Watamu: Paradiso Ritrovato

Lunedì 17-7 Arriviamo a Mombasa al mattino presto. All’aeroporto, dopo aver atteso per un bel po’ le valigie, il tizio che mi deve accompagnare in albergo, mi coglie di sorpresa e mi sfila subito dieci euro. Piove e c’è un traffico che neanche a Roma nell’ora di punta; ci si mette un bel po’ per uscire dalla città e dopo due ore circa...
Scritto da: Paolo Morabito
watamu: paradiso ritrovato
Partenza il: 16/07/2004
Ritorno il: 31/07/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Lunedì 17-7 Arriviamo a Mombasa al mattino presto. All’aeroporto, dopo aver atteso per un bel po’ le valigie, il tizio che mi deve accompagnare in albergo, mi coglie di sorpresa e mi sfila subito dieci euro. Piove e c’è un traffico che neanche a Roma nell’ora di punta; ci si mette un bel po’ per uscire dalla città e dopo due ore circa arriviamo all’Aquarius.

La stanza è deludente, molto deludente, quindi chiediamo il cambio visto che l’albergo è semi-vuoto. Fortunatamente veniamo accontentati e ci mettono addirittura in una tripla con terrazzino (le stanze di sopra sono migliori).

Il pranzo è ottimo, la cucina dell’Aquarius è stata abbastanza soddisfacente, soprattutto la pasta molto buona. Usciti dall’albergo affrontiamo “l’assalto” dei beach boys e per quanto fossimo preparati rimaniamo storditi, ci arrivano offerte da tutte le parti ed essendo appena arrivati la prima cosa che vogliamo fare non è certo comprare cianfrusaglie.

La mia ragazza consegna le foto che ci avevano dato Sara e Dario ad Abramo e da quel momento siamo praticamente nelle sue mani. Il pomeriggio ammiriamo la spiaggia, bellissima, bianca e piena di granchi, facciamo una passeggiata sulla scogliera altrettanto bella, e poi un giretto al villaggio. Il tempo è bello, ma in cinque minuti volge al peggio e comincia a piovere. Veniamo così informati che la stagione delle piogge è arrivata in ritardo quest’anno e quindi questi dovrebbero essere gli ultimi strascichi.

Dopo cena andiamo a fare un giro a Malindi, accompagnati da Filippo, animatore “dik dik” dell’Aquarius con Vittorio e Elisabetta, una coppia di Roma che sarà sempre con noi per tutta la vacanza e con una coppia di novelli sposi in viaggio di nozze. Lei molto simpatica, ma lui di più.

Prendiamo una birra ad un locale con musica dal vivo e poi andiamo alla discoteca Stardust, esperienza non più ripetuta questa della discoteca, sinceramente molto squallida, non per la struttura di per sé bella, ma per la frequentazione, moltissimi “papponi” italiani ultrasessantenni accompagnati da ragazzine africane di quindici anni. Insomma ce ne’era abbastanza per intristirsi.

Domenica 18-7 C’è la bassa marea, e così si fa un giro, veniamo accompagnati da un quartetto e cioè dal mitico (mitico perchè sembrava che gli ultimi giorni ci avesse derubato di un paio di ciabatte ed era sempre nei nostri pensieri) M’Garere, Juma, Hassan e Caterega ( in realtà i nomi a cui si presentano agli italiani sono Gabriele, Giorgio, Hassan e Mosè…Non chiedetemi perché Caterega diventa Mosè però.) Ci fanno vedere un paio di murene e poi il pomeriggio ci accompagnano in paese dal calzolaio (credevamo fosse gratis ma hanno voluto soldi), tappa fissa per la mia ragazza, e quindi anche per me, nonostante i miei continui tentativi di ribellione, alla fine il calzolaio vinceva sempre.

Il villaggio è molto carino, tranquillo e pulito, tutti ti salutano non solo chi ti vuole vendere qualcosa. Il pomeriggio ci si mette d’accordo con Abramo per partire la notte stessa per il safari ( 3 giorni e 2 notti, una all’Amboseli e una alla Tsavo), inutile dire che siamo eccitatissimi. I quattro si potevano comportare meglio sia per la storia delle ciabatte che per i troppi soldi chiestici. Alla fine salverei soltanto il buon Juma.

