Birmania allo zenzero
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Quando: 17 novembre – 2 dicembre; escludendo i voli: 18 novembre – 1 dicembre, cioè 14 giorni.
Dove: abbiamo dormito a Mandalay (2 notti), Bagan (3), Kalaw (1), villaggi tra Kalaw e lago Inle (2), lago Inle (2), Moulmein/Mawlamyine (2), Yangon (2).
Organizzazione: fai da te. Guide Lonely Planet (LP) e Routard. Prenotati solo voli e alberghi.
17 NOVEMBRE: TORINO – MILANO – DOHA – YANGON – MANDALAY
Si parte! Da Malpensa il sottoscritto, da Parigi gli altri; ci incontriamo a Doha e da qui raggiungiamo Yangon. La coincidenza stretta (2 ore) con il volo interno per Mandalay funziona, ieppa.
18 NOVEMBRE: MANDALAY
Alle 9.00 atterriamo a Mandalay, scambiamo/preleviamo kyat (1€ = 1.600k circa; 1$ = 1.350k circa), compriamo una sim birmana (15.500k), in 1h di taxi (20.500k) raggiungiamo l’albergo, in tarda mattinata siamo pronti. Impatto: più caos, sporcizia e distanza dai canoni occidentali del previsto. Marciapiedi impraticabili, traffico anarchico, edifici malridotti, bancarelle, cani randagi, odori forti. L’adattamento agli usi e costumi locali sarà graduale e laborioso. Per familiarizzare: mercato su strada, tempio (tra i molti luoghi in cui si entra senza scarpe, per ora teniamo le calze), pranzo in un locale spartano con tavoli e cucina in strada (caratteristiche che tenderemmo e tenderemo a evitare), ma pieno e frequentato anche da occidentali (nostra discriminante); non c’è posto fuori quindi finiamo in una piccola stanza con grosso tavolo, schermo della videosorveglianza (spiamo i proprietari al lavoro), divano con bambini che guardano cartoni; mangiamo il primo curry uscendone gastrointestinalmente indenni.
Passeggiamo in zona e poi puntiamo all’ingresso dell’area del Mandalay Palace, costeggiando l’interminabile canale d’acqua che la circonda. Rimbalziamo vari tassisti che ci approcciano ma dopo un’ora desistiamo: ci convince Mr. Toe e resteremo nelle sue mani per un paio di giorni. Mandalay Palace (10.000k a testa il pass turistico), poi Kuthodaw Paya (“il libro più grande del mondo”) e Sandamuni Paya. Tramonto a Mandalay Hill dove sdoganiamo definitivamente i piedi nudi sulla particolarmente sporca scala mobile e dove parliamo in inglese con 20 ragazzini birmani su richiesta del loro insegnante (ne avevamo letto sulla LP senza prenderla sul serio); spiacente per chi si è sorbito il mio inglese scolastico annuendo educatamente ma con espressione da “che stai dicendo?”. Diamo all’autista appuntamento per domani mattina e 20.000k per oggi. Cena in un locale all’aperto, due parole con tre nordeuropei che vivono in Cina e stanno visitando la Birmania in moto (stima), quindi a dormire.
