Turchia: la magia dell’oriente
Invece, come sognavo e come poi si è dimostrato, la Turchia si è rivelata una terra sicura e accogliente, immersa nella tradizione ma aperta e completamente a disposizione dello straniero.
I luoghi che si possono visitare a solo un paio d’ore di aereo dall’Italia sono veramente incredibili, unici al mondo forse.
E allora perché limitarsi alle visite di poche ore o addirittura pochi minuti, giusto il tempo per un paio di foto, che propongono tutte le agenzie che organizzano tour di una settimana per l’intero paese? INFORMAZIONI PRATICHE Volo: prenotato con Alitalia, costo 160 euro a testa (a+r) Spostamenti: Fiat Albea, auto noleggiata con una compagnia turca, Cizgi Car Rental, al prezzo di 34 euro al giorno (possibilità di 4 guidatori) Durata: 3 settimane, partenza 8 agosto Prezzi medi a testa: alloggio (camera con bagno privato) 15 euro; cena al ristorante 10 euro; ingresso in luogo turistico (moschea, museo, riserva naturale) 10 euro; acqua (1 litro e mezzo) 0,50 euro Gruppo: 4 amici, Chiara (21 anni), Veronica (21 anni), Mattia (22 anni) e Matteo (20 anni) Guida: Lonely Planet 1°-2°-3°-4° giorno ISTANBUL, magica città Istanbul è una città che lascia senza fiato: innumerevoli sono i monumenti, le moschee e i minareti che si scorgono fin dal cielo affacciandosi dall’oblò. Ma incredibile è l’integrazione di mille culture diverse, dalle numerose famiglie in burqa, alle giovani turiste in minigonna, ai monaci buddhisti in tunica arancio, ai gruppi o coppie gay.
Atterriamo in perfetto orario nell’aeroporto Ataturk e, non appena recuperati i bagagli, riceviamo senza problemi l’auto che abbiamo noleggiato tramite internet: ci colpisce come sia al ritiro, che alla resa dell’auto la persona che ci aspetta sembra conoscerci da sempre, indovinando a colpo sicuro che siamo proprio noi le persone che stava aspettando.
Raggiungiamo l’alloggio che, come tutti gli altri, abbiamo scelto consultando la nostra immancabile guida. Il Side Hotel è davvero una pensione favolosa: nel centro della città, pulito alla perfezione, con locali ampissimi ed una terrazza spettacolare. Optiamo per un appartamento da 4 persone che ci viene a costare 90 euro a notte in totale: ottimo rapporto qualità-prezzo. E’ compresa una lauta colazione servita sulla terrazza, che comprende tè, cioccolata, pomodori, cetrioli, formaggio, uova, olive, pane e marmellata. Nonostante siamo abituati brioche e cappuccino, da bravi italiani, ci adattiamo senza problemi alla nuova cucina! Nei tre giorni effettivi che abbiamo a disposizione ad Istanbul visitiamo probabilmente solo una parte delle mille bellezze che la città offre. La Moschea Blu, che colpisce per immensità ma contemporaneamente per semplicità. Per noi cristiani la chiesa ha come punto focale l’altare, mentre in moschea colui che conduce le preghiere si pone non di fronte, ma in mezzo ai fedeli. Tutti sono inginocchiati talvolta, in piedi altre volte, secondo il rito della preghiera, sullo stesso tappeto rosso, a piedi nudi, senza diversità, se non per le donne, che sono relegate in un angolo nascosto e separato dal centro della moschea. La moschea del Solimano è purtroppo in fase di ristrutturazione, ci accontentiamo di ammirare la tomba del Sultano sepolto insieme a Roxelana, una delle schiave dell’harem simbolo dell’intelligenza e della furbizia femminile, che riesce ad acquisire con il tempo l’importanza di una moglie del Sultano. La sua storia è affascinante forse tanto quanto la tomba, che è stato probabilmente ciò che mi ha colpito di più in tutta la città. Il Palazzo Topkapi, residenza del Sultano, con il suo harem, porta il turista indietro nel tempo. Entrando nelle camere arredate in tutto il loro splendore, rivestite interamente di miaoliche blu, nell’immenso bagno turco del sultano, nelle stanze dell’harem che ospitavano centinaia di donne, sembra di vivere in una fiaba e sembra incredibile che tutta questa grandezza e questa maestosità possano essere vere. Le storie raccontate in centinaia di libri prendono vita davvero in questi luoghi: la vita delle concubine del sultano, il lusso, il divertimento sfrenato. L’Aya Sophia è la moschea che si trova di fronte alla Moschea Blu: inizialmente una chiesa cristiana, è stata poi trasformata in moschea appunto, perdendo però in parte quel fascino di originalità delle altre strutture che abbiamo visitato. Nonostante ciò l’Aya Sophia si mostra spettacolare in maestosità e nei mosaici che si sono mantenuti nel tempo abbastanza intatti.