Lunedì 19-7 Partiamo alle 3 di notte da Watamu e piove a dirotto. La formazione per il safari è così composta: Ringhi al volante affiancato da Abramo, poi Vittorio, Elisabetta, io e Claudia, la mia ragazza, Shaba, altro accompagnatore, simpaticissimo beach boys di Watamu e Anna una ragazza di Siena.

Vorrei dormire ma è praticamente impossibile, la strada fino a Mombasa è piena di buche e la pioggia non migliora la situazione.

La guida di Ringhi è spericolata a dir poco, fatta di continui ed improbabili sorpassi, ma piano piano mi accorgo che sa quello che fa e prendo fiducia. Sulla strada non c’è segnaletica e le macchine lasciano accesa la freccia di destra per rendersi conto delle distanze. Costeggiamo lo Tsavo, qui la strada è molto migliorata, poi ci dirigiamo verso l’Amboseli dove arriviamo alle 12 e 30 circa dopo 9 ore e mezza di viaggio.

Ci sistemiamo all’Amboseli Lodge, molto bello, poi il pomeriggio ripartiamo alla caccia di animali. Il paesaggio è molto arido, gli animali ci sono, tanti elefanti, zebre, ippopotami in lontananza. Poi vediamo una bellissima iena con tre cuccioletti e due ghepardi che mentre stanno per venire verso il nostro furgoncino vengono spaventati da qualcuno dell’altro pulmino e tornano indietro, poi si vede un po’ di movimento tra gli arbusti e Shaba ci dice che stanno facendo “kashanga” fanno in un lampo, che neanche io dopo mesi di astinenza, e poi ognuno per conto suo.

Verso il tramonto alla radio ci comunicano che ci sono due leoni, Ringhi, il nostro autista, mette il turbo, mi toglie due anni di vita facendo una curva a u praticamente senza frenare e finalmente ecco i leoni, sono a dieci-quindici metri e mezzi addormentati, ma lo spettacolo è bello lo stesso, considerato che sono i primi che vedo in vita mia. La notte per la prima volta riusciamo a vedere il cielo stellato senza nubi, ed è uno spettacolo da mozzare il fiato.

Martedì 20-7 Il mattino dopo aver visto qualche ghepardo in lontananza e una leonessa che cercava riparo dalla calura sotto un albero, ripartiamo alla volta dello Tsavo. Alloggiamo al bellissimo campo tendato Ndololo Camp, dove a darti il benvenuto oltre al masai Sambore c’è una simpatica scimmietta, per la precisione un cercopiteco, Johnny che prende subito confidenza con tutti noi e ti fa morire dalle risate.

Lo Tsavo è molto più grande dell’Amboseli la vegetazione è più fitta, ci sono più alberi, e mentre all’Amboseli avevi la sensazione che erano gli animali a trovare te, nel senso che si spargeva la voce attraverso le radio che c’era un leone e tutti correvano lì, qui hai più la sensazione di essere tu a cercare l’animale. Il pomeriggio verso le 18 dopo aver visto comunque dei bellissimi ghepardi, andiamo alla ricerca di leoni.

Ad un certo punto Shaba ci avverte con la frase “fucili in mano” ad intendere di impugnare telecamere e macchine fotografiche perché c’erano animali in vista.

Abramo dice “ora facciamo safari napoletano eh!” e Ringhi abbandona la pista per andare verso il nulla apparentemente. Non vediamo nessun animale all’orizzonte poi Ringhi fa una curva a u per aggirare un cespuglio e lì ci troviamo davanti ad una scena incredibile.

Ci sono tre leoni maschi a trenta centimetri dal nostro furgone che ci guardano dritti negli occhi.

Nessuno parla si sente solo il rumore delle macchine fotografiche e delle telecamere. Io personalmente rimango a bocca aperta ad ammirare questo spettacolo della natura; rimaniamo lì cinque minuti, il tempo di farsi il più classico dei “piantarelli” per la mia ragazza e poi andiamo via contenti come non mai.

La sera ci si riunisce attorno al fuoco: è Shaba a tenere banco con i suoi divertenti racconti, ci dice che forse a settembre viene in Italia in Sardegna dove vive la sua fidanzata. La sera stanchi morti crolliamo, pronti a tornare a casa il giorno dopo.

Mercoledì 21-7 La voglia di tornare a casa non c’è proprio, stiamo troppo bene, anche tra noi, Abramo Ringhi e Shaba oltre ad essere bravissimi a trovare gli animali sono anche molto simpatici e quindi decidiamo di rimanere un altro giorno allo Ndololo.