19 NOVEMBRE: DINTORNI DI MANDALAY (AMARAPURA, MINGUN, SAGAING, INWA)
Sveglia presto, Mr. Toe e alba all’U Bein’s Bridge di Amarapura. Ne percorriamo buona parte fra birmani che fanno sport e stretching; altri turisti raggiungono con piccole barche aree circostanti adatte a fotografarlo a quest’ora. Per le mete di oggi ci affidiamo in toto al nostro tassista. Rifiutata con cortese fermezza la colazione che ci propone (bancarella in un vicolo con polvere e cani randagi del genere quel che non ti uccide ti fortifica) partiamo per Mingun, raggiungendola alle 8.30; la maggior parte dei turisti arriverà più tardi con il traghetto da Mandalay, più rapido della macchina, il che spiega le bancarelle chiuse e l‘aria ancora sonnacchiosa dell’insieme a quest’ora. Vediamo la Hsinbyume Paya (bianca), la campana gigante (è una campana gigante), la Mingun Paya (mi piace), tenendoci a distanza da un cane randagio ringhiante e forse rabbioso. Una venditrice ci approccia in italiano con frasi su Totti. Alle 9.30 Mingun comincia ad animarsi e noi partiamo per Sagaing, dove facciamo due di tappe: Soon U Ponya Shin Paya (sulla collina, ha una terrazza con ampio panorama), e l’Umin Thounzeh (fotogenico). Sul tragitto per Inwa incrociamo una moltitudine di studenti e monache con le rispettive divise (immagine suggestiva) e facciamo tappa in un edificio monastico dove un cane randagio mi frega un calzino lasciato nelle scarpe tolte per entrare. Alle 12.00 l’autista parcheggia e con una barca attraversiamo il fiume per raggiungere Inwa. Ci adeguiamo al clima straturistico su due calessini trainati da poveri cavalli (10.000k a calessino all’ora). Il traffico è da tangenziale, però con strada stretta e sterrata e ingorghi di calessini. La tappa più piacevole per me è il Maha Augmye Bonzan, dove mi diverte la vista (poi ricorrente) dei monaci che si fotografano con smartphone grossi così. Torniamo da Mr. Toe, tappa in un laboratorio/negozio tessile ed a metà pomeriggio siamo in albergo; 60.000k di taxi per la giornata. Un paio d’ore di riposo, cena in un ristorante cinese, a dormire.
20 NOVEMBRE: TRAGHETTO MANDALAY – BAGAN
Sveglia presto, check-out e Mr. Toe ci porta al molo del traghetto turistico Mandalay-Bagan prenotato un paio di sere prima in albergo (58$ a testa). Verso le 7.00 si salpa. Siamo circa 40 turisti, la giornata sarà tranquilla e rilassante, i panorami sull’Ayeryarwady River carini benché monotoni e mai mozzafiato. La barca è confortevole: sala chiusa al piano inferiore con sedili imbottiti e aria condizionata polare, ponte superiore con tavolini e sdraio. Colazione. A metà mattina tappa in un villaggio sulla riva, carino; Ale ne esce con un cappello di paglia. A pranzo apprezzo la zuppa di lenticchie. Pomeriggio sempre sul ponte alternando sdraio, bar, libro, sonnellino e sole. Intermezzo semicomico dell’equipaggio che spiega l’usanza birmana di decorare/proteggere il viso con il thanakha e i molteplici improbabili utilizzi del longy (per noi foularò), diffusissima alternativa ai pantaloni. Alle 17.00 siamo a Bagan. Taxi, pass turistici (20$ a testa) e chiediamo all’autista di portarci in un buon posto per il tramonto. Sceglie un tempio tra i più popolari a quest’ora (Buledi); in realtà il sole è già sotto l’orizzonte ma abbiamo un primo assaggio. Raggiungiamo il bell’albergo a Nyaung-U. Cena in un ristorante poco distante e poi a dormire.
21 NOVEMBRE: BAGAN
Finalmente dormiamo fino alle 8.00. Colazione robusta in hotel. Prendiamo tre scooter elettrici prenotati ieri sera alla reception, molto popolari tra i turisti: sono economici (8.000K a scooter al giorno) e permettono di muoversi in autonomia. Iniziamo dalle strada asfaltate di Old Bagan e poi ampliamo il raggio agli sterrati comunque frequentatissimi della piana circostante, tra templi enormi e affollati e stupa piccoli e vuoti. Compriamo eccentrici pantalò, popolarissimi tra i turisti ed evitatissimi dai birmani. Diamo corda a un ragazzo che ci porta in un tempietto con bel panorama dalla copertura per poi venderci un suo disegno (fa parte del gioco). Riprendiamo il giro in autonomi. Templi, stupa, stupa, templi. A metà pomeriggio ci arrampichiamo su un piccolo tempio per il tramonto, con panorama discreto (tra noi e il sole pochi edifici). Imbocchiamo la vicina strada asfaltata e intanto fa buio; riusciamo a tornare in albergo grazie alla sim birmana e al ragazzo che si ferma per aiutarci. Cena al ristorante indiano vicino all’hotel. A dormire. Giornata ricca di soddisfazioni.
