Una vicina sconosciuta: l’ALGERIA!
E se vi dicessi Nordafrica? A cosa pensereste? Alle Piramidi d’Egitto? Alla Medina di Tunisi? Alle Concerie di Fes, in Marocco? Eppure in Nordafrica c’è un altro grande Paese, nostro vicino, ma poco conosciuto e poco visitato. La nazione più grande del Continente Africano! Sto parlando dell’Algeria!
L’Algeria confina con ben 6 Stati africani: Tunisia, Libia, Niger, Mali, Mauritania e Marocco, oltre al territorio del Sahara Occidentale, a causa del quale la frontiera col vicino Marocco è ormai chiusa da anni.
L’Algeria non è un territorio facile da visitare. Il turismo è poco sviluppato. La procedura per ottenere il visto turistico è stata finora molto complessa (anche se ora il Governo algerino ha deciso di facilitare l’ottenimento dei visti turistici), per cui occorre armarsi di tanta pazienza ancor prima di partire. La moneta è il dinaro algerino, al cambio di circa 130 DZD per 1 €.
Una figura onnipresente durante la mia visita era quella del Presidente Abdelaziz Bouteflika, in carica per 20 anni, una situazione molto particolare per un Paese definito comunque una “democrazia”. Dopo il mio rientro in Italia, la sua possibile candidatura ad un quinto mandato ha dato il via alle proteste civili del venerdì, pacifiche e dignitose. Tutto ciò ha portato alle dimissioni dello storico Presidente. Resta da vedere se l’Algeria riuscirà finalmente a raggiungere la libertà tanto desiderata.
La cucina algerina è molto simile a quella dei Paesi vicini, ma meno speziata, e quindi risulta meno aggressiva al palato. Tra i piatti provati: il Mouchekkel (misto di carni e verdure). la Chakhchoukha (pasta locale a base di ceci e pollo), l’immancabile Cous Cous, le sardine fritte, la carne di cammello, il cibo di strada, il tutto accompagnato dall’immancabile tè!
Il mio itinerario incomincerà dalla città di Annaba, porto sul Mare Mediterraneo, per poi raggiungere in bus la storica città di Costantina, proseguirò quindi con volo interno verso Ghardaia, alle porte del Sahara. Infine mi fermerò qualche giorno nella bianca capitale, Algeri.
ANNABA, SANT’AGOSTINO E L’ANTICA IPPONA
A causa della procedura per ottenere il visto, che finora prevedeva anche una prenotazione ufficiale da parte di un albergo del posto, su carta intestata, mi sono ritrovato ad incominciare il mio itinerario nella città di Annaba (soltanto un hotel situato in questa località ha risposto alla mia richiesta del documento necessario!), posta all’estremità orientale della costa mediterranea algerina, porto che conta quasi 260.000 abitanti, ed è la quarta città in Algeria per grandezza. Annaba vanta un’origine antica, essendo stata probabilmente fondata dai fenici. In epoca romana era conosciuta col nome di Hippo Regius, ovvero Ippona.
Nel 4° sec. d.C. divenne sede episcopale, e, tra i suoi vescovi, quello indubbiamente più importante fu Sant’Agostino, di etnia berbera o punica, uno dei famosi Padri della Chiesa. Il nome attuale le venne dato dagli Arabi nel 7° sec. d.C.
Com’è mia consuetudine, incontro Nabil, nuovo amico, impiegato statale nonché calciatore della locale squadra di calcio, che mi ha contattato tramite Couchsurfing, e con lui vado alla scoperta della sua città!
All’entrata del sito archeologico dell’antica Ippona ci ritroviamo sulla sinistra ai piedi del colle che ospita in cima il Museo d’Ippona, con bei mosaici e alcuni busti.
Dal sito archeologico dell’antica Ippona è ben visibile la forma slanciata della Basilica di Sant’Agostino, ormai simbolo della città, consacrata dai francesi nel 1909, quando la città venne ribattezzata col nome di Bône. Una statua di Sant’Agostino occupa il piazzale sottostante.
Annaba è facilmente visitabile a piedi. Arteria principale del centro cittadino è Cours de la Révolution, dove poter osservare la vita sociale degli algerini.
Ad ovest del Cours de la Révolution vi è il Mercato Coperto di Annaba, risalente all’epoca coloniale.
La Moschea ottomana di Salah Bey è la più grande del centro storico di Annaba, ed occupa un intero lato di una bella piazza.
