Viaggio in India del sud
Preparazione delle valigie. Per il viaggio si ha a disposizione un bagaglio a mano di max 7-8 chili e una valigia da imbarcare di max 20 kg, nel nostro caso la compagnia aerea era la Lufthansa, ma è bene verificare prima le norme delle altre compagnie, anche quelle indiane utilizzate per i trasferimenti interni. Ma in genere il peso consentito del bagaglio imbarcato è di 20 kg. Occorre tener conto anche che i trolley a mano pesano dai 2,5 ai 2.8 kg e quindi il peso utile a mano si riduce a circa 4 kg di biancheria, a meno che non si voglia optare per borsoni più leggeri o addirittura, come si vede spesso sui voli Ryanair, si scelgano delle semplici borse in plastica pesante con cerniera, non molto pregevoli esteticamente ma estremamente funzionali e leggerissime che permettono quasi 10 kg di bagaglio utile. Anche in questo caso però fare attenzione alle misure di ingombro, ma le borse in plastica hanno l’ulteriore pregio di essere molto flessibili negli ingombri.
Nella valigia non possono mancare medicinali antidolorifici, antibiotici a largo spettro, e quelli per le infezioni intestinali, come il Normix, cerotti e materiale per medicazioni come disinfettante per piccole abrazioni etc. Abbigliamento per 15 giorni, quindi almeno 15 cambi di camicia o maglietta e anche di più in periodi caldi. Altrettanti cambi di abbigliamento intimo e calzini, questi ultimi indispensabili quando si visitano i tempi, anche quelli cattolici, perché in India togliersi le scarpe è una usanza di rispetto oltre che una osservanza di carattere religioso. Sono indispensabili anche le scarpe chiuse, da indossare preferibilmente con calzini corti, in quanto può capitare di attraversare strade allagate o più spesso sporche o semplicemente dei mercati ortofrutticoli. Portate con voi anche 2-3 paia di pantalocini corti e leggeri che sono indispensabili nei giorni di caldo. Un piccolo ombrello pieghevole per la pioggia, frequente, da portare con sè nella borsa a tracolla durante le visite e che all’occorrenza può essere usato anche per ripararsi dal sole, come vedrete fare anche per strada. Sempre per ripararsi dal sole è indispensabile un cappellino con visiera e un paio di occhiali da sole. La lozione solare dovrebbe essere minimo con fattore d pirotezione 30, ma ce ne sono di ottime e a prezzi dedisamente inferiori all’Italia, anche in India nelle botteghe di prodotti parafamaceutici. tenete comunque presente che tutte queste cose possono essere comprate anche sulposto a prezzi decisamente vantaggiosi. Ricordate, al momento di fare le valigie, di portare con voi qualche scatola di penne a sfera, sono molto gradite. Anche gli adulti, come i custodi dei tempi ad esempio, potrebbero chiedervi delle penne. I bambini sono soliti chiedere delle penne ai turisti stranieri, non chiedono elemosina, ma sono molto contenti se regalate loro delle penne, un po’ perché servono, un po’ come ricordo. Non dimenticare assolutamente i documenti di viaggio, di cui è bene fare una fotocopia da tenere in caso di smarrimento degli originali. Liquido repellente per zanzare spray o preferibilmente del tipo roll-on (abbiamo sperimentato è più comodo ed efficace) e un liquido dopopuntura es Vape derm, sperimentato molto efficae ed economico. E’ a base di acqua distillata e succo di aloe. Il succo della foglia di aloe, pianta che si trova anche nei mercati indiani a poche rupie e viene usata a volte per adornare i porticati, è efficacissimo contro le punture di insetto e da un sollievo immediato. Potete anche procurarvi una foglia di aloe indiana e una volta in Italia infilarne semplicemente la punta nel terreno, dopo un po’ di tempo diventerà una pianta dai molteplici usi, non ultimo quello cosmetico, il gel è efficacissimo contro le piccole rughe, più di una crema idratante, e anche contro le scottature.
AEROPORTO
Per arrivare in aeroporto considerati i costi ormai proibitivi della sosta al parcheggio e la mancanza totale (e predeterminata) di parcheggi liberi anche lontano dall’aeroporto, si può optare per il n. 16 urbano dell’Amtab, che è il sistema più economico anche se al quartiere San Paolo si incarta in un inutile e inspiegabile giro interno al quartiere che allunga notevolmente i tempi di percorenza che cmq restano sui 40’ circa. In alternativa c’è il bus navetta da piazza moro che costa 4.5 euro a tratta e impiega circa 30’. Sui taxi c’è tutto un discorso a parte, la corsa Bari-aeroporto di Palese costa 27 euro circa, anche se la tariffa ‘ufficiale’ sarebbe di 23 euro. Potrebbe e dovrebbe costare meno e durare meno degli attuali 30’ se i tassisti non si ostinassero a fare il percorso lungo la tangenziale, fatto questo che allunga i tempi e soprattutto i costi per l’utente. Non viene usato invece il percorso più breve, interno quartiere S. Paolo, quello per intenderci che invece compie il bus navetta. Occorre tener conto che alla partenza scatta già un addebito di 5.4 euro dovuto al diritto dichiamata e ai bagagli trasportati.
Nel nostro volo di andata verso l’aeroporto di Madras in India è stato necesssario pernottare all’aeroporto di Roma-Fiumicino in quanto il volo Roma-Francoforte (aeroporto di partenza del volo Lufthansa per Madras) partiva alle prime ore del mattino e quindi era inconciliabile con una pur breve sosta in albergo. Alle ore 18 di sabato 14 agosto 2010 quindi check-in all’aeroporto di Bari-Palese. Occorre presentare la carta di identità, come nel nostro caso, e il biglietto aereo. Alle 18.30 controlli di sicurezza sul bagaglio a mano e passaggio ai metal detector, dove occore lasciare preventivamente nelle apposite vaschette in plastica tutti gli oggetti metallici che si hanno addosso: chiavi, telefonini, cinta dei pantaloni, monetine e perfino carte di credito che farebbero suonare l’allarme. Il volo Alitalia Bari–Roma dura circa 45’, ma può durare 1 h a causa dell’affollamento a Fiumicino. E’ previsto solo un piccolo ristoro a bordo consistente inun bicchiere di coca cola e una bustina di tarallini. A Fiumicino si paga ‘dazio’ al bar dell’aeroporto: sia sul dolce (latte macchiato 1.4 euro) che sul salato: una pizzetta mini costa 4.9 euro e una bottiglietta di coca-cola costa 2.2 euro. A Francoforte invece decisamente più caro il bar (un caffè espresso costa ben 3.9 euro) ma meno costoso il salato, i panini classici tedeschi con wuestel e crauti. Ci sono anche dei banchi di frutta sfusa, ma una sola banana costa 1.1 euro, insomma quanto un kg di banane in Italia. La partenza da Fiumicino per Francoforte è prevista alle 6.30. Difficilissimo riposare all’interno dell’aeroporto di Fiumicino. Nel sito ‘sleepinairport’, che raccoglie la classifica degli aeroporti dove si dorme meglio, Fiumicino è tra gli ultimi. Qui infatti il riposo dei viaggiatori è negato scientificamente, forse per evitare la sosta ai barboni qui numerosi. Le panchine hanno braccioli fissi che impediscono di sdraiarsi. L’unica alternativa è stendere un telo in plastica, tipo tovaglietta da pic-nic usa e getta, e dormire per terra o meglio sui davanzali dei finestroni, dove infatti troverete molti dormienti. In tal caso è utile portare con sè un cuscino gonfiabile, una tuta e magari la mascherina per gli occhi. Occorre tener presente inoltre che di notte l’aria condizionata rende l’ambiente piuttosto freddo anche d’estate e serve coprirsi adeguatamente. Comunque l’espediente di rendere invivibili le panchine all’interno di un aeroporto, qui è Fiumicino, è tutto e solo italiano. Nel nostro viaggio abbiamo sempre trovato aeroporti accoglienti, comunque più accoglienti di Fiumicino, che merita davvero la maglia nera in questo campo. Intorno alle 4.30 quindi è necessario alzarsi e dirigersi al banco della compagnia aerea x l’imbarco dei bagagli non a mano. A quell’ora di notte purtroppo sono chiusi i negozi in aeroporto e anche i bar, per la colazione occorre attendere il servizio a bordo. All’imbarco per Francoforte le ditte di vigilanza privata, che ormai hanno sostituito i poliziotti di Polaria nel controllo viaggiatori, sono molto decisi. Applicano le regole alla lettera, non proprio nello spirito. Quindi aspettatevi di veder ‘sequestrate’ (non è chiaro infatti, anche a livello giuridico, quello che avviene. Se si tratta cioè di un sequestro, di una confisca o una distruzione senza verbale di distruzione però) tutte le confezioni che eccedono i 100 ml, come creme solari o profumi. Non è possibile nemmeno ridurre sul posto il volume dei tubetti, ad esempio svuotandone parzialmente il contenuto. I prodotti vengono poco cortesemente buttati in un contenitore e non si sa che fine facciano, speriamo non vadano distrutti, non fosse che per il loro valore. Non si dica però che costituiscono il bottino di guerra dei vigilantes e il motivo vero di tanto accanimento. Comunque tutto fa parte di un clima che si cerca volutamente di tenere teso, allarmando i viaggiatori con regole inspiegabili quando non del tutto inutili, che non fanno allungare i tempi d’imbarco. A bordo del volo Lufthansa (si pronuncia ‘luft-anza’ in tedesco) per Francoforte al mattino vi viene offerto un bicchiere di coca-cola, o del succo di arancia, e un panino con formaggio spalmabile e fesa di tacchino, o qualcosa di simile. Comunque c’è qualcosa di più sostanzioso della bustina di tarallini che offerti da Alitalia. Al mattino (15 agosto 2010) scalo a Francoforte in attesa del volo per Chennai- Madras (India). Qui sapore tedesco: le panchine sono molto più accoglienti, ci sono i marciapiedi scorrevoli che evitano i lunghi tratti a piedi con bagagli vissuti a Roma. La partenza è prevista per le h 12, il volo dura ‘solo’ 8 ore. A bordo dell’aereo si inganna il tempo con un film sullo schermo del sedile anteriore: per noi ‘The young Vittoria’, la bella storia cinematografica della regina inglese Vittoria. Poi aperitivo con anacardi alle h 13 mentre si sorvola già Bucarest. Alle 14 viene servito il pranzo: riso piccante già alla maniera indiana, yoghurt molto speziato, purea di frutta e infine thè aromatizzato. Si arriverà a Chennai (Madras) alle 19.00, sono le 23.30 locali però visto che a Chennai siamo +4.30 h rispetto all’Italia. Ancora un drink con acqua minerale, succhi di frutta e salatini. La maggior parte dei passeggeri guarda lo schermo tv davanti al sedile, l’entertainement la fa da padrone, film non sempre bellissimi, musica, tutti i bambini a bordo guardano i cartoni o Shrek. Pochissimi i lettori di libri. Sorvolando Iraq e Afghanistan mentre è notte si nota come su quei paesi appaia tutto stranamente buio, non si vede una luce. H 23 indiane, vengono serviti cornetti salati con pollo al curry e ketchup, verdure lesse. A Madras all’arrivo c’è l’incontro con la guida indiana che parla in italiano (pare ce ne siano solo tre in tutta l’India del sud) l’autista e l’assistente dell’autista che ha come compito mettere una cassettina per terra quando si sale o si scende dal pullmino, per rendervi più agevole la discesa. Usciti dall’aeroporto, dopo aver ritirato i bagagli, il pullmino porta il gruppo all’albergo ‘The Park’. A bordo del pullmino si può anche acquistare l’acqua minerale fresca, l’unica che si può bere tranquillamente. La marca è ‘Aquafina’, una minerale diffusissima nel sud est asiatico, anche in Vietnam e Thailandia per esempio. La bottiglia da mezzo litro vi costa 20 rupie (circa 35 cent di euro). All’arrivo sistemazione nelle stanze dell’hotel ‘The park’.
