Se non avete mai provato il Marocco in moto, questo è il tour giusto per farlo

Testo di Marco Ronzoni Foto di Gabriele e Marino Parini, Giorgio Sensalari e Marco Ronzoni
Scritto da: mronz
se non avete mai provato il marocco in moto, questo è il tour giusto per farlo

Il Marocco in moto è stato raccontato e celebrato così tante volte. Cosa ci sarebbe da aggiungere? Beh, io l’ho girato in lungo ed in largo in tante occasioni, ma ci tornerei ogni mese, perché oltre a rinnovare le emozioni già vissute me ne fa vivere ogni volta di nuove. Stavolta la “scusa” sono stati tre amici che non ci erano mai stati ed io non mi sono fatto scappare l’opportunità.

Servono 50 ore di navigazione per arrivare da Genova al porto di Tangeri Med, dove arriviamo alle 21:30. Fortunatamente, ed ecco la prima sorpresa, le formalità di sbarco sono particolarmente snelle rispetto al passato, grazie alle documentazioni preparate a bordo inerenti i passaporti ed i veicoli. Da buona “guida”, forte delle mie scorse esperienze, sbaglio subito la strada verso Tangeri e porto gli amici su una rotta secondaria a tratti sterrata, buia e sconnessa anziché sull’autostrada. Comunque a Tangeri ci arriviamo e dopo tutto non mi sono preso nemmeno troppe brutte parole.

Marocco in moto, il tour

Tangeri – Rabat – Casablanca (348 km)

Stavolta l’autostrada non ci scappa e così in breve raggiungiamo Rabat, la splendida capitale e prima Città Imperiale del viaggio, dedicando una visita al Mausoleo di Mohammed V (il Padre dell’indipendenza marocchina dal protettorato francese alla fine degli anni ‘50) e alla Torre Hassan (risalente al 1196 e parte di una gigantesca moschea incompiuta distrutta da un terremoto nel 1755). Ci soffermiamo poi per pranzo presso la Kasbah Oudaia (cittadella/residenza fortificata) risalente al XII-XIII secolo, cui si accede attraverso l’omonima “bab” (porta), una delle più belle del Marocco. Riprese le moto, nel pomeriggio scendiamo verso sud sulla strada litoranea che in prima serata ci porta alla caotica Casablanca.

Casablanca – El Jadida – Essaouira (381 km)

La Grande Moschea di Hassan II (il figlio di Mohammed V), costruita in parte a sbalzo sul mare ed inaugurata nel 1993, è la seconda al mondo per dimensioni dopo La Mecca. La sua immensa sala interna può ospitare 25 mila fedeli ed è possibile visitarla anche per i non musulmani. Quindi, eccoci a naso all’insù tra decine di colossali colonne ad ammirarne l’enorme soffitto apribile e i due grandi soppalchi dedicati alle donne per non distrarre gli uomini durante la preghiera. Cento chilometri dopo siamo a El Jadida, una delle perle costiere atlantiche del Paese. Sviluppatasi nel XVI secolo intorno a un forte chiamato Mazagan costruito dai portoghesi e oggi ancora presente, è un vivace centro turistico. All’interno delle mura fortificate si trova una suggestiva cisterna sotterranea anch’essa risalente al periodo portoghese. La sosta per il pranzo ci consente di apprezzare le succulente sarde alla griglia, cucinate a bordo strada proprio a due passi dal mare. A pancia piena ripartiamo lungo la costa verso Safi e da lì in breve eccoci ad Essaouira. Nata nel VII secolo a.C. come insediamento fenicio, ampliata dai portoghesi nel XV secolo e divenuta città vera e propria nel XVIII secolo, l’antica Mogador è uno dei luoghi più apprezzati del Paese grazie al suo clima particolarmente piacevole.

Essaouira – Marrakech (177 km)

Il porto, forse l’angolo più caratteristico di Essaouira, sorge proprio a ridosso della Sqala du Port, uno dei due bastioni costieri. Centro nevralgico della città, in passato fu chiamato il “Porto di Timbouctou” in quanto luogo di smistamento delle merci provenienti dall’area sub sahariana e dirette verso i mercati europei. È tanto suggestivo quanto maleodorante, soprattutto nelle ore immediatamente successive all’arrivo dei pescherecci, ma è tanto… marocchino. Ci concediamo qualche ora per girovagare al suo interno e per addentrarci nella Medina (città racchiusa da bastioni), ricca di laboratori tra cui quelli degli ebanisti che lavorano la thuia, un legno pregiato che cresce in questa zona.

