È la capitale italiana dello Street Food: qui i panini imbottiti hanno più di 2000 anni, e il loro ingrediente è una prelibatezza

Manuela Titta, 16 Lug 2024
È la capitale italiana dello street food: qui i panini imbottiti hanno più di 2000 anni, e il loro ingrediente è una prelibatezza
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Il prodotto tipico di questo luogo è una bontà che almeno una volta tutti voi avrete assaggiato, nelle mille declinazioni che una gastronomia come quella italiana riesce ad offrire. Eppure, se ci limitassimo per un momento a prediligere l’originale, sapremmo che Ariccia è la città della porchetta IGP (Indicazione Geografica Protetta, per i meno informati). E che qui, ai Castelli Romani, il suo ruolo è indiscusso da tempo immemore. Seduti alle tipiche fraschette, passeggiando con la splendida vista dei monumenti del Bernini, scopriremo uno dei comuni più iconici di quest’angolo della provincia romana, dove mangiare non è solo cultura, incontro, ma anche un formidabile motore economico e sociale. Pronti? Partenza? Si mangia!

Porchetta di Ariccia IGP, la regina dello Street Food italiano

porchetta di ariccia

La cucina locale è sicuramente uno dei buoni motivi che spingono i visitatori verso i Castelli Romani, e Ariccia nello specifico. Impossibile non citare lo street food per eccellenza della cucina italiana, la porchetta: la sua origine si perde nella notte dei tempi, già per gli etruschi la carne di maiale rappresentava una prelibata leccornia. La porchetta è ampiamente diffusa in tutto il centro Italia; tuttavia, questa ricetta è indissolubilmente legata ad Ariccia e nel giugno 2011 è arrivato anche il riconoscimento IGP. Si narra che questa lavorazione delle carni suine sia nata anticamente ad opera dei sacerdoti: la preparazione era infatti destinata al sacrificio nel tempio di Giove Laziale sul Monte Cavo.

Grazie alla presenza della nobiltà romana che soggiornava in questa zona per la stagione estiva o in occasione della caccia, ci sarebbe stato un grosso incentivo nel creare la maestranza artigianale dedita alla realizzazione della porchetta. Questo sapere si sarebbe poi tramandato fino ai giorni nostri: stiamo parlando di un grande arrosto, fatto con un maiale intero, svuotato delle interiora, aromatizzato con sale, pepe, lardo, rosmarino ed aglio, legato con spago. La fase della legatura è elemento peculiare della lavorazione, perchè manuale: va a garantire il mantenimento della compattezza e risponde a un processo tradizionale il cui sapere viene tramandato di generazione in generazione.

Il segreto è nella cottura

La porchetta viene cotta in forno riscaldato e cucina tra le tre e le cinque ore ad una temperatura che oscilla tra i 160 e i 280 °C. La crosta deve presentare una consistenza croccante, un colore marrone tendente all’arancione, deve essere lucida con un gusto sapido: nella parte superiore lo spessore è molto fine, nella parte sottostante la crosta, giace un soffice strato di lardo pregiato che rende fragrante il contenuto della crosta stessa, tale spessore è indice di qualità, in quanto ci fa capire che il suino ha goduto di ottima salute.

La carne deve avere una consistenza compatta, succulente e chiara: con i suoi aromi sprigiona un profumo unico, dall’interno all’esterno deve avere una consistenza più morbida nella parte inferiore, ossia nella zona sottopancia ed una consistenza più magra nella parte superiore, conservando il giusto grado di untuosità. Visivamente la porchetta appare compatta in tutte le sue parti, omogenea, di alta resa e succosa: la sua compattezza è dovuta alla cottura lenta e dispendiosa.

Il pane migliore da abbinare alla Porchetta

La scelta del pane da abbinare alla porchetta è fondamentale: la grana della mollica del pane casareccio pare sia perfetta per assorbire il grasso del condimento. Proprio per questo motivo la temperatura di servizio è elemento fondamentale perché la porchetta dà il meglio di sé quando si mangia calda. A pochi km da Ariccia c’è Genzano di Roma, celebre per l’Infiorata che risale alla fine del Settecento e il cui Pane Casareccio IGP risponde esattamente alle caratteristiche appena indicate.

È meglio il vino, de li Castelli…

La storia della viticoltura in questa zona risale, ovviamente, all’epoca romana, ma nel corso del tempo non ha subito particolari battute d’arresto nonostante la sua storia millenaria. I Colli Albani sono di origine vulcanica, questo si traduce in terreni ricchi di potassio e fosforo che conferiscono ai vini una spiccata mineralità. Castelli Romani DOC è la denominazione creata nel 1996, vengono coltivati Malvasia di Candia, Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano per i vini bianchi; il Cesanese, il Merlot, il Montepulciano ed il Sangiovese per quelli rossi.

La produzione comprende anche i rosati e tutti i vini sono disponibili nella tipologia secco, amabile e frizzante. Tipica di Ariccia e delle sue fraschette è la cosiddetta Romanella, un vinello rosso frizzante molto dolce particolarmente adatto ai momenti di convivialità.



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