo un mercato caratteristico che c’è solo il lunedì, molto colorato, con frutta disposta in ordine maniacale sui banchi e dove vendono polli, chiusi nelle stie ed a cui tirano il collo seduta stante ed enormi pesci, di acqua dolce ovviamente, ammassati nei banchi. Vendono poi spezie, frutta il tutto molto interessante come lo è anche il mercato coperto lì vicino dove vediamo i lavori manuali, fabbri, sartine, falegnami, abili artigiani che lavorano alacremente con strumenti dell’età della pietra. Taunngyi è l’ultima città verso est dove si può andare senza permesso speciale ed è ricca rispetto allo standard birmano perchè è il crocevia del contrabbando con la Cina. Infatti c’è una concentrazione di negozi di elettronica mai visto finora, nemmeno a Yangon. Mia moglie si fa cambiare la pila dell’orologio ed anche qui i Birmani tirano fuori il massimo della loro ospitalità e zelo, andando a destra e a sinistra per trovare la pila che alla fine trovano. Puliscono anche la parte interna del vetro dell’orologio che è sporca di polvere. Il tutto per 500 K, nemmeno 1/2 $, inclusa la pila: nulla, ma le pile vengono dalla Cina e Taunngyi è il terminal birmano del contrabbando cinese. Il tempo si mantiene splendido e alle12 andiamo al centro turistico per fare i permessi per Kakku al collettivo GIC di Taunngyi (3$/pax e 5$ per la guida birmana che ci deve obbligatoriamente accompagnare) e partiamo con la guida, una colta ragazza di etnia Pa-O di 23 anni che parla inglese. Alle 13.50, dopo 50 km, arriviamo a Kakku dove mangiamo al ristorante davanti al sito, su una bella terrazza (3000K per un piatto di spaghetti, 2 di riso in bianco, aranciata ed acqua). Alle 14.30 cominciamo la visita del sito archeologico con stupa di 2300 anni fa, secondo la guida, che sono più belli di quelli di Indein perchè sono stati restaurati e valorizzati e sono su file abbastanza regolari. Sopra ogni stupa c’è una campanella che suona ad ogni folata di vento, animando gli stupa inanimati. La sensazione è stupenda. La guida ci spiega che lo stupa rappresenta Buddha e la sorta di cappello sulla sua cima rappresenta l’albero dove il Buddha ha avuto l’illuminazione. Nel sito di Kakku si pagano 3$/pax ma noi li abbiamo già pagati a Taunngyi ed entrando a Kakku li pagherebbero coloro che giungono qui per trekking dal lago Inle attraverso le montagne. Abbiamo chiesto a Ko se era possibile, trascurando Taunngyi, che non offre nulla, andare a Kakku, Pyndaya e Mandalay in un solo giorno, ma Ko dice che non è possibile..

Alle 17 siamo di nuovo a Taunngyi e diamo 5000K di mancia alla guida Birmana, e ci dirigiamo decisamente verso Nyaungshwe dove arriviamo alle 17.40 e c’è ancora luce. Facciamo un giro del paese dove vediamo molte librerie con libri anche in inglese. La cena al lago Inle al Unique Super Food House, uscendo dal Paradise Hotel a sinistra ed al primo incrocio a destra, per cento metri e poi sulla sinistra. Prendiamo pollo alla menta, gamberoni, un fried rice, patate col prezzemolo ed una birra ed acqua: 8000K con banana split cotta al rhum offerta dalla casa. Mangiato bene. Andiamo a letto ma fa un freddo boia e l’albergo non ha il …Riscaldamento e ci rannicchiamo fra le coperte pesanti di lana grezza grigia. 7° 26 dicembre 06-Martedì Sveglia alle 7 e conta per chi si alza per primo, perchè si sta bene al calduccio e male fuori per la grande umidità. Facciamo scorrere molto l’acqua calda in modo che il vapore scaldi un pò l’ambiente e le nostre membra. Alle 8.30, dopo una parca colazione, paghiamo 80$ per le 2 notti e 1500K per una coca cola presa dal frigorifero e che c’eravamo dimenticati di pagare o, meglio, avevamo preso dopo aver pagato il conto quando eravamo andati a recuperare i bagagli in stanza. Per andare da Nyaungshwe a Mandalay ci vogliono 8 ore, ma passando per Pindaya ce ne vogliono 10 perchè si prende una strada secondaria che non passa per Kalaw. Quindi, considerando la visita a Pindaya e la sosta pranzo ci si mettono 12 ore. Partendo alle 8.30 arriveremo a Mandalay alle 18.30. Questo è il progetto. Partiamo per Pindaya, c’è foschia e freddo, attorno a noi bananetti e risaie. Appena usciti dal villaggio c’è un bellissimo monastero, tutto in legno, con le foreste ovali. Scendiamo a vederlo ed a filmare i piccoli monaci, maggioranza nel monastero, che leggono le sacre scritture ed ai quali regaliamo dei pennarelli. Queste strutture in legno sono magnifiche ed emanano una preziosità arricchita dal tempo, dalle persone che le ospitano e dal fascino particolare dei Monasteri. Ci sono ragazzini che pregano e cantano con quella nenia dolcissima e tanti bambini che vagano per il monastero ed ai quali facciamo 2 foto di gruppo ed a cui diamo 3 pennarelli a testa. Alle 9.0 riprendiamo la via per Pindaya. Quando manca un’ora a Pindaya vediamo alberi che sembrano di pino, attorno a noi e tutto è verde, ci sono fiori di tutti i colori ed i pali della corrente elettrica e sembra di stare in Calabria o in Puglia, per il lato selvaggio, ma non troppo, dei luoghi. Alle 11.30 siamo a Pindaya e vediamo il crinale di un monte pieno di Pagode. Si può salire al santuario con una scala che sta a valle o andare direttamente sù con la macchina fino ad un piazzale da cui si fanno 200m poi si salgono 10 scalini e poi si può prendere l’ascensore (200K) per salire alla grotta, oppure farsela a piedi per un centinaio di scalini. Spendiamo 500K per la videocamera e 3$/pax oppure 3500 K/pax, scegliamo di pagare in $. Vediamo un Buddha, n° 139 del gruppo Caligra, Arona del 1998 (Italia), poi una serie sterminata di altri Buddha di tutte le dimensioni, in color oro, ma qualcuno no, uno spettacolo un pò pacchiano, ma originale, va assolutamente visto perchè è il trionfo, il tripudio del Buddha che abbiamo incontrato e incontreremo dovunque qua in Birmania, sembra un sogno, un incubo di Buddha, non c’è scampo, si cammina nella caverna fra i Buddha, che sono dappertutto, grandi, piccoli, dovunque, ci si infila in un cunicolo ed anche là Buddha, come se da noi entrassimo in una grotta e trovassimo migliaia di crocefissi di tutte le dimensioni che tappezzano le pareti. C’è anche un Buddha con la mano sinistra sul cuore e non, come al solito, con la destra rivolta verso il basso o verso l’osservatore e la sinistra sulla pancia. “Che il Buddha illumini il gruppo Gubbio (22-1-2002)”. Ho chiesto e mi hanno preso sul serio, che costa 15000K/m2 , o 15$, per mettere l’oro su una statua di Buddha, mentre non si possono mettere nuove statue perchè non c’è più spazio. Alle 13.30 finisce la bella, interessante ed impressionante visita e riprendiamo la strada per Mandalay dove dovremo arrivare fra 7-8 ore. Il sole è caldo, stamattina faceva freddo. Alle 16 ci fermiamo in un ristorante a Yengan (Yanghè), o qualcosa di simile, dove spendiamo 6000K; una ragazza con un bambino in braccio ed alla quale chiediamo una banana, ce ne regala un casco di 10 “it is a present” dice, è commovente, prendiamo allora una borsettina portata dall’Italia e gliela diamo: 4 volti si illuminano in sorrisi smaglianti, che ci seguono incuriositi mentre andiamo via: stupendo. A noi hanno regalato 10 banane, potevano chiederci 2$, 3$, forse noi avremo rifiutato perchè era troppo ed invece no, sono andati oltre, ce le hanno regalate, loro poveri a noi ricchi…

