Terra, fuoco e il Friuli… al rallentatore
Siamo diretti a Spilimbergo, ci aspetta la Scuola Mosaicisti del Friuli. Abbiamo prenotato la visita, che è gratuita. Ci attende il dottor Gianpiero Brodevani, direttore della Scuola. Ammetto che non conoscevo molto sul mosaico, non mi ero mai fermato a guardarne con calma uno, prima di questo incontro. La Scuola è in centro a Spilimbergo. E’ sabato e non ci sono lezioni. Quando entri sei già rapito e percepisci che stai per vivere un’esperienza visiva lenta, che non ti aspettavi. La Scuola è stata fondata nel 1922, nel 2012 quindi ha compiuto 90 anni e c’è un grande mosaico celebrativo di questo compleanno. E’ coloratissimo, passionale. Al dottor Brovedani piace proprio raccontare la storia della Scuola, guardando le date la più antica d’Italia. Il primo nucleo della Scuola è stato fondato a Sequals, dove poi andremo per “incontrare” una leggenda. E da Sequals veniva Gian Domenico Facchina che ha inventato il metodo moderno del mosaico, quello che decora l’Opera di Parigi, tanto per intendersi. La Scuola è un istituto di alta formazione e, nel 2012, ha attirato più di 37.000 visitatori interessati a vedere da vicino le tecniche, i colori, le curiosità dietro ai mosaici. La Scuola è frequentata attualmente da allievi di 22 nazioni diverse e realizza o ha realizzato opere praticamente in tutti i continenti. Si respira la voglia di mettersi in gioco, di confrontarsi. All’interno è possibile vedere molti esempi di mosaico, toccare i materiali. Un’esperienza che si fa guardando tutte le sfumature di colori e di forme che il mosaico può assumere. Incontriamo una ex allieva che lavora il sabato ad un progetto nuovissimo, che non possiamo fotografare. Ci racconta che la lentezza nel mosaico è tutto, ma deve restare nella mani. Occhi e mente devono essere lasciati liberi di andare veloci, di esportare, di ricostruire ogni punto fermo per renderlo ancora più fermo. Salutiamo il dottor Brovedani che ci regala una recente pubblicazione edita dalla Scuola, un almanacco dei mosaici che si possono trovare in tutto il territorio friulano, negli edifici pubblici, privati, lungo le strade. Un filo conduttore per un’altra prospettiva per scoprire il Friuli.
Ci rechiamo a Sequals. E’ un paese dal nome duro, vero? E’ gente concreta e sorridente quella che vive da queste parti. Fa freddo, tanto, ma dobbiamo fermarci perché una delle leggende friulane qui aveva casa. Era una montagna che camminava, chi lo ha conosciuto lo chiamava il Gigante buono, per i muscoli colossali e per la generosità di cuore. Era nato qui a Sequals nel 1906. È emigrato negli Stati Uniti come tanti suoi compaesani e nel 1933 ha vinto il titolo dei pesi massimi di pugilato. Forse una delle storie più note tra quelle dell’emigrazione friulana. Il suo nome era Primo Carnera. Villa Carnera si vede solo dal cancello chiuso, si intravede la palestra dove Primo si allenava. La sua è una storia di rivincita. Gente concreta e generosa quella di queste parti. C’è un collegamento tra diverse generazioni pordenonesi che mi piace raccontare qui. Allora, Davide Toffolo è un fumettista ed è il cantante di un gruppo di Pordenone i “Tre Allegri Ragazzi Morti” che ha dedicato una sua canzone a Pordenone (“Prova a star con me un’altro inverno a Pordenone”). Toffolo ha scritto un albo a fumetti dedicato a Primo Carnera (“Carnera, la montagna che cammina”) dal quale, scopro, potrebbe essere tratto un cartone animato.
Lasciamo Sequals e iniziamo a salire verso la Val Colvera, prossima tappa a Frisaco e Poffabbro, questo considerato uno dei borghi più belli d’Italia, tutto arrampicato sulla roccia. I due borghi, scopriamo, hanno le case costruite di pietra e legno. Mi ricordano Erto e Casso che abbiamo visitato ieri, nella zona del Vajont. Prima facciamo due passi per Poffabbro, dove c’è una tradizione legata ai presepi. La natività è rappresentata in ogni dimensione, con tanti materiali diversi, ed è ospitata nelle finestre di pietra delle case, negli incroci delle strade, dietro una nicchia di un muro portante, tra il muschio naturale vicino ad una fontana. Poffabbro rimane città dei presepi sino al 13 gennaio del 2013. Non troviamo una trattoria aperta a Poffabbro, cose che capitano. Allora scendiamo a Frisanco. Mangiamo nel ristorante dell’Albergo delle Alpi che ha una architettura curiosa per il luogo e, forse per le montagne sullo sfondo, mi ricorda un albergo di un vecchio film di spionaggio. Non ho visto le camere, ma immagino abbiano ancora le chiavi per aprire la porta, non la tessera magnetica. Mi piacciono la camere d’albergo con le chiavi classiche, introducono in una dimensione casalinga anche quando sei molto lontano da casa. Mangiamo un ottimo risotto con i funghi seguito da un piattone di capriolo e polenta. Buona la cucina, buono il prezzo. E con l’aiuto del figlio dei proprietari dell’albergo troviamo la via per un’autentica chicca che ci riserva questo spicchio di Friuli: la raccolta di miniature realizzate a mano dal signor Carlo Beltrame. La raccolta ha un nome che parla “Da li mans di Carlin”, dalle mani di Carlin. Il signor Carlo, classe 1912, una volta andato in pensione ha ricreato con pazienza alcuni scorci della Frisanco degli anni ’30, in scala 1 a 10. Carlo è morto da poco, a 100 anni, lasciando in eredità la sua memoria e la sua fantasia. Una precisione incredibile nel ricreare con il legno la scuola elementare, la chiesa, l’osteria, il mulino, tanto che sbirciando dentro le porte in miniatura, per un effetto ottico, quasi sembra di guardare dentro una casa vera o dentro l’osteria del paese. Anche qui troviamo ancora la lentezza e la concretezza, ma anche l’ironia e la creatività che si respira da queste parti. Mandi Carlin.
