States: sotto lo sguardo vigile dei presidenti e sulle orme di indiani e cowboy alla volta dei grandi parchi

Viaggio on the road attraverso Rocky Mountain, Crazy Horse Memorial, Devils tower, Yellowstone, Bryce e Antelope Canyon, Monument Valley, Four Corner…
Scritto da: cinzia 35
states: sotto lo sguardo vigile dei presidenti e sulle orme di indiani e cowboy alla volta dei grandi parchi
Partenza il: 01/08/2014
Ritorno il: 16/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Viaggio on the road attraverso il Colorado, le Rocky Mountain, il South Dakota con il Mt. Rushmore e il Crazy Horse Memorial, la Devils tower, Sturgis e il raduno di byke, il Montana con le praterie, il Wyoming con lo Yellowstone National Park e i suoi geiser, lo Utah con il Bryce Canyon e l’Antelope Canyon, la Monument Valley, il Four Corner, Silverton e Durango con i treni a vapore

Dopo aver realizzato nel 2013 il grande sogno di percorrere la Mitica Route 66, quest’estate non ho resistito e ho deciso di ritornare ancora una volta negli Stati Uniti per un altro viaggio, che si è rivelato straordinario quanto quello dello scorso anno.

Anche quest’anno vorrei dire grazie a tutti quei “turisti per caso” che con i loro diari di viaggio hanno permesso di unire insieme due itinerari, uno più al centro Nord degli Stati Uniti voluto dalla sottoscritta e uno più nella zona centrale voluto da Gianluca, mio marito, permettendoci di realizzare 5700 km in quindici giorni senza errori durante le tappe e soprattutto senza passare giornate intere in macchina.

Il nostro tour si sviluppa alla scoperta delle Rocky Mountains attraversando il Colorado, il Whyoming, un pezzo del South Dakota, una toccata e fuga in Montana, per rientrare quindi in Whyoming ed esplorare il South West con lo Utah, un pezzo di Arizona per poi risalire in Colorado e ritornare a casa.

Ma prima di addentraci nel racconto vero e proprio desidero come al solito fornire alcuni dati tecnici, spero altrettanto utili.

Volo

Anche quest’anno per motivi lavorativi abbiamo acquistato i biglietti aerei all’inizio di Maggio, spendendo 1200 € a testa. All’andata abbiamo preso un volo Milano-Londra, poi Londra-Chicago e infine Chicago-Denver e al ritorno Denver-Londra e poi Londra-Milano.

Pernottamento

A differenza della volta scorsa,in cui avevamo acquistato nella nostra agenzia viaggi di fiducia un pacchetto di pernottamenti dedicati alla Route 66, quest’anno abbiamo deciso di fare un fai da te in completa autonomia.

Abbiamo quindi prenotato tutti gli alberghi con “Booking.com” e verificato le recensioni su Trip Advisor, spendendo per 15 notti c.a 900 € a testa.

Le prenotazioni sono state tutte fatte con la cancellazione gratuita e quasi tutte avevano la colazione compresa nel prezzo. Quasi tutti gli alberghi erano di categoria tre stelle con prezzi medi tra i 90-100 € per una camera matrimoniale, ma ciò che ha fatto lievitare il costo totale sono stati i pernottamenti nei parchi che nel mese di Agosto salgono decisamente di prezzo.

Vitto

Anche quest’anno abbiamo adottato l’ormai collaudata formula della spesa per il pranzo al mattino al Wall-Mart da consumare nelle numerose e sempre ben organizzate “Rest area” che abbiamo incontrato lungo il tragitto, le nostre piccole oasi verdi con tanto di panchine all’ombra e addirittura quest’anno con i barbecue per fare la carne alla brace che piace tanto agli americani, con sapone e carta igienica nei bagni, sempre puliti e in ordine. Il cibo per i pranzi era per lo più costituito da mega insalate pronte solo più da condire e tanta frutta fresca, il tutto conservato al fresco insieme alle bottiglie d’acqua nel nostro frigo di polistirolo, anche quest’anno inseparabile compagno di viaggio. Alla sera invece siamo sempre andati a mangiare nei ristoranti: per lo più per la scelta ci siamo affidati ai consigli della inseparabile guida Lonely Planet e a Trip Advisor, sempre pronto a venirci in aiuto.

Auto

L’auto l’abbiamo noleggiata in Italia presso la compagnia National con la quale ci siamo trovati benissimo già l’anno scorso. Quest’anno però non avevamo il drop-off, cioè la tassa per chi noleggia un’auto in uno stato e la restituisce in un altro, in quanto il noleggio e la restituzione sono sempre avvenute a Denver. Il noleggio auto tipo SUV (dato il percorso nei parchi) con Km illimitato, le varie tasse, un pieno di carburante, 3 conducenti addizionali, e il navigatore satellitare ci sono costati624€, più l’assicurazione dell’auto pari a 81€. La benzina in America costa pochissimo, circa 1.5 $ al gallone, e per compiere 5700 km abbiamo speso 320 €.

Assicurazione

Abbiamo stipulato un’assicurazione sanitaria con 157 € a testa, indispensabile in un viaggio in America, e abbiamo scelto quella della Columbus Viaggi sponsorizzata da “turisti per caso” con degli ottimi massimali.

Anche quest’anno abbiamo pianificato bene il viaggio, così il tempo libero dei mesi precedenti è stato dedicato a decidere il percorso, in termini di Km, in modo da non avere giornate troppo pesanti e con viaggi troppo lunghi, quindi Gianluca ha dovuto sobbarcarsi come l’anno scorsoil lavoro di stampare un itinerario dettagliato giorno per giorno.

Le informazioni riguardo le cose interessanti da vedere lungo il percorso le abbiamo in parte recuperate dalle guide della LonelyPlanet, in parte da altri racconti di altri turisti per caso e in parte dai depliant che anche quest’anno i vari uffici del turismo americani ci hanno inviato gratis via posta facendone domanda direttamente sui loro siti internet (altra dimostrazione della gentilezza degli americani).

Molto tempo è stato dedicato alla lettura del materiale informativo riguardante i parchi e i vari diari di viaggio dei turisti per caso che consigliavano quali “trail” percorrere con poco tempo a disposizione in modo da avere un’immagine del parco.

1° GIORNO: 1 agosto 2014, Torino-Denver

Finalmente dopo tanti mesi di ricerche e di letture ripartiamo alla volta dei meravigliosi Stati Uniti per un altro viaggio straordinario, con qualche imprevisto al quale non eravamo abituati ma che ha testato il nostro spirito di adattamento.

Partiamo alle 14.20 da Milano Linate alla volta di Londra Heathrow e appena arrivati la nostra pazienza viene messa a dura prova al controllo bagagli a mano, in quanto il trolley dove la sottoscritta aveva stipato meticolosamente sia cambi di abbigliamento che altri oggetti è stato svuotato e controllato e vi assicuro che rimettere tutto dentro e richiuderlo in pochi minuti per correre e non perdere il volo di coincidenza è stata un’impresa.

Dopo c.a 8 ore arriviamo in orario all’aeroporto di Chicago O’Hare e qui altro imprevisto:nonostante avessimo il biglietto del “Fast Track” per la coincidenza, abbiamo fatto una coda interminabile per i rigorosi controlli d’ingresso perdendo molto tempo, con soli 90 minuti di scalo a disposizione e con il cambio di terminal per prendere il volo interno per Denver.

Tutti trafelati dopo la lunga coda al ritiro bagagli (questa è la cosa assurda, cioè un ritiro bagagli e un nuovo drop-off per il volo interno per sottoporre il bagaglio di nuovo ai controlli per la sicurezza) scopriamo che la mia valigia non è arrivata! Uffa!Lo sapevo che prima o poi ci sarebbe successo di non ritrovare un bagaglio. Il problema più grosso è stata la perdita di tempo nell’aspettare invano il suo arrivo finché una hostess di terra ci ha consigliato di correre a prendere la coincidenza per Denver e di fare denuncia all’aeroporto finale di destinazione.

