Nella città di Picasso, tra grandi giardini e opere d’arte: ecco come scoprire Malaga in 5 giorni

Sulle note di un vecchio successo di Fred Bongusto, 5 giorni nella capitale della Costa del Sol
Scritto da: letisutpc
nella città di picasso, tra grandi giardini e opere d'arte: ecco come scoprire malaga in 5 giorni
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Malaga è una destinazione a cui pensavamo da tempo, magari da combinare con Cordoba e Granada, altre perle dell’Andalusia non ancora viste: purtroppo, con soli 5 giorni di ferie, dobbiamo ridimensionare i nostri piani e concentrarci su una sola città, Malaga appunto.

Consigli utili su come organizzare il viaggio

Guide di viaggio su Malaga? Non pervenute: tutto ciò che siamo riusciti a trovare sono poche paginette sulle varie Lonely Planet e Touring, per fortuna la rete pullula di blogger giramondo che fra le loro mete hanno incluso anche Malaga! In aggiunta, avendo già in mente l’Andalusia come meta di viaggio, avevo fatto incetta al TTG di Rimini di qualche anno fa di mini guide aggiornate e ben illustrate, quindi la documentazione non ci manca.

Per quanto riguarda il volo, ne abbiamo trovato uno comodo con Ryanair da Bologna, mentre per l’alloggio ci siamo affidati a Booking, prenotando un appartamento molto carino nel centro città, proprio dietro al museo Thyssen. Il fatto che Malaga sia stata rilanciata negli ultimi anni come “città dei musei” (ce ne sono più di 30!) ci ha fatto decisamente propendere per questa città come metà di questa mini vacanza. Vamos!

Eh sì, vamos è un parolone, perché dopo 3 anni e ½ di assenza dagli aeroporti siamo un po’ arrugginiti, tanto da non sapere che il mitico treno che collegava la stazione centrale di Bologna con l’aeroporto Marconi è andato in pensione. Al suo posto 2 soluzioni: il Marconi express, velocissimo people mover o la combinazione autobus di linea + navetta aeroportuale (da prendere davanti all’Ospedale Maggiore), soluzione leggermente più economica ma dai tempi biblici. Non siate avari, optate per il primo! Arrivati in aeroporto tutto fila liscio e dopo 2 ore e 40 di volo eccoci a Malaga, dove il sole splende ma non fa caldo, ottimo!

Diario di viaggio

Giorno 1: A las cinco de la tarde

Davanti al terminal degli arrivi prendiamo l’autobus A che dopo una quarantina di minuti, alle 5, ora del giorno cara a Federico Garcia Lorca, ci deposita sull’Alameda Principal, bellissimo viale circondato da palme che collega il centro storico di Malaga ai quartieri esterni e ai moli ed è la via d’accesso alle vicine spiagge.

Un rapido passaggio dall’ufficio turistico per procurarci una cartina poi, trolley alla mano, puntiamo dritti verso la cattedrale che vediamo stagliarsi all’orizzonte, davvero imponente.

Attraversando calles strette e piene di negozietti arriviamo alla grandissima Plaza de la Constitucion: il nostro alloggio è proprio da queste parti, all’interno di un antico edificio con un patio pieno di piante sia dentro le fioriere a terra che pencolanti dall’alto, che meraviglia! L’appartamento è davvero carino e fresco, ci riposiamo lo stretto necessario per smaltire le fatiche del viaggio, poi l’adrenalina e la curiosità ci catapultano fuori, direzione movida!

Leggendo i vari diari di viaggio sull’Andalusia, mi aveva colpito il commento di un turista che diceva che l’autobus A dall’aeroporto alla città era quasi sempre vuoto perchè chi arrivava in aereo sceglieva sempre di recarsi altrove rispetto a Malaga: evidentemente il trend negli ultimi anni è cambiato, visto che in giro c’è parecchia gente e non è un giorno festivo.

Per prendere confidenza con la città giriamo un po’ a caso, fra calle Larios, il viale principale pieno di negozi e calle Granada, dove ai negozi si affiancano anche bar, ristoranti, pub e gelaterie. I tavoli apparecchiati per gli aperitivi riempiono di colore e di allegria la serata. Noi però abbiamo fame e proprio su calle Granata adocchiamo un ristorante consigliato su un blog, “La bouganvilla”, dove ci sediamo ad un tavolo con vista sul passeggio serale.

