Wanted 7 italians in West Usa: 15 giorni da Los Angeles a San Francisco

Viaggio fai da te attraverso i panorami mozzafiato, i parchi nazionali, le grandi città e le strade sterminate degli Stati Uniti occidentali: Los Angeles, Grand Canyon, Monument Valley, Page, Bryce Canyon, Las Vegas, Death Valley, Yosemite e San Francisco
Scritto da: tus-operator
wanted 7 italians in west usa: 15 giorni da los angeles a san francisco
Partenza il: 25/04/2015
Ritorno il: 09/05/2015
Viaggiatori: 7
Spesa: 3000 €
Un viaggio negli USA… e chi non l’ha mai sognato? E’ partita quasi per scherzo la proposta di un tour dell’ovest americano, con i suoi meravigliosi parchi e le sue città, ed ecco che lo scorso aprile ci ritroviamo su un aereo diretto a Los Angeles!

Siamo un gruppo di 7 amici, ormai compagni di viaggio consolidati dopo anni di tour alle spalle, e il problema iniziale era proprio quello di trovare un periodo che andasse bene per tutti. Riusciamo a ritagliare due settimane tra fine aprile ed inizio maggio. Il periodo è perfetto perché di turisti ce ne sono in giro ancora pochi, i prezzi sono lievemente più bassi e le temperature sono ottimali per visitare deserti e città.

Avendo la passione per l’organizzazione di viaggi fai-da-te, ritiro guide turistiche in biblioteca, scarico diari di viaggio e visito un bel po’ di siti internet finché non ottengo l’itinerario di viaggio che fa per noi. Due settimane sono sufficienti per un bel tour completo. Le varie attrazioni si visitano anche senza particolare fretta ma bisogna ammettere che il programma è piuttosto serrato e, dati i lunghi tempi di spostamento, non c’è poi molto tempo per rilassarsi. Se anche voi avete pochi giorni a disposizione e volete visitare il più possibile, è buona cosa programmare bene il viaggio e prenotare in anticipo hotel e visite guidate (si risparmia molto tempo/stress). Ecco il mio programma:

– 1° giorno: volo + Los Angeles

– 2° giorno: Los Angeles (Universal Studios)

– 3° giorno: Los Angeles (Santa Monica) + inizio viaggio in auto (pernottamento a Kingman)

– 4° giorno: Grand Canyon

– 5° giorno: Grand Canyon + Monument Valley (pernottamento a Page)

– 6° giorno: Antelope Canyon + Horseshoe Band + Lake Powell (pernottamento nei pressi del Bryce Cayon)

– 7° giorno: Bryce Canyon + Zion N.P. (solo transito) + Las Vegas

– 8° giorno: Las Vegas

– 9° giorno: Death Valley (pernottamento a Bakersfield)

– 10° giorno: Yosemite N.P. (Mariposa Grove)

– 11° giorno: Yosemite N.P. (pernottamento San Francisco)

– 12° giorno: San Francisco

– 13° giorno: San Francisco

– 14° giorno: San Francisco + volo di ritorno

– 15° giorno: rientro in Italia

In 15 giorni di viaggio abbiamo speso sui 2.500 euro considerando tutto: volo aereo (circa 800 euro), autonoleggio, hotel (principalmente motel economici), cibo (abbiamo alternato fast food a ritoranti), trasporti pubblici, benzina, ESTA (permesso di ingresso), assicurazione medica, parcheggio aeroportuale, ingressi ai monumenti/parchi, visite guidate e qualche souvenir. Peccato per il cambio poco favorevole (era praticamente quasi 1:1) altrimenti saremmo stati tranquillamente sui 2.300 euro preventivati in origine.

Ecco quindi il mio diario di viaggio e, a seguire, un elenco delle cose da fare prima di partire.

PRIMO GIORNO: sabato 25 aprile

Ore e ore di viaggio. Non so bene quanto tempo sia durato, ho perso il conto. Partiti da Milano (Linate) alle 7.45 del mattino, con scalo a Londra, arriviamo finalmente a Los Angeles nel primo pomeriggio. Il sogno americano, molto spesso, parte proprio da qui, dalla città che è considerata la capitale dell’ovest degli USA. Grande, anzi immensa, questa città è il biglietto da visita dell’intera California. Il nostro viaggio nel West USA inizia proprio qui, in questa metropoli intasata da un traffico incolonnato lungo viali elegantemente contornati di palme, in questa città dove la periferia non finisce mai ma le cui abitazioni sembrano tutte delle villette (alcune tendono più alla baracca ma di palazzoni nemmeno l’ombra!), in questo luogo dove la maggior parte degli abitanti è di origine ispanica tanto che non pare di essere davvero negli Stati Uniti. Una città fatta di sfarzo e di contrasti.

Preferiamo raggiungere il nostro Hollywood Celebrity Hotel in metropolitana perché è la soluzione più economica e, all’apparenza, anche la più comoda. Dall’aeroporto prendiamo lo shuttle bus “G” fino alla stazione della metro (Aviation) e, dopo diversi cambi, raggiungiamo la meta. Che fatica e quante ore (quasi due)! Non era evidentemente la soluzione più comoda. Ad ogni modo, il tragitto ci ha regalato un fantastico spaccato sulla società americana: periferie degradate, persone stranissime che salgono in carrozza parlando da sole, gang di afroamericani, bambini con panini del Mc Donald’s a qualsiasi orario e chi più ne ha più ne metta.