Ricordo ancora adesso la corse in aeroporto, con i bagagli a mano e l’altra valigia, lasciata in piena fiducia ad un altro hostess di terra dell’America Airlines per il drop-off e la salita sull’aereo al momento esatto della chiusura del gate.

Distrutti e sconsolati, appena messo piede sul volo per Denver siamo crollati addormentati senza nemmeno rendercene conto e dopo c.a 2 ore e 30 minuti siamo atterrati al curioso aeroporto di Denver. Sarà che eravamo distrutti e dispiaciuti per il bagaglio, ma non ho notato molto i vari simboli della massoneria, che rendono tanto famoso e inquietante tale aeroporto ma solo i curiosi murales vicino al ritiro bagagli. Così dopo la prima denuncia nella nostra vita di bagaglio smarrito (il primo impatto con la lingua americana è sempre impegnativo), abbiamo cambiato idea e dato che era già sabato mattina in quanto era passata da poco la mezzanotte, anziché andare in taxi all’hotel prenotato, siamo passati all’autonoleggio. Questa scelta è stata dettata dal fatto che il sabato saremmo dovuti tornare in aeroporto a ritirare la mia valigia che sarebbe nel frattempo arrivata da Chicago, così per risparmiare tempo abbiamo compiuto un ulteriore sforzo. Per fortuna avevamo già noleggiato l’auto in America l’anno prima, così le formalità le abbiamo sbrigate in fretta e con il nostro Rav4 nero siamo andati all’Hotel Best Western plus Denver International Airport Inn & Suites (101$) per riposare finalmente alle 2.30 del mattino.

2° GIORNO: 2 agosto, Denver (39 km)

Sveglia presto al mattino e dopo una ricca colazione americana, impostiamo il navigatore e partiamo alla volta di Denver situato a 39 Km dall’aeroporto.

Parcheggiamo l’auto al Cultural Complex parking garage (5$ al giorno), situato vicino al Golden TriangleMuseum District, il quartiere dei musei.

Appena scesi dall’auto la cosa che più ci colpisce è il meraviglioso clima, Denver infatti è chiamata “One mile high city”, cioè la città 1 miglio sul livello del mare, cioè 1600 mt. Il cielo è terso, con un venticello piacevole e si respira tutta l’aria tipica della montagna, una vera meraviglia.

Denver è una miscellanea molto particolare perché se da una parte è una vera città giardino, piena di parchi e laghetti, con le Rocky Mountain che fanno da sfondo alla città, dall’altra è una città moderna, costellata di grattacieli con la sua “Old town”, la città storica chiamata Lo-Do, delimitata da Larimer Square, Union Station e lo stadio Coors.

Facciamo un bel giro nel Civic Center park, il parco cittadino che da un lato ospita il Colorado State Capitol, il palazzo del governo del Colorado con la cupola ricoperta di foglie d’oro e dall’altro lato la U.S. Mint, ovvero la Zecca dello Stato dove vengono coniati i dollari americani. La passeggiata nel parco è allietata da tanti scoiattolini e dopo tante foto di rito ai due monumenti simbolo della città, calpestiamo il famoso 13 scalino sulla scala all’ingresso del Colorado State Capitol con su scritto “One mileabovesealevel”.

Ci sarebbe piaciuto partecipare ad una della tante visite guidate dei due monumenti, ma purtroppo il sabato sono chiusi al pubblico.

Alle 11.00 c.a ci dirigiamo per la visita del Denver Art Museum, il museo d’arte contemporanea americana che per fortuna il primo sabato del mese è gratis.

Dopo circa due ore, stanchi e affamati ci dirigiamo verso la 16th Street Mall, ovvero la via principale per gli acquisti a Denver. Dopo un pranzo veloce a base di insalata, percorriamo a piedi tutta la 16th Street Mall, visitando il Denver Pavillions, il centro commerciale cittadino, il Brown Palace che assomiglia molto al Flatiron Building di New York e arriviamo fino alla appena restaurata Union Station. Dopo un caffè rigenerante decidiamo di tornare indietro sfruttando la navetta gratuita che percorre la 16th Street Mall avanti e indietro per dirigerci verso il parcheggio a ritirare la nostra macchina.

Prima di recarci in aeroporto ci dirigiamo a Cherry Creek, il centro commerciale della grandi firme situato a 30 minuti dalla città e a poche miglia dall’aeroporto.

Dopo qualche acquisto tra le grandi firme, approfittiamo anche del supermercato per acquistare il frigo di polistirolo, la scorta d’acqua e varie altre cose che ci serviranno in viaggio.

Pieni di speranza ci dirigiamo all’aeroporto e finalmente scorgo nel parcheggio l’inquietante statua del cavallo con gli occhi rossi simbolo dell’aeroporto, e dopo una breve attesa finalmente ritiriamo la mia valigia che nel frattempo era arrivata da Chicago. Felici dell’epilogo fortunato della giornata rientriamo in città e dopo una cena al ristorante irlandese “Katie Mullen’s” (2 birre, un fish& chips, un Irish stew e una summerberry cake per 47 $), e una breve passeggiata rientriamo all’hotel Confort Hinn (149$) e stanchi andiamo a dormire.

3° GIORNO: 3 agosto, Denver Cheyenne (382 km)

Di nuovo sveglia presto perché la giornata prevede numerose tappe e finalmente partiamo per il nostro tour on the road attraverso le Rocky Mountain che ci porterà ad attraversale il Colorado per arrivare in serata a Cheyenne, capitale del Whyoming.

Partiamo da Denver seguendo la strada per Black Hawk e dopo c.a 110 km arriviamo a percorrere la “pick to pick scenic high way” che ci porterà dritti all’ingresso ovest del Rocky Mountain National Park.

Prima di avventurarci nel parco ci fermiamo a Estes Park per dare un’occhiata al celeberrimo Stanley Hotel, dove pare abbia soggiornato a lungo Stephen King e al quale si sia ispirato per scrivere Shining.

Proprio in questa zona Stanley Kubric ambientò il film omonimo, uno dei suoi più grandi capolavori, e devo dire che dietro la curiosità che spinge i turisti a visitarlo, si è creato un vero e proprio business, con il parcheggio dell’hotel a 5$. Vi consiglio di parcheggiare lungo la strada alla base dell’hotel e di risalire la collinetta con una passeggiata. L’hotel è molto suggestivo e il suo interno anche se non è proprio come nel film, lo ricorda molto. Pare che alcune camere siano veramente infestate dai fantasmi, sarebbe stato carino percorrere i corridoi e sperare di incontrare le due gemelle che dicono “Ti va di giocare?”.

Dopo qualche foto ci dirigiamo all’ingresso del Parco e dopo aver acquistato il Pass annuale dei parchi (80$) iniziamo a percorrere la strada panoramica che ci porterà all’Alpine Visitor Center. Avevo letto molto su questo parco e sui disastri causati dalle alluvioni del settembre 2013; infatti la Old Fall River Road risulta ancora chiusa e così non ci rimane che percorrere la Trail Ridge Road per arrivare all’Alpine Visitor Center.

Lungo la strada ci fermiamo a fotografare i diversi overlook e finalmente arriviamo al Visitor Center ma dato che nel frattempo il cielo si è annuvolato, decidiamo che non è il caso di fare pic-nic al freddo dei 12 gradi e consumiamo il pranzo in macchina.