La Cisterna Basilica è una struttura sotterranea che veniva utilizzata per immagazzinare l’acqua e che, oltre ad essere una fresca sosta nella calura estiva di Istanbul, colpisce per il gioco di luci, acqua e colonne che crea.
La bellezza di Istanbul sta nel fatto che sono davvero infinite le sue attrattive. Infatti, all’aspetto culturale si aggiunge ad esempio quello dello shopping. E Istanbul offre due luoghi in cui gli amanti delle bancarelle potrebbero perderci giornate intere, senza riuscire a visitarli per intero. Entrare nel bazar delle spezie è un’esperienza fantastica, che stimola un senso che solitamente dimentichiamo di avere: l’olfatto. La gamma di odori, fragranze, aromi rimane impressa nella mente come esperienza unica. Le bancarelle colorate mostrano piramidi di spezie così varie e così strane che non si riesce a decidere quali scegliere. I profumi si sommano e si confondono, una spezia ricorda il piatto che ti hanno servito al ristorante la sera prima, e allora devi assolutamente portarla a casa per provarla nuovamente. Inoltre nel bazar delle spezie si possono trovare anche le mille varietà di tè che servono ovunque in Turchia, come da noi in Italia non esiste pasto senza l’espresso.
Il Gran Bazar è un altro luogo di perdizione per gli amanti dello shopping: la contrattazione è d’obbligo e per il turista riuscire portare un oggetto desiderato alla metà del prezzo proposto inizialmente dal venditore è stimolo per comprare altro. Anche perché in tutte le bancarelle che si incontrano, che sono circa 4000, si vorrebbe comprare qualcosa. Lampade coloratissime, cuscini immensi, narghilè rifiniti nel dettaglio, pashmine di tutti i tipi, tappeti piccoli e grandi… Un giro del Bosforo è un altro dei numerosi modi per staccarsi per qualche ora dall’aspetto culturale di Istanbul. Moltissimi sono i tour offerti, anche da parte di italiani. Dal Bosforo si possono ammirare palazzi più o meno antichi, ville lussuose, alberghi a cinque stelle, oltre che la discoteca ed il quartiere costruiti appositamente per i giocatori del Galatasaray. Il ponte che collega la Turchia Europea con quella Asiatica. I minareti e la parte vecchia di Istanbul che si addormentano al tramonto.
La sera, se si è instancabili, come vale la pena di essere in una città così spettacolare, centinaia di ristorantini ti aspettano offrendoti kebab dai più classici ai più particolari. Ad Istanbul, più che in altri posti, la scelta del ristorante è stata difficile per l’enorme quantità di locali. Tuttavia da ricordare di sicuro è un posticino in cui abbiamo fatto tappa tutte le sere nel dopo cena. E’ un locale abbarbicato su una strada che non si trova esattamente in centro, ma che è la più giovane della città. È infatti costituita esclusivamente da ostelli e locali. Il nostro preferito è fatto esclusivamente di tappeti e cuscini. Ogni sera facciamo tappa qui per un apple tea e un apple narghilè, con un effetto davvero rilassante dopo i chilometri percorsi sotto il sole tutto il giorno.
La notte poi scorre tranquilla, l’umidità ed il caldo che ci aspettavamo si dimostrano clementi con noi. Solo una sorpresa ci attende: il richiamo alla preghiera al sorgere del sole: niente da fare, ci accompagnerà per tutti i giorni della nostra permanenza in Turchia, a maggior ragione da quando incomincia il Ramadan. Il canto, che si ripete più volte durante il giorno, al mattino sembra non finire più! Tuttavia, è uno degli aspetti che rende la Turchia terra piena di tradizioni.
5°-6°-7° giorno BOZCAADA piccola, ventosa, immacolata isola Partiamo presto da Istanbul, per evitare il tremendo caos che si crea con il traffico durante il giorno: i turchi al volante sono dei pazzi. Suonano il claxon se sono in coda, non hanno imparato l’uso di frecce e quant’altro, non hanno regole per sorpassi, precedenze e attraversamento di incroci… E d’altra parte più volte abbiamo incrociato famiglie intere che, una volta sorpassato il divisorio delle carreggiate, attraversavano tranquillamente tre corsie di autostrada! Il viaggio per Bozcaada procede tranquillamente, le strade sono per una metà circa a doppia corsia, per l’altra metà statali ad una corsia, ma siamo carichi dai quattro giorni ad Istanbul in cui non abbiamo mai visto la macchina. Ciò che allunga notevolmente il tragitto è il percorso in traghetto, e soprattutto l’attesa di questo, prima per attraversare il Mar di Marmara, poi per raggiungere l’isola.