Ma Essaouira è anche la vasta spiaggia sabbiosa che dal porto si distende verso sud per chilometri, costeggiata da locali dove si gusta un’ottima cucina. Lasciata la costa atlantica ci portiamo verso il cuore del Paese. Tappa serale sarà la famosa Marrakech, seconda Città Imperiale del viaggio, che raggiungiamo nel tardo pomeriggio. La sera trascorre obbligatoriamente nella piazza Jemaa El Fna, oggi viva e colorita ma un tempo luogo delle esecuzioni capitali dove si decapitavano i condannati e le teste venivano poi appese alle porte della città

Marrakeck – Tizi n’ Tichka – Telouet – Ait Benhadoou – Ouarzazate (206 km)

Lasciamo di buon mattino la caotica e trafficata Marrakech puntando verso l’Atlante, la spina dorsale montuosa del Paese. Una bella strada ci porta a salire prima sul passo Tiz-n-Ait Imger a 1470 m s.l.m. e poi sul Tizi n Tichka, il più alto del Marocco a 2260 m s.l.m., dove una sosta fotografica è di rito. Appena superato il valico, prendiamo a sinistra in direzione di Teluoet che ci offre l’occasione per la sosta pranzo e la visita della sua kasbah, un tempo residenza del Pascià di Marrakech, poi abbandonata. Risaliti in sella ed attorniati da stupendi panorami, proseguiamo per Ait Benhaddou, uno ksar (villaggio fortificato) con al suo interno un igherm (granaio comune) e varie kasbah, adagiato lungo le sponde di un wadi (letto di un fiume) quasi sempre in secca.

Con gli ultimi chilometri raggiungiamo Ouarzazate. Posta geograficamente in un punto nevralgico lungo le rotte tra le montagne ed il deserto, è una città relativamente giovane in quanto sviluppatasi alla fine degli anni ’20 del secolo scorso da una guarnigione della Legione Straniera.

Ouarzazate – Gorges du Dades e Du Todra – Tinerhir (251 km)

Oggi tappa di guida impegnativa. Partiamo da Ouarzazate e ci inoltriamo lungo la valle del fiume Draa. Raggiunto il grande palmeto di Skoura, con le sue splendide rosse kasbah incastonate nel prepotente verde della vegetazione, puntiamo verso Boumalne du Dades dove inizia la spettacolare strada che sale alle gole del wadi Dades. Le moto scivolano dentro suggestivi panorami montuosi, tra piantagioni di mandorli, fichi e noci. Dopo una rampa di tornanti saliamo ancora fino al villaggio di M’semrir. Senza accorgercene abbiamo fatto sessanta chilometri di curve. Qui di fatto l’asfalto finisce. Ci ristoriamo prima di sfidare lo sterrato che in circa quaranta chilometri ci condurrà verso est alla valle del fiume Todra, come sempre non prima di chiedere alla gente del posto come sarà la pista da affrontare, tanto sappiamo già che la fanno facile e che saranno cavoli nostri.

E così, via l’ABS ed il controllo di trazione delle moto, inizia il ballo e/o il bello. Prima un piattone, poi giù nella pietraia, poi lungo sentieri percorsi da donne ed asinelli, poi su tracce del passaggio di veicoli, poi un altro piattone con un maledetto fondo ghiaioso ed infine l’asfalto del villaggio di Tamtattouchte. Ringraziamo ossequiosi le moto per averci portati fin lì con tutti i bagagli appresso, anche se la Honda di Gabriele perde olio da una forcella, e ci riposiamo, gratificati dall’inaspettata ospitalità di un anziano e dalla gioia dei bambini a cui Giorgio dispensa biscotti Oreo come se non ci fosse un domani.

La discesa verso Tinehrir ci fa attraversare il canyon del wadi Todra, dove famiglie si rinfrescano nelle sue basse acque tra pareti di roccia rossa alte fino a trecento metri. Finalmente Tinerhir circondata da una vasta oasi di palme. La sera trascorre ricordando le peripezie affrontate lungo l’impegnativo sterrato.

Tinehrir – Erfoud – Merzouga (201 km)

Una scorrevole strada che scorre tra macchie di palmeti e dolci curve, ci porta ad Erfoud, cittadina che deve la propria ricchezza ai fossili, particolarmente presenti nella zona, ed ai datteri. Infatti in ottobre, al termine del raccolto di questi frutti, ha luogo la Festa dei Datteri che attira le tribù dei dintorni in un evento sia religioso che laico. La temperatura, che stamattina era di 26 °C, sale rapidamente fino a 41 °C mentre ci avviciniamo a Rissani, la cui superba porta segna l’ingresso al deserto. Le curve ormai sono un ricordo. Lunghi rettilinei tagliano un’arida pianura pietrosa. All’orizzonte compaiono le prime dune rosa dell’Erg Chebbi, che si innalzano fino a duecentocinquanta metri di altezza.

Arriviamo a Merzouga nel primo pomeriggio. Il cielo è coperto ed il vento soffia un velo di sabbia sull’asfalto. L’albergo ci regala una fresca piscina e ne approfittiamo subito, anche se poco dopo inizia a piovere. Goccioloni cadono sul terreno caldissimo ed evaporano in breve, ma che strana sensazione essere presenti ad un fenomeno che succede forse due volte l’anno. Dopo una sistemazione alla riparazione di fortuna fatta alla moto ferita, riprendiamo la strada ed arriviamo finalmente al deserto dove, con grande soddisfazione, affondiamo le ruote nella sabbia.

Merzouga – Erfoud – Errachidia – Midelt (291 km)

Ripercorsa la via fino ad Erfoud, saliamo verso nord e prima di Errachidia facciamo sosta alle Source Bleue du Meski, le sorgenti del wadi Ziz che alimentano una piscina all’interno di un palmeto. O almeno così me le ricordavo. Purtroppo lo sfruttamento della falda e l’inaridimento della regione hanno trasformato l’oasi in una inutile vasca vuota. Così, fatti due acquisti dai disperati negozianti del posto, riprendiamo la marcia sfilando Errachidia e puntando su Midelt, correndo lungo la magnifica valle dello Ziz.

La strada attraversa il tunnel di Foum Zabel, anche conosciuto come Tunnel du Legionnaire, costruito a mano dal soldati nel 1927. Una targa posta all’ingresso recita: “La montagna ci sbarrò la strada. L’ordine era di passare comunque. La Legione ubbidì”. A Midelt ci aspetta un paesino piuttosto anonimo ma il riad (residenza tradizionale costruita intorno ad un cortile), trasformato in albergo e che ci ospiterà per la notte, è semplicemente stupendo.

Midelt – Ifrane – Meknes (207 km)

La risalita verso nord ci porta oggi verso Meknes, la terza Città Imperiale del viaggio. La strada si alza mentre ci avviciniamo ad Azrou. Poco prima prendiamo verso Mischliffen, località sciistica (si, avete letto bene) posta a 2000 m s.l.m. tra boschi di cedri e da lì scendiamo ai 1650 m di Ifrane, ricco centro nato alla fine degli anni ’20 durante il protettorato francese. Ifrane è sede di una residenza estiva reale ed è caratteristica per i tetti spioventi delle case che, causa l’abbondante neve invernale, la fanno assomigliare più ad un paesino alpino che non nordafricano. Affascinato dall’amenità del luogo, mi permetto di far percorrere agli amici un bel tratto di strada contromano proprio in centro, così raddoppio l’errore di Tangeri. Va beh, fermiamoci per il pranzo che è meglio. Coperti gli ultimi settanta chilometri, eccoci nella splendida Meknes.

La città è divisa in tre parti distinte: la Medina, la Kasbah o Città Imperiale e la Ville Nouvelle. Marino non si sente bene, per cui preferisce restare in albergo mentre io, Gabriele e Giorgio ci facciamo un giro. Prima tappa la grande piazza El Hedime che collega la Medina e la Kasbah, un tempo l’ingresso alla città e luogo di sosta delle carovane dei mercanti che giungevano in città. Nella Medina si trovano la Grande Moschea risalente al XII secolo, la Medersa Bou Inania (scuola coranica) del XIV secolo ed innumerevoli suk (mercati) suddivisi in tematiche come fabbri, carpentieri, artigiani di ottone e rame, ciabattini, venditori di spezie, di cereali e di stoffe. L’accesso alla Kasbah avviene attraverso la monumentale e raffinata Bab Mansour el-Aleuj, la porta più bella di Meknes e, per alcuni, di tutto il Marocco.