Dopo pranzo decidiamo di percorrere in una mezz’oretta la salita che ci porterà a c.a 4000 mt di quota; il respiro si fa affannato, una pioggerellina inizia a cadere, ma l’emozione di arrivare a 4000 mt ci spinge ad andare avanti. Se penso che in Europa altitudini del genere sono raggiungibili solo da pochi eletti e con ore di cammino, arrivarci praticamente in macchina è una cosa unica e rara.

Dopo la foto con il cartello 12.005 piedi sul livello del mare, riprendiamo la macchina per attraversare il parco e dopo qualche km ci fermiamo a fotografare sotto la pioggia ormai battente delle bellissime bighornsheep, le pecore americane dalle grandi corna, che incuranti del diluvio pascolano come se niente fosse.

Dopo aver ringraziato il ranger che ha fermato il traffico per aiutarci a fare una foto, riprendiamo la strada che ci porterà all’uscita del parco in direzione Cheyenne, capitale del Whyoming, dove arriveremo nel tardo pomeriggio dopo c.a. 2 ore di viaggio. Dopo aver cenato in un ristorante italiano, l’Olive garden, abbastanza deludente, in quanto si tratta di una catena americana di ristoranti italiani (2 birre, una caprese, un secondo e un minestrone per 35 $), decidiamo di rientrare all’Holiday Inn Express & Suites per riposare (145$).

4° GIORNO: 3 agosto, Cheyenne – Hot Springs (386 km)

Questa mattina sveglia con comodo in quanto la tappa di oggi, nonostante i Km, non prevede molte soste e molte cose da visitare.

Dopo colazione decidiamo di passare la mattinata a visitare la bella Cheyenne. La giornata è soleggiata e nonostante non sia tardi il caldo si fa sentire fin da subito; facciamo un giro per la città visitando dall’esterno lo State Capitol, lo State Museum e la State Library, tutti edifici nel centro storico e a poca distanza tra di loro. La cittadina è cosparsa di statue colorate dei celebri “Boots” americani, una nota folcloristica non da poco.

In tarda mattinata riprendiamo il nostro viaggio e dopo la spesa per il pranzo in uno dei tanti Wall-Mart, ci fermiamo nella bellissima ChugwaterRest Area, per pranzare all’ombra di un pergolato con addirittura il barbecue per cucinare la carne alla griglia.

Dopo pranzo arriviamo in prossimità di Hot Springs e dopo aver visitato il Mammoth Site con i resti dei dinosauri ci dirigiamo al nostro hotel Stay Hotel & Suites (155$) e dopo una buonissima cena a base di filetto alla griglia daWolly’s Western Grill &Club (1 birra di un birrificio locale, due filetti con contorno a 45$), ci ritiriamo al caldo in camera in quanto non ha ancora smesso di piovere sperando in un tempo migliore per l’indomani.

5° GIORNO: 5 agosto, Hot Spring Wall (280 km)

Questa mattina sveglia presto, la giornata prevede parecchie tappe e tutte attese da anni dalla sottoscritta, perciò dopo la consueta spesa al Wall-Mart partiamo alla volta del South Dakota e del Crazy Horse Memorial lasciandoci alle spalle il Whyoming.

Il Crazy Horse Memorial è il monumento creato dallo scultore Korezakin onore di Cavallo Pazzoper volere del capo Lakota, situato tra Custer e Hill City sulla 385 in direzione nord.

Dopo circa un’oretta di viaggio arriviamo in prossimità del memoriale e già lungo la strada si può ammirare questo straordinario capolavoro scolpito nella collina. I lavori purtroppo hanno completato solo il volto di Cavallo Pazzo e sono iniziati quelli della criniera del cavallo. Viene da chiedersi quando finiranno, considerato che procedono solo con i finanziamenti ottenuti dalla vendita dei biglietti d’ingresso. Considerato la cifra di 25$ a testa decidiamo di non visitarlo; per fortuna si riesce a parcheggiare l’auto nel parcheggio al cancello d’ingresso e ad arrivare a piedi fino ai gabbiotti dove si paga il biglietto d’ingresso. Con un buon teleobiettivo e una giornata tersa si riescono a fare buone foto anche ad una certa distanza.

La cosa che ci colpisce subito all’ingresso del Crazy Horse Memorial è l’enorme quantità di HarleyDavidson in arrivo, tantissimi americani che con le loro moto rendono onore al monumento di Cavallo Pazzo.

A metà mattina arriviamo finalmente ad una delle tappe che attendevo con ansia: il Mount Rushmore, la famosissima montagna con le facce dei presidenti Jefferson, Washington, Roosvelt e Lincoln scolpite nella roccia. Il monumento è gratis con la tessera dei parchi, ma il parcheggio all’ingresso costa 11$ e purtroppo è l’unico a disposizione. Dopo aver parcheggiato percorriamo la scala che ci porta al vialetto d’ingresso con tutte le bandiere dei diversi Stati dell’America, che subito ci prende uno sconforto incredibile, si è annuvolato tutto, le facce dei presidenti sono avvolte nella nebbia. Che nervoso incredibile, così decidiamo di aspettare un’oretta dato che sono solo le 10.00 del mattino, per vedere se il tempo migliora. Nel frattempo facciamo conoscenza di un americano appassionato di fotografia come noi, talmente gentile che non solo ci fa delle fotografie, ma addirittura ci fa provare il suo bellissimo teleobiettivo, e tra una chiacchera a l’altra, improvvisamente le nuvole piano piano scompaiono e compare un cielo azzurro intenso con un sole straordinario. Eccoci che come due bambini scattiamo numerose fotografie e decidiamo di percorrere il PresidentialTrail, un percorso circolare che porta proprio sotto i faccioni dei presidenti, passando prima da un piccolo museo che illustra la storia della costruzione dell’opera. Avevo letto su di un racconto di altri turisti per caso che conveniva percorrerlo in senso orario anziché antiorario come indicato, per evitare gli scalini in salita all’andata che diventano così in discesa al ritorno. Dopo una bella passeggiata, si è fatta quasi l’ora di pranzo e conviene rimetterci in marcia perché nel pomeriggio ci aspetta il bellissimo Badlands National Park.

Dopo circa 150 km arriviamo in corrispondenza di Scenic, dove inizia la ScenicByways, una bellissima strada panoramica che attraversa le Black Hills.

Arriviamo all’ingresso di Interior dov’è localizzato il Ben Reifel Visitor Center dove entriamo per usufruire del bagno e recuperare una mappa dei trail anche se a casa avevo già programmato un paio di passeggiate.

Iniziamo subito dal Nochttrail, una bellissima passeggiata immersi in un paesaggio surreale, quasi lunare di circa 2.5 km. Il percorso non è assolutamente impegnativo, a parte una scaletta iniziale fatta di pioli in legno a ridosso della collina che per salirla si è costretti ad appoggiarsi praticamente alla parete della collina facendo attenzione a non cadere. La passeggiata continua in cresta alla collina e quando si arriva al cartello “end of trail”, anziché fermarsi occorre proseguire di qualche centinaio di metri per arrivare a fermarsi prima di cadere nel vuoto e poter ammirare tutto il paesaggio delle Badlands, una cartolina straordinaria ed indimenticabile.

Dopo percorriamo il Window trail, una bella passeggiata su di una passerella che porta ad un arco naturale con una straordinaria vista sul canyon.

Infine ci concediamo il Door trail di c.a 1.5 km, una bella passeggiata facile, pianeggiante, sembra di camminare sulla luna lungo il canyon delle Badlands.

Prendiamo la Badlands Loop Road, una bellissima strada panoramica che attraversa il parco e ci fermiamo in tutti gli overlook dal White River Valley Overlook, al Panorama Point e scattare delle fotografie incredibili con delle sfumature di colore straordinarie.