22 NOVEMBRE: BAGAN
Sveglia presto. Karine e Ale non sono in forma (stomaco, pancia, dolori e febbriciattola). Scooter elettrici. Alba alla Shwegugyi Paya di Old Bagan, facile da raggiungere e con terrazza accessibile (sono pochi i templi su cui si può salire); è affollata ma il panorama piacevole: alba + templi + stupa + mongolfiere. Torniamo in albergo per colazione e ancora un po’ di riposo. Ripartiamo a metà mattina sempre per sterrati. Karine e Ale dopo un po’ gettano la spugna, Simo e io continuiamo l’esplorazione. Su uno sterrato ci circonda una mandria di mucche. Vicino alla Dhammayazika Paya saliamo sull’edificio – l’863 – che secondo me ci offre il migliore panorama dei due giorni a Bagan. Alle 14.00 torniamo in albergo per rilassarci un paio d’ore in piscina. A metà pomeriggio andiamo con Karine (sta meglio) a vedere il tramonto dal tempio della prima sera (Buledi), in effetti molto adatto benché sempre affollato. Cena in albergo; ci raggiunge Ale che si sta riprendendo. Bene. A dormire.
23 NOVEMBRE: BAGAN – KALAW
Sveglia presto e colazione. Karine e Ale sono in forma. Arriva il taxi prenotato ieri (100$); è una berlina e non il minivan che avevamo chiesto. Imprechiamo. Incastriamo i bagagli e noi stessi. Con un paio di tappe e schiene e sederi provati arriviamo a Kalaw alle 14.30, saltando il Monte Popa. Albergo alla buona e cittadina anonima; qui si viene per i trekking, nel nostro caso (e per la maggior parte dei turisti) verso il lago Inle. Nei mesi scorsi Ale ha contattato due agenzie indicate sulla LP. Scegliamo Sam e andiamo nella sua sede per prenotare l’escursione 3 giorni / 2 notti per domani mattina (40.000k a testa con cibo e notti); ci danno spiegazioni varie e sottolineano che le sistemazioni “non sono alberghi”; sottovaluto la sottolineatura. Facciamo un giro nel vicino mercato e saliamo la scalinata che porta alla Thein Taung Paya, da cui si vede Kalaw dall’alto. Spesa per i prossimi giorni (snack e carta igienica) e riorganizzazione dei bagagli; terremo gli zainetti da 30 lt mentre l’agenzia porterà gli zainoni da 60-80 lt direttamente al lago Inle. Cena nel locale consigliato da Sam, troppo verace per i nostri standard quindi lasciamo i piatti mezzi pieni per probabilmente eccessivi timori igienici. Cracker in hotel. A dormire. Giornata poco emozionante, come Kalaw.
24 NOVEMBRE: TREKKING KALAW – LAGO INLE (GIORNO 1)
Sveglia presto e colazione. Raggiunta la sede di Sam teniamo gli zainetti e lasciamo gli zainoni. Conosciamo i nostri compagni di avventura (Saki e Rèmi, coppia francese in viaggio per 6 mesi nel sud-est asiatico) e la guida (Noelì, ragazza 22enne, minuta, simpatica, a tratti sulle sue), foto di rito e partenza alle 8.30. Parentesi: il trekking prevede circa 60 km in 3 giorni (25+25+12), nessuno di noi è sportivo quindi siamo impreparati ma dalla nostra dovremmo avere età e volontà; non siamo abituati a campeggi e rifugi né ai relativi disagi e compromessi di confort; chiusa parentesi. Usciamo da Kalaw e ci inoltriamo per boschi e coltivazioni di riso, salendo di quota. Alle 12.00 tappa pranzo, condivisa con altri gruppi by Sam e quindi piuttosto affollata; dall’alto bel panorama su vallata e colline. Dopo un paio d’ore ripartiamo. Il meteo si guasta (nuvole e a tratti pioggia). Si alternano panorami belli (campi coltivati e persone al lavoro) e bruttini. Camminando sui binari di una linea ferroviaria arriviamo in un minivillaggio con ministazione e bar molto local dove stuzzicati da Noelì affrontiamo la nostra ritrosia alimentare mangiando dolcetti molto casalinghi. Camminiamo ancora un paio d’ore con pioggia e fango in aumento. Nuvoloni e acqua rendono i colori più intensi e i paesaggi più suggestivi. Bagnaticci e stanchi raggiungiamo al tramonto il villaggio dove dormiremo. Sbatto la faccia contro il concetto di “non sono alberghi”: ospiti di una famiglia in una casa in legno rialzata e con tetto in lamiera, abbiamo una stanza ampia dove mangeremo e dormiremo praticamente sul pavimento; doccia (barile d’acqua con secchio per tirarsela in testa) e bagno (turca dall’odore pessimo) sono in cortile, il che mal si sposa con fango e pioggia. Per oggi saltiamo la doccia. La banca mi informa con sms che qualche s****o ha clonato la carta di credito che quindi è stata bloccata. Impreco. Ceniamo. Dormiamo. Di notte pioggia, tuoni e vento; tetto metallico e rincoglionimento la fanno sembrare una violenta tempesta tropicale; pensieri sconclusionati di alluvioni e squadre di soccorso con mezzi anfibi pilotati da Bertolaso e Gabrielli. Impreco. La stagione delle piogge finirebbe a ottobre. Notte abbastanza in bianco per tutti.