La metropolitana, articolata ed interminabile, ci sputa fuori direttamente sulla Walk of Fame, il tratto di Hollywood Boulevard più celebre e più luccicante, che appare splendente sia di giorno che di notte. Proprio come una star. E non a caso! Questa infatti è la strada di Los Angeles con le famose stelle in granito rosa che riportano i nomi dei personaggi più in vista nel mondo dello spettacolo, del cinema e della musica. E’ divertante cercare qua e là i propri beniamini ma non è altrettanto facile camminare a testa bassa cercando anche di evitare di sbattere contro una Merilyn Monroe in carne ed ossa. Vi state chiedendo come questo possa essere possibile? Beh, qui si incontrano sosia di ogni tipo: da Superman a Michael Jordan, dalle conigliette di playboy a Micael Jackson, da Jessica Rabbit ai Minions. Ce n’è davvero per tutti i gusti!

Nonostante le 9 ore di fuso orario, la stanchezza e le occhiaie, ci immergiamo ancora una volta in questo caos affascinante prima di rientrare in hotel e svenire nel nostro lettone queen size.

SECONDO GIORNO: domenica 26 aprile

Come si fa a non associare Los Angeles al mondo del cinema? In città ci sono molti studi cinematografici ma i più popolari e turistici sono sicuramente gli Universal Studios Hollywood, la nostra tappa di oggi! Arriviamo sul posto con il nostro bel Front of Line Ticket in mano (pass che permette di saltare le code). Lo abbiamo acquistato on-line pagandolo “solamente” 136$ (Arestravel.com) contro i 189$ previsti nel sito ufficiale (il biglietto normale viene sugli 80$). Varcate le porte di questo parco, vi troverete immersi in decine di set cinematografici: ci sono i Simpson, King Kong, I Minions, Ritorno al Futuro, Jurassik Park, Waterworld…

L’attrazione principale del parco è lo Studio Tour, una visita di 45 minuti a bordo di un trenino che vi condurrà nei set all’aperto di serie televisive e celebri film. Le altre attrazioni, che non sono poi così tante (circa una ventina), vanno dagli spettacoli dal vivo ai cinema 3D. Tra gli spettacoli, sicuramente il migliore è Water World in cui gli effetti speciali si sprecano in un mondo fatto di lamiere, acqua e fuoco.

Dove siamo andati per pranzo? Ovviamente al Moe’s di Springfield. Mitico!

E’ il tardo pomeriggio quando rientriamo in hotel. Andiamo alla scoperta di El Pueblo de Los Angeles, il pittoresco quartiere da cui si sviluppò tutta la città. Qui ci si ritrova immersi nel passato spagnolo e messicano del sud della California. Sembra davvero di essere in un altro mondo, lontano da grattacieli e dalla modernità. Essendo domenica sera però non c’è anima viva. Dove sono le bancarelle di chincaglierie che affollano Olvera Street, il cuore del quartiere, e le persone che passeggiano nella Plaza de Cultura y Artes?

Proseguiamo il cammino alla ricerca di un po’ di vita e imbocchiamo le strade di Downtown che conducono al City Hall, il municipio cittadino del 1928, fino ad arrivare al Walt Disney City Hall, uno spazio concerti dalla forma decisamente avveniristica tutta acciaio e linee curve. La sera qui è tutto chiuso e, trattandosi di un quartiere di uffici, non ci sono locali né persone. E’ una gran tristezza, purtroppo. Trasciniamo qua e là le nostre gambe stanche, simili a cotechini modenesi, senza troppo entusiasmo. Non so se è per via del mega hamburger mangiato al Moe’s oggi a pranzo o se è perché siamo sfiniti, ma non abbiamo neppure la forza di mangiare un boccone prima di andare a letto.

TERZO GIORNO: lunedì 27 aprile

Oggi parte il nostro viaggio on the road! Ritiriamo l’auto a noleggio (non senza qualche difficoltà) e, per via del bagagliaio troppo piccolo, siamo costretti a ritirare un macchinone enorme e superaccessoriato (molto americano!). Percorriamo i lunghi viali di Los Angeles, contornati di palme, attraversando Beverly Hills, con le sue ville, e Rodeo Drive, con i suoi negozi ultra chic dove faceva shopping anche Julia Roberts nel film Pretty Woman, finché non arriviamo a Santa Monica (circa 45 min). E’ incredibile scoprire che quanto propinatoci per tutti gli anni ’90 nella serie televisiva Baywatch esiste davvero! La lunghissima spiaggia dorata sulla quale si infrangono le onde dell’oceano Pacifico è davvero disseminata di torrette di guardia sulle quali i bagnini, in rigoroso costume rosso, fanno sfoggio dei loro addominali scolpiti. Fanstastico! Sembra di essere davvero nel telefilm!

Immergiamo i piedi nell’acqua fredda del Pacifico, passeggiamo sopra il famoso molo con il luna park, ci concediamo un giro sulla ruota panoramica e c’è perfino qualcuno che viene bombardato dai piccioni mentre sta pranzando. Non ci facciamo mancare proprio nulla!

È ora tempo di partire lungo le deserte e sconfinate strade d’America ma… ci facciamo i primi 100 km in colonna. Altro che deserte!

Le uniche tappe che ci concediamo lungo il percorso sono per rifocillarci: donut e caffè in un bar di cinesi per merenda e poi un hamburger in un fast food di una località dispersa nel nulla. Arriviamo al motel Travelodge di Kingman che è mezzanotte (il viaggio doveva durare teoricamente 5 ore ma ce ne abbiamo messe quasi il doppio). E che motel! Sembra proprio il set di un film dell’orrore. Ma qui, purtroppo, non siamo agli Universal Studios!

