Viaggio nell’India del nord: itinerario tra Delhi, Rajasthan, Agra e Varanasi

Un viaggio dentro l'umanità più varia
Scritto da: AnnamariaTravel
viaggio nell'india del nord: itinerario tra delhi, rajasthan, agra e varanasi

Bastano 2 settimane, voli inclusi, per visitare l’India del nord includendo Delhi, la regione del Rajastan, Agra e Varanasi? Sì, possono bastare. Ovvio che sarebbe sempre meglio avere più tempo, poter assaporare un luogo con la dovuta calma, ma se l’alternativa è non andarci allora… andateci. Però: attenzione. Lo so che lo dicono tutti, ma è sempre meglio ribadirlo: l’India non è un viaggio per tutti. Se la sporcizia vi mette paura, se la miseria vi angoscia, se il caos del traffico vi innervosisce, se trovarvi le mucche tra i piedi vi infastidisce, allora meglio evitare. Ci sono tante altre bellissime mete per i viaggi. Ma se siete attratti dall’umanità e della sue molteplici sfaccettature, se vi incuriosisce conoscere una cultura millenaria e le sue evoluzioni, se cercare di comprendere una filosofia di vita diversa vi intriga, e siete disposti a chiudere il naso, le orecchie e il naso quando occorre, allora andateci. 

Diario di viaggio

1° tappa – New Delhi

Il viaggio è iniziato con un volo Emirates da Bologna a Delhi via Dubai, con un non comodissimo scalo notturno. Però nulla da dire sulla compagnia aerea.  All’arrivo a New Delhi, ci attende il fondatore dell’agenzia Libera Tours, Mr Ashok, con suo cognato Munna, che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio guidando una Toyota. L’agenzia Libera Tours si è rivelata molto efficiente nella pianificazione del tour, personalizzandolo sulla base del tempo a disposizione, delle mete che non ci si vuole perdere e dello standard di hotel desiderato. Il figlio di Mr Ashok, Virender, è l’anima moderna e digitale dell’agenzia, il viaggio è stato interamente pianificato con lui ed è sempre stato disponibile durante il viaggio per qualsiasi esigenza o informazione. Ci hanno anche cambiato gli euro in rupie, ad un tasso ufficiale di cambio del giorno e senza commissioni.

Mr Ashok mette la sua lunga esperienza a disposizione per portarci in giro a Old Delhi, visitando l’enorme mercato Chandni Chowk (non finisce mai!), l’antica moschea Jama Masjid (Delhi è una delle città in cui la popolazione islamica è maggiormente presente), il forte rosso (visto solo da lontano, in quanto avremo modo di vedere altri forti nel Rajasthan e ad Agra), il nuovo tempio bahai del Loto, la tomba e l’ultima residenza di Gandhi, l’imperdibile tempio sikh Gurudwara, dove vengono preparati e serviti pasti per i bisognosi di qualsiasi religione; abbiamo percorso anche un breve tratto in rickshaw (ho scoperto finalmente la differenza tra rickshaw e tuk-tuk: il primo è condotto tramite una due-ruote, bici o motocicletta; il secondo, è un Apecar o similare. Se ne vedranno a bizzeffe in questo tour). 

Le spiegazioni di Mr Ashok ci hanno permesso di iniziare ad entrare nella complessa e articolata religiosità indiana.

Il pernottamento a New Delhi è presso l’hotel Le Meridien, ottima scelta per le prime due notti, per darsi il tempo di adattarsi alla realtà locale. Le cene sono state al United Coffee House, bel ristorante in stile old Britain, e al Lazeez Affaire, discreto. 

Il terzo giorno si parte con Munna alla volta del Rajasthan, la terra dei Maharaja, i principi delle varie città che compongono questa remota regione del nord-ovest. 

La prima tappa è Mandawa, a 250 km (5h) da Delhi, un piccolo paese caratterizzato da un’altissima presenza di haveli, le antiche residenze dei ricchi commercianti, di cui questa cittadina era piena ai tempi della Via della Seta. Oggi, purtroppo, quasi tutti questi edifici, che a mio parere andrebbero tutelati dall’Unesco, sono in rovina. Qualche erede è riuscito a ristrutturarne qualche parte, ma è davvero un peccato vedere lo stato in cui versa la maggior parte di essi. 

Con la compagnia di una guida locale che parla italiano, ne visitiamo tre, davvero molto belli. Le strade non sono asfaltate, come in gran parte dei paesi nel Rajasthan, e si incontrano mucche e tori ad ogni angolo. 