Lunedì 16 agosto 2010 (2° giorno)
La sveglia suona direttamente sul telefono della camera alle 7.30 come già preannunciato la sera precedente dalla guida indiana. La colazione è alle 8. L’escursione odierna è da Chennai verso i templi di Kachipuram e in particolare degli antichi templi di Kailashanatha e di Ekanbaranathar, dove si trova il tempio indù più antico dell’India. La guida durante il tragitto dà varie informazioni sul paese. Ricorda che il motto dell’India è ‘pazienza e tolleranza’. Dopo il tempio si fa visita a una nota fabbrica di lavorazione della seta. Alla fabbrica della seta le sciarpe pashmine indiane costano 30 euro l’una, mentre un sari, il tipico abito lungo delel donne indiane qui costa 25 euro, ma bisogna dire che occorrono ben 6 metri di stoffa per un sari, visto che il vestito in pratica si avvolge intorno alla donna che lo indossa. Dopo la fabbrica della seta che ha naturalmente annesso un salone di esposizione dove i turisti possono fare shopping, si visita la spiaggia e il mercato del pesce. Anche se qui si comincia a notare la presenza costante di immondizia per la stada. A Chennai (Madras) si cammina tranquillamente sulla spiaggia tra bancarelle di ogni tipo: cibo, giocattoli un po’ retrò, cianfrusaglie, collanine e braccialetti di conchiglie La spiaggia è molto grande e si deve camminare molto per arrivare alla battigia e bagnarsi i piedi. Gli indiani si avvicinano ma non gradiscono bagnarsi nel mare, usano la sabbia per fare a gruppi dei pic nic al mare, che sono invece una usanza molto gradita agli indiani. Non pare vero che su questa spiaggia vi è stato il passaggio dello tsunami. Dopo una breve visita al mercato del pesce si raggiunge a piedi la vicina chiesa di San Tommaso apostolo, giunto qui nell’anno 52 e che per annunciare il Vangelo agli indiani risalì lungo le coste per ben 800 km e poi venne qui ucciso, dove è sepolto, da una freccia di un indù alle spalle, mentre stava pregando. Accanto alla sua tomba vi è la rappresentazione di questo episodio: una statua di san Tommaso e un indiano che sta per colpirlo con la lancia. Qui si racconta che san Tommaso per convertire gli indù molto diffidenti verso le nuove religioni fece il prodigio dell’acqua, ovvero lanciò per aria dell’acqua e quella rimase in aria, a quel prodigio molti indù si convertirono al cristianesimo. Anche sulla tomba di san Tommaso ci si toglie le scarpe. Nel pomeriggio escursione a Kanchipuram e in particolare degli antichi templi di Kailashanatha, dedicato a Shiva Nataraja (Shiva danzante) e di Ekanbareshvara, dedicato sempre a Shiva. Qui c’è uno dei 5 linga (fallo) che rappresentano i cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria ed etere) che gli adoratori di Shiva devono visitare. Kanchipuram è una antica città tempio e antica capitale della dinastia dei Pallava e in seguito dei Chola. E’ una delle sette città sacre dell’India In serata cena all’hotel ‘The Park’ di Madras con buffet vario di cucina tipica tra cui pollo in salsa piccante, ottimi gelati e macedonia di frutta di questi luoghi.
Martedì 17 agosto 2010 (3° giorno)
Sveglia alle 7, colazione alle 8. Partenza da Chennai-Madras per Mamallapuran (l’antica Mahabalipuram). Sosta per la visita dei famosi templi sulla spiaggia, primo esempio di arte templare induista. E’ uno dei complessi più pittoreschi del’India, comprende circa 70 monoliti, grotte e sculture scavate nella roccia e due templi gemelli costruiti di fronte al mare, sulla spiaggia del villaggio. Sono gli esemplari più antichi di architettura monumentale del’India del sud. L’arte rupestre è la migliore testimonianza dell’impero dei Pallava che dominarono l’India del sud tra il IV e il IX sec d.C. Il grazioso Shore Temple si affaccia sul mare e gli interessanti Five Rathas, gruppo di 5 templi scavati interamente in un blocco di roccia, da dove sono stati ricavate statue e templi. In questo posto molto suggestivo ci sono anche particolari botteghe artigiane di scultori apprezzati in India e all’estero. Dopo i templi si va a Mahaballipuram alla ‘Krishna’s butter ball’ la ’palla di burro di Buddah’ una enorme roccia liscia che si regge in un equilibrio davvero spettacolare, il ‘trucco’ consiste nel fatto che la massa principale della sfera in pietra è nella parte posteriore e quindi non rotola a valle, da secoli, nonostante sembra dover cadere da un momento all’altro. Da notare che il cemento usato come legante per le pietre dei tempi sulla spiaggia è a base di granito a cui si aggiunge polvere di conchiglie frantumate che lo rendono molto resistente alla salsedine della spiaggia. Un’idea antica ma molto valida anche ai nostri giorni, anche se non molto applicata in Europa. La guida ricorda che il primo ministro (87 anni) del Tamil haru, lo stato in cui ci troviamo, qui onnipresente in enormi manifesti per le strade, ha un figlio ministro della finanze, un altro figlio ministro, il figlio maggiore vice primo ministro e una figlia parlamentare, insomma ‘una democrazia da maharaja’ come si dice qui. Anche ai tempi sulla spiaggia si nota che la pulizia viene e fatta con piccoli scopini corti fatti di rametti secchi sottili, che costringono gli addetti a stare sempre piegati al suolo con enorme fatica, anche perché poi il raccolto viene tirato su con le mani e non con una più comoda paletta, magari col manico come avviene da noi. Alle 12.30 si lasciano i tempi sulla spiaggia e si va in pullmino a pranzo a Pondicherry che è l’enclave francese dell’India che dista 135 km da Mahabalipuram un percorso di 4 ore. Qui visita al museo dei bronzi e poi visita all’Ashram di Sri Aurobindo, un santone che qui aveva la sua ‘casa’ insieme ai suoi adepti. E’ oggi un luogo di meditazione sovrareligiosa, dotato tra l’altro di una fornita libreria di testi di meditazione dove è possibile acquistare detti testi. In inglese. Si riparte ancora e alle 21 si arriva al vicino villaggio con bungalow in paglia e legno, ma con aria condizionata, accolti con profumatissime ghirlande di fiori di gelsomino che vengono messe al collo degli ospiti, come è usanza qui.
Mercoledì 18 agosto 2010 (4° giorno)
Al mattino si visita il villaggio rurale che la sera prima non si è potuto vedere bene. Mattina a disposizione per conoscere diversi tipi di attività tradizionali della comunità dravidica. Tempio, scuola rurale del villaggio dove però c’è anche anche tv via cavo (per limitare le nascite dice la guida). Nei villaggi indiani la soglia delle case, in genere in cemento grigio liscio, viene decorata con elaborati disegni fatti con la polvere di riso bianca o anche colorata detti ‘mandala’. La sera la soglia viene ripulita per creare un nuovo disegno il mattino dopo. I disegni servono a proteggere la casa. Dopo pranzo e visita al mercato della città. Molti negozi di gioielli in oro e pietre preziose. Nel pomeriggio, trasferimento a Tanjore con sosta per la visita del grandioso tempio Chola di Darasuram. 20.30 cena. Camere qui non eccellenti ma comunque accettabili. L’accompagnatrice di un altro gruppo turistico dopo cena ricorda un vecchio detto ‘i cinesi pregano per chiedere una grazia mentre gli indiani pregano per ringraziare’. Insomma i cinesi pregano prima, gl indiani dopo.