Alloggiamo presso la Kale Pansiyon, una pensione che colpisce per la pulizia: addirittura occorre lasciare le scarpe sui gradini all’ingresso della struttura, per non sporcare i lindi pavimenti e i perfetti tappeti. L’unico inconveniente è che i proprietari parlano solo ed esclusivamente turco, perciò è parecchio difficile intendersi! La stanza ci viene a costare 25 euro a notte a testa, la qualità dell’alloggio è notevole, il prezzo è il più alto di tutti gli altri posti che abbiamo girato: ci rendiamo conto però, che questo si adatta alla media dei prezzi dell’isola. Essa è infatti una meta molto turistica per i turchi ricchi, molto meno per gli stranieri e soprattutto per ragazzi che, zaino in spalla, hanno in mente un tour della Turchia come noi.
Bozcaada è un’isola con un clima fantastico: costantemente è battuta dal vento, il sole rovente quindi non permette neppure ad una goccia di sudore di scendere. La sera il maglioncino è obbligatorio.
Il mare è cristallino: trasparente come pochi di quelli che ho mai visto, incredibilmente calmo, considerando il vento, ma terribilmente gelido. Freddo come un laghetto di montagna, ma altrettanto bello. Si è così molto combattuti all’ingresso in acqua: da una parte vorresti tuffarti in quella piscina, guardare i pesci e la vegetazione che si vedono già da fuori, talmente l’acqua è bella. Dall’altra l’acqua ti gela le gambe e il vento sul resto del corpo di certo non aiuta! Giriamo alcune spiagge, una più bella dell’altra, e scopriamo una cosa interessante: le due attrezzate e quindi parzialmente private, Ayazma e Habbele, sono le più riparate dal vento. Le calette più nascoste e deserte, quindi ancora più affascinanti invece, sono molto esposte e, nonostante i colori dell’acqua meritino ben più di qualche foto, il vento scoraggia la permanenza in queste.
La sera nel centro di Bozcaada ci sono molti ristorantini sul porto e l’isola è così piccola che in tre giorni incontriamo sempre le stesse persone. Ali Babà è il posto in cui abbiamo mangiato meglio: ci ha indirizzato una di quelle persone che rende la Turchia una terra incredibilmente accogliente. Un pomeriggio in spiaggia ci si avvicina un tizio con in mano frutta e un sacchetto di dolci. Dalla sdraio su cui era a prendere il sole con la moglie e il figlio ci raggiunge sul bagnasciuga e ci offre il contenuto della sua borsa termica. Ringraziamo e rifiutiamo la frutta, senza capire il perché dal nulla ci dovesse offrire quelle cose. Insiste affinché assaggiamo almeno l’uva, prodotto tipico dell’isola. È oggettivamente ottima, e dall’iniziale rifiuto, ci finiamo in pochi secondi un intero grappolo. Ci prende in giro: gli avevamo detto come scusa che non avevamo fame! Gli chiediamo perché è stato così gentile, e così cominciamo a chiacchierare. Ci stupiamo, ma non c’è un motivo per il quale ci abbia offerto quelle cose: gli faceva piacere, semplicemente. Incredibile cultura, quella turca! E pensare che noi altro che offrire i nostri averi allo straniero: non vogliamo neppure che metta piede nella nostra terra… Quel grappolo d’uva è per me stato una lezione di vita, non scherzo! Il tizio deve essere uno di quei turchi ricchi che trascorrono le vacanze sull’isola: ha una casa in affitto e viene qui tutti gli anni. Ci racconta la storia dell’isola, delle sue vigne, e alla fine gli chiediamo consiglio per un buon ristorante. Ci chiede che cosa vogliamo mangiare, quanto vogliamo bere e quanto vogliamo spendere. Fa una telefonata e ci offre insalata, pesce, frutta, dolce e birra a 100 lire turche (neanche 50 euro) in tutto per 4 persone. Ali Babà è un locale sulla spiaggia, un po’ fuori dal centro dell’isola. Ci serve un intero pesce a testa, davvero ottimo. Frutta e verdura concordate e poi il dolce. Ora i dolci turchi ci hanno sempre disgustato alla sola vista: coloratissimi e dolcissimi. Al momento del dessert ci accorgiamo che nel ristorante c’è anche il tizio che abbiamo incontrato nel pomeriggio con la sua famiglia: non possiamo avanzare quattro interi dolci. Ci