Castelli, città senza automobili e mulini a vento: viaggio on the road tra le meraviglie della Frisia

Scritto da: Pennywise1982
castelli, città senza automobili e mulini a vento: viaggio on the road tra le meraviglie della frisia

Quest’estate, in previsione del forte caldo e avendo la necessità di rimanere flessibili, soprattutto non comprando voli con troppo anticipo, abbiamo optato per una modalità di viaggio che amo particolarmente: Nord Europa on the road, con partenza e rientro da Novara. All’inizio avevamo le idee molto chiare: qualche tappa intermedia per poi fermarci qualche giorno nella Frisia Olandese. Da qui il nome del viaggio. Col passare dei giorni, programmando le tappe, la Frisia ha finito per assumere un ruolo sempre più marginale fino a diventare un mero punto d’appoggio per altre mete: un viaggio fantastico che ci ha permesso di vedere dei luoghi meravigliosi e che difficilmente dimenticherò.

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Diario di viaggio nella Frisia 

Giorno 1: Strasburgo

strasburgo

Siamo partiti da casa intorno alle sei del mattino con l’idea di fare colazione dopo un paio d’ore di strada. Ci siamo fermati al confine della Svizzera nella stazione di servizio a ridosso della dogana dove, pronti via, siamo stati sorpresi da un violento acquazzone. Avevamo già acquistato la vignetta online (finalmente niente adesivi sul parabrezza) quindi dopo colazione ci siamo rimessi in viaggio.

Intorno all’una del pomeriggio abbiamo raggiunto l’albergo dove avevamo prenotato una camera, il B&B HOTEL Strasbourg Nord Schiltigheim Lac, in assoluto il migliore di tutto il viaggio. A poche decine di metri dall’hotel, un comodissimo autobus ci ha portato a due passi dal centro storico di Strasburgo. Ci siamo quindi immersi nella incantevole atmosfera alsaziana ammirando le bellissime case a graticcio.

Con la sua guglia più alta, ben 142 metri e che l’ha resa fino al 1874 l’edificio più alto al mondo, già in lontananza la nostra attenzione è stata attirata dalla Cattedrale di Strasburgo, un indiscusso capolavoro di arte gotica. Prima di entrare ci siamo fermati parecchio tempo ad ammirare l’immane lavoro che è stato fatto al suo esterno. Per soffermarsi su ogni particolare servirebbero settimane intere. Dopo aver scattato decine di foto, non solo della cattedrale ma anche della pittoresca piazza antistante, siamo entrati. Con nostra piacevole sorpresa l’ingresso è gratuito. Personalmente non me lo aspettavo.

Avendo saltato il pranzo, nel pomeriggio si è cominciato a fare sentire un languorino. Ovunque veniva pubblicizzata Tarte flambée Alsaziana che, a dispetto del nome, è una semplice pizza. Si sa, i francesi sono nazionalisti e quindi una pizza nel forno a legna diventa tarte flambée. La versione tipica alsaziana prevede sopra la base panna acida, formaggio spalmabile, cipolle e pancetta. Abbiamo quindi deciso di fermarci in uno dei numerosi locali che la propone accompagnandola con una buona birra, divorandola in pochi bocconi. Devo dire che era molto buona. Non paghi, abbiamo deciso di fermarci ancora un po’ e di trasformare l’aperitivo in una cena ordinando un piatto di Escargot ed un altro piatto tipico alsaziano, il Baeckeoffe, uno stufato di carne e molta cipolla. Impegnativo come piatto estivo ma molto buono.

Dopo cena abbiamo optato per due passi, ma siamo stati sorpresi da una forte pioggia che per fortuna non è durata a lungo. Più si va a nord e più il tempo, all’interno della stessa giornata, diventa imprevedibile. Quando ha smesso di piovere ci siamo goduti la piacevole atmosfera di Strasburgo che, per bellezza ed atmosfera, è a mio avviso una meta estremamente sottovalutata. È stata la mia seconda visita e non esiterei a tornarci ancora. Tra la levataccia, le ore di macchina e i chilometri macinati a piedi per il centro storico, in prima serata abbiamo cominciato ad accusare la stanchezza così, preso lo stesso autobus dell’andata, siamo rientrati in albergo.

Giorno 2: Bingen am Rhein, Bacharach, Aquisgrana 

bingen am rhein

La tappa del giorno prevedeva Aquisgrana come meta finale, ma passando per la Valle del Reno, costeggiando l’omonimo fiume quanto più possibile, per vedere castelli e borghi e fermarci a pranzo in qualche luogo panoramico. Ci siamo svegliati con calma e, fatto il check-out, siamo partiti con l’idea di trovare, durante il tragitto, un posto dove fare colazione.

Fortunatissimi, ci siamo imbattuti lungo la strada in una fattoria a conduzione familiare con vendita diretta: Zapf Hofmarkt. Il luogo è davvero molto bello: il bar si trova subito accanto alla fattoria ed eravamo completamente immersi nel verde. Non ultima la bellezza del banco torte del bar: una selezione di torte (e dolci da forno) molto varia e dall’aspetto unico… siamo stati subito conquistati. Prima in classifica la Käsekuchen, versione tedesca della New York Cheesecake, che conoscevo grazie a mia mamma che ha vissuto molti anni in Germania (dove sono nato): da leccarsi i baffi, perfetta con un buon tazzone di caffè filtro. Altro piatto che mi ha riportato all’infanzia è stato la Torta streusel che mia nonna faceva sempre alla mele ma che qui abbiamo preso alle visciole: deliziosa! Quasi dispiaciuti di dover lasciare questo luogo ameno ci siamo rimessi in viaggio.