25 NOVEMBRE: TREKKING KALAW – LAGO INLE (GIORNO 2)
Buongiorno mondo! Non è vero. Luce del giorno e uscita dal dormiveglia però riportano lucidità: è piovuto meno di quanto fosse sembrato, le strade sono fangose ma non come temuto stanotte. Ora pioviggina. I gruppi più mattinieri partono con facce comunque funeree. Colazione. Partiamo anche noi. Smette di piovere e le nuvole sembrano diradarsi, anche se il fango a terra ci rallenta parecchio. Maciniamo km tra paesaggi insignificanti e scorci piacevoli; i peperoncini rossi a essiccare saranno per me l’immagine più bella del trekking. Con le ore il meteo migliora. Contadini che raccolgono zenzero (“E non è ironico che questo zenzero / sia tipico dell’Asia tropicale / un posto dove ignorano il Natale / ma quanto a zenzero / mollali”). Ora cielo terso e molto sole; ci lamentiamo del caldo, mai contenti. Raggiungiamo sui gomiti il villaggio della tappa-pranzo; scattiamo foto delle nostre pessime condizioni delle quali potremo sorridere in futuro. Mangiamo in stato catatonico. Alle 15.00 si riparte e prima del tramonto siamo al villaggio dove passeremo la notte. Sistemazione analoga a ieri ma con meno fango visto il bel tempo. I francesi si fanno la doccia, noi insistiamo con le salviette umidificate; verosimilmente puzziamo il giusto. Cena. Alle 20.00 siamo pronti a dormire e Noelì comprensibilmente ci sfotte. Notte asciutta ma comunque abbastanza insonne per tutti.
26 NOVEMBRE: TREKKING KALAW – LAGO INLE (GIORNO 3)
La quasi imminente fine del trekking ci dà forze ed energie insperate. Il pensiero di una doccia e un bagno con lo sciacquone tra poche ore è dolcissimo. Colazione. Partenza. Traffico di escursionisti perché avvicinandoci al lago i tragitti delle varie agenzie confluiscono. Consueta alternanza di panorami piacevoli e insignificanti. Biglietteria su questa recondita strada sterrata dove si paga il pass per il lago Inle (13.500k a testa); traguardo in vista. Ultime difficoltà per un tratto in ombra, fangoso e pietroso, poi finalmente ciò che aspettiamo da due giorni: il lago, o meglio un canale che è una sua propaggine ma soprattutto che sancisce la conclusione del trekking. Pranziamo con un sorriso ebete da “è finita”. Ringraziamo e salutiamo Noelì, che già domani guiderà un trekking di 1 giorno (stima). Una motolancia ci porta a Nyaungshwe dove si trovano i nostri hotel. Il tragitto offre un piacevole assaggio del lago. Salutiamo i nostri compagni di avventura francesi. Tuk tuk per l’albergo, che è molto charmant e dove ritroviamo i nostri bagagli. Ci teniamo il pomeriggio per non fare nulla. Aperitivo in hotel e cena in uno dei ristoranti della zona. A dormire. Su un materasso, docciati, con bagno in camera. Meraviglia.
27 NOVEMBRE: LAGO INLE
Sveglia tardi (8.00; la pagheremo). Colazione. Alle 9.00 arriva la guida chiesta ieri alla reception; raggiunto il piccolo molo partiamo con la motolancia: noi 4, la guida (che parla inglese) e il ragazzo che pilota.
Tappa 1: finto pescatore in mezzo al lago che si mette in posa (rema, pesca, ecc.) in base a quanti soldi gli dai; noi evidentemente pochi perché resta seduto e ci mostra un pescetto con aria incazzata.
