In questo lago sono state ritrovate le leggendarie navi dell’imperatore folle
Un’antica leggenda che diventa realtà, anche se poi tutto, o quasi, è andato in fumo. Protagonista lo Specchio di Diana e due navi molti speciali. Alle porte di Roma, nello splendido scenario dei Castelli Romani, c’è un museo adagiato sulle rive del Lago di Nemi. Questo museo racconta una storia antichissima, fatta di mito e di sfortuna. Parliamo delle mitiche navi di Caligola, a lungo cercate, poi finalmente ritrovate ma sfortunatamente andate di nuovo perse.
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Il mito delle navi del Lago di Nemi
Non c’erano notizie storiche che ne parlassero, ad eccezione di Svetonio, che nelle sue “Vite dei Cesari” descriveva così le navi di Caligola: “file di remi, la poppa brillante di gioielli, ampi bagni, gallerie e saloni, sempre rifornite di gran varietà di viti e alberi da frutto”.
Di queste navi poco si sapeva: per alcuni erano delle vere e proprie città galleggianti, usate da Caligola per i suoi ozi; per altri erano il palcoscenico ideale per le lussuose feste dell’imperatore; altri ancora dicevano che fossero navi cerimoniali.
Fatto sta, che tutti parlavano dell’esistenza o meno di queste due navi sul fondo del Lago di Nemi, soprannominato Specchio di Diana, e le voci erano suffragate dai continui ritrovamenti che a partire dall’epoca medievale affioravano dalle rive del lago: pezzi di legno, suppellettili, resti di statue, mosaici. Sarà solo nel Medioevo che alcuni sommozzatori si immergono nelle acque del lago e confermano le voci: sul fondale sono adagiate due grandi navi romane.
Le navi recuperate dal fondo del Lago di Nemi, costruite tra il 37 e il 41 d.C., erano a scafo piatto ed immense: una era lunga 71 metri e 20 larga; l’altra era di 75 metri di lunghezza per 29 di larghezza. Erano costruite in legno di abete, quercia e pino, con lo scafo ricoperto da un particolare tessuto di lana e colla di pesce, a sua volta rivestito da lastre di piombo. Con l’uccisione di Caligola avvenuta il 24 gennaio 41 d.C. e ordinata dal Senato di Roma, le due navi del Lago di Nemi vengono affondate perché era stata decretata la damnatio memorie di Caligola e di tutto quello che poteva ricordare l’imperatore.
Dopo la loro scoperta, le navi sono state a lungo studiate e si è giunti alla conclusione che una era destinata ad ospitare un palazzo galleggiante dove Caligola risiedeva con la sua corte e dove si svolgevano sontuose ricevimenti, mentre l’altra era un vero e proprio luogo di culto, che l’imperatore utilizzava per raggiungere il vicino Santuario di Diana Nemorense e per svolgere i riti sacri ad essa collegati.
Un difficile recupero durato 500 anni e il museo costruito “su misura”
Già dal XVI secolo si pensava a come poter recuperare le due navi, ma i mezzi a disposizione non consentivano il recupero totale degli scafi perché troppo grandi e pesanti. Il primo che tenterà l’impresa è Leon Battista Alberti, che nel 1446, trami una piattaforma galleggiante con corde e uncini, prova a ripescare le navi. Tentativo fallito.
Negli anni successivi in molti si immergono per carpire i segreti delle navi del Lago di Nemi e ciò permette di capire la posizione, la grandezza e lo stato di conservazione delle navi.
Nel 1827 e nel 1895 si tenta ancora una volta il recupero degli scafi, ma si riescono a riportare a galla solamente decorazioni, pezzi di legno, marmi e mosaici, che verranno assegnati al Museo Nazionale Romano (altri purtroppo verranno depredati e venduti all’estero). Le due navi riposano ancora tranquille sul fondo del lago di Nemi fino al 1928, quando l’impresa viene iniziata per essere finalmente portata a termine nel 1932.
Il 9 aprile 1927 sarà lo stesso Mussolini ad annunciare che le navi saranno recuperate grazie ad una vera e propria prodezza ingegneristica. Si iniziò così a svuotare parte del Lago di Nemi, facendo abbassare il livello delle acque di 22 metri grazie all’uso di idrovore. Una volta che gli scafi furono riportati alla luce si procedette alla ricognizione e alla loro successiva estrazione. Le due navi furono completamente estratte sul finire del 1932 e sistemate sulle rive del lago in attesa della loro definitiva musealizzazione, che avverrà solo nel 1940 con l’inaugurazione del vicino Museo delle Navi. Quella del recupero dei due scafi delle navi di Caligola è stata una vera e propria impresa, dai costi altissimi ma che ha permesso di recuperare due capolavori di arte romana e di studiare a fondo le tecniche navali degli antichi romani.
Mentre si lavorava al recupero delle due navi, si pensava anche a dove poterle conservare. Il problema maggiore era il dover trasportare i due preziosissimi tesori, che erano estremamente difficili da spostare per la mole e per la loro delicatezza. La soluzione è presto travata: si decide di costruire un museo sulle rive del lago e la progettazione della struttura viene affidata a uno dei maggiori architetti dell’epoca, Vittorio Morpurgo, autore tra le altre cose della Teca dell’Ara Pacis (sostituita nel 2003 dalla teca di Richard Meier). La soluzione pensata da Morpurgo è semplice ma geniale: costruire due grandi hangar, uno per nave, collegati tra loro da un corridoio centrale, con la facciata da realizzare solo una volta che le navi fossero state sistemate al suo interno.
Il Museo delle Navi Romane di Nemi è su tutti i manuali di architettura perché è stato uno dei primi musei al mondo costruito in funzione del suo contenuto, quando solitamente è il contrario.
La perdita delle navi e il Museo oggi
Interno del Museo delle Navi di Nemi. Copyright foto: Comune di Nemi
Ma quella delle Navi di Nemi è una storia che purtroppo riserva un’amara sorpresa. Nella tarda primavera del 1944 tutta la zona dei Castelli Romani era un campo di guerra, dove gli eserciti degli Alleati e quello tedesco si davano battaglia ogni giorno. Il 31 maggio 1944 alcune bombe vengono esplose nei pressi del museo, che non riporta però grandi danni.
Ma è durante la notte che avviene la catastrofe.
Forse un innesco, ma verrà stabilito solo pochi anni fa che fu a causa dei bombardamenti degli Alleati, fa divampare un violento incendio all’interno del museo che ridusse in cenere le due navi di Caligola. In poche ore una delle più grandi scoperte archeologiche degli ultimi secoli scomparve, privandoci di due tesori della sapienza e della maestri degli antichi romani.
Negli anni successivi, per ovviare alla mancanza degli originali, sono stati realizzati due modelli in scala 1:5 delle navi di Caligola, che ancora oggi fanno bella mostra di se nel Museo delle Navi di Nemi.
Dopo essere stato chiuso più volte, il Museo delle Navi Romane di Nemi è aperto ininterrottamente dal 1988. Purtroppo le due navi per cui era stato costruito non ci sono più ma un’intera del museo è dedicata a loro e alla loro tragica storia. Qui sono esposti i reperti, come mosaici, marmi, attrezzi e molto altro, recuperati sulle due navi e le due ricostruzioni in scala 1:5.
Nell’altra ala del museo invece ci si concentra sulla zona dei castelli Romani, ponendo l’accento sui luoghi di culto, ed è esposto anche un tratto del Clivus Virbii, una strada che da Ariccia portava al vicino Santuario di Diana Nemorense.