Mosca e San Pietroburgo tra storia, architettura, botti bianche e modo di vivere

Un racconto di viaggio, ma soprattutto riflessioni su come si viva in Russia e sul contrasto tra bellezza dei luoghi e chiusura verso lo straniero
Scritto da: Viviaggia
mosca e san pietroburgo tra storia, architettura, botti bianche e modo di vivere
Ascolta i podcast
 

Questo è il racconto di un viaggio fatto qualche anno fa, quando ancora non ero una viaggiatrice esperta ma ero in ogni caso una turista fai-da-te. Avevo letto molti libri di scrittori russi (Tolstoj, Bulgakov, Dostoevskij, Nabokov) e i racconti di Pietroburgo, dei paesaggi innevati, del freddo penetrante, mi hanno fatto venire voglia di andare a vedere dal vivo. Anche se ci sono andata in estate, perché di fatto i racconti della neve russa sono bastati a farmi pensare che non faceva per me.

Sono partita organizzando le tappe ma pensando molto poco a come sarebbe stata l’accoglienza russa. Ancora oggi preferisco partire senza leggere molto sulle abitudini del luogo, per vedere cosa riesco a cogliere da sola e poi trovare conferme o smentite nei diari di viaggio. In Russia però una lettura preventiva mi avrebbe fatto bene, col senno di poi.

Il visto e l’arrivo in Russia

Partiamo dal visto. La Russia è il solo Paese estero per il quale mi sono arresa e mi sono affidata a un’agenzia per avere un visto. La burocrazia da seguire era allucinante così come i moduli da compilare, ma era soprattutto il tempo richiesto per la pratica fatta in autonomia a rendere di fatto obbligato il passaggio in agenzia. Già questo mi avrebbe dovuto far riflettere. Il volo, prenotato con Aeroflot, mi ha un po’ stupita per le divise delle bellissime hostess, che non mi aspettavo con falce e martello. Non mi ero informata molto e pensavo che i simboli sovietici fossero stati eliminati, ma era già evidente che mi ero sbagliata.

La guida metteva in guardia sul fatto che spesso in Russia i bagagli vengono smarriti e sono poi consegnati qualche giorno dopo. Oggi non avrei problemi, ma al tempo viaggiavo con le valigione e quindi feci un trolley di emergenza da portare in cabina, con l’essenziale per i primi giorni, per l’ipotesi – che ritenevo tutto sommato remota – che il bagaglio da stiva venisse smarrito. Ovviamente la Lonely Planet aveva ragione: bagaglio da stiva smarrito. Qui inizia la mia prima esperienza con la burocrazia russa: un modulo lunghissimo, infinito, in lingua italiana, da compilare in moltissimi campi. Indicazione dettagliata del contenuto del trolley e del valore, indirizzo di destinazione, tappe future, mezzo di trasporto previsto, compagno di viaggio, professione, dati biometrici (no, questi no).

Definire l’aeroporto di Mosca come “un’area videosorvegliata” sarebbe senz’altro riduttivo. Le telecamere sono piazzate davanti ad ogni singola porta, comprese quelle di servizio che marciscono in attesa che qualcuno si ricordi di loro. Ci sono telecamere ben visibili, esposte come monito fin dal corridoio che collega al velivolo. E poi ci sono telecamere nascoste, palle nere a decorare il soffitto degli spazi più ampi, lì dove il controllo umano si dirada. Un grande fratello pubblico.

Per uscire dall’aeroporto di Mosca ci sono volute due ore. Dopo la compilazione e la consegna, in duplice copia, del modulo di registrazione per gli stranieri, mi sono dedicata alla compilazione, in triplice copia, del modulo per lo smarrimento del bagaglio. Dopo aver consegnato il malloppo al funzionario A e averne ricevuto l’approvazione con innumerevoli timbri, sono stata mandata al funzionario B e ho ricevuto ancora un’infinità di timbri; sono poi ritornata dal funzionario A, per ottenere dei timbri che siglassero altri timbri. A quel punto, me ne sono potuta andare col malloppo di carte e senza bagaglio. Benvenuta a Mosca. Il bagaglio, ritengo minuziosamente controllato da un plotone ben addestrato, mi è arrivato all’appartamento un’ora dopo aver lasciato l’aeroporto. Insomma, ore di vita perse solo per consentire a questa terra di accogliere con le dovute distanze la straniera.

Mosca: cosa vedere

Non mi propongo di fare un elenco dettagliato delle infinite cose che potrete vedere a Mosca, perché potrete trovarle in qualsiasi sito o guida. Vi segnalerò però quelle più gettonate e alcune altre meno conosciute, che ho inserito nel mio itinerario. Iniziamo dalle tappe imperdibili:

  • la Piazza Rossa e il Cremlino, luoghi vicini tra di loro che richiedono però due giorni di tempo per la visita. Qui è condensata tutta la storia russa e già solo visitare il Mausoleo di Lenin (che si visita gratuitamente dopo aver affrontato una lunghissima fila) e le tombe degli altri leader sovietici inumati lungo il muro del Cremlino (Stalin, Brezhnev) è un’esperienza assolutamente irrinunciabile. Sono acquistabili diverse tipologie di biglietti per l’ingresso. Uno riguarda il Palazzo dell’Armeria (che ho saltato), l’altro riguarda la Piazza delle Cattedrali ed i musei relativi ad essa (che ho visto). All’interno di quest’ultima si trova anche il Campanile di Ivan il Terribile, la cui visita va pagata separatamente.
  • Sul versante nord-orientale della piazza c’è il GUM, struttura risalente alla fine del XIX secolo che per molti anni ha ospitato i Grandi Magazzini di Stato e soltanto dal 2005 è stata privatizzata, trasformandosi in un tempio dello shopping. A me è sembrato un po’ demodé e alquanto asettico, ma va visitato per immaginare come potevano essere i suoi interni inizialmente.
  • la Cattedrale di San Basilio, immagine famosissima della Russia, nota per le sue nove cupole colorate che sembrano fatte di biscotto e pan di zucchero; ogni cupola rappresenta una diversa cappella, di cui la principale (alta 64 metri) è quella della Chiesa dell’Intercessione della Santa Madre di Dio;
  • Il convento delle “Nuove Vergini” (“Novodevichy”) , sito UNESCO, il cui nome pare faccia riferimento all’antica pratica dei tartari di vendere le donne russe agli harem musulmani. Sono degli di nota la Chiesa della Trasfigurazione, di stile barocco-moscovita di fine ‘600, e la Cattedrale di Smolensk, riconoscibile per via delle sue cupole dorate (in generale, delle chiese russe mi hanno colpita soprattutto le cupole, molto diverse dalle nostre).
  • Gorky Park, nome ufficiale “Parco Centrale della Cultura e del Tempo Libero”, dedicato al relax, allo sport e al tempo libero, nonché a mostre d’arte, festival culturali, musicali, gastronomici e teatrali. Ci ho passato tanto tempo, in giorni diversi, per prendere un po’ di relax tra un giro e un altro.
  • La metropolitana di Mosca, in particolare per stazioni come Mayakovskaya (dove Stalin aveva il proprio rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale); Belorusskaya; Novoslobodskaya; Kievskaya e Komsomolskaya. Le stazioni della metropolitana sono veri musei, ma su questo tornerò in seguito.
  • Quartiere Ottobre Rosso: la zona adiacente alla vecchia Fabbrica di Cioccolato oggi è un polo magnetico per artisti, designer, pubblicitari e creativi, che ospita atelier d’arte, boutique, terrazze-bar e locali notturni.
  • Il teatro Bolshoi, da visitare anche se non si riesce a trovare un biglietