Myanmar a primavera
Il tour prevedeva due voli interni (Yangon-Heho e Bagan-Yangon) e si svolgeva in senso anti-orario toccando le località nell’ordine: Yangon, lago Inle, Mandalay, Bagan, Yangon. Abbiamo capito che le agenzie locali organizzano anche tour che si svolgono in senso orario, toccando le località seguendo la sequenza opposta, sia per avere i voli interni sempre pieni (spesso non diretti, ma effettuanti più scali) sia per ottimizzare l’utilizzo degli autobus, ad es. quello che ci ha caricati a Heho ci ha portati fino a Mandalay, per poi ritornare al punto di origine, probabilmente con un gruppo che aveva il tour nel senso contrario. Il pacchetto da noi scelto era per hotel a 3 stelle, mediamente confortevoli, inoltre comprendeva tutti i pranzi, effettuati in strutture sempre piuttosto buone, con menù fissato: ci veniva servita spesso una zuppa tipica (fagioli, zucca, lenticchie, etc.) poi ogni 4 persone venivano serviti, da condividere, piatti di noodles, spaghetti di riso o soia, verdure saltate, pietanze a base di pollo, manzo e pesce, quindi ognuno poteva assaggiare e vedere cosa già piacesse di più. Infine dessert o frutta. Avevamo le cene libere, per cui almeno la sera ci siamo sempre divisi in gruppetti: la spesa media in 4 era sui 40000 kyat, circa 24 euro, a volte comunque eravamo piuttosto sazi dal pranzo del mezzogiorno, per scegliere di cenare solo con frutta.
Quasi tutta la popolazione (dai bimbi agli anziani) indossa il longyi, una sorta di pareo legato intorno alla vita e lungo fino ai piedi. Soprattutto le donne, ma anche molti uomini, hanno il viso, le gote, il naso e la fronte cosparsi di quella che, a prima vista, sembra una crema giallastra, ma che in realtà è la tanaka (o thanakha), una polvere ottenuta dalla corteccia di un albero simile al sandalo, macinata su pietra e mischiata ad acqua per proteggersi dal sole. È in vendita in piccoli tronchetti e una volta ci hanno fermato per applicarla a noi sostenendo che è anche rinfrescante, idratante e, con qualche ghirigoro, maquillage di bellezza: era una scusa per vendere souvenir… dovevamo capirlo!
Abbiamo trovato un paese fortemente legato alle sue tradizioni agricole. Nel Myanmar ci sono 8 gruppi etnici principali e oltre un centinaio di etnie indigene, dai costumi differenti. Abbiamo attraversato paesaggi montani in strade dissestate per arrivare in altopiani coltivati esclusivamente con lavoro manuale, abbiamo visto un solo trattore in tutto il viaggio. A Yangon invece c’è una popolazione abituata alla grande città e ci sono più contrasti, si vedono anche alcune minoranze musulmane, cinesi, induiste. I birmani sono forse poveri, ma dignitosi, e accolgono il turista con curiosità e sorrisi, anzi a volte sono loro che fotografano noi!
Di seguito il dettaglio delle visite effettuate nel tour.
diario di viaggio
il 4/3 volo da Roma via Bangkok, arriviamo a Yangon il giorno successivo verso mezzogiorno.
1° Giorno – Yangon 5 marzo
Incontriamo la guida Ghan Gaw che ci porta all’hotel. Il gruppo avrà 18 componenti complessivi che arrivano in orari differenziati. Nel pomeriggio facciamo una passeggiata per le vie principali della città. Visitiamo per la prima volta il Mercato Bogyoke, meta di locali quanto di turisti. Qui vediamo tanti tessuti, pantaloni tipici birmani, sciarpe, ciabatte, souvenir, tutto a prezzi molto bassi per i nostri standard. Vediamo per la prima volta preparare e vendere per strada le chewing gum birmane, con foglie e noce di betel: molte persone, uomini soprattutto, masticano di continuo questo impasto stimolante, e sputano impiastri rossastri: alla fine tante persone, sopratutto anziani, mostrano denti rovinati, con colorazioni inquietanti. Poi siamo passati per la Pagoda Sule, posizionata ad un incrocio di trade trafficate, al vicino giardino col monumento all’indipendenza in Mahanbandola Street dove si trova la Chiesa Battista costruita nel 1830, e nelle strade limitrofe con edifici di epoca coloniale. Cena di benvenuto con tutto il gruppo al ristorante PADONMAR. Pernottamento all’Hotel Best Western GREEN HILL (1 notte molto buono).
2° Giorno – Yangon – Heho – Lago Inle 6 marzo
Sveglia prestissimo, l’hotel ci dà il packet breakfast e via all’aeroporto di Yangon per il volo verso nord, nello stato SHAN. All’arrivo visitiamo il mercato settimanale di Heho, dove abbiamo un primo assaggio dei costumi delle varie etnie presenti in questa zona. Sono in vendita frutta, verdure, carne, pesce, legumi e talvolta cibi a noi sconosciuti. In realtà questo è un mercato rigorosamente per locali e non turistico. Poi ci trasferiamo al villaggio di Nyaung Shwe, e visitiamo il monastero di legno di Shweyanpyay, famoso per le sue incredibili sculture fatte dai monaci e per le finestre ovali, e annesso Tempio con nicchie. Una volta arrivati sulle rive del lago, ci imbarchiamo su 4 motolance (5 persone per ciascuna, manterremo tale disposizione per tutte le visite del lago Inle) con motore a frullino, che avevamo già visto in Thailandia. Cioè, non un fuoribordo, ma un motore con un lunghissimo tubo porta elica, movibile in ogni momento per liberare la trasmissione e l’elica dalle alghe o altre piante lacustri e per non toccare il fondo.
Il lago Inle è il secondo lago di acqua dolce del paese con una lunghezza di 22km, una diagonale massima di 10km, ed è circondato dalle montagne dello Stato Shan. L’aria è fresca, il cielo coperto, per fortuna in dotazione ci sono anche dei plaid e degli ombrelli con cui ripararci dagli schizzi. Pranzo al ristorante INN THAR LAY. Visitiamo il laboratorio artigianale di tessitura della seta e della fibra di loto.
Poi visitiamo la Pagoda Phaung Daw Oo, il luogo più tranquillo del lago, con le sue cinque statue del Buddha ricoperte di foglia d’oro, quattro delle quali vengono portate in processione sul lago in occasione del Festival di luna piena in autunno: a dire la verità hanno tante foglie d’oro che hanno perso la forma di statue, sembrano quasi palle. Al tramonto, arriviamo all’ hotel AMATA Garden Resort e ci fanno l’upgrading da camera deluxe a villa (2 notti: strepitoso). Ci concediamo la cena a buffet al ristorante a circa 25 $ a testa.
3° Giorno – Lago Inle – Indein 7 marzo
Visitiamo artigiani dell’argento, interessanti lavorazioni manuali, anche se poi constatiamo che i prezzi non differiscono dai nostri…sarà solo una trappola per turisti? Breve visita a famiglie della etnia Kayan o Padaung, dette volgarmente “donne giraffa”. C’erano delle ragazze in costume con gli anelli al collo, ma senza le devastanti deformazioni viste in programmi televisivi. La leggenda sostiene che il costume di porre anelli di ottone al collo, parte dalla convinzione dei Padaung di discendere dai draghi ai quali vogliono somigliare, oppure dalla necessità di proteggersi dal morso al collo degli animali feroci della giungla. In realtà ormai sembra che l’unico vero motivo sia quello di attrarre il turismo anche perché il governo, giustamente, disincentiva simili pratiche che danneggiano il fisico.