Soggiorno presso il castello di Mandawa, in parte ristrutturato e adibito a hotel. Struttura bellissima, affascinante, con una lobby che riporta indietro ai tempi dei maharaja, e camere arredate in stile, pur con poche, pochissime comodità (manca il riscaldamento, ovviato con una stufetta elettrica, e il bagno non è un granché). Colazione semplice ma piacevole. Per la cena siamo rimasti delusi: siamo andati al Monica Restaurant accanto al castello, ambiente piuttosto squallido, cibo scarso, conto nella media. Da evitare.

2° tappa – Bikaner 

La seconda tappa è al confine con il deserto: Bikaner, a 180 km (3h) da Mandawa. Arrivando, si incontrano i numerosi dromedari che caratterizzano quest’area, infatti sono previste anche escursioni a dorso di cammello o con le jeep. A Bikaner uno dei palazzi da visitare è proprio quello nel quale soggiorniamo, il Lalgarh Palace Hotel, anche in questo caso tante buone intenzioni con risultati migliorabili in termini di confort – anche se va già meglio che a Mandawa. Il palazzo, un’antica residenza del maharaja di Bikaner, è molto bello, ha un giardino molto grande nel quale stavano allestendo una festa di anniversario di matrimonio. La cena della vigilia di Natale è stata servita in parte nel cortile interno (piacevole), in parte nel ristorante al chiuso (triste). Hanno organizzato un piccolo spettacolo di musica tradizionale, molto simpatico. Il “pezzo forte” di Bikaner è il Junagarh Fort, una vera città nella città: un palazzo-fortezza nel quale il maharaja viveva con le sue mogli, organizzava feste, invitava persone eminenti dell’epoca. Davvero spettacolare.

Consiglio: come hotel e ristorante, ci è sembrato molto migliore il Laxmi Niwas Palace, della stessa proprietà del Lalgarh Palace Hotel. È di una categoria superiore ma ne dovrebbe valere la pena.

3° tappa – Jodhpur

Terza tappa: Jodhpur, a 240 km (3,5h) da Bikaner. Lungo la strada, ci siamo fermati a visitare il Karni Mata o Rat Temple, un tempio del 14mo secolo nel quale sono presenti, accuditi e curati migliaia e migliaia di topi. Sono considerati la reincarnazione della stirpe di una divinità. Se si ha lo stomaco forte, vale la pena vederlo. 

Siamo arrivati a Jodhpur verso il tardo pomeriggio, e siamo andati subito in centro città, caratterizzato da una piazza con la Torre dell’Orologio. In questa piazza, c’è il “bar” più famoso per provare il lassi, la bevanda a base di yogurt tipica della zona. Il nostro ormai amato Munna ci porta lì e viviamo un quarto d’ora di vera vita indiana! Intorno alla piazza centrale si snoda il frenetico mercato delle spezie, delle verdure, dell’artigianato, dove Munna si orienta bene. 

Pernottamento al Radisson Hotel, ottima soluzione per riprendersi dalle minori comodità dei due soggiorni precedenti. Ha anche un piccolo centro benessere nel quale abbiamo fatto un piacevole massaggio. Bella la cena all’On The Rocks, ristorante ai confini del centro città, immerso tra gli alberi: molto piacevole l’ambiente, buono il cibo. 

La mattina dopo, andiamo a visitare il Mehrangarh Fort, davvero imponente e maestoso, con diverse aree al suo interno. Purtroppo poco dopo l’ingresso nel cuore del forte, ho cominciato ad avere nausea e possibili conati di vomito, per cui sono tornata in hotel dove, accertato di aver un problema intestinale, ho preso subito l’Imodium e poi il Normix. Dopo un’oretta di assestamento, ci siamo messi in macchina per mantenere la tabella di marcia, rinunciando purtroppo alla visita completa del forte.

4° tappa – Udaipur

Quarta tappa: Udaipur, a 300km (4,5h) da Jodhpur. A causa delle mie condizioni ancora non rassicuranti, abbiamo saltato la tappa a Ranakpur dove si visita un antico tempio Jain molto bello. Pazienza. Arriviamo a Udaipur, la cittadina adagiata sulle sponde di un doppio lago, e ci sistemiamo all’Amet Haveli, bellissimo hotel ricavato dalla ristrutturazione (che procede di anno in anno) di un antico haveli, direttamente su uno dei due laghi ed esattamente di fronte al City Palace. Indiscutiblemente, la migliore sistemazione del tour. Suite vista lago arredata con mobili d’epoca, bagno comodo ed efficiente (il phon non funziona ma lo sostituiscono subito), ristorante Ambrai con meravigliosa vista sul lago, sul City Palace e su un ghat (luogo dove gli indù fanno le abluzioni). 