Giovedì 19 agosto 2010 (5° giorno)
Colazione. Partenza h 8 a Tanjore visita del tempio di Brihadeshwara dedicato al dio Shiva. Visita del Museo che ospita la preziosa collezione di bronzi della dinastia Chola. Nel pomeriggio visita ad un altro tempio Jambukeswara, escursione a Trichy una città al centro delle vicende storiche del Tamil Nadu, per la visita al complesso della città-tempio di Srirangam, racchiuso da una cerchia di sette mura concentriche ed ornato da 21 torri, uno dei più vasti dell’India. Nei pressi, sul colle del forte che offre una bella vista della città, si trovano templi rupestri e un interessante tempio dedicato a Vianayaka. Qui i pellegrini celebrano antichi rituali sulle rive del fiume Kaveri. A Trichy si può andare a messa, nella chiesa della Madonna di Lourdes, un edificio in stile neogotico molto differente da tutto il resto degli edifici circostanti. A differenza delle chiese cattoliche dove, anche in India, ci sono spesso organizzazioni caritative il tempio indù è utilizzato quasi sempre solo per le pratiche religiose e di devozione. In alcuni templi però c’è una mensa per i pellegrini e per i poveri che qui mangiano gratis, anche grazie alle offerte alimentari che i fedeli portano (riso, verdure etc). Si dice che qui mangino anche 1.200 persone al giorno, ma al momento della nostra visita all’ora di pranzo c’erano solo una ventina di mendicanti e pellegrini in attesa di mangiare. Di seguito visita ad un negozio di prodotti indiani: pashmine in puro cashmire costano sui 50 euro mentre quelle miste lana-cashmire costano sui 15-20 euro. Conviene acquistare in questa zona anche le statue di bronzo di varie dimensioni e prezzo, sono in genere di produzione locale. Molto belli anche i tappeti indiani fatti al telaio. In questa zona la pulizia delle strade lascia molto a desiderare, un po’ per l’indolenza della popolazione, un po’ perché le amminstrazioni non hanno denaro sufficiente a pulire tutte le strade dall’immondizia accumulata, mancano quasi del tutto i cassonetti della spazzatura, che viene raccolta in pratica con le mani e che gli indiani si limitano semplicemente ad allontanare dal proprio uscio e riversare per strada. La cena del 19 agosto è composta dalla consueta e ottima zuppa vegetale piccante, pollo fritto, pollo al curry, riso bollito, riso con verdure, riso piccante al limone, noodles, banane verdi, ananas piccoli molto saporiti. Si conclude come sempre con un caffè nero molto lungo e del thè molto forte, in genere speziato. Tutto il cibo viene accompagnato dal chapati come sempre preparato e cotto al momento, il vero pane indiano senza lievito, una sorta di piadina cotta nel forno che però proprio per la mancanza di lievito va mangiato caldo, altrimenti diventa immangiabile, anche per gli indiani.
20 agosto venerdì (6° giorno)
Partenza h 8.30. Trasferimento a Madurai (TANJORE – MADURAI 160 km. 5 ore circa). Sulla strada aree boschive, piccoli villaggi formati di capanne di legno con tetti di paglia. Paesaggi rurali con terre coltivate e piccoli villaggi sulle rive, donne che lavano i panni sulle rive e bambini che fanno il bagno divertendosi molto. Difficile dimenticare, in questa zona e in tutte le altre zone dell’India, la felicità e la serenità di questi bambini “poveri” secondo i nostri canoni europei e invece molto più ‘ricchi’ di quanto si possa immaginare. Si incontrano anche fitte istallazioni di pale eoliche, che sono un vanto della produzione indiana. Anche se l’India per il suo fabbisogno elettrico dispone, oltre a molte centrali idroelettriche, di più centrali nucleari e riesce in tal modo a garantire un prezzo bassissimo dell’energia elettrica e quindi sostenere lo sviluppo industriale oltre che non gravare sulle famiglie meno abbienti. Durante il percorso si fa visita ad una famosa azienda artigianale e familiare di fusione del bronzo. Gli artigiani mostrano tutto il sistema di lavorazione del bronzo sino alla nascita della statua. Si parte con la lavorazione della cera d’api rossa, che essendo morbida è molto ben lavorabile con le mani e poi viene incisa con appositi scavini. La statua o statuetta di cera una volta modellata, incisa e rifinita viene ricoperta con argilla. Durante la cottura attraverso un foro praticato alla base, la cera fuoriesce dall’argilla lasciando al suo interno un calco della statua. Attraverso quel foro viene introdotto il bronzo (lega di ottone e rame) precedentemente fuso su un fuoco di carboni attizzato con un tubo in metallo attraverso il quale viene soffiata aria per una migliore combustione e quindi ottenere una maggiore temperatura per la fusione. Dopo un giorno, alcuni giorni per le statue più grandi, la terracotta viene spaccata ed emerge la statua in bronzo che viene ancora rifinita con la lima e lucidata. Dopo la visita alla fabbrica di bonzo si riparte col pullmino e si effettua una rapida sosta lungo la strada in una zona in cui si coltivano gli anacardi. I produttori locali tostano gli anacardi ai bordi delle strade e li vendono ai passanti, vi sono molte bancarelle di tostatura. Il sapore degli anacardi di questa zona è eccellente. Lungo la strada può capitare anche a voi di esser invitati a un tipico matrimonio indiano. Il matrimonio in India è una cerimonia molto importante alla cui sontuosità non rinunciano neppure le famiglie più povere, a costo di fare debiti. Si risparmia su tutto i vista del matrimonio dei propri figli, ma non si risparmia sulla festa. Ci devono essere molti invitati, anche diverse centinaia, a volte migliaia (2.000 e più) la musica e il cibo deve essere in abbondanza, per tutti, anche per centinaia di partecipanti. Ci sono delle apposite sale per matrimoni, molto numerose e di diversi livelli di spesa. Il matrimonio dura 3 giorni. Noi abbiamo mangiato, come è usanza, su grandi foglie di banano sulle quali vengono appoggiate le pietanze accompagnate da riso bollito che si mescola, aiutandosi solo con le mani, con verdura, carne o legumi particolarmente piccanti e poi si porta alla bocca aiutandosi semplicemente con la punta delle dita, non ci sono posate. Si mangia in centinaia su enormi tavolate parallele munite di panche tipo birreria. Tutto il cibo viene preparato la momento, si cucina in continuazione per gli invitati che arrivano in momenti diversi. A fine cerimonia non occorre lavare nulla, le foglie di banano usate come vassoi vengono date in cibo alle mucche. Ore 14.30 arrivo in Hotel e pranzo. Madurai è una delle più antiche città dell’India, un centro piacevolmente vivace edificato attorno ad uno dei templi più affascinanti dell’India, il Shree Meenakshi, dedicato al dio Shiva. La costruzione nella forma attuale è dovuta alla dinastia dei Nayaks, originaria del XVI secolo, con le quattro torri perimetrali decorate da migliaia di statue 15.30 partenza per il tempio. Visita del coloratissimo tempio dedicato alla dea Meenakshi, del Museo e del palazzo reale di Tirumalai Nayak. Alle 19.30 si fa una visita al tempio indù a Madurai. Per la suggestiva cerimonia notturna del tasferimento di Shiva e della moglie Parvati dai luoghi di adorazione, nel tempio stesso, a ‘casa’ cioè al sancta santorum. E’ una cerimonia molto suggestiva, vissuta con intensità dagli indù con sfilata di elefanti, cammelli, cavalli, e gente in costume. Un po’ come le nostre processioni del santo patrono. Nell’attesa della cerimonia ci si può intrattenere nei numerossimi box intorno al tempio con la solita mercanzia di pashmine, statue etc. La giornata si conclude alle ore 21 con la cena in albergo.
21 agosto sabato (7° giorno) Dopo colazione partenza alle 8 e trasferimento da MADURAI a PERIYAR (135 km. 4.30 ore circa) verso la riserva di bufali indiani, elefanti e tigri del Periyar Wildlife Sanctuary. Durante il trasferimento breve sosta al mercato della frutta che serve ed è a sua volta rifornito da molti villaggi agricoli qui intorno. Durante il tragitto si attraversa una semplice sbarra in ferro e si passa dallo Stato del Tamil Haru a quello del Kerala. La differenza salta subito agli occhi: la regione del Kerala è più ricca, molto più pulita (non c’è più immondizia per le strade, semplicemente sparita nel giro di poche centinaia di metri). Il Kerala è meno popoloso del Tamil Haru e ha una grande presenza cristiana. Ciò è dovuto al fatto che il Kerala commerciava con i portoghesi che erano cattolici, che qui hanno lasciato un ottimo ricordo e mantengono ancora ottimi rapporti commerciali in quanto, a differenza degli inglesi, pagavano bene le spezie e gli operai indiani che lavoravano nelle piantagioni di spezie qui molto diffuse. Nel pomeriggio alle 15.30 escursione in barca nel lago situato nel cuore del Periyar Wildlife Sanctuary, per osservare gli animali che si vanno ad abbeverare. All’ingresso del Sanctuary le solite scimmie che hanno ormai imparato a bere con la cannuccia i brick delle bibite lasciati dai turisti nei bidoni dell’immondizia e strappano dalle mani dei turisti le buste delle patatine o delle merendine. Noi siamo stati qui colti di sopresa da un temporale incredibile che ha lasciato inzuppati gran parte dei passeggeri della barca, nonostante la copertura superiore della barca l’acqua unita al vento molto forte ha bagnato tutti. In cosiderazione di tale rischio è utile munirsi di ombrello e giacche antipioggia. Nonostante la pioggia è stato possibile ammirare gli elefanti che si abbeverano nel lago proteggendo tutti insieme all’interno del branco l’elefantino appena nato, visto che qui ci sono anche le tigri allo stato libero la precauzione è giustificata. L’albergo di questa zona è lo ‘Spice Village’ il villaggio delle spezie, fatto di capanne di paglia e muratura, tutte ovviamente munite di aria condizionata.