Siamo giunti a Bingen am Rhein, porta d’accesso meridionale della Valle del Reno. Senza addentrarci troppo tra le stradine siamo saliti nella parte più alta dove è arroccato il Klopp Castle che, oltre ad essere molto pittoresco, ha dei punti dai quali si può godere di una bellissima vista panoramica sulla parte bassa della città e sul Reno. In tutto il sito c’eravamo solo noi, un’altra coppia di turisti e un bel po’ di persone eleganti: ci siamo trovati nel bel mezzo di un matrimonio. Siamo quindi scesi nella parte bassa ad esplorare un po’ il lungo Reno. La parte pedonale è molto gradevole, ottima per una passeggiata, per un giro in bici, come punto di partenza per le crociere sul Reno o semplicemente per fermarsi a bere qualcosa in riva al fiume. Siamo rimasti poco più di mezz’ora facendo due passi dopodiché abbiamo deciso di proseguire.

Siamo nuovamente risaliti nella parte alta della città attratti da una chiesa, St. Rupertus und St. Hildegard, più interessante all’esterno che all’interno. Là abbiamo incontrato quattro turiste italiane, signore in viaggio on-the-road nonostante più mature di noi, in esplorazione dei dintorni e dirette a Bacharach come noi. Dopo aver fatto due chiacchiere nella piacevolissima lingua italiana ci siamo rimessi in cammino per strade panoramiche sul Reno e sporadici castelli.

L’idea iniziale era di fermarci per pranzo a Burg Rheinstein. Il castello è probabilmente molto bello ma abbiamo ritenuto che per visitarlo avremmo impiegato troppo tempo. Quanto al ristorante annesso, ci è sembrato un po’ troppo esclusivo e non panoramico come ci aspettavamo. Abbiamo quindi deciso di proseguire. Ci siamo fermati a Bacharach al Rheinblick Baerl, una sorta di pub annesso ad un campeggio. Bello il posto e rilassante l’atmosfera nel dehors con vista fiume. Abbiamo optato per due hamburger che, ahinoi, sono arrivati dopo circa un’ora. Ne abbiamo approfittato per un po’ di relax.

Dopo pranzo ci siamo rimessi in macchina costeggiando per qualche altro chilometro il Reno e poi andando verso nord-ovest. Per un bel pezzo, prima di raggiungere l’autostrada, abbiamo attraversato dei fiabeschi tratti stradali immersi nei boschi. Raggiunta l’autostrada, ad eccezione di una sosta per un caffè in una stazione di servizio, abbiamo puntato verso Aquisgrana che abbiamo raggiunto a metà pomeriggio. Lasciata la macchina in un parcheggio pubblico coperto abbiamo raggiunto il nostro hotel, il Mercure Hotel Aachen Am Dom, distante dal parcheggio circa 400 metri. Per fortuna si passava dal centro quindi abbiamo avuto un primo assaggio di questa graziosa città.

Abbiamo passeggiato un po’ per il centro, senza meta, fermandoci a scattare qualche foto e a godere dell’atmosfera della città. Non avendo voglia di una cena troppo impegnativa nel tardo pomeriggio abbiamo cercato una caffetteria informale dove mangiare una fetta di torta e bere una tisana.

Dopo la pausa, con una passeggiata di poco meno di un chilometro, siamo saliti nella città alta passando attraverso un bellissimo parco adagiato su di una collina. La passeggiata è molto piacevole ed il parco curato. La meta finale è il punto più alto dove si dovrebbe godere di una splendida vista panoramica. A metà strada, nel bel mezzo del parco, ci siamo trovati di fronte a quello che sembrava uno spettacolo teatrale di attori amatoriali in un semplice allestimento temporaneo. Peccato non conoscere una parola di tedesco, ci saremmo fermati volentieri ad ascoltare. Proseguendo abbiamo raggiunto la cima dove di per sé il luogo era incantevole ma la vista panoramica deludente in quanto degli alberi la ostruivano quasi completamente.

Siamo quindi scesi nuovamente in basso ma, prima di raggiungere il centro, ci siamo soffermati in una quartiere residenziale ai piedi della collina ad ammirare delle splendide ville ottocentesche. Disponendosi per un centinaio di metri ai due lati della strada erano davvero una più bella dell’altra.

Prima di rientrare in albergo, in serata, abbiamo fatto un’ultima sosta in un parchetto cittadino a vedere il Marienturm, un monumento ai caduti di guerra.

Giorno 3: Aquisgrana (Centro Ludwig, Cappella Palatina, Museo del Tesoro), Helmond, Neuen

aquisgrana

Avendo l’hotel a due passi dal centro abbiamo approfittato per fare colazione fuori prima del check-out. Siamo stati attratti dal Nobis Printen e.k. un locale che fa parte di una catena di forni con una selezione molto vasta di prodotti dolci e salati. Mangiare una fetta di torta accompagnata da un buon caffè in una bell’ambiente, confortevole, al piano superiore con vista cattedrale è stato molto piacevole.

