In tour da Istanbul a Izmir…

... attraverso la Cappadocia, Pamukkale ed Efeso
Scritto da: GianniR
in tour da istanbul a izmir...
Partenza il: 07/07/2014
Ritorno il: 14/07/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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7 luglio 2014: Torino – Istanbul

Partenza con il volo TK1310 della Turkish Airlines delle 11,15 da Torino per Istanbul aeroporto Atatürk.

Volo tranquillo durante il quale abbiamo l’occasione per provare la cortesia e l’efficienza della Turkish Airlines, cuffiette per la musica, cuscino e a richiesta la copertina. Ci vengono offerti dei dolci tipici turchi (i lokum o Turkish Delight) e dopo averci portato il menu del giorno, pranziamo assaggiando tra le altre cose una piccola porzione del kebap (cibo che ci accompagnerà per tutta la vacanza).

All’arrivo, l’aeroporto di Istanbul si conferma come il crocevia principale tra l’occidente e il medio oriente, una folla di persone di ogni etnia, idiomi dei più disparati, il sovraffollamento conferma che l’aeroporto avrebbe bisogno di un bell’ampliamento. All’uscita, incontriamo la nostra assistente del Turchese, che ci accompagna al nostro albergo. Nel tragitto abbiamo un piccolo assaggio del traffico di Istanbul, ma la cosa non sembra turbare affatto il nostro autista. Il nostro albergo è il Günes Hotel, situato nel quartiere di Merter in Nadide Caddesi Günay Sok n.1. Qui facciamo conoscenza con la nostra guida Erol, che ci accompagnerà nei prossimi otto giorni. Una breve riunione serve per illustrarci il programma del viaggio che ci attende, le escursioni facoltative, il numero di cellulare della guida e dell’assistente del Turchese e tutto quanto c’è da sapere per evitare inconvenienti e per trascorrere una tranquilla vacanza.

Raggiungiamo la stanza per darci una rinfrescatina, dalle valige prendiamo di volta in volta ciò che serve, non ci fermeremo mai più di due notti nei vari alberghi e quindi non avremmo il tempo per disfare i bagagli.

A cena iniziamo a fare conoscenza con alcuni dei nostri compagni di viaggio. La cena è a menu fisso, buona la coscia di pollo “ripiena”di verdura. Dopo cena partiamo per la prima escursione facoltativa: “Istanbul by night”.

Premesso che siamo in pieno periodo di Ramadan (o Ramazan in turco), di conseguenza dopo il tramonto la città, i parchi, le piazze, il lungomare sono stracolmi di gente e di famiglie che mangiano, giocano e chiacchierano. Il Sultan Ahmet Parkı, tra la Moschea Blu e Agia Sofia è popolato da venditori di souvenir, carretti di cibo da strada e turisti. Il giro notturno ci porterà a vedere tra l’altro il lungomare con i venditori di pesce, la stazione che fu dell’Orient-Express, la parte residenziale di Istanbul, al di la del Corno d’Oro, attraversando il ponte di Galata. Attraversiamo i quartieri di Beyoglu, arriviamo nella piazza Taksim con il celebre Gezi Parkı, luogo degli scontri tra polizia e manifestanti del maggio 2013. Giungiamo fino al quartiere di Besiktas, attraversiamo il ponte sul Bosforo e ci troviamo in Asia.

Rientriamo in Hotel e andiamo a dormire, siamo piuttosto stanchi.

8 luglio 2014: Istanbul

Sveglia alle 7,00, colazione a buffet in hotel e poi partenza per la prima tappa della nostra giornata: La Chiesa di San Salvatore in Chora, (Kariye Müzesi).

L’edificio, nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapı.

L’interno è decorato con mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell’arte bizantina. Fu edificata in origine nel V secolo, fuori dalla mura di Costantinopoli, in effetti “en te Chora” significa letteralmente “in campagna”. Nel XVI secolo la chiesa fu trasformata in moschea dai Turchi Ottomani e a causa della iconoclastia dell’islam, i mosaici e gli affreschi furono ricoperti di calce, ma non distrutti, conservandosi intatti fino ai giorni nostri. Divenne museo statale nel 1958.

In pullman raggiungiamo La Moschea di Solimano il Magnifico, (Süleymaniye Camii).

E’ una moschea imperiale ottomana, costruita tra il 1550 e il 1557, è costruita su un colle che declina rapidamente verso il Corno d’oro, dai suoi giardini, difatti, si gode di uno stupendo panorama sul tratto di mare con unisce il Corno d’oro e il Bosforo. L’edificio è opera di un famoso architetto di quell’epoca, Mimar Sinan, il quale volle essere seppellito in questa moschea. Il modello della pianta della moschea è ripreso dalla chiesa di Agia Sofia.