Tappa 2: orti galleggianti. A spiegazione finita chiediamo alla guida di andare al mercato del giorno, poco distante, ma risponde che ormai è finito (sono le 10.00); peccato.
Tappa 3: laboratorio/negozio tessile (seta, cotone, loto); spiegazione per turisti, persone che lavorano a vecchi telai in legno (realtà? finzione? chissà); ci sentiamo in dovere di comprare (sciarpe in seta e cotone).
Tappa 4: laboratorio/negozio di sigari e affini; spiegazione e ci sentiamo in dovere di comprare (sigari e portasigari).
Tappa 5: laboratorio/negozio di argento; stufi di spendere e visto lo stile demodé delle cose in vendita usciamo almeno da qui a mani vuote. Con un piccolo supplemento (3.000k) concordiamo di raggiungere l’estremità sud del lago, fuori dall’area standard. La meta (Thaung Tho, tappa 6) di per sé non ci emoziona ma il tragitto è piacevole; quaggiù ci sono meno turisti e il lago è in realtà un intrico di canali; a Thaung Tho ogni 5 giorni c’è il mercato, ma oggi no. Torniamo nell’area standard.
Tappa 7: Phaung Daw Oo Pagoda, affollatissima di barche, turisti e bancarelle.
Tappa 8: Nga Hpe Kyaung (Monastero del gatto che salta). Fine (28.000k motolancia e guida). A metà pomeriggio siamo in camera. Relax. Ci restituiscono le scarpe da trekking sfangate. Cena in un ristorante dove siamo gli unici clienti, contravvenendo alla regola del “solo con altri turisti”. Comunque ci troviamo bene. A dormire.
28 NOVEMBRE: LAGO INLE – YANGON – MOULMEIN
Sveglia presto, colazione e bagagli. Taxi minivan (evviva!) per l’aeroporto di Heho (35.000k). Hall piccola, vecchia, fredda: no tabelloni, no altoparlanti, no banchi check-in, solo scrivanie vuote. Arrivano impiegati con infradito e cappelli di lana; con calma montano pc portatili, stampanti e accessori, allestendo anche il nostro banco check-in. Ai controlli gli zaini passano nel tunnel-scanner ma non c’è nessun addetto a controllare lo schermo; apprezzo lo sticazzismo. La sala d’aspetto è uno stanzone che presto si riempie e così c’è chi aspetta fuori, ai margini della pista. Passano l’ora dell’imbarco e del decollo; nessuno sa nulla ma la moltitudine di passeggeri è tranquilla e noi pure. Dopo un’ora atterra un ATR, ovazione. Una tizia annuncia il primo volo con un megafono e una paletta con un foglio appiccicato. La scena si ripete con variazioni sulle modalità di comunicazione mentre gli aerei atterrano, scaricano, caricano e ripartono con buona frequenza. Decolliamo con due ore di ritardo. L’aeroporto di Heho mi resterà nel cuore. Atterriamo a Yangon. Per raggiungere Moulmein via terra (300 km circa), non avendo trovato voli, cerchiamo un taxi: 180$ per una station wagon, 280$ per un minivan. Sacrifichiamo il confort all’austerity. L’autista non parla inglese. Viaggio stancante per noi e per lui: nessuna interazione, nessuna pausa, velocità media di 60 km/h, abuso del clacson anche per gli standard birmani, sedili scomodi. Saltiamo il Golden Rock. Col buio speriamo che il tassista non si addormenti (ne avrebbe il diritto). Arriviamo vivi ma provati alle 19.30. Sostituiamo la prenotazione dei letti in camerata con due meritate camere doppie. Ceniamo al ristorante dell’hotel, all’aperto e stiloso per i nostri standard. A dormire. Giornata di trasferimento a suo modo folkloristica. Moulmein è fuori dagli itinerari classici della Birmania, siamo curiosi.
29 NOVEMBRE: HPA-AN – MOULMEIN
Sveglia. Colazione. Tuk-tuk per l’imbarcadero della barca per Hpa-An prenotata ieri sera in hotel (10.000k a testa). Motolancia stile lago Inle, solamente un po’ più grossa; siamo circa 15 turisti e quasi tutti gli altri hanno trolley e zainoni perché sommano gita e spostamento. Partiamo alle 8.30. Panorami poco emozionanti come sul tragitto Mandalay-Bagan. Dopo 1h30’ tappa a un monastero molto bello. Alle 12.30 siamo a destinazione. Nell’ultima ora di navigazione apprezziamo le strane montagne che punteggiano la zona. Sbarcati impieghiamo mezz’ora a trovare un taxi.
