Viaggio on the road da Los Angeles a San Francisco attraverso i grandi parchi
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Sabato/Domenica
L’arrivo nella città degli angeli è in piena notte. Così decidiamo per un taxi, visti i poco lusinghieri commenti lasciati al servizio navetta dei vari motel della zona. Con 20 dollari, tariffa fissa, arriviamo al Travelodge Lax South, motel in zona aeroporto, senza lode né infamia. Camera spaziosa, classica moquette, aria condizionata rumorosissima. Per la stanchezza, non abbiamo sentito una mosca volare sino a mattina. Da evitare assolutamente la colazione, succo di frutta diluito con acqua, merendine vecchie e impresentabili. Ci rechiamo quindi dal benzinaio lì accanto. I distributori di benzina americani assomigliano ai nostri autogrill, aperti fino a tardi,un po’ minimarket, un po’ meccanici e due muffin e un caffè ci salvano la mattinata. La nostra avventura quindi inizia da qui. La navetta gratuita del motel ci riaccompagna all’aeroporto (prenotata la sera prima) e dalla zona arrivi di uno dei terminal consigliati dall’autista del bus, attendiamo la navetta dell’Alamo che ci accompagnerà all’autonoleggio. Via web (www.rentalcars.com), abbiamo prenotato un suv di medie dimensioni, per intenderci tipo un RAV 4, all’Alamo, compagnia di autonoleggio americana. Per 12 giorni, con ritiro a LA e restituzione a San Francisco abbiamo speso intorno ai 350 Euro (290 Euro di noleggio con assicurazione standard e conducente aggiuntivo compreso, più il resto per un assicurazione aggiuntiva fatta in loco che garantisce il soccorso stradale negli States). Da casa ci siamo portati il TomTom, aggiornato con la mappa degli USA, assolutamente necessario per viaggiare in tranquillità per le strade/autostrade americane. Dopo una fila interminabile all’autonoleggio, ci viene consegnata l’auto, un Chevrolet Equinox nero, che sarà il nostro fido compagno per quasi 4000 Km. Un po’ di pratica con il cambio automatico, diamo tempo al TomTom di sincronizzarsi, e poi via, direzione Hollywood dove abbiamo prenotato 2 notti al Coral Sands Motel. Il Motel è molto semplice, ma ha il parcheggio gratuito e si trova in posizione strategica, vicino a un supermarket,a diversi locali tra cui uno Starbucks e alla stazione della Metro. Il ragazzo alla reception ci chiede per quanti giorni resteremo , così ci organizza il soggiorno, descrivendoci gli itinerari da seguire e i luoghi da visitare. Fantastico! Decidiamo subito per l’Osservatorio, dove scatteremo le classiche foto di rito alla scritta Hollywood.
Il pomeriggio invece è dedicato alla Walk Of Fame. Dalla Metro vicino al nostro hotel è comodamente raggiungibile e assolutamente consigliabile, visto il traffico e la difficoltà di parcheggio nella zona. La percorriamo in lungo e in largo, alla ricerca delle stelle dei nostri attori/cantanti preferiti, ci fermiamo al Chinese Theatre e per cena scegliamo il TexMex ‘Loteria’ sulla via. Distrutti, torniamo al Motel, osservando come in questa zona lo sport per antonomasia sia in assoluto il football americano. Decine di persone sono riunite nei bar o nei locali, all’ora della partita. I locali sono letteralmente pieni di schermi giganti in cui vengono proiettati i match. Davvero incredibile.
