In moto tra le colline toscane lungo la via di Setteponti
In questi primi giorni di estate ho deciso di percorrere sulla mia vespa una strada antica e bellissima, che attraversa un angolo di Toscana poco conosciuto ma incantevole: si tratta della via di Setteponti, che dalla mia città, Arezzo, si snoda lungo il Valdarno superiore, in direzione di Firenze, mantenendosi a mezza altezza, attorno ai 300 m s.l.m., tra il fondovalle e la catena montuosa del Pratomagno. Si percorre così un caratteristico paesaggio collinare, circondati da ulivi e cipressi, attraversando borghi antichissimi e case coloniche leopoldine, da cui si può ammirare il fiume Arno che scorre in basso, lungo la valle, e in alto le cime del Pratomagno. In due giorni ho percorso questa strada, che oggi è la SP 1, da Arezzo fino al confine con la provincia di Firenze.
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La via di Setteponti è una strada antichissima: essa ricalca il tracciato della via Cassia Vetus, che a partire dal II secolo a.C. collegava Roma con la Gallia Cisalpina. Ma questo tratto era già usato dagli Etruschi – sono stati trovati vari reperti di quell’epoca – per collegare le antiche lucumonie di Arezzo e Fiesole. Il percorso attuale è ancora quello che dal medioevo fino al Settecento fu usato come collegamento lungo la valle dell’Arno, per poi essere sostituito da quello lungo il fiume. L’antichità di questa strada è testimoniata dalle numerose pievi romaniche che si possono ancora ammirare: lungo questa fondamentale via di comunicazione tra nord e sud sorsero le prime chiese paleocristiane che furono i centri fondamentali di aggregazione durante il medioevo. Secondo la tradizione, il nome di Setteponti viene spiegato per via del gran numero di ponti che si attraversano (infatti nel medioevo il sette era considerato il numero della perfezione): ma, in realtà, sembra che questo nome si riferisca in particolare al Ponte Buriano, il primo che si incontra venendo da Arezzo, e che è costituito da sette archi.
Sono partito da Arezzo, dove la via di Setteponti prende inizio, in corrispondenza della porta di San Clemente, che si trova sul versante nord-ovest delle mura medicee.
Quarata
Dopo aver percorso 5 km lungo via Setteponti, si arriva a Quarata, un piccolo borgo di origine romana, che conserva ancora la sua fortificazione medievale.
Poco oltre si raggiungono le sponde dell’Arno, che viene attraversato da uno splendido e famoso ponte, il Ponte Buriano: è una straordinaria opera di architettura medievale, risalente al 1277, ma sembra sia stata realizzata riutilizzando i piloni di un precedente ponte romano. Infatti questo punto doveva essere particolarmente agevole per attraversare il fiume, tanto che già gli etruschi lo utilizzavano e fu poi scelto dai romani per farvi transitare la via Cassia. È realizzato con sette arcate (con ampiezze diverse), per una lunghezza di 158 m. La straordinaria armonia di questo ponte potrebbe aver ispirato addirittura Leonardo da Vinci! Alcuni studiosi ritengono, infatti, che il paesaggio ritratto alle spalle della celebre Gioconda sia proprio quello circostante il ponte, e che quindi l’artista si trovasse nel sovrastante castello di Quarata quando lo dipinse. Questo ponte è stato anche fortunato: è l’unico attraversamento sull’Arno, assieme al Ponte Vecchio, che non fu fatto esplodere dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Per poterlo ammirare meglio sono sceso per la stradina sterrata sulla destra pochi metri prima del semaforo del ponte.
Attraversato anche il paesino di Ponte Buriano, decido di fare un’altra deviazione, prendendo una strada a sinistra, ad appena un chilometro dal ponte, che conduce all’antico castello di Rondine. Questo piccolo borgo si trova arroccato su una parete scoscesa sovrastante un’ansa dell’Arno: il castello venne costruito nell’XI secolo in questo luogo difficilmente accessibile, come avamposto di difesa del Comune di Arezzo. Prese il nome proprio dall’uccello che simboleggia la pace: e adesso questo gli nome si addice particolarmente, perché dal 1976 ha trovato sede a Rondine la Cittadella della Pace. Infatti, dopo che il borgo era stato abbandonato intorno agli anni ’50, è stato ristrutturato nel corso degli ultimi anni per accogliere giovani provenienti da tutto il mondo, e in particolare da paesi che sono in conflitto tra loro, con l’obiettivo di portare la pace tornando in quei luoghi. Purtroppo la rocca è in pessimo stato, avvolta dalla boscaglia. Scendendo per i vicoli del borgo, d’un tratto si apre una splendida vista sull’Arno, su cui si staglia il ponte della ferrovia. Infatti la migliore vista sul borgo si ha dal treno, quando si percorre l’alta velocità da Arezzo a Firenze.