sforziamo per mangiarne almeno in parte ma, neanche il tempo di cominciare, il tizio ce ne offre altri quattro, e non si può osare rifiutare. Segue così il nostro tentativo di nascondere otto dolci nel vaso a fianco al nostro tavolo. Risate a crepapelle, non riusciamo a contenerci: tutti ci guardano divertiti senza capire il perché della nostra euforia. Diventiamo un fenomeno da baraccone e ci conquistiamo anche un digestivo offerto, da non si sa chi. Yeni Raki è il nome della sambuca allungata che qui bevono come se fosse un alcolico fortissimo e, pensandoci già brilli per le lunghe risate, ci raccomandano di berlo lentamente. Che spettacolo i turchi! 8° giorno EFESO dove la civiltà Romana riprende vita Il viaggio da Bozcaada ad Efeso prende molto meno tempo di quanto previsto: in quattro ore scarse raggiungiamo il nostro alloggio a Selcuk, l’Atilla’s Getaway. È un ostello molto confortevole e giovane che al prezzo di 11 euro offre camere affacciate su una splendida piscina contornata da bar e cuscini. Quando ci sistemiamo il sole è alto nel cielo e, come sempre, picchia sulla nostra pelle. È sconsigliabile visitare nelle ore calde Efeso, perciò ne approfittiamo per goderci la piscina. Nel tardo pomeriggio visitiamo il sito, che ci lascia piacevolmente sorpresi: pur non essendo particolarmente amanti dei siti archeologici l’anfiteatro, le chiese, la via sacra, la biblioteca ci affascinano particolarmente. Tutto sembra vivo in queste rovine così antiche: la città sembra costruita alla perfezione, non manca nulla, nessun servizio. Incredibile! La sera facciamo un giro nel centro di Selcuk: è molto caratteristico, con tanti negozietti e locali, molto meno affollato e turistico di tanti altri posti ma vivace ed attivo. Scegliamo come ristorante l’Old House Restaurant, dove su consiglio della Lonely Planet proviamo Old House Kebap: come in molti altri casi la nostra amata guida non ci delude, e ci permette di gustare un ottimo pasto a un prezzo davvero irrisorio.
Dopo tre giorni di solo pesce quasi non riusciamo a finire un enorme piatto di carne con accompagnamento di riso, ma non vogliamo avanzare nulla di questo gustoso kebab! Tornati all’Atilla’s l’accoglienza e l’ospitalità si fanno sentire ancora una volta. Ci fermiamo sul bordo piscina con il nostro narghilè e con la compagnia di tanti altri ragazzi in viaggio come noi, con cui è bello scambiare esperienze ed opinioni.
9°-10°-11° giorno FETHIYE, dove la montagna arriva fino al mare Il viaggio fino a Fethiye è interrotto solo da un blocco di polizia che ci rifila una bella multa: eccesso di velocità. In Turchia non esistono autovelox fissi, ma una macchina qualunque si mette a lato della strada con il muso rivolto nella direzione delle auto che arrivano; se passi a fianco a questa superando il limite di velocità un paio di chilometri oltre vieni fermato e ti spetta la multa da pagare al momento, se si vuole risparmiare qualcosa. Anche in strade deserte a doppia corsia il limite di velocità è 100 km/h, pur non trovando un cartello che lo segnali neanche a pagarlo. Tuttavia le multe non sono particolarmente salate: sforando di 12 km/h abbiamo dovuto pagare solo 96 lire turche (circa 40 euro). I posti di blocco sono frequentissimi in prossimità dei centri abitati: da quando ci è toccato sborsare dei soldi facciamo caso alla quantità di auto che dalla carreggiata opposta avvisano con gli abbaglianti e a quante auto ci sono parcheggiate a lato della strada con il muso a rovescio. Sono davvero tanti e, soprattutto per chi come noi dovrà macinare ancora molti chilometri, è bene fare molta attenzione.
Il nostro alloggio è l’Ideal Pension, l’ostello che ci è piaciuto di meno. Anzi, oserei dire che ci ha proprio delusi. Il prezzo, 11 euro a notte, è davvero conveniente, ma le stanze sono minuscole e sporche, il pavimento rivestito di una moquette disgustosa, il bagno praticamente inesistente. A questo si aggiunge anche una cordialità “alla milanese”, cioè molto fredda, niente a che vedere con quella turca.