Tappa 1: Kyauk Kalap; carino. Tappa 2: Saddar Cave; non sono un appassionato di grotte quindi mi focalizzo sui lampioni colorati, simpaticamente trash come del resto le corone/aureole a led che adornano molte statue del Buddah in tutta la Birmania; all’uscita non percorriamo la grotta a ritroso ma prendiamo una barchetta a remi (6.000k in tutto), camminiamo 10’ e chiudendo il cerchio rieccoci al taxi. Tempo finito per Hpa-An, alle 16.30 siamo a Moulmein (50.000k al tassista). Passeggiamo un paio d’ore a cavallo del tramonto, senza entusiasmarci granché; lo scorcio più interessante è il panorama dall’alto dalla Kyaikthanlan Paya. Cena al ristorante dell’albergo; un ratto grosso così stona con l’ambientazione zen; rannicchio le gambe sulla sedia. Ceniamo e andiamo a dormire.
30 NOVEMBRE: MOULMEIN – YANGON
Sveglia presto. Oggi siamo ko Simo ed io (anche per noi stomaco, pancia, dolori e febbriciattola). Taxi per Yangon. Station wagon a 100$, quasi la metà rispetto al tragitto inverso di due giorni fa. 6 ore di viaggio comprese pause per sgranchimento (una), atm (una a vuoto e un’altra a segno, molto sentite dall’autista che ci tiene a essere pagato), vomito (due); il maggior brio al volante è vanificato dall’infernale traffico di Yangon, per cui una volta in città impieghiamo 1h30” per raggiungere il Best Western in zona Chinatown. Finalmente arriviamo, per l’ennesima volta provati nelle schiene e nei sederi nonché, Simo ed io, nelle viscere. Anche qui la felicità è rappresentata da un materasso e un bagno. Pomeriggio di convalescenza per noi malaticci; Karine e Ale girano per Downtown. Cena in albergo. A dormire.
1 DICEMBRE: YANGON
Ultimo giorno di vacanza. Colazione. Usciamo a piedi. Iniziamo dal vicino Bogyoke Aung San Market dove compro altri pantalò. Andiamo a piedi alla Shwedagon Paya, la più famosa della Birmania, entrando dalla scalinata sud. Consigli: pantaloni che coprano le ginocchia e sacchetto (li distribuiscono sulle scalinate) per le scarpe/ciabatte in modo da poter uscire da un ingresso diverso da quello da cui si entra. La Paya è molto bella, impressionante per dimensioni e ricchezza. Trascorriamo qui un’ora, poi Simo torna in albergo (è ancora malaticcio) e noi altri andiamo a piedi verso est. Raggiungiamo il lago Kandawgyi e saliamo alla Ngahtatgyi Paya e alla vicina Chaukhtatgyi Paya, ciascuna con una grande statua del Buddah. Torniamo sempre a piedi verso la Paya attraversando quartieri vari e variegati, come di consueto il modo migliore per visitare una nuova città. Seduti sull’erba alla base della scalinata ovest troviamo divertente che un monaco chieda di fotografarci con il bambino che ha in braccio, ma del resto gli esotici siamo noi. Saliamo alla Paya per il tramonto e rientriamo a piedi al Best Western dove Simo è in via di guarigione. Cena in hotel anche stasera. Valigie. Domani si parte e ammettiamo che non ci dispiace. A dormire.
2 DICEMBRE: YANGON – DOHA – MILANO – TORINO
Sveglia alle 3.00, taxi alle 4.00 e alle 4.30 siamo in aeroporto. Volo per Doha, saluti ai miei compagni di viaggio che vanno a Parigi, volo per Milano, auto per Torino. Occidente sweet Occidente. Cena. A dormire nel mio letto. Meraviglia.
