E alla fine ne resterà solo uno: Ponte Vecchio
LA COSTRUZIONE
Attorno ai primi secoli degli anni 1000, tutti i ponti fiorentini erano costruiti quasi interamente in legno, quindi spesso e volentieri a seconda del volere dell’Arno, potevano veder sorgere il sole ma non essere tanto fortunati da vederlo tramontare. Costruisci oggi, ricostruisci domani, alla fine seguendo l’esempio dei 3 porcellini che di volta in volta costruivano una casa sempre più solida per difendersi dal lupo, arrivarono alla decisione che occorreva realizzare una struttura molto più solida ma soprattutto più duratura rispetto a quelle fino a quel momento realizzate. C’è da dire che al tempo avevano a disposizione le vere eccellenze sia a livello progettuale che esecutivo, quindi non ci si stupisce se nel 1345 costruirono una versione innovativa (ma talmente innovativa da essere il primo esempio europeo), di un ponte che fino a 10 minuti prima era retto da travi di rovere e che, 671 anni dopo si sarebbe trovato vittima della moda dei lucchetti.
Indice dei contenuti
Per trovare la soluzione a questo annoso problema, il buon Taddeo Gatti, allievo di Giotto, iniziò a studiare le piene dell’Arno compresi i flussi e le correnti, arrivando quindi a capire il perchè i ponti venivano trascinati via alla velocità della luce. Capito il problema, trovata la contromossa: realizzare una struttura ad archi ribassati, minori nel numero ma maggiori nell’ampiezza, in modo da abbassare il baricentro ed al tempo stesso permettere ai detriti trasportati dalle acque di defluire via con maggior facilità. Per valutare il risultato di quest’invenzione, basti pensare che ad oggi, questo è l’unico ponte fiorentino a non essere MAI caduto sotto i colpi dell’Arno.
Curiosità: Leggenda vuole che i lucchetti che si trovano sulla recinzione attorno del busto del Cellini, non siano di origine “moccesca” bensì legati alla tradizione fiorentina dell’Accademia di San Giorgio alla Costa: secondo quest’usanza i militari appartenenti a questa accademia, al terime della leva, tramutavano i lucchetti dei propri armadietti in portafortuna, agganciandoli alle catene del Ponte.
IL CONTRIBUTO MEDICEO
Passarono gli anni e i Medici divennero i signori indiscussi della città, così nel 1565 il Granduca Cosimo I, chiese al suo fraterno amico (talmente amici ed in simbiosi che morirono a poco tempo di distanza l’uno dall’altro) Giorgio Vasari, già famoso per la Galleria degli Uffizi, di costruire un percorso protetto, che passando sopra i tetti collegasse l’ufficio alla casa: fu quindi così che nel Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti vennero messi in comunicazione l’uno con l’altro. Il Corridoio Vasariano fu inaugurato solamente 5 mesi dopo… ripeto 5 mesi, tanto o meglio così poco ci volle per coprire in modo così sublime quel chilometro scarso che divide i due palazzi.
I motivi per cui Cosimo ritenne necessaria quest’opera erano notevoli ma questi sono i principali 4:
- Il timore degli attentanti e degli assassinii ai danni della sua famiglia;
- L’opportunità di “spiare” la città senza per questo essere visti;
- Il segreto legato ai loro spostamenti da una parte all’altra della città;
- Per lanciare un messaggio nemmen troppo subliminale del “Io sono il Signore assoluto e posso camminare sulle teste di voi cittadini di serie B,C e D,come più mi pare e piace”.
Su questo Corridoio potremmo scrivere libri e libri da tanto è lunga ed importante la sua storia infatti, durante le visite organizzate, le guide si trovano in difficoltà a concentrare tutte le notizie nella sola ora a disposizione, per questo io riporto le 4 curiosità secondo me più carine:
- Appena passato l’Arno, il ponte fa una strana curva, quasi innaturale… perchè? Perchè il suo percorso “dribla” una torre appartenente alla famiglia dei Mannelli, i quali audacemente riuscirono a tener testa al Granduca impedendogli di inglobare il proprio edificio all’interno dell’opera del Vasari. Nonostante l’insistenza più o meno cortese, alla fine Cosimo I dovette arrendersi alla caparbietà dei Mannelli, tanto che si trovò costretto a dover accettare la sconfitta e con animo sportivo pronunciò la celebre frase “ognuno è padrone a casa propria“
- Delle torri di guardia un tempo posizionate ai 4 angoli del ponte e che servivano per sorvegliarne le due estremità, ne è rimasta integra solamente una: la Torre dei Mannelli.