Usciamo e a piedi attraversiamo la zona del campus universitario di Istanbul e raggiungiamo la terza tappa della nostra visita mattutina: Il Gran Bazar di Istanbul, (Kapalı çarşı).

Il Gran Bazar è uno dei più grandi ed antichi bazar del mondo, ci sono oltre 4.000 negozi o botteghe che vendono ogni genere di spezie, tessuti e dolci. Il Bazar è sempre affollato e pieno di turisti per l’intero orario di apertura, in effetti come ci ha spiegato la guida, è rimasto solo ad uso turistico, gli abitanti di Istanbul non vengono qui a fare acquisti. All’uscita del Bazar approfittiamo per prelevare ad un bancomat un po’ di lire turche.

Pausa pranzo in un ristorantino nel centro della zona vecchia della città, dove assaggiamo tra le altre cose un’ottima salsiccia di agnello alla brace.

Attraversiamo rapidamente l’Ippodromo Bizantino di cui rimangono pochi resti, ma è ancora visibile una parte dei monumenti che ne decoravano il centro: l’obelisco di Teodosio, la colonna Serpentina in bronzo e l’obelisco in muratura di Costantino VII.

Entriamo nella famosa Moschea Blu o Sultanahmet camii in turco. Costruita tra il 1597 e il 1616 dal Sultano Ahmed I. ll suo nome deriva dalle oltre 20.000 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di Nicea, decorato in toni che vanno dal blu al verde. Rischiarate dalla luce che filtra da 260 finestrelle, conferiscono alla grande sala della preghiera un’atmosfera suggestiva quanto surreale. La Moschea Blu, è anche l’unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea della Ka’ba, alla Mecca, che ne ha sette.

Attraversiamo il giardino Sultanhamet Parkı ed entriamo in Agia Sofia, (Ayasofya Müzesi).

Fu cattedrale cristiana di rito bizantino fino al 1054, sede patriarcale greco-ortodossa, cattedrale cattolica, poi moschea, infine museo dal 1935. Nota per la sua gigantesca cupola, apice dell’architettura bizantina, fu terminata nel 537. Facciamo un giro veloce e qualche fotografia, le decorazioni, i mosaici e i marmi danno un’idea della maestosità di questa cattedrale, ma siamo molto stanchi e anche se a malincuore ci accomodiamo all’ombra di alcune piante in un bar a fianco di Agia Sofia, rinunciando anche alla visita della Basilica Cisterna.

Dopo una pausa ristoratrice, ci viene a ricuperare il nostro autobus che ci accompagna al Bazar Egiziano o Mercato delle spezie, in turco Mısır Çarşısı. Costruito nel 1660 è situato nel distretto di Fatih, nel quartiere di Eminönü, è il secondo più grande complesso commerciale coperto all’interno della penisola storica di Istanbul dopo il Gran Bazar, ed è dedicato in parte alla vendita delle spezie.

Abbiamo finito di camminare e ora ci attende la rilassante crociera sul Bosforo.

Ci imbarchiamo su un battello presso l’attracco di Özlem Parkı nel Corno d’Oro, passiamo sotto il ponte Atatürk e il famoso Ponte di Galata, costeggiamo la riva europea all’andata, dove possiamo ammirare tra l’altro il Palazzo di Dolmabahçe antica sede amministrativa dell’Impero Ottomano, dal 1984 è diventato un museo. Passiamo sotto al primo ponte sul Bosforo detto in turco Boğaziçi Köprüsü, e giungiamo fino al secondo ponte sul Bosforo, detto Fatih Sultan Mehmet Köprüsü. Oltre non si può andare, occorre un permesso speciale. Nel ritorno, costeggiamo la riva asiatica del Bosforo, sulla quale sorgono decine di ville in legno e Palazzi ottomani bellissimi, molte sono in vendita, i prezzi sono “stellari”.

Attracchiamo e dopo un lungo viaggio attraverso la parte nuova di Istanbul rientriamo in albergo. Una rapida cena e a nanna, la giornata è stata massacrante.

9 luglio 2014: Istanbul – Ankara

Sveglia nuovamente alle 7,00, colazione a buffet in hotel e poi partenza per l’ultima tappa del nostro soggiorno a Istanbul: il Palazzo Topkapı. La nostra guida vuole arrivare presto al Palazzo, in quanto sa che sono arrivate un paio di navi da crociera e se non ci sbrighiamo, rischiamo di fare delle code enormi durante la visita.