Questa gente, specie qui sulle montagne, non è stata ancora contaminata, è l’età dell’oro, e noi, invece, torneremo a breve al nostro cosiddetto progresso. Ragioniamo che se rimanessimo qui per 2 mesi, dimenticando gli “agi e svaghi” della nostra vita ed unendoci di più alla vita, alla natura ed alle persone che ci circondano, tanto da rientrare nell’umano, forse avremo paura di ritornare alla vita arida e meccanica dei nostri giorni e ci troveremo male, ma molto male, perderemo la naturalezza che fa da sfondo a tutte le azioni di queste persone. Cosi filosofeggiando, ripartiamo alle 16.30. La strada è sconnessa, biciclette deformi, camion stracarichi, eppure sulla cartina della Wedag è la 416 e risulta una strada di grande comunicazione, forse leggermente inferiore alla strada principale la numero 4 e poi la 3 che, se non fossimo andati a Pindaya, avremo preso per giungere a Mandalay e che scorre in pianura passando per Kalaw e Meiktila, mentre questa si arrampica sulle montagne ed arriva fino a 1600m. È rabberciata e rattoppata e ridotta ad una maceria con polvere e buche, con persone sedute ai bordi della strada e buoi o che vagano apparentemente senza meta e che si spostano all’ultimo momento. Insomma, guidare per noi sarebbe impossibile, è una quaterna al lotto, un circo, Ko evita i motorini, i camion che vengono dalla parte opposta, a volte buttandosi in cunetta, suona sempre il clacson appena vede qualcuno davanti, pazzesco. Ci fermano a vari check-point con tanto di passaggio a livello, che azionano tirando una corda restando seduti, dove annotano qualcosa dal nostro passaporto che Ko gli passa attraverso il finestrino, mentre fra area ad area occorre pagare un tassa che Chan è molto abile a dare in mano senza fermarsi. Alle 19 siamo all’incrocio con la strada che fa la pianura, da qui è bella, larga, asfaltata e liscia come una nostra strada normale, ma forse è solo perchè siamo vicini a Mandalay. Ko sta andando a 60km/h ma potrebbe correre di più, forse perchè è buio. Finisce l’autostrada con tanto di pagamento pedaggio e monitor a cristalli liquidi. Alle 20 in punto arriviamo a Mandalay (6h da Pindaya). Andiamo al Mandalay City hotel dove avevamo prenotato una doppia Superior con letto aggiunto (60$) ma si sono sbagliati perchè la Superior è piccola e non ospita il terzo letto, allora ci hanno offerto una Family room a 3 letti. Io gli ho chiesto la differenza fra Superior e Family e rispondono che la Family era più grande ed era al 5° piano. Allora gli diciamo che non c’era problema e per scherzo aggiungiamo “..Tanto avete l’ascensore…” e ci rispondono con il solito sorriso Birmano che ci lascia a sentimento un pò nel dubbio. Andiamo a prendere le valige e facciamo il 1° piano a piedi e ci apprestiamo a fare il secondo … A piedi !!!, allora lasciamo i bagagli e andiamo a vedere questa family al 5° piano: la stanza e molto grande ma avremo dovuto salire e scendere, fare colazione e tornare in stanza a lavarci i denti. Ci rifiutiamo ed allora ci danno una Superior, al primo piano, con 2 letti ma ciascun letto è ad una piazza e 1/2 quindi si dorme bene in 3. Chiediamo però di pagare 45$ come se fossimo 2 persone ed il manager ce la mette a 50$, perchè, giustamente, c’è la colazione per la terza persona. Il tutto in un clima molto disteso, collaborativo e di buon senso e qui potrebbe innestarsi il discorso sulla differenza fra religione cattolica, musulmana, protestante e calvinista che indubbiamente formano le persone. 8° 27 dicembre 06-Mercoledì Il programma è di andare al Maha Ganayon Kyaung , il Monastero di Amarapura a vedere il pasto dei monaci alle 10.30,una sorta di pasto delle fiere allo zoo, dove le bestie siamo noi che osserviamo pazienti monaci, per nulla disturbati dal chiacchiericcio inconsistente e fastidioso degli astanti e dagli obiettivi che li puntiamo addosso. Poi proseguiremo per Inwa e Sagaing e quindi torneremo ad Amarapura al ponte in tek dove affitteremo una barchetta, secondo il consiglio dell’amico Fabio. Alle 9.0 andiamo ad Amarapura al Mhagandaion Paya dove arriviamo alle 9.30, in anticipo, allora andiamo a vedere una fabbrica di filati cotone ed il negozio annesso. La fabbrica di cotone è un trionfo della tecnologia preistorica: telai in legno tenuti assieme da corde improvvisati, pertiche di legno improvvisate che reggono corposi motori a pedali, ingranaggi che non si capisce come funzionino, eppure funzionano, ed i filati di cotone escono fuori. Le operaie ci sorridono e si scherniscono quando le fotografiamo. Andiamo poi al negozio annesso: una sciarpa di cotone 8$, una di seta pura 14$, una camicia di cotone 8$, insomma prezzi altini per lo standard del luogo ma 4-5 volte inferiori ai nostri, considerando che queste sono le cose che troviamo nelle nostre bancarelle. Torniamo al Monastero dove vivono 1060 monaci, vecchi, medi, bambini di 5-6 anni, che alle 10.30 consumano la ciottola di riso in un’ampia sala, e poi null’altro fino al giorno successivo perchè devono meditare. L’orda occidentale consuma loro, disponendosi alle ali della fila che i monaci fanno per prendere il riso, rompe le scatole. È ridotto ad uno spettacolo turistico e ci chiediamo la religiosità ed il misticismo che si doveva presentare ad un viaggiatore che fosse capitato da queste parti almeno fino agli anni ’60. Ci sono dei cani scheletrici che fanno pena ed una miriade di mendicanti che invocano incessantemente l’ elemosina. Sono le 10.40 quando i monaci, con la ciotola e qualche arancio, si ritirano nelle loro celle a meditare e noi partiamo per Inwa (Awa) per raggiungere la quale alle 11.15 prendiamo una barchetta (1000K/pax) che in 5 min ci porta sulla sponda opposta dove stazionano dei calessi (4000K) che portano in giro per Inwa e che affittiamo, essendo andare a piedi l’alternativa. Alle 11.45 siamo alla Bagaya Bagan Monastery, tutto costruito in legno, in Tek, con pilastri enormi e massicci ed assi unite da chiodi. Intorno c’è un camminamento con balaustra, anche esso in legno fradicio e consumato da chiudere immediatamente secondo gli standard occidentali di sicurezza ma qui la gente gira continuamente, ed è sorprendente che ancora stia in piedi. All’interno c’è un maestro che fa lezione ad una classe di bambini che recitano litanie ed hanno un libro aperto sul banco. Cantano poi Fra Martino Campanaro in Birmano allora ci uniamo al coro e cantiamo in italiano Fra Martino con i bambini divertiti e sorpresi; dei francesi ci sentono e cantano anche loro Frere Martin in Francese e alla fine ognuno cerca di cantare più forte per sentirsi e finisce con grande divertimento da parte dei bambini, nostra e dei Francesi con una Babele indistinta di canti. Proprio sotto di noi, un bambino piccolo tocca continuamente un bambino più grande che, infastidito, gli sferra un pugno in faccia ed il piccolo si mette a piangere. Faccio segno di no col dito e con la faccia seria al pugile che pare che si vergogni e poi gli farò segno ancora 3 volte fino a che si alza e va da un’altra parte. Andiamo poi a vedere la Torre di guardia, Nanmyin, costruzione inclinata ed alla quale si accede mediante una scala in legno traballante che porta ad un terrazzamento di legno che gira intorno. La torre in Italia sarebbe recintata con divieto di accesso al pubblico, mentre qui tutti girano tranquillamente. Probabilmente la chiuderanno quando le assi fradice si apriranno sotto i piedi di qualcuno. Saliamo sulla terrazza, da dove si gode un bel panorama sulla piana.

La prossima Pagoda, Maha Aungmye Bonzan, è tutta gialla, ci sono degli stucchi e il pavimento è di legno. È molto suggestiva da fuori. Pare un casale abbandonato delle nostre campagne se non fosse per gli stucchi che ci sono, è tutta in mattoni, con l’intonaco bianco (fuori è giallo) ed il pavimento di legno è in rovina. Siamo sempre inseguiti dai venditori di ninnoli e dalla solita chincaglieria. L’amico Larry potrebbe fare una lezione di economia: 1) Se non mi serve, continua a non servirmi anche se costa solo 1$, 2) Diversificate le cose da vendere, 3) Se dico no una volta, è forse, ma se dico no 3 volte, è no, non insistete..