Lunedì
Ci dirigiamo verso Beverly Hills e Rodeo Drive. Una marea di ville e case immerse in giardini impeccabili, senza alcuna recinzione o cancello. Rodeo Drive invece è la culla del lusso. Tuttavia, non è diversa da qualunque altra “via Montenapoleone”, quindi ce ne andiamo perché il mare ci aspetta. Un hamburger mangiato in un fastfood lungo la strada e poi via, direzione Venice Beach. Nei fastfood americani vige il refill. Si paga infatti la dimensione del bicchiere, che poi può essere riempito tutte le volte che si vuole con i classici soft drink. Noi italiani non siamo abituati, ma ci è risultato utile per avere sempre un bicchiere colmo di bevanda fresca in auto. A Venice ci facciamo una bella passeggiata sulla spiaggia. Tira un forte vento e i bagnini sono indaffarati a urlare ai surfisti di non invadere la zona bagnanti. Arriviamo fino alla zona dei Canali di Venice, dove però siamo gli unici turisti. Forse nessuno ne è a conoscenza? O forse tutti sono troppo impegnati a curiosare tra i negozietti e i localini del lungomare? Ma vogliamo gustarci il tramonto a Santa Monica, quindi di nuovo in auto e dopo pochi minuti arriviamo in zona Ufficio turistico e parcheggiamo. Dalla spiaggia vediamo il famoso molo di Santa Monica, con la sua ruota panoramica. Ma l’acqua ci chiama e non resistiamo a un bel bagno ristoratore. In spiaggia poi sfruttiamo le docce e le cabine messe a disposizione gratuitamente ai bagnanti e siamo pronti per la sera. Dopo un aperitivo a base di frutta fresca seduti sulle panche del molo ad ammirare il tramonto sull’oceano, ci regaliamo una cena in uno dei locali del Pier con vista spettacolare, il Rusty’s Surf Ranch, prezzi modici e porzioni abbondanti.
Martedì
Cerchiamo di avvicinarci ai parchi dell’Ovest, quindi lasciamo la città degli angeli, con le sue autostrade a 6 corsie e imbocchiamo la I210E. La prima tappa è Calico Ghost Town (8 $ a testa), paese ricostruito a uso dei turisti, dove si può immaginare come vivessero i popoli delle miniere di argento. Sinceramente nulla di speciale ma serve per spezzare i più di 500 km che ci attenderanno durante il giorno. Dopo aver assistito allo show di mezzogiorno (e ispirato a “Mezzogiorno di fuoco”) abbandoniamo Calico e i suoi 40 gradi. Poco lontano, c’è una carinissima tavola calda, “PeggySue”, che ci sentiamo di consigliare. E’ il nostro primo impatto con i classici diner americani, con le cameriere con grembiulino e caraffa di caffè in mano in giro tra i tavoli. Ritemprati, siamo pronti per ripartire. Imbocchiamo quindi la Route66 e ci dirigiamo verso Oatman. Incontriamo decine di riders, simbolo del sogno americano. Attraversiamo strade deserte, nel bel mezzo del nulla, incontriamo cassette della posta ai lati della strada per case che distano centinaia di metri dal ciglio. Le curve si susseguono una dopo l’altra e i colori sono sempre più forti. Ogni tanto compare il cartello di “Pericolo in caso di flash flood” che invita ad uscire immediatamente dalla zona in caso di forti e improvvisi temporali. E arrivare a Oatman nel bel mezzo di un forte temporale non è il massimo… per fortuna passa subito e possiamo goderci gli asinelli che pascolano liberamente lungo la strada. Il villaggio è attraversato dalla Route 66 e gli asinelli sono ormai abituati al continuo transito dei turisti, quindi si fanno accarezzare e coccolare senza alcun problema. Inizia a farsi tardi e dobbiamo avvicinarci al motel prenotato per la notte. Proseguiamo quindi lungo la Route66 e arriviamo a Kingman dove abbiamo prenotato al Trovatore Motel, un economico ma ben curato motel dove un simpaticissimo titolare ci accoglie, regalandoci subito la cartina della zona e spiegandoci un po’ la storia di Kingman e di quello che possiamo trovare nei paraggi. Le stanze sono tutte arredate a tema, noi abbiamo scelto quella dedicata a Marilyn Monroe, con un sacco di sue foto alle pareti. Per cena, seguendo le guide e su consiglio del titolare, ci rechiamo alla Dambar Steak House, per abbuffarci di carne. Qui in America, se siete amanti della carne come noi, non avrete che da rifarvi gli occhi e il palato!