La Moschea di Sidi Bou Merouane è la più antica della città. Venne costruita nel 1033 d.C.
La ferrovia algerina nasce con l’intervento dei francesi, che arrivarono a costruire oltre cinquemila km di binari. L’elegantissima Stazione Ferroviaria di Annaba è situata in pieno centro, in comodissima posizione.
Ad ovest della città vecchia c’è una strada panoramica che regala delle belle vedute sul porto di Annaba. Sembra incredibile che proprio da questo punto partano le barche degli Harraga, “coloro che bruciano”. Bruciano i propri documenti, per intraprendere un viaggio di sola andata, verso la Sardegna, spesso terminandolo tragicamente, senza arrivare a destinazione.
Molto soddisfatto della mia visita, lascio Nabil, non senza aver prima gustato le specialità locali in un ristorantino vicino alla stazione ferroviaria, con la promessa che ci rivedremo un giorno!
A poco più di 6 km dalla stazione ferroviaria, sorge la stazione degli autobus di Annaba. È lì che prendo il mio autobus per poter raggiungere la città di Costantina!
COSTANTINA, LA CITTA’ DEI PONTI
Costantina, coi suoi 450.000 abitanti, è la terza città più popolosa dell’Algeria. Conosciuta nell’antichità come Cirta, venne in seguito ricostruita dall’Imperatore romano Costantino, che le diede il proprio nome. La città domina uno sperone roccioso alto 649 mt, circondato dalle gole del torrente Rhummel.
Lasciata la valigia in un appartamentino affittato tramite Airbnb, incontro Amine, altro algerino consociuto su Couchsurfing, e faccio con lui un primo giro per la città. Tramite Amine approfondirò le cause che portano al disagio sociale che vivono milioni di giovani, che non trovano un lavoro, in un Paese che non riesce a dare prospettive per il futuro, dove l’età media è molto bassa, per via del boom demografico degli ultimi anni. Ciò spiega i motivi che spingono molti a trasformarsi in harraga, partendo per l’appunto dal porto di Annaba, di cui vi ho parlato prima…
La stazione ferroviaria è situata su un piazzale dominato dalla statua dell’imperatore Costantino. Dei ponti la collegano al vicinissimo centro storico. È qui che incontro il terzo Couchsurfer del mio viaggio, Ilyes, agente di commercio che lavora nel campo della farmaceutica, di etnia berbera (è la base demografica di questo Paese, un po’ come accade nel vicino Marocco), e con lui vado alla scoperta della parte storica della città!
L’aspetto che più colpisce di Costantina è, come accennato prima, la sua posizione lungo un dirupo, e, di conseguenza, gli scenografici ponti che la collegano alla parte moderna della città.
Il Ponte di Sidi Rached, del 1912, porta il nome del santo il cui mausoleo è situato proprio ai suoi piedi.
Il Ponte di Mellah Slimane, coi suoi 125 mt di lunghezza e soli 2,5 mt di larghezza, è sicuramente il più scenografico, e lo si sente oscillare sotto i piedi durante il suo attraversamento.
Il Ponte di Kantara era in origine un acquedotto romano, poi distrutto e ricostruito più volte, fino a raggiungere la forma attuale, nel 1863.
Il Ponte di Sidi M’Cid, detto anche “Ponte Sospeso”, è il simbolo di Costantina. Inaugurato nel 1912, è lungo 164 mt e posto ad un’altezza dal suolo di ben 175 mt.
A nord del Ponte di Sidi M’Cid, sul lato orientale della gola, sorge, in cima al colle, il Monumento ai Caduti, morti per la Madrepatria Francia durante la Prima Guerra Mondiale. Stupendi da questo punto i panorami sulla città, sul Ponte Sospeso e sulla valle circostante. Una curiosità che vale la pena osservare è il disco del Touring Club di Francia, posto al centro del piazzale su cui sorge l’Arco, che indica la distanza dalla città di Annaba, chiamandola col nome coloniale “Bône”.
Domina il Ponte di Mellah Slimane il pittoresco, e un po’ kitch, Ristorante Igherssan, che propone i piatti tipici della cucina algerina. È qui che lascio Ilyes, con la promessa di rivederci alla fine del mio itinerario, ad Algeri, essendo lui in realtà domiciliato, per motivi professionali, in entrambe le città.
Continuo dunque il giorno successivo la mia passeggiata, questa volta a piedi. Il centro storico di Costantina è caratterizzato dall’architettura coloniale francese. Salotto di città è indubbiamente Piazza dei Martiri, dominata dal teatro e dall’ufficio postale.