Fatto il check-out e ripresa l’auto siamo andati a visitare il Centro Ludwig di Arte Internazionale. L’edificio che ospita la collezione è l’ex Fabbrica di ombrelli Emil Brauer. All’interno sono esposte molte opere di arte contemporanea indubbiamente molto interessanti anche se un po’ ostiche da comprendere. Luoghi come questo non sono per tutti. Per goderne appieno è richiesto uno studio preventivo o una visita guidata o quantomeno qualche pannello esplicativo in più. Non è semplice capire le opere, ciononostante la curiosità viene sempre stimolata per cui non ci si annoia mai. Almeno per me è stato così.

Ritornando verso il centro ci siamo imbattuti per caso in un complesso residenziale tipico per operai. Abbiamo parcheggiato l’auto e siamo andati a curiosare al suo interno tra gli edifici in stile Bauhaus. In effetti, data la vicinanza, probabilmente il complesso ospitava gli operai dell’ex fabbrica Emil Brauer. Siamo quindi tornati in centro lasciando l’auto in un parcheggio coperto. Non avendo tenuto conto che la Cappella Palatina di Aquisgrana di domenica apre alle 13 ci siamo trovati con una paio d’ore a disposizione.

Un po ‘per caso ci siamo imbattuti nel Museo del Tesoro della Cattedrale di Aquisgrana ospitato nei locali del chiostro della cattedrale all’interno del quale è custodito il Busto di Carlo Magno, un reliquario del XIV secolo. Complice probabilmente anche l’audioguida la visita è stata molto più interessante di quanto pensassi. Non credevo di trovare all’interno tanta sfarzosità ed opulenza. Prima di visitare la cappella palatina decidiamo fermarci per mangiare un boccone. Optiamo per un locale turistico dove abbiamo mangiato molto bene, in completo relax, nel suo dehors, il Rose Am Dom. Abbiamo preso un piatto tipico tedesco, gli Spätzle (una pasta tipica) al formaggio e una Wiener Schnitzel. Finito di pranzare siamo entrati a vedere la Cappella Palatina il cui ingresso, con nostra gradita sorpresa, era gratuito. Concepita come cappella privata di Carlo Magno adesso fa parte del corpo della cattedrale. In stile bizantino/carolingio con il color oro a dominare su tutto, il suo interno è straordinario, bellissimo, un capolavoro imperdibile.

Complice un clima mite e gradevole, prima di ripartire e lasciare Aquisgrana, una città che mi ha piacevolmente sorpreso per bellezza ed atmosfera, abbiamo passeggiato un altro po’ per poi fermarci a mangiare una fetta di torta, non rimanendo delusi, al café Lammerskötter im Hof. Ripresa la macchina abbiamo lasciato Aquisgrana, e quindi la Germania, in direzione Paesi Bassi con meta finale Utrecht. Avendo ancora del tempo a disposizione, considerando che l’idea iniziale era di dedicare tutto l’indomani ad Utrecht dove avevamo programmato due notti, Francesca ha proposto due tappe intermedie che conosceva già.

La prima è stata Helmond, nella provincia del Nord Brabante, non tanto per la città in sé che comunque è molto carina, ma per una farmi vedere una cosa di cui non conoscevo l’esistenza: le Case cubiche di Piet Blom. Sono bellissime e ne sono rimasto totalmente colpito, rapito, affascinato. Si tratta di abitazioni costituite da un parallelepipedo, che funge da accesso all’abitazione, al di sopra del quale è installato, su un vertice, un cubo perfetto che costituisce appunto l’abitazione principale. È affascinante e destabilizzante. Abbiamo scattato decine di foto e, durante tutto il tempo, mi ha pervaso la genuina curiosità e voglia di vedere l’interno di una di queste case. Ho avuto modo di vedere qualche immagine online: sono particolarissime.

nuenen

Da Helmond ci siamo spostati verso ovest di poco più di dieci chilometri per arrivare a Nuenen, città amata e nella quale ha vissuto e operato per circa due anni Van Gogh. Ci siamo fermati giusto per fare due passi e per vedere una statua in bronzo ispirata a I mangiatori di Patate di Van Gogh. Purtroppo l’opera non è per nulla valorizzata. Ci abbiamo messo in po’ a trovarla poiché nel parco nel quale è collocata è stato allestito un luna park quindi l’opera risultava seminascosta da uno degli stand presenti.

Essendo in Olanda, prima di andare via, abbiamo fatto un salto in un supermercato a prendere degli Stroopwafel, ossia due dischi di Wafel con in mezzo il caramello. Si tratta di un tipo dolce olandese diventato una costante per tutta la vacanza. Li adoro. Lasciata Nuenen ci siamo diretti ad Utrecht dove, non senza qualche difficoltà, abbiamo lasciato la macchina in un Park and Ride prima di fare il check-in al Park Plaza Utrecht, devo dire molto comodo.

Giorno 4: Utrecht, Otterlo, Amersfoort

otterlo, kroller-muller

Fatta colazione in albergo siamo usciti per un giro della città. Dal nostro hotel il centro di Utrecht è facilmente raggiungibile a piedi attraversando un grande centro commerciale attaccato alla stazione. Abbiamo esplorato, in lungo ed in largo, le vie ed i canali del centro fino a raggiungere e visitare la Cattedrale di San Martino. Molto bella ma non all’altezza di altri luoghi di interesse che avevamo visitato fino a quel momento. Ci siamo quindi fermati all’interno del bookshop annesso dal Duomo, che ha anche un piccolo bar che si affaccia sul bel chiostro interno, dove abbiamo preso un caffè.