Abbiamo sete, ci vuole una birra. Torniamo giù, verso la zona del maniaghese, per raggiungere il birrificio “La Birra di Meni” a Cavasso Nuovo, un paesino particolare, che ospita anche un interessante museo sull’emigrazione friulana. Ci accoglie Giovanni, figlio del “Meni”, Domenico, fondatore e costruttore (lo ha edificato proprio lui!) del birrificio. L’impianto è nato dalla passione della famiglia Francescon per la birra e la buona compagnia. Ci sono le varietà di birra classiche, doppio malto, non pastorizzate, rifermentata in bottiglia senza aggiunta di conservanti né di anidride carbonica. Ci sono le birre stagionali, come quelle alla mela, alla zucca o alla castagna. Le varie birre prendono il nome dalle borgate di Cavasso. L’ultima nata è la “Grava”, una India Pale Ale, con il luppolo selvatico. È uno spettacolo! E per Natale, il Meni produce una speciale birra al miele. Il birrificio emana calore, curiosità per l’arte della birra… è un luogo da cui possono partire molti viaggi, perché è stato la realizzazione di un sogno.
Salutiamo Giovanni e la “Birra di Meni”, c’è un ultimo appuntamento che ci aspetta: i Templari. I cavalieri Templari sono, erano, a San Quirino, un comune che comprende le frazioni di San Foca e Sedrano. Attualmente San Quirino risulta essere paese di transito tra Pordenone e Valcellina, da dove sono arrivato. Eppure, nel passato remoto, San Quirino è stato un centro strategico. A Sedrano ci sono tracce di insediamenti di epoca romana, ma la caratteristica di San Quirino è il passato templare. Il territorio è appartenuto, infatti, ai Cavalieri Templari dal 1219, dopo il riconfinamento delle terre che il duca di Ottocaro aveva donato a Dio poco prima della prematura morte, a 21 anni. Da quel momento, il territorio è rimasto nel patrimonio dei Templari del Friuli e questo “divin isolamento” ha contribuito allo sviluppo di una lingua unica, variante del locale friulano, parlata a San Quirino fino alla metà del ventesimo secolo. Nel 1312, il territorio dell’attuale comune è passato ai Cavalieri di Malta e, in seguito, ad alcune famiglie nobiliari della zona. Al di là delle suggestioni suscitate dall’epopea dei Templari e del mistero che, al di là delle ricerche storiche, ancora avvolge la figura di questi cavalieri, passeggiare per qualche momento per San Quirino permette di far vagare un po’ l’immaginazione. Noto che il fregio comunale di San Quirino è lo stemma templare con i due frati cavalieri che montano un solo cavallo. Mi piacerebbe approfondire questa particolarità sospesa tra storia e leggenda…
Devo lasciare il Friuli, tornare alla vita reale dopo questa esperienza molto particolare, in una zona che conosco, ma che non smette mai di sorprendermi. Saluto Dario, lui in Friuli ci resta, a Udine. Ci rivedremo presto, un altro viaggio è dietro l’angolo. Mentre sto tornado a casa, mi fermo lungo qualche strada del pordenonese e guardo il cielo che inizia a imbrunirsi. Fa freddo, ma si sta bene all’aperto. Davvero questa è una regione dai forti contrasti, in molti aspetti. Come il buio gelido e umido della diga del Vajont al colore vivo e caldo dei mosaici di Spilimbergo. La dolcezza delle torte a Barcis, il gusto deciso e selvatico della birra artigianale a Cavasso Nuovo. Il calore dei presepi di Poffabbro, la fantasia e precisione delle miniature di legno di Carlin a Frisanco e il mistero ovattato dei Templari di San Quirino e dell’acqua azzurra del Gorgàs, vicino Polcenigo. Tante suggestioni, tante realtà. E tanti incontri che hanno colorato questa parte di Friuli, questi borghi e la loro natura un po’ selvaggia che sono da scoprire mentre li si vive, assieme alle storie e leggende che raccontano. Il Friuli è proprio bello da guardare. Ascolto la canzone “La strada” dei Modena City Ramblers e rido di gusto. Bello aver vissuto questa esperienza di viaggio, alla prossima… Buon Natale, buono davvero.
Alberto