A sudovest di Piazza dei Martiri è situato il Museo di Cirta, che ricostruisce il passato della città.
La Grande Moschea venne costruita nel XIII secolo sulle rovine di un antico luogo di culto del paganesimo. La Moschea Souk el-Ghazal venne realizzata nel 1730 dal Bey di Costantina, ed è caratterizzata dal bel cupolone, che, ricorda molto quello del Duomo di Firenze.
Di fianco alla Moschea Souk el-Ghazal sorge l’edificio storico più bello di Costantina: il Palazzo di Ahmed Bey, costruito tra il 1828 ed il 1835 dall’allora Governatore ottomano della città.
Non si può lasciare Costantina senza aver prima ammirato la città di notte! È proprio in compagnia stavolta di Walid, il proprietario dell’appartamento trovato su Airbnb, che scopro questo lato magico della città, grazie ad un suo invito a cena, dopo aver appreso che sono in realtà un viaggiatore indipendente. È sorprendente questo lato così “umano” del popolo algerino. In questo caso non si tratta di un couchsurfer, ma di un locatore, per cui il nostro rapporto nasce per motivi lavorativi. Eppure Walid fa di tutto per trovare il tempo di mostrarmi la sua ospitalità, anche se non era tenuto a farlo!
Lascio Costantina con un volo interno dell’Air Algérie, per poter raggiungere la cittadina di Ghardaia, alle porte del Sahara algerino. Il paesaggio rigoglioso del Nord dal finestrino cede gradualmente il posto alle sabbie del deserto.
LO KSAR (CITTADELLA FORTIFICATA) DI METLILI
Arrivo a Ghardaia, dove la polizia mi chiede i documenti e incomincia ad indagare con sorpresa sul motivo del mio arrivo. Per fortuna l’aeroporto è piccolo, e il mio quarto amico couchsurfer, pure lui di nome Ilyes, se ne accorge, e facilita il mio rilascio! Per fortuna! Purtroppo in Algeria è ancora vivo il ricordo della guerra civile e degli attacchi terroristici che hanno distrutto la vita di milioni di algerini! Gli spostamenti quindi vengono permessi ai turisti, ma nello stesso tempo la polizia fa il suo meglio per cercare di mantenere l’ordine nel Paese.
Il primo centro abitato che visiterò è Metlili, località a 25 km da Ghardaia, abitata prevalentemente da arabi, dove mi colpisce la cura con la quale vengono realizzate le rotonde per il traffico.
Metlili dà il meglio di sé se osservata dalla cima del colle del cimitero, soprattutto al tramonto, quando il rumore assordante dei clacson e dei tamburi dei cortei nuziali viene coperto dal richiamo dei muezzin alla preghiera, un’atmosfera davvero mistica, da non perdere!
Lo ksar (“villaggio fortificato”) di Metlili venne fondato nel XVI sec.; esso è circondato da numerose kouba, ovvero delle costruzioni che commemorano la vita dei santi, persone particolarmente devote all’Islam.
Grazie ad Ilyes, entro in contatto con la vita locale della popolazione araba di questa parte dell’Algeria: accetto infatti di restare a casa sua per cena e di pernottare nella loro stanza degli ospiti. Faccio così conoscenza con i suoi meravigliosi bambini, che in pochi minuti mi ritrovo in braccio o addosso, oppure aggrappati alle mie gambe! Tuttavia, com’è consuetudine a queste latitudini, non faccio la conoscenza di alcun componente di sesso femminile della loro famiglia.
GHARDAIA E I MOZABITI
Nuovo giorno, nuove amicizie. Stavolta, insieme ad Ilyes, mi reco a Ghardaia, dove incontro altri couchsurfers, di etnia mozabita, impazienti di conoscermi e di introdurmi alla loro cultura!
Il panorama su Ghardaia è davvero spettacolare! La cittadina è il capoluogo della cosiddetta Valle dello M’Zab. I suoi abitanti, detti mozabiti, sono di etnia berbera e la chiamano Tayerdayt.
I mozabiti si differenziano dagli arabi anche per la religione, appartenendo alla setta islamica degli ibaditi, che, in fuga dalle persecuzioni, fondarono i paesini fortificati della Valle nel 12° sec. Tuttora non scorre buon sangue tra i mozabiti e gli shanba, i beduini arabi. A luglio del 2015 risalgono gli ultimi episodi di violenza, che contarono almeno 25 morti e centinaia di feriti.