Giro in barca attraverso un piccolo canale fino al villaggio di Indein, situato sulla riva occidentale del Lago Inle, abitato in prevalenza dall’etnia Pa-O che riconosciamo dai turbanti dai colori vivacissimi. La guida apprende che è in corso una festa dei novizi, tenuta in casa privata, e curiosiamo intorno: i bambini entreranno in monastero per 6 giorni, poi solo da grandi potranno decidere se quella sarà la loro scelta di vita. Passeggiamo attraverso il villaggio e saliamo alla collina al complesso di Shwe Indein, con centinaia di stupa, restaurati o diroccati e immersi nella vegetazione: questo sito è spesso paragonato a quello di Angkor in Cambogia, ma è meno conosciuto.
Pranzo al ristorante BAMBOO FOREST.
Visitiamo una ditta di artigianato sigari (foglia di catia esterna e tabacco trinciato interno, più aromi). Poi passiamo nei villaggi lacustri dei contadini, con i loro giardini galleggianti (fatti con humus, erbe, giacinti d’acqua e terra, ancorati al fondo del lago grazie a pali di bambù) e ammiriamo i pescatori dell’etnia Intha che significa Figli del lago, celebri per il loro modo di pescare, in piedi, in perfetto equilibrio il Monastero di Nga Hpe Chaung e la sua collezione di antiche rappresentazioni Shan di Buddha custodite all’interno. Era detto dei gatti saltanti, ma il nuovo monaco capo, in carica da qualche anno, ha soppresso questa pratica svolta ad uso dei turisti e che affaticava gli animali. Ora abbiamo visto solo un micio che dormiva….
Siamo ancora sazi dal pranzo e ci mangiamo solo frutta, noi quattro comodi comodi, nel salotto della nostra splendida villa.
4° Giorno – Lago Inle – Pindaya 8 marzo
Partiamo ancora in lancia per il villaggio di Khaung Daing, nella parte occidentale del lago Inle, famoso per la sua produzione di tofu, fagioli, arachidi tostate, soia. Approdiamo a Nyaung Shwen e in autobus ci dirigiamo a Pindaya, una tranquilla cittadina sulle rive del lago Botoloke. Pranzo a ristorante GREEN TEA.
Visita alle Grotte carsiche dove lo spazio lasciato da stalattiti e stalagmiti è stato riempito negli anni da 8094 statue di Buddha pagate dai donatori di fede buddista. Per accedervi una lunga scalinata o un ascensore panoramico a vetri. I devoti appongono foglie d’oro sul grande stupa. L’ambiente è ovviamente fresco-umido, è un saliscendi nel cuore della montagna, un paesaggio singolare.
Nel piazzale prima dell’ingresso le statue di 7 fanciulle, del ragno gigantesco e del principe che l’ha ucciso di cui la guida ci racconta la leggenda: saranno molte le storie da lei raccontate relative alle tradizioni popolari durante le tappe di trasferimento in pullman.
Sosta per visitare una produzione locale di carta degli Shan ricavata dall’albero di gelso, e decorata con fiori e foglie. Seguiamo passo passo la realizzazione manuale, con mezzi rudimentali, di un tipico ombrellino parasole, ma sono tanti gli oggetti creati con la medesima tecnica: lanterne, lampade…
Visitiamo poi una casa privata dove ci vengono illustrate la coltivazione e la lavorazione del the, che in questa zona montana è tra i migliori del Myanmar; assaggiamo l’insalata di foglie di the e facciamo una merenda.
Prendiamo possesso della camera nell’Hotel INLE INN, in più semplice di tutti gli hotel utilizzati, le camere non erano da 3*, ma per una notte può andare.
Facciamo ancora una passeggiata su lago al crepuscolo, tra splendidi alberi di ficus benjamin secolari, fino alla pagoda con annesso monastero. Poi rientriamo in hotel per mangiare frutta in camera e berci una birretta.
In questa zona il clima è un po’ più fresco, di sera fa una decina di gradi e di giorno sui 25°C.
5° Giorno – Pindaya – Mandalay 9 marzo
Partiamo per Mandalay in quella che sarà la tappa di trasferimento più lunga, circa 6 ore. Passiamo tra panorami di montagna e campagna, facciamo anche un tratto di strada sterrata di circa 15 km.