Il Palazzo Topkapı, in turco Topkapı Sarāyı, era la sede del sultano ottomano, in effetti non si tratta di un palazzo vero e proprio, ma un insieme di palazzine ed edifici vari attorniati da giardini, parchi e fontane, il tutto protetto da mura di cinta. L’accesso alle varie zone è possibile attraverso varie porte. Attualmente il palazzo è adibito a museo e contiene gli splendidi manufatti che formano il tesoro del sultano, tra i quali il famoso diamante “Spoonmaker” dal peso di 86 carati. Nelle varie palazzine sono esposti oltre al tesoro, gli abiti, le armi, gli orologi e vi è un’ala in cui si trovano alcune reliquie dell’Islam e in cui gli imam recitano versi del Corano da più di 400 anni. Nei giardini verso la tarda mattinata, assistiamo anche alla sfilata e alle musiche dei giannizzeri, una rievocazione dell’antica guardia imperiale del sultano.

Terminata la visita il bus ci porta a pranzo nella zona di Kumkapı, nel Erol Diniz Restoran, ovvero nel ristorante di mare di Erol. Pranzo turistico a base di pesce, senza infamia e senza lode.

Partenza per Ankara. Negli oltre 450 km del viaggio, attraversiamo la zona moderna della Istanbul asiatica, in cui possiamo notare la notevole attività edilizia, sponsorizzata dalla agenzia statale Toki, che rasenta la speculazione. Costeggiamo per un buon tratto il Mar di Marmara e quindi ci dirigiamo a est in direzione di Bolu, quindi a sud verso Ankara, dove giungiamo verso il tardo pomeriggio.

Ankara è la capitale della Turchia dal 1923, ha 4,5 milioni di abitanti, è la seconda città della Turchia dopo Istanbul. E’ una città sede del governo e di tutti i palazzi dei vari ministeri. Attraversiamo la città fino a raggiungere il nostro albergo l’Esenboğa Airport Hotel, a Saray nelle vicinanze all’aeroporto. Di fronte all’albergo ci sono due orribili statue colorate, gigantesche, raffiguranti due calciatori, un portiere in un plastico tuffo ed un giocatore vestito di rosso che sta per calciare la palla. La guida ci spiega la presenza di queste due statue con il fatto che di fronte c’è un grande centro sportivo (sic!). La cena è a buffet a bordo piscina, non male, con grande abbuffata di dolci da parte mia. Due passi fuori dall’albergo con i nostri amici milanesi e poi a nanna con gli aerei che praticamente ci illuminavano la stanza al loro passaggio.

10 luglio 2014: Ankara – Cappadocia

Mattinata dedicata alla visita al Museo delle Civiltà Anatoliche o Museo degli Ittiti, in turco Anadolu Medeniyetleri Muzesi.

Lo ammetto eravamo perplessi in merito a questa visita, pensavamo al solito museo palloso e ripetitivo, invece ci siamo trovati di fronte ad una visita divertente, suggestiva e interessantissima. L’illuminazione e l’esposizione dei reperti è talmente fatta bene che le foto riescono perfettamente anche senza flash (tra l’altro vietato).

Situato presso la porta della Cittadella in due edifici storici risalenti al XV secolo, è tra i più importanti musei archeologici del mondo con le sue inestimabili collezioni di opere del Paleolitico, Neolitico, Eneolitico, dell’Eta del Bronzo Antica, del periodo di hatti, ittiti, frigi, del periodo della civiltà di Urarti e romane esposte in ordine cronologico abbracciando diversi millenni di storia. Nel 1997 Il museo è stato nominato “museo dell’anno”.

Soddisfatti di questa visita, risaliamo sul bus e partiamo: destinazione Cappadocia circa 330 km.

Poco dopo la cittadina di Karahamzalı, ci fermiamo a pranzo in un ristorantino lungo la strada, qualcosa di simile ad un autogrill. Qui ci viene servito un tipo di Kebap, cotto al forno dentro una pentola tipo “wok”, con carne mista con verdure e funghi, ma soprattutto assaggiamo un’ottima çorba, una zuppa di lenticchie saporita e leggermente piccantina. Riprendiamo il viaggio e iniziamo a costeggiare l’enorme lago salato Tuz Gölü. Questo grande lago, il secondo più grande della Turchia, è lungo 80 km e largo 50 km, per un totale di 1.500 km quadrati (quattro volte il lago di Garda), la profondità media non supera i 2 metri. Ci fermiamo nell’area di parcheggio del Tuzgölü Restoran dove, in mezzo a bancarelle dove vendono sale, creme, unguenti a base di acqua del lago, raggiungiamo il lago e calpestiamo il sale ricoperto da due dita di acqua. Il riverbero del sole è accecante, non si riesce a stare senza occhiali da sole e la temperatura è elevata resa comunque sopportabile dal vento e dal fatto che ci troviamo a circa 900 metri sul livello del mare. Ripartiamo risalendo volentieri sul bus con l’aria condizionata.