Davanti a questo edificio c’è un cancello aperto, entriamo e c’è un villaggio dove ci sono bambini che giocano a pallone, ed anche bene. Hanno fatto le porte con dei paletti di legno e appena sanno che siamo italiani ci urlano Cannavaro. Alle 13.30 il calesse ci riporta all’imbarcadero e ci riportiamo sull’altra sponda dove ci aspetta il fido Ko con cui riprendiamo la macchina per andare a Sagaing. Anche qui macchine di terza e quarta mano, con il motore senza cofano in vista: si vedono i cilindri e tutto il resto, con un fumo nero che esce dal tubo di scappamento a metà altezza dalla parte della strada, però funzionano. Paghiamo il dazio per l’Archaelogical zone di 3$/pax che vale per Sagaing e Mingun. La prima Pagoda a Sagaing è la Kaunghmudaw Paya dove arriviamo alle 14 e mangiamo qualcosa al volo perchè non abbiamo tempo da perdere. Ci sono che bambini giocano a bocce usando un sasso come biglia e le ciabattine come bocce: chi si avvicina di più vince. Nelle Pagode si vende frutta, cibo, si cucina, si chiacchiera. C’è una cupola enorme nella Kaunghmudaw Paya, è enorme, gli operai stanno lavorando sullo stupa stando su un impalcatura fatta di tronchi di tek (o bambù) uniti fra loro con delle corde fra loro ed appoggiata alla parete e loro sono saliti su questa sorta di scala e lavorano, sotto un sole che picchia, a 15 m da terra dipingendo di giallo dei segni che sembrano delle picche, mentre la cupola bianca diventerà celeste, quindi picche d’oro su sfondo celeste. Giriamo per il cortile, anche qui non c’è lo sfoggio burino dei nostri preti e la continua intenzione di convertire gli altri, ma c’è il rapporto diretto con il Buddha. Alle 15.20 vediamo a Sagaing un magnifico negozio di produzione di oggetti d’argento ed è incredibile il modo artigianale con cui fabbricano oggetti a sbalzo in argento che ci fanno vedere nel laboratorio annesso: con dei martelletti sapientemente usati con le mani, sbalzano la lamina d’argento seguendo un disegno fatto prima. Vediamo un cofanetto d’argento bellissimo, tutto lavorato a sbalzi, che costa 1037$, gli proponiamo 450$, poi proviamo a comprarlo con la carta di credito ma non l’aveva, allora doveva appoggiarsi ad un altro negozio, dove avrebbe portato l’oggetto. Non essendo esperti, ci piaceva solo, e non sapendo il prezzo giusto, lasciamo perdere. Alle 15.20 siamo alla Pagoda degli elefanti, (Hsinmyashin Paya) molto caratteristica con tutte statue di elefanti attorno. Ko ha avuto dei problemi con l’acqua della macchina. Alle 16 arriviamo a Tilawkaguru dove ci sono le grotte con i pipistrelli e che si visitano con una candela. Vediamo le grotte del XIII secolo (offerta 3000K), dove ci sono degli affreschi stupendi e dove siamo entrati con una candela, che non fa bene agli affreschi, con un monaco ed un bambino che ci mostrano le figure di Buddha, elefanti, dragoni, soldati, veramente spettacolare, uno stile finissimo e colori molto ben conservati. Sul soffitto anche un piede di Buddha. Dopo 15 min di visita abbiamo l’alternativa di salire sulla collina di Sagaing o andare al ponte U Bein’s di Amarapura. Tutto non si può fare!! e scegliamo allora la seconda destinazione e tralasciamo la collina. Si pagano 2 dazi, uno per il villaggio ed uno per il ponte. Sono le 16.40 quando arriviamo al ponte sul quale facciamo una passeggiata che ha qualcosa di surreale e felliniano, decine di persone che lo percorrono in entrambe le direzioni, chi per andare a lavoro, chi per passeggiare, chi per turismo, chi per vendere. Quando la campata del ponte arriva sulla sponda opposta, ma poi continua, scendiamo da una scala laterale che porta sulla terraferma dove stazionano delle barche. Ne affittiamo una che facciamo mettere in posizione tale che il ponte sia in mezzo fra noi ed il sole che sta tramontando. Facciamo qui le foto più belle, con il disco rosso del sole all’altezza delle spalle delle persone che camminano sul ponte e poi in mezzo ai tralicci di legno che lo sostengono. Ad un certo punto l’acqua entra nella barca che è un miracolo che non sia ancora affondata, ed è un momento di panico perchè mia moglie, fra gli altri difetti che ha, non sa nuotare. Si mette allora a togliere l’acqua con una paletta suscitando le risa dei vicini, mentre il nostro barcaiolo se la prende comoda e dice di non preoccuparsi. Alla fine, per scherzo, gli chiediamo di pagarci per aver salvato la sua barca da sicuro affondamento. Alle 18.30 siamo in albergo stanchissimi e siamo rossi come peperoni nonostante la crema. Non andiamo nemmeno a cena e mangiamo rimasugli e biscotti dei giorni prima.

9° 28 dicembre 06-Giovedì Alle 8.30 usciamo dall’albergo diretti all’imbarcadero per Mingun, arriviamo in anticipo ed assistiamo ad una processione fatta dai bonzi per i bambini, con musiche strane e suggestive. Il biglietto per Mingun costa 3000K/pax, e seduti su comode poltrone di vimini partiamo alle 9.30 e arriviamo alle 10.30. Il ritorno è previsto per le 13. Alle 11 siamo alla Mingun Pagoda, quella più grande, o meglio quella che sarebbe stata la più grande se un terremoto non avesse letteralmente spaccato i mattoni della parte principale e provocato la spaccatura di tutto l’edificio. Saliamo sopra con una scaletta scavata nella costruzione ed in alcuni punti bisogna arrampicarsi ma il panorama che si staglia ai nostri piedi con il fiume Ayeyarwady che la fa da padrone, è stupendo. Un bambino ha aiutato a scendere mia moglie che gli vuole comprare una coca cola che costa 1000K, il bambino la prende ma si guarda intorno impaurito, non sa che fare ma non la beve. Allora capiamo che c’è qualcosa di strano, restituiamo la coca cola e gli diamo 200K. Vediamo poi la campana di Mingun, la seconda del mondo ma il cartello dice che è un terzo di quella di Mosca e un quattordicesimo di quella di San Paolo, ma allora dovrebbe essere la terza!!. Mingun è piena di procacciatori e negozietti turistici, la via è tappezzata da bancarelle con i venditori che ci opprimono continuamente. Da vedere c’è la Pagoda del terremoto e la campana gigante, mentre tralasciamo la visita all’ospizio. C’è un unione fra i resti archeologici, le Pagode e la popolazione. Seppur antiche e diroccate le pagode non hanno mai smesso di esercitare la loro funzione, e ci sono sempre persone dentro. Riprendiamo il traghetto alle 13 ed alle 14.30 siamo a Mandalay alla Mahamuni Paya, uno dei templi più venerati, per vedere un famoso Buddha che è stato ricoperto interamente dalle foglioline d’oro dei fedeli. Sarà la Pagoda che mi piacerà di più perchè è la più frequentata e la gente è molto religiosa. Ci sono anche delle statue Khmer molto belle che secondo la legenda vanno toccate con la parte del corpo che si vuole guarire e ci sono persone che… Lo fanno. Qui mi si rompe la videocamera, nel senso che non posso più aprire il visore esterno pena l’oscuramento dello stesso, per cui da ora in poi sarò costretto ad usare l’oculare. Alla Mahamuni molti mendicanti che chiedono l’elemosina fino a che vengono dispersi da un vigile. Ci rechiamo al Monastero di Mandalay dove c’è un baracchino dove paghiamo 10$/pax a favore della Mandalay Archaeological zone che include Mandalay, Amarapura, Inwa (o Awa), Pinya e Paleik. Incontriamo un artista eccezionale che su un foglio di carta stende uno strato di inchiostro nero, poi con una lametta fa le figure e poi con un pennello crea i chiaroscuri. Gli unici strumenti sono i pennelli e la lametta. Eccezionale, una cosa incredibile e acquistiamo tre disegni (5000K). Siamo al Monastero di legno di Mandalay con centinaia di statuette intagliate nel legno, porte di legno Tek massiccio con altorilievi con incredibili particolari. Ci sono statuine scolpite nella parte inferiore del tetto. Non abbiamo parole per descrivere la nostra emozione., E poi si possono toccare e provarne la sensazione tattile e non solo visiva; insomma qui il monumento è vivo, non è isolato dal mondo e non vige il … Guai a chi lo tocca perchè lo rovina…, perchè evidentemente quando si rovinerà scomparirà come del resto le persone nascono e muoiono. Non capiamo in profondità ma pensiamo che questo atteggiamento, superficialmente attribuito alla generale incultura ed alla non conservazione dei monumenti, si deva anche alla religione che tende a non attaccarsi alle cose terrene ed a considerare tutto un divenire. Facendo questi ragionamenti filosofici, che però fanno vive le opere d’arte e non le isolano dietro un vetro, andiamo alla Kuthodaw Paya dove arriviamo alle 16.20. Molto bella ma dobbiamo fare in fretta per andare a vedere il tramonto dalla collina di Mandalay. Nessuno mai prenderà le tue scarpe anche se le lasci all’ingresso. Nella Kuthodaw Paya scolpito in lastre di calcare c’è un libro che una persona impiegherebbe 450 giorni a leggere tutto leggendo per 8 ore al giorno. Alle 16.40 siamo alla Kyauktawgyi Paya, dove c’è il Buddha gigantesco di 900 ton in un blocco unico di marmo. Stiamo salendo ora sulla collina di Mandalay e ci siamo tolti le scarpe prima di una scala mobile che sale sulla cima, ma solo perchè qui hanno messo gli scaffali dove le scarpe vengono conservate e non perchè anche la scala mobile è sacra. Alle 17.10 il sole è ancora alto e facciamo il giro della terrazza dove sono anche esposte le foto del dittatore, qui in visita ufficiale l’anno scorso con il suo codazzo da cui spunta un viso che più sottomesso e lecchino non potrebbe essere. Bello il tramonto ma con la solita foschia. Dopo il tramonto facciamo la fila di 1/2 ora davanti all’ascensore per scendere, per cui consigliamo di andarci subito appena il sole tramonta. D’altra parte non abbiamo visto scale per la discesa, anche se, a dire il vero, non le abbiamo nemmeno cercate. Cambiamo 150$ a 1230K/$ a Mandalay. Andiamo a cena al Golden Duck (16000K inclusa mancia) No 192, Corner of 80th and 16th, ristorante cinese e mangiamo veramente bene. Ci andiamo in risciò dopo estenuanti contrattazioni (500K) e torneremo a piedi in albergo (fattibilissimo), avendo sulla sinistra nel tratto iniziale, le mura della fortezza e poi al grande incrocio girando a destra per imboccare la strada dell’albergo. La fortezza è un posto di polizia e bisogna presentare i documenti per entrare. Ko ci dice che è meglio vedere le mura da fuori e quindi tralasciamo. 10° 29 dicembre 06-Venerdì Alle 8.45 partiamo per Maymyo (Pyin U Lwin). Le cascate di Anysan, richiedono 40 minuti per scendere, a partire dal piazzale dove si arriva con la macchina, ed un’ora e più per risalire faticosamente. Non abbiamo scarpe da trekking, per cui le tralasciamo su consiglio di Ko. Anche le cascate e le grotte di Peik Chin Myaung sono lontane e non sono naturali, come lo sono invece le cascate di Pwe Kauk Fall dove decideremo di ripiegare. Alle 10.40 arriviamo a Maymyo. Andiamo al mercato pieno delle solite cose colorate e vecchie ma interessanti per questo. Decidiamo di prendere un oscar (calesse) di quelli chiusi che uscendo dalla cittadina ci porta al giardino botanico costeggiando le magnifiche ville ottocentesche degli inglesi che venivano qui al fresco quando in estate a Mandalay si moriva di caldo. Per il calesse 1200K in 3, invece ci chiedono 3000K perchè intendevano 1200 a persona e noi avevamo capito in tutto. Avevamo anche capito che saremo andati a vedere tutte le ville e invece l’autista è andato subito al giardino botanico senza fare il giro del paese. Ci sentiamo presi in giro ma paghiamo. Ko ci dirà poi che altri turisti che ha portato in giro hanno avuto problemi di questo tipo, ma solo qui a Maymyo. Ovviamente non partecipa alla discussione e lo capiamo. Abbiamo rinunciato al giardino botanico (4$) perchè non abbiamo ritenuto interessante e poi si cammina tanto nei giardini botanici e poi dopo la fregatura dell’oscar eravamo disamorati.