QUARTO GIORNO: martedì 28 aprile

Le praterie sconfinate corrono veloci accanto alla nostra super auto e quelle nuvolette bianche nel cielo danno un tocco quasi perfetto al quadretto oltre il finestrino. Una rapida sosta lungo la celebre Route 66 per l’acquisto di schifezze americane (nachos, M&m’s, etc.) e dell’utilissimo contenitore termico in polistirolo (costa circa 5$ e, una volta inserito il ghiaccio, funziona a meraviglia) e via spediti verso il Grand Canyon (viaggio 2.45 ore). Scavato dal fiume Colorado, è lungo 443 km, ha una larghezza media di 16 km e raggiunge una profondità di 1,6 km. Tutte queste cifre non rendono però bene il concetto che ho in mente e la sensazione che vorrei trasmettervi. Bene, chiudete gli occhi ed immaginatevi una prateria piatta ed interminabile che corre da molti chilometri oltre i finestrini della vostra auto. La vegetazione è fatta quasi unicamente da cespugli bassi e tutti uguali. Poi finalmente si arriva all’ingresso del parco nazionale e la vegetazione cambia, diventa più verde e rigogliosa. Il profumo della pineta e il sole accecante vi accompagnano lungo il sentiero che porta ad uno dei numerosi punti panoramici. Ad un certo punto, finalmente, la vegetazione sparisce, il sentiero termina e la terra che vi circondava fino a poco prima precipita nell’abisso. Davanti ai vostri occhi spalancati, sotto un cielo azzurro, si apre l’immensità del Grand Canyon con le sue sfumature di colori che vanno dall’ocra al rosso, intervallate qua e là da macchie verdi di arbusti. Ovunque vi giriate, questa grandiosità vi circonda e si mostra, nella sua fierezza, in tutto il suo splendore.

Anche noi, come la maggior parte dei turisti che giungono al Grand Canyon National Park (prezzo 30$ per auto – viene accettato l’Interagency Annual Pass di 80$ per auto che da diritto all’ingresso in tutti i parchi nazionali USA), ci limitiamo a visitare il South Rim, il versante sud del parco che è anche quello più turisticamente attrezzato e sviluppato e quello più comodo da raggiungere in un itinerario dell’Ovest.

Dopo una passeggiata lungo il Bright Angel Trail, nei pressi del Grand Canyon Village, saliamo su uno dei numerosi bus navetta che attraversano il parco e percorriamo la Hermits Rest Route, ad ovest del villaggio, una strada panoramica che costeggia il canyon (è quasi sempre vietato l’accesso in auto). Scendiamo ad alcuni dei punti panoramici ed osserviamo il paesaggio da angolazioni differenti. È vero, è sempre lo stesso, ma ogni volta trasmette emozioni differenti!

Lungo la strada di uscita dal parco del Grand Canyon facciamo anche un incontro incredibile. Diversi cervi stanno attraversando la strada, passeggiando con estrema calma. Che meraviglia!

Questa notte pernotteremo a Tusayan, un villaggio a 15 minuti in direzione sud rispetto al parco, presso il Red Faether Lodge. Il paese non offre nulla di che per cui ci limitiamo ad entrare in un locale caratteristico dove ordiniamo delle fette di carne di una dimensione quasi impossibile da immaginare!

QUINTO GIORNO: mercoledì 29 aprile

Cookies e pancakes con sciroppo d’acero sono l’ideale per iniziare al meglio la giornata. Soprattutto quando ci si è dovuti alzare presto!

Usciamo dal parco nazionale del Grand Canyon passando per la Kaibab Trail Route, una strada con numerosi punti panoramici affacciati sull’immensità del canyon (questa è percorribile in auto). Ci concediamo un paio di soste lungo il tragitto. Le foto son tutte uguali e dopo un po’ l’entusiasmo diminuisce, ma il paesaggio è davvero spettacolare!

C’è poco da fare, quando si arriva alla Monument Valley (viaggio in auto 3.30 ore) e si rimane a contemplare l’orizzonte con la bocca spalancata (attenti che entra la polvere!), nella testa va immediatamente a materializzarsi uno dei tanti motivetti provenienti dalle colonne sonore che accompagnavano i film western. Che siate amanti o meno del genere, questo luogo non vi lascerà di certo indifferenti (è stata la nostra tappa preferita di tutto il viaggio).

Il paesaggio così fortemente evocativo della Monument Valley è divenuto il simbolo dell’immaginario tipico del Far West americano, divenuto ancor più celebre grazie anche ai numerosi classici western girati da queste parti.

I pinnacoli di roccia che si elevano dal terreno brullo e sassoso fin verso il cielo blu (se c’è pure una nuvoletta bianca il quadro è perfetto) sono davvero qualcosa di unico.

Questo luogo straordinario si trova all’interno di una riserva Navajo (ingresso 10$ per persona/20$ per veicolo fino a 4 persone – Interagency Annual Pass non accettato) e lo si visita seguendo la Valley Drive, una strada panoramica e sterrata di 17 chilometri (è percorribile con ogni tipo di mezzo) che corre attraverso le conformazioni rocciose più famose.

Il colore rosso della roccia, del paesaggio e della sabbia, disseminata ovunque, ci entra nel cuore (e nelle scarpe).

Se, al termine della visita sentirete un desiderio impellente di conoscere qualcosa di più su John Ford, John Wayne e sulle curiosità legate ai film western girati da queste parti, vi consiglio di fare un salto al Monument Valley Museum (aperto dalle 8 alle 20), conosciuto anche come Goulding’s Trading Post Museum, un piccolo museo allestito nell’edificio in cui vissero i coniugi Goulding, ovvero coloro che convinsero il celebre regista ad ambientare qui i suoi film. La visita dura giusto una ventina di minuti ma è molto curiosa (ingresso ad offerta libera).

Il nostro viaggio prosegue verso Page (2 ore), dove trascorreremo la notte presso il Rodeway Inn. Arrivando in paese attraversiamo una strada con una dozzina di chiesette di professioni differenti, tutte vicine le une alle altre per farsi concorrenza. La sera ceniamo in un ristorante dove le porzioni raggiungono dimensioni spaventose: con una pizza si sfamano almeno 4 persone!