Attraversiamo diverse cittadine sino a raggiungere Aksaray, qui svoltiamo verso est e ci dirigiamo verso la Cappadocia. Prima però ci fermiamo nel villaggio di Saratlı Kırkgöz dove visitiamo la città sotterranea, utilizzata dai cristiani come rifugio. Molto suggestivo percorrere il mondo sotterraneo tra cunicoli, stanze e porte segrete. All’uscita veniamo accolti dalle grida delle donne del villaggio che da improvvisate bancarelle vendono delle bamboline fatte con pezzi di stoffa e filo di ferro per la modica cifra di un euro, noi le acquistiamo da un simpatico ragazzo disabile sulla sedia a rotelle. Ripartiamo e da qui attraversata Nevşehir raggiungiamo il nostro albergo ad Avanos. Si tratta del Suhan Hotel, si trova sulle rive del Kızılırmak, o Fiume Rosso l’antico Halys, il più lungo fiume della Turchia 1.150 km. L’Hotel è di ottima qualità, si rivelerà il migliore del nostro tour, le stanze sono pulite e accoglienti, la sala da pranzo grande e il cibo molto vario e di buona qualità. Dopo cena ci attende una serata tipica turca “d’atmosfera” in un ristorante scavato nel tufo, al Harmandali Restoran a Uchisar. Possiamo apprezzare una breve dimostrazione della danza dei Dervisci Rotanti e alcuni balli e musiche di diverse zone della Turchia, immancabile la danza del ventre, eseguita da una danzatrice “brasiliana” molto carina e molto brava. La serata prevedeva inoltre la consumazione di bibite, vodka, “raki” e frutta a volontà. E’ quasi mezzanotte e rientrati in albergo ci addormentiamo quasi subito, domani sarà una dura giornata.

11 luglio 2014: Cappadocia

Iniziamo la visita della Cappadocia. Il nome identifica una regione storica e non una delimitazione politica, la si può considerare come un quadrato di circa settanta chilometri per lato e comprendente principalmente le città di Aksary e Nevşehir. Dal 1985 la regione e la zona del Parco Nazionale di Göreme, sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

La prima vallata che visitiamo è la Valle di Devrent (detta anche la valle immaginaria), si trova sulla strada che collega Urgup ad Avanos, ed è famosa soprattutto per le pietre di tufo a forma di animali, quello più riconoscibile e visibile dalla strada è il cammello, ma curiosando si possono trovare i “due” re magi, la madonnina del duomo di Milano, ecc…

Ripartiamo per la tappa successiva: la Zona di Paşabağ (o valle di monaci), qui possiamo ammirare quelli che vengono chiamati dai locali “i camini delle fate”, sono delle formazioni in tufo a forma di cono, suddivise a loro volta in coni più piccoli, che in passato servivano da rifugio agli eremiti. All’interno essi avevano scavato la roccia dal basso verso l’alto fino a creare stanze, dalle quali uscivano solo occasionalmente per prendere il cibo e le bevande offerti dai discepoli. La loro origine è dovuta all’accumulo dei prodotti vulcanici derivanti dalle eruzioni di due vulcani, lo Hasan Dagi e l’Ercyas Daği, circa 8 milioni di anni fa. Immancabili i negozietti e le bancarelle che vendono souvenir e prodotti di dubbia provenienza. Risaliamo sul pullman e ci dirigiamo verso la successiva tappa: La scuola di tappeti ad Avanos.

Si tratta di un edificio a fianco del nostro albergo(?), in cui un venditore in perfetto italiano, ci illustra le tecniche di fabbricazione dei tappeti, ci accompagna in un laboratorio dove alcune donne ci mostrano come si tessono i tappeti, visitiamo poi la zona della “bollitura” e filatura dei bachi da seta per giungere infine in un salone dove ci vengono esposti decine di tappeti con prezzi che vanno da poche centinaia di euro ai 15.000 euro per un tappeto in seta. Lo scopo ultimo di questa visita è quello di venderti dei tappeti, riusciamo a uscire indenni e attendiamo in cortile all’ombra di alcune piante di ripartire per una visita più interessante. Ultima visita della mattinata: La Valle dell’Amore, è un luogo bizzarro dove i camini delle fate si innalzano per parecchi metri, ricordando delle forme falliche, da qui il nome dalla vallata. Dal luogo dove ci troviamo, la veduta è spettacolare la conformazione delle montagne ricordano vagamente quelle dei canyon americani, mentre sul fondovalle si innalzano questi enormi “falli” di roccia.