Castiglion Fibocchi
Tornando sulla Setteponti si giunge dopo poco a Castiglion Fibocchi. Come dice il nome stesso, anche questo borgo, arroccato sulla cima di una collina che domina la Setteponti, nasce come un castello dei conti Guidi introno all’anno 1000; invece, la denominazione Fibocchi sembra derivare dall’espressione Filiorum Bocchi, dal soprannome di Ottaviano Pazzi, “Bocco”, esponente della famiglia a cui passò in seguito il castello. Tuttora a Castiglion Fibocchi si svolge un bellissimo carnevale, detto dei Figli di Bocco: lungo i vicoli del paese sono stati posti dei quadri che rappresentano le caratteristiche maschere di questa manifestazione. L’antico borgo era cinto da mura, con sette torri e porte di accesso: ne rimangono ancora due, la Porta Fredda e la Porta di San Clemente. Entrando da quest’ultima ci si trova di fronte al Palazzo Comunale, antica sede dei signori del paese. Proseguendo lungo la via principale si trova una piazzetta, su cui si affaccia la Chiesa dei Santi Pietro e Ilario, in origine antica cappella castellana; accanto ad essa si staglia la torre campanaria ottocentesca, edificata sui resti dell’antica torre civica. Nella zona sud-ovest del borgo, appena fuori le mura medievali, si trova il complesso di Villa Occhini, purtroppo in cattivo stato: questa famiglia, infatti, a partire dal Seicento divenne proprietaria di grandi beni fondiari nella zona. Camminare per i vicoli del borgo antico permette di scoprire resti dell’antico castello e ammirare splendide vedute sull’intera piana di Arezzo.
Borro
Uscendo dal paese e percorrendo ancora un tratto della Setteponti si arriva a San Giustino, sede di un’altra pieve romanica. Ma prima di entrare in paese, alla prima rotonda, prendo il bivio in direzione del Borro (SP 3): dopo appena un chilometro si arriva all’ingresso di questo splendido borgo. Questo gruppetto di case antichissime, preceduto da un’imponente villa ottocentesca, rappresenta pienamente l’immaginario del paesaggio toscano: infatti esso è stato completamente ristrutturato con grande cura, e adesso è un esclusivo albergo diffuso, con botteghe artigiane. Il Borro nacque in epoca alto-medievale come castello posto su uno sperone roccioso: ancora adesso, infatti, si accede attraverso un ponticello, che inizialmente doveva essere un ponte levatoio in legno. Nel 1256 il castello fu acquistato dal nobile milanese Borro dal Borro, da cui ebbe origine la nobile famiglia dal Borro: ne fece parte il condottiero Alessandro dal Borro, vissuto nel XVII secolo e soprannominato il “Terrore dei Turchi”. La tenuta del Borro passò nelle mani di varie famiglie: nel 1904 fu acquistato dai Savoia-Aosta, passando infine al duca Amedeo, che la vendette a Ferruccio Ferragamo, l’attuale proprietario.
Tornato sulla SP 1 percorro altri 10 km, arrivando quasi a Loro Ciuffenna: ma prima di entrare in paese è d’obbligo una deviazione alla Pieve di Gropina, a mio parere la più bella e suggestiva di questo percorso. Si sale leggermente su una collinetta, in mezzo agli oliveti, fino ad arrivare a un gruppetto di case in pietra disposte lungo un’unica stradina: in fondo ad essa si apre uno spiazzo in cui si staglia la millenaria pieve. Il sito di Gropina è davvero antichissimo: sembra che sia addirittura etrusco e che la chiesa sorga su un tempio pagano; sotto il pavimento sono state trovate tracce di una chiesa paleocristiana (V-VI secolo), mentre i primi documenti sono risalenti a Carlo Magno (780). La forma attuale sembra essere quella del XII secolo: un pieno esempio di romanico aretino, la cui caratteristica è l’austerità e la semplicità delle forme. Ciò che colpisce dell’interno sono le antichissime sculture presenti nei capitelli: ogni colonna è arricchita di una diversa rappresentazione legata all’immaginario medievale, con figure animali e mostruose. Altra straordinaria opera di scultura medievale è l’ambone semicircolare, retto da due colonne intrecciate a nodo, che ricorda opere del romanico lombardo, come quelle del duomo di Modena. Percorrendo esternamente il fianco della chiesa si può accedere al giardino retrostante la pieve: è un luogo incantevole, dominato da serenità e bellezza. In questo piccolo fazzoletto di prato si possono ammirare l’abside e il campanile della pieve e accanto un ampio panorama su tutto il Valdarno.