Mercoledì: è il giorno del Grand Canyon
Partiamo di prima mattina (qui nei motel si paga subito e la mattina si può lasciare la chiave in un’apposita cassettina di deposito, la drop box), direzione ingresso Sud del parco. La maggior parte dei turisti sceglie questa strada, ma è probabilmente anche quella meglio attrezzata. Noi abbiamo sfruttato la tessera parchi di una coppia di nostri amici che avevano visitato le stesse zone un mese prima. Sul retro della tessera ci sono due posti in cui firmare, le firme dei due co-proprietari. Basta quindi che una delle due firme sia di uno dei viaggiatori. La tessera poi va presentata ai ranger assieme al passaporto del firmatario. La tessera annuale dei parchi costa 80 $, vale per tutte le persone dell’abitacolo e ha senso farla se si pensa di visitare almeno 4 parchi, visto che il costo medio di ciascun parco è di circa 20$ e sono esclusi i parchi Navajo (es. Monument valley). Prima di arrivare al Parco, ci prepariamo con una bella colazione all’americana al Mr D’z di Kingman con omelette farcita e succo d’arancia, sosta al Hackberry General Store, store in perfetto stile 66 per qualche foto e finalmente arriviamo al South Rim. Si parcheggia al Visitor Center e da lì si possono prendere le navette per visitare comodamente i più bei belvedere del parco. I migliori scorci si possono vedere alle estremità, verso Yaki Point e Hopi Point. Al villaggio invece si può mangiare qualcosa o comprare qualche souvenir al market. Si avvicina l’ora del tramonto per cui recuperiamo l’auto e ci dirigiamo verso Est, lungo la Desert View, verso il motel dove trascorreremo la notte: il Cameron Trading Post a Cameron (gestione Navajo). Lunga la strada ci fermiamo in uno dei belvedere sul Canyon ormai esterno al parco per ammirare il sole che riflette i suoi ultimi raggi su questo meraviglioso spettacolo. Una piccola nota sul Motel, per nulla economico, ma le strutture in zona sono veramente poche. Il ristorante non è un granchè e il freddo in sala è polare. Armatevi quindi di felpa pesante. Carino invece il market dove si possono trovare tante curiosità navajo.
Giovedì: Da Cameron ci dirigiamo verso Page
Il programma del giorno è ambizioso: vogliamo visitare l’Anthelope Canyon al mattino e la Monument Valley nel pomeriggio. Per il primo, non abbiamo prenotato, quindi ci dirigiamo sicuri verso il Lower, che da più parti abbiamo letto essere addirittura migliore dell’Upper Anthelope. Arriviamo alla Ken’S Guide verso le 9,40, così non dovremo aspettare molto. E infatti ci viene assegnato il turno delle 10,20. Non male! Il gruppo ormai radunato viene accompagnato dalla guida, una giovane ragazza Navajo, negli stretti canyon del parco. Uno spettacolo unico. Per visitarlo bisogna essere agili e in forma. I cunicoli infatti sono stretti e si devono utilizzare scale in ferro ripide con scalini molto stretti, ma ne vale assolutamente la pena. Il biglietto costa 28$ a persona e il tour dura dall’ora e mezza alle due ore..dipende dalla guida e dal numero di turisti! Dall’Anthelope ci dirigiamo verso Kayenta, dove facciamo scorta di acqua in un centro commerciale e ci mangiamo una pizza al Pizza Edge… poi di nuovo in auto, direzione Monument Valley dove vogliamo gustarci le luci del tardo pomeriggio. L’ingresso è di 20$ per automezzo, poi si può scegliere se lasciare l’auto al Goulding Lodge e affidarsi alle escursioni guidate ad opera dei Navajo oppure tentare la sorte con la propria auto e percorrere a passo d’uomo il circuito di 17 miglia che attraversa la valle. Noi abbiamo scelto il noleggio di un SUV proprio per non avere problemi in queste zone e quindi ci siamo avventurati in modo autonomo. In realtà, a parte qualche curva da affrontare con particolare attenzione per via di buche e dislivelli inquietanti, siamo riusciti a percorrere il tutto con relativa tranquillità ( e così come noi anche berline). Il paesaggio è mozzafiato, ci si fermerebbe ad ogni curva per scattare foto e ammirare l’ambiente e il fortissimo contrasto tra i colori del cielo e quello delle rocce. Lungo il percorso, ci sono apposite zone di sosta per contemplare il paesaggio, ma anche per fare qualche acquisto nelle bancarelle navajo che vengono oggetti di artigianato. Attendiamo il tramonto per le ultime suggestive foto, e ci dirigiamo verso Mexican Hat. Dopo la visita alla Monument Valley, i luoghi in cui pernottare sono veramente pochi e vanno prenotati con diversi mesi di anticipo:o si torna a Kayenta o ci si dirige a Mexican Hat, una ventina di miglia dalla Monument. Noi abbiamo trovato al MexicanHat Lodge, un grazioso Lodge sulla strada principale del paesino, in cui ha sede anche una interessante (ma costosa) steak house. Dopo esserci sistemati in hotel, ne abbiamo approfittato per un hamburger della casa accompagnato da una birra americana! Davvero ottimi!