Viste le mie condizioni ancora non stabilissime e le tante ore di auto dei giorni scorsi, ci concediamo un po’ di sano relax. La comodità dell’hotel è anche la possibilità, finalmente, di potersi muovere a piedi, essendo in centro. 

Andiamo quindi la mattina dopo da soli sull’altra sponda del lago per visitare il Jagdish Temple, sulla strada per il City Palace, dove in quel momento i fedeli stavano cantando: uno spettacolo molto suggestivo. Il City Palace a mezzogiorno è strapieno di gente: decidiamo di rimandare la visita ad un orario meno caotico, e rientriamo in hotel per pranzo e relax. Nel pomeriggio torniamo al City Palace per fare un’ora di coda per imbarcarci sul boat tour sul lago (evitabile) e al rientro ritentiamo la visita al City Palace, davvero meraviglioso verso il tramonto, anche se per visitarlo si attraversano un sacco di cunicoli un po’ asfissianti. Cena al meraviglioso ristorante dell’hotel, dove ritiriamo anche la biancheria che hanno lavato in giornata.

5° tappa – Pushkar

Quinta tappa: Pushkar, a 235 km (5h) da Udaipur. A malincuore saluto la bella Udaipur e percorriamo la strada per la città sacra. Lungo la strada, vediamo una statua enorme: si tratta della Statue of Belief, la più alta statua di Shiva del mondo, e nella quale si può entrare per visitare mostre e gallerie. Merita una sosta veloce. 

Tornando a Pushkar, è considerata una città sacra perché qui si trova l’unico tempio dedicato a Brahma di tutto il mondo, ed è quindi meta di pellegrinaggio. Qui la brava guida locale Manoj ci spiega il ruolo simbolico delle tre principali divinità indù, la loro trinità (Trimurti): Brahma simboleggia la creazione, la nascita; Vishnu l’operatività, quindi la vita; Shiva la distruzione, quindi la morte. Sono i tre momenti del ciclo naturale, e sono paritari: per questo motivo, in India e in particolare nella religione induista la morte viene vissuta come la nascita. 

Sul lago, si svolge la vita quotidiana di questo paesino, tutto incentrato su questo piccolo tempio. Intorno al villaggio, ci sono diversi tour in cammello. 

Abbiamo dormito all’hotel Brahma Horizon, davvero un bell’hotel di piccole dimensioni molto curato, con un giardino sul retro e la piscina. La sera alle 19:00 è stato offerto agli ospiti un bellissimo spettacolo di musica e danze tradizionali, davvero coinvolgenti. Ottimo il ristorante interno dal buffo nome “Abbiocco”. Personale super gentile. Consigliatissimo.

6° tappa – Jaipur

Sesta tappa: Jaipur, a 165 km (2h). Avendo visitato il centro di Pushkar al mattino, siamo arrivati a Jaipur nel tardo pomeriggio. 

Una città pullulante di persone, auto, moto, scooter, rickshaw, tuk-tuk. La città, tutto di color rosa mattone, è stata edificata dall’allora maharaja Sawai Jai Singh II nel 1727, secondo i principi di Shilpa Shastra, la scienza dell’architettura indiana. La città era divisa in nove isolati. Due di essi contenevano edifici e palazzi statali, mentre i restanti sette erano destinati al pubblico. Furono costruite enormi mura di fortificazione e sette robuste porte. Le direzioni di ciascuna strada e mercato sono da est a ovest e da nord a sud. La porta orientale è chiamata Suraj (Sole) Pol, mentre la porta occidentale è chiamata Chand (Luna) Pol. Ci sono tre porte rivolte a est, ovest e una porta settentrionale (conosciuta come porta Zorawar Singh). 

Il palazzo nel cuore della città è il City Palace. Al suo interno, vi sono anche le botteghe artigiane delle manifatture più tradizionali dell’India, così come il maharaja a suo tempo aveva sostenuto tali artigiani che avevano a disposizione spazi ed energia per svolgere il proprio lavoro al suo interno. Accanto al palazzo, c’è l’edificio che più viene rappresentato nelle foto di Jaipur: Hawa Mahal, il Palazzo del Vento; in realtà si tratta solo di una facciata dietro la quale potevano nascondersi le donne del palazzo per vedere le feste di strada. 