SESTO GIORNO: giovedì 30 aprile

Questa è la giornata dei panorami mozzafiato ma decisamente poco fotogenici. Nessuno di essi riusciva a rientrare dignitosamente nel click!

Dopo una controllatina alle ruote che sembrerebbero a terra (ma non lo sono per fortuna!), la mattina inizia con la visita del celebre Antelope Canyon, uno stretto passaggio all’interno di pareti di arenaria lavorate dall’acqua ed illuminate dall’alto dalla luce del sole che vi filtra debolmente (ingresso alla riserva 8$ + circa 35$ per la visita). Qui sono state scattate splendide immagini da grandi fotografi (le nostre sono solo pallide imitazioni) e girati film e video musicali. I colori, i profili e i giochi di luce sono unici (il top lo si raggiunge tra le 11 e le 13 ma i tour costano almeno 10$ in più!). Ci limitiamo a visitare l’Upper Antelope Canyon, il più frequentato (e probabilmente il più spettacolare) rispetto al Lower. Per accedere al canyon è necessario unirsi ad una delle visite guidate organizzate dai navajo (non è possibile il fai-da-te). Il tour, rigorosamente in inglese, dura circa 1.30 ore e parte dalle agenzie che si trovano a Page (vi accompagneranno direttamente all’imbocco del canyon tramite una jeep). Presso l’Upper Antelope Canyon, la guida navajo farà una breve presentazione del canyon e successivamente vi introdurrà all’interno mostrandovi ogni 10 metri come fare splendide fotografie (peccato che vengano bene solo a lui!). La visita è bellissima ma non fate come me che, per cercare di fare delle belle foto, non mi sono quasi nemmeno goduto il canyon!

Tornati a Page, è il momento di visitare l’Horseshoe Bend (lo si raggiunge in 10 min e l’ingresso è gratuito). Sotto il calore cocente di mezzogiorno è faticoso raggiungere il ciglio del burrone sotto il quale il Colorado ha scavato un canyon a forma di ferro di cavallo ma, una volta, arrivati alla meta (è necessaria una passeggiata di circa 15 min), il panorama è spettacolare. Le sfumature del fondo del canyon vanno dal verde al blu e contrastano con il rosso e l’ocra della roccia, una tavolozza di colori brillanti. Mentre scattiamo le fotografie di rito dal bordo del precipizio, la “voce della mamma” ci ricorda di stare attenti a dove mettiamo i piedi.

Prima di risalire in direzione nord verso il Bryce Canyon, ci concediamo una breve sosta al supermarket di Page alla scoperta dell’alimentazione americana (aiuto!) e successivamente alla Diga sul Glen Canyon, subito dopo il paese, dalla quale ammiriamo tutta l’imponenza di quest’opera umana che, bloccando il fiume Colorado, ha creato l’immenso Lake Powel. Lo ammiriamo dallo Scenic View, il punto panoramico che si incontra dopo una decina di minuti dalla diga. Il blu delle sue acque crea un contrasto sorprendente con il paesaggio circostante.

Per raggiungere il Bryce Canyon, che visiteremo domani, prendiamo una strada alternativa suggerita dal navigatore. Giunti al bivio, ci indica di prendere una pista in terra battuta (Cottonwood Canyon) di circa 60 km che attraversa lo sconosciuto Grand Staircase-Escalante National Monument (durata circa 3-4 ore). Il percorso, all’insegna dell’avventura, è mozzafiato. Sembra di sfogliare un libro dove ogni pagina mostra nuovi e meravigliosi paesaggi. Ad un tratto ci si imbatte perfino in un enorme arco di roccia. Lungo il percorso non c’è anima viva se escludiamo le vacche, gli uccelli, gli scoiattoli, le lepri e i conigli che abbiamo avvistato. L’abbiamo definita la “Valle Incantata” ed è stata una sorprendente scoperta (grazie navigatore per avercela fatta attraversare!).

Arriviamo finalmente a Tropic, una minuscola cittadina vicina al Bryce, dove pernotteremo all’Americas Best Value Inn & Suites. E’ stata una giornata perfetta ed emozionante. Peccato che si sia conclusa con una brutta notizia: il concerto di Britney Spears di sabato sera a Las Vegas, prenotato da mesi, è saltato. Modalità tristezza: ON.

SETTIMO GIORNO: venerdì 1 maggio

Trangugiati dei mega pancakes grondanti di sciroppo d’acero, lasciamo la piccola cittadina di Tropic (che rivedremo dopo un paio di ore perché qualcuno ha dimenticato una sciarpa in hotel) e arriviamo al parco nazionale del Bryce Canyon (viene accettato l’Interagency Annual Pass). Migliaia di pinnacoli di roccia rossa, striata di bianco, si innalzano verso il cielo azzurro in un anfiteatro naturale. Rimaniamo senza fiato ad osservarli (quando non siamo impegnati a scattare fotografie).

Dai punti panoramici la vista è incredibile ma lo è ancor di più percorrendo il sentiero che scende tra gli hoodoos (i pinnacoli appunto). I colori e la maestosità di questi blocchi di roccia sono impressionanti. Percorrere il sentiero in discesa è semplice ma ripercorrerlo poi in salita e sotto il sole richiede molte energie. Ci meritiamo proprio un bustone di M&m’s giganti!

Verso fine mattinata ripartiamo alla volta dello Zion National Park (viaggio 1.30 ore) che ci limiteremo solamente ad attraversare in auto (le sue attrazioni principali sono le camminate lungo il Virgin Canyon) per via del poco tempo a disposizione. La strada compie ampie svolte tra rocce rosse ed imponenti. È incredibile come ogni parco sia così differente dagli altri! Nei pressi del Visitor Center scendiamo per rifocillarci. Questa volta scegliamo un piccolo bar in cui vengono preparati panini e simili con ingredienti biologici e vegani. Molto buono!