Scoprendoci italiani il cameriere ci consiglia la paella che però nessuno dei 2 ama particolarmente, preferendo baccalà, birra ed anche un tiramisù.

Tutto questo passeggio ci ha fatto un po’ girare la testa, così decidiamo di fare 2 passi in luoghi meno frequentati ma altrettanto suggestivi, ovvero il Palmeral de las sorpresas e il Muelle 1, entrambi frutto di una grande riqualificazione di questa zona portuale che nel corso degli anni aveva subito un forte degrado.

Il Palmeral, bellissima pergola bianca di cemento che si snoda sinuosa fra il mare e il giardino di palme: al suo lato si trovano giardini e parchi giochi e leggere strutture in vetro che ospitano il museo marittimo Alboranea e i terminal delle navi da crociera. Sullo sfondo l’iconico Museo Pompidou, un immenso cubo di Rubik. L’illuminazione discreta rende questa struttura ancora più suggestiva, di notte. Sulla banchina a sinistra si apre invece il Muelle 1, una zona commerciale con negozi, bar e ristoranti che si affaccia sul punto d’attracco delle navi da crociera. In fondo, il faro. Da questa posizione la skyline di Malaga, con il campanile della cattedrale, l’Alcazaba e le luci che conducono al colle del Gibralfaro è davvero magica.

Per oggi direi che può bastare e una bella dormita è quello che ci vuole per affrontare la giornata di domani.

Giorno 2: Feliz compleanos al Jardin Botanico

Ebbene sì, oggi è il compleanno di Francesco, spetta a lui organizzare la giornata con le attività che preferisce… speriamo bene! Dopo una colazione casalinga con caffelatte, muffin e biscotti partiamo per il Jardin Botanico de la Concepcion, che si trova a nord di Malaga ed è considerato uno dei più grandi giardini con piante tropicali e subtropicali non solo di Spagna ma di tutta l’Europa. Per arrivarci prendiamo l’autobus 2 che per un lungo tratto segue il corso del Guadalmedina, il fiume pressochè in secca che bagna Malaga. Lungo il tragitto passiamo davanti anche allo stadio de La Rosaleda, dove si disputarono alcune partite dei Mondiali di calcio nel 1982. Scesi dall’autobus percorriamo a piedi, assieme a poche altre persone, la strada che in una decina di minuti ci porterà all’entrata del parco, annunciata da una fantastica siepe di bouganville di un colore accecante. Una volta in possesso del biglietto, decidiamo di iniziare il nostro percorso dal giardino storico, creato nel 1855 dai marchesi di casa Loring e poi dalla famiglia Echevarria-Echevarrieta che ne fu proprietaria fino al 1911.  Dichiarato giardino storico artistico nel 1943, nel 1990 diventò proprietà del comune di Malaga che lo aprì al pubblico nel 1994.

Dopo questo inquadramento storico direi che possiamo cominciare l’esplorazione e lo facciamo dal museo Loring, un tempietto neoclassico posto su una collinetta alla sinistra dell’entrata. Il museo è purtroppo chiuso, il suo contenuto è stato trasferito in altri musei di Malaga e di Madrid. La nostra passeggiata ci porta verso il Mirador, altro tempietto rotondo in cima ad una collina con una vista spettacolare sulla città. Davanti al mirador, circondata da cipressi, una lunga vasca rettangolare dove nuotano placide diverse tartarughe. Tornando sui nostri passi incontriamo il giardino dei cactus e di altre succulente, agavi, aloe, fichi d’india ed altre migliaia di specie a noi sconosciute provenienti da ogni parte del mondo. Dopo una breve sosta chiacchiereccia con una coppia di romani atterrati come noi in questo paradiso, eccoci davanti ad un meraviglioso pergolato sormontato dal glicine (cenador de glicina), allestito per la celebrazione di un matrimonio. Pare che fra i mesi di marzo e aprile, con la fioritura del glicine, questo spazio sia meraviglioso! Tavoli disseminati per il parco ed apparecchiati in maniera sobria ed elegante ci portano davanti alla Casa Palacio, residenza delle famiglie proprietarie di questo giardino: pare che anche l’Imperatrice Sissi sia passata di qui. Attraverso le vetrate vediamo il grande salone a pianterreno, sicuramente usato per le cerimonie che vengono celebrate qui nei mesi invernali. Spostandoci sul retro vediamo una squadra indaffaratissima di camerieri alle prese con piatti, bicchieri e stoviglie per l’allestimento dei tavoli dell’imminente matrimonio.  Proseguendo arriviamo ad un piccolo agglomerato che comprende una casa (era quella dell’amministratore, che ospitava gli operai del parco), le scuderie (oggi divenute sale espositive per mostre temporanee) ed anche una scuola, voluta dagli Echevarria-Echevarrieta per i figli dei dipendenti, oggi diventata biblioteca.