Domenica 22 agosto (8° giorno) Colazione, ore 8 trasferimento a KUMARAKOM nel cuore delle backwaters, la serie di canali artificiali, fiumi e laghi naturali che aattraversa la regione del Kerala come una ragnatela. Le backwaters sono le acque interne del Kerala, lagune a contatto con il mare, la cui acqua salmastra torna all’interno, tipo Venezia ma selvagge e molto più grandi. Tutte palme e risaie. Il battello avanzava lentamente fra le acque circondate da palme, mangrovie e villaggi da cui i bambini vengono a salutare. La popolazione locale nononstante le backwaters soprattutto nei canali siano acque particolarmente sporche, utilizza quell’acqua per lavarsi, lavare i panni, i piatti, vi getta dentro di tutto e poi la beve, cosa pericolosa anche per un indiano che non sia di queste parti e abbia sviluppato anticorpi. Prima però visita a un giardino botanico spettacolare opera di un anziano cattolico che qui ha raccolto centinaia di specie di piante, dal caffè all’anturium. Sosta anche a un bar, anch’esso di un cattolico, tale Francis, che fa una ottima spremuta di ananas preparata al momento (50 rupie). Sempre il Kerala pulito, con molte villette ben curate di gusto occidentale. Il Kerala ha un governo comunista anche se la maggioranza della polazione è cattolica, fin dall’arrivo dei portoghesi. ‘I comunisti però vanno tutti in chiesa’ dice la guida. Il Kerala cattolico è più ricco degli altri paesi indiani, gli operai sono meglio pagati che altrove e ci sono spesso manifestazioni per rivendicare i diritti dei lavoratori, un po’ rare altrove. Non ci sono fabbriche in Kerala, il governo regionale vuole che la popolazione resti legata alla terra e che sia mantenuto l’equlibrio ecologico del paese. La foresta tropicale qui è praticamente intatta, il paesaggio dal pullmino è splendido, anche se nella foresta ci sono immense piantagioni di caffè, di thè e di alberi della gomma. L’India è il 1° produttore mondiale di gomma naturale. Nel Kerala a maggioranza cattolica la convivenza tra cattolici, indù e musulmani è assolutamente pacifica. Nel pomeriggio relax assoluto sull’isola al centro del lago di Kumarakom dove è possibile anche fare rilassanti massaggi ayurvedici dopo la visita del medico ayurvedico. Il massaggio ayurvedico qui non è considerato un massaggio estetico, come in Italia, ma curativo. Cena e possibilità di collegamento internet. A cena zuppa di pomodoro, zuppa di pesce, pollo al curry, gamberoni arrosto, pesce arrosto tipo barracuda. Qui al villaggio per rasare il prato si usa un sistema originale: si lega una mucca o una capra all’albero con una corda lunga tanto quanto l’area che si vuola rasare, un sistema molto ecologico anche perché non restano residui di sfalcio.
Lunedì 23 agosto (9° giorno) Colazione. Mattinata a disposizione per il relax o i trattamenti ayurvedici. Dopo pranzo partenza in battello a motore per il trasferimento fino ad Alleppey “Kerala Backwaters”, sbarco trasferimento in pullman da KUMARAKOM a Cochin (65 km. 1:30 ore circa). Alle 19.30 cena di pesce in un noto ristorante di Cochin il ‘Casino Hotel’ Gamberi arrosto, calamari arrosto, gamberi in pastella e fritti, vino sudafricano (2.000 rupie) melone, papaya e ananas. Si pernotta all’Hotel ‘Meridien’ a Cochin, che è un’ottima struttura.
Martedì 24 agosto (10° giorno) Sveglia 7.30. Colazione ore 8. Programma della giornata: in mattinata visita della città più cosmopolita dell’India del Sud: Cochin. Le antiche reti cinesi, il Palazzo Olandese a Mattancherry, la chiesa di San Francesco, con i suoi tipici ventilatori, che conserva la lapide di Vasco de Gama, la sinagoga con il quartiere ebraico e la via degli antiquari. Nel pomeriggio spettacolo di danza al teatro Kathakali. Le antiche reti cinesi equivalgono ai nostri trabucchi, si cala la rete in mare e la e si solleva direttamente da terra per mezzo di lunghi bracci, tutto è reso più leggero da un complicato sistema di contrappesi. Funzionano come bilance con grossi tronchi e grandi pietre chefanno da contrappeso. Qui si vende il pescato (gamberoni, cernie..) e si invitano i turisti a provare l’esperienza di tirare su le reti, pagando ovviamente. Nel Kerala l’alcool è vietato, la birra si beve a tavola solo negli alberghi. Anche fumare per strada è cosa poco gradita, tollerata solo se si tratta di turisti, ma non donne. Una donna che fuma per strada è considerata qui in cerca di avventure. Il Kerala è famoso anche per i massaggi ayurvedici. I migliori sono quelli del Cochin Ayurvedic Centre, il locale è molto pulito e professionale. Qui abbiamo anche trovato uno strano massaggiatore, in metallo a punte, per il cuoio capelluto. Vicino al porto c’è la chiesa di San Francesco, la prima chiesa quando gli inglesi presero la zona dopo la guerra coi portoghesi. Nella chiesa di san Francesco c’è la tomba di Vasco de Gama, meta di molti turisti, anche se il suo corpo è stato restituito aiportoghesi e si trova ora in Portogallo. Vasco De Gama visse qui 24 anni e qui morì. I portoghesi sono ricordati bene qui perchè non imposero mai governi come gli inglesi, e costruirono circa 250 chiese e cappelle che attualmente sono ancora tutte in uso anche se le canoniche delle chiese sono state trasformate quasi tutte in scuole. Dopo la chiesa di san Francesco si visita la sinagoga del quartiere ebraico di Cochin. Cambia subito il clima: niente foto all’interno della sinagoga, niente borse, occorre lasciare tutto al difuori e ciò crea code e nervosismo tra i turisti e tra le guardie addette alla sorveglianza. Un pezzettino delle tensioni in Israele si sposta qui, lo stesso eccesso di militarizzazione, lo stesso sospetto verso chiunque si avvicini. Eppure sono solo 18 le famiglie ebraiche che vivono ancora qui a Cochin e stanno per andare via anche loro, insieme alla sinagoga che lo Stato di Israele vorrebbe smontare pezzo pezzo, comprese le pietre e trasportare in patria essendo questa la prima sinagoga costruita in India. La sinagoga probabilmente per questa volontà di trasporto non è certamente ben tenuta specie nella parte esterna. All’interno c’è poco arredo sacro, da notare il candelabro a sette braccia e i lampadari di vetro lavorato. Dop la sinagoga si fa visita al quartiere ebraico dove si incontrano numerosi negozi di antiquariato e le numerose botteghe di spezie, qui davvero ‘speciali’. Se ne consiglia vivamente l’acquisto. Vi sono come sempre moltissimi negozi di souvenir Sorprende vedere all’interno degli stessi negozi di antiquariato una incredbile quantità di arredi e paramenti sacri, non si sa se sottratti e in quale modo a chiese cattoliche: antichi reliquiari, antiche stole da sacerdote, calici per la messa, ostensori dell’Eucarestia, crocifissi in legno molto pregiati all’apparenza, statue di santi. C’è di tutto. Nel pomeriggio dopo il riposo si va al teatro (Kerala Kathakali Centre) per lo spettacolo di ‘Kathakali’, danze sacre indù in uno spazio dall’allestimento molto semplice, sedie di plastica e neon. Ma lo spettacolo di mimica è davvero da vedere e le danze molto suggestive. Il Kathakali è per tradizione un adanza eseguita nel tempio nel corso di una intera notte. Richiedono anni di preparazione e seguono una serie di gesti a cui corrispondono parole. Gli attori impiegano moto tempo a truccarsi prima della recita e la cerimonia del trucco del volto è molto interessante da seguire. Il colore verde sul viso indica instabilità e la combinazione di verde e nero indica l’ira, il nero identifica i demoni. I costumi sono molto colorati e i copricapi molto decorati. Gli attori (sono solo 2) sono sempre uomini e sono accompagnati da un ritmo incalzate di percussioni. La storia viene narrata dai danzatori attraverso gesti antichissimi ed espressioni del viso, soprattutto movimenti degli occhi, difficilissimi da eseguire. Espressioni del viso e gesti con le mani comunicano veree proprie frasi. La storia è necessariamente accompagnata da una voce fuori campo che spiega ciò che sta avvenendo, in inglese. Le storie sacre qui rappresentate sono tratte tutte dal Ramayana. E’ la grande guerra tra le forze del bene e quelle del male. A noi è capitata la storia del re del paradiso tentato dal principe dell’inferno che gli invia allo scopo la sua fascinosa sorella che sta per ammaliarlo con la sua danza. Ma alla fine il re del paradiso scopre l’inganno e la uccide. Il bene che sconfigge il male, semplicemente distruggendolo, come avviene sempre per gli dei dell’induismo. Kalì del resto vuol dire ‘danza’. All’inizio la danza veniva praticata solo all’interno dei tempi da giovani danzatrici. In serata per concludere ottima cena all’Hotel ‘Meridien’: caciucco di pesce, parmigiane, patate indiane molto gustose, baccalà (retaggio portoghese) , straccetti di manzo. Nel dopo cena del Meridien anche musica dal vivo a richiesta e possibilità di ballare un po’, suscitando curiosità nei locali non proprio abituati a questo. Kochi è divisa in Ernakulam sulla terraferma, dove si arriva sia con il treno che con i bus, da 5 isole e dalla penisola di Fort Chocin e Mattancherry.
Mercoledì 25 agosto (11° giorno) Sveglia alle 5, colazione e valigie nella hall. Alle 6 partenza per l’aeroporto. Il volo interno delle 8.40 porta da Cochin a Bangalore su un piccolo aereo a eliche. L’aeroporto di Bangalore dista circa 40 km dal centro cittadino e il traffico è molto intenso, occorre molto tempo per arrivare all’hotel. Per questa giornata è prevista la mezza pensione, per questo si pranza lungo la strada in un ristorante davvero indiano. Il pranzo completo costa alla fine 180 rupie a testa (vedi menu). Dopo pranzo nel pomeriggio escursione a Shravanabelagola per visitare il tempio Jainista situato su di un’imponente collina che ospita la gigantesca statua monolitica di Bahubali, eretta nel X secolo e alta 18 metri, una delle più alte statue al mondo. E’ l’immagine di Gommateshvara, un re che abbandonò onori e gloria per dedicarsi alla vita spirituale, la prima persona che raggiunse la liberazione. Shravanabelagola uno dei luoghi santi della religione giainista si trova a metà strada tra Mysore e Bangalore nel Karnataka. Occorre affrontare una lunghissima scalinata scavata nella roccia, anche se per poche rupie è possibile frasi trasportare sulla collina da due portatori indiani con una sedia con staffe di bambù. Qui è possibile incontrare con un po’ di fortuna anche qualche monaco giainista, circolano completamente nudi e muniti di una piccola scopa con la quale puliscono il tragitto da ogni animaletto, anche il più piccolo, per evitare di calpestarlo. I monaci giainisti qui sono detti ‘digambara’ cioè ‘vestiti d’aria’. In realtà i monaci gianisti sono risultati molto socievoli e disponibili al dialogo, nonostante l’iniziale e passeggero imbarazzo occidentale di parlare con un uomo completamente nudo. Giainista da ‘jina’ in sanscrito ‘conquistatore’, la religione giaina è la più esigente tra quelle indiane e mira al perfezionamento di sé con l’abbandono del mondo materiale, delle sue preoccupazioni (sonno, pulizia, cibo), di qualsiasi forma di violenza (pensieri, discorsi) e anche contro ogni tipo di animale. Liberararsi dal desiderio è necessario per liberare l’anima dal ciclo delle reincarnazioni, l’anima deve liberarsi dalla materia e da tuto il karma accumulato in precedenza. Ogni azione violenta in parole o atti accumula karma negativo che va eliminato con la preghiera, il digiuno e la mortificazione osservando i tre ‘gioielli’: retta conoscenza, retta fede e retta condotta. I giainisti seguono una stretta dieta vegetariana. Anche il Mahatma Ghandi nativo del Gujarat, centro della comunità giainista, sentì l’influsso della dottrina giaina della non violenza. Pioggia fitta e discesa sdrucciolevole lungo la scalinata al ritorno, anche se si è agevolati dalla ringhiera in metallo. Nel pomeriggio inoltrato si può fare un po’ di shopping a Bangalore. Ci sono ottimi prezzi per la camicie in cotone (sulle 300 rupie). In serata cena in hotel con verdure crude, zuppe con verdure, manzo e le classiche lenticchie a purea e molto piccanti.