Venerdì: riprendiamo la US163S direzione Bluff
Se il meteo ce lo permette, vogliamo visitare la Valley of Gods, una sorta di Monument Valley in miniatura, lontana dalle auto e dal caos dei turisti. All’ingresso infatti troviamo subito una raccomandazione: vietato l’ingresso nel caso in cui ci sia pericolo di temporale. E capiamo il perché. Il percorso (Circolare, di 27 Km circa) è su strada sterrata, ben più selvaggio di quello della Monument. Qui il pericolo del flash flood è davvero reale, lo si vede dai segni lasciati dalla forza delle acque sulla rossa terra e sono quindi davvero necessari un suv e una grande attenzione alle buche. Nel corso dell’intero tragitto incontriamo solamente un paio di auto! Splendido e consigliato assolutamente. Tornati sulla strada principale, ci dirigiamo verso il GooseNecks State, dove facciamo qualche foto d’obbligo e da lì torniamo a Page, dove visitiamo l’HorseShow Band (un caldo esagerato e una salita da lasciare senza fiato) e scattiamo qualche foto al belvedere della diga di Page. Non abbiamo altre forze per visitarla o per fermarci di più al Belvedere. Nonostante sia fine settembre fa un gran caldo e il nostro fisico inizia a risentirne. Perciò, nonostante non sia in programma, decidiamo di dedicare il resto del pomeriggio al relax più totale, entrando a Marina sul Lago Powell. L’ingresso è compreso nell’Annual Card dei Parchi e con costume e telo mare ci distendiamo in riva al lago insieme ad un’altra decina di turisti (nessun italiano). Piedi in ammollo nell’acqua fresca e gelato ci allietano in queste ultime ore del pomeriggio. Più tardi poi, lasciamo le rive del lago e ci dirigiamo al nostro alloggio, l’High Desert Lodge, un tristissimo Lodge sulla strada, sempre pieno per via della vicinanza a mete quali il Lake Powell o l’Anthelope Canyon ma che avrebbe bisogno di una decisa ristrutturazione.
Sabato: lasciamo il lodge e ci dirigiamo verso il Bryce National Park (compreso nell’Annual Card)
Noi abbiamo scelto di percorrere l’intero parco in auto, sino alla sua fine naturale (Rainbow Point) e poi di risalirlo al contrario, fermandoci nei vari punti panoramici. Il parco è splendido, servito anche da navette, ma rallenterebbero troppo il nostro percorso. All’uscita dal parco, ci rifocilliamo da Subway (il bar/ristorante del parco è ovviamente carissimo) e imbocchiamo la US15S che l’indomani ci avrebbe portato a Vegas. Per stasera ci fermiamo a CedarCity, cittadina piena zeppa di hotel e ristoranti. Sulla mappa lasciataci dalla reception del nostro hotel, abbiamo contato 60 punti di ristoro, tra bar, ristoranti e fastfood!. L’hotel è l’AbbeyInn, grazioso hotel, con camere molto ampie e curate e con zona benessere distaccata. Vista quindi la stanchezza, prima di dedicarci alla cena, ci rilassiamo nell’idromassaggio dell’hotel..e tutto passa!Per cena, scegliamo quello che è stato definito il miglior bbq della città, Sonny BBQ. All’esterno c’è un affumicatoio, quindi la carne non è la solita carne alla griglia di una steak house ma è cotta nell’affumicatoio e resta morbidissima all’interno. Da provare la porzione mista per 2!
Domenica: it’s Vegas Time!