Una volta usciti siamo andati ancora un po’ in giro ma, forse perché lunedì mattina, l’atmosfera della città non ci ha spinti a rimanerci tutta la giornata. Alla ricerca di un’alternativa Francesca ha scoperto che a 45 minuti d’auto, a Otterlo, c’era il Kröller-Müller Museum, un struttura che, oltre a contenere opere dall’impressionismo al neoplasticismo, vanta la seconda più grande collezione del mondo di capolavori di Van Gogh (dopo il Van Gogh Museum di Amsterdam).

Siamo subito rimasti colpiti dal luogo. Il museo si trova infatti a circa tre chilometri dall’ingresso del parco nazionale De Hoge Veluwe all’interno del quale possono accedere solo le auto di chi visiterà il Kröller-Müller. Presi i biglietti e le audioguide, validissime, ci siamo goduti in serenità la mostra e le opere complice, a parte un gruppo di coreani in visita guidata arrivati in un secondo momento, l’esiguo numero di persone presenti.

Girati tutti gli interni ci siamo spostati all’esterno dell’edificio girovagando per l’ampio giardino delle sculture dove si trovano opere di artisti contemporanei e, per gli amanti dell’architettura, sono esposti i padiglioni di Rietveld e Van Eyck.

In parte perché un inaspettato fuori programma, ma soprattutto per la bellezza del posto e delle opere presenti, siamo usciti da questa esperienza pienamente soddisfatti ed arricchiti. Da Otterlo, prima di tornare ad Utrecht, abbiamo deciso di fare una tappa intermedia dove trascorrere parte del pomeriggio e optando per una cena ad orari olandesi, intorno alle sei del pomeriggio!

Abbiamo scelto Amersfoort, una città nella provincia di Utrecht abbastanza grande ma con un centro storico a misura d’uomo molto accogliente e pittoresco.

Arrivati al quarto giorno di fritture è arrivata una certa voglia di pizza quindi ci siamo messi alla ricerca di un locale che la proponesse. La fortuna è stata dalla nostra perché nonostante fosse lunedì, e molti ristoranti chiusi, abbiamo trovato due posti disponibili nella pizzeria la Base, che non ci ha fatto rimpiangere per nulla la pizza italiana. Una succulenta pizza, innaffiata da una buona birra, avvolti dalle miti temperature olandesi, ci ha rilassati moltissimo.

Tornati ad Utrecht abbiamo rinunciato al park and ride portando l’auto direttamente nel parcheggio dell’albergo. Nonostante una piccola spesa in più ne è valsa la pena. Prima di entrare in camera a godere del meritato riposo ci siamo fermati nella hall a bere un cocktail scambiando due chiacchiere con il barman ed un suo collega, entrambi originari della Isole Canarie, luogo che spero prima o poi di avere la fortuna di visitare.

Giorno 5: De Haar, Leeuwarden 

Poiché ci avevano suggerito di provare la catena Bagels & Beans, aperta solo fino ad ora di pranzo, ne abbiamo trovato uno nel centro commerciale a due passi dal Park Plaza. Sinceramente non sono rimasto molto colpito. Tornati in hotel e fatto il check-out ci siamo rimessi in macchina con destinazione De Haar, il più grande castello d’Olanda, distante da Utrecht una ventina di chilometri e che abbiamo raggiunto in tarda mattinala.

L’impatto, quando ci si trova davanti, è molto scenografico. Il castello, i giardini, il fossato… una meraviglia. Si tratta di una proprietà privata, appartenente alla famiglia Van Zuylen, tanto che un mese l’anno la struttura rimane chiusa perché vi risiedono i proprietari. Le sale interne sono lussuose, sfarzose tanto che nel castello hanno soggiornato tantissimi vip come Coco Chanel, Maria Callas, Roger Moore, Yves Saint Laurent e molti altri. In totale siamo rimasti lì per circa tre ore.

Tornati in macchina ci siamo diretti verso Giethoorn sperando di trovare, lungo lo strada, un posto dove fermarci a mettere qualcosa sotto i denti. Purtroppo il tempo ha cominciato a farsi brutto e nel cielo sono apparsi dei nuvoloni neri che non promettevano nulla di buono. Ci siamo quindi fermati nel bel mezzo della campagna olandese, a dieci minuti da Giethoorn, in una piccola cittadina che si chiama Sint Jansklooster dove abbiamo trovato un pub, il Café-Restaurant Het Wapen van Utrecht, che alle quattro del pomeriggio ci ha permesso di mangiare un mediocre hamburger ma con delle ottime patatine fritte, che in generale in Olanda sono squisite. Abbiamo finito le nostre birre riparati da un ombrellone sotto una pioggia che via via diventava sempre più scrosciante.

Poiché si era fatto tardi e dato il maltempo abbiamo deciso di rimandare la visita a Giethoorn all’indomani. Tornati in macchina abbiamo quindi proseguito verso nord in direzione Leeuwarden raggiunta nel pomeriggio. Lasciata la macchina in un parcheggio coperto abbiamo quindi fatto il check-in all’ Oranje Hotel Leeuwarden, soluzione di per sé comoda sebbene a posteriori si è rivelata sbagliata in sé proprio la scelta di Leeuwarden.