Arrivati a Las Vegas dopo 3 ore di viaggio, accompagniamo a malincuore Giorgio in aeroporto. È già arrivato per lui il momento di tornare in Italia.

Ci dirigiamo in auto verso il nostro hotel (Best Western Plus Casinò Royal) attraversando la Strip, il cuore pulsante della città, e veniamo subito bloccati nel caos infernale di Las Vegas. Le prime luci della sera si accendono, non c’è tempo di oziare in hotel. La notte ci attende!

Iniziamo ad esplorare gli immensi e pacchiani hotel della città iniziando ovviamente dal Venetian (con una riproduzione del Canal Grande al secondo piano in cui ci si può anche concedere un giro in gondola) continuando con il Mirage (con eruzione del vulcano), il Cesar (finti marmi, colossei, statue, fontane e chi più ne ha più ne metta), il Paris (spettacolare la tour Eiffel), il Bellagio (imperdibili gli spettacoli di fontane danzanti davanti al “lago”) e via dicendo. La pacchianaggine qui non ha proprio limiti e talvolta sconvolge pure. Ma Las Vegas è la città degli eccessi ed è tremendamente stimolante andare a scoprirla!

OTTAVO GIORNO: sabato 2 maggio

Nel film “Una notte da leoni i protagonisti si risvegliavano a Las Vegas con i postumi della sbornia e senza ricordare cosa fosse successo la notte precedente. Noi invece, dopo colazione, risvegliamo lo spirito della massaia felice che è in noi con una spedizione alla lavanderia self-service!

Da programma la giornata sarebbe dovuta essere all’insegna del relax ma, spinti dal delirio da shopping delle ragazze, corriamo subito ad un outlet nei pressi della città. Ma che delusione! Costa tutto molto di più di quanto ci attendevamo (le Converse hanno il medesimo prezzo che in Italia). Mannaggia al cambio che non è più così favorevole!

Rientrando verso la Strip e sostiamo per l’immancabile foto al cartello di ingresso alla città (“Welcome to fabulous Las Vegas”) dove c’è una gran coda di persone in attesa. Una buona parte di esse sono sposi con tanto di fotografo ufficiale. A questo punto, Io e Cristian insistiamo per visitare il Pawn Stars, il banco dei pegni in cui è registrato il reality “Affari di famiglia in onda su DMAX. I protagonisti non sono ovviamente al lavoro ma la tappa è assolutamente degna del kitsch che regna sovrano a Las Vegas.

Prima di immergerci nuovamente alla scoperta della città e delle sue mille luci, rientriamo in hotel e ci infiliamo il costume per un tuffo in piscina. Possibile che proprio adesso arrivino le nuvole?

E’ il momento di proseguire con il tour degli hotel, centri commerciali, spettacoli e casinò che si incontrano lungo la Strip. Le persone sono veramente assurde qui a Las Vegas, girano con indosso abiti impensabili e, specialmente le ragazze (enormi e piene di cellulite), sembrano aver voluto risparmiare sui centimetri di stoffa. Carne al vento, tatuaggi che coprono tutto il corpo, pettinature impossibili… Ci sarebbe da fare un bel lavoro di catalogazione del genere umano perché a raccontare la stranezza della gente di qui non mi crederebbe nessuno!

Prima di andare a letto facciamo una capatina al casinò del Bellagio perché dobbiamo giocare alla roulette il numero 74 (che poi non esiste). Facciamo la figura degli imbranati e, ovviamente, perdiamo tutto subito. Ok, non fa per noi!

NONO GIORNO: domenica 3 maggio

Stamattina facciamo colazione davanti all’hotel Venetian. Con il campanile e il palazzo ducale, sembra di sorseggiare un cappuccino in piazza San Marco! Il nostro viaggio oggi prosegue ed è sufficiente uscire dalla caotica città di Las Vegas per ritrovare i panorami americani a cui ci siamo abituati nei giorni precedenti.

In un paio di ore raggiungiamo la Death Valley (ingresso compreso nell’Interagency Annual Pass). Scesi dall’auto, al primo punto panoramico (Dante’s View) non dobbiamo viaggiare molto con la fantasia per capire da dove derivi il nome di questo parco nazionale: il caldo è insopportabile ed un forte vento secco e bollente soffia costantemente in ogni direzione. Il termometro dell’auto registra un picco massimo di 41 gradi (non voglio immaginare come sia nei mesi estivi)! I punti panoramici che si susseguono regalano vedute sull’intera vallata bruciata dal sole (Dante’s View), su incredibili paesaggi lunari (Zabriskie Point – il migliore!), sulla brulla terra seccata in grosse zolle (Campo di Golf del Diavolo), su incredibili tavolozze di colori sfoggiati orgogliosamente dalla terra (Artist’s Drive), su distese bianche di sale nel punto più basso rispetto al livello del mare (Badwater) e su grandi dune di sabbia simili a quelle del Sahara (Mesquete Flat Sand Dunes). Da queste parti la natura scatena tutto il suo potere di morte e distruzione, mostrandosi brutale ed inaccessibile, per lo meno agli uomini (ma non ai turisti).

Il gran caldo fa prosciugare rapidamente tutte le energie. Quando arriviamo nell’unico centro abitato del parco alla ricerca di cibo ci rendiamo conto che non c’è praticamente nulla se non un unico ristorante (che fortunatamente è aperto nonostante sia già metà pomeriggio). Divoriamo qualsiasi cosa troviamo ma stiamo attenti a non bere troppo perché la bottiglia di acqua San Pellegrino da 0,75l qui costa ben 8$!