Personalmente sono un po’ incavolato perché ho la telecamera scarica e non ho portato il caricabatterie, non credendo che si potesse caricare in piena savana, invece mi sbagliavo.

Si fa un altro “safari napoletano” questa volte ad attenderci dietro un cespuglio ci sono otto tra leoni e leonesse. Poi vediamo tre ghepardi che giocano, il “doa doa” come si dice in swahili è veramente un animale fantastico, agilissimo e dalla linea perfetta, oltre ad avere un muso dolcissimo da gattone.

Poi prima del tramonto andiamo nelle vicinanze di un fiume a vedere gli ippopotami da vicino. Con Abramo ci facciamo tante risate a prendere in giro Shaba che non scende perché ha paura. La sera io e Claudia ci allontaniamo dal fuoco dove sono tutti riuniti, all’improvviso sentiamo come un ruggito di leone venire da non più di dieci metri, ci spaventiamo a morte e torniamo davanti al fuoco con gli altri. Ripensandoci era impossibile che fosse così vicino ma a noi lo era sembrato, l’impressione era proprio che stesse tra i cespugli davanti a noi. Giovedì 22-7 La mattina ci svegliamo presto sperando di vedere qualche felino a caccia o il leopardo unico animale che ci sia sfuggito, ma non c’è nulla da fare. Di leopardi nemmeno l’ombra.

All’uscita dello Tsavo ci propinano uno squallido villaggio masai che sembra più un mercatino, dove tutti ti rompono le palle per venderti qualcosa e vengono effettuati degli spettacolini pigri, come una danza e ti fanno vedere come si accende il fuoco, insomma sembra più una televendita che la vita di un villaggio masai.

Sono tutti così intenti a vendere che non fanno neanche caso a una donna malata coperta da un telo, che sembra stia molto male. Pranziamo a Mombasa, Shaba ci offre da bere in un bar e poi ripartiamo verso Watamu, dove arriviamo alle 16 e ad attenderci c’è una giornata fantastica: che sia finita la stagione delle piogge? Venerdì 23-7 La giornata non è granchè così facciamo un giro al villaggio alla scuola per orfani di Watamu, le contrattazioni si susseguono a ritmo incessante per qualunque cosa. Il pomeriggio andiamo alla rovine di Gedi, che personalmente ho trovato abbastanza deludenti. La sera all’Aquarius c’è la cena swahili in pareo.

Sabato 24-7 Ci svegliamo alle 5e 30 per andare alla Arabuko Sokoke una riserva , dove a sentire la guida della Lonely Placet dovrebbero esserci 240 specie diverse di uccelli, fattostà che in tre ore ho visto solo un passerotto e mi sono anche affannato dieci minuti a rincorrerlo con il binocolo, facendomi venire il torcicollo. Qualche toporagno elefante ci è sfrecciato davanti al furgone a velocità supersonica e niente più.

Dopo questa delusione dell’Arabuko è andato un po’ meglio a Mida Creek, un’ immensa distesa di mangrovie e dove ci siamo divertiti a camminare su una mezza specie di ponte tibetano con Abramo che si divertiva a renderlo ancor più traballante di quanto non fosse.

In conclusione evitate tranquillamente l’Arabuko, anche un’altra coppia ci è andata due giorni dopo e non ha visto un tubo. Domenica 25-7 Siamo pronti per la gita al parco marino e per la grigliata sulla spiaggia ma piove e siamo costretti a rinviarla.

La pioggia è molto strana qui, non ha mai piovuto per più di 20 minuti filati e capita che si possa passare in un attimo da una splendida giornata alla pioggia per poi tornare alla splendida giornata.

Riesco finalmente fare un bagno al mare e ne vale veramente la pena, sembra di stare ai Caraibi, ci sono anche due bambini a farmi compagnia, parlo con loro, ma appena mi tuffo ecco che spunta l’innocente bambino con un braccialetto in mano che mi dice “solo 150 scellini”. Rifiuto gentilmente.

La sera usciamo e andiamo all’happy night la discoteca di Watamu, carina, vengo riconosciuto da persone che non conosco e che mi salutano perché il giorno prima mi ero messo una canottiera di Michael Jordan.

Lunedì 26-7 La mattina ci rilassiamo al mare, il pomeriggio si va a Malindi, prima alla fabbrica del legno e poi al paese, che non mi piace per niente, molto meglio Watamu. La nostra guida ci fa attraversare un girone dantesco di file di negozi tutti uguali, con il sole in faccia, con tutti che ti parlavano da una parte e dall’altra. Credo di impazzire e ho attacchi di claustrofobia. Diamo un occhiata anche al mare di Malindi e non possiamo non notare che faccia veramente schifo e che Watamu sia molto più bella.