La parte storica del giardino è completata da 2 serre risalenti al 19. secolo, da un bellissimo ponticello in ferro battuto, il Puentecito de las ninas, da una pergola, ideale per le merende all’aperto. Una cosa interessante sono le foto d’epoca disseminate in questa parte di parco che mostrano le famiglie proprietarie del giardino ed i loro ospiti ritratti nei vari luoghi iconici, riccamente vestiti e circondati da amici e parenti: che belle le signore vestite di bianco con i parasole che le proteggono dal caldo, le cameriere in disparte pronte a sorvegliare i bambini e gli uomini impettiti nei loro abiti chiari.

Passeggiare in questa oasi di pace e di colori è veramente super rilassante! Attraversiamo il viale degli ibiscus poi quello delle palme, chiamato “Il giro del mondo in 80 palme”, con specie provenienti dai 5 continenti. C’è anche una vigna, piccola ma super curata. Avvicinandoci al punto ristoro del parco, notiamo arrivare persone elegantemente vestite, gli invitati al matrimonio! Poco dopo fanno la loro apparizione anche gli sposi, impeccabili anche loro. Che bello sposarsi in un posto così romantico!

A sciogliere l’incanto sono però i nostri stomaci che con il loro brontolio ci avvertono che è ora di una sosta mangereccia: 2 begli hamburger e relative birrette non ce le toglie nessuno, oltre ad una meritata pausa seduti ad un tavolo ombreggiato.

Dopo esserci rifocillati, è ora di visitare la parte moderna del parco, con lo stagno di pietra, quello delle piante acquatiche (purtroppo le ninfee non sono ancora fiorite), il vialetto circondato dai datteri, un altro laghetto e poi un giardino di alberi da frutto e fiori, azalee, gigli e numerosi altri che ci riempiono gli occhi di colori.  

A malincuore lasciamo questo paradiso, un’ultima occhiata alla siepe di bouganville e poi giù verso l’autobus che prendiamo al volo e che ci conduce nelle vicinanze di casa.

La giornata non è ancora finita, però: dopo una breve sosta in appartamento, è ora di visitare la collezione del museo Carmen-Thyssen, che comprende soprattutto pittura andalusa. Un nome su tutti, Joaquim Sorolla, di cui abbiamo visto una mostra a Milano che ce ne ha fatto innamorare. Peccato che i suoi dipinti qui esposti siano pochi e neanche dei migliori! Comunque il museo ci piace molto, sia come struttura sia perché contiene anche 2 mostre temporanee di fotografia molto interessanti, una si intitola “Fervor de Buenos Aires” e l’altra è su 2 fotografe di strada americane del dopoguerra. Mentre noi passiamo da un piano all’altro del museo, affacciandoci alla balaustra, vediamo che nel patio è in corso di allestimento un “candlelight concert”, con centinaia di candele disposte ovunque, meravigliosa cornice per questa esibizione.

In giro per il centro è tutto un fermento di urla e applausi: numerosi cortei di addio al nubilato o celibato capeggiati o da future sposine con velo e coroncine in testa o da quasi mariti in abiti femminili si snodano per le strette calles, fra foto, bevute, lanci di fiori. Malaga è proprio al centro dell’allegria e della gioia di vivere.