Dopo c.a 15 km dall’uscita del parco arriviamo a Wall, dove passeremo la serata e la notte. Purtroppo in zona parco i motel sono solo ad Interior e ad Wall, e fino a Rapid City non si trova più nulla, ma arrivare fin lì in serata era improponibile vista l’intensa giornata. Wall è famosa per il suo Drug Store molto particolare, perché sembra di fare un tuffo nel passato e di entrare in un set cinematografico Western.

Mentre curiosiamo tra i centinaia di “Boots western”, facciamo conoscenza di un ragazzo italiano immigrato a Chicago, venuto a Wall per avvicinarsi a Sturgis, per il più grosso raduno mondiale di bike, di Harley Davidson. Adesso capiamo il motivo delle migliaia di Harley Davidson che abbiamo incontrato strada facendo e spinti dalla curiosità decidiamo una piccola deviazione lungo il percorso per l’indomani mattina.

Stanchi andiamo a riposare nel nostro albergo Super 8 (152$, caro ma essendo vicino a Sturgis abbiamo capito il motivo di tale prezzo).

6° GIORNO: 6 agosto, Wall Billings (684 km)

Ennesima sveglia presto di mattina in quanto oggi è la tappa più lunga del viaggio e dopo una classica “colazione americana” a base di yogurt e pane e nutella (siamo anche riusciti a trovare la Nutella) ci avviamo verso nord ovest sulla I90 in direzione Rapid City. Dopo Rapid City continuiamo sulla I90 e ci fermiamo a Sturgis per un’esperienza a dir poco entusiasmante di cui parleremo per tutta la vacanza. Incredibile le migliaia di Harley Davidson che affollano il paesino, ce ne sono ovunque, gli americani hanno proprio un senso del divertimento completamente diverso dal nostro. Una delle cose che più ci stupisce è la grande solidarietà che aleggia nell’aria, tutti ospitano tutti, ci sono centinaia di tende da campeggio montate nel giardino delle tipiche casette americane, ognuno trova posto e si arrangia come meglio crede, centinaia di motociclisti che allestiscono ovunque officine per le manutenzioni delle moto.

Ci sono tantissime bancarelle con in vendita articoli di pelle, giubbotti da moto e addirittura stand con macchine da cucire per attaccare direttamente i “patch di Sturgis 2014” sui giubbotti.

Dopo aver comprato anche noi qualche souvenir e scattato un sacco di fotografie al piazzale con migliaia di Harley parcheggiate, ripartiamo alla volta della Devil’s Tower National park.

Proseguiamo sulla I90 e a Sundance all’uscita 185 prendiamo la 14 in direzione nord.

Il Devil’s Tower National park, letteralmente la Torre del diavolo, è una montagna alta 1588 mt con un aspetto molto particolare tanto che inlakotaè chiamata “Torre dell’Orso”. Una leggenda lakota racconta che mentre 7 bambine raccoglievano i fiori alla base del monte, gli orsi si avvicinarono per divorarle, ma il Grande Spirito le salvò portandole in cima alla montagna. Gli orsi tentarono di scalare la montagna lasciando dei segni con le loro unghie, e quindi i solchi caratteristici del monte sarebbero le incisioni degli artigli degli orsi lasciati da quest’ultimi mentre tentavano di scalare la montagna.

La Devil’s tower è compresa nella tessera dei parchi e dopo aver parcheggiato decidiamo di fare pic-nic in una delle numerose tavole per il campeggio, e anche qui che incredibile esperienza, un pic-nic con questa montagna particolare che ci fa da sfondo. Prima di ripartire ancora una volta l’America ci stupisce: un cartello appeso fuori dalla porta del bagno invita a tenere le armi da fuoco fuori dal bagno… Incredibile.

Dopo una breve passeggiata alla base della montagna ripartiamo perché ci aspettano un paio d’ore di macchina per arrivare in Montana.

Dopo c.a 500 km all’uscita 514 giriamo a destra per vedere “Little Bighorn Battlefield National Monument”, il campo teatro della battaglia di Little Bighorn, tra i Lakota guidati da Cavallo Pazzo e Toro Seduto contro il generale Custer. La battaglia fu il più famoso incidente delle guerre indiane e costituì una schiacciante vittoria per i Lakota e il reggimento del Colonello Custer fu quasi tutto sterminato.

Ovviamente si tratta di un prato enorme a vederlo adesso, ma complice la luce del tramonto, se si pensa a tutto quello che è successo, a tutti gli uomini che sono morti, si ha la sensazione di aver fatto parte di un pezzo di storia americana. Molto carino è anche il centro visitatori dove è allestito un museo che rievoca i momenti salienti della Battaglia, con tanto di divise e cimeli di guerra perfettamente conservati.

Stanchi ripartiamo per la vicina Billings per cenare al ristorante italiano Ciao mambo (2 antipasti, un primo, un secondo vegetariano e due birre per 43$) e riposarci dopo una giornata super intensa al Kelly Inn Billings (109 $).

7° GIORNO: 7 agosto, Billings Cody (172 km)

Finalmente oggi riusciamo a riposarci un pochino di più data la breve tappa che ci porterà dal Montana a rientrare in Whyoming per dirigerci a Cody, città del mitico Buffalo Bill. A poche miglia da Cody attraversiamo un piccolo paese e uscendo superiamo leggermente il limite di velocità di 25 mph a 40 mph e comeper incanto al bordo strada compare la pattuglia di uno sceriffo di colore marrone e ben mimetizzata con la natura circostante. Appena superiamo la pattuglia ecco che lo sceriffo avvia il motore e tempo di accendere i lampeggianti e la sirena, noi siamo già fermi a bordo strada. In America non bisogna assolutamente scendere dalla vettura, e dopo pochi istanti compare lo sceriffo e appena ci fa notare l’infrazione commessa, Gianluca esordisce con un “I’m sorry”. Lo sceriffo capisce che siamo turisti, ci chiede i documenti, le carte del noleggio e si ritira in auto a compilare il verbale che ci verrà consegnato e dopo il pagamento di 40 $ di multa possiamo ripartire. Lo sceriffo ben gentile si offre addirittura di fornirci indicazioni sulla strada da percorrere per arrivare a Cody, ma con l’utilizzo del navigatore, lo ringraziamo e ripartiamo.

Appena arrivati a Cody andiamo a visitare il Cody Mural Visitor Center (gratis), in quanto avevo letto le recensioni di uno splendido murales sulla storia dei fondatori della Chiesa Mormone. Mai avrei immaginato di trovare una guida anziana che per quasi un’ora mi ha illustrato le storia delle origini della Chiesa Mormone e del tempio a Salt Lake City, paragonabile alla nostra basilica di San Pietro in Vaticano.

Dopo il consueto pic-nic per pranzo decidiamo di trascorrere il pomeriggio tra la visita del Buffalo Bill Historical Center (18$), il museo dedicato alla vita di Buffalo Bill, e la visita di Cody.

Nel tardo pomeriggio facciamo il check-in allo storico Irma Hotel (127$), fondato anch’esso da Buffalo Bill, dove riusciamo ad acquistare i biglietti per il rodeo.

Alle 18.00 in punto davanti all’Irma hotel assistiamo allo spettacolo dei “Gun fighters”, una simpatica e folkoristica rappresentazione di una sparatoria dell’epoca di Buffalo Bill. Uno dei momenti più emozionanti è stato quello dell’inno americano, con tutti gli spettatori a cantarlo in piedi con la mano sul cuore, un esempio di vero patriottismo.

Per cena decidiamo di mangiare nel ristorante storico dell’hotel, un po’ perché è un locale storico con gli arredi dell’epoca, addirittura il bancone del bar è ancora quello in ciliegio dono della Regina Vittoria, un po’ per una questione di tempo, in quanto il Rodeo inizia alle 20.00.