Giovedì 26 agosto ( 12° giorno) Colazione, partenza ore 8.30 per visita al tempio indù. La guida spiega che le immagini da ‘kamasutra’ dei tempi indù non erano accessibili un tempo, sino a non molto tempo fa, ai contadini e al popolo e non si trattava di esaltazione del sesso ma di ‘didattica’ Gli sposi dopo il matrimonio visitavano il tempio, ovvero i templi, x 5 giorni e imparavano anche ‘quello’ ma solo in ambito matrimoniale. Ritorno in albergo e riposo sino alle 17. Nel pomeriggio shopping al colorato mercato di vegetali e spezie (cipolle, zenzero, aglio…), i venditori sorridono e come sempre in India sono sempre felici di farsi fotografare. Nei mercati si trovano anche esposte in vendita moltissime qualità e tipi di riso. Difficile contarle tutte. I venditori attendono i clienti praticamente appesi a un agrossa corda con un grosso nodo. La corda serve sia per appoggiarsi che per uscire dalla piccola baracca che non ha altre vie di uscita se non quella di saltare sopra le mercanzie. Qui abbiamo acquistato saponi fatti artigianalmente (20 rupie) dentifricio ayurvedico della nota marca Himalaya (70 rupie) e osservate bellissime bici indiane modello retrò con freni a bacchetta che costano solo 40 euro. Si può assaggiare il cocco fresco a fettine (10 rupie) o acquistare i violini in legno (200 rupie) fatti con materiale di recupero o i flauti in legno lavorato (100 rupie). Le scatole di vitamine sono molto economiche qui: una scatola di vitamina E per esempio costa solo 100 rupie. Dopo lo shopping rientro in albergo, cena ore 20.
Venerdì 27 agosto (13° giorno) La mattinata è dedicata alla visita della città di Mysore, una meta affascinante conosciuta come la “città dei palazzi”, che fu centro di un potente regno e sede della dinastia dei Maharaja Wodeyar. Si visita il Palazzo di Mysore, costruito nel tipico stile indo-saraceno con cupole, torri, archi e colonne. A Mysore è anche molto interessante visitare la zona del mercato e curiosare nelle botteghe artigiane dovesi trovano anche maestri d’incisione su legno. Dopo la visita del palazzo del maharaja e del coloratissimo mercato di frutta e fiori. Pranzo e pernottamento nel bellissimo palazzo che fu residenza degli ospiti del Maharaja. Albergo incantevole, oggi gestito direttamente dal ministero del turismo indiano con personale dipendente dello stesso ministero e proveniente dalle scuole alberghiere indiane.
Sabato 28 agosto (14° giorno) Partenza dalla residenza degli ospiti del maharaja. La giornata prevede la mezza pensione. Si pranza lungo la strada in un ristorante indiano molto pulito. Il tipico piatto unico indiano con molte coppette di metallo, tutto per 60 rupie cioè circa 1 euro. Nel pomeriggio visita al tempo del Toro nero, il toro è venerato in quanto è un mezzo di trasporto di Shiva. Dopo il toro visita al palazzo governativo (dal di fuori) dove però per motivi di sicurezza non si può sostare per più di qualche minuto. A Bangalore ci vengono riservate delle camere di cortesia per poter fare una doccia. Nel pomeriggio shopping in questa città moderna, tra le miriadi di negozi. Dalle piccole botteghe sino ai grandi centri di elettronica e computer denominati ‘Croma’ di proprietà dell’industriale indiano per eccellenza, non più solo automobilistico, Tata. A Bangalore, città caotica di 6 milioni di abitanti vi sono anche diversi Mc’ Donalds, e sorprende vedere come i prezzi siano stati adattati alla situazione, gli hamburgher costano circa la metà che in Italia. Si cena in hotel a Bangalore, A pranzo piatto circolare tipico con le coppette metalliche con riso bianco, riso con verdure piccanti, dolce tipo babà, lenticchie piccanti in purea, pollo tandoori. A cena per concludere mele rosse tagliate a fette e fritte in olio di arachidi e poi passate ancora calde nel miele fuso e che si possono accompagnare con gelato alla vaniglia. Alle 22.30 si parte per l’aeroporto, non c’è pernottamento. Il volo per Francoforte parte alle 2.15 locali, si arriverà in Germania alle ore 9 europee di domenica 29 agosto. Si riparte per Roma Fiumicino alle 4 del pomeriggio. All’aeroporto di Bangalore ci si scontra con la burocrazia indiana, è indispensabile apporre e tenere bene in vista, pena ritardi e controlli ulteriori, il cartellino del bagaglio mano con il timbro del poliziotto addetto. Senza timbro non si passa. All’aeroporto di Bangalore si possono consumare le ultime rupie rimaste, stecche di sigarette Davidoff per esempio a a 9 euro, le più conosciute Marlboro costano 18 dollari la stecca, le Camel 14 euro. Si gusta ancora il valore dei soldi: una bibita all’aeroporto costa 50 rupie, un caffè 40 rupie.
I cattolici: problemi per i cattolici sono nel Bihar da parte dei tamil che però sono sobillati da bramini locali. In genere c’è molta tolleranza tra le religioni, come già detto più volte.
RELIGIONE L’induismo potrebbe apparire a primo impatto come una antica favola di guerrieri adattata per il popolo ma in realtà è uno dei fattori che tiene unita la nazione, che non è mai stata un vero Stato prima del ‘47 ed aveva nella religione il suo vero punto di unione. La divinità indù più importante è Shiva, il dio distruttore, ma si badi bene è ‘distruttore del male per fare posto al bene’ dice la guida, non è un distruttore e basta. Anche Kalì la dea con 72 braccia, che gli servono per lottare meglio contro gli spiriti malvagi, è una dea distruttrice ma anche lei lo è del male. Il singolo dio ha una serie di incarnazioni differenti, Kalì ad esempio è una incarnazione manifestazione o ‘avatara’ di Parvati, la moglie di Shiva. Shiva è il più importante perché regge l’equilibrio del mondo con la sua danza, il mantenimento del mondo è più importante è più ‘oneroso’ della sua creazione. Nell’India meridionale Shiva è venerato, e rappresentato nelle statue di bronzo come Shiva Nataraja. Shiva danza in un anello di fuoco e così mantiene il processo dell’universo. Ganesha il dio con la testa di elefante che si vede spesso rappresentato nelle staute in bronzo e nelle raffigurazioni, è il figlio di Shiva, è molto venerato nell’India del sud anche perché è il dio creatore. Shiva lo decapitò perchè al ritorno da un lungo perido di meditazione di 16 anni (della cui durata però non si era accorto data la profonda meditazine) lo trovò in casa con sua moglie Parvati e non riconoscendolo pensò fosse un suo amante. Per questo lo lo decapitò. Shiva cercò un uomo che gli donasse la testa per sopravvivere ma non ne trovò, anche perché questo dono gli sarebbe costata ovviamente la vita. Solo l’elefante fu generoso e gli fece dono della sua testa e così Ganesha (ovvero signore dei ‘gana’ i demoni di Shiva) divenne un dio con la testa elefante, l’elefante venne divinizzato un po’ anche lui. Ganesha è il protettore della casa perché difese la dimora di Parvati, sua madre, a costo della vita. I morti vengono cremati anche se da poco si va diffondendo la consuetudine di seppellire le ceneri nelle tombe, senza cioè disperderle nel fiume. Esistono comunque mausolei dove sono seppellite le ceneri delle persone più importanti. In tutti gli altri casi i parenti conservano il sacchetto con le ceneri del parente cremato per 15 giorni e poi fano una cerimonia con il sacerdote indù e subito dopo la cerimonia spargono le ceneri del sacchetto nel fiume. Non esiste l’ateismo o movimenti atei; anche se lo Stato indiano è ufficialmente laico la diffusissima pratica religiosa rende poco utile a livello politico la laicità. Le usanze indù però vengono corrette dallo Stato, modernizzate, ma sempre a piccoli passi per non irritare troppo la popolazione. Il popolo indù va al tempio ogni giorno per fare l’offerta a Shiva e ricevere la benedizione del sacerdote che fa un piccolo tondo colorato sulla fronte del fedele bagnando la punta del suo dito nel colorante e premendo leggermente al centro della fronte. Il colorante bianco viene messo in genere sulla fronte dei fedeli maschi mentre su quella delle donne si usa il colorante rosso, in ricordo della lotta che Parvati, moglie di Shiva, fece contro lo spirito maligno che voleva eliminare le donne per eliminare l’umanità. In questa lotta Parvati versò molto sangue. L’induismo è descritto nel libro VEDA. Non c’è teologia successiva ma solo pietà popolare. Il popolo sa poco di ‘teologia’ ma quel poco gli è sufficiente: le regole morali, le consuetudini, l’obbligo della visita al tempio e dei pellegrinaggi di ringraziamento in occasione di matrimoni etc. Non si tratta qui di ‘spiritualità’ assoluta, sono molto più pratici di quanto si possa pensare. Capita spesso di vedere pellegrini con il capo rasato, donano i capelli alla divinità in segno di ringraziamento. Come già detto prima di entrare nei templi bisogna lasciare le scarpe, per questo ci sono dei depositi gratuiti numerati, per poi riprenderle all’uscita. Si ritrovano sempre le scarpe lasciate anche se gli indiani sono soliti dire scherzando ‘se vuoi cambiare le scarpe va’ al tempio’. In alcuni templi si paga per poter fotografare, dalle 20 alle 50 rupie, per fare filmati con una cinepresa occore pagare in genere 100 rupie. Occorre ricordarsi di portare sempre con sé un paio di calzini di ricambio da utilizzare quando è obbligatorio entrare scalzi. Altrimenti fornirsi di salviette imbevute per poter pulire i piedi dopo la visita, prima di rimettersi le scarpe. Oppure potete utilizzare le cuffie per i capelli nella doccia degli alberghi e metterle ai piedi. Si sono visti turisti italiani indossare ai piedi i copriscarpa verdi utilizzati nelle sale operatorie. Nei templi indù in cui c’è culto non e’ possibile entrare nella parte più interna, il sancta sanctorum, che è riservato solo agli indù o solo al sacerdote indù Purtroppo, per gli europei, dopo un po’ i templi indù cominciamo ad assomigliarsi tutti, appaiono molto simili e a volte non intrigano più come all’inizio del viaggio. Il v secolo d.C. È una tappa fondamentale per i tempi induisti, sino ad allora costruiti in legno e che quindi dovevano essere ricostruiti necessariamente ogni 200 anni o prima. Si prese allora a scavarli nella roccia in quanto le montagne e le grotte erano le dimore degli dei. I re Pallava cominciarono la costruzione dei tempi nei secoli VII e IX nella città di Kanchipuram, nel Tamil. Le realizzazioni furono riprese dalla dinastia Chola nel X e XI sec. Che iniziarono a costruirli in granito e con alte cuspidi. I templi sono considerati la dimora terrestre degli dei, al disopra del sancta santoum ci sono le figure al seguito secondo l’ordine gerarchico. Sono una rappresentazione del cielo, moltissime divinità popolano i diversi piani, insieme a figure di cantanti, danzatori, musici e animali. le dinastie successive ai Chola cirocondarono i templi di recinti in muratura, sino ad arrivare alle cittadelle tempio.