Le spiagge però ci hanno ridato tutto ciò che all’alloggio mancava. Quella di Kabak è stata forse la più difficile da raggiungere. Per arrivare al paesino occorre macinare un bel po’ di chilometri su e giù per tornanti di una strada a picco sul mare, ovviamente senza protezioni. Kabak si trova piuttosto in alto sul livello del mare e solo una strada sterrata porta alla spiaggia. Così un ragazzo con un fuoristrada ci propone un passaggio per andare e tornare a 35 euro in tutto: per fortuna abbiamo accettato! La strada è molto più tortuosa e lunga di quanto non ci avesse detto, molto onesto da parte sua. In più il caldo qui è veramente torrido e l’umidità in tarda mattinata spezza le gambe. Anche il viaggio in fuoristrada è un’avventura. Il ragazzo percorre tornanti sterrati e strettissimi a velocità pazzesche, probabilmente anche per divertirsi un po’ di noi cittadini imbranati.
Arrivati in spiaggia ci accordiamo per l’ora a cui sarebbe venuto a prenderci e ci godiamo lo spettacolo di una caletta circondata completamente da montagne. I turisti, probabilmente per le difficoltà che si incontrano nel raggiungere la spiaggia, sono proprio pochi, in tutto massimo una quindicina. In più sono tutti ragazzi, per lo più hippie o con qualche rotella fuori posto: le persone che più di tutte mi affascinano. La maggior parte di loro alloggia in delle case sugli alberi alle spalle della spiaggia, esperienza da provare assolutamente in un prossimo soggiorno in Turchia. Senza corrente, senza alcun contatto con il resto del mondo e soprattutto lontano dal turismo caotico di Fethiye. Esperienza sicuramente forte, per persone inevitabilmente particolari. Aleggia nell’aria un’atmosfera di pace e libertà, dalle donne che facevano in bagno completamente vestite, qui si passa al topless, alle donne indipendenti che con un’amica o da sole affrontano i sentieri tortuosi della Via Licia di cui la spiaggia di Kabak è una delle molteplici tappe. Il mare è azzurrissimo, un colore che non avevo mai visto prima. L’acqua non è più trasparente, in quanto d’ora in poi incontreremo solo un mare sempre leggermente agitato, probabilmente per la particolare conformazione del territorio per cui le montagne arrivano fino alla spiaggia.
La Butterfly Valley è un’altra valle che si incastra tra due montagne che dà origine ad una caletta simile a Kabak, anche se molto più turistica. Questa volta la spiaggia è accessibile solo via mare, e ciò fa della Butterfly uno dei peggiori ricordi della vacanza. La barchetta che fa da dolmus (taxi) dalla spiaggia di Oludeniz, raggiungibile con l’auto, alla Butterfly è minuscola e carica di gente. Il mare è più agitato del solito. Il viaggio sembra non finire più: in tre su quattro, che non abbiamo mai sofferto il mal di mare, stiamo malissimo. Una signora vomita esattamente al centro della barca, il capitano cerca di ripulire il tutto con secchiate di acqua con il risultato di spargere il vomito su tutta la superficie. Il risultato potrebbe anche essere comico se non fosse che la nausea per Matteo diventa un attacco di iperventilazione con irrigidimento di tutti i muscoli. Inizia a sudare, ha le mani incrociate attorno ad un palo che non riesce più a staccare per quanto i suoi muscoli sono rigidi. Fortunatamente quando ciò accade siamo quasi arrivati a riva. Ma si ripeterà anche nel viaggio di ritorno, qualche minuto dopo la partenza: più preparati riusciamo anche a riderci su, ma che giornata pazzesca! Al di là del travagliato viaggio la spiaggia in sé ci delude un po’. Innanzitutto il via vai di gente, ma cosa ben peggiore, il via vai di barche. Non c’è angolo della spiaggia a cui non sia attraccata una barca la mattina, Vicinissime a riva non permettono neanche di fare il bagno. Arrivano cariche di turisti che hanno il tempo in una mezz’oretta di tuffarsi in acqua e nuotare attorno all’imbarcazione. Poi verso mezzogiorno il via vai cessa, le barche se ne vanno e rimane un’acqua piena di schiuma, molto rovinata. Un vero peccato perché la cornice avrebbe grandi potenzialità: la valle che si può percorrere a piedi in cui si trovano centinaia di piante, molte farfalle e fiori. Le montagne che racchiudono la caletta. Le tende e i locali sotto gli alberi per coloro che passeranno la notte in spiaggia.