Durante la mia visita, tuttavia, la situazione mi è parsa molto tranquilla. L’augurio è che le nuove generazioni sapranno evitare ulteriori scontri in futuro.
Superata una porticina all’interno delle mura si entra nel mondo fatato dei mozabiti: logge che circondano la Piazza del Mercato, gremite di negozietti, tappeti coloratissimi, uomini con il tipico costume locale. In cima si staglia la forma slanciata ed irregolare del minareto della moschea di città. Nell’insieme, una delle vedute più pittoresche dell’intera Algeria!
Il centro storico di Ghardaia è protetto dall’UNESCO. Viuzze e scalinate in salita convergono tutte nella moschea, il punto più alto del centro abitato, e anche il più antico.
Le vie laterali a cerchi concentrici garantiscono maggiore privacy alle famiglie e proteggono dalle tempeste di sabbia.
Varie porte di accesso conducono all’interno del centro abitato, in corrispondenza delle quali sostano di notte dei “guardiani delle porte”, a protezione della cultura locale. Un cartello elenca le regole da osservare durante la visita: si può accedere solo in compagnia di cittadini locali, è vietato fare fotografie alle donne, e si deve indossare un abbigliamento rispettoso. Le donne mozabite sono avvolte da un mantello bianco che lascia intravedere soltanto un occhio, attraverso un piccolo triangolino ben chiuso con la loro mano sinistra.
Le sepolture nei cimiteri locali sono contrassegnate da semplici pietre e alcuni cocci, rendendole riconoscibili ai parenti.
Ghardaia venne fondata nel 1053 d.C. Il grande minareto della sua moschea è alto 30 mt. L’edificio venne realizzato con materiali locali, il che lo rende un luogo davvero unico nel suo genere. La sua semplicità è proprio ciò che più affascina di questo luogo religioso.
Gli wadi, o letti in secca dei fiumi stagionali, sono l’aspetto più tipico dei villaggi del deserto. Periodiche inondazioni vengono accolte con gioia dalla popolazione locale. I mozabiti hanno così imparato a gestire questi fenomeni, attraverso degli sbarramenti che regolano il flusso delle acque, perché vengano incanalate e distribuite equamente a tutti i proprietari terrieri.
Per i mozabiti l’oasi è come una seconda casa: ogni famiglia possiede un palmeto all’interno delle sue mura. Le palme sono una vera benedizione in questi ambienti ostili: i tronchi vengono utilizzati nell’edilizia, le foglie nell’artigianato, e i dolcissimi datteri come cibo.
Con Ilyes, Aissa, Youcef e Mahfoud, ho avuto modo quindi di assaggiare nel ristorante Tisfrii delle specialità locali molto particolari: pollo cotto dentro la brace, cosciotto di cammella cotto a pressione, stomaco di cammella… pietanze alquanto leggerine… ma buonissime!
Eccoci ora in compagnia di Youcef, un mozabita dock, mentre, a Ghardaia, ci illustra alcuni prodotti legati alle tradizioni tuttora ben radicate negli abitanti locali.
Per prima cosa ci mostra il pkhor: una polvere rossa di origine vegetale, utilizzata per profumare l’ambiente, da riporre su di un piattino in acciaio, sotto al quale viene sistemato il fuoco. Col calore il pkhor sprigiona nell’aria tutto il suo aroma.
Poi è il turno del takerwaite: una miscela di più erbe e radici locali, da tenere in ammollo in acqua, inizialmente tiepida, per almeno 24 ore, dopo di che, dovutamente zuccherata e integrata con succo di limone, viene consumata come bevanda super energetica, nata inizialmente per rendere felici le giovani coppie durante la loro prima notte d’amore: insomma, un afrodisiaco 100% naturale!
Inutile dirvi i miei sentimenti alla fine di una tale giornata, in compagnia di persone stupende che non hanno chiesto nulla, se non la mia sola presenza!
ALGERI, LA BIANCA CAPITALE
La nostra visita dell’Algeria non può che finire con la sua capitale di 3 milioni e mezzo di abitanti, Algeri, la città che ha dato il nome all’intera nazione, fondata dai fenici 1200 anni prima di Cristo.
Algeri viene dall’arabo “Al Djazair”, che vuol dire “le isole”, facendo riferimento ad un gruppo di isolotti una volta visibili dalla costa, ed ora inglobati nel porto.