La I15S ci porta direttamente a Las Vegas, attraverso il deserto del Nevada. Si passa da distese di roccia e cespugli al lusso più sfrenato, alle luci e al caos più totale. Vegas è un enorme parco di divertimenti, dove c’è sempre qualcosa da fare e da vedere a qualunque ora. Prima di arrivare in città, ci fermiamo in uno dei due outlet più famosi, il north premium Outlets. Un paio di acquisti interessanti e poi, via , verso la città perché la curiosità è troppo alta e non vogliamo perdere troppo tempo in giro per negozi. Abbiamo prenotato una doppia standard al 18esimo piano del NewYork NewYork, all’inizio della Strip. Essendo domenica, il costo è relativamente basso, circa 70 dollari a cui però vanno aggiunti le tasse e le spese dell’albergo. Si arriva intorno ai 100 dollari come se nulla fosse. Figuriamoci nei weekend! Gli hotel sono fantastici, dentro hanno decine di locali, negozi, ristoranti, ciascuno con le proprie note caratteristiche. Sono assolutamente da non perdere il Venetian, con i suoi gondolieri, lo spettacolo delle fontane danzanti al Bellagio, l’eruzione del Vulcano del giardino dell’Hotel Mirage. I teatri dei vari hotel offrono poi ogni sera decine di spettacoli, dai vari concerti di star internazionali (nel nostro periodo si esibivano Britney Spears e Rod Stewart) ai 5 spettacoli residenti del Cirque du Soleil. Basta rivolgersi ai botteghini lungo la Strip e acquistare quello che si vuole, preparandosi però a sborsare diverse centinaia di dollari. Vegas infatti è cara, sotto ogni aspetto, dal cocktail al ristorante , tutto è moltiplicato. Ma qui lo scopo è far spendere! Ci facciamo un giro sia nel pomeriggio , dove ci dedichiamo all’acquisto di souvenir, sia la sera, per ammirare le luci della città… e il caldo e i km della Strip si fanno sentire!La sera siamo stravolti e ci addormentiamo di sasso.
Lunedì: destinazione della giornata è la Death Valley
Si dovrebbe partire all’alba ma, tra una cosa e l’altra arriviamo in zona per le 11… e fa già caldo, molto caldo! L’area compresa nella valle è molto ampia, per cui cercare i vari punti di osservazione occupa parecchio tempo. Non esiste un vero e proprio posto di blocco per il controllo del pass, fa troppo caldo, quindi noi alla fine non lo mostriamo a nessuno. La prima zona che visitiamo è Zabriskie Point, con le sue rocce erose dal vento e di seguito Dante’S View. Per arrivare qui, si deve salire in cima alle colline della zona (è consigliato spegnere l’aria condizionata del veicolo per non surriscaldare il motore) e lasciare poi l’auto nel parcheggio per proseguire a piedi e arrivare sino alla cima dove si vede un notevole panorama: il lago salato, ormai prosciugato, della valle. E anche la temperatura è gradevole. Ci sono almeno 7/8 gradi in meno rispetto alla Valle, cosa non da poco. Quando decidiamo di scendere per arrivare a BadWater, il punto più basso degli USA, il termometro segna 43 gradi, l’aria è bollente e il sole brucia. Scattiamo qualche foto, visitiamo l’ Artist’s Palette e il Devil’S Golf Course, ma il caldo inizia a farsi sentire un po’ troppo. Scappiamo verso il Saloon di FurnaceCreek, dove davanti a una bella bibita fresca e a un hamburger, ci riprendiamo. Per affrontare questi luoghi, fate sempre una bella scorta d’acqua nei supermercati, prima di mettervi in viaggio. La maggior parte degli hotel ha il frigorifero (a LasVegas ovviamente no, perché si deve spendere), quindi approfittatene. Per la sera abbiamo prenotato al Mizpah di Tonopah, un hotel storico della zona, arredato in stile vittoriano e dove abbiamo letto esserci il cielo stellato migliore degli States…sarà, ma noi siamo così stanchi che ci addormentiamo prima di poter uscire.