Raggiungiamo il nostro “ristorante” per il pranzo. Qui vale la pena soffermarci un attimo per descrivere quello che ci siamo trovati di fronte. I tavoli sistemati in un cortile, sotto tettoie in legno, con le pareti chiuse con pannelli di plexiglass (?). Il caldo soffocante e il cibo servito ad una velocità incredibile, quasi volessero farci andare via. Il cibo tutto sommato non era malaccio, la çorba (ottima) e il kebap cotto in forno dentro ad un’anfora di terracotta chiusa con la pasta del pane (originale e gustosa). Non mi sono posto domande sul livello igienico sanitario della cucina o del livello di pulizia dei piatti o delle mani dei camerieri, e pertanto al motto di “tutto ciò che non ti uccide, ti fortifica”, ho assaggiato tutto quanto veniva servito, tra mosche, insetti nell’oliera e quant’altro.

Nel pomeriggio la prima visita riguarda la zona di Uchisar, dominata dal castello, cioè un enorme picco di tufo perforato dalle mille cavità, costituisce uno dei luoghi più affascinanti della Cappadocia, è visibile anche a chilometri di distanza. Nelle vicinanze sorge la Valle dei Piccioni, così chiamata per le tante piccionaie di cui è disseminata. Facciamo una pausa, e la guida ci porta a visitare un centro di produzione di pietre dure. Ammiriamo gioielli in oro e argento, con incastonate pietre quali la sultanite e l’immancabile turchese. Anche qui usciamo indenni, a parte un piccolo pensierino per una nostra amica. Ripartiamo alla volta del Museo a cielo aperto di Göreme. Si tratta di uno dei posti più suggestivi e affascinanti di tutta la Cappadocia. Sito patrimonio dell’UNESCO in cui è possibile visitare un vero e proprio villaggio sviluppatosi intorno a due antichi edifici adibiti a monastero e convento. Negli interni delle abitazioni è possibile vedere le cucine con i tipici forni tandoori e le sale da pranzo con lunghe tavole e panche interamente scolpite nella roccia. Gli interni delle chiese cristiane sono affrescati con diverse tecniche di pittura (affreschi e pitture a secco). Alcune chiese sono state deturpate nel passato da integralisti musulmani per questioni religiose e in epoca più moderna da giovani vandali per incidere il proprio nome, ma altre sono conservate molto bene, come la Chiesa oscura (Karanlik Kilise) che per visitarla è necessario pagare un biglietto supplementare. Le altre chiese del comprensorio sono: la Chiesa di Santa Barbara, piccola con semplici dipinti a secco. La Chiesa del serpente (Yilanli Kilise) con affreschi un po’ rovinati che dietro a loro lasciano intravedere i vecchi dipinti a secco e prende il nome dalla raffigurazione di San Giorgio e il drago, solo che al posto del drago c’è un serpente. La Chiesa dei Sandali (Carikli Kilise) con degli ottimi affreschi e prende il nome da due quasi impercettibili impronte di piedi/sandali sul pavimento esattamente sotto alla raffigurazione dell’ascensione di Cristo a simboleggiare l’ultimo segno che Cristo ha lasciato sulla Terra.

Verso il ritorno al pullman merita la visita alla Chiesa della fibbia (Tokali Kilise), questa chiesa situata poco prima del parcheggio, è sicuramente la più interessante ed è una delle meglio conservate dell’intera area. E’ composta da una struttura originale più antica che occupa la navata centrale con volte a botte e da una parte più recente con una navata trasversale ad abside, entrambe affrescate con scene della vita di Cristo e degli Apostoli risalenti al X secolo. Stanco ma soddisfattissimo risalgo sul pullman, destinazione albergo. Cena e nanna, domani ci aspettano 650 km di viaggio fino a Pamukkale.

12 luglio 2014: Cappadocia – Sultanhani – Konya – Pamukkale

La sveglia è alle 4,30. Partiamo prestissimo, dopo un’abbondante colazione, perché il viaggio sarà lungo e faremo diverse fermate. La prima tappa è il Caravaserraglio di Sultanhani.

Costruito tra il 1226 ed il 1229 e posto sulla strada che univa Konya (da cui la separavano 110 km) e Aksaray (circa 40 km), invitava ad una sosta tutti coloro che percorrevano la Via della Seta.