Arriviamo al parcheggio del rodeo che è quasi tutto pieno, ma troviamo comunque posto agevolmente all’interno sugli spalti (i biglietti non danno diritto al posto prenotato, ma solo all’ingresso e basta, quindi occorre arrivare per tempo).

Non eravamo mai stati ad un rodeo dal vivo, ma è uno spettacolo interessante e tipico soprattutto, e i vitellini quando sono catturati e legati su tutte le quattro zampe, non soffrono assolutamente in quanto vengono liberati quasi subito.

Nonostante il freddo incredibile e il vento gelido, le due ore dello spettacolo passano in fretta, e scopriamo che non sono solo cow-boy a cavalcare tori e cavalli, ma anche bellissime e abilissime cow-girl, e giovani ragazzini di una decina d’anni.

Felici e contenti della piacevole e originale giornata andiamo a riposare nella nostra stanza d’epoca in hotel sognando lo Yellowstone del giorno dopo.

8° GIORNO: 7 agosto, Cody – Yellowstone National Park (203 km)

Questa mattina sveglia presto e dopo colazione salutiamo l’Irma hotel e la città di Cody e iniziamo a percorrere la bellissima Wapiti Valley che dopo soli 82 km collega Cody all’ingresso est dello Yellowstone National Park.

Lungo il tragitto ci siamo fermati al solito Wall-Mart per fare provviste per i pranzi e le colazioni dei due giorni successivi.

Dopo circa 90 km da Cody arriviamo finalmente all’ingresso est dello Yellowstone National Park e dopo la foto di rito al cartello d’ingresso e dopo avere presentato la consueta tessera dei parchi, proseguiamo il viaggio in direzione Yellowstone Lake. Ci accorgiamo quasi subito dell’altitudine e del clima di montagna, infatti siamo a c.a 2500 mt di altitudine.

Lo Yellowstone Lake è uno dei più grandi laghi alpini esistenti al mondo e il lago più grande del parco e in prossimità notiamo le prime fumarole, e poco distante il primo branco di bisonti.

Passato il lago imbocchiamo la Grand loop road verso nord che costeggia lo Yellowstone River attraversando la Hayden Valley fino ad arrivare al Gran Canyon of the Yellowstone, ovvero uno spettacolare canyon all’interno del parco.

Prima dell’esplorazione del canyon ci fermiamo a pranzo in una delle aree pic-nic del parco, un pochino intimoriti dai cartelli di metallo sui tavoli che invitano a non lasciare cibo incustodito che potrebbe attirare gli orsi e dopo un pranzo consumato in fretta a causa dell’arrivo di un temporale ci rimettiamo in marcia.

Decidiamo di percorrere l’Uncle Tom’s Trail, un trail molto particolare che attraverso c.a. 300 scalini ti ferro porta quasi alla base del Canyon dalla quale si possono ammirare le Upper Falls e le Lower Falls, due splendide cascate che convogliano l’energia dello Yellowstone River nel canyon del parco.

Dopo la risalita alquanto impegnativa della scala ci fermiamo nel punto panoramico più mozzafiato del parco, Artist Point a scattare un bel po’ di fotografie e ripartiamo alla volta di Tower-Roosevelt dove ci accoglie un altro temporale.

Un po’ dispiaciuti del temporale decidiamo di fermarci incuriositi da un gruppo di persone al bordo strada che sotto il temporale stanno osservando con i binocoli e i teleobiettivi l’altro lato della strada. Scesi dall’auto e al riparo di un albero (non proprio in sicurezza dato il temporale), finalmente con il nostro teleobiettivo notiamo l’oggetto di tanta curiosità, uno splendido orso nero sceso a valle verso il tramonto intento a cibarsi di mirtilli selvatici. Nell’arco di poco tempo siamo raggiunti da altre persone e naturalmente da un ranger che si assicura che rimaniamo a debita distanza dall’orso.

L’avvistamento dell’orso ci ruberà una buona mezz’ora, ma soddisfatti ci dirigiamo verso Mammoth Hot Spring dove abbiamo prenotato per la notte all’hotel Mammoth Hot Springs (134.85$ per una notte).

Appena entrati in camera sul letto troviamo un pelouche del lupo dello Yellowstone il cui acquisto finanzierà l’associazione per la salvaguardia del parco, e non soddisfatti al negozio dell’hotel acquistiamo anche l’orso in ricordo dello splendido incontro del pomeriggio.

Ceniamo nel ristorante dell’hotel e dopo una breve passeggiata data la temperatura ormai scesa sugli 8 gradi, ritorniamo in hotel esausti per le tante emozioni della giornata.

9° GIORNO: 8 agosto, Yellowstone National Park

Che incredibile risveglio, scostare le tende per fare entrare la luce e trovarsi in giardino dei bellissimi alci americani che al mattino scendono a valle per brucare l’erba fresca e i fiori nelle fioriere dell’hotel.

Dopo colazione iniziamo l’esplorazione della Mammoth Country, rinomata per le sue bellissime terrazze geotermiche, ed esploriamo le Lower Terraces e le Upper Terraces, prodotto dello scioglimento del calcare sotterraneo, che viene depositato in superficie quando le acque sorgive si raffreddano a contatto con l’aria.

Che incredibili colori, infatti le terrazze naturalmente bianche assumono in alcuni tratti delle sfumature che vanno dal giallo all’ocra, per via dei batteri e delle alghe che vi prosperano.

Terminata la passeggiata mattutina ormai i nostri polmoni sono liberi dai residui dell’inverso grazie all’aria satura di vapori di zolfo e sono pronti ad un altro trail che ci darà una delle immagini più belle del parco.

Proseguiamo infatti verso sud verso la regione di Norris e dei suoi Geyser Basin, fermandoci in numerosi punti panoramici a scattare decine di foto.

Passata la zona di Norris arriviamo in corrispondenza del Midway Geyser Basin dove si trova il Grand Prismatic Spring, la sorgente termale più ampia e spettacolare del parco e dopo averlo percorso in senso circolare lungo tutte le passerelle di legno decidiamo di seguire i consigli della guida e di raggiungere l’inizio del FairyfallsTrailhead situato in prossimità di un parcheggio a 1.5 km dal Grand Prismatic.

Il sentiero dapprima pianeggiante si inerpica nel vero senso della parola, lungo un pendio arso dal fuoco; che impresa risalire lungo il pendio, per fortuna che siamo attrezzati per il trekking e così dopo una 20 di minuti ci giriamo in bilico sul pendio per ammirare una delle meraviglie della natura, il Grand Prismatic che ci appare dall’alto come un gigantesco occhio azzurro che versa meravigliose lacrime multicolore.

Dopo una sosta lungo il pendio di quasi un’ora per ammirare il fenomeno ed imprimere le emozioni che ci ha regalato questa passeggiata, scendiamo e ci dirigiamo al parcheggio per avvicinarci nella zona dei Geyser che caratterizzano il parco e ammirare l’Old Faithfull.

Appena arrivati, dopo aver parcheggiato l’auto ci dirigiamo subito al Visitor Center per vedere l’orario della prossima eruzione del geyser e poi ritorniamo al parcheggio per consumare il nostro pranzo pic-nic nell’area di sosta adiacente al parcheggio.

Oggi la giornata è meravigliosa, un cielo terso e un caldo incredibile e dato che siamo in montagna riusciamo anche ad abbronzarci e dopo pranzo ci dirigiamo al Old Faithfull per osservare l’eruzione del geyser.

Nell’attesa dell’eruzione, facciamo amicizia di una coppia di americani di origine messicana in vacanza nel parco che rimangono colpiti del fatto che siamo italiani tanto da rincorrerci dopo i saluti al termine dell’eruzione del geyser per chiederci l’amicizia su Facebook.