Durante il volo del ritorno, faccio la conoscenza dell’unica donna conosciuta durante il mio viaggio, Marguerite, che si siede al sedile di fianco al mio, non curante del fatto che io sia un uomo. Marguerite non porta il velo, ed è anche lei un’appassionata di viaggi, seppur entro i limiti del confine nazionale, sta infatti tornando anche lei da una vacanza a Ghardaia, dove ha alcuni amici. Mi racconta di quanto sia dura per una donna algerina andare contro corrente in una società ancora molto tradizionale, eppure emergono anche alcune colpe di noi europei durante la nostra conversazione: è una musulmana molto moderata, ha un buon lavoro ed un conto in banca. Ciò non è però bastato ad ottenere un visto turistico per l’Italia: il nostro Governo gliel’ha rifiutato, senza dare ulteriori spiegazioni. Lei ovviamente è molto amareggiata, eppure non ce l’ha con noi italiani, anzi, ci considera la culla dell’arte e della cultura mondiale e non solo europea, ed è sicura che un giorno si realizzerà il suo sogno di visitare Roma!
Salutata Marguerite, raggiungo l’appartamentino preso in affitto nel centro di Algeri, dove soggiornerò per le mie due ultime notti in questo Paese che ormai già mi ha conquistato!
Vi ricordate il primo Ilyes, il couchsurfer incontrato a Costantina? Nel frattempo, come accennatovi prima, lui è ad Algeri, ed è in sua compagnia che andrò alla scoperta di questa capitale nordafricana!
“Alger La Blanche”, ovvero “Algeri La Bianca”: così veniva chiamata dai francesi durante la dominazione coloniale. Purtroppo moltissimi edifici avrebbero bisogno di un profondo restauro. Indubbiamente, però, nel complesso, questa sua caratteristica la rende un luogo davvero affascinante!
Protetta dall’UNESCO, la Casbah di Algeri ne è il nucleo più antico, quello edificato dagli arabi. Fondato sulle rovine della più antica Icosium, è un labirinto di viuzze molto strette, tra edifici che spesso si toccano letteralmente, imbiancati a calce, che presentano elementi architettonici molto particolari, come l’utilizzo di listelli in legno. La Casbah di Algeri pullula di piccole attività artigianali, come la lavorazione del cuoio e dei metalli o i piccoli negozietti di quartiere. Tutto questo la rende un luogo estremamente pittoresco. La Moschea di Sidi Abderrahmane venne costruita nel 1904 in stile neomoresco.
La casa in stile moresco di Dar Mustapha Pacha venne costruita a fine 700. Ospita il Museo Nazionale delle Miniature, Illustrazione e Calligrafia. Ai piedi della Casbah, verso il mare, c’è la Piazza dei Martiri. I lavori di scavo per la costruzione della metropolitana hanno portato alla sistemazione dell’area archeologica, dove sono ben visibili le fondamenta della vecchia Moschea El Sayyida, del 1830.
La “Djemaa el Kebir”, ovvero la “Grande Moschea”, è l’edificio più antico di Algeri. Venne costruita su precedenti siti fenici e berberi già dedicati alla preghiera e al culto, sostituiti poi da una basilica cristiana, che venne quindi abbattuta e ricostruita nell’11° sec. quale moschea.
La Djemaa Ketchaou venne fondata all’inizio del 17° sec. e rifatta successivamente da Hassan Pacha, Signore ottomano di Algeri. Con l’occupazione francese venne sistemata il 5 luglio 1830 una croce sulla moschea, trasformandola nella cattedrale cattolica di Algeri durante l’intero periodo di occupazione coloniale. Alle sue messe partecipò anche l’imperatore Napoleone III. Il 5 luglio 1962, con l’indipendenza dell’Algeria, la chiesa tornò ad essere una moschea.
La più bella chiesa d’Africa è forse proprio qui, in un Paese musulmano: la Basilica di Notre Dame d’Afrique. In stile bizantino, venne consacrata nel 1872 sul luogo dove due donne di Lione, nostalgiche del loro santuario che domina la città, sistemarono la statuetta di una madonnina. La chiesa si affaccia su di un balcone panoramico, dalla vista mozzafiato! Al suo interno ci sono affreschi con iscrizioni in lingua francese, araba e berbera. Sul pulpito una frase recita: “Madonna d’Africa prega per noi e per i Musulmani”.