A differenza di molti altri che sono stati trasformati in ristoranti, hotel, negozi o altri tipi di strutture ricettive, il Sultanhani è aperto al pubblico, esclusivamente a scopo turistico e consente di farsi un’idea precisa di quale fosse l’architettura tipica di un caravanserraglio.

Da fuori le mura possenti, interrotte solo da qualche torretta massiccia, sembrano proteggere la struttura quasi si trattasse di una roccaforte. Sulla facciata principale è presente un unico portone riccamente scolpito attraverso cui si accede al cortile interno, un ampio spazio circondato da porticati e stanze in cui erano ricavate la sala da pranzo, la cucina, i bagni e gli alloggi. Al centro, una piccola moschea dalla forma di un parallelepipedo… un arco per lato sorregge il luogo di preghiera sovrastante a cui si arriva grazie ad una ripida scalinata.

Un secondo portone permette di entrare nella sezione “invernale”, costituita da un vasto edificio chiuso a cinque navate, in cui la luce filtra solo attraverso delle piccole feritoie e da un “faro” ottagonale collocato a metà del soffitto con volte a botte.

Dopo una breve sosta in un negozietto di souvenir, ripartiamo alla volta di Konya.

Qui ci fermiamo per la visita al Mausoleo di Mevlana. Gialal al-Din Rumi, più conosciuto con il nome di Mevlana Celaleddin Rumi, è stato un poeta e mistico persiano vissuto nel 1200, fondatore della confraternita sufi dei “Dervisci Rotanti”. In seguito alla sua dipartita i suoi seguaci si organizzarono nell’ordine Mevlevi, con i cui riti tentavano di raggiungere stati meditativi per mezzo di danze rituali. Qui per entrare nel mausoleo, essendo comunque un luogo di preghiera, anziché farci togliere le scarpe, ci danno dei sovrascarpe di nylon.

Il mausoleo è riconoscibile in quanto l’esterno della cupola è interamente ricoperta da mattonelle verdi al suo interno si trovano le tombe di Mevlana e di suo padre e quelle di numerosi monaci dervisci. Una sala racchiude alcune reliquie tra cui un cofanetto in argento protetto da una teca in cristallo, al cui interno si trovano alcuni peli della barba di Maometto, attorno a questa teca molti fedeli pregano, baciano la teca e annusano l’aria. Accanto al mausoleo sorge l’antico seminario dei dervisci, ora trasformato in museo dove si conservano i manoscritti, gli oggetti di culto mistico appartenuti all’ordine, in alcune celle di quelle che erano le cucine del seminario oppure le stanze, si trovano dei manichini vestiti con gli abiti tradizionali dell’epoca per una rievocazione molto suggestiva di quello che doveva essere la vita monastica dell’epoca. Dopo la visita, ripartiamo, facendo una deviazione verso nord, per evitare la zona montagnosa a ovest, che si porterebbe su strade troppo tortuose. Dopo alcuni chilometri ci fermiamo a pranzo in un altro ristorante tipo “autogrill”, che pare molto diffuso qui in Turchia. Il posto si chiama Sultandağı (La montagna del sultano). Qui il pranzo è stato abbastanza vario e gustoso, con gli antipasti e verdure a buffet, dove tra l’altro abbiamo assaggiato delle ottime patate bollite e olive. Le ciliegie servite come frutta erano veramente squisite, una nostra compagna di viaggio ne ha fatto incetta, per poi mangiare ciliegie tutto il proseguimento del viaggio. Riprendiamo il viaggio e giunti nella cittadina di Çay, svoltiamo verso sud in direzione delle città di Dinar e Denizli. Durante la strada affianchiamo un lago, chiamato Acigöl (Lago amaro), la cui superficie varia dai 35 ai 100 km quadrati a seconda delle stagioni e che ha la caratteristica di essere una enorme riserva di “solfato di sodio”.

Attraversando la città di Denizli, già si scorgono in lontananza le bianche rocce di Pamukkale.