Loro Ciuffenna
Scendendo da Gropina si raggiunge Loro Ciuffenna, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. La storia antichissima di questo borgo è legata al torrente che lo attraversa, il Ciuffenna, scavando un dirupo che crea un paesaggio mozzafiato. Loro, infatti, nasce come castello medievale posto tra il Ciuffenna, a ovest, dove si apriva la Porta Fiorentina, in corrispondenza del suggestivo ponte romanico ancora esistente, e un corso minore ad est, il Borro di Tonino, attraversato anch’esso da un ponte, su cui si apriva la Porta Aretina: questo borro, tuttavia, è stato interrato e adesso vi passa sopra la via di Circonvallazione. Il castello, dunque, risultava particolarmente difeso, e perciò fu conteso tra le varie famiglie del Valdarno (conti Guidi, Pazzi, Ubertini), finché non passò alla Repubblica Fiorentina. Si entra in paese dall’area in cui si trovava la Porta Aretina, e si percorre la strada principale, via Dante Alighieri, che separa a destra i resti dell’antico castello e a sinistra la parte più popolare del borgo. In fondo alla via si attraversa il simbolo del paese, la Torre dell’Orologio, realizzata sopra l’antica Porta Fiorentina. Salendo nell’area dell’antico castello si può vedere la Chiesa di Santa Maria Assunta: sull’architrave dell’ingresso si può leggere la data 1333. Scendendo, invece, a sinistra della torre si raggiunge la suggestiva piazza dello Scoglio, così detta per via di uno sperone roccioso su cui sono state costruite le case: questa parte di borgo è un dedalo di viuzze che conducono al dirupo del Ciuffenna, su cui sono stati costruiti l’Ufficio di Dogana, risalente al XV secolo, e un mulino che si ritiene addirittura del 1100.
Salendo il corso del Ciuffenna, subito a monte delle case, il paesaggio diventa a un tratto boschivo, e il torrente si presenta meno scosceso, con ampie pozze: qui gli abitanti, durante le giornate più calde, sono soliti rinfrescarsi nelle gelide acque che scendono dal Pratomagno. E così ne approfitto anch’io, terminando splendidamente la giornata!
Ripartendo la mattina lungo la via di Setteponti, dopo 4 km, si scorge dopo una curva una splendida architettura rinascimentale: è la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificata nel XVI secolo. La perfetta armonia delle arcate rinascimentali si sposa in modo incantevole con la natura circostante, colorata di ulivi e cipressi. Secondo la leggenda, il santuario fu costruito per custodire un’immagine miracolosa della Madonna rinvenuta da un contadino che lavorava i campi. Sull’altare maggiore si trova un affresco del Quattrocento che rappresenta la Madonna in trono tra San Michele e San Giovanni Battista: un tempo si riteneva che fosse opera di Masaccio, mentre recentemente è stato attribuito alla sua scuola.
Montemarciano
Proprio di fronte all’ingresso della chiesa si apre tra due cipressi la via che conduce dopo poco a Montemarciano. L’ingresso al borgo è marcato ancora dalla medievale Porta Campana, oltrepassata la quale si apre la via principale del borgo, su cui si aprono piccoli e caratteristici vicoli. Passeggiando tra queste antiche case si percepisce l’aria di un antico borgo toscano rimasto intatto, in cui si sentono solo le voci dalle finestre e il rumore della fontana, situata nella piazzetta antistante la chiesa, dedicata a Santa Lucia e Sant’Apollinare. Un piccolo vicolo sulla sinistra conduce a una scoscesa stradina che nel medioevo era diretta al castello delle Cave: qui il limite del borgo è ancora segnato da un arco etrusco.
Dopo aver percorso qualche altro chilometro della SP 1, decido di fare un’altra deviazione, che in breve conduce al piccolo borgo di Piantravigne: è un altro gruppetto di case davvero caratteristico, impreziosito da uno spettacolare panorama sulle balze circostanti. Il castello medievale di Piantravigne fu distrutto nel 1302, durante la guerra tra guelfi e ghibellini, di cui parla anche Dante.