Quello che non ci entusiasma di questa giornata è la cena. Troppo stanchi per girare per il centro in cerca di un ristorante, optiamo per il “Perro viejo”, ubicato nella piazzetta sotto casa nostra. Preso posto in un tavolo esterno, chiediamo subito 2 flutes di prosecco per brindare al festeggiato. Poi qualcosa va storto: non ci capiamo con la cameriera che non parla inglese e risponde confusamente alle nostre richieste, morale della storia ci viene portato un unico piatto che io sinceramente trovo orribile e mi rifiuto di mangiare. Meno male che a Francesco piace! Ci consoliamo con i desserts, 2 cheese cake che di spagnolo hanno poco ma almeno sono buone.

Consiglio del giorno: non siate pigri, i ristoranti sotto casa a volte si rivelano delle fregature, con prezzi poco economici. Comunque questo è l’unico neo di una giornata perfetta, quindi vietato lamentarsi.

Giorno 3: Domenica è sempre domenica

La nostra domenica a Malaga si apre col profumo inebriante dei fiori che adornano il gigantesco altare di San Lorenzo che si erge su Plaza de la Constitucion, davanti al quale ci sono tante persone in raccoglimento, altre che fotografano questo gigante manufatto. Attraversando strade ancora inesplorate arriviamo alla cattedrale dell’Incarnacion, davanti alla quale è stato allestito un altro ricchissimo altare. La nostra attenzione però è attirata dalle famiglie, elegantemente vestite che si affrettano verso l’entrata principale della chiesa accompagnando bambini e bambine altrettanto riccamente abbigliati per la prima comunione.

Un’occhiata a internet ci conferma che oggi è la festa del Corpus Domini e una quantità spropositata di forze dell’ordine ma anche persone appartenenti a varie corporazioni di cui reggono stendardi, ceri e quant’altro ci fanno capire quanto i malaguegni ci tengano a questa ricorrenza. Mossi dalla curiosità ma anche un po’ intimoriti dal grande dispendio di forze dell’ordine, ci avviamo verso l’entrata chiedendo di poter partecipare alla messa e veniamo fatti entrare.

La cattedrale è grandiosa, non per niente la sua costruzione iniziò a metà del 1500 e fu interrotta alla fine del 1700: per questo viene chiamata “Manquita”, incompiuta. La cosa che mi ha stupito di più, oltre alla sua ricchezza, è il gigantesco coro, mai visto un simile manufatto! Ad un tratto iniziano ad entrare ed a sfilare ordinatamente tutte le persone che erano assiepate fuori, ognuno sorregge qualcosa, chi uno strumento musicale, chi una croce od un’insegna. In un apposito altare tutto bianco, argento e oro viene collocato il corpo di Cristo all’interno dell’apposito tabernacolo che da qui inizia la processione per le vie della città.

Felici di aver assistito a questa manifestazione che ci ha illuminato sul carattere del popolo che ci ospita, allo stesso tempo siamo anche stupefatti da tanta devozione, impensabile nel nord est italiano da cui proveniamo.

Oltrepassata la chiesa, ci troviamo ben presto davanti al gigantesco Palacio della Aduana, sede del museo di Malaga che, sebbene a malincuore, non visiteremo. I nostri passi ci conducono alla splendida Alcazaba, la fortezza-palazzo costruita dai musulmani nell’XI° secolo ai piedi del colle del Gibralfaro. E di vera fortezza si tratta, protetta da ben due cinte murarie, una dentro l’altra. Ci aggiriamo fra i giardini, i patii e il palazzo di questa piccola città, godendo di una vista sempre più bella sulla città e sulla sua baia. All’interno del palazzo è predisposto anche un piccolo museo archeologico. Anticamente cittadella e castello erano collegati attraverso una delle muraglie, ora non più: la vista spettacolare di cui si gode dal Gibralfaro bisogna guadagnarsela, ma ci penseremo più tardi.

Usciti dall’Alcazaba ci dirigiamo verso il teatro romano, risalente al I secolo a.C. e scoperto casualmente nel 1951 durante i lavori per la costruzione di un giardino, incredibile! Mentre ci riposiamo seduti sui gradoni ci guardiamo intorno per fissare nella mente la bellezza di questo posto.

Proseguiamo la nostra camminata dirigendoci verso la zona Picasso, ovvero Plaza de la Merced, dove il padre del cubismo nacque e visse non tantissimo, ma abbastanza per essere ricordato come il personaggio più illustre di Malaga.