STORIA
Si hanno notizie di una cultura indiana nella valle dell’Indo, che oggi scorre in Pakistan, sin dal 2.500 a.C. Risalgono a questo periodo le posizioni yoga. Ma quando nel 1.500 a.C. Gli ari, nomadi provenienti dall’asia centrale (pianure del Caspio e Aral), entrarono nell’India del nord quella civiltà era decaduta, trovarono solo comunità isolate di cacciatori e agricoltori. Furono i carri a due cavalli a determinare la vittoria militare. Anche la divisione in classi (bramini, guerrieri, commercianti e servi) risale a questo perdiodo vedico. Al disotto dei servi vi sono i non appartenenti alle caste, gli ‘intoccabili’ gli ‘impuri’ i ‘pariah’ detti così perché la loro tradizionale occupazione era pulire le latrine e spazzare le strade. Oggi è reato penalmente perseguibile definire qualcuno ‘impuro’ e vi sono diverse cause pendenti presso i tribunali indiani di ‘impuri’ che hanno querelato chi li ha chiamati così. I testi sacri detti Veda composti da inni e formule rituali, scritti nella più antica lingua oggi parlata, il sanscrito, risalgono al XII sec. A.C. E furono completati nei mille anni di egemonia aria. E per tale motivo richiamano a una civiltà guerriera. I nazisti si ispirarono agli ari-ani e usarono il simbolo del sole, ‘swastika’ in sanscrito vuol dire ‘benessere’, anche il tedesco appartiene allo stesso gruppo linguistico. I Veda e le loro formule rituali recitate durante i sacrifici animali agli dei (es del cavallo) e dette ‘mantra’ erano accessibili solo ai sacerdoti bramini. In essi non è importante solo il significato ma anche il suono delle parole, come nella sillaba sacra Om. Al 2.000 a.C. Risale anche il culto della dea madre nutrice e insieme distruttrice (amore fisico e morte) che si ritrova oggi nella dea Kalì o nell’immagine più benigna di Parvati, la moglie di Shiva. Ad essa è rivolto il sacrificio di animali, oggi a Calcutta si sacrificano 800 capre e si depongono le teste davanti a Kalì ma i sacrifici umani furono proibiti solo nel 1835. Il karma (letteralmente ‘azione’) è la causa del destino di ciascun uomo, le sfortune del presente sono il risultato di cattive azioni commesse in passato. Gli atti del presente determinano le vite successive, il desiderio di vivere nel mondo determina una serie di reincarnazioni: finchè l’anima desidera vivere e agire indossa nuovi corpi. Solo rinunciando completamente all’azione e all’illusione del mondo ci si può liberare dal karma e ottenere la liberazione dalla reincarnazione. Occore liberarsi dal mondo materiale e dal ciclo senza fine di vita e morte. L’ascesi domina le menti e le passioni dei corpi permettendo così di raggiungere la liberazione dal ciclo infinito delle nascite.
A partire dal 500 a.C. Una nuova stirpe di dei prese il posto dei Veda, con due grandi poemi epici: il Ramayana e il Mahabharata. Emerge la trimurti, la triade divina. Brahama è il creatore dell’universo ma poi si è ritirato affidandolo a Vishnu. Vishnu è il conservatore e Shiva distruttore, ma anche creatore del bene. Sono questi 2 gli dei più popolari. Le manifestazioni (avatara) di Vishnu più famose sono Krishna e Rama. Shiva è venerato sotto la forma astratta del linga (il fallo) e la sua danza è il ritmo dell’universo. Gli dei agiscono nel mondo e lottano contro il male, ogni divinità è un aspetto e ciascun fedele può scegliere una qualsiasi di esse per la propria venerazione. Anche Buddha, nonostante la sua ostiità all’induismo, è considerato un avatara di Vishnu, proprio a dimostare la capacità dell‘induimo ad assorbire ogni dottrina che lo sfida.
AGRICOLTURA L’agricoltura indiana può sembrare molto arretrata e disorganizzata, ma poi si comprende che questo è un modo di fare e di essere, non solo in agricoltura. Sembra che per un lavoro che in occidente impiegherebbe un solo individuo qui ne occorrano comunque 3 o più. E i tempi di lavorazione non sono proprio rapidi. Il detto indiano rende bene la situazione: ‘il tempio lo comincia il nonno e lo finisce il nipote’ proprio a dire che i lavori in India non hanno mai tempi brevi. Ma se lo dicono da soli, badate bene, non è una critica da occidentali. L’India ha scelto l’agricoltura per vincere la fame e la povertà. Qui si cerca di mantenere la popolazione rurale nelle campagne agevolando i contadini con acqua potabile e pozzi per l’irrigazione. I prodotti agricolo vengono obbligatoriamente inviati, per il 40% del totale, all’ammasso governativo, per tramite di cooperative agricole. Il rimanente 60% va a libero mercato ma la raccolta alle cooperative contribuisce a mantenere bassi i prezzi e ad impedire speculazioni, su beni di prima necessità. I poveri sotto un certo reddito esibendo la carta di identità, che è di diversi colori a seconda del reddito, possono così acquistare beni di prima necessitàcome riso, olio etc a prezzi simbolici: per esempio 20 kg di riso al mese a poche rupie. Ed è così che in India oggi non si muore più di fame. Nelle città ci sono poi spazi comunali dove i contadini vendono direttamente i prodotti della terra. L’affitto giornaliero del suolo pubblico costa solo 5 rupie (10 centesimi di euro!!) Indira Ghandi una delle madri dello stato indiano fece le cosiddette rivoluzioni’: quella verde (recupero del terreno alla vegetazione all’agricoltura), quella rossa (incrementare la pesca, che prima non c’era, per l’esportazione). La scelta dell’agricoltura ha permesso di sfamare 1 miliardo e 160 milioni di persone e di esportare anche i prodotti agricoli in eccesso. E’ stato calcolato che attualmente se piove il PIL indiano può salire anche del 10% l’anno, se non piove cresce ‘solo’ del 4%. L’India è oggi un grande esportatore di latte, ci è riuscita attraverso un sistema molto semplice: le banche statali danno i soldi ai contadini per l’acquisto delle mucche e li riprendono un po’ alla volta trattenendo il denaro dal prezzo del latte che gli allevatori consegnano alla cooperativa che lo raccoglie ogni giorno dai produttori. L’agricoltura permette di contenere la disoccupazione oltre che la fame, sono moltissimi gli uomini impiegati nell’agricoltura. In campagna ci sono pozzi di acqua gratis e scuole per i bambini. Le botteghe artigianali e commerciali sono migliaia in ogni città, lo Stato le incentiva perché danno occupazione, e per questo motivo lo Stato impedisce che si aprano gli Ipermercati – tanto diffusi in Europa e in Italia- poiché è stato calcolato che qui quando danno lavoro a 10 persone ne rendono disoccupate 100. Capita spesso di entrare in un bar e notare dietro al bancone 6-7 persone che si danno un gran da fare per servire i clienti, ce ne sono poi altrettanti in sala. Si può quindi immaginare quante persone impieghi un semplice bar. Ma anche negli hotel il personale è sempre ‘abbondante’. Per la semplice pulizia delle stanze la mattina non ci sono mai meno di 2 o anche 3 ragazze che lavorano insieme su un’unica stanza. Anche sul lavoro insomma, come si dice qui, ‘un indiano non è mai solo’, ha sempre qualcuno accanto a dargli una mano. Negli hotel all’ingresso ci sono a volte anche 2-3 uscieri il cui unico compito, anche di notte, è quello di aprire la porta ai turisti in entrata o in uscita. Ci sono diversi portatori di valigie e personale di vigilanza. Tantissimi camerieri, certamente in una proporzione inusuale in Italia. Vi sono di camerieri che vi seguono con gli occhi per leggere le vostre necessità. Ci sono quelli che si occupano di sparecchiare, quelli che portano i piatti di cibo e quelli che prendono le ordinazioni. Lo stesso vale per i negozi: alle casse dei negozi vi è un commesso che prende i soldi, uno che li mette nella cassa e uno che vi scrive la ricevuta, oltre ovviamente al gran numero di commessi che vi presentano la merce. Quando un cliente entra un negozio rischia diffcilmente di fare la coda per essere servito. E tutti sono gentili e cortesi, senza finzione.