Lungo l’infinito viaggio in auto fino a Bakersfield (durata circa 3.30 ore), dove trascorreremo la notte al motel Rodeway Inn & Suites, la stanchezza prende il sopravvento mentre i piedi iniziano a gonfiarsi fino a somigliare a degli zamponi. Il paesaggio lungo la strada è brullo e non così affascinante ma questa è l’unica strada percorribile per raggiungere lo Yosemite National Park quando il Tioga Pass è chiuso (spesso è inaccessibile fino a maggio-giugno).

DECIMO GIORNO: lunedì 4 maggio

Dopo Bakersfield, in cui abbiamo trascorso giusto la notte (è un cittadina industriale priva di attrattive), la strada costeggia lunghe distese di viti, alberi da frutto ed olivi. Sono i primi campi coltivati incontrati fino ad oggi. Ci saranno anche i pruni che producono le “famose” prugne della California?

Man mano che proseguiamo, le montagne si avvicinano e il paesaggio si copre di pinete sterminate. Dopo circa 3 ore siamo arrivati all’ingresso sud dello Yosemite National Park (accesso compreso nell’Interagency Annual Pass).

Oggi visiteremo solamente le sonnolenti ed enormi sequoie di Mariposa Grove. Il sentiero si addentra nella pineta e le prime piante millenarie iniziano a comparire. Una meraviglia della natura. Ci fermiamo ai piedi dei loro tronchi immensi e di un marrone quasi rossiccio (ricorda molto il pennarello con cui da piccoli coloravamo gli alberi) ed alziamo in nasino all’insù. Mi viene la pelle d’oca ancora al solo pensarci. Queste sequoie sembrano le colonne di una cattedrale che si innalzano verso il cielo. E un po’ di timore reverenziale inizia davvero a farsi largo dentro di me. È come se emanassero qualcosa di sacro.

Dal Grizzly Giant, una sequoia che vanta ben 2.700 anni (portati splendidamente), risaliamo verso la parte più alta di Mariposa Grove dove non arriva quasi nessuno. La fatica di aver percorso quasi quattro chilometri (più altrettanti al ritorno) è ampiamente ripagata dalla bellezza immacolata del bosco che quassù raggiunge la sua perfezione fatta di tranquillità e di decine di giganti rossicci che sbucano da una vegetazione di un verde brillante. Superbo.

Lungo il percorso incontriamo numerosi scoiattoli (sembrano Cip e Ciop), alcuni daini con prole al seguito e sentiamo anche il rumore di quello che dovrebbe essere un picchio.

Poco importa se sono le cinque del pomeriggio e non abbiamo ancora pranzato (se non con quel poco di frutta disidratata che avevamo in auto). L’emozione è talmente tanta che la fame, per il momento, è passata in secondo piano. La soddisferemo più tardi con una bella fetta di torta per merenda!

Per la notte siamo diretti a Midpines (1.15 ore), una piccola località all’interno dello Yosemite, dove pernotteremo all’interno di alcuni chalet disseminati nel bosco dello Yosemite Bug Rustic Mountain Resort. Dormiremo davvero immersi nella natura!

UNDICESIMO GIORNO: martedì 5 maggio

Gli uccellini cantano nel bosco attorno al nostro cottage quando stamattina riapriamo gli occhi. Alle orecchie non giunge alcun rumore di auto come nei motel delle notti precedenti ma solamente i suoni della natura.

Nelle pagine della guida, la Yosemite Valley viene definita come la “Cattedrale della natura”. Eccessivo forse? Bah non saprei. Ma come si può non rimanere affascinati di fronte a questa valle glaciale dall’inconfondibile forma ad “U” con i suoi prati verdi interrotti da un ruscello scoppiettante e con queste pareti granitiche ed altissime, simili appunto ai muri di una cattedrale immensa?

Ci incamminiamo a piedi lungo il sentiero che porta al Mirror Lake (circa 30 min a piedi), uno specchio d’acqua sul quale si riflettono le cime dei monti. Già a suo tempo, Ansel Adams le aveva immortalate in superbe fotografie in bianco e nero. Nel vano tentativo di emularlo ci troviamo a guadare il fiume gelido e poi ad attraversarlo in equilibrio su un tronco d’albero caduto. Silvia avanza lentamente a quattro zampe tremando come un gattino impaurito. Il risultato fotografico è piuttosto scadente ma… che risate!

Quale posto migliore per addentare il panino del nostro box lunch se non ai piedi delle Yosemite Falls? Queste cascate, con il loro triplo salto, precipitano spumeggianti per ben 739 metri. Uno spettacolo!

Non abbiamo purtroppo tempo per visitare il Glacier Point, il punto panoramico per eccellenza del parco, in quanto ci vorrebbe almeno un’oretta per raggiungerlo (in più non sappiamo se è già aperto o se è ancora chiuso per neve).

Anche oggi nel nostro passeggiare tra i boschi avvistiamo numerosi animali: un uccello dalla testa arancione, farfalle colorate, una splendida lince, una lucertola bianca con la testa rossa e un uccello blu e azzurro con la crestina che si pavoneggia davanti ai nostri occhi. Non dimentichiamo gli onnipresenti scoiattoli che si avvicinano in cerca di cibo. Il parco, in vetta alle classifiche dei più amati dagli americani, è bello ma, a mio avviso, non così spettacolare come quelli visitati nei giorni precedenti. I paesaggi ricordano un po’ troppo quelli alpini che, forse peccando di presunzione, sono anche più belli.

Il nostro viaggio on the road giunge al termine questa sera a San Francisco (durata circa 4 ore). I prossimi giorni la visiteremo con le nostre gambe stanche e doloranti! La città ci conquista già solamente attraversandola in auto, mentre raggiungiamo il quartiere Castro dove si trova il nostro hotel (Beck’s Motor Lodge). Con le prime luci della sera, lo skyline e i vari moli illuminati sono davvero scenografici.