Oludeniz è l’ultima spiaggia che visitiamo durante il nostro soggiorno a Fethiye: questa volta facilmente accessibile, a soli 20 minuti di macchina. Anche in questo caso la meta è molto turistica, la folla di turisti è infatti immensa e, nel punto di maggior densità, i lettini arrivano addirittura nell’acqua. Oludeniz è una lingua di spiaggia che si estende all’interno di una laguna riparata da colline ricoperte di pini. La particolarità del luogo lo rende famosissimo e per questo lo trasforma in meta turistica con tanto di lettini e ombrelloni a pagamento, bar e locali lungo tutta la spiaggia. Anche l’ingresso è a pagamento, ma riusciamo a pagare uno solo dei quattro biglietti, lasciando a Matteo tutti i nostri averi e passando via mare la barriera. Effettivamente il luogo è straordinario, sembra davvero una di quelle lagune nel bel mezzo di una foresta, l’acqua è piatta e caldissima, ancora di più di quella che abbiamo trovato nelle ultime spiagge. Sembra quasi acqua termale. Noleggiamo un pedalò per girare in lungo e in largo la laguna. Bello, molto particolare. Ma troppa, davvero troppa gente. Il bello dei luoghi turistici sono però i negozietti e localini che amo un sacco: perciò un bel giretto a metà giornata non me lo toglie nessuno! Fethiye è una bella città: ovviamente abbiamo tempo per gustarcela solo la sera: è turistica, ma al punto giusto. C’è un gran movimento, le strade su cui sorgono anche la maggior parte dei ristoranti sono sempre piacevolmente affollate. Ci innamoriamo di uno in particolare; il Megri Restaurant ci prepara piatti che ci rimangono nel cuore: pollo al curry, pollo panna e funghi, ottime grigliate miste, oltre che favolosi antipasti.
A Fethiye facciamo anche esperienza del bagno turco, Arrivati verso le 8 di sera il bagno è deserto e l’intero spazio è per noi. Il locale sembra originale, con il tradizionale tetto a cupola, al centro la pietra calda e ai lati i lavabi da cui scende acqua sia calda che fredda. Restiamo per un po’ soli noi 4 a goderci il relax totale dell’umidità e del profumo tipico del bagno turco. Poi arriva per i ragazzi un uomo molto brusco con una pancia così gonfia che avrebbe potuto contenere un’anguria intera, per noi ragazze una donna molto dolce che cominciano con il rituale: scrub di tutto il corpo, che ci toglie un sacco di pelle morta; massaggio con sapone morbidissimo che fa una schiuma che ci riveste per intero; qualche scrock per gli uomini; lavaggio dei capelli con massaggio alla testa; e poi acqua gelata per risciacquarci. Finito il tutto restiamo un altro po’ sulla pietra calda a rilassarci, dopodiché belli puliti e profumati torniamo a vestirci, non prima però che ci abbiano offerto un bell’apple tea. 12°-13°-14° giorno PATARA, minuscolo paesino dal grande cuore Da Fethiye a Patara corrono solo 70 km, ma cambiare aria e soprattutto alloggio, non ci fa certo male. Kazim, un ragazzo gentile e premuroso, ci offre un appartamento per quattro persone a 40 euro a notte. Un vero affare, considerando l’ampiezza dei locali e la pulizia che li caratterizza. La cordialità torna ad essere quella che abbiamo sempre incontrato in Turchia: Kazim ci aspetta ogni volta sulla soglia per chiederci come è andata la giornata, che cosa abbiamo visto, se abbiamo bisogno di qualcosa o semplicemente se ci può offrire un tè. Ci consiglia i posti da visitare, ci presta maschera e boccaglio quando li vogliamo, ci offre la frutta degli alberi del suo giardino. Ci lascia ogni volta senza parole. Il giorno di arrivo ci dirigiamo verso Patara, la famosa spiaggia lunga 20 km e largo 100 m. Tutta la gente è accalcata nei primi metri di spiaggia e quindi le passeggiate tra le dune deserte diventano d’obbligo. Anche in questo caso troviamo nudisti a pochi metri da donne in burqa anche in spiaggia. È bellissimo vedere come due culture così diverse possano convivere pacificamente. Il mare è l’unico che non dà prova dei meravigliosi colori che ci ha dato finora il mare della Turchia. La sabbia è infatti molto fine e scura, e a riva le secche danno un effetto marroncino sull’acqua.