CONSIDERAZIONI
Sono ignorantemente partito con aspettative molto alte, soddisfatte in parte. Nei viaggi apprezzo soprattutto i bei panorami, qui limitati all’area di Bagan, ad alcuni scorci del trekking, del lago Inle e di specifici edifici, alla quotidianità birmana; di contro è stato sicuramente interessante l’impatto con il mondo asiatico, per me sconosciuto e quindi nuovo in tutto; da cogliere finché dura lo stile di vita un po’ fuori dal tempo e le sue implicazioni locali e materiali (usanze, abbigliamento, trasporti, edifici, ecc.), prima dell’inevitabile globalizzazione che in un paio di centri commerciali a Yangon mostra le prime avvisaglie. In sintesi viaggio più istruttivo che non spettacolare. Tutti d’accordo che sia stato più faticoso del previsto e dei viaggi fatti (altrove) in precedenza. Opinioni del tutto personali e figlie di mille variabili quali carattere, gusti, meteo, stati d’animo, stanchezza, ecc.:
Mandalay e dintorni: città bruttina; blandamente interessanti alcuni monumenti visti; meglio i dintorni, soprattutto Mingun e Inwa; evitabile se si hanno tempi stretti;
Barca Mandalay – Bagan: più rilassante che panoramica; unico vero e intero giorno di riposo della vacanza;
Bagan: la meta più bella; consiglio 2-3 giorni, anche se possono diventare ripetitivi; ok gli scooter elettrici, valutare una guida per un giorno per approfondire; pochi i templi su cui si può salire per vedere il panorama;
Trekking Kalaw – lago Inle: impegnativo per lunghezza e sistemazioni spartane; per chi è abituato a camminate e rifugi probabilmente è normalissimo; spiazzati da pioggia e fango a novembre; panorami a tratti insignificanti alternati a scorci belli e suggestivi, soprattutto per le coltivazioni, le persone, i villaggi; contento di averlo fatto; il compromesso può essere un trekking più breve (1 o 2 giorni);
Lago Inle: un solo giorno è poco; turistico ma piacevole; con un giorno in più avrei visitato un tratto della costa in bici, cambiando il punto di vista rispetto al consueto tour in barca;
Moulmein e dintorni: bruttina come Mandalay; anche i dintorni poco entusiasmanti, almeno per il pochissimo visto; apprezzati il fatto di essere fuori dalle zone più turistiche e le scene di quotidianità viste nel tragitto a/r con Yangon;
Yangon: metropoli in salsa birmana, cioè spesso caotica, sporca e arretrata; nonostante ciò, o forse per questo, interessante; ok un paio di giorni.
ALBERGHI
Tutti prenotati su booking ad agosto, adattandoci al rialzo in alcuni casi per la disponibilità già scarsa (novembre è alta stagione). Spesa media di 35 € a notte a testa, tra alberghi alla buona e altri più piacevoli e costosi; niente ostelli. Eccoli:
– Mandalay (2 notti): Hotel 8, **, camere superior, 19 $ a testa a notte;
– Bagan (3) – Nyaun-U: Zfreeti Hotel, ***, camere deluxe, 52,5 $ a testa a notte;
– Kalaw (1): Mya Sabai Inn, camere standard, 13,5 $ a testa a notte;
– Trekking (2): n.g.;
– Lago Inle (2) – Nyaungshwe: La Maison Birmane, **, cottage (due camere affiancate), 40 $ a testa a notte;
– Moulmein (2): Cinderella Hotel, ***, camere deluxe, 32,5 $ a testa a notte;
– Yangon (2): Best Western Chinatown, ****, camere deluxe, 49 $ a testa a notte.
I miei preferiti sono stati quelli di Bagan e lago Inle, non a caso tra i più cari. Le camere deluxe sono valse i pochi euro in più rispetto alle standard. Visto che il Paese è tendenzialmente impegnativo, viziarsi un po’ con gli alberghi ci sta, anche per compensare gli standard più bassi rispetto all’Europa. Quasi tutti permettono di prenotare sul momento escursioni, guide e spostamenti (taxi, barche, ecc.).
TRASPORTI
Volo intercontinentale Qatar Airways Milano-Doha-Yangon a circa 750€ a/r. Voli interni Myanmar National Airline Yangon-Mandalay 108$ e Heho-Yangon 91$. Molti taxi e nessun autobus quindi abbiamo speso di più, risparmiato tempo, guadagnato in flessibilità, perso in confort. Per i trasporti in loco (taxi, barche, scooter) abbiamo speso circa 200€ a testa. Interessanti l’esperienza all’aeroporto di Heho e, nei vari spostamenti in auto e barca, molti scorci sulla vita birmana di tutti i giorni.