DODICESIMO GIORNO: mercoledì 6 maggio

Una buona colazione in una pasticceria (che apre in anticipo giusto per noi) e siamo pronti per salire sul trampolino che ci farà tuffare nell’atmosfera accogliente e frizzante di San Francisco. Riconsegniamo il nostro fedele macchinone all’autonoleggio e con l’abbonamento dei mezzi pubblici in mano siamo pronti per visitare tutta la città! Iniziamo dal City Hall, il municipio della città che, tra le tante manifestazioni, vide anche quelle per il riconoscimento dei diritti gay. Entrando all’interno del palazzo riconosciamo subito la scalinata in cui furono girate alcune riprese del film “Milk” con Sean Penn.

Chinatown ci inghiottisce nei suoi vicoli colmi di lanterne rosse, scritte cinesi e stradine anguste ma caratteristiche. Veniamo risputati fuori dal quartiere e dalle centinaia di negozietti solo dopo aver comprato il giusto numero di chincaglierie (dette anche “cianfrusaglie”) e gli imperdibili biscottini della fortuna, nati proprio qui ed ancora realizzati a mano uno ad uno.

Passeggiamo ai piedi del Transamerica Pyramid (il grattacielo più celebre della città), attraversiamo il quartiere italiano, (molto pittoresco) e bruciamo tutte le calorie accumulate al ristorante cinese risalendo le ripide strade che conducono alla Coit Tower. Da quassù soffia un vento pazzesco ma la splendida vista spazia sulla città, sui grattacieli e su tutta la baia.

E perché mai dovremmo utilizzare i mezzi pubblici anche se abbiamo l’abbonamento? Per un motivo o per l’altro ci ritroviamo a spostarci sempre a piedi (essendo tutto un sali-scendi, i bus non coprono proprio tutta la città). Ci trasciniamo su e giù per le strade di San Francisco osservando le caratteristiche casette colorate, il panorama e i negozi.

Finalmente riusciamo a prendere il bus che conduce fino al Golden Gate (con tanto di autista pugliese!). Il ponte simbolo della città, con il suo caratteristico colore rosso, domina la baia e, nonostante il forte vento, non manchiamo di scattare una lunga serie di fotografie.

Prima di rientrare in hotel, ceniamo in un locale greco (non proprio tipico americano) di Castro, il quartiere gay di San Francisco, sul quale sventola una fiera bandiera arcobaleno.

Con i nostri polpacci doloranti e i glutei rassodati dalle numerose scalinate e salite, ci sdraiamo nel nostro lettino e di lì a poco crolliamo addormentati come sei angioletti.

TREDICESIMO GIORNO: giovedì 7 maggio

Questa mattina facciamo colazione in un localino che fa “molto America”, come dice Moira. Quindi via con pancakes di ogni tipo, sciroppo d’acero e tazze di caffè riempite non appena terminato l’ultimo sorso. Il tutto servito su poltroncine in ecopelle rossa con sottofondo di musica proveniente da un juke box.

Passeggiamo per Castro con le sue bandiere arcobaleno, le belle case in legno dipinto, i manifesti con ragazzi che si baciano e curiose vetrine con oggetti di ogni tipo.

Tappa successiva il vicino quartiere di Mission, molto vivace, multietnico e pieno di murales. E sono proprio queste opere di strada, dai colori brillanti, ad essere la principale attrazione turistica della zona.

Rientriamo nella zona più centrale di San Francisco e finalmente oggi riusciamo a prendere il cable car, il tipico tram di San Francisco che si arrampica per le colline della città (ci sono tre linee). È azionato ancora meccanicamente come avveniva più di un secolo fa. Davvero molto pittoresco!

Imbarcati sul battello al Pier 33 ci dirigiamo verso Alcatraz, il carcere di massima sicurezza collocato sull’isola situata nel mezzo della baia. Nelle sue piccole e fredde celle furono imprigionati i più temuti criminali degli USA tra cui lo stesso Al Capone. E’ consigliabile prenotare l’escursione, che comprende il viaggio in battello, l’ingresso al carcere e un’audioguida (fatta davvero molto bene) almeno qualche giorno prima (Alcatraz Cruises costo 30$).

Per il resto del pomeriggio gironzoliamo al Fishermans Wharf dove mangiucchiamo calamari fritti e zuppe di mare (non proprio adatti per la merenda ma davvero molto tipici) e visitiamo il Musée Mécanique nel quale, monetine alla mano, si possono azionare vecchi ingranaggi da luna park. Proseguiamo poi per il vivace Pier 39, un molo in cui si susseguono negozietti colorati, ristoranti e chioschi. E’ un luogo molto carino in cui fare shopping ed acquistare qualche souvenir! Ma le vere star di questa zona di San Francisco sono i leoni marini che, semi addormentati sulle piattaforme galleggianti posizionate al termine del Pier 39, emettono rumori osceni, puzzano e litigano tra di loro per la gioia dei turisti.

Per l’ultima cena del viaggio avevamo individuato un locale in stile anni ’50 che si trova in Ghirardelli Square, non lontano dai moli. Ci arriviamo alle 21 ma stanno già chiudendo! Purtroppo i ristoranti di San Francisco fanno orari da paesi del nord Europa. L’unica soluzione, dopo aver macinato chilometri, è stata di ripiegare su di un irish pub.