Sostiamo per il pranzo in una zona nota per la estrazione di alberi preistorici pietrificati, con lavorazione per ottenere statuette, bracciali e simili. Ancora più inusuale lungo la strada per Mandalay, un ponte ferroviario che attraversava il letto del fiume Irrawaddy sul quale passano a turno alternato sia le autovetture che il treno, con tanto di rotaie, esattamente al centro del ponte.
Arriviamo a Mandalay verso le ore 16, la seconda città più grande del Myanmar ed una delle antiche capitali reali; passeggiamo nelle vie intorno all’hotel, larghi viali con traffico caotico, mix di antico e moderno, centri commerciali non terminati, non ci fa una buona impressione. Cena in hotel, con spettacolo di musica, danza, e teatro di marionette. Hotel YADANARBON (2 notti: buono per posizione e ristorante – bagno da rimodernare).
6° Giorno – Mandalay – Amarapura 10 marzo
Presto al mattino visitiamo il mercato locale proprio a fianco dell’hotel. Poi ci rechiamo alla pagoda Mahamuni, realizzata per accogliere un’antica statua di Buddha seduto, mandata nel 1784 dal re dello stato Rakkhine e venerata dai fedeli – solo maschi – che vi applicano continuamente le sottilissime foglie d’oro ormai così stratificate che è difficile riconoscerne alcune parti del corpo, ma il cui viso, ogni mattina alle 4, i monaci lavano con devozione.
Visitiamo il mercato della Giada, con una parte dedicata ai grossisti, e un’altra dedicata alla compravendita di pietre lavorate. Poi andiamo a Palazzo Reale, costruito seguendo lo schema della Città proibita di Pechino dopo che il re Mindon trasferì la capitale a Mandalay nel 1857. All’interno la Sala delle udienze con le foto interessanti di metà ‘800 del re, delle mogli e dei dignitari, di cui ci parla la guida. Poi la Sala del Trono e sul lato sud una bella Torre di guardia circolare con scalinata a spirale dalla cui sommità si ha una vista di insieme di tutti gli altri edifici, il palazzo di vetro, l’alloggio delle concubine etc. In realtà quello che si vede oggi è ricostruito per buona parte perché andò distrutto nella seconda guerra mondiale, restano originali solo il fossato e le mura.
Poi visitiamo l’imponente monastero Shwenandaw (monastero d’oro), testimonianza originale dell’appartamento reale, qui trasportato, celebre per le sculture in legno dorato. Proseguiamo per la pagoda Kuthodaw, il più grande libro a cielo aperto al mondo: 729 lastre dove sono trascritti tutti gli insegnamenti della religione buddista. Pranzo al ristorante ROYAL MANDALAY. Poi visitiamo artigiani della lavorazione di foglia d’oro, e scultori di buddha in marmo. Artigiani dell’intaglio legno e ricamo tessuti.
Ci spostiamo ad Amarapura (conosciuta come la città dell’immortalità), penultima capitale reale del Myanmar, con visita pomeridiana del monastero Mahagandayon, rinomatissimo centro di studi monastici e religiosi, proseguiamo a piedi fino al leggendario Ponte U Bein interamente in teak e lungo 1.2 km sul lago Taungthaman che fu costruito intorno al 1850 quando Amarapura era al centro degli interessi del Regno. Oggi il ponte è sostenuto da circa mille pilastri di legno infissi nel lago e sulle rive. Adesso nella stagione secca il ponte è alto oltre 10 metri rispetto al suolo ed al livello del lago; nella stagione dei monsoni ci dicono che l’acqua lambisce il ponte che addirittura può essere chiuso. Fa un certo effetto attraversare questo lunghissimo ponte di legno, senza alcun parapetto, né da una parte né dall’altra, affollato da moltissimi turisti e locali in questa domenica di sole. Tutti attendono il tramonto e scattano foto a ripetizione. Cena leggera sulla terrazza dell’hotel.