Un po’ stanchi e dato il maltempo abbiamo deciso di impiegare un paio d’ore del pomeriggio in una lavanderia a gettoni. Non avendo con noi del detersivo siamo andati in un Albert Heijn, la principale catena di supermercati in Olanda. Oltre al detersivo, in realtà cercavamo del cioccolato ruby, ma pare che in Olanda sia impossibile trovarlo. Ci siamo riusciti solamente qualche giorno dopo a Bruges.

Rientrati in albergo, fieri dei nostri panni puliti, siamo usciti a mangiare un boccone nei dintorni dell’hotel. La scelta è ricaduta su Koya, un ristorante coreano dove ho provato per la prima volta una zuppa con il Kimchi, un piatto a base di verdure fermentate e pesce sotto sale. Buono sebbene molto piccante.

Giorno 6: Enkhuizen, Giethoorn 

zuiderzeemuseum

Quella di oggi è stata una delle tappe più belle di tutto il viaggio. I posti che abbiamo visto sono stati meravigliosi. Per prima cosa abbiamo fatto colazione allo Zuid4, posto nel quale saremmo tornati anche successivamente: ottime torte e caffè.

Presa la macchina ci siamo diretti a Enkhuizen, nell’ Olanda Settentrionale, per visitare lo Zuiderzeemuseum. Per raggiungerlo abbiamo attraversato la “grande diga”, Afsluitdijk, senza la quale questo museo non esisterebbe. La diga ha infatti trasformato il mare di Zuider (ZuiderZee) in un lago dolce stravolgendo la vita dei pescatori che abitavano questi luoghi. Attività come la pesca, costruzione di barche, e affumicatura del pesce cominciarono a scomparire e, per salvaguardare questa cultura, si decise di costruire un grande museo, con una sezione al chiusa ed una all’aperto, che raccontasse com’era la vita tra gli ultimi anni del 1800 e i primi anni del 1900.

Si lascia la macchina in un parcheggio poi, fatto il biglietto al centro visitatori, si raggiunge il museo attraverso una piccola imbarcazione. Il museo è straordinario. Molte case sono state riadattate appositamente per renderle visitabili. L’interno di molte di esse contiene pezzi d’arredamento originali con tanto di oggettistica e utensili di quel periodo. Visitare questo museo è come varcare una soglia che riporta indietro il tempo a più di cento anni fa. Va assolutamente fatto! Come due bambini lo abbiamo girato in lungo in largo, pieni di meraviglia e curiosità, scattando decine di foto.

Ci siamo fermati lì per un pranzo veloce dove, oltre alle immancabili patate fritte, il cui segreto, oltre alla bontà delle patate stesse, è la doppia frittura, abbiamo mangiato aringhe e salmone affumicati sul momento con i metodi usati cento anni fa: una bontà indescrivibile! Il tutto accompagnato da una birra Texel che non ho resistito alla tentazione di assaggiare prima di raggiungere l’omonima isola. Birra molto leggera e buona.

giethoorn

Finito il giro siamo rientrati al parcheggio del centro visitatori dove avevamo lasciato la macchina e ci siamo diretti a Giethoorn piccola cittadina distante da noi poco meno di 90 km. Per raggiungerla si attraversa la seconda grande diga che divide il lago artificiale in due parti, la Houtribdijk.

Siamo arrivati a Giethoorn intorno alle cinque del pomeriggio. Parcheggiata l’auto abbiamo noleggiato una piccola imbarcazione elettrica. É veramente difficile descrivere questo villaggio. Tanto bello da sembrare finto. Ogni foto è una cartolina. Si fatica a trovare qualcosa fuori posto, qualcosa che stoni in questa cornice idilliaca.

Con la nostra barchetta abbiamo fatto un giro, della durata di circa un’ora, costeggiando prima tutto il lago artificiale che si trova ad est, andando verso sud, e poi tornando indietro per il canale principale che taglia tutto il villaggio andando da sud a nord e passando sotto tanti dei numerosissimi antichi ponticelli. Spesso, quando vi sono dei corsi d’acqua, viene usato l’appellativo di “Venezia Olandese” ma Giethoorn è tutto un altro contesto. Una delle cose in comune con Venezia è l’assenza di auto, cosa che rende questo luogo molto piacevole da girare a piedi o in barca. Non so se perché siamo arrivati tardi o semplicemente perché siamo stati fortunati ma abbiamo trovato in giro tutto sommato pochi turisti, cosa che ha reso l’esperienza ancora più piacevole. Restituita la barca siamo tornati sui nostri passi per esplorare a piedi ogni punto possibile del villaggio scattando un numero imprecisato di foto. A dispetto del giorno prima il clima è stato fantastico, sereno e con una piacevolissime temperatura mite.

Per cena ci siamo fermati in uno dei ristoranti sparsi qua e là per il villaggio, il ‘t Vonder Café-Restaurant nel quale, a parte aver mangiato bene, abbiamo goduto della graziosa atmosfera del dehors con bella vista sui canali.

Siamo rimasti ancora un’oretta prima di riprendere l’auto e tornare a Leeuwarden distante da noi una sessantina di chilometri e quindi raggiunta intorno in tarda serata. 