Al suo interno si trova il Mausoleo di Moulay Ismail, edificato nel XVII secolo per accogliere le spoglie del grande Sultano chiamato “il Re sanguinario” dagli europei causa la sua spietatezza. Il riposo ha fatto bene a Marino che si unisce a noi per la cena proprio affacciati da una terrazza che domina la Place El Hedime.

Meknes – Volubilis – Moulay Idriss – Fes (141 km)

36 °C già si sentono la mattina mentre ci avviamo verso Volubilis. Non possiamo lasciare il Marocco senza aver visitato uno dei siti archeologici più importanti del Nordafrica. La tortuosa strada in breve ci porta alle rovine dell’antico insediamento fondato dalla civiltà di Mauretania nel III secolo a.C. e divenuto poi municipium romano nel I secolo d.C. L’impianto urbano è tagliato in due dal Decumanus Maximus, un lungo e rettilineo viale pavimentato che corre dalla Porta di Tangeri all’Arco di Trionfo, punto da cui si gode una vista spettacolare sulla sottostante vallata. Girando per il sito si incontrano i resti di varie ville e palazzi, del mercato, di una basilica, dell’acquedotto e del Campidoglio, oltre a mosaici e colonne. Ed è l’occasione di lasciare un ricordo di un caro amico scomparso da pochi mesi che amava questo luogo.

Proseguiamo verso nord, raggiungendo dapprima Sidi Kacem e poi Moulay Idriss su una strada messa parecchio malaccio. Nella bianca città riposano le spoglie di Idriss I, niente di meno che discendente del cognato di Maometto, fondatore della prima dinastia arabo-musulmana del Marocco, morto del IX secolo. La visita del suo mausoleo è riservata ai soli musulmani. Non ci resta che arrivare a Fes, quarta ed ultima Città Imperiale del nostro viaggio. Stavolta tocca a me non stare bene, al punto che devo restare nella splendida camera del riad in cui passeremo la notte, posto proprio a ridosso della Bab Rcif, una delle porte d’accesso alla Medina.

Così lascio agli amici la visita di una città dalle possenti mura, ricca di meraviglie, in cui spiccano la Medersa Bou Inania, la sontuosa scuola coranica del XIV secolo, la Moschea Karaouiyine del IX secolo, una delle più antiche del mondo musulmano o il Dar El-Makhzen, il palazzo reale. Ma uno scorcio di rara bellezza si trova nei suk, come sempre suddivisi in tematiche, tra i quali spicca il Chouara, il quartiere dei conciatori così sgradevolmente odoroso quanto caratteristico. Purtroppo, a differenza di Marino, il riposo del pomeriggio non mi giova e devo saltare anche la cena.

Fes – Chefchaouen – Tetouan (270 km)

È giunta l’ultima tappa del viaggio. Da Fes saliamo a Chefchaouen, la città blu fondata da un discendente di Maometto nel XV secolo, con le sue case bianche ed indaco con i tetti rossi. Fa molto caldo. Si sfiorano i 40 °C. Non riusciamo a dedicarle una visita perché vogliamo arrivare a Tetouan, la tappa serale. Fortemente influenzata nell’architettura e nella cultura dalla vicinanza e dall’occupazione andalusa, tra il XV ed il XVIII secolo fu una potente base della pirateria mediterranea. La sua Medina è la più andalusa del Marocco e domina la città nuova. Anche qui si trova un quartiere dedicato alla concia del pellame simile a quello di Fes. La grande piazza Hassan ospita uno dei tanti palazzi reali ed il Feddan Park è uno spazio in cui passeggiare, giocare e godere della vista della bianca città che si sviluppa sulla collina. Domani non i resta che raggiungere Ceuta a da lì il grande porto di Tangeri Med.

Alla prossima.

Game over.

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