7° Giorno – Mandalay – Bagan 11 marzo
Torniamo a visitare il monastero Mahagandayon al momento della processione di 1200 monaci per la donazione del pasto delle ore 10. C’era una folla indescrivibile di fedeli e turisti che affiancavano le stradina che conduceva alla mensa in attesa della processione. Mano a mano che i monaci passavano, i fedeli ed i turisti offrivano loro doni in cibarie e simili e scattavano foto. Infine i monaci sono entrati nella loro mensa per pranzare prima di mezzogiorno. La guida ci dice che le famiglie benestanti offrono almeno un terzo delle loro entrate mensili in donazioni ai monaci, notizia che non fa che suscitare il nostro stupore: Myanmar non sembra una nazione ricca, ha circa 55 milioni di abitanti, e si può permettere di mantenere oltre l’ 1% della popolazione, improduttivo, cioè circa 600.000 monaci.
Ancora una lunga tappa di trasferimento, circa 5 ore, verso Bagan, maestosa città conosciuta come uno dei luoghi architettonici più belli dell’Asia che ospita oltre 4.000 templi in mattoni rossi, molti dei quali patrimonio Unesco. In circa 70 chilometri quadrati sorgono antichissime pagode e stupa, la maggior parte in buono stato nonostante il tempo decorso (900 anni circa) ed i vari terremoti, l’ultimo del 2016.
Ci rechiamo alla collina predisposta appositamente come view-point per il tramonto, in precedenza si saliva su un tempio, ma non è più permesso: abbiamo un primo assaggio di questa distesa a perdita d’occhio di templi e pagode nella campagna, talvolta a pochi metri una dall’altra. Poi veniamo a sapere che non c’è una sola Bagan, vi sono in realtà tre piccole cittadine: Old Bagan, New Bagan e Nyaung-oo.
Cena ristorante MAR LAR THEIN GI a due passi dall’hotel. Pernottamento all’Hotel SHWE YEE PWINT situato a New Bagan (2 notti: arredamento e moquette agée – linea WI-FI molto debole).
8° Giorno – Bagan 12 marzo
Visitiamo il mercato della cittadina Nyaung-oo, con una miscellanea di negozietti di cibarie, crude e cotte, nonchè tessuti, vestiti, souvenir, che ormai conosciamo. Poi andiamo alla Pagoda Shwezigon, costruita dal re Anawrahta nei primi anni dell’XI secolo. Dopo visitiamo la Pagoda Htilominio in mattoni con belle decorazioni a stucco, e statue del buddha con i due ombrelli altissimi ai fianchi (a ricordo del miracolo dell’ombrello che si piegò verso il principe Htilominio, allorché il re, facendo riunire i propri figli, doveva nominare l’erede al trono). Visitiamo il Tempio di Ananda, considerato il gioiello di Bagan, costruito in stile ‘mon‘ a croce greca: ospita quattro distinte statue di Buddha, due ricostruite e due originali, queste ultime sembra cambino espressione a seconda dell’angolazione da cui le si osserva. Pranziamo al ristorante con vista sul fiume Irrawaddy.
Visitiamo due botteghe che realizzano i prodotti per cui Bagan è celebre, ossia lacche e artigianato in legno. Nel pomeriggio andiamo al Tempio di Manuha (detto del prigioniero), poi del Tempio di Nan Paya, uno dei più vecchi della regione e celebrato per le meravigliose statue di Buddha, infine Tempio di Gu Byaukgyi, riccamente affrescato (non possibile fotografare l’interno). Cena a La Pizza 2 sulla via principale di New Bagan.
