Tra i castelli del Ducato

Visita a castelli e borghi di Parma e Piacenza
Scritto da: italianeowyn
tra i castelli del ducato
Partenza il: 03/08/2010
Ritorno il: 05/08/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Siamo partiti da Pordenone di buonora e ci siamo diretti verso Parma, in cui siamo arrivati alle 9.00 del mattino circa. Usciti dalla tangenziale nord ci siamo diretti all’albergo che si trova a pochi km (Astoria Residece, Via Trento 9). Lasciata l’auto nel parcheggio coperto ci siamo incamminati verso il centro (6-700 metri) e siamo andati subito a visitare Palazzo della Pilotta della Famiglia Farnese. Il palazzo ci colpisce molto già dall’esterno, con la sua imponenza, ma ad incuriosirci è una strana fontana: scopriremo poi che è stata costruita seguendo la planimetria di un’antica chiesa demolita (da ricerche successive credo che la chiesa fosse quella di San Pietro Martire). Il palazzo deve il nome al gioco della pelota che i soldati spagnoli praticavano nell’enorme cortile interno (detto del Guazzatoio), oggi adibito a superbo contenitore di spettacoli culturali. All’esterno del palazzo non poteva mancare un monumento a Giuseppe Verdi, il grande compositore parmense. Ma la vera perla del Palazzo della Pilotta è il teatro custodito al suo interno: il Teatro Farnese, teatro di corte dei duchi di Parma e Piacenza. Non abbiamo parole per descrivere il senso di impotenza che ci assale di fronte a questo capolavoro interamente e finemente scolpito nel legno. Scopriamo che nelle quinte sono esposti alcuni reperti storici: le barche di legno con cui giocavano i piccoli duchi, alcuni affreschi salvati da alcune chiese e la miniatura perfettamente conservata del teatro. È una grandissima fortuna che questa miniatura esista e non sia andata perduta: durante la seconda guerra mondiale, infatti, il teatro fu pesantemente danneggiato dai bombardamenti alleati e solo grazie alla copia in scala è stato possibile ridare vita alla struttura, un autentico tesoro.

Palazzo Farnese ospita anche la Galleria Nazionale di Parma, con opere del Parmigianino, di Correggio, di Tintoretto ecc. Vorremo fermarci a visitarla, ma abbiamo previsto tempi molto stretti per il nostro viaggio e a malincuore usciamo. Sempre a causa della fretta saltiamo la visita a Palazzo Ducale e ci dirigiamo verso il centro. Qui ci fermiamo per entrare nel Duomo (che vanta un bellissimo affresco del Correggio all’interno della cupola) e a visitare il Battistero, primo assaggio di architettura gotica a Parma. Gironzoliamo un po’ fino al Palazzo del Governatore, con una curiosa meridiana che dovrebbe determinare non solo l’ora, ma anche mese e anno… pur tenuto conto dell’ora legale adottata dopo la costruzione della struttura ci tocca prendere atto che è totalmente sbagliato!