La piazza, come tutte quelle viste finora è molto bella e grande, con tanti palazzi d’epoca e un’infinità di locali che vi si affacciano. In un angolo, di fronte alla casa di famiglia, sorge la panca su cui è seduto lui, Pablo Diego Josè Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santisima Trinidad Martir Patricio Clito Ruiz y Picasso. La casa natale, in cui entriamo solo per visitare il bookshop, è sede della Fundacion Picasso, che però non visiteremo. Nel 2023 ricorre il cinquantenario della scomparsa dell’artista e la città di Malaga gli ha dedicato una lunga serie di celebrazioni ed eventi.

Dopo una veloce occhiata al Teatro Cervantes, ci fermiamo davanti ai Cines Albéniz sulla Alcazabilla: la struttura, costruita nel 1945 in stile storicista ricorda quella dei cinema americani degli anni 50 e 60: specializzato in film indipendenti ed in lingua originale, notiamo con orgoglio che fra i film in programma ce ne sono alcuni italiani.   A Malaga si svolge ogni anno il festival del cinema spagnolo e l’Albéniz è una delle sale di proiezione.

Si è fatta ora di pranzo e dal momento che ieri sera abbiamo quasi digiunato ci spariamo 2 hamburger e una coca cola fresca da Burger king.

È inutile rimandare, si è fatta l’ora di decidere come arrivare al Gibralfaro. Due le soluzioni: quella indolore prevede di prendere l’autobus 35 dall’Alameda Principal, quella dolorosa ma spettacolare invece prevede di salire a piedi lungo il Paseo Don Juan Temborury. Sono le 14 ed il sole picchia, anche se tira vento: secondo voi cosa abbiamo scelto? Naturalmente il Paseo, perché, aldilà di una piacevole salita, le vedute sono davvero incomparabili, Dai tetti blu del Rettorato dell’Università, all’Ayuntamiento col suo giardino all’italiana, alla Plaza de toros de la Malagueta e a tutta la zona del Muelle 1 e del Palmeral: visto da qui il pergolato bianco sembra proprio una lunga e sinuosa lisca di pesce!

Facendo qua e là qualche sosta, varchiamo l’entrata del castello dopo una mezz’oretta, niente di così proibitivo!

Lo scopo di questa fortezza, costruita dagli Arabi, era la difesa della cittadella dalle incursioni nemiche: la muraglia, aggiunta nel 1340, metteva in collegamento le due strutture. La funzione difensiva proseguì fino al 20. secolo: un piccolo museo all’interno del castello mostra armi ed uniformi dei cavalieri dal periodo medievale fino alle soglie del 900.

È bello salire e scendere scale, fare capolino fra i merli, avanzare fra gli stretti camminamenti e poi, dopo la scalata di 1000 mila scalini arrivare al punto più alto, dove sventolano 3 bandiere, quella spagnola, quella di Malaga e quella andalusa.

All’interno della fortezza un grazioso chiringuito dove bere e mangiare all’ombra delle tende.

Ovviamente la discesa si fa con un filo di gas, fermandosi ogni tanto ad ammirare il panorama sottostante.

Dopo questa full immersion nella storia (al modico prezzo di 5.50€), è ora di passare all’arte. Abbiamo saputo che ogni domenica, dalle 17, al museo Picasso si entra gratis, così ci accodiamo agli altri turisti in fila lungo calle San Augustin e dopo una decina di minuti entriamo. Ospitato del Palacio de Buenavista, il museo nacque nel 2003 per volere della nuora e del nipote dell’artista: è il terzo museo dedicato a Picasso, dopo quelli di Parigi e Barcellona.

La collezione è composta da più di 200 opere che coprono tutti i periodi pittorici e le tematiche care a Picasso: ritratti, nature morte, scene mitologiche, animali si rincorrono fra le fresche sale del palazzo. “Picasso scultore: materia e corpo” è la mostra monografica che celebra i 50 anni dalla morte dell’artista.

I lavori di ammodernamento della struttura hanno reso visibili resti fenici, romani ed arabi nei sotterranei del museo, un altro regalo inaspettato!

Prima di uscire, una sala con la parete occupata interamente da una gigantesca foto in bianco e nero dell’atelier dell’artista consente ai visitatori, con un autoscatto, di esservi immortalati, almeno con la fantasia!