Kaputas è una spiaggia a pochi chilometri da Patara: piccola, accessibile dalla strada tramite una scala di centinaia di scalini, dai colori meravigliosi. È molto meno frequentata da gruppi organizzati, per questo le barche attraccate alla spiaggia spariscono velocemente, lasciando il mare tutto per noi. Le sfumature sono indescrivibili, la gamma di azzurro che ho visto in quest’acqua è la più varia che potessi mai immaginare. È incredibile quanto il sole sia caldo: sdraiati guardando a pelo la sabbia fa l’effetto mosso come se fossimo nel deserto! Per questo passiamo tutta la giornata in acqua che d’altra parte fa il suo per invitarci.
A pochi chilometri da Patara è presente anche un canyon, a Saklikent. Dedichiamo una mattinata a visitarlo, attraversando la gola con all’interno un fiume di acqua freddissima, perché mai riscaldata dal sole. Man mano che il canyon si fa più stretto la via per percorrerlo si fa più tortuosa, il fiume crea delle piccole cascate. Ai lati l’argilla contorna il fiume e moltissime sono le scritte dei turisti con la terra sulle pareti. Le tre sere visitiamo Kalkan e Kas, cittadine ben più movimentate di Patara, che si addormenta subito dopo cena. Proviamo durante questo soggiorno il manti, altro piatto tipico turco: una pasta simile ai nostri ravioli con yogurt come condimento. Approvato anch’esso! 15° giorno PAMUKKALE, bianca paradiso Da Patara a Pamukkale il viaggio è ancora abbastanza breve, un paio d’ore. Arriviamo a Pamukkale in mattinata e ci sistemiamo presso la Kervansaray Pension. L’alloggio è anche questa volta molto carino, le stanze grandi sono dotate anche di balcone, la pulizia è notevole. Il tutto per 12 euro a persona.
Ci dirigiamo verso il Castello di Cotone un’altura di calcare su cui scorre incessantemente acqua termale. È uno spettacolo grandioso. Sembra di essere su una montagna di neve, ma noi siamo in costume da bagno con i piedi nudi nell’acqua calda. Si formano anche delle vasche, quelle del Travertino, del tutto naturali, inaccessibili ai turisti, mentre tutte le altre a disposizione per interminabili bagni. Troviamo un punto dove trascorriamo, senza accorgercene, ore. Un punto in cui sdraiandosi l’acqua calda scorre sulle spalle, da cui si gode di un fantastico panorama. Che spettacolo… Non puoi immaginare che cosa non riesca ad inventarsi la Natura!
16°-17°-18°-19° giorno GOREME, dove fiaba e realtà si fondono Il viaggio da Pamukkale alla Cappadocia, come quello che poi dalla Cappadocia ci riporterà ad Istanbul, è molto più impegnativo dei precedenti, Le ore che separano questa zona dal resto della Turchia da visitare sono molte, ma è sicuro che ne valga la pena. Anche questo paesaggio credo sia più unico che raro, come del resto Pamukkale.
A Goreme alloggiamo presso la Traveller Cave Pansiyon, dove le stanze sono scavate nel tufo, materiale che crea la spettacolarità del paesaggio della Cappadocia. La camera è spaziosa e pulita, molto fresca nonostante il caldo torrido che caratterizza la zona e la notte si dorme con il piumone.
A Goreme e nei dintorni sono infiniti i posti che si possono ammirare: il tufo forma ad Uchisar un’immensa struttura in cui gli antichi hanno costruito una fortezza, a Zelve forma i camini delle fate, dalla forma conica sormontati da cappucci di roccia più scura, a Goreme un’intera città scavata nel tufo è rimasta intatta.
Moltissime sono le valli che si aprono a partire da questi paesini e fantastico è attraversarle per ammirare un paesaggio fiabesco, che finché non si attraversa si pensa possa esistere solo nei sogni. Una di questa, la Rose Valley, decidiamo di percorrerla al tramonto in quoad: davvero a quest’ora le rocce si tingono di rosa.
Non solo il paesaggio offre panorami così particolari: in Cappadocia di trovano anche frammenti di storia, nelle città sotterranee di Kaymakli. Queste città si trovano sotto la terra in cui vivevano normalmente in tempo di pace gli ittiti, circa 4000 anni fa. Vi si rifugiavano quando erano minacciati di guerra e vi potevano vivere fino a sei mesi. Per questo vediamo nella visita stanze perfettamente organizzate con armadi scolpiti nella roccia, credenze, angolo cottura.