Ma prima attraversiamo il sito archeologico di Hierapolis. Questa è stata una importante città ellenistico-romana della Frigia. Visitiamo i resti della Porta di Fortino, le terme, con la piscina termale detta di “Cleopatra” e il grandioso teatro. In epoca bizantina, la città divenne un importante centro della cristianità e lungo l´asse viario principale furono costruite una chiesa extraurbana (Terme-chiesa), la cattedrale con il battistero, la basilica a pilastri e, sulla collina orientale, il martyrion di San Filippo apostolo. Scendiamo verso quello che è la maggiore attrazione turistica del luogo: le concrezioni calcaree, formate dalle numerose sorgenti termali che sgorgano in mezzo alle rovine. L’acqua è praticamente acido carbonico, che durante il percorso anche a causa dell’abbassamento della temperatura si trasforma in carbonato di calcio, dando luogo alle caratteristiche formazioni, costituite da spessi strati bianchi di calcare e travertino lungo il pendio della montagna, rendendo l’area simile ad una fortezza di cotone o di cascate di ghiaccio. Tentiamo anche noi di bagnarci nelle poche vasche contenenti ancora acqua, ma dopo aver visto una turista giapponese con un braccio rotto, ci rinunciamo, troppo scivoloso. Una lunga passeggiata in mezzo alle rovine di Hierapolis, ci conduce verso il nostro pullman. Arriviamo al nostro albergo: il C&H Hotel, appena fuori dall’abitato di Pamukkale. Qui posati i bagagli in camera, ci precipitiamo nella piscina termale dell’hotel. Ci rilassiamo nelle calde acque, forse un po’ troppo, della piscina, per poi rinfrescarci in quelle più fredde di una piscina normale. La cena a buffet è all’esterno, sotto un patio, niente di eccezionale, ma forse siamo solo molto stanchi, perciò a letto.

12 luglio 2014: Pamukkale – Afrodisia – Efeso – Izmir

Al mattino dopo la colazione, è il momento della divisione in due del gruppo, chi prosegue la vacanza con l’estensione mare ad Antalya e chi come noi prosegue il tour verso Efeso e Izmir.

Ci spiace lasciare molti amici conosciuti in questi giorni, specialmente Maria Grazia e il marito, la famiglia Poletti, il dottore di Lucca con la moglie e i figli. Al nostro gruppo vengono aggregati altri, anche loro provenienti da separazioni varie. Praticamente il nostro nuovo gruppo viaggerà con un pullman e un pulmino più piccolo.

Partiamo da Pamukkale in direzione del villaggio di Geyre, vicino a cui sorge l’antica città di Afrodisia.

Per raggiungere il sito archeologico, una volta scesi da pullman, veniamo fatti salire su dei carretti trainati da trattori, ci spiega la guida che questo è dovuto al divieto di parcheggio dei pullman vicino al sito in quanto nelle vicinanze c’è una zona militare. Questa antica città ellenistica-romana, ebbe il suo massimo splendore durante l’epoca imperiale. Visitiamo lo splendido “Tetrapylon” ricostruito dopo l’ennesimo terremoto, composto da quattro gruppi di quattro colonne usato probabilmente come passaggio monumentale verso il tempio di Afrodite di cui visitiamo i resti. Giungiamo fino allo stadio, usato al tempo, sia per le gare sportive sia per il combattimento tra gladiatori. Andando verso sud passiamo dinnanzi al Sebasteion, edificio dedicato al culto di Augusto (in greco Sebastos), fino a giungere all’antico teatro e all’agorà. Il paesaggio è meraviglioso e i resti di queste vestigia storiche ci danno veramente un senso di commozione. Passeggiamo ancora a lungo in mezzo a questo splendore, visitiamo anche velocemente il museo, in cui è custodito tra le altre cose, uno splendido statuario. Dopo una pausa dissetante all’ombra delle piante antistanti il museo, aspettiamo il trattore che ci riporta con “strattonamenti” vari al nostro pullman.

Ripartiamo e verso mezzogiorno, ci fermiamo in un altro ristorante tipo agriturismo. Un po’ dubbiosi ci accomodiamo sotto una tettoia, questa volta in mattoni, circondata da piante che creano una gradevole frescura e assaporiamo forse il pranzo più gustoso di tutto il viaggio, polpette allo spiedo, olio buonissimo, il tutto accompagnato da un vinello locale decisamente gradevole e fresco con sottofondo musicale. Ripartiamo, una sosta ad un centro di produzione di abbigliamento in pelle e un’altra per acquistare gli stupendi dolci tipici turchi “lokum” e finalmente giungiamo ad Efeso.

Siamo giunti in quella che era considerata la terza città più potente del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Sono molto emozionato, in quanto la mia conoscenza di questi posti era solo limitata ai libri e alle foto viste su internet, ora invece sono qui, calpestiamo il suolo che hanno calpestato imperatori, santi e conquistatori.

Entriamo da quella che era la Porta di Magnesia, sulla destra osserviamo quello che rimane del Odeon, il teatro piccolo, poi percorrendo la Via dei Cureti, giungiamo alla Fontana di Traiano, di cui rimangono pochi resti, ma che un cartellone ci mostra quale doveva essere la sua maestosa forma originale.