Giorno 7: Texel, Den Helder, Eierland 

texel

Questo è un giorno che attendevo da tempo, un giorno carico di aspettative: tornare a Texel, desiderio avveratosi esattamente dopo nove anni.

Facilmente raggiungibile ma lontana dalle grandi folle, natura incontaminata, dune ricoperte dalla vegetazione, chilometri di piste ciclabili, enormi spiagge sferzate dal vento, piccoli villaggi, animali al pascolo, fari isolati, aria pulita, temperatura mite. Ho fantasticato di tornarci per molti anni e, nonostante ci sia appena stato, continuo a fantasticare di farlo ancora.

Dopo esserci svegliati con calma e aver fatto colazione in camera con i vari snack che avevamo comprato siamo partiti intorno in tarda mattinata.

Abbiamo raggiunto Den Helder, distante circa 90 km, dopo poco più di un’ora. Purtroppo i parcheggi sulla strada che portano all’imbarco erano pieni così ci siamo dovuti allontanare un po’. Fortunatamente il chilometro che separava l’auto dall’imbarco è una piacevole Promenade sul colmo di una diga con una bellissima vista sul mare.

Abbiamo fatto giusto in tempo per prendere il traghetto delle 12.30.

Il punto di approdo sull’isola è un piccolo villaggio, ‘t Horntje, dove vi è un enorme noleggio bici. Procedura velocissima quindi dopo poco più di dieci minuti avevamo a disposizione le nostre due bellissime bici elettriche, modo fantastico per spostarsi su e giù per l’isola.

Siamo subito partiti in esplorazione raggiungendo Den Hoorn, località balneare e primo centro dell’isola, che si incontra a circa 4 km dall’approdo.

La via principale della cittadina, quella più caratteristica, era pedonalizzata, piena di bancarelle e dei tavoli e sedie dei locali lungo la via. Portando le bici a mano siamo arrivati dall’altra parte del paese non senza aver dato un’occhiata alle bancarelle ed aver provato, finalmente, uno Stroopwafel preparato sul momento: buonissimo. Lo spuntino ci ha messo ancora più appetito per cui, rimontati in sella, abbiamo pedalato verso est, in direzione del mare.

Dopo aver percorso altri 3 km siamo giunti allo Strandpaviljoen Paal 9, un bel locale, molto grande, che si affaccia su un’ enorme spiaggia. Impressionante il numero di bici parcheggiate davanti. Tutti a Texel girano così. Mentre armeggiavamo con il traduttore per capire cosa prevedesse il menu, intorno a noi tutti mangiavano un piatto molto invitante. Puntiamo direttamente su quello scoprendo che si chiama Twaalfuurtje, ennesimo nome impronunciabile, composto da una ottima zuppa di pomodoro, una crocchetta di carne (e forse funghi) due fette di pane tostato e un uovo all’occhio di bue. Accompagnarlo con due ottime Texel è stato un pranzo perfetto. Prima di rimetterci in sella abbiamo deciso di fare una passeggiata in spiaggia dove moltissime persone facevano il bagno. Ero convinto che l’acqua fosse molto fredda ma, immersi i piedi, con mia sorpresa ci siamo ricreduti: peccato non aver avuto con noi il costume.

Avremmo voluto fermarci in molti altri posti come cittadine, spiagge, musei ma, ahinoi, il tempo non era sufficiente e ci eravamo posti come obiettivo quello di vedere il faro nella punta settentrionale dell’isola.

Prese le bici abbiamo cominciato a pedalare placidamente verso nord, fermandoci di tanto in tanto ad ammirare il passeggio, a scattare qualche foto, fino anche a fermarci in un negozio di souvenir che abbiamo trovato lungo la strada.

Andando ancora verso nord ci siamo imbattuti nel Boeren Softeis, un chioschetto annesso ad una fattoria dove, tramite un distributore automatico vendevano un ottimo gelato soft, con latte prodotto dalla stessa fattoria, acquistabile tramite un altro distributore automatico. Oltre che per il gelato ci siamo intrattenuti un po’ ad accarezzare due simpaticissimi e tenerissimi asinelli in un recinto lì accanto.

Rimontati in sella senza fermarci più se non per scattare qualche foto siamo andati dritti di filato fino alla nostra destinazione raggiunta intorno alle sei del pomeriggio.

Il panorama che ci si è presentato davanti era mozzafiato. Davanti a noi una spiaggia sterminata, larga circa 400 metri, sulla destra il Faro di Eierland che con i suoi quasi 40 metri e il colore rosso dominava il paesaggio, infine sulla sinistra Strandpaviljoen Faro Beach, un localino con una meraviglioso affaccio sul mare. Sebbene fosse ancora presto, rendendoci conto che data l’ora quella era l’unica occasione per cenare, ci siamo fermati al Faro Beach dove finalmente abbiamo provato un po’ di piatti tipici olandesi: una zuppa di cozze, il frikandel ossia una specie di salamella impanata e fritta, e le bitterballen ossia delle polpette fritte a di carne bovina sfilacciata.

Finito di cenare abbiamo fatto due passi in spiaggia per fotografare il faro un po’ da vicino. Avremmo voluto arrivare in riva al mare ma ci siamo resi conto di non riuscire a fare in tempo. Erano passate da un po’ le 19, l’ultimo traghetto per Den Helder era alle 21, i chilometri dall’approdo 23 che con le nostre bici significava, senza fermarci un attimo, un’ora e venti di strada.

