Un viaggio nato nel viaggio
All’alba del giorno di Sant’Ambrogio comincia la mia fuga dalla capitale meneghina verso le terre del bengodi, dove mi aspettano amici di una vita!
Il mio programma? Nessun programma, solo voglia di evadere… si deciderà durante il viaggio!
Parma mi dà il suo benvenuto accogliente e confortevole, e come al solito camminando per le vie del centro avverto quella strana sensazione di vivere qui da sempre… sensazione che Parma mi ha trasmesso dalla prima volta che l’ho conosciuta e che per questo rimane una delle città a cui sono più affezionato!
Sarà il suo non essere una grande metropoli, sarà la cordialità della gente, sarà il buon cibo… o non so cos’altro, eppure Parma trasmette l’inconfondibile sensazione dei piccoli borghi in cui anche se non ci vivi da anni conosci ogni angolo, ogni panorama e incontri gli amici senza bisogno di appuntamenti dalla precisione geotemporale impressionante… e nonostante ciò ha tutto ciò che richiede la denominazione di città.
La notte porta consiglio? Beh sicuramente aiutata da un’abbondante colazione a noi ha portato l’idea della nostra meta giornaliera: Pisa.
Qualche ora di autostrada ed eccoci, il giorno dell’Immacolata, in terra di matematici e torri pendenti. Una giornata “tropicale” per questo rigido inverno, fa liberare chiunque delle “pneumatiche” e ingombranti giacche e così, tolti i “panni da omini michelin”, sembra di essere in una gita scolastica di mezza primavera! Urla e schiamazzi sono la nostra colonna sonora mentre ammiriamo con stupore la Torre più famosa d’Italia. Insieme al Colosseo è il simbolo dell’Italia all’estero… e lo si nota dal numero di giapponesi che affollano Piazza dei Miracoli, cercando di farsi immortalare nella posa più idiota che si può pensare… appoggiati (in prospettiva) alla Torre.
È necessario dotarsi di infinita pazienza se si vuole attraversare il prato da una parte all’altra, dovendo schivare frotte di “spingitori” di torri immaginarie e aggirare torme di persone che si appoggiano al nulla mettendo alla prova le loro articolazioni e l’abilità di improbabili fotografi, che continuano a far spostare avanti e indietro i loro amici costringendoti a fermarti ad ogni “stai così e non ti muovere!”. Una volta raggiunto il punto della piazza più lontano dalla torre si ottiene il premio di tanta fatica: una vista di tutto il prato dei Miracoli, che abbraccia in un unico colpo d’occhio il Battistero in primissimo piano, la Cattedrale e la Torre (perennemente circondata dalle ormai minuscole figurine che si atteggiamo in pose che fuori prospettive sono esilaranti e senza senso!) in una chiave prospettica che rende perfetta la foto. Arrivati a fare questa foto cartolina (che è impossibile venga male!) si è colti dall’imbarazzante pensiero che forse il complesso del Prato è stato posto in questa posizione (al bordo del centro abitato, in uno spazio verde e ampio, con questa angolazione della Cattedrale e con questa pendenza della Torre) solo per permettere questa visuale, otticamente appagante, sin dall’epoca della sua costruzione!
Noi abbiamo scelto di non avventurarci nell’impervia salita della Torre, difficoltosa non per la quantità di scalini quanto per le ore di attesa in coda! Abbiamo optato per la visita della Cattedrale, gioiello del romanico pisano, qui nato e poi esportato nelle terre della Repubblica.
Superati i venditori ambulanti, che affollano il bordo della Piazza con immagini della Torre riprodotte su qualsiasi oggetto di uso comune che vendono come se si trattasse di una rarità, ci si può perdere tra le viuzze del centro storico e scoprire la Normale, casa di immensi geni italici, il Palazzo dell’Orologio che inglobò la torre della Muda (o della Fame), carcere dell’antropofago più famoso della letteratura e la piazza dei cavalieri sorvegliata dallo sguardo vigile di Cosimo I.