Visti i bagni pubblici, il Tempio di Adriano, il bordello, di fronte a noi si presenta in frontale della Biblioteca di Celso, simbolo di Efeso. Costruita nel 135 d.C. in onore del senatore romano Tiberio Giulio Celso Polemeano, oltre ad essere la tomba di Celso stessa, custodiva al suo interno oltre 12.000 rotoli. Sul frontale sono famose le quattro nicchie che accolgono le statue celebranti le virtù di Celso: sophìa, areté, èunoia ed epistème (saggezza, virtù, benevolenza e sapienza). Proseguiamo il giro percorrendo l’agorà commerciale e il Viale del Marmo fino al Teatro grande, in cui predicò S.Paolo, di fronte al teatro si para la Via del Porto, che conduceva effettivamente al mare. Oggi il mare è arretrato di oltre 6 chilometri. Purtroppo non visitiamo la Basilica di S. Giovanni e ciò che resta del Tempio di Artemide, una delle sette meraviglie del mondo antico.

Riprendiamo il viaggio in pullman.

Giungiamo infine a Smirne, in turco Izmir. E’ la terza città della Turchia, con oltre 3 milioni e mezzo di abitanti, è anche un grande ed efficiente porto situato sull’omonimo golfo, nel Mar Egeo.

Purtroppo non abbiamo tempo per effettuare delle visite in questa città e ci dirigiamo verso l’ultimo albergo di questo tour: l’Otel Aksan. Situato nel centro storico di Smirne, in una zona commerciale a circa un chilometro dal mare, l’hotel si rivela un po’ caotico, l’edificio è piccolo, si sviluppa tutto in altezza, l’aria condizionata non funziona oppure è spenta, la sala da pranzo non riesce a contenere tutti noi del gruppo, tavoli sovraffollati temperatura soffocante e cibo di scarsa qualità.

Mangio un po’ di antipasto, pasta fredda condita con menta e yogurt e frutta, quindi salutiamo i nostri compagni di viaggio di questa settimana promettendo di risentirci e ci dirigiamo verso la nostra stanza, abbiamo di fronte poche ore di sonno prima della partenza.

14 luglio 2014: Izmir – Istanbul – Torino

La nostra sveglia suona alle 2,00, poco dopo un inserviente dell’albergo ci bussa alla porta della stanza per darci la sua sveglia. Abbiamo sonno, la vacanza è finita e dobbiamo andare all’aeroporto.

Scendiamo nella hall dell’albergo dove troviamo l’autista ci aiuta a caricare i bagagli e partiamo. Attraversiamo una città ancora immersa nel sonno, il traffico è praticamente inesistente, fa caldo, ci sono 25 gradi.

Arriviamo all’aeroporto di Izmir, anche questo praticamente deserto, ci mettiamo davanti ad un banco del check-in per i voli interni e lentamente si accodano alcuni viaggiatori turchi. La simpatica addetta al banco ci chiede se deve dirci buongiorno o buonanotte vista l’ora. Fatto il check-in e consegnati i bagagli, gironzoliamo per il terminal, decisamente pulito rispetto alla media dei nostri aeroporti. Nella zona di attesa al gate le poltroncine hanno tutte la presa di corrente per caricare i cellulari. Nel giro di un’oretta il terminal si riempie di gente e finalmente ci imbarchiamo. Un’ora circa di volo fino all’aeroporto Atatürk di Istanbul e quindi cambio di terminal e dopo un’attesa un po’ lunga dovuta ad un ritardo nell’apertura del gate di imbarco, saliamo sull’aereo della Turkish Airlines che ci riporta a Torino.

Arrivederci Turchia, è stata una vacanza stancante ma ricca di cose nuove, di cose belle, di momenti di difficoltà e momenti di allegria. Alcune cose ci hanno appassionato, come il Museo di Ankara, la Cappadocia e le chiese rupestri di Göreme, Afrodisia, altre ci hanno in qualche modo deluso, ad esempio Pamukkale, altre ci riserviamo in un prossimo futuro di riprovarle, tipo la splendida Istanbul, troppo pochi due giorni per vedere la vera Istanbul cioè quella fuori dai soliti circuiti turistici, quella dei locali caratteristici, dei palazzi ottomani meno conosciuti, delle piccole moschee, delle chiese bizantine, dei mercati, ecc…

L’aver fatto dopo tanti anni un tour, ci ha dato nuova carica e già sto studiando il prossimo viaggio.



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