- Originariamente i negozi che aprirono i battenti sul ponte, furono le macellerie e data la vicinanza al fiume, non è difficile immaginare come smaltissero i rifiuti provenienti da questo tipo di attività. Apparentemente il metodo era ineccepibile, se non fosse stato per il piccolo problema rappresentato dal sovrastante Corridoio Vasariano, ma soprattutto da chi lo attraversava: infatti, lo sgradevole profumino che scaturiva dalla lavorazione degli animali, arrivando fino alle finestre andava ad infastidire il Mediceo olfatto. Con una finissima operazione di marketing, Ferdinando I nel 1593, fece sostituire le macellerie con le botteghe orafe, in questo modo facendo percorrere il famoso Corridoio ai suoi nobili ospiti e mostrando loro i gioielli e le pietre preziose esposte nei negozi, avrebbe dato lustro alla città e di conseguenza a se stesso. In onore ai maestri orafi divenuti una vera e propria istituzione, tanto da essere tutt’oggi ancora presenti, nell’arcata centrale del Ponte venne posto il busto del più abile di tutti: il Maestro Benvenuto Cellini.
- Dal momento che il Vasariano, metteva in comunicazione la Casa con l’Ufficio, perchè non metterci anche una Chiesa all’interno del percorso? E dov’è il problema? Basta aprire un accesso che conduca ad uno spalto privato, non visibile dalle navate ed il gioco è fatto. I Medici a loro piacimento, potevano tranquillamente assistere alle funzioni religiose che si tenevano nella Chiesa di Santa Felicita, senza correre il rischio di essere visti dagli altri fedeli.
- Purtroppo vi è un altro capitolo decisamente buio nella storia del Corridoio. Buio come la notte tra il 26 ed il 27 maggio 1993, quando lo scoppio di un’autobomba posizionata in via dei Georgofili stroncò la vita di 5 persone, compresa una neonata di 50 giorni e ferendone 48. Ovviamente oltre alla strage umana, questo attentato provocò notevoli danni alla struttura ed alle opere contenute al suo interno.
LA GRANDE GUERRA:
A 345 anni di distanza dai giorni in cui Ferdinando I si faceva bello grazie ai suoi gioiellieri, quello stesso corridoio sarebbe stato calpestato da ben altri personaggi, così anche Hitler come i Medici prima di lui, non potè resistere al richiamo della passeggiata sopraelevata attraverso il corridoio. Per celebrare al meglio quest’occasione, il duce dette ordine di creare 3 grandi aperture sul lato che guarda Ponte Santa Trinita, in modo che il fuhrer potesse godere in toto della magnifica vista sulla città ed il suo fiume.. e chissenefrega se in questo modo viene stravolto il disegno originario e rotta la simmetria rappresentata dalla regolarità delle piccole finestre rotonde.
L’innamoramento del tedesco fu giusto un fuoco di paglia perchè, con l’esercito in ritirata, non ci pensò due volte a dare l’ordine di distruggere tutti i ponti che mano a mano incontravano, in modo da avere una fuga più agevole mettendo più distanza possibile tra loro e gli alleati. Ancora una volta però vi fu un solo superstite, sempre lui, l’unico che nel corso dei secoli era riuscito a tenere testa alla furia delle acque..ebbene si, il Ponte Vecchio riuscì un’altra volta a scamparla. Per la sua salvezza va ringraziato esclusivamente Gerhard Wolf, che scelse di salvaguardare la struttura anche se a discapito dell’adiacente quartiere di Borgo San Jacopo che sotto il peso dei bombardamenti, venne praticamente raso al suolo.
Il gerarca, a titolo di ringraziamento fu insignito con la cittadinanza onoraria e successivamente, nel 2007, una targa a lui dedicata venne posta in una delle due terrazze panoramiche.
Anche se l’esercito era in fuga, alla città, vennero lasciati in “eredità” cecchini su cecchini, i quali andarono a posizionarsi quasi tutti “di qua” d’Arno, con l’intento di presidiare il lato sud di Firenze per tenere a bada sia gli alleati che i partigiani, desiderosi di liberare definitivamente la città dagli invasori.
Durante la riconquista, non c’è nemmeno da dirlo a chi andarono gli oscar come miglior attore protagonista: al Corridoio Vasariano ed al Ponte Vecchio, nel ruolo dell’Highlander della situazione. Essendo rimasto l’unico punto di collegamento, sia coperto che non, tra le due parti della città, venne prima liberato dalle macerie e poi utilizzato dai partigiani come mezzo di comunicazione tra le due sponde dell’Arno. Passando al suo interno, potevano scambiarsi messaggi ed ideare piani di battaglia senza per questo esporsi troppo ai colpi dei cecchini.
IL PONTE VECCHIO OGGI
Che cosa potrei aggiungere? Credo sia meglio far parlare le immagini…