Alle 14.30 visita alle cascate di Pwe Kauk Fall. C’ e’ una giostra da cavernicoli, ma quanto è bella: praticamente arriva un getto d’acqua da una cascata in una cucchiaia molto grande saldata alla base della giostra ( ce ne sono 2 contrapposte) ed il getto d’acqua, molto forte, fa girare la giostra e ogni tanto deve interviene il giostraio per rallentarla !!. È il classico parco dove le famiglie bene portano i bambini nel pomeriggio dopo la scuola e l’ufficio, come essere villa Borghese o villa Torlonia a Roma. Si può fare il pic-nic, stendersi sul prato. Torniamo dopo 2h a Mandalay e andiamo a fare shopping, io prendo 2 camicie di cotone a maniche corte ed un borsello da viaggio per cintura, Minù prende 3 magliette di cotone: spendiamo 46.000K, (circa 26 Euro). Abbiamo chiesto uno sconto in un negozio ma non ce lo hanno fatto, allora siamo andati in un altro negozio ed anche li prezzi fissi !!! Il ristorante indiano vegetariano raccomandato dalla Lonely (Marie Min Restaurant), vicino a 2 negozi di artigianato, pare, a detta del fido Ko, che abbia intossicato parecchie persone, allora quando passiamo vicino facciamo cenno ai 2 occidentali appena seduti, che non è buono: con l’indice poi ci tocchiamo la pancia: il turista capisce e dice: no good?? Torniamo in hotel e mandiamo 3 mail con hotmail.Com che è l’unico portale aperto al mondo e con cui ci siamo creati le e-mail prima di partire. Fastweb e Libero non si caricano. Poi andiamo ancora al mercato notturno a fare una passeggiata e poi a mangiare il Chapati. Ma tutti i posti sono chiusi (22), allora ripieghiamo verso dei banchetti dove friggono all’istante delle meravigliose frittelle dolci all’interno delle quali mettono qualcosa che pare un uovo. Alla fine della giornata vado in un Internet point dove spendo 800K per 1 ora.

11° 30 dicembre 06-Sabato Partenza per Bagan.

Alle 8.15 partiamo, direzione Snake Pagoda, il tempo è nebbioso e fa anche freddo (17-18°C), la città è trafficata, anche motorini e biciclette dappertutto. Diamo da mangiare pane ai pesci dell’albergo, dopo esserci ingozzati di colazione. Ci fermiamo a fare benzina e KO prende un quadernetto dal cruscotto della macchina dove ci sono segnate le razioni di benzina a cui ha diritto per questo mese. Dopo 40 min, alle 8.45, siamo nell’area di Paleik, al Paleik village subito a sud di Mandalay, sulla statale 3. Alle 9.10 andiamo alla Snake Pagoda. Sempre un sacco di gente che cammina per le strade: donne, bambini, giovani e vecchi. Ci sono 3 pitoni, accanto alla statua del Buddha, che si possono toccare e prendere per la coda, tanto non mordono e stanno fermi. Alle 9.20 ripartiamo per Bagan lasciando la 3, passando davanti all’aeroporto di Mandalay ed inforcando la strada per Myingyan e alle 9.30 arriviamo a qualcosa che sembra un casello dell’autostrada, pensiamo in uscita perchè abbiano appena fato una strada bellissima Birmana. Si paga il pedaggio di 300K a testa e si continua verso Bagan. Il cielo è coperto e scuro ma pensiamo che non piova. Alle 12.20 arriviamo a Myingyan dopo facciamo un giro al mercatino dove tutti ci guardano con stupore e curiosità maggiore di altri posti. Il mercato è un dedalo di vie con le merci accatastate dovunque e le persone sopra o infilate dovunque. Compriamo 2 borsette di cotone, di quelle con le frange a tracolla a 1600 K l’una. Forse potevano comprarne di più ma ne hanno preso solo 2. Da qui a Bagan, andando per la strada che porta al monte Popa (la numero 2) sono 3 ore, mentre senza il Monte Popa sono 2 ore, forse meno. Poichè non ci importa del Monte, facciamo una strada che costeggia il fiume Ayeyarwady (si pronuncia Aierdì), che non si vede, però è pittoresca perchè è bianca e costeggiata da canneti ed altre piante pluviali. Ad un certo punto riprende la solita strada Birmana con mezzo asfalto e mezzo no, poi un pezzo di strada bianca e alle 14.50 riprende l’asfalto: stanno rifacendo la strada con le solite donne e bambini che portano la ghiaia e i sassi e la mettono sulla strada dove poi passerà il rullo compressore. Tutto questo, in mezzo ai vapori del catrame e dell’asfalto che viene preparato vicino e che verrà colato sulla strada. Dovremo essere vicino a Bagan, ci sono alberi di cocco e palme dappertutto, qua e là qualche pagoda e biciclette. La temperatura sarà sui 25-26 °C. Alle 15 siamo al check-point di Bagan dove paghiamo 10$/pax al Dipartimento di Archeologia della zona di Bagan. Siamo a Nyaung-U che è un villaggio dopo il check-point, Ci sono 3 centri abitati a Bagan: Nyaung-U, Old Bagan e New Bagan. Cambiamo 100$ per 1255K in un’agenzia aerea, e per fortuna quando li abbiamo cambiati, ho chiesto a Ko se dovevamo confermare la partenza da Bagan a Yangon e lui prima ci ha pensato e poi ha detto: è meglio. Abbiamo chiesto all’agenzia ed uno dei biglietti era sbagliato perchè il ritorno (Bagan Yangon) era per il 21 Dicembre invece che per il 3 gennaio come gli altri due. E questo era un errore solo sul biglietto o un errore, più grave, di prenotazione? Allora andiamo in altre 2 agenzie ma non potevano fare nulla. Alle 15.45 arriviamo all’aeroporto per parlare con la Air Mandalay. I posti riservati dovrebbero essere giusti e solo la data sul biglietto è sbagliata. Alle 17 risolviamo perchè l’impiegata ci dice che telefonerà a Yangon e ci farà sapere per telefono all’ l’Hotel Tandwe Old Bagan dove arriviamo alle 17.15. Alle 17.30 siamo nella standard room e domani avremo la superior room. La standard è spartana, è vicino alla reception ma è squalliduccia, ed hanno abbassato il pavimento per far scorrere via l’acqua della doccia che non ha tende. Le stanze che danno verso il fiume, i Bungalows De Luxe, costano 200$ più 30$ per il lettino aggiunto, ma non ne vale assolutamente la pena perchè il fiume è lontano e poi si può benissimo vedere da qualunque altra parte dell’albergo, stando per esempio sdraiati sulle sdraie che ci sono sulla terrazza dove si fa la colazione. Insomma soldi buttati anche perchè la zona di questi bungalow è più lontana dall’uscita dell’albergo rispetto alle Superior. E poi uno non passa il giorno in camera a vedersi il fiume. Diciamo che è solo uno Status Symbol, o la solita fregature delle Agenzie: Camere di lusso per i nostri clienti…!! Ceniamo al ristorante dell’albergo e spendiamo 18$ per 2 piatti di carne occidentale, 2 ciotole di riso, aranciate e coca cola. L’albergo è piacevole, immerso nel verde, con i vialetti su cui si affacciano i bungalow. La colazione a buffet, inclusa nel prezzo, è molto ricca e si fa in una terrazza all’aperto da cui si vede tutto il fiume. Poichè è la stagione secca, gran parte dell’alveo del fiume è scoperto e c’è sabbia, per cui occorre camminare lungo la spiaggia per raggiungerlo. Sul fiume passano continuamente imbarcazioni che trasportano soprattutto grossi tronchi di tek. Mi chiama l’Air Mandalay e mi dice che tutto è a posto. Gli dico di mandare un fax di conferma dei biglietti ma l’impiegata dice di non poterlo fare ma non capisco se è un “I cant” o un “I am not allowed” to, e qui eccediamo di pignoleria, perchè qui tutto si basa sulla parola nulla di scritto, ma in fondo sono affidabili, la loro parola è quasi sacra e poi tutto viene preso con filosofia anche l’eventuale perdita di un aereo ma noi siamo programmati, non possiamo perdere il ritmo occidentale che ci siamo dati, con programmi stringenti e rigidi: forse avremo dovuto cercare un approccio diverso, ma potevamo rischiare di non trovare l’albergo o di non poter partire ?? Forse si, sarebbe stato avventuroso.