Martedì
Oggi ci aspetta il Tioga Road, ossia l’attraversamento in quota dello Yosemite. La strada sarà aperta sino alla prima neve, quindi ne approfittiamo. La verità: siamo rimasti molto delusi. Per noi italiani, abituati ai paesaggi fiabeschi delle Alpi, il parco è stato una mezza delusione. Certo, chi fa trekking può avere l’occasione di visitarlo meglio, ma per noi, turisti di giornata non è sembrato quel granchè..direi che è tutto frutto della grande capacità degli Americani di rendere turistico anche quello che non lo è. Le cascate sono inesistenti perché in secca, le cime tanto decantate sono di fatto 2 montagne rocciose. Forse avremmo potuto visitare qualcos’altro. L’unica cosa che ci resta sono il gran numero di km che abbiamo dovuto fare. Assolutamente da arrivare con un pieno di carburante. (Apro una piccola parentesi sul carburante americano: il diesel non esiste e la benzina, venduta a galloni, costa sui 3,5 dollari al gallone. Si paga direttamente al benzinaio prima di far benzina.) All’uscita dal parco, pernottiamo al Mariposa Lodge, alloggio non proprio economico ma ben gestito. Mariposa è un paesino veramente carino, ben tenuto che vive di riflesso sul turismo del parco. E’ infatti uno dei paesi più vicini all’uscita dello Yosemite e qui incontrare il “Tutto esaurito “ è all’ordine del giorno. Vi consigliamo la cena al ristorantino Charles Street Dinner House. I proprietari sono davvero simpatici e si mangia ottimamente.
Mercoledì: oggi è una giornata di transizione
Dobbiamo arrivare a San Francisco, dove lasceremo la macchina. L’idea iniziale è di trascorrere la mattinata a Monterey, ma visti i km da percorrere e la paura del traffico della città nel pomeriggio , abbiamo optato subito per Frisco, trascorrendo la mattinata a Sausalito. Arriviamo nel paese da Nord, da Oakland percorrendo la 580, parcheggiamo lungo il porto ( 3 dollari l’ora, non male!) e ci godiamo un paio d’ore di relax passeggiano lungo la darsena o nel corso del paese. Al pomeriggio poi, ci dirigiamo verso Union Square a San Francisco, dove alloggeremo al Beresford Arms, un hotel in stile vittoriano con un giusto compromesso qualità /prezzo. Gli hotel a San Francisco hanno veramente prezzi proibitivi, non potevamo quindi pretendere di alloggiare in hotel di prima categoria. Il Beresford è a circa 900 m da Powell St, punto strategico per i trasporti nella città. Qui infatti c’è il capolinea della CableCar, la stazione della metro per arrivare all’aeroporto e un’importante fermata per i bus. Grazie al navigatore arriviamo proprio davanti all’hotel, scarichiamo le valigie e riportiamo l’auto al punto più vicino dell’Alamo, circa 300 mt. In hotel, ci viene assegnata una stanza che dà sulla strada. Questo non ci farà passare notti silenziose, la strada è trafficata, i vetri moooolto sottili e i rumori (dal camion della spazzatura, ai vigili del fuoco, dall’ambulanza al mezzo per pulire le strade) si sentiranno tutti!
Qualche nota sulla città, in cui restiamo complessivamente per 3 notti:
La visita ad Alcatraz merita, i biglietti vanno prenotati con largo anticipo, intorno ai 90 gg prima, sul sito alcatrazislandtickets.com.
Noi abbiamo scelto l’abbonamento ai mezzi di trasporto della città, quello della durata di 3 giorni, che però esclude la metro ma comprende la cable. Tenete conto che un solo biglietto per la cable costa 6 dollari. I bus arrivano ovunque e permettono di arrivare in ogni dove, risparmiando fatica e km. Le file ai capolinea della cable sono interminabili, soprattutto nei weekend, quando la città si riempie a dismisura. Se volete proprio prenderla, ma le file vi spaventano, prendete la linea California, sempre poco frequentata. Con i mezzi, noi siamo passati dal Pier 39 a ChinaTown, da Lombard Street a Castro, da Mission a Union Square.
Mangiate un hamburger al Johnny Rockets in zona Pier 39, divino! I barboni e gli ubriachi ci sono e sono anche parecchi. Evitate certe zone della città (Tenderloin per esempio) e sarete più tranquilli, ma vivete la città e suoi quartieri!