Ignorando qualche dolorino al sedere dato dalle ore in sella, pedalando di buona lena, abbiamo raggiunto Het Horntje dopo poco più di un’ora. Lasciate le bici abbiamo aspettato il traghetto che è partito puntuale.

Ripresa l’auto, dopo aver scattato qualche foto allo stupendo tramonto durante il tragitto a piedi, siamo giunti, un po’ stanchi, a Leeuwarden intorno alle di sera tardi.

Giorno 8: Zaanse Schans, Casa Rietveld Schröder

Data la giornata precedente abbiamo deciso di vivere questa con un ritmo un po’ più rilassato. Dopo esserci svegliati con calma siamo andati nuovamente a fare colazione allo Zuid4. Ripresa l’auto ci siamo diretti a Zaanse Schans, nell’Olanda Settentrionale, a poco meno di un’ora e mezza di strada.

Siamo arrivati poco prima di mezzogiorno. Il sito è stupendo, con i bellissimi mulini a vento a farla da padrone, ma, forse perché venerdì e complice il fatto che si tratta di un’attrazione turistica non molto lontana da Amsterdam, abbiamo trovato parecchia gente, troppa. Niente a che vedere con lo Zuiderzeemuseum. L’area è accessibile gratuitamente mentre i vari mulini e musei prevedono l’acquisto di un biglietto che può anche essere cumulativo. Scoraggiati dalla folla abbiamo optato per optato per decidere di volta in volta cosa vedere e dove entrare. Abbiamo quindi visitato un solo mulino nel quale veniva prodotto gesso e cioccolato. La visita è stata interessantissima ma, ahinoi, anche in questo caso la folla eccessiva ha reso l’esperienza faticosa. Alla fine abbiamo desistito e, dopo aver esplorato un po’ a piedi l’area, siamo andati via.

Il programma prevedeva una capatina a Zaandam che ci era stata suggerita, ma, dovendo nuovamente passare per Utrecht nel nostro percorso, abbiamo cambiato idea. Di fatti durante la nostra permanenza a Utrecht avevamo in programma, ed era un forte desiderio di Francesca, una visita alla Casa Rietveld Schröder. Ahinoi la domenica è chiusa e il lunedì di quella settimana c’era disponibilità solo nel tardo pomeriggio, cosa che ci avrebbe complicato molto gli spostamenti. Fortunatamente abbiamo trovato due biglietti disponibili per quello stesso pomeriggio per cui ci siamo fiondati. Abbiamo fatto benissimo. Anche per chi, come me, non ha competenze in materia di architettura, la visita di questa casa-museo ha qualcosa dell’incredibile. Si tratta di una casa, patrimonio UNESCO dal 2000, progettata e realizzata nel 1924 dall’architetto e designer Gerrit Rietveld sulle esigenze della vedova Schröder e dei suoi tre figli. Lo stile è il neoplasticismo, un movimento artistico nato proprio in quel periodo in Olanda.

Dopo aver fatto i biglietti, nell’attesa di entrare, abbiamo visto un filmato di una decina di minuti che raccontava un po’ la storia della casa. Muniti di audioguide e di appositi calzari (la casa è molto delicata) siamo entrati dentro. Ciò che la rende unica nel suo genere è il fatto che si tratta di un edificio completamente diverso rispetto a quelli circostanti. Sembra di stare dentro ad un quadro di Mondrian. Ad un certo punto uno degli addetti alle visite, che poi, scambiando due chiacchiere, abbiamo scoperto essere un insegnante di storia dell’architettura, ci ha mostrato molti dei meccanismi della casa: tramezzi scorrevoli che scomparendo creano un ambiente unico, porte girevoli che nascondono il bagno, mensole e tavoli ribaltabili e molto altro. Abbiamo concluso la visita e siamo andati via ancora carichi di entusiasmo.

Intorno alle quattro siamo ripartiti dedicando il resto del pomeriggio al viaggio. Abbiamo fatto solo una sosta per mangiare un boccone a Bergen op Zoom, la prima città che ci è capitata sotto tiro.

Siamo arrivati al Mercure Roeselare, in Belgio, nostro appoggio per visitare Bruges l’indomani, in serata.

Giorno 9: Bruges

turistipercaso

Dal nostro hotel in circa mezz’ora siamo arrivati a Bruges a metà mattinata. Abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio coperto in pieno centro, comodissimo. Probabilmente siamo stati molto fortunati perché quando siamo andati via nel pomeriggio il parcheggio era strapieno. Essendo in Belgio non potevamo esimerci dal fare colazione con una bella Gaufre, ossia un Waffel, che qui è particolarmente diffuso. Accompagnati da un buon caffè americano ci ha dato la carica giusta per affrontare la giornata.

Siamo andati un po’ in giro per il centro constatando che, purtroppo, nella Grote Markt, la piazza principale, era allestito un enorme palcoscenico in previsione di qualche concerto. Questo, purtroppo, ne rovinava molto l’atmosfera. Ci siamo quindi diretti verso la Chiesa di Nostra Signora costeggiando placidamente uno dei canali che conducono lì.