Perdersi tra le stradine all’interno delle splendide mura permette anche di scoprire le prelibatezze gastronomiche di questa terra, ricche dei sapori forti della selvaggina e qui impreziositi dei pesci dell’Arno.
Certo, un giro nella città, il cui nome da bambini abbiamo imparato a snocciolare insieme a Genova, Venezia e Amalfi non può esimersi da una visita all’Arno, unico collegamento rimasto con quelle glorie marinare che resero Pisa terrore per i saraceni e padrona di gran parte del Mediterraneo. Un fiume che di pomeriggio regala uno spettacolo unico: un flusso statico e anzi a volte contrario a quello che dovrebbe essere naturale dai monti al mare, questo grazie all’alta marea del Tirreno vicinissimo.
Con il tramonto salutiamo la città di Galilei e Fibonacci, portando negli occhi la vista spettacolare della Torre dorata e del prato dei Miracoli che si colora delle luci del sole morente.
Il sofferto abbandono della magica atmosfera pisana è stata compensata da una cena a base delle specialità parmigiane: torta fritta con prosciutto crudo (rigorosamente di Parma), spalla cotta e parmigiano reggiano, tortelli alle erbette… il tutto innaffiato da un ottimo lambrusco! (ristorante Il Grillo a Vigatto).
La colazione seguente, a base di cornetti salati ripieni di prosciutto, ci ha suggerito l’idea di un giro in auto senza meta in cui ci siamo imbattuti nel castello di Torrechiara, splendido esempio dell’ architettura dei castelli italiani, ma famoso al grande pubblico perché immortalato per sempre nell’indimenticabile LadyHawcke.
Nel pomeriggio non possiamo rinunciare all’idea di concederci l’italico caffè del dopopranzo e così ci dirigiamo nella prateria tra la via Emilia e il West arrivando nella piccola città di Guccini, Modena.
La Ghirlandaia spicca tra nebbia e fumo e guida i nostri passi attraverso portici, tripudio di luci, colori e atmosfera natalizia, fino a giungere alla Piazza Grande.
Qui il Duomo si impone con la sua meravigliosa facciata e nasconde al suo interno un’atmosfera di sacro che rende meravigliosa e mistica la visita a questo capolavoro del romanico. Una semplice austerità che conquista passeggiando tra le sue navate e sorprendendo nella scoperta delle “pagine” della Bibbia di pietra.
L’inarrestabile assedio della modernità alle identità locali non sembra essere riuscito ad espugnare Modena, forse grazie alla sua nebbia, animata di biciclette sfreccianti e figure intabarrate che si godono l’impalpabile inconsistenza di questo angolo di pianura padana sospeso tra il passato e la bruma!
Sotto i portici gustiamo l’agognato caffè nel bar intitolato all’indimenticabile tenore modenese e ci immergiamo nella nebbia delle strade, scoprendo un vicolo squallido solo nel nome e un simpatico negozietto dove mi ritrovo a comprare una minuscola bottiglia con l’ombra di una goccia di aceto balsamico… che però mi costa più di una magnum di champagne!
Guidato dal mio discutibile “senso per gli affari” riesco anche ad accollarmi una bottiglia di Nocino delle Streghe, prodotto (ahimè solo a detta del negoziante!) secondo la tradizione antica. E anche se non è stato fatto da una strega che ha raccolto scalza le noci la notte di San Giovanni, devo dire che era davvero squisito e mi piace pensare che sia riuscito ad accaparrarmi un’autentica versione del nettare stregonesco prodotto con le noci del solstizio alla vigilia di Ognissanti: la notte di Halloween.
Torno nella mia auto e pensando di essere su uno dei bolidi di Enzo Ferrari, mi allontano da questa splendida città che sta già scomparendo tra la notte e il fumo.