Infine incredibile a dirsi ma in una terra così arida e secca come quella della Cappadocia, dove tra mezzogiorno e le tre del pomeriggio bisogna rintanarsi in camera, esiste anche un angolo di verde.
Dedichiamo alla Valle di Hilara una mattinata intera: la gola che si apre nel terreno è attraversata da un torrente che rende rigogliosa la vegetazione tutta attorno. È fantastico percorrerla per chilometri incontrando sulla strada solo muli, cani randagi in cerca di coccole, uccelli di tutti i tipi e un ristorantino sospeso sul fiume solo dopo parecchio tempo. Fortunatamente incrociamo la folla dei gruppi organizzati solo sulla via del ritorno, e possiamo godere in questo luogo di pace e tranquillità.
La tappa per lo shopping è anche in questo caso obbligatoria: tra i mille splendidi souvenir che troviamo nelle mille bancarelle di sicuro ciò che è più caratteristico qui sono le ceramiche di Avanos. Vengono prodotti infatti in questo paesino a pochi chilometri da noi manufatti di tutti i tipi: piatti, ciotole, brocche, accessori per la camera, tutti dipinti a mano, con fantasie dettagliate e coloratissime. Ormai abbiamo capito come dobbiamo comportarci: pur volendo comprare tutto in tutti i negozi, dobbiamo sceglierne uno e tirare al miglior prezzo tutto ciò che ci interessa. E’ molto più conveniente! Così optiamo per un negozietto con un proprietario così gentile che, vedendoci in difficoltà nello scartare un regalo piuttosto che un altro, nell’attesa di concludere l’affare ci offre un bicchiere di vino, una mela, un tè. Ma alla fine è così contento del fatto che abbiamo praticamente svuotato il suo negozio, che dimezza il prezzo totale di tutta la merce.
Per la sera Goreme è davvero un posto carino: tutti i ristorantini sono deliziosi e la compagnia è sempre ottima. Al Nazar Borek Goreme servono delle Borek, antipasti simili a torte salate ripieni di formaggio, verdura o carne a piacere, ottimi. In questo ristorante i tavoli sono lunghi e molto bassi, al posto delle sedie ci sono tantissimi cuscini adagiati su colorati tappeti. Per questo vengono un gruppo di musicisti. Una cantante, un suonatore di banjo e un percussionista al bongo. Cantano e suonano allegri canti popolari e, non appena capiscono che siamo italiani, intonano una fantastica “Bella Ciao”. A questo punto è incredibile scoprire il numero di italiani seduti in quel piccolo ristorante con noi. Cantano tutti quanti, insomma, è proprio una cena molto singolare.
Un altro posticino rimastoci nel cuore è il Dibek, unico posto dove si è mantenuta l’autentica cucina del villaggio. Per provare il testi kebap dobbiamo ordinare con cinque ore di anticipo: infatti la carne e la verdura vengono cotti in una pentola di ceramica sigillata a fuoco lento. Dopodiché al momento di servire la pietanza la pentola viene rotta ed il contenuto versato sul piatto. Il gusto di quella carne è un ricordo unico forse quanto la fragranza delle spezie nel bazar di Istanbul o la gamma di azzurri ammirati in certe spiagge. La carne cotta per ore con la verdura ha un sapore squisito, indescrivibile. E poi l’atmosfera di mangiare in mezzo ai cuscini da un tocco in più! 20°-21° giorno ISTANBUL, ultimo saluto alla bella Turchia Il viaggio di ritorno ci impegna più di mezza giornata, ma essendo partiti di buon ora abbiamo il pomeriggio per visitare il Dolmbahce, residenza estiva del sultano. Forse ancora più maestoso e sfarzoso del Topkapi, questo palazzo ci rimane impresso principalmente per l’imponente sala da ballo con un lampadario di cristallo di tonnellate di peso. La visita è obbligatoriamente guidata e questo ci permette di gustare dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti. La venerazione che i turchi hanno per Ataturk viene sfoggiata in questo palazzo in cui il loro eroe è morto attraverso un’immensa bandiera della Turchia adagiata sul suo letto di morte e l’orologio all’ingresso della residenza fermo sull’ora del decesso.
Tra le ultime priorità da sbrigare agli sgoccioli delle nostre vacanze c’è da provare il Tahiri Sultanahmet Koftecisi, che cucina kofte dal sapore più intenso di quello che abbia mai provato. Pur servite in modo ed in un locale piuttosto spartani, tipo fast food, sono imperdibili! A questo punto, possiamo tornare a casa a Monza tranquilli… Che dire? Sicuramente: Arrivederci Turchia!!!