Purtroppo non erano previste audioguide ma abbiamo usufruito dei pannelli esplicativi multilingua molto ben fatti. Tra le varie rappresentazioni della Madonna con Bambino non potevamo non soffermarci più a lungo su quella di Michelangelo. Non entrando nel merito dell’opera in sé ho trovato interessante la sua storia. Fu commissionata a Michelangelo da una ricca famiglia di fiamminghi che lo avevano pagato molto bene. La statua fu realizzata in pochissimo tempo e, segretamente, portata in Belgio in modo da non suscitare le ire degli altri committenti che erano stati scavalcati. Napoleone, dopo l’invasione del Belgio, la portò con sé in Francia. I nazisti, durante la Seconda guerra mondiale, la trafugarono e se ne persero le tracce per qualche anno. Infine i Monuments Men la ritrovarono in una miniera austriaca per poi riportarla a Bruges dove si trova tuttora.

Usciti dalla chiesa abbiamo cominciato a fermarci nelle numerose cioccolaterie disseminate per la città riuscendo finalmente a trovare la tanto agognata cioccolata Ruby che, devo ammettere, sembra avere il sapore di frutti rossi pur non avendone traccia tra gli ingredienti: molto buona.

Dopo aver girovagato un altro po’ abbiamo preso due biglietti per il Museo della Cioccolata. Tra l’alto costo del biglietto, alcune stanze torride a causa di un malfunzionamento dell’aria condizionata e la presenza di bambini molto rumorosi, l’esperienza è risultata abbastanza faticosa e un po’ deludente. Dopo circa un’ora siamo andati via.

Ci siamo quindi spostati al Walplein, una piccola e graziosa piazza acciottolata, a mio avviso uno dei punti più pittoreschi della città. Purtroppo anche qui c’era parecchia gente, come nel resto della città, ma siamo riusciti a trovare due posti nel dehors di un localino dove ci siamo rilassati un po’ in compagnia di una birra e dividendoci una porzione di patatine fritte, sfortunatamente non buone come quelle olandesi.

Abbiamo fatto ancora quattro passi in un parco nella zona sud della città dopodiché, sopraffatti dal caldo e dalla folla, a metà pomeriggio, siamo andati via.

Dopo una doccia rigenerante e un po’ di relax ci siamo messi alla ricerca di un posto dove cenare.

Quasi per caso abbiamo trovato la Brasserie Rhodesgoed a Kachtem, una piccola cittadina a un tiro di schioppo da Roeselare. Nel Dehors, immerso nel verde al pari di tutto il locale, grazie alla sua atmosfera tranquilla e piacevole, siamo stati divinamente. Ha sicuramente fatto la sua parte l’ottimo cibo: cozze e filetto di maiale. Due buone Westmalle ci hanno fatto compagnia fino alla fine della serata.  

Giorno 10: Reims

Fatta colazione in albergo, presa l’auto, ci siamo rimessi in viaggio in direzione Reims, separata da noi da circa 240 km e che abbiamo raggiunto intorno ad ora di pranzo.

Lasciata l’auto in un comodo e centralissimo parcheggio coperto siamo andati a vedere la cattedrale, ragione per la quale abbiamo deciso di fare questa tappa. La cattedrale è un capolavoro di arte gotica che ci ha tenuti incollati con lo sguardo prima all’esterno, ad ammirare le innumerevoli sculture, e poi all’interno davanti alle splendide e gigantesche vetrate. All’interno, purtroppo, si vedono ancora i segni dei danni causati dai bombardamenti tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, un vero peccato.

Siamo rimasti circa un’ora ad ammirare questa imponente opera dopodiché, trovandoci in Francia, ed in particolare nella regione dello Champagne, ci siamo detti che non potevamo andare via senza berne un flûte.

Ci siamo fermati a Le Parvis, accomodati a un tavolo esterno con una meravigliosa vista sulla cattedrale, accompagnando lo champagne con dell’ottimo formaggio francese.

Intorno alle due del pomeriggio siamo ripartiti da Reims, non senza esserci fermati a bere un caffè accompagnato da un dolcetto, in direzione Rouilly-Sacey dove avevamo prenotato una camera al Domaine de la Forêt d’Orient, raggiunto dopo circa un’ora e mezza. Per qualche decina di chilometri prima di raggiungere l’albergo abbiamo percorso delle bellissime strade di campagna immerse nel verde, così come lo era la nostra struttura.

Fatto il check-in Francesca ha optato un po’ di relax in camera mentre io ho deciso di fare un tuffo in piscina dove sono rimasto ben poco in quanto ad un certo punto è arrivato un gran numero di bambini.

Abbiamo concluso degnamente questo stupendo viaggio regalandoci una ottima cena nel ristorante dell’albergo dove abbiamo mangiato molto bene accompagnando i piatti con una buona bottiglia di vino.

Giorno 11: Rouilly-Sacey

Questa giornata, ahinoi l’ultima, è stata dedicata interamente al viaggio.

Siamo partiti alle 8.30 da Rouilly-Sacey fermandoci a pranzare in un autogrill in svizzera. Sosta degna di nota in quanto il retro di questa stazione di servizio aveva dei tavoli che si affacciavano su un bellissimo laghetto immerso nel verde. È stata una sorpresa tanto inaspettata quanto piacevole.

Siamo arrivati a casa, a Novara, intorno alle 19.30.

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