Fuori dalla città, domina il l’Amer Fort :ancora un forte antico, grande e maestoso, con tante aree al suo interno. Il Forte Amer è un complesso di palazzi, sale, padiglioni, giardini e templi, costruiti da Raja Man Singh, Mirza Raja Jai Singh e Sawai Jai Singh in un periodo di circa due secoli. Si accede attraverso una salita, che si può anche fare a dorso di elefante. Le decorazioni al suo interno sono spettacolari. La guida locale, purtroppo, si rivela un disastro: arriva in ritardo senza scusarsi, corre sempre avanti come se avesse fretta (e l’aveva), si sofferma solo quando ci porta in qualche bottega. Ma, nonostante lui, siamo riusciti ugualmente a goderci le bellezze architettoniche di questa città. 

Pernottamento in un piccolo hotel, il Khandela Haveli, caratterizzato da uno corte interna sulla quale affacciano le balconate delle camere e dove si può leggere qualcosa, dal momento che le stanze sono buie e poco ospitali. Il ristorante dell’hotel ha personale molto gentile e piatti deliziosi. 

Ci siamo concessi un sandwich e un cocktail di lusso al The Raj Palace, una storica residenza di proprietà di una principessa che ha dato il bellissimo palazzo in gestione come hotel a 5 stelle. Vale la pena vederlo. Altro hotel di lusso che varrebbe la pena vedere è il Rambagh Palace, ma non abbiamo avuto abbastanza tempo o energia!

7° tappa – Agra

Settima tappa: Agra, 260km (5h) da Jaipur. 

Lungo la strada, ci siamo fermati a visitare Fatehpur Sikri, che fu capitale per un breve periodo di tempo, quando l’allora imperatore Akbar-a-Mughal decise di trasferirla da Agra. Un bellissimo esempio di architettura Moghul, costruito nel 1570, in quanto qui viveva un guru che aveva predetto all’imperatore la tanto attesa nascita dell’erede, dopo anni di tentativi andati a monte con ben tre mogli (per par condicio, le mogli erano una musulmana, una cristiana e una indu). Purtroppo però la mancanza di acqua rese difficile la permanenza e già nel 1585 la capitale venne trasferita a Lahore, abbandonando questa meravigliosa città. 

Arriviamo ad Agra appena in tempo per vedere il Taj Mahal al tramonto con poca nebbia (al mattino la nebbia nasconde tutto): è davvero uno spettacolo, questo immenso e maestoso monumento funebre fatto costruire dall’imperatore Moghul Shah Jahan, nipote di Akbar, in memoria dell’amata moglie che morì di parto dando alla luce il suo quattordicesimo figlio. L’anno seguente, il 1632, l’imperatore ordinò la realizzazione di questo imponente mausoleo, che richiese più di 20.000 lavoratori provenienti dall’India, dalla Persia, dall’Europa e dall’Impero ottomano, insieme a circa 1.000 elefanti. 

La storia locale narra che l’imperatore avesse iniziato la costruzione di un mausoleo gemello di colore nero per le sue spoglie, ma venne deposto da uno dei figli dopo un’acerrima guerra familiare con gli altri fratelli e venne rinchiuso in una torre del forte rosso, che guardava verso il Taj Mahal. 

Dopo questa meravigliosa vista, ci rechiamo al Radisson Hotel di Agra, bellissimo hotel nel quale è stato allestito un buffet mostruosamente enorme per il cenone di Capodanno. Servizio attento e cortese, camera ampia e confortevole, insomma ottima sistemazione da tutti i punti di vista.

8° tappa – Varanasi

Ottava e ultima tappa, la degna conclusione di questo viaggio: Varanasi, che raggiungiamo in aereo da Delhi. 

Quindi si parte al mattino da Varanasi per Delhi dove, dopo aver salutato con tanto affetto il nostro amato Munna, prendiamo il volo delle 14:55 e atterriamo a Varanasi alle 16:40. 

Ci viene a prendere una guida locale, Prakash Dwivedi, di un’agenzia di Varanasi, Diva Destination Management, contattata e gestita per noi sempre da Libera Tours. Molto efficiente e professionale, ci farà conoscere Varanasi e la sua magia in un giorno e mezzo. 

Dopo aver fatto il check in al Radisson di Varanasi (nulla a che vedere con i Radisson di Jodhpur e di Agra), ci porta a visitare un artigiano che realizza splendidi tessuti in seta ricamata, da poter usare come quadri. Ci mostra i telai sui quali vengono ancora fatti a mano, e che sempre meno artigiani sono capaci di usare. 