Dopo cena andiamo a Old Bagan a conoscere il territorio ed appena usciti dall’albergo giriamo a sinistra e poi, alla curva, sulla destra e dopo un pò passiamo sotto una porta, una delle antiche porte della cinta muraria di Bagan. C’e’ un festival con tutta la gente che vende di tutto e camminiamo un pò fra le bancarelle. Poi, stanchi, ritorniamo in albergo.

12° 31 dicembre 06-Domenica Dopo colazione facciamo una passeggiata sulla spiaggia per raggiungere delle capanne apparentemente disabitate che vediamo in lontananza. Per fare questo ci facciamo aprire un cancello che dall’albergo porta sulla spiaggia e camminando vediamo le pompe che portano all’albergo l’acqua del fiume. Salutiamo Ko a cui affidiamo 13 cartoline per l’italia perchè le affranchi con 50 K e le spedisca in Italia. Mi chiede anche un altro anticipo di 50$ che gli do senza nulla per iscritto perchè mi fido ciecamente. Dopo un’ora arriviamo alle capanne brulicanti di vita: ci sono un sacco di donne, alcune che si riposano, altre che si allontanano e poi si fermano a raccogliere qualcosa. Sembra un campo di lavoro, attorno a noi la spiaggia è coperta da teli di plastica con buchi da cui spuntano delle piantine, pensiamo che sia una sorta di agricoltura intensiva. La baracca che vedevamo in lontananza è piena di pagliericci, forse dove dormono le operaie. Ci piacerebbe sapere cosa fanno, quanto guadagnano e come si trovano ma la comunicazione è impossibile per via della lingua. Chiediamo a quello che ci sembra il boss, che tratta bruscamente le operaie, il permesso di sederci e lui ci fa portare anche del tè. Restiamo circa un’ora a vedere in silenzio le operaie che a circa 50 metri da noi compiono strane operazioni sul terreno. Una ragazza sta preparando il pranzo. Chissà se è Birmana, da dove viene, dove è la sua famiglie, quali sono i suoi diritti? Tutte domande che rimarranno senza risposta. Alle 11.30 ritorniamo in albergo con le scarpe da ginnastica piene di sabbia. Oggi ci rilassiamo perchè non c’è più l’assillo dell’autista che ci spingeva ad essere puntuali e ce la prendiamo comoda in piscina, ma l’acqua è fredda e prendiamo solo il sole.

Alle 15.30 usciamo a piedi e un conduttore di oscar ci da il biglietto da visita, dicendo di cercarlo se vogliamo noleggiare. Siamo sulla strada, prendiamo a sinistra e veniamo agganciati da 3 bambini che ci fanno qualche domanda e che poi si accodano a noi. La strada curva a destra, e dopo un pò passiamo sotto la porta di ieri e dopo, a destra, vediamo la Ananda Pagoda, sempre con i bambini dietro. Al ritorno passiamo davanti al ristorante Siam, ed i bambini ci dicono che si mangia bene. Andiamo ed invitiamo i 3 bambini di nome Solim, Ninì e Ton Ton. Solim (11 anni) ha un viso splendido da attore, e dopo averlo conosciuto in 3 giorni, mia moglie dice che lo adotterebbe volentieri. Ninì (10 anni) ha una sorella e 2 fratelli, uno di 2 anni, il padre è in prigione perchè stava assistendo (così dice !!) ad una rissa, la polizia è intervenuta ed è caduto in una retata. Gli hanno dato 6 mesi ed ancora per un mese deve restare in prigione, che è vicino a Mandalay e la madre ogni mese va a trovarlo e gli porta da mangiare. L’altro fratello di Ninì, Myo Myo ha 14 anni e fa il conduttore di oscar e sostiene tutta la famiglia. Il padre di Solim è un pescatore, ha 2 fratelli, anche il padre di Ton Ton è pescatore ed ha un fratello ed una sorella più grandi che non lavorano. Tutti e 3 vivono in un villaggio di capanne vicino al fiume a 100 m dall’albergo, quindi famiglie numerose che comunque tirano avanti con poco e comunque, abbiamo già visto che in Myanmar c’è una percentuale di giovani impressionante. Abbiamo visto un sacco di ragazzini in giro, fanno lavori umili, non sono viziati, non pretendono, non hanno diritti, ma hanno solo doveri ed hanno una disciplina ferrea, magari quella che il gruppo familiare riesce, in questi paesi, ancora ad imporre. Basta che l’influenza cinese porti un pò di tecnologia, anche se questo è improbabile, come gli Stati Uniti con l’America Centrale ed il Sudamerica, e questi diventano più competitivi e bravi di noi e non solo nel lavoro manuale. Vecchi pochi ne abbiamo visto, forse per 2 motivi: o muoiono da giovani, 40-45 ani perchè anziani in giro non ne abbiamo visto, oppure se ne stanno a casa senza farsi vedere.

I ragazzi hanno preso 3 piatti con vegetables ed hanno finito tutto, poi hanno ordinato un piatto di pomodori con formaggio ed una coca cola e 2 aranciate. Saremo a 13-15 °C, qui quando va via il sole fa freddo. Minù soffre ed ha ancora la nausea perchè, come sul lago Inle, ha mangiato le patatine fritte: ma con che razza di olio le cucinano?? Vanno bandite dal nostro menù.

Con i bambini che ci seguono, senza mai chiederci soldi facciamo una capatina al Festival, che continua con un sacco di gente vestita bene che vuole emergere dal grigiore generale. Tutti mangiano seduti ai tavoli, comprano, contrattano o vanno in giro. Le solite macchine, pick-up e camion rattoppati ma camminano. Arrivando a Bagan abbiamo visto i pick-up carichi all’inverosimile con bracieri e cucine a gas, mobiletti, tutto questo perchè durante il festival la gente vive, mangia e dorme vicino al little shop come dicono loro.

Distrutti dalla stanchezza, con gli occhi che ci si chiudono salutiamo i bambini e non partecipiamo ai festeggiamenti di capodanno.