9° Giorno – Yangon 13 marzo
Facciamo colazione alle 6:30 e andiamo a prendere il volo per Yangon. All’arrivo, breve visita a zona periferica dove sono tenuti alcuni elefanti bianchi, in realtà hanno un colorito più roseo: ci viene detto che solo negli orari di visita hanno una gamba legata, per il resto della giornata sono liberi nel grande recinto, sarà… Poi visitiamo la pagoda Kyaukhtatgyi che ospita una statua di Buddha sdraiato di ben 72 metri di lunghezza, risalente agli inizi del ‘900: all’inizio era all’aperto, poi è stato modificato nella attuale posizione completamente sdraiata e gli si è costruita attorno una sorta di capannone. Molti fedeli anche qui. Pranzo al ristorante House of memories (edificio di epoca coloniale). Rispetto ai giorni precedenti, dove la temperatura saliva solo nel pomeriggio, ci rendiamo conto che a Yangon è piuttosto caldo già prima di mezzogiorno: il sole picchia, e prima di visitare la pagoda principale, facciamo una tappa al mercato coperto Bogyoke, per gli ultimi souvenir.
Nel tardo pomeriggio visitiamo la splendida Pagoda Shwedagon, il più grande ed importante sito religioso del Paese nonché simbolo del Myanmar: si tratta di un maestoso complesso di templi e santuari e lo stupa principale, alto 98 metri, é ricoperto da 40 tonnellate di foglia d’oro, oltre pietre preziose. Al momento è quasi finito il restauro di questo stupa, iniziato nell’autunno scorso, e restano ancora sottili impalcature in bamboo e stuoie intrecciate. Dopo aver adagiato offerte in denaro, fiori e frutta, prima di iniziare a pregare, molti pellegrini versano dell’acqua sulle immagini sacre, corrispondenti al giorno della settimana in cui sono nati. A ognuna delle otto postazioni dei giorni della settimana (una in più perché mercoledì è suddiviso in mattina e sera), è associata un’immagine di Buddha con riferimento a uno degli otto eventi fondamentali della sua vita.
Il complesso è pieno di fedeli, come di turisti, e noi ci attardiamo fino al tramonto, quando vengono accesse migliaia di fiammelle ad olio che si riflettono sull’oro delle strutture e delle statue, creando un effetto molto coinvolgente.. .è bellissimo. Cena con frutta in camera e birretta al roof bar sempre all’hotel B.W. GREEN HILL (1 notte: ottima camera e 1a colazione).
10° Giorno – Yangon (Prima colazione) 14 marzo
Il gruppo di 18 persone viene diviso in sottogruppi a seconda del programma che ancora devono svolgere. Noi quattro veniamo affidati alla giovane guida che ha iniziato a studiare l’italiano solo sei mesi fa, ha un nome troppo difficile, dice di chiamarlo Pietro e insieme visitiamo un mercato contadino locale, in zona Chinatown; la Sinagoga Moseh Yeshua sulla 26th Street, il tempio di Sri Kali, il più colorato tempio indù di Yangon. Visitiamo la parte restante del quartiere coloniale, con la sede della Corte Suprema e della Compagnia dei trasporti fluviali e dell’autorità portuale del Myanmar, per poi arrivare sulla celebre Strand Road. Qui si potranno ammirare, il suggestivo Strand Hotel, la Dogana e il maestoso Palazzo di Giustizia.
Dopo visitiamo la pagoda Botahtaung, che deve il suo nome ai 1000 militari che trasportarono 2000 anni fa dall’india alla Birmania otto capelli del Buddha, finiti in vari templi del paese, uno solo è qui venerato in una camera rivestita d’oro sotto lo stupa della pagoda.
Facciamo una corsa su un treno suburbano da stazione periferica fino alla centrale per vedere ancora un aspetto inusuale ai nostri occhi di occidentali. Pranzo nuovamente al ristorante PADONMAR, lo stesso della prima sera. La temperatura nel pomeriggio è arrivata a 37 °C e abbiamo proprio bisogno di una doccia in hotel: meno male che avevamo richiesto e pagato il late check-out, possiamo fare i bagagli e lasciamo l’hotel alle 16:30, freschi e profumati per andare all’ aeroporto.
La vacanza è proprio finita e salutiamo per l’ultima volta il Myanmar… min ga lar bar!