Mentre attendevamo di entrare al museo, abbiamo adocchiato un bel ristorantino proprio di fronte alla chiesa di San Augustin, così lo raggiungiamo e prenotiamo per cena (alle 20.30, orario che farà inorridire gli spagnoli, ma tant’è)

Per ingannare l’attesa, decidiamo di andare a dare un’occhiata a ciò che abbiamo visto dall’alto dell’Alcazaba e del Gibralfaro.

 Lungo il Paseo del Parque ammiriamo il palazzo del Rettorato, in stile neomudejar, ubicato in quella che un tempo era la sede delle Poste.

Passiamo poi davanti all’Ayuntamiento, imponente palazzo in stile barocco che si affaccia sui giardini di Pedro Luis Alonso, con fontane e roseti. Infine, in fondo al paseo, la rotonda di Plaza del General Torrijos con al centro la Fuente de las tres gracias.

Com’è piacevole passeggiare per il Paseo del Parque, fra i suoi alberi secolari, le fontane e le sculture dei personaggi illustri. Una statua mi colpisce particolarmente, ed è quella del Biznaguero, il venditore di bouquet di gelsomino a forma di palla: evidentemente la tradizione di offrire questo fiore profumatissimo è ancora viva, visto che nei giorni scorsi, fra le vie del centro, abbiamo intravisto i solerti venditori in pantaloni neri, camicia bianca e fusciacca rossa.

 Attorno alla statua che urla al cielo la bellezza dei suoi fiori, piante di gelsomino dal profumo inebriante … come faccio a non raccogliere qualche fiorellino?

Il ristorante Julia ci accoglie in un ambiente molto soft per quella che sarà la nostra migliore cena malaguegna, innaffiata da una caraffa di tinto de verano, vino rosso e soda serviti con grosse fette di arancio e limone.

La giornata volge al termine, bella e intensa, con tante cose viste ed imparate … viaggiare è proprio la cosa più bella del mondo!

Giorno 4: Vamos a la playa

Oggi è il nostro ultimo giorno pieno in terra di Spagna, occorre sfruttarlo al meglio e noi lo faremo!

Prima tappa il Ponte di Santo Domingo, conosciuto da tutti come Puente de los Alemanes. Nel 1900 una fregata di guerra tedesca, durante un violento temporale, naufragò rovinosamente contro gli scogli proprio qui a Malaga. Molti abitanti si lanciarono prontamente in acqua per soccorrere le vittime, alcuni perdendo eroicamente la vita. Così nel 1907, quando un’esondazione del fiume Guadalmedina (che adesso è poco più che un rigagnolo) provocò la distruzione di diversi ponti della città, il governo tedesco accorse in aiuto e grazie ad una colletta pubblica il ponte di Santo Domingo venne ricostruito, diventando da allora in poi Puente de los Alemanes. Anche nel 1982 il governo della Germania occidentale contribuì al restauro dello stesso ponte, un bell’esempio di generosità e solidarietà fra i popoli.

Da qui ci spostiamo al vicino Mercado de Atarazanas che prende il nome dagli antichi quartieri navali arabi. La grande vetrata che sormonta la struttura in ferro del mercato rappresenta la città di Malaga con le caravelle in primo piano ed il castello del Gibralfaro che fa da guardia alla città.

All’interno del mercato le bancarelle espongono in maniera ordinata e coreografica ogni ben di dio, dalla frutta alle spezie, dai formaggi alle carni, in un tripudio di colori e profumi deliziosi.

Qua e là ci sono anche bar di tapas che si preparano a sfornare le loro specialità. Noi acquistiamo 2 succhi dissetanti e colorati che beviamo nel dehor esterno.

Ancora qualche giretto per il quartiere poi ci spostiamo sull’Alameda Principal, destinazione Soho.

Questo quartiere, un tempo degradato forse perché vicino al porto commerciale, è rinato grazie all’opera degli artisti del collettivo MAUS (Malaga arte urbano Soho) che hanno ridato lustro ai palazzi con le loro creazioni geniali e colorate. L’elenco delle opere è infinito, per fortuna riusciamo a vedere quelle più iconiche come gli scoiattoli e il camaleonte di ROA, Paz y libertad di OBEY, Hola di Andi Rivas.