A questo punto salutiamo il centro di Parma e prendiamo la macchina, nostra indispensabile compagna di viaggio durante questa vacanza, e ci dirigiamo a Montechiarugolo, antico borgo che ospita un imponente castello. Come già sapevamo il castello è chiuso nei giorni feriali, ma ci accontentiamo di aggirarlo a piedi e di scattare splendide foto. Affamati, ci sediamo ai tavoli esterni di una trattoria lì di fronte. Finito il pranzo ci siamo spostati verso Langhirano, per visitare il Castello di Torrechiara. Già da lontano il castello ci affascina (è così bello da essere stato usato come set per il film “Ladyhawke”) al punto da decidere di allungare il giro in auto per poterlo fotografare da diverse angolature. E per fortuna che lo abbiamo fotografato molto dall’esterno, dato che la bigliettaia ci informa che una volta varcato il portone d’ingresso dentro le mura di cinta la macchina fotografia è bandita … anche solo per le foto ai muri esterni del castello! Ho sempre saputo che gli interni non sono fotografabili, ma questo divieto mi giunge nuovo e ci infastidisce un po’. A questo aggiungiamo che il castello è davvero povero: fatta salva la magnifica Sala d’Oro, riccamente decorata per essere il nido d’amore di Pier Maria Rossi e della sua amante Bianca Pellegrini, nel castello non c’è nulla degno di nota (la mostra sui vestiti di scena di una cantante lirica non suscita il nostro interesse). In sintesi, usciamo dal Castello di Torrechiara con un po’ di amaro in bocca: 5€ per visitare con un foglietto spiegazzato di guida in mano un’unica sala e non poter neppure scattare foto dall’esterno alle quattro torri ci sono sembrati troppi e mal spesi. Lasciamo il comune di Langhirano (che ospita anche il Museo del Prosciutto, chiuso nei giorni feriali ai singoli visitatori) e torniamo verso la Via Emilia passando per Felino, patria dell’omonimo salame. Anche a Felino è possibile trovare un castello da visitare. All’interno del castello è ospitato un ristorante che però è chiuso per ferie… peccato: chissà che abbinata deliziosa tra location e prodotti tipici! Il nostro programma fatto a tavolino si fermava qui, ma abbiamo ancora tempo per questo pomeriggio e quindi decidiamo di anticipare ad oggi la visita a Rocca Sanvitale. Scavalchiamo quindi la trafficata Strada Statale 9 (conosciuta a tutti con l’antico romano nome di Via Emilia) e raggiungiamo Fontanellato (Bandiera Arancione del TCI) il cui centro è occupato dalla Rocca, abitata fino a poco tempo fa. Già esternamente il colpo d’occhio è soddisfatto: la rocca è circondata da un fossato pieno d’acqua ed ha le case dell’antico borgo a farle da cinta. Scegliamo di visitare il castello con il percorso “arancione”, quello che consente di visitarlo tutto (ci sono poi il percorso “rosso” e “giallo”, più brevi). Alla biglietteria acquistiamo anche la “Card del Ducato” che ci permetterà di avere sconti agli ingressi di tutti i castelli (Torrechiara è l’unico escluso dall’elenco): la card costa solo 2€, quindi già visitando solo 3 castelli se ne copre la spesa (info: castellidelducato.it). La visita guidata ci piace molto e non possiamo rimanere indifferenti né alla saletta affrescata con il mito di Diana e Atteone, del giovane Parmigianino, né alla camera ottica (autentico punto di spionaggio) né a tutto il resto. Dopo la piccola delusione di Torrechiara ci sentiamo davvero sollevati. Parlando con la guida, inoltre, scopriamo che aver anticipato la visita è stato un colpo di fortuna: se non lo avessimo fatto il giorno dopo non saremmo riusciti a visitare sia Rocca Sanvitale che la Reggia di Colorno, come da programma, perché gli orari della visite guidate sarebbero stati incompatibili; la gentilissima guida, orari alla mano, ci suggerisce di passare la mattina successiva prima a Soragna (che non avevamo in programma) e poi a Colorno: avremo modo di scoprire che mai consiglio ci fu più utile.

Da Fontanellato ci spostiamo verso il Fidenza Village per un po’ di sano shopping (scopriremo tardi che la Card del Ducato è accettata anche lì, pazienza) e poi torniamo al nostro albergo per il meritato riposo. Come suggeritoci il giorno prima partiamo verso Soragna in modo da essere lì per le 9.00, orario della prima visita guidata. Arrivando in anticipo ci concediamo una rapida passeggiata e visita alla chiesa. Rocca Meli Lupi, ancora abitata, è visitabile solo in parte, ma è una parte eccezionale sia per gli affreschi, sia per i mobili che per tutto il resto contenuto. D’interesse particolare la ricchissima “sala parto” (sono rimasta abbastanza scossa dal sapere che le donne erano costrette a passare travaglio e parto di fronte a tutta la corte, in un letto che sembra un palcoscenico) e il corridoio dei poeti, così chiamato per i busti e i versi dei grandi poeti del passato che custodisce. La Rocca è circondata da un magnifico parco cui non è possibile accedere, dato che è di proprietà privata. Peccato. Ringraziamo comunque mentalmente la guida di Fontanellato per averci consigliato di inserire la visita al castello di Soragna. Da Soragna ci dirigiamo verso Colorno, passando per San Secondo. Sappiamo che anche qui c’è un castello di notevole importanza, ma i tempi tecnici ci impediscono di fermarci.