E non esistono quasi per nulla prodotti cinesi. L’obiettivo del Governo è fare lavorare tutti, chi non sa lavorare, non ha una competenza lavora ugualmente anche se in lavori più umili. Anche se un lavoro può esser svolto da una sola persona si sceglie di farlo fare a 4 persone contemporaneamente, insieme, così lavorano in tanti, si lavora meglio, ovvero si lavora meno per lavorare tutti. L’efficienza sul lavoro non è la priorità assoluta, non serve l’efficienza ma si guarda soprattutto al bene comune. Gl indiani hanno resistito per 300 anni alla colonizzazione inglese, hanno gli anticorpi giusti per restare uniti contro la globalizzazione, prendeno ciò che è utile e scartando i virus. Gli indiani non guardano per esempio i canali americani, non li gradiscono. Le tradizioni anche rurali sono dure a morire o ad essere scalfite: i gay sono visti come un assoluta vergogna dalle famiglie, i rapporti tra ragazzi sono finalizzati al matrimonio. Non esistono o quasi discoteche, i turisti ballano negli alberghi e rigorosamente non oltre mezzanotte, dopo di che tutti a dormire. Alle 10 di sera vanno tutti a casa, non esistono pub dove i giovani si riuniscono. Non si beve quasi per nulla alcool.
Pazienza e tolleranza è il motto dell’India. A Larissa due anni fa dei cristiani furono uccisi da estremisti indù, vennero incendiate anche delle chiese. Ma fu solo opera di terroristi, la popolazione povera è molto tollerante. Ci sono solo politici che si presentano com difensori dell’induismo e speculano contro i cattolici unicamente per farsi votare (un po’ come i nostri leghisti) e farsi pubblicità.
TRASPORTI Gli autobus sono uno spettacolo, senza finestrini, senza porte, aperti e pieni di persone e un po’ malandati ma funzionano e arrivano puntuali. C’è sempre una gran quantità di persone alle fermate, nelle capannine dei bus c’è una vivacità incredibile. A volte si vedono decine di studenti in divisa salire sui bus e se non c’è spazio viaggiare praticamente appesi gli uni agli altri vicino alle porte. Gli autobus sono quasi sempe catorci ma gli autisti sono bravi e anche un po’ spericolati. Nelle grandi città il traffico può sembrare caotico. Ma in realtà è più scorrevole di quanto possa sembrare in un primo momento. Gli automobilisti indiani hanno l’abitudine di suonare il clacson di continuo, per avvisare del loro arrivo e questo può dare un po’ di fastidio all’inizio. Uno dei motivi per cui le case in periferia sono ora ricercate è anche perché sono fuori dal frastuono costante dei clacson delle zone centrali. Non va diversamente nele statali e nelle superstrade: motorini, auto, camion e pullman danno continui colpi di clacson quando stanno per sorpassare un altro veicolo. Non è reato per un automobilista investire o uccidere una mucca (in India si dice che le mucche per strada ‘servono a testare i freni dele macchine’), quelel sacre sono rispettate, tutti aspettano che passino ma le mucche di allevamento vanno normalmente al macello per essere mangiate. In India si può acquistare la vettura più economica al mondo. E’ la ‘Nano’ della fabbrica TATA. Sino a pochi mesi fa costava solo 2.000 euro, attualmente si può acquistare a 2.400 euro. E’ una 850 cc di cilindrata, tre cilindri, con quattro porte e aria condizionata di serie compresa nel prezzo, un accessorio indispensabile considerato il clima. Lo spazio interno è notevole. I proprietari da noi incontrati sono apparsi molto soddisfatti della scelta. In Italia questo modello non è ancora arrivato, uffcialmente perché l’auto non sarebbe conforme agli standard europei di inquinamento ma in realtà perché la Fiat appena quest’auto vene immessa sul mercato considerato il prezzo molto basso si affrettò ad entrare nel capitale azionario della Tata con la clausola che la ‘Nano’ non sarebbe mai dovuta arrivare in Italia.
L’India venne colonizzata nel 1600 dagli inglesi, ma anche da francesi e portoghesi e divenne indipendente solo nel 1947 con Ghandi. Attualmente ha 1 miliardo e 200 milioni di abitanti. Gli inglesi, appena 100 mila, hanno governato per secoli in India su una polazione di 350 milioni di persone dividendo la popolazione, mantenendo la divisione in caste e alleandosi con i vecchi governatori, i maharaja si pronuncia maaràgia(‘MA’ vuol dire ‘grande’, RAJA ‘re’). Contro il popolo e per lo sfruttamento dello stesso. Anche le opere inglesi, come le ferrovie, servivano solo a facilitare il trasporto delle merci verso l’Inghilterra. In seguito gli inglesi hanno creato la burocrazia e le industrie con l’alibi dello sviluppo.
L’idioma della antica lingua indiana tamil è molto simile al giapponese, pe cui ancora oggi molti giapponesi studiano in India. Lo spart nazionale è il cricket, anche in questo sport il rivale da sempre è il pakistan, una sconfitta della nazionale indiana di cricket contro il Pakistan provoca scene di disperazione in tutto il paese. Ci sono continuamente partite di cricket sui canali televisivi indiani, un po’ come da noi per il calcio. Il passatempo preferito degli indiani è il cinema, c’è molta attrazione verso i cantanti, che vengono messi anche sui manifesti matrimoniali E sui canali televisivi indiani sono molto seguite le telenovelas. La trama di film e telenovelas è però sempre la stessa con poche variazioni sul tema: c’è il ragazzo che vuole sposare la ragazza, ma la loro storia d’amore è minacciata da un altro, sempre rigorosamente munito di occhiali da sole scuri, baffi e sguardo da gangster. Il lieto fine, ovvero il matrimonio, però è assicurato, sebbene dopo mille peripezie. Ci sono spesso manifesti enormi per strada, o pubblicizzano politici locali o matrimoni, qui infatti si usa annunciare la festa con enormi stampe 3×6 metri con le foto degli sposi e in genere di un cantante a loro gradito.
VARIE Telefonare in Italia da un telefono fisso, es, dell’abergo, costa 125 rupie al minuto. Ma non c’è frazione se superate o non raggiungete questo tempo. La guida dice che in India si può mangiare qualcosa per strada anche con 20-30 rupie (50 cent di euro!!), anche se nei ristoranti comunque buoni ne occorrono 200 di rupie (3.5 euro). La rupia si cambia in genere ottenendo 58 rupie per 1 euro. Il cambio di ritorno, cioè da rupie a euro è del tutto svantaggioso, quindi è preferibile cambiare solo il denaro strettamente necessario e spendere in beni le rupie rimaenti senza ricambiarle. Per gli acquisti di maggior valore è preferibile usare la carta di credito. Occorre sempre contrattare, è un sistema, ma ricordate che lo sconto non supera mai il 20-30% del costo iniziale, è inutile chiedere il 50% di sconto perché potrebbe risultare offensivo ed impedire ogni trattativa ulteriore. Una piccola contrattazione è invece ben accetta, può essere addirittura gradevole.
Nelle house boat si sosta in genere due giorni (una notte) da 2 a 6 passeggeri, ad una due o tre camere). Sono costruite completamente in legno e la parte superiore e’ tutta in bambù (sia il tetto che i frangisole). Le camere sono grandi, con due letti o uno matrimoniale e con due grandi finestre. Sono tutte dotate di bagno autonomo completo e sopra il letto c’e’ un grosso ventilatore
ALIMENTAZIONE L’alimentazione degli indiani è tipicamente asiatica. Spesso vegetariana. Niente formaggi, niente latticini e poca carne, in genere una volta alla settimana e soprattutto bianca (pollo). Poi pesce, molti legumi (lenticchie) e verdure lesse o crude. Pochi dolci tipo gelato o pasticceria. Si apre in genere con una zuppa: di pomodoro, di verdure o zuppa di pesce. Le zuppe sono quasi sempre piccanti. Si mangiano anche ottimi gamberoni arrosto, pesce arrosto tipo barracuda. Il pesce non viene sempre distinto, tutto il pesce si chiama indistintamente “fish”, ed è difficile farsi dire di che specie si tratta. La tipica cottura avviene nello yogurt indiano, molto buono e piccante. Nelle baracchine per la strada si può mangiare il tradizionale thali dell’India del sud, un piatto a base di riso e varie salsine piccantissime servito su una foglia di banana, mangiato con le mani. Onnipresente il riso, il pollo al curry e il chapati, la piadina non lievitata fatta al momento e usata come il nostro pane. Il chapati è preparato al momento con una farina mista di mais e miglio impastata con acqua e lavorata un po’ con le mani, poi stesa sottile con un matterello corto e infine cotta in un forno di pietra cilindrico, con l’apertura nella parte superiore. Il chapati viene appoggiato con le mani nella parete interna del forno, quando si stacca dalla parete vuol dire che è cotto. Va mangiato necessariamente caldo. Nei ristoranti degli alberghi si apprezzano anche mutton steak , vegetable salad, grilled chicken con contorno di carote, patate e fagiolini lessati e gli ottimi panini rotondi. Come dolce anche si trova anche yoghurt da addolcire con zucchero di canna. La cena si conclude di solito con un caffè nero molto lungo o del thè molto forte. A fine pasto vengono serviti gli “sweet saunf”, semini di anice misti a cristalli di zucchero, usati per rinfrescare la bocca e favorire la digestione.
LIBRI CONSIGLIATI dalla guida per comprendere l’India di oggi: – Arundhai Roi, Il dio delle piccole cose. – A.L. Basham, Wonder that was India – Sashi Tharoor, Midnight to millennium – Amerthya Sen, Argumentative Indian
Esempio del costo del ristorante in India: all’Hotel Majura lungo la strada, che offre ‘South indian snack’ un piatto di riso ‘Rice Indly’ costa 20 rupie (30 cent di euro) il kharabath 20 rupie, il masala dosa 50 rupie, il poori 50 rupie, chapati 25 rupie, zuppa vegetale 40 rupie, zuppa di pomodoro 35 rupie, zuppa di bambù 40 rupie, caffè/thè/ latte/ 20 rupie.