SOLDI
Non ci siamo trattati male pur senza scialacquare. Per me circa 2.200€, così suddivisi: 1.200€ trasporti; 400€ alberghi (trekking escluso); 100€ cibo; 100€ ingressi e trekking; 400€ varie (vaccini, assicurazione sanitaria, visto, ecc.). Siamo partiti con $ in contanti; un po’ li abbiamo cambiati in kyat, molti li abbiamo usati direttamente (alberghi, taxi, ecc.). Atm per prelevare (noi con carte di credito, non so se funzionino i bancomat del circuito Maestro); spesso però sono offline e quindi inutilizzabili. Carte di credito accettate poco ma opportune per eventuali imprevisti (sgraaaat).
METEO E ABBIGLIAMENTO
Novembre 2017: caldo ma senza esagerare per temperature e umidità; credo sui 30° piuttosto secchi. In generale prevalenza di sole. Fantozziana la pioggia sul trekking. Spesso pantaloncini, talvolta pantalò, qualche sera jeans. Aria condizionata polare (tenere maglia a portata). Nei templi chiedono di evitare canottiere e pantaloni troppo corti; più fiscali nella Shwedagon Paya di Yangon dove impongono foularò a chi ha le ginocchia scoperte. Entrare a piedi nudi in molti luoghi (togli rimetti, togli rimetti) è più semplice con sandali o infradito che non con calze e scarpe; si cammina scalzi su ogni genere di sporco.
CIBO E SALUTE
Cautela o paranoia? Denti lavati con acqua in bottiglia (ci sta); bocca chiusa sotto la doccia (ci sta); amuchina gel sempre a disposizione (nel dubbio). Di contro chissenefrega se nei ristoranti o bar portano bicchieri bagnati perché lavati da poco (altrimenti non se ne esce). Evitato lo street food. Apprezzate le colazioni varie e abbondanti di alcuni alberghi. Pranzi e cene in locali turistici con clienti occidentali, fatte salve poche eccezioni in ristoranti o bar più local. Un giorno a testa da malaticci è comunque toccato; se sia dipeso dal cibo non è dato sapere; in ogni caso ce la siamo cavata con poco. Col passare dei giorni abbiamo perso un po’ di rigore (ad es. cocktail con ghiaccio). Da altri racconti TPC un approccio più spigliato non ha dato problemi. Cibo: curry (pollo, maiale o pesce), riso, noodles, zuppe (lenticchie!); la buona tavola non è tra i fiori all’occhiello birmani. Alcune colazioni ci hanno fatto saltare il pranzo; il pasto più caro è costato 8 € a testa; alcuni altri erano compresi nelle escursioni; da questo conseguono i soli 100 € alla voce cibi e bevande.
Caotico il tema vaccini: Paese in cui vivi (Francia, Olanda, Italia), vaccini che ti consigliano. Per la mia ASL sufficienti antiepatite e antitifo (ticket da 40€). All’estremo opposto Simo ha fatto l’antirabbia. No profilassi antimalarica, solo spray antizanzara; qualcuna ci ha punto lo stesso ma siamo vivi e in salute. Fondamentale l’assicurazione sanitaria; per me 120€ con AIG di cui per fortuna non ho testato l’efficienza. L’impressione (sottolineo impressione) è che in Birmania sia assai consigliabile non avere bisogno di cure mediche serie.
PERSONE
I birmani sono generalmente gentili e amichevoli. Abbiamo abusato del gioioso mingalabar (“mingalabaaaaaa”, buongiorno) sia in risposta a chi ci salutava, sia prendendo l’iniziativa. Particolarmente caratteristici i monaci (top quello che usava il decespugliatore con “saio” rosso e galosce) e i bambini che, soprattutto in gruppo, sono visibilmente incuriositi dagli occidentali. Simpatici Mr. Toe, Noelì e le receptionist della Maison Birmane del lago Inle. Tra i turisti europei molti francesi (spesso in periodo sabbatico di 6-12 mesi) e pochissimi italiani, ma del resto era novembre. Ci ha stupito incrociare molti gruppi di ragazze e ragazze sole, evidentemente la Birmania è vista come una meta piuttosto sicura da questo punto di vista e in effetti non abbiamo avuto l’impressione del contrario.