Castelfranco di Sopra
La Setteponti conduce poi a Castelfranco di Sopra, anch’esso inserito tra i Borghi più belli d’Italia. La nascita di questo paese risale al 1299 per volere della Repubblica di Firenze: in quel periodo, infatti, i fiorentini fondarono delle “terre nuove”, ovvero degli insediamenti fortificati, caratterizzati da una pianta ben regolare, quali avamposti nel Valdarno Superiore per difendersi dagli attacchi che potevano provenire da Arezzo. Il nome Castelfranco, infatti, allude alla possibilità che avevano i coloni che decidevano di insediarsi nel nuovo borgo di essere esentati dalle tasse. La pianta del paese rispecchia ancora perfettamente il disegno che si dice realizzato da Arnolfo di Cambio: è un insediamento regolare, che richiama i castra romani, con due vie principali perpendicolari che si incontrano nella piazza centrale. Alle estremità di queste due strade vennero edificate le quattro porte di accesso: provenendo da Arezzo si entra per la Porta al Pino (o Aretina); percorrendo questa via si trova sulla sinistra la Chiesa di San Tommaso, e ancora avanti si giunge nella piazza principale. Da questa, voltando a sinistra, si imbocca l’altra strada maestra, che conduce all’uscita di sud-ovest, in corrispondenza della Porta Campana (o Fiorentina), meglio nota come Torre d’Arnolfo, che è il simbolo di Castelfranco. Lungo questa via si trova la chiesa barocca intitolata a San Filippo Neri, che era originario di Castelfranco. Poco fuori dal borgo, isolata in un prato, tra gli ulivi, si trova l’antica Badia di San Salvatore a Soffena, risalente all’XI secolo, ma ricostruita nel XIV in stile gotico.
Partendo da Porta al Pino decido di intraprendere un cammino ad anello, lungo circa 6 km e ben segnalato, il Percorso dell’Acqua Zolfina. Questa passeggiata permette di scoprire uno dei paesaggi più caratteristici del Valdarno aretino, le Balze. Si tratta di rilievi molto particolari, alti fino a 50 m, che interessano tutta la zona tra l’Arno e il Pratomagno, e che sotto a Castelfranco hanno le forme più suggestive. Questo particolare fenomeno geologico risale al Pliocene, quando tutta l’area del Valdarno era un grande lago: un fenomeno di erosione, già osservato da Leonardo da Vinci, ha portato a questi accumuli di argille e sabbie stratificate, solcati da profonde gole.
Da Castelfranco di Sopra si raggiunge in breve tempo l’abitato sparso di Piandiscò: si tratta di un piccolo altipiano su cui fin dal medioevo era stata realizzata una deviazione del torrente Resco (da cui la denominazione di Scò) lungo il quale sorsero molti mulini che hanno mandato avanti l’economia della zona fino al Novecento. L’intera area era però unificata fin dall’alto medioevo dalla Pieve di Santa Maria a Scò: è citata per la prima volta nel 1008. Anche questa pieve ha un aspetto severo, pienamente romanico, ed è immersa nel verde della campagna toscana. Ha molti aspetti in comune con la pieve di Gropina, e in particolare la bellissima serie di capitelli tutti diversamente scolpiti.
L’ultima tappa di questa escursione mi conduce a Casabiondo, a cui si sale con una piccola deviazione dalla Setteponti prima del confine con la provincia di Firenze. Il nome Casabiondo testimonia che questo gruppetto di case, posto in posizione davvero panoramica, appartenne fin dalla sua origine (i primi documenti sono del 1498) alla famiglia Biondi. Si vede subito la Villa-Fattoria appartenuta a questa famiglia, che adesso purtroppo è in cattivo stato. Poco avanti c’è un particolarissimo oratorio, piccolo ma eccezionale, perché rappresenta uno dei rari esempi di architettura barocca in questa zona. È dedicato all’Immacolata Concezione, e fu terminato nel 1707, disegnato dall’architetto valdarnese Niccolò Nasoni, che divenne poi famoso a Malta e in Portogallo. La facciata è davvero suggestiva per l’alternarsi del bianco intonaco con la scura pietra arenaria, quasi cesellata secondo i tratti eccentrici dello stile barocco. Casabiondo mi fa concludere questo breve viaggio in modo sorprendete: un gruppetto di case, una piccola chiesetta, un mare di ulivi possono risultare al contempo tanto semplici quanto grandiosi, così come tutti i luoghi legati da questa antica strada dei Setteponti.
Informazioni utili
Questo itinerario si svolge interamente seguendo la SP 1 nella Provincia di Arezzo: raggiungere la città è facile sia da nord che da sud, o in auto, grazie all’uscita dell’A1, o in treno. Al termine del percorso, invece, si può discendere, attraverso Reggello, fino alla corrispondente uscita autostradale. Ritengo che la moto sia il mezzo migliore per questo percorso: purtroppo la strada è stretta e quasi tutta a curve, quindi sia l’auto che la bici risultano meno adatte, anche se è possibile usare pure questi mezzi.