CUCINA INDIANA
Zuppa di verdure indiana
Ingredienti: 1 piccola carota, 1 cavolo medio, ½ peperone, 2-3 fagiolini, 1 piccolo pezzo di cavolo, 1 cipolle, ½ cucchiaino di salsa di soia, ½ cucchiaino di zenzero e aglio grattugiato, ¼ cucchiaino di peperoncino rosso schiacciato, sale a piacere, ½ cucchiaino di zucchero, 2 cucchiaini di farina di mais, 1 cucchiaino di olio o burro chiarificato o burro normale, 2 tazze d’acqua.
Preparazione Tritare finemente le verdure. Scaldare il burro in una padella. Aggiungere la cipolla, lo zenzero, l’aglio e le verdure. Soffriggere la verdura fino a che sembri più chiara e cotta. Aggiungere l’acqua e portare ad ebollizione. Miscelare la farina di granturco in ½ tazza di acqua fredda e aggiungere alla zuppa, nel frattempo continuare a mescolare. Portare nuovamente ad ebollizione. Aggiungere il peperoncino, la salsa e lo zucchero e portare ad ebollizione fino a che si addensi e diventi trasparente.
Riso al limone Ingredienti: 1 tazza di riso, 1 tazza di verdure miste, 1 limone, 2 cucchiai d’olio, 1 cucchiaino di semi di mostarda, 1 cucchiaino di Urad dal (moong dal lavato), 1 cucchiaino di Chana Dal (dal di ceci bengal), un pugno d’anacardi, un pugno di uvetta, un pizzico di curcuma. Preparazione Cuocere il riso. Scaldare l’olio e aggiungere tutti gli altri ingredienti ad eccezione de limone e cuocere fino a cottura ultimata. Ora miscelare il riso cotto e gli altri ingredienti cotti un una padella e agiungere il succo di limone. Servire caldo.
Montone Ingredienti 1 e ½ kg di montone lavato e tagliato a cubetti, 10- 15 peperoncini rossi essiccati, 3 cucchiai di semi di coriandolo, 1 ½ cucchiaini di zenzero e di aglio, 4 cipolle affettate finemente, 5-6 cardamomi, 5-6 chiodi di garofano, 1 grosso bastoncino di cannella, 1 cucchiaino di polvere di curcuma, 1 tazza di yogurt, 1 cucchiaino di succo di limone, un pugno di foglie di coriandolo, 6 cucchiai di burro chiarificato, sale a piacere. Preparazione In una piccola casseruola aggiungere un cuchiaino di burro chiarificato e arrostire i peperoncini rossi fino a che diventino più scuri, metterli da parte. Nello stesso modo aggiungere 1 cucchiaino di burro chiarificato e friggere i semi di coriandolo, l’aglio e lo zenzero separatamente e mettere queste spezie da parte. In una padella larga, scaldare il burro chiarificato rimanente e friggere le cipolle fino a doratura e fino a che diventino croccanti e metterle da parte. Aggiungere i chiodi di garofano, i cardamomi e la cannella allo stesso burro chiarificato appena utilizzato e friggerli, aggiungere il montone e la polvere di curcuma ed il sale. Coprire e cuocere fino a metà cottura del montone. Utilizzare un goccio d’acqua per evitare che il montone s’attacchi al fondo della padella. Versare, ora, il yogurt miscelare e cuocere a fuoco lento fino a che il montone sia tenero. Se necessario aggiungere una tazza d’acqua tiepida. Mentre servite incorporate il succo di limone e le cipolle fritte e guarnite con le foglie di coriandolo tritato.
Pollo Tandoori Ingredienti: 1,250 kg. Di pollo (usare i petti oppure petti e cosce, non intero), 1 cucchiaino di sale, 1 limone pieno di succo, 425 ml di yogurt intero, 1 cipolla media, pelata e divisa in quattro parti, 1 spicchio di aglio pelato, 1 pezzetto di zenzero fresco di circa ¾ cm. Di lunghezza, pelato e tagliato in quattro, 1 peperoncino piccante tagliato a fette (regolatevi sulla quantità per ottenere la piccantezza voluta), 2 cucchiai di garam masala (miscela di spezie chiamata anche polvere curry in Italia), colorante per cibo rosso e giallo (opzionale), fettine di limone per servire (opzionali) Il pollo tandoori non è rosso a causa delle spezie ma per il colorante. Preparazione: Togliete la pelle al pollo ed eliminate ogni parte di grasso visibile. Tagliate le cosce in 2 parti, ed ogni petto in 4 parti. Fate due incisioni sulle cosce, tali incisioni non devono partire dagli estremi, ma devono raggiungere l’osso. Fate dei tagli simili sui pezzi di petto. Distribuite i pezzi di pollo su un piatto piuttosto largo, oppure su due piatti. Spolverateli con metà del sale e spruzzateli con ¾ del succo del limone. Massaggiateli per fare penetrare il sale e il limone all’interno dei tagli. Girate i pezzi di pollo e fate lo stesso sull’altro alto con il rimanente sale e succo di limone. Mettete da parte e fate riposare per 20 minuti. Mettete nel vaso di un robot da cucina lo yogurt con la cipolla, l’aglio, lo zenzero, il peperoncino, e il garam masala. Frullate il tutto fino ad ottenere una pasta omogenea. Passate questo composto attraverso un colino in una larga ciotola di acciaio o di ceramica. Se usate il colorante, diluite un po’ di polvere colorante con poca acqua e poi passatelo sopra i pezzi di pollo. Fate molta attenzione, usate dei guanti per evitare di avere mani rosso fuoco. Mettete il pollo con ogni succo che si sarà formato nella ciotola con la marinata, mescolate il tutto per bene per assicurarvi che la marinata entri nei tagli. Coprite e mettete in frigorifero a marinare da 6 a 24 ore, più la marinatura è lunga più il risultato sarà migliore. Al momento di mangiare preriscaldate il forno alla sua massima temperatura. Togliete il pollo dalla ciotola di marinatura, scrollate i vari pezzi cercando di togliere la maggior parte della marinata. Disponete i pezzi di pollo su delle teglie in uno strato singolo. Cuocete per circa 20-25 minuti o fino a quando il pollo è cotto (potete assaggiarne un pezzo per controllare la cottura). Servite il pollo tandoori caldo accompagnato da fette di limone.
Chapati
Il chapati è il pane tradizionale dell’India simile ad una piadina, non contiene lievito ma solo farina, acqua e sale; in India, la ricetta antichissima è composta da miglio, orzo, grano saraceno e grano. Si cuoce su una particolare padella di ferro chiamata tawa che diffonde il calore in modo uniforme In India si usa preparare ogni mattina una grossa quantità di impasto e di consumare poi il chapati, durante la giornata, con piatti a base di verdura pesce o pollo. In commercio è possibile trovare un preparato apposito per la preparazione del chapati, ma si possono usare due parti di farina integrale e una parte di farina bianca. Ingredienti per 8 chapati: 180 ml di acqua, 240 gr + 20 gr di farina per chapati (oppure 2 parti di farina integrale e 1 di farina bianca), 1/2 cucchiaino di sale.
Ponete in una ciotola la farina fate sciogliere il sale nell’acqua e versatela successivamente nellafarina un po’ alla volta. Con l’aiuto di un cucchiaio di legno, o con le dita, impastate la farina con l’acqua; continuate poi a lavorare l’impasto su di una spianatoia per almeno 10 minuti, fino ad ottenere una pastasoda e liscia, quindi formate una palla, riponetela in una ciotola, copritela e lasciatela riposare per 20 minuti. Trascorso il tempo di riposo, riprendete la vostra pasta e dividetela in 8 palline, ognuna del peso di circa 50 grammi; con l’aiuto di un mattarello stendete ora le palline in dischi sottili della misura di 15 centimetri di diametro. Mentre stendete l’impasto mettete un po’ di farina sul mattarello e sulla spianatoia per evitare che la pasta si attacchi. Scaldate una padella per le crepe, o una padella antiaderente e, quando sarà ben calda, fate cuocere i dischi di pasta uno alla volta. Quando vedrete che si cominciano a formare delle bolle, o comunque dopo un paio di minuti, girate il disco di pasta e fate cuocere dall’altro lato. Nel caso in cui, per la cottura del chapati, utilizzaste la tradizionale pentola in ferro chiamata tawa, i tempi di cottura saranno decisamente inferiori; in questo caso, infatti, basterà, dopo aver fatto scaldare molto bene la pentola, poggiarci il disco di pasta e farlo cuocere per 30 secondi, poi girarlo e continuare la cottura per altri 30 secondi. È anche possibile far cuocere il chapati direttamente sul fuoco mettendo sopra il fornello uno spargi- fiamme in acciaio inox.
Chapati 2
Ingredienti: 1 e ½ di farina di frumento integrale, 2 tazze di farina bianca, 1 cucchiaio di sale, 10 g di burro, acqua calda.
Preparazione: Setacciate insieme le farine e il sale facendoli cadere in una grande terrina; unitevi il burro e incorporatelo lavorando con le mani. Aggiungete acqua fredda quanta ne occorre per ottenere un impasto di giusta consistenza e lavoratelo per parecchi minuti. Coprite e lasciate riposare 1 ora. Tornate a lavorare l’impasto, se necessario aggiungendo un poco di acqua fredda. Dividetelo in palline grosse come noci, e appiattite ciascuna di queste dandole la forma di una minuscola frittata. Cuocete su una piastra calda, leggermente unta, finché i tondini di pasta sono leggermente dorati ma non induriti; girateli e cuoceteli dall’altra parte; poi girateli di nuovo e premete gli orli, così si gonfierenno. Servite caldo, con o senza burro. Con la stessa ricetta, solo sciogliendo nell’acqua da aggiungere alla pasta 6 cucchiai di zucchero bruno, si possono fare chapati dolci.
Mele fritte Sbattere bene un uovo in un piatto fondo, aggiungere 1/2 bicchiere di latte (100 ml), un pizzico di sale, mescolare. Aggiungere gradualmente la farina (circa 100-120 gr) e amalgamare bene finché non si otterrà una pastella uniforme (per 4 mele). Tagliare le mele a fette spesse mezzo centimetro e immergerle nella pastella. Friggerle nella padella ben calda, con olio di girasole a fuoco medio-basso per permettere una buona cottura di tutta la mela. Rigirare ciascuna fetta un paio di volte da entrambi i lati e tirarla fuori non appena ha assunto un colore dorato. Passare la mela nel miele liquido. Con lo stesso sistema si possono friggere le banane tagliate a fettine.