Martedì 27-7 Giornata di transizione la passiamo al mare e a farci un giro per il paese, con l’inevitabile tappa del calzolaio.

Mercoledì 28-7 Si parte per la gita al parco marino, ma il tempo è pessimo, il mare mosso e sinceramente non ho tutta questa voglia di fare snorkeling, la situazione non è delle più rosee, anche perché abbiamo rischiato di perdere il nostro capitano, autore di un clamoroso scivolone sulla barca, che poteva avere conseguenze ben peggiori di una semplice contusione al ginocchio e rischiamo anche di “uccidere” un uomo che stava per rimanere schiacciato tra 2 barche.

Torniamo e aspettiamo Abramo dentro un negozietto per ripararci dalla pioggia, dentro il quale ci sono due bambini fantastici, gemelli, di un anno e mezzo, Clara e Lawrence ,che a giudicare da come ci guardano impauriti, non dovevano aver mai visto uomini bianchi da così vicino. Arriviamo all’isola dell’amore, la giornata “pole pole” migliora, ci facciamo due risate con Abramo, il posto è veramente fantastico e l’aragosta ottima. La sera Abramo, con il quale abbiamo sempre più confidenza, ci porta a casa sua e ci fa conoscere la sua famiglia in particolare suo figlio il piccolo Adam, una creatura deliziosa.

Giovedì 29-7 L’isola dell’amore ci è piaciuta così tanto che decidiamo di tornare da soli, ma non avevamo fatto i conti con la marea e ci ritroviamo con pochi centimetri di spiaggia rimasta e costretti a riattraversare il mare con l’acqua fino al petto, ma ci divertiamo molto lo stesso. Conosciamo dei beach boys molto simpatici che non ci vogliono vendere nulla, ci parlano solo: Jaji, Mutambaruka e Raizo.

Venerdì 30-7 La partenza si avvicina e la tristezza comincia ad impadronirsi di noi, il pomeriggio salutiamo tutti in particolare Abramo che ci fa commuovere facendoci dei regaletti, un cd di canzoni africani per noi uomini e una borsa per le donne.

Sabato 31-7 Non andiamo a dormire per niente, alle 3 si riparte, il volo parte con due ore di ritardo, a Fiumicino mi perdono la valigia, ma il mal d’Africa si sente e non poco, per cui non me la prendo né per il ritardo né per la valigia, ripenso ai leoni visti, alla sconfinata savana, alle albe accecanti, al cinguettio degli uccelli al mattino, ai sorrisi dei bambini, al sorriso di Abramo, a tutte le persone conosciute, che mi hanno fatto tornare più ricco dentro. E che rendono il ritorno alla quotidianità ancora più duro.

Considerazioni: Allora All’Aquarius siamo stati molto bene, è molto pulito e ben tenuto, si mangia bene, il personale è efficiente e molto simpatico ( menzione per i cuoco Wilson e per il cameriere Raja). L’animazione per noi meno ce n’era e meglio era, ma a livello di simpatia degli animatori si può fare di molto meglio. Dovendo tornare però sinceramente prenderei una casa. Beach Boys: a volte sono fastidiosi, ma bisogna rassegnarsi, fanno parte del posto, alla fine ci si abitua, poi all’inizio c’erano pochi turisti e quindi avevano più attenzioni per noi. Comunque abbiamo parlato con tutti senza mai essere scortesi, ma rifiutando gentilmente. Abramo è stato semplicemente fantastico per noi, e lo consiglio vivamente a chiunque, sia per a simpatia che per la professionalità, anche Shaba è molto bravo e simpatico e ha un occhio veramente acuto nel trovare gli animali nella savana.

Bambini: Le persone che vivono in Kenya da più tempo sconsigliano dal fare regali ai bambini, perché poi questi smettono di andare a scuola perché così portano più soldi a casa, e questo in effetti è triste ed era il mio pensiero prima di andare lì in Kenya tant’è che non mi sono portato nulla da regalare. Poi però una volta che ti trovi davanti un bambino che ti chiede un po’ di farina o un pacco di riso o di spaghetti come fai a dire di no? Per qualunque informazione questa è la mia mail: star69monster@hotmail.Com



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