Ceniamo su suo consiglio in uno dei migliori ristoranti del viaggio, il Canton Royal, nell’Hotel Surya, a pochi minuti a piedi dal Radisson. 

La mattina dopo ci muoviamo con calma per andare a visitare la zona archeologica dove si trova Sarnath, il luogo dove Buddha avrebbe fatto il suo primo discorso. Per questo motivo, è un luogo sacro per i buddhisti di tutto il mondo, e vengono a onorarlo dalla Thailandia, dal Giappone, dalla Corea, ecc. 

Nel parco che circonda lo stupa commemorativo, si trovano monaci buddisti che pregano insieme ad altri fedeli: il luogo è un’oasi di pace e serenità. 

Dopo una pausa di un paio di ore in hotel, andiamo con Prakash verso i ghat per assistere alla cerimonia serale Aarti di ringraziamento del sacro fiume Gange. Già attraversare il centro è un’esperienza forte: tante persone poverissime, alcune malate, sedute a terra per la strada, in mezzo a mucche, rickshaw e tuk-tuk. Ci sono volontari che preparano dei pasti caldi per queste persone che dormono per la strada. 

Quando arrivi al primo ghat (ce ne sono diversi uno dopo l’altro), respiri già un’atmosfera magica, sacra. 

“Affittiamo” tramite la guida due posti a sedere in alto (100 rupie cad) per assistere alla cerimonia, che inizia verso le 18:00 (ma già alle 17:00 il lungofiume è pienissimo di gente). La cerimonia Aarti viene celebrata lungo il Gange da preti in abiti giallo zafferano e rosso, che fanno diversi movimenti come tributo al fiume, usando lampade con oli sacri. Durante la cerimonia, si recitano dei testi sacri, accompagnati dal suono di campane cerimoniali, gonfi, tamburi, conchiglie. Il luogo viene profumato con incenso di legno di sandalo. 

E’ un’esperienza multisensoriale, mistica e coinvolgente. 

La mattina seguente, abbiamo fatto il giro in barca all’alba, partendo dall’hotel alle 6:15, per assistere alla cerimonia del mattino (molto meno scenografica) e alle cremazioni dal Gange. Per fortuna la nebbia era poca, e si riusciva a vedere abbastanza bene la riva con le pire accese per bruciare i cadaveri e gli indiani a fare il bagno nel fiume per purificarsi. 

Sono due momenti diversi e altrettanto belli, la sera e il mattino presto. 

Quindi rientriamo in hotel per fare colazione, riposare e fare i bagagli, e alle 14:30 vengono a prenderci per portarci in aeroporto per il lungo viaggio di rientro: aereo Varanasi-Delhi alle 17:05, quindi Delhi-Dubai alle 4:10 (tenete conto che non vi fanno il check in prima di 4 ore precedenti la partenza, quindi se avere tempi lunghi di attesa come noi sappiate che prima dell’area dei gate non c’è nulla, solo una micro caffetteria e le macchinette automatiche per le bevande). A Dubai 2,5h di scalo (perfette per una colazione e per il transfer) e alle 12:40 atterriamo a Bologna.

Consigli: portatevi calze da buttare via per quando entrate nei templi, vi togliete quelle “buone” e mettete quelle da buttare; cambiate le banconote in piccoli pezzi (50-100-200 rupie) per le mance che sono infinite (chi custodisce le scarpe fuori dai templi, chi vi porta il bagaglio, chi pulisce i bagni nei locali pubblici, guide, autisti, ecc ecc); portate abbigliamento per vestirsi a cipolla, le temperature oscillano notevolmente sia nella stessa località che tra una località e l’altra (t-shirt, maglie a maniche lunghe, maglioncini e piumino); dotatevi di disinfettante per le mani e salviette per pulire i piedi dove non sono ammessi neanche i calzini; non dimenticate la farmacia da viaggio, qui è indispensabile almeno Imodium, Normix e antibiotico ad ampio spettro come Bactrim; portatevi qualche piccolo snack per i lunghi trasferimenti in auto, per le strade trovate solo patatine aromatizzate e frutta; anche se è scontato, bevete solo acqua minerale e usatela anche per lavare i denti. 

Un ringraziamento a Virender, che ha avuto tanta pazienza quando abbiamo pianificato il viaggio; a suo padre Ashok per la grande competenza e professionalità; a Munna per la simpatia e la totale disponibilità. 

E a tutti gli indiani che abbiamo incontrato, sorridenti e gentili. 

Namasté.

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