Ancora una volta gli americani ci hanno colpito per la loro gentilezza ed ospitalità e continuiamo la nostra passeggiata lungo le passerelle della zona dei geyser, facendo centinaia i foto ai numerosi geyser che improvvisamente esplodevano in tutta la loro potenza. Devo dire che questa passeggiata ci è piaciuta addirittura di più che l’eruzione dell’Old Faithfull forse perché quest’ultima era molto lontana mentre la passeggiata ci ha portato molto vicino a geyser più piccoli, ma oltremodo potenti.

Un po’ tristi verso il tramonto torniamo indietro verso l’ingresso ovest del parco per raggiungere il Moose Creek Inn West Yellowstone (190$ per una notte), dove ci fermeremo nella notte.

Dopo cena al Three Bear restaurant (2 birre e due secondi a 43$) e una passeggiata andiamo a dormire un po’ tristi per aver lasciato lo Yellowstone National Park e aver concluso forse le due più belle giornate del viaggio.

10° GIORNO: 10 agosto, Grand Teton National Park – Salt Lake City (516 km)

L’itinerario iniziale era di dirigerci direttamente a Salt Lake City attraverso l’interstate presa direttamente in prossimità del nostro hotel, ma su consiglio del signore americano incontrato al Mt. Rushmore decidiamo di rientrare nel parco e di uscire dall’ingresso sud per percorrere il Grand Teton National Park, un bellissimo parco situato a sud dello Yellowstone, praticamente di strada per Salt Lake City.

La giornata è bellissima e dopo un’oretta di attraversamento dello Yellowstone, ecco il cartello di uscita e subito dopo quello di ingresso al Grand Teton National Park.

Il paesaggio cambia quasi subito per trasformarsi in un paesaggio alpino, con vette decisamente alte, il monte Teton, storico gigante dell’alpinismo americano, si staglia all’orizzonte con i suoi 4197 mt. di altezza.

Ci fermiamo a prendere informazioni al ColterBay Visitor Center, per poi dirigerci immediatamente al Jackson Lake Lodge, un bellissimo lodge al cui interno da enormi finestroni si può ammirare un panorama mozzafiato del parco.

Dopo questa tappa ripartiamo alla volta del Jenny Lake, un bellissimo laghetto circa a metà del parco dove ci fermiamo un paio d’ore per ammirare il bellissimo panorama, sembra di ritrovarsi in prossimità di uno dei nostri laghi alpini, dei paesaggi incredibili e delle foto che sembrano delle cartoline, con il lago alpino, le canoe e le montagne sullo fondo.

Dopo aver pranzato in un bellissima area pic-nic nel parco, proseguiamo senza sosta verso Salt Lake City. Senza saperlo il tragitto prevede il passaggio attraverso un pezzo di Idhao, ecco quindi collezionare un altro Stato.

Come cambia di nuovo il paesaggio, praterie sconfinate e un caldo incredibile, soprattutto senza quasi incontrare automobili lungo il nostro percorso.

Finalmente dopo un paio d’ore ecco comparire il cartello che ci segnala l’ingresso in un nuovo Stato, lo Utah equasi alle 19.00 arriviamo a Salt Lake City. Dopo una cena italiana al Brio TuscanGrille (2 primi con insalata e una birra a 47$), chiedendo scusa perché sono quasi le 21 e praticamente siamo gli unici clienti, ci rifugiamo al Crystal Inn Hotel & Suites (90 $), distrutti ma ancora una volta felici di esserci fidati dei consigli di un americano che ci ha fatto conoscere un’altra meraviglia dell’America.

11° GIORNO: 11 agosto, Salt Lake City – Tropic (440 km)

Questa mattina la sveglia è suonata un pochino più tardi in quanto abbiamo deciso di passare buona parte della mattina a Salt Lake City per visitare Tample Square, l’enorme piazza che in realtà racchiude il cuore pulsante della religione Mormone.

Prima di intraprendere questo viaggio non sapevo molto sulla religione Mormone (non che adesso ne sia una cultrice erudita), ma devo dire che l’incontro a Cody mi ha fatto conoscere l’origine di tale religione e come è stato fondato il bellissimo tempio di Tample Square. Temple Square in realtà non è solo una piazza dove si trova il più grande tempio della religione Mormone, ma rappresenta per i suoi fedeli la nostra Città del Vaticano in miniatura, con numerosi edifici che vanno dalla casa di Brigham il suo fondatore, ad altri come un centro per le conferenze, una bellissima sala con un organo con un’acustica incredibile, a numerosi altri edifici sedi amministrative ed organizzative dell’ordine religioso.

La giornata è tersa, con il cielo di un azzurro incredibile tanto che il marmo bianco di cui è fatto il tempio, viene esaltato in tutto il suo splendore e tra una fotografia e l’altra abbiamo modo anche di assistere all’arrivo di una sposa e di tutti i suoi invitati.

L’unico dispiacere è che non essendo di religione Mormone, non possiamo entrare nel tempio e ci dobbiamo accontentare di un modellino esposto al visitor center, con una riproduzione molto fedele, secondo la brochure degli interni.

In tarda mattinata ripartiamo da Salt Lake City per fermarci dopo c.a una 40 di km all’outlet di Park City, dove oltre che pranzare ci dedicheremo un paio d’ore all’acquisto sfrenato nei negozi di famosi brand americani.

Primo pomeriggio ripartiamo destinazione Tropic dove arriveremo all’ora di cena e dopo esserci sistemati all’Americas Best Value Inn (105$) ceniamo nell’unica pizzeria (due ottime e dico ottime pizze e due birre a 37 $ c.a) presente in questo paesino minuscolo, il cui unico vantaggio è quello di essere a 30 minuti di viaggio dal Bryce Canyon National Park.

12° GIORNO: 12 agosto, Bryce Canyon National Park – Page (250 km)

Questa mattina ci siamo svegliati con una tristezza incredibile per il meteo, in quanto il cielo grigio e plumbeo di ieri sera non è migliorato per nulla, anzi enormi nuvole nere cariche di pioggia incombono all’orizzonte. Dopo circa mezz’ora di viaggio arriviamo all’ingresso del Bryce Canyon ed inizia a piovere e secondo il ranger che ci controlla la tessera dei parchi all’ingresso non può che peggiorare.

Sconsolati decidiamo di proseguire in base all’itinerario che c’eravamo prefissati, il Bryce Canyon, infatti, più che un canyon è un enorme anfiteatro naturale lungo e stretto fatto come un cavalluccio marino che parte da un altitudine di c.a 2000 mt per arrivare ai 2800 c.a del Rainbow Point.

Avevo letto che tutti gli overlook si trovano su lato est della strada e che quindi conviene percorrerlo tutto senza fermarsi, arrivando fino in fondo al Rainbow Point, per poi tornare indietro e fermarsi quindi in tutti i punti panoramici che sono dallo stesso lato della strada, man mano che li si incontra.

Per fortuna il temporale non ha ancora raggiunto il fondo del canyon in quanto al Rainbow Point è solo nuvoloso e quindi ne approfittiamo per scattare un po’ di fotografie tristi perchè con il sole sarebbe tutto diverso.

Ci fermiamo in tutti i punti panoramici anche se ormai il diluvio ci ha raggiunto, e fa oltretutto freddo, ci saranno 10 gradi.