Quasi affacciato sul fiume ecco il CAC, centro di arte contemporanea sorto nel 2003 nei locali del Mercado de Mayoristas: purtroppo possiamo vederlo solo dall’esterno, dato che il lunedì è giorno di chiusura settimanale. A darci il benvenuto la statua sbilenca del Man moving e La sombra Azul.

Sempre col naso all’insù alla ricerca di nuovi murales torniamo sull’Alameda Principal e ci godiamo un po’ di passeggio sull’enorme marciapiede pedonale. Una delle cose che abbiamo maggiormente apprezzato di Malaga è il centro storico completamente pedonalizzato, chissà se anche i malaguegni sono d’accordo con noi!

Dopo questa breve sosta saliamo sull’autobus n. 11 direzione El Palo, località costiera dove abbiam deciso di trascorrere la giornata.

Per alcuni tratti l’autobus costeggia il lungomare e ci sfilano davanti agli occhi le spiagge della Malagueta, Caleta e Pedregalejo: a differenza delle nostre, si tratta in gran parte di spiagge libere.

Arrivati a destinazione e dopo aver indossato i costumi da bagno, andiamo subito in cerca di un posto in cui pranzare. Sul piccolo lungomare si alternano diversi chiringuitos, in parte ancora chiusi. La curiosità che ci spinge ad arrivare fino in fondo al lungomare ci premia, facendoci incontrare “El tintero”, un ristorante molto divertente che funziona così: una volta seduti al tavolo ed ordinato da bere, si segue il flusso dei camerieri che escono dalla cucina urlando il nome dei piatti. Chi alza la mano se li aggiudica, se non riesce, ritenta. Oltre ai piatti di pesce si possono scegliere anche bevande come la pina colada o il mojito e bellissimi dolci. A fine pasto si chiama l’unico cameriere addetto alla “cuenta” che conta i piatti vuoti ed in un nanosecondo scrive sulla tovaglia di carta il totale da pagare alla cassa. Cinque sono i piatti che ci scofaniamo, dagli espetos di sardine al polpo alla brace, dal fritto ai gamberi in guazzetto, uno più fresco e buono dell’altro, innaffiati da birra e pina colada. Il totale è di 65 € e di tanto divertimento.

Quando usciamo non possiamo che stenderci all’ombra delle palme che lambiscono la spiaggia e trascorrere qui le ore successive in un dolce far niente: solo noi, il mare, pochi altri turisti e tanti gabbiani e pappagalli colorati. Alzarsi per riprendere l’autobus è davvero faticoso.

Questa sera di cenare non se ne parla neanche, ma di uscire sì, visto che è l’ultima sera che passeremo a Malaga.

È giunto il momento di provare il gelato che ha il nome di questa città e dove, se non alla gelateria Casa Mira di Calle Larios? Volete la verità? Mi aspettavo di più.

Concludiamo la serata con una bevuta al pub John Scott’s di Plaza de la Constitucion con un cocktail che si chiama Pornstar Martini ed un sidro di mela.

Quando usciamo, verso la mezzanotte, la città si è svuotata, ma è lunedì e non si potrà mica far baldoria 7 giorni su sette, o no?

Giorno 5: Hasta luego, Malaga

La nostra breve vacanza è quasi finita, così come il latte nel nostro frigorifero. Niente paura: ci aspetta la colazione a Casa Aranda, storica caffetteria situata a pochi passi dalla nostra abitazione specializzata, fin dal 1932, in cioccolata e churros, colazione estiva per eccellenza!

Per me che non amo il fritto, un boccone di churro è più che sufficiente per chiedere al cameriere di portarmi un croissant, mentre Francesco intinge senza scomporsi i suoi bei 3 churros nella cioccolata calda.

Prima di passare a prendere i bagagli, facciamo un giro in alcune vie del centro ancora inesplorate ma molto caratteristiche, per poi sederci come due pensionati su una panchina di Plaza de la Constitucion, già pieni di malinconia per la vacanza che volge al termine.

Eh, sì, perché Malaga è una città a cui ci si affeziona, si amano le sue piazze enormi e le vie strette, i tanti musei, la vegetazione rigogliosa ed i colori fantastici dei fiori che crescono ovunque. Per non parlare dell’allegria e della voglia di far festa che serpeggia ovunque.

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