Anche a Colorno siamo accompagnati da una guida che ci permette di scoprire il Palazzo Ducale (o Reggia), una “Versailles italiana” voluta da Luisa Elisabetta, figlia del re di Francia Luigi XV, che qui dimorò con il marito Filippo di Borbone. I gusti in fatto di colori di Luisa Elisabetta sono un tantino discutibili (tinte pastello ovunque), ma la visita è comunque piacevole anche grazie alla competenza della guida che ci accompagna. Purtroppo la reggia fu spogliata dai Savoia, ultimi proprietari, prima del loro esilio e quindi all’interno non conserva né mobili né altro. Proseguiamo la visita nell’adiacente chiesa di San Liborio, che contiene una macabra e al limite della superstizione (altro che fede!) collezione di reliquie, e nella saletta astronomica annessa alle stanze private di Ferdinando di Borbone, il devoto accumulatore di reliquie. Finita la visita ci concediamo una passeggiata nel parco all’inglese della reggia. È ora di proseguire verso la parte piacentina del ducato: prendiamo l’Emilia (e ci fermiamo a mangiare in una trattoria per camionisti lungo la strada di cui non ricordo il nome, ma di cui porterò nel cuore a vita la cucina!) e ci dirigiamo a Castell’Arquato. Come per Torrechiara ci “ingiapponesiamo” e scattiamo un numero assurdo di foto da ogni angolazione possibile al borgo. Con l’auto arriviamo fino al portone di ingresso delle mura e proseguiamo a piedi su per le ripide salite. Il borgo è stupendo: non c’è altra parola per dirlo. Purtroppo siamo colti da sfiga: il giorno prima c’è stato un guasto elettrico non ancora riparato e non è possibile visitare l’interno della Torre della Rocca Viscontea. Ci godiamo comunque la visita al resto del borgo e il panorama che si gode da quassù.

Riprendiamo la marcia verso Vernasca e la sua frazione più importante dal punto di vista storico: Vigoleno. Anche a Vigoleno la guida è rappresentata da un foglietto spiegazzato, ma a differenza di Torrechiara non diamo peso alla cosa: il borgo ed il castello sono così belli che poco ce ne importa. Davvero suggestiva la passeggiata sulle mura che dominano la valle sottostante. Con Castell’Arquato, Vigoleno fa parte del club “I Borghi Più Belli D’Italia”: possiamo dire che il titolo è meritato. Entrambi i borghi, poi, sono Bandiera Arancione del TCI. Con un rapido scambio di valle arriviamo a Salsomaggiore: niente castelli qui, ma una visita al gioiello liberty delle terme Berzieri e una cena in pizzeria.

Il mattino dopo ci svegliamo con la consapevolezza che sarà l’ultimo giorno, ma ci solleva sapere che la prossima tappa, la più lontana, è descritta come una delle più interessanti e non certo per il fatto che esiste la foto del “vero fantasma del castello” (abbiamo sentito di leggende di fantasmi anche a Torrechiara e a Rocca Meli Lupi, ma lì le foto mancano). Prendiamo la A15 fino a Fornovo di Taro e da lì una strada panoramica che costeggia un fiume. Arriviamo a Bardi a metà mattina, con un freddo ed una nebbiolina che non crediamo possibile ad Agosto. Basta vederlo da fuori per capire che escludere la Fortezza dal nostro percorso sarebbe stato un errore imperdonabile. A differenza degli altri castelli visitati la Fortezza non ha subito rimaneggiamenti architettonici posteriori alla sua creazione (di fatto è stata quasi sempre usata solo come fortezza e non come residenza abitativa) e questo le consente di avere ancora la forza e l’imponenza originaria catapultandoci da subito indietro nel tempo. Anche qui la guida è un foglietto spiegazzato (ma da queste parti non conoscono l’uso delle plastificatrici?), ma chissenefrega, la visita è comunque spettacolare: dalla ghiacciaia ai camminamenti provvisti di ferritoie e caditoie, passando per le prigioni scavate nella pietra e le torri di guardia, a strapiombo sulla valle sottostante. L’unico cruccio è il tempo: chissà che foto panoramiche meravigliose, da quassù. Siamo così contenti del nostro viaggio tra i castelli che decido di entrare nel bookshop per comprare il poster ufficiale da appendere in casa. L’idea si rivelerà fortunata: il ragazzo del negozio, forse complice la possibilità di distrarsi un po’ (siamo gli unici visitatori) ci offre dieci minuti di rievocazione storica delle fortezza: dagli assedi (a cui la fortezza poteva comodamente resistere in maniera autosufficiente per 5 mesi) alla possibilità che venne data ad un antico proprietario di battere moneta propria (con tutto quel che ne conseguì in termini economici, dato che Bardi di trova in un crocevia obbligatorio tra Parma e il mar Tirreno). Sono così riconoscente che decido di acquistare anche la guida ufficiale del Ducato: a noi non serve più, ma sarà sicuramente utile a tutti i parenti a cui consiglieremo di venire qui in visita. Dopo un pranzo in una trattoria fuori dalla Fortezza Bardi ripartiamo verso Nord Est. Nel cuore abbiamo due certezze. Il nostro viaggio è uno di quelli che non dimenticheremo ed è probabile che decideremo di tornare a colmare i buchi: Palazzo Ducale, le terre verdiane, il castello di San Secondo, il pranzo da castellani a Felino e chissà quanto altro ancora.



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