Dopo il pranzo consumato in macchina, finalmente smette di piovere e alle 14.00 il primo raggio di sole inizia a bucare le nuvole facendoci ben sperare per il resto del pomeriggio. Di corsa ritorniamo al Rainbow Pointe rifacciamo tutti i punti panoramici per riscattare centinaia di fotografie, consapevoli che i raggi del sole esaltano il Bryce canyon in tutta la sua bellezza. Al Bryce Point ci troviamo di fronte al Bryce Amphitheater con vedute meravigliose su Silent City; rimaniamo letteralmente senza fiato da tanta meraviglia della natura, migliaia di “hoodoos”, i camini delle fate, stretti pinnacoli di roccia che si sollevano per decine di metri e che creano un paesaggio surreale. Sono ormai le 16.00 del pomeriggio, la nostra tabella di marcia ci dice che dovremmo andare, ma decidiamo al Sunset Point di percorrere almeno il Navajo Loop trail, un sentiero breve ma ripido che ci porta alla base degli hoodoos. Avremmo voluto percorrere altri famosi e spettacolari trail, come il Queens Garden al Sunrise Point, oppure il Queens/Navajo Combination Loop che unisce il SunsetPoint al SunrisePointattraverso un percorso circolare.

Centinaia di persone ci tengono compagnia per un ora di passeggiata e risalendo al Sunset Point assistiamo ad un tramonto incredibile che mai avremmo sperato di vedere. Siamo rimasti incantati per quasi mezz’ora davanti a tanta meraviglia della natura, ma si è fatto veramente tardi e dopo una cena veloce consumata al ristorante del Best Western situato all’uscita del parco, guidiamo per quasi tre ore per arrivare alle 23.00 distrutti a Page al Best Western Plus at Lake Powell (270$).

13° GIORNO: 13 agosto, Page – Kayenta (190 km)

Questa mattina ci svegliamo un pochino dopo in quanto la mattina dovrebbe essere trascorsa a Page in attesa delle 13.00 per effettuare il tour fotograficodell’Antylope Canyon (82$ a testa con le tasse) prenotato su internet diversi mesi prima.

Purtroppo la mattina non comincia nel migliore dei modi in quanto diluvia non poco e questo non ci fa sperare nel riuscire ad effettuare il tour fotografico del Canyon, in quanto essendo un canyon sotterraneo, in caso di pioggia i tour vengono annullati per pericolosità.

Anche la colazione, che di norma mette di buon umore, ci fa venire il nervoso, in quanto il Best Western è organizzato malissimo, con una sala piccolissima e decine di persone che si aggirano con il piatto in mano in attesa di potersi sedere da qualche parte.

Dopo una colazione veloce seduti sui divanetti della hall, facciamo il check-out e andiamo subito all’ufficio dell’Antylope Slot Canyon Tours e come avevamo immaginato i tour sono tutti annullati.

Dato che abbiamo prenotato il tour ci danno la possibilità di effettuarlo l’indomani mattina alle 12.00, dato che le previsioni dovrebbero essere in miglioramento e non ci resta che accettare, anche se ci complica non poco la vita, in quanto oggi dovremmo raggiungere Kayenta a 200 Km di distanza.

Il fatto di effettuare il tour domani, ci costringerà a tornare indietro e a rivedere il programma di domani, pazienza, sogno l’Antylope Canyon da una vita.

Decidiamo quindi di partire in anticipo alla volta di Kayenta e alla volta della Monument Valley. All’uscita di Page ci fermiamo a vedere l’HorseshoeBand a 8 km a valle della diga di Glen Canyon sul lago Powell, lungo la R89 e intanto sembra stia spiovendo.

Lasciata la macchina al parcheggio dopo circa una ventina di minuti di passeggiata sulla terra rossa che contraddistingue questa zona (vi lascio immaginare lo stato dei pantaloni e degli scarponcini), arriviamo ad una vera meraviglia della natura, un enorme roccione fatto a forma di ferro di cavallo a picco sul fiume Colorado.

La visione è spettacolare ma bisogna fare molta attenzione in quanto non ci sono parapetti di protezione e complice le rocce scivolose si rischia di cadere nel vuoto. Peccato che la nebbia dovuta alla pioggia avvolga tutto e non renda giustizia a tanta meraviglia, e poco dopo aver scattato qualche fotografia riinizia a piovere.

Velocemente torniamo alla macchina e partiamo alla volta di Kayenta, dove arriviamo nel primo pomeriggio e quasi ci vengono le lacrime agli occhi perché non credevo che potesse anche piovere alla Monument Valley. Ho addirittura ho scattato qualche foto da dentro la macchina per testimoniare agli amici increduli la sfortuna che ci perseguita.

Arriviamo in prossimità dell’ingresso e sconsolati non sappiamo se entrare nel parco, in quanto essendo riserva navajo la tessera dei parchi non vale e dobbiamo perciò pagare 20$ e dato che piove talmente tanto che non si vede nulla all’orizzonte e non sappiamo quanto ne valga la pena.

Dato però che il viaggio oltreoceano e consapevoli che non sapremo quando potremmo ritornare decidiamo di entrare e raggiungere l’unico parcheggio vicino al Visitor Center. Arrivati consumiamo il nostro pranzo pic-nic in auto e poco dopo smette di piovere e dopo un breve giro al Visitor center e ai bagni decidiamo di percorrere con la nostra macchina l’intero percorso ad anello in mezzo alle “Butte”.

La MonumentValley è un parco molto particolare, in quanto si tratta di una vasta depressione desertica con paesaggio tipico della steppa che si trova a 1700 mt di altitudine dal quale si innalzano enormi monoliti denominati “Butte” dai colori più incredibili che vanno dal rosa all’ocra e al rosso e che raggiungono anche i 600 mt di altezza.

Ad ogni “Butta” è assegnato un nome particolare che ricorda molto la forma del monolite oppure la sua posizione nel parco ma ha solo un significato simbolico.

Iniziamo a percorre la strada panoramica, sconnessa e soprattutto non asfaltata che compie un percorso circolare di 27 km che offre una veduta spettacolare della valle, consapevoli che il noleggio del fuoristrada apposta per percorrere questa valle è stato provvidenziale.

Infatti il diluvio ha complicato enormemente il percorso e cartelli all’ingresso scoraggiano di proseguire in quanto in caso di problemi all’auto i navajo declinano ogni responsabilità e dichiarano di non venire in soccorso degli sventurati incoscienti.

Incredibile il giro in fuoristrada, sono ormai le 17.00 del pomeriggio e piano piano uno squarcio di sole si apre un varco nel cielo plumbeo. In circa due ore percorriamo tutto l’anello fermandoci nei diversi punti panoramici a scattare tante fotografie.

Alle 19.00 ritorniamo all’inizio del percorso colmi di emozione perché ormai il cielo è completamente terso e il sole ci regala l’emozione di un tramonto incredibile scaldando le “Butte” che si incendiano di colori straordinari e abbracciati e con la macchina fotografica sul cavalletto scattiamo una fotografia straordinaria di noi, di un arcobaleno e della Monument Valley dietro di noi.

Felici di come si è conclusa la giornata andiamo al nostro hotel Monument Valley Inn a Kayenta (239$ a notte) e dopo una cena veloce al ristorante dell’hotel (una zuppa, un’insalata, una bistecca e una birra a 37$) andiamo a dormire sotto un cielo pieno di stelle.

14° GIORNO: 14 agosto, Kayenta – Page – Kayenta Durango (600 km)

Questa mattina piena di ottimismo mi sono svegliata alle 5.00 e aperta la porta della camera mi sono trovata sotto un cielo pieno di stelle, quindi ho tirato giù Gianluca dal letto e dopo colazione consumata in camera, siamo ripartiti alla volta della Monument Valley. Dopo la solita mezz’ora di viaggio da Kayenta arriviamo all’ingresso del parco, ci sono già 4-5 auto in coda e dopo aver ripagato 20$ arriviamo al parcheggio al Visitor Center.