La Teleferica di Algeri venne inaugurata nel 1956, ed è uno stupendo mezzo originale ed economico per potersi spostare in una città congestionata dal traffico, ad esempio, per spostarsi comodamente dalla Basilica di Notre Dame d’Afrique fino a Bab El Oued. Attraversando Bab El Oued dalla stazione della teleferica verso il mare, mi sono per caso imbattuto in questo vero e proprio Santuario del calcio algerino: il Club del Mouloudia, società calcistica fondata nel 1921. Da allora tantissime sono le coppe vinte, orgogliosamente esposte nelle vetrine di questo club! Toccante, è l’elenco dei calciatori morti durante la guerra civile.
La Grande Poste, ovvero l’ufficio postale di Algeri, è un bellissimo edificio in stile moresco, del 1910. Davanti a questo luogo avvenne il massacro, a seguito di proteste, del 26 marzo 1962, da parte dei soldati francesi, che costò la vita ad 80 cittadini disarmati, oltre ad aver provocato 200 feriti. Uno dei più bei posti dove poter fare una passeggiata in città, non lontano dalla Grande Poste, è il Giardino dell’Orologio Floreale. Il Museo del Bardo di Preistoria ed Etnografia venne ricavato in un edificio del 18° secolo, residenza di un principe tunisino esiliato. Il Museo Nazionale delle Antichità è situato a poca distanza dal Museo del Bardo. Di fianco al Museo Nazionale delle Antichità, sorge il Museo Nazionale dell’Arte Islamica.
Lungo il crinale del colle dei musei si sviluppa l’elegante Parco della Libertà, inaugurato nel 1915. Tante sono le chiese a corredo della città di Algeri, tra le quali spicca la Cattedrale del Sacro Cuore, costruita a partire dal 1956. Le sue forme rievocano quelle di una tenda, in riferimento al passo evangelico che menziona “Dio che ha piantato una tenda tra i propri fedeli”. L’ex chiesa cattolica francese in stile bizantino, dedicata a San Carlo a fine Ottocento, venne trasformata nel 1981 nella Moschea Al Rahma. Il più bel parco pubblico d’Algeria resta il Jardin d’Essai, creato nel 1830 dai francesi come azienda agricola nella quale sperimentare il terreno della nuova colonia, per poter individuare le specie più adatte alla coltivazione.
All’interno del Jardin d’Essai è ospitato un piccolo giardino zoologico.
Sul colle di fronte al Jardin d’Essai sorge il Makam Echahid, ovvero Monumento ai Martiri, alto 92 metri e realizzato negli anni 80 con al suo interno il Museo Nazionale del Moudjahid che ricostruisce il cruento e travagliato percorso degli algerini verso l’indipendenza.
Dietro al Monumento ai Martiri è possibile accedere al sentiero panoramico, che regala delle stupende vedute sulla Casbah (a sinistra), sul Jardin d’Essai (in basso verso destra) e sull’immenso porto di fronte.
Ci sarebbe ancora tanto da scoprire ad Algeri e nei suoi dintorni! Questo Paese è davvero ricco di cultura, arte ed archeologia, anche se se ne parla davvero molto poco! Saluto quindi Ilyes, e incontro l’ultimo couchsurfer di questo mio viaggio, Ouail, per un breve saluto di appena un’oretta, dato che la mattina successiva ho il mio volo per tornare in Italia! Ouail è un poliziotto di professione, ma ama incontrare viaggiatori europei e scambiare qualche chiacchiera con loro. Lui è davvero molto cordiale, di mentalità molto aperta. Grazie a questo incontro posso ora avere un quadro completo della realtà che si vive quotidianamente in Algeria, avendo adesso anche l’opinione di chi lavoro nelle forze dell’ordine.
ARRIVEDERCI ALGERIA!
Lascio l’Algeria carico stavolta non di souvenir, ma di regali, ricevuti da tutti coloro che ho incontrato durante questo mio viaggio, come il libro su Ghardaia, regalatomi da un anziano libraio del centro, ormai non più alla ricerca di clienti, bensì alla ricerca di qualcuno che apprezzi la loro cultura! Oppure la crema di datteri da spalmare, una scatola di datteri di Ghardaia, il pkhor e il takerwaite, e soprattutto lo tshashit: l’irrinunciabile berretto orgogliosamente indossato da tutti i mozabiti, che mi ha regalato a fine visita Youcef, in segno di amicizia tra i nostri popoli!
La speranza è che anche l’Algeria, nonostante le sofferenze del passato coloniale e dei diritti democratici calpestati, possa presto ritrovare la propria dignità, e quella libertà tanto desiderata quanto apparentemente irraggiungibile.