QUATTORDICESIMO GIORNO: venerdì 8 maggio

Alle 6 della mattina il suono della sveglia interrompe bruscamente i nostri sogni. È l’ultimo giorno di vacanza e per visitare le ultime attrazioni di San Francisco dobbiamo alzarci presto. Ma questa volta non sono stato io a dettare gli orari! Dato che i miei compagni di viaggio vogliono visitare anche il giardino giapponese nel Gorlden Park, accettano di puntare la sveglia ad orari impensabili! Dopo una rapida colazione da Starbucks (finalmente siamo riusciti ad andarci almeno una volta!), ci mischiamo ai pendolari e prendiamo il bus verso il Japanese Tea Garden. Per chi arriva prima delle 10 (solo in alcuni giorni della settimana), l’ingresso è gratuito. Si tratta di un angolo della città in cui il silenzio è interrotto solamente dallo zampillio di fontane e ruscelli. Qua e là sbucano pagode, giardini zen, bonsai centenari e carpe che affiorano in superficie in cerca di cibo. Sembra davvero di trovarsi in Giappone!

Prima di partire non potevamo non fermarci ad Alamo Square ad osservare le Painted Ladies, la fila di belle casette vittoriane in legno, dipinte con colori pastello. Sullo sfondo si gode di un bel panorama della città che crea un curioso contrasto tra antico e moderno. Vi consiglio però di venire a visitare questa zona (richiede giusto 15 minuti) nel pomeriggio perché durante la mattina le abitazioni rimangono in controluce.

Un ultimo giretto in cerca dell’acquisto dell’ultimo minuto, due passi al Ferry Building (che ospita una serie di stand di prodotti alimentari) e abbiamo giusto il tempo di rientrare a Castro per addentare un panino veloce nella “vera America” (ovvero il localino di cui Moira si è innamorata l’altro giorno) prima di salutare San Francisco.

Verso metà pomeriggio raggiungiamo l’aeroporto tramite la linea gialla della BART (costo tra 8 e 9$), una sistema di treni veloci non compresi nell’abbonamento dei mezzi pubblici cittadini, che in 30 minuti ci porta a destinazione.

Ci attenderà un lungo volo fino a Londra e poi da qui un secondo volo fino in Italia (arriveremo il giorno successivo).

Il nostro viaggio è giunto alla conclusione ma, come dei veri hamburger americani, torniamo a casa ben farciti di splendidi ricordi!

Ecco un suggerimento di cosa fare prima della partenza del vostro viaggio negli USA:

  • prenotare gli hotel tramite siti come Booking, Hotels, Venere, etc. La prenotazione non è ovviamente obbligatoria ma è consigliata se il gruppo è numeroso e se ha esigenze particolari. In alcune località, come Las Vegas, Page e Grand Canyon, conviene muoversi in anticipo sia per questioni di risparmio che di disponibilità di camere (durante l’estate l’afflusso di turisti è enorme!);
  • prenotare le visite guidate all’Antelope Canyon (così potrete scegliere gli orari e i prezzi a voi più consoni) e ad Alcatraz (pare che i biglietti spariscano in fretta!);
  • organizzare e riservare eventuali biglietti di spettacoli ai quali vorreste partecipare durante la vostra permanenza a Las Vegas;
  • se avete intenzione di visitare gli Universal Studios Hollywood di Los Angeles, acquistare i ticket on-line sul sito ufficiale oppure su altri siti come Arestravel.com. Avrete infatti la possibilità di risparmiare qualche dollaro e l’eventuale fila alle casse del parco;
  • verificare che la propria carta di credito abbia un plafond sufficiente (nel caso richiedere l’aumento in filiale). Ricordatevi anche di segnare da qualche parte il numero di telefono da chiamare per il blocco della carta dall’estero;
  • informarsi sulle commissioni applicate per il prelievo di contanti, sia tramite carta di credito che bancomat. Quest’ultimo, se abilitato al circuito Maestro, dovrebbe permettervi di prelevare anche all’estero a commissioni inferiori rispetto alla carta (quest’ultima applica circa il 6% dell’importo prelevato). Verificare on-line o direttamente in filiale che il bancomat non preveda blocchi al di fuori dei paesi europei (capita spesso ma basta poco per sbloccarlo temporaneamente);
  • almeno una settimana prima della partenza, contattare la vostra banca e richiedere i dollari che vi saranno necessari per il viaggio;
  • attivare un’adeguata assicurazione a copertura di eventuali spese sanitarie. Mi raccomando, questo punto è fondamentale perché in America non c’è l’assistenza gratuita e vi vedrete costretti a rimborsare tutte le spese mediche di cui avrete bisogno. Per un preventivo on-line potete accedere al sito di EuropAssistance.it;
  • per quanto riguarda il vostro cellulare, verificate i costi applicati al vostro piano tariffario ed eventualmente valutate l’attivazione di offerte sull’estero (alcune compagnie le attivano gratuitamente e sono molto convenienti);
  • richiedere l’ESTA, un’autorizzazione necessaria per l’accesso negli USA e destinata a coloro che non rientrano tra gli individui che devono chiedere, invece, il visto. Si tratta, in pratica, di un’autorizzazione ad arrivare negli USA tramite aereo o nave. Per effettuare la richiesta è sufficiente accedere all’apposito sito internet e compilare la modulistica direttamente on-line (tenete sotto mano passaporto e carta di credito). Il costo è di 14 dollari;
  • avrete una larga scelta in fatto di noleggio auto ma è sempre bene prenotare direttamente dall’Italia. Potete richiedere preventivi on-line sui siti ufficiali delle maggiori compagnie (Hertz, Avis, etc.) oppure rivolgervi a broker di noleggio come Enoleggioauto.it ed Economycarrentals.com (ci siamo trovati sempre molto bene);
  • il metodo più economico per orientarsi durante il vaiggio in auto negli USA è quello di scaricare delle mappe sul vostro smartphone, utilizzabili anche off line (quindi senza attivare la connessione internet). Io mi sono affidato all’app gratuita MAP.ME nella quale è pure possibile segnarsi dei punti di riferimento sulla mappa (es. hotel, luoghi di interesse, etc.).

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