Per fortuna è ancora buio, così abbiamo tutto il tempo di montare i cavalletti e attendere i primi raggi del sole che appariranno all’orizzonte intorno alle 6.45 per regalarci uno spettacolo incredibile, un’alba alla Monument Valley.

Nessuno di noi ci avrebbe creduto, visto il tempo pessimo di ieri, ma oggi il cielo è terso e il sole ormai è alto in cielo, così alle 7.30 con il nostro fuoristrada ripercorriamo di nuovo la strada panoramica ascoltando in macchina un cd di Morricone portato apposta da casa con le colonne sonore dei famosissimi film western.

Devo dire che l’atmosfera è incredibile, ci siamo soffermati a scattare foto in tutti i punti panoramici caratteristici, dall’Elephant Butte, al Camel Butte, alle Three Sisters. Che emozione fermarsi al John Ford’s Point che come dice il nome è dedicato al regista John Ford e dopo pochi minuti che siamo lì arrivano un gruppo di turisti a cavallo….che combinazione suggestiva.

Rimaniamo senza fiato davanti al panorama dell’Artist Point, e devo dire che con il cielo terso e il sole che illumina le Butte, ammiriamo finalmente la Monument Valley che abbiamo tanto sognato.

Dopo un’ora lasciamo il parco perché ci aspettano due ore di viaggio per tornare indietro a Page dove arriviamo alle 11.00. Ci dirigiamo subito all’Antylope Slot Canyon Tours dove ci confermano che il nostro tour fotografico delle 12.00 è confermato.

Attendiamo l’ora della partenza facendo una seconda colazione, seguita da una passeggiata nel centro cittadino. Alle 11.30 ritorniamo all’ufficio dove abbiamo pagato per il tour e insieme ad un’altra coppia italiana partiamo con la nostra guida navajo alla volta dell’Antylope Canyon.

L’Antylope Canyon è un canyon sotterraneo che si trova in una zona di proprietà dei Navajo, infatti non è possibile visitarlo da soli, ma accompagnati per forza da una guida del posto.

Decidiamo di visitare l’Upper (il canyon comprende due distinti sezioni, l’Upper e la Lower), e devo dire che aver scelto il tour fotografico ti permette di crearti un varco in mezzo alle centinaia di turisti che lo affollano all’interno. Avevamo letto molto su come scattare fotografie all’interno del canyon, ed è stato incredibile scoprire che il canyon all’interno è buio, i colori straordinari che si vedono nelle foto, sono proprio il risultato della fotografia e della luce che filtra dalle fessure nella parte alta del canyon che colpendo le pareti risulta immortalata nella foto regalando quelle immagini straordinarie.Non è stato per niente facile fotografare, perché la nostra guida non ci lasciava il tempo, non riuscivamo ad aprire i cavalletti e ad usare tempi di scatto lunghi, ci spostavamo in continuo in mezzo alla folla. Dopo un po’ Gianluca si è stufato, ha tolto il cavalletto e ha alzato al massimo gli iso della sua reflex, in modo da scattare con tempi veloci. Ha esaurito quasi tutta una memory card ma su centinaia di foto, qualcuna devo dire che è incantevole, soprattutto quelle in cui la nostra guida lanciava in aria della sabbia che poi ricadeva illuminando i fasci di luce che filtravano dall’alto e che le regalavano a loro volta un colore iridescente.

Dopo un’ora di fotografia, siamo finalmente usciti alla luce del sole, stanchi, sudati, pieni di sabbia ovunque (avevo letto di non cambiare assolutamente obiettivo nel canyon data la troppa sabbia e di proteggere il corpo macchina con un sacchetto di nylon), ma abbastanza soddisfatti.

Dopo essere ritornati all’ufficio da cui partono i tour, troviamo un parco nel centro cittadino dove consumare il nostro solito pic-nic per pranzo.

Verso le 14.30 e sotto un sole cocente ripartiamo alla volta di Durango; la strada è molto lunga, ci vogliono due ore per ritornare a Kayenta e altre tre per andare a Durango, per tanto il pomeriggio scorre con il nostro viaggio in macchina.

Ripensiamo alla giornata intensa che si sta concludendo, un po’ dispiaciuti di non essere riusciti a fare Mesa Verde, ma soddisfattidi aver visto l’alba alla Monument e l’Antylope canyon.

Dopo Kayenta prendiamo la 160 per 128 km, e ci fermiamo in un sito particolare, The Four Corner, cioè un monumento costituito da una stella del vento disegnata per terra nel punto esatto in cui si incontrano quattro stati: Utah, Arizona, New Mexico e Colorado.

Tale monumento è gestito di nuovo dai navajo e quindi altri 10$ per scattare qualche foto.

Alle 19.00 distrutti arriviamo a Durango al nostro Best Western Durando Inn&Suites (150$) e su consiglio della proprietaria ceniamo in un ristorante incantevole con arredi d’epoca tutti in legno per concludere la giornata con una fantastica cena e la nostra ultima serata sul suolo americano (un filetto al pepe, un petto di pollo in crosta e una banana flambé deliziosa per 77$, ben spesi).

15° GIORNO: 15 agosto, Durango – Denver Italia (580 km +… km)

Eccoci qui all’ultimo giorno negli Stati Uniti, e la mattina non poteva che iniziare bene con una chiacchierata con un “centauro” sui 60 anni intento a lavare la sua Harley Davidson parcheggiata vicino alla nostra auto. Che questa moto fosse un’istituzione lo sapevamo, ma John ci racconta delle miglia che ha appena concluso, delle sue vacanze, del fatto che ha partecipato al raduno di Sturgis e quanta gioia ha manifestato quando ha scoperto che siamo italiani. Ha dei ricordi bellissimi in Italia, ha vissuto parecchi anni quando era militare alla base americana nel sud dove addirittura nacque il suo primogenito quasi nostro coetaneo e che ridere alla pronuncia di quel poco che si ricorda dell’italiano.

Dopo questa fresca e divertente chiacchierata, visitiamo il centro di Durando, e passeggiando ci dirigiamo alla stazione ferroviaria, con gli arredi ancora d’epoca e incredibile riusciamo ad assistere alla partenza del treno a vapore che tutti i giorni attraverso l’antica linea ferroviaria collega Durango a Silverton.Dopo la visita del museo dei treni annesso alla stazione con decine di fotografie dei modelli esposti e dell’immenso plastico in miniatura perfettamente funzionante (mio fratello è un appassionato cultore di modellismo ferroviario), proseguiamo la nostra passeggiata attraverso questa città mineraria dal fascino d’altri tempi, caratterizzata da alberghi eleganti, saloon di epoca vittoriana e tranquille vie alberate.

In tarda mattinata ripartiamo da Silverton per il lungo tragitto verso Denver fermandoci solo per il nostro consueto ed ultimo pic-nic in una attrezzata rest area in compagnia di una coppia di signori anziani.

Tardo pomeriggio arriviamo in aeroporto ed ecco il cavallo bianco con gli occhi spiritati che ci accoglie all’ingresso e dopo aver salutato con le lacrime agli occhi il nostro fuoristrada che ancora una volta è stata la nostra “casa viaggiante” per quindici giorni alle 20.45 siamo pronti a decollare salutando ancora una volta il suolo americano per ritornare a casa.

A distanza di mesi scrivendo questo racconto, sperando che sia utile ad altri turisti per caso per “costruirsi” un viaggio da sogno, mi rendo conto di quanto sono fortunata ad averlo potuto fare, soprattutto per aver visto posti meravigliosi e indimenticabili, e aver conosciuto tanta gente che con la loro gentilezza e disponibilità mi hanno regalato emozioni uniche, rendendo ancora più speciale questa avventura “on the road”.

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