13° 01 gennaio 07-Lunedì Alle 9.30 abbiamo fatto colazione ed incartato delle fette di pane e panettone che porteremo fuori ai bambini e prenderemo poi il calesse del fratello di Ninì, Myo Myo. Il prezzo pattuito è 10$, all’una Myo Myo andrà a dare da mangiare al cavallo ed alle 15 ricominceremo il percorso fino alle 17.30, al tramonto Gli oscar hanno una specie di pezza di panno dietro il sedere dei cavalli per raccogliere la loro cacca ottenendo la pulizia delle strade ed un prodotto da usare in agricoltura: che esempio di riciclaggio dei rifiuti, come era da noi 50 anni quando la cassetta di mele si conservava sotto il letto e tutto veniva riciclato spontaneamente, certo non c’era ancora la plastica. Intanto Solin ci porta in regalo delle pentole incolonnate che contengono pesce cucinato dalla madre. Ce lo mangeremo stando sul calesse, veramente squisito. Andiamo alla Shwazigon Paya che ha lo Stupa dipinto di oro e decorato e intorno un grande cortile. Andiamo al Htilominlo Temple. Come i tempi romani, le volte sono a ogiva e hanno dei risalti per appoggiare la centina aspettando che la gettata faccia presa. Il prossimo è il Upalithein Temple che conserva bellissimi affreschi. Saliamo sul Kaminga Temple e sono le 12. Finora, in Myanmar, avevamo sempre visto Pagode vive, cioè con i fedeli che andavano a pregare, mentre ora vediamo Pagode abbandonate, morte dal 1990, quando il governo decise di farne una zona archeologica a soli fini turistici. Prima qui abitavano un sacco di persone che furono mandate via e trasferite a New Bagan fondato apposta. Alle 12.30 un altro tempio, la giornata è bellissima ma non fa caldo. Alle 13 ritorniamo in albergo dove ci riposiamo fino alle 15. Stasera vorremo invitare a cena i ragazzi. A Old Bagan i venditori sono particolarmente aggressivi e rompiscatole, ti perseguitano e non lasciano pace. All’inizio della contrattazione conviene partire da almeno 5 volte in meno la cifra poi loro dicono no, uno fa finta di andar via e loro ti richiamano. Si può acquistare anche dando qualche rossetto, qualche borsetta e profumo portati dall’Italia. Per un vassoio per cui ci chiedevano 6000K, abbiamo pagato 2000K più due rossetti comprati dai cinesi a Roma a 50 centesimi l’uno. Quando ritorniamo in albergo il conduttore di oscar che all’inizio ci aveva dato il biglietto da visita, visto che siamo andati con Myo Myo, si offende e ci richiede il biglietto, glielo ridaremo. In una Pagoda, appena entrati ci attaccano alla maglietta una farfallina con una spilla in modo da identificarci all’uscita e venderci la loro roba, come un diritto di prelazione. Vediamo la Bupaya Paya sul fiume, nulla di particolare se non che è vicino al fiume ed ora vediamo la Ananda Ok Kyaung (farsi aprire dal custode che ha le chiavi del lucchetto (100K)), che è bellissima, ci sono dipinti stupendi, con le prostitute schiacciate dagli elefanti, su ordine del re, i cavalieri birmani contro i mongoli, fanciulle della corte reale, scene di vita. Gli affreschi sono del 1800 ma la pagoda è molto più antica. Andiamo con l’oscar anche su strade sterrate dove ci sono buche e saliscendi, e dobbiamo abbassare la testa per evitare rami e frasche, pare una scena del ‘700. A differenza che con la macchina che va solo sull’asfalto, gli oscar vanno nelle stradine di campagna in mezzo all’erba ed alle pagoda ed è tutto un fascino particolare. Ora la Dhammayangyi Patho, un tempio dove c’è un percorso circolare al pian terreno ma è buia e filtra solo un pò di luce dalle finestre traforate, ed è indispensabile una torcia. Ci sono bei dipinti con strani personaggi con barba e baffi che pensiamo non siano birmani, però i dipinti sono molto rovinati. Vediamo anche Nathlaung Kyaung. Lawkahteikpan Patho, è quello prima della Shwezigon Paya, ed è veramente bello, come affreschi e come costruzione. C’è anche la nascita del Buddha, il piccolo Siddharta, nato dal fianco della madre e poi si vede lui che cammina e ad ogni passo spunta un fiore di loto e si convince di essere un essere superiore, un nobile, e lo dice tre volte per affermare la sua superiorità. Vedremo il tramonto dalla Shwesandaw Paya. Sono le 17 il tramonto è alle 17.30 ma già è piena di gente come se tutti si fossero dati appuntamento qui. E’ un tripudio di pulmann, pick-up, biciclette, taxì, risciò, oscar. Qui ci sono gradini molto alti e difficili per salire però c’è una ringhiera che aiuta alla bisogna se no bisognerebbe andare a 4 zampe. A ovest si sta in quinta fila aspettando che il sole tramonti, tutto intorno un’ immensa distesa di pagode che si perdono nel verde fino alle montagne intorno: stupendo. Alle 17.30, a tramonto ancora in corso, ci apprestiamo a scendere per la scalinata con la ringhiera se no se aspettiamo che il sole scompaia ci sarebbe una folla pazzesca. Al ritorno, vediamo l’albergo più bello di Bagan, il Thiripytsaya Sakura Hotel: i bungalows sono immersi nel verde ma non hanno nulla più dei bungalows del Thandwe Hotel dove stiamo. È solo uno sfoggio di ricchezza. Al ritorno incontriamo i nostri piccoli imprenditori, Solim, Mimì e Ton Ton, assieme alla madre con un’amica. Ci presentiamo alla madre e le facciamo i complimenti per i bambini e per il pesce che ci ha cucinato. La madre ci fa i complimenti per Minù e per domani sera invitiamo anche lei a cena, visto che oggi mia moglie sta male. Lei si schernisce, ride e dice di no. Diciamo che ci dispiace ma capiamo ed inviteremo solo i bambini. Alle 19 sentiamo Rai international, il notiziario in italiano e poi me ne vado da solo a Old Bagan e mi immergo nel Ananda festival. Cammino per 4-5 km senza meta. Al ritorno chiedo un passaggio ad un pick-up che mi ospita nel cassone assieme ad altri Birmani e che mi lascia al festival a circa 500 m dall’hotel. Mi dimentico la borsa con la macchina fotografica sul cassone del pick-up e sto per andare via quando un birmano, che stava con me sul pick-up, mi urla qualcosa, mi giro e lo vedo con il braccio teso verso di me e nella mano ha la mia borsa: me ne ero dimenticato e lui, senza pensarci, di getto, mi avvisa. Avrebbe potuto vendere la digitale Canon, ricavandoci forse 200 $, lo stipendio di quasi 2 anni di un dipendente pubblico, ma non lo ha fatto perchè non ci ha pensato, non rientra fra le sue categorie. Come mi sarei comportato io ? Avrei sperato che nessuno se ne fosse accorto per poter poi aprire la borsa e soddisfare la mia curiosità? 14° 02 gennaio 07-Martedì Dopo colazione, affittiamo le biciclette, e alle 10 ce ne andiamo verso New Bagan, uscendo dall’albergo a destra lungo la strada asfaltata ed i 3 bambini si accodano con le loro bici da adulti, arrugginite, sgangherate ma funzionanti. Vediamo una Pagoda bellissima con pitture, che si vedono solo con una torcia elettrica. Poi ancora verso New Bagan e ci fermiamo ad una fabbrica di lacche, Traditional handcraft manufactury -Bagan gift Center, che però è chiusa per 3 mesi. Alle 11.15 ci fermiamo alla Mandalay air per sapere quanto prima dobbiamo essere all’aeroporto domani (il volo è alle 6.55), ma ci dicono che il nostro volo è stato spostato alle 10.30. Ci incavoliamo, nessuno ci aveva detto nulla, eppure l’impiegata dell’aeroporto sapeva, per la questione della data sbagliata, che eravamo al Tandwe Hotel, e poteva avvisarci. Sono proprio degli incoscienti, diciamo che vogliamo partire alle 6.55 e comunque di metterci per iscritto che il nostro volo è stato spostato ma l’impiegato dice che questo non è suo compito e che lo può scrivere solo sulla copertina del biglietto…, a penna, in modo informale. Che fare? Fammo a fidasse!! Ninì ha una bicicletta a cui arriva al manubrio con la testa, eppure la inforca e… Come pedala!!! Andiamo da un certo Kukù per far compere, ma Solim ci ferma: “Kukù is expensive, I bring you to another shop”. Seguiamo il suo consiglio. Alle 13.30, dopo il 3° negozio di lacche che non ci è piaciuto, ne troviamo un quarto, sulla strada verso New Bagan dove facciamo acquisti e visitiamo anche un laboratorio di lacche ed ascoltiamo le spiegazioni di una guida che parla in italiano. Regaliamo a Ton Ton e Solim una scatola di 24 pennarelli, e a Minì una borsettina per bambine portati dall’Italia. Dicono che sono contenti, ma i nostri piccoli imprenditori mirano ad altro nella vita: diventare guide turistiche i maschi, specie Solim, e maestra Ninì. Soldi non gliene diamo perchè siamo contrari a dare soldi ai bambini per non farli diventare accattoni: quando saranno grandi, li riceveranno lavorando, perchè sono tutti e 3 particolarmente in gamba: Solim ha un’intelligenza fervida e ti previene sia nelle parole che con quello che vorresti fare, mentre Mimì ha un sorriso accattivante e solare che le servirà nella vita. Ton Ton è il più rozzo dei tre, ma ha un carattere deciso, non ha paura di sbagliare ed incassa bene. Tutti e 3 hanno una memoria di ferro e si ricordano perfino dove mia moglie ha visto gli elefantini ricamati su delle stoffe che voleva comprare giorni prima. Hanno poi una padronanza del territorio impressionante. Mia moglie vuole andare a rivedere il negozietto di articoli di stamattina e quindi stiamo andando verso New Bagan, poi dobbiamo andare dalla parte opposta all’albergo, a trovare la pagoda Mingalazedi, o qualcosa di simile dove ci sono i famosi elefantini e poi prenderemo il libro in italiano su Bagan. Per arrivare a questo negozio, si va verso New Bagan, ad un certo punto c’è una rotonda e a sinistra c’è il negozio dove stamattina abbiamo comprato un vassoio per il quale avevano chiesto 35$ e siamo arrivati a 25$, uno sconto quindi del 30%, ma comprando più cose si può scendere anche di più. Compriamo 4 lacche medie e 3 scatoline piccoline, il tutto a 65$ senza troppe discussioni. Quindi lo sconto del 30$, sul prezzo iniziale, è assicurato in questo negozio. Andiamo poi, sempre in bicicletta, al mercato del solito festival di Old Bagan, ma non c’è nulla da comprare per i turisti. Parcheggiamo le biciclette chiuse con il lucchetto che circonda le ruote e non le fa girare, ma tanto questi non rubano.

Da Bagan parte una mongolfiera, a totale gestione Inglese, che fa un giro di 45 min-1 h al di sopra dell’area archeologica. Non rientrava nei nostri piani di spesa però per chi se lo potesse permettere credo che sarebbero soldi ben spesi.

Oggi è l’ultimo giorno ed alle 19.30 siamo andati al solito ristorante Min San con i bambini e devo avvertire Ko che il nostro aereo è stato posticipato di 2 ore e quindi che arriveremo alle 12 e non più alle 10 di mattina. Ma al ristorante non c’è il telefono, allora un signore mi da un passaggio in moto in un posto vicino dove telefono per 2 min per 400K. Siamo ritornati ed ho preso i gamberoni a 7000K, e poi pollo con chilly e aranciate e coca cola, e spendiamo 22000 K. Si poteva pagare in $ a 1250K/$. Poi i bambini ci invitano a vedere il loro villaggio e le capanne dove abitano. È uscita la famiglia con tutti i parenti e un sacco di bambini intorno. C’è anche la madre di Solim che ci invita a bere qualcosa nella capanna sua, ma diciamo di no con la scusa che è tardi e che domani dobbiamo partire, ma il motivo è un altro e indefinibile: che scemi, potevamo finalmente entrare e vedere come sono organizzati…Poi facciamo il giro del villaggio, povere case, palafitte costruite in bambù e Solin ci tiene a farci vedere che il villaggio ha la vista sul fiume, ed è molto orgoglioso di questo…!!! Abbiamo visto dall’esterno le case dei bambini che ce le indicano mentre camminiamo e poi ci salutiamo. Io do un bacetto a Ninì e mia moglie si abbassa per fare lo stesso con i maschietti, ma Solin e Ton Ton si ritraggono dicendo it’s ok, it’s ok… Chissà perchè. Siamo curiosi di vedere se domani mattina saranno fuori ad attenderci. 15° 03 gennaio 07-Mercoledì L’aeroporto di Nyuang U, sta a 15-20 min di taxi (6000 K) dal Old Bagan. Avremo potuto prendere il volo delle 8.45 ma faceva Bagan, Mandalay, Heho eYangon e sarebbe arrivato alle 11.15 mentre quello delle 10 è diretto a Yangon ed arriva alle 11.30. La situazione dei voli non è regolare e fissa ma possono cambiare rotta da un giorno all’altro a seconda delle esigenze. Avevo letto che l’aereo da Yangon a Mandalay passava solo per Mandalay e quando invece si è fermato anche a Bagan, pensavo di aver letto male, ed invece evidentemente c’era stato un cambiamento di rotta. Da Bagan c’è un aereo che parte alle 13 per Ngpali Beach e costa 91$. Mentre partendo alle 11 da Yangon che è più lontano, non so come ne costa 61. All’apertura del cancello tutti si precipitano verso l’aereo pensando di prendere i posti vicino al finestrino per vedere le pagode dall’alto ed invece è inutile perchè l’aereo va in un’altra direzione e non si vede nessuna pagoda. L’aereo parte alle 10.50 Nonostante una sola ora di volo, passano una sprite, acqua e caffè e si sente un buon odorino dalla cucina: stanno cucinando per portarci qualcosa di caldo. All’arrivo a Yangon i bagagli si prendono sulla pista, sulla porta dell’edificio dell’aeroporto dove vengono portati con dei carrelli dall’aereo. Noi stavamo andando a trovare un fantomatico rullo dei bagagli, ma poi arriva un carrello che si ferma sulla pista e riconosciamo le nostre valige. Alle 12.10 carichiamo in macchina i bagagli, passiamo un attimo per l’ufficio di Ko che è proprio all’aeroporto e alle 12.30 partiamo per il mare.

Partiamo quindi per Ngwe Saung. Alle 14 attraversiamo il fiume Ayeyarwady e la strada peggiora sensibilmente, (era quasi un’autostrada), ora è piccola e trafficata. Fra Yangon e Ngwe Saung, sono 210 km. Il cambio per euro è 1500K, quindi 1500/1250= 1.2 e quindi conviene portarsi i $ piuttosto che gli € in quanto il rapporto €/$ è1.3. Alle 16 siamo a Patein, controllo passaporti ed alle 17 dovremo essere a Ngue Saung. La strada asfaltata da Yangon a Ngwe Saung è stata aperta solo da 3 anni, prima c’era la strada bianca sterrata perchè il turismo è attivo solo dal 2003 quando hanno cominciato ad essere pronti i primi alberghi. Alle 16.45 siamo al Elephant Camp che rimane alla nostra destra ed alle 17.10 siamo al villaggio di Ngwe Saung ed ora andiamo all’albergo, il Sunny Paradise. Bello, con palazzine di bambù con gli appartamenti, la stanza è grande, ma, l’aria condizionata non c’è tutto il giorno e l’acqua calda c’è solo dalle 6 alle 8 e dalle 16 alle 18. L’impiegato ci tiene a precisare, con una punta di orgoglio, che la corrente elettrica c’è 24 ore su 24. E ce siamo accorti perchè siamo in un angolo del villaggio ed il generatore sta proprio davanti a noi dalla parte opposta della strada. All’inizio ci disturba e chiediamo al manager di cambiare stanza ma poi ci abituiamo, ci siamo già sistemati con i bagagli e restiamo lì. Il personale non parla una parola di inglese e fanno riferimento ad un unico impiegato che, rispetto agli altri, finge di capire e risponde cavoli per patate. L’unica well educated è la cassiera che ci da fornisce informazioni sull’albergo ed il circondario. Il personale si dimostrerà maldestro ed impacciato ma, proprio perchè ne ha consapevolezza, tremendamente splendido e disponibile qualunque cosa gli si chieda, e soprattutto sempre…Sorridente. La sera usciamo in paese con le torce per evitare distorsioni ed in uno dei primi ristoranti del villaggio, sulla sinistra, spendiamo 31000 K mangiando aragosta (20000K/kg ) e 2 secondi ma l’aragosta si può trovare anche a 18000 K. Comunque sono tutte nell’acquaio ed uno si sceglie quella che vuole. Solo che, non so come, la cucinano male ed allora vado in cucina con il boia che l’ha presa e, per non essere da meno, pretendo che venga bollita viva in una pentola di acqua bollente, così come si cucinavano in Sardegna tanti anni fa quando andando al porto si trovavano i pescatori che le vendevano, assieme alle cozze ed ai ricci appena pescati. Non mi ricordo però i tempi, dirò 10 minuti ma evidentemente non bastano e la carne risulterà stoppacciosa, come se fosse stata surgelata. Ottima solo la carne all’interno delle chele che si è cotta prima. 16° 04 gennaio 07-Giovedì Mi alzo presto e faccio una passeggiata sulla spiaggia, sabbia bianca e fine, verso un promontorio che si vede a destra. La distanza fra l’ albergo e il mare è circa 50 m. Appena usciti dalla Hall che è aperta e ventilata, ci sono gli ombrelloni fatti di frasche di bambù e le sedie a sdraio gratuite. Il personale parla male inglese. Abbiamo una stanza a circa 70 m dalla spiaggia, una stanza in una palafitta costruita in bambù, ci sono anche dei bungalows proprio all’inizio della spiaggia e che costano 130$ ma erano tutti occupati dai giapponesi. Ma il solito discorso: dall’interno non si vede il mare e se uno se ne vuole stare nel patio, tanto vale che va sulla spiaggia. Al ritorno dalla passeggiata, colazione a buffet, molto buona con i tavoli su un terrazzo con vista sul mare e un bellissimo bagno, l’acqua è calda e si sta benissimo. L’effetto della marea non è molto sentito ed il ritiro del mare è di non più di 10 m. L’acqua diventa alta gradualmente. Tutta la mattina oziamo sulla spiaggia. Stiamo a pranzo in albergo, un piatto di gamberetti con una terrina di riso, un beefburger con insalata, poi una torta di mele e 2 gelati al caffè e le bibite, spendendo 22000 K. Poi ritorniamo sulla spiaggia sotto l’ombrellone e dopo 2 ore facciamo il bagno: l’acqua è piacevole anche se non calda.

Cena ad un ristorante del villaggio dove conosciamo il manager, che non è il proprietario, un ragazzo di 28 anni venuto da un villaggio sulla costa del Bengala, più a nord rispetto a dove siamo noi a 10 ore di battello da qui perchè non ci sono strade !!. Il suo villaggio è composto da 1000 persone che vivono di pesca, sono tutti pescatori ed hanno un’economia di sussistenza, consumano ma non vendono il pesce che prendono. Nel 2007, nel villaggio, dove comunque c’è la corrente elettrica e una televisione, vivono come sono nati i loro avi ed hanno vissuto finora i loro discendenti, sempre uguale. I malati moriranno ed i vecchi si spegneranno con l’assistenza dei familiari. Questo ragazzo è il manager mentre il padrone è un suo amico che ha fatto i soldi vendendo, in un baracchino, il Betel, la radice che masticano continuamente e fa la bocca rossa. Aveva un piccolo negozietto e dopo qualche anno è riuscito ad aprire il ristorante. Il ragazzo ha un fratello e 2 sorelle, uno che lavora a Yangon, una sorella sposata ed un’altra che vive nel villaggio natio col padre alcolizzato. Il suo progetto di vita è di aprire un ristorante per conto suo, portarlo avanti per 10 anni, lasciare la gestione al fratello ed alla sorella che ora assiste il padre, mettersi a studiare e poi andare a fare il monaco fra la gente, ad insegnare negli altri paesi Buddisti il valore della pace fratellanza e solidarietà. Io gli dico che se apre il ristorante e questo rende, lui non se ne va più e lui mi risponde che è la cosa che gli dicono tutti ma lui è deciso a fare quello che ha detto. I 4 mesi della stagione umida giugno, luglio, agosto e settembre, quando non ci sono turisti, li passa al suo paese, col padre e la sorella dove non ha nulla da fare se non bere caffè, alcol e riposarsi.

Per una zuppa di pesce spendiamo 3000 K, qui l’aragosta costa 18000 K/kg mentre nei ristoranti all’estremità del villaggio costa 22/24000 K/kg perchè stanno più vicino agli alberghi che stanno ai bordi del villaggio ed i turisti che escono dal villaggio vanno nei primi ristoranti come era successo a noi la prima sera. L’albergo più lontano dal villaggio, sullo stesso lato nord dove stiamo noi si chiama Aureum Hotel Resort e non c’è sulla LP perchè è molto recente. Però l’Aureum è molto scomodo perchè per andare al villaggio a cena uno deve farsi accompagnare o farsi almeno 1.5 km a piedi, cosa comunque fattibilissima anche se scomoda perchè la strada è sconnessa, piena di buche ed occorre una torcia per vedere dove si mettono i piedi. Ci sono comunque i risciò che in 1/4 ora portano al villaggio, però non sono comodi con una strada simile. Tutto il litorale di Ngwe Saung è in costruzione, ci sono sacchi di cemento dappertutto ed operai che lavorano. Per fare il calcestruzzo prendono direttamente la sabbia dalla…Spiaggia, tanto ce ne tanta, penseranno. Usano cemento Portland prodotto in Tailandia. La spiaggia è in espansione con alberghi e case costruite a 50 m dalla spiaggia dopo aver abbattuto le palme che restano solo alle spalle del villaggio di Ngwe Saung che magari abbatteranno, assieme alle palme, per continuare la speculazione. Che peccato !!! Ci facciamo fare un massaggio ai piedi (10$) di un’ora. Sono un pò mosci nella manipolazione sennò per il prezzo basso ce ne saremo fatti fare anche altri.

17° 05 gennaio 07-Venerdì Mia figlia propone di fare una gita in barca per rompere la monotonia della spiaggia, ma mia moglie ed io riteniamo che qualunque vacanza debba concludersi con qualche giorno di perfetto ozio sulla spiaggia e ci opponiamo alla proposta contando sulla democrazia. Comunque per chi volesse, c’è questo numero telefonico (09-5201752) che era scritto a penna su una locandina indicante Rawady che organizza gite in barca ed in particolare 1) Gita all’isola degli uccelli con snorkelling, osservazione di coralli e pesca vicino all’isola, 2) Escursione alla spiaggia di Chaungtar beach, 3) Osservazione di pesca (era scritto observation of fishery…) ai villaggi di Sinma e Ngayokekaung. Sulla stessa locandina c’erano altri 2 numeri di telefono stampati: 09-5130114 e 09-5141378).

18° 06 gennaio 07-Venerdì Alle 7.45 partiamo dal Sunny Resort diretti al Elephant Camp dove arriviamo alle 8.15. 5$/pax per l’entrata e 5$/pax per cavalcare l’elefante. Qualcosa si paga per la macchina fotografica. Alle 8.30 comincia la gita sugli elefanti che lavorano dalle 8 alle 12 e poi sono lasciati liberi a pascolare nella foresta e per poterli ritrovare gli attaccano una campanella. Si fa la cavalcata, si attraversa un fiume, si fanno salite e discese incredibili ma sono animali fortissimi. Per salire sopra c’è una scaletta oppure per farli abbassare gli danno dei colpetti dietro il ginocchio. Allora l’elefante flette la gamba, loro mettono il piede sulla coscia e salgono. Per farli andare avanti con i piedi li sfregano sotto le orecchie ed allora camminano. A 60 anni vanno in pensione. Sono usati ogni tanto anche per trasportare tronchi. Il giro dura 1/2 poi per un altra 1/2 restiamo a vedere la scena magnifica di un piccolo elefante giocherellone di pochi mesi che corre perchè non vuole farsi prendere e finisce ogni volta sotto la pancia della mamma. Una volta alla settimana il medico va e li controlla. Sono una decina di elefanti inclusi 2 piccoli ed il piccolissimo nato 6 mesi fa (la prima nascita in quel campo). Operativi sono quindi 7. Alle 9.30 ripartiamo per Yangon. Quando passa un camion su una strada non asfaltata, solleva polvere che non si vede nulla: come una nebbia ed Ko si ferma finchè a polvere si è diradata e può continuare a guidare. Alle 13.10 siamo all’uscita del casello dell’autostrada verso Yangon e alle 14 siamo allo Scott Market per fare le ultime spese. Oggi il cambio è a 1250 K/$. Dopo 2 h di mercato più che sufficienti per rendersi conto, prendiamo 4 pezzi di lacca a 40$ tutti: 60.000 Lire !! 2 per regalo e 2 per noi. Minù prende 2 sciarpe di seta a 15$ due e alle 16 stiamo andando all’aeroporto. Alle 16.30 la macchina si ferma ad un incrocio e non ne vuole sapere di ripartire. Ko apre il cofano e poi sparisce senza dire nulla sempre serafico e tranquillo ma noi non lo siamo affatto perchè alle 17 dobbiamo essere in aeroporto. Alle 16.40 torna con una tanica di benzina: era finita la benzina. Mette la benzina: bene si riparte:manco per idea, allora Ko scende apre il cofano, scollega il tubo della benzina dal carburatore ed aspira: la benzina fluisce, riattacca il tubo al carburatore, mette in moto e la machina parte verso l’aeroporto. È fatta !!. L’agenzia locale si è comportata bene. Prima dell’aeroporto, passiamo a casa di Ko ma ne avremo fatto volentieri a meno perchè stiamo ancora sulle spine. Mi da il suo indirizzo e-mail, ma io c’è l’ho perchè sono 2 mesi che messaggio, ma questo è diverso, è personale e non quello dell’agenzia. Alle 17.10 siamo all’aeroporto. Pago i finali 250$ con un mazzetto di banconote che Ko intasca senza nemmeno contare e poi, a parte, la mancia di 50$ parte in K e parte in $. Mi ringrazia, ci guardiamo negli occhi ma non diciamo frasi di rito. Dovremo abituarci alla sua assenza, in fondo ci ha preso in custodia per 10 giorni ed è riuscito a risolvere tutte le situazioni non standard. Ci aiuta a scaricare i bagagli ed andiamo a fare la fila al chek-in dove paghiamo 10$ di tassa di imbarco. È triste tornare a casa: ci mancheranno i camion carichi di gente ma così carichi di vita e di sorrisi, le strade polverose, strappate alla foresta tropicale incombente che tende ad invaderle. Abbiamo il volo Thai C306 compriamo bottiglie di acqua minerale e come una lattina di coca. Alle 8 ci imbarchiamo: abbiamo chiesto i sedili vicino all’uscita di sicurezza nel tratto Yangon Bangkok. Alle 0.50 si parte da Bangkok con un ritardo di 50 min. L’arrivo è previsto per le 6 di mattina. Alle 6.05 in perfetto orario tocchiamo terra e abbiamo il solito timore che… Puntualmente si avvera, sempre più spesso negli ultimi anni: 2 valige mancano all’appello, sono finite a Dubai…!! Ce le riconsegneranno 2 gironi dopo, invitandoci a telefonare nel caso volessimo informazioni, sapendo che il numero è sempre occupato (ma lo staccano?). Ecco la società complessa, la più comoda, la più evoluta, la migliore, che trasforma foreste e risorse in capitale finanziario e inquinamento, che si perde le valige… E’ fatta, domani si ricomincia, nostro malgrado siamo ingranaggi anche noi ma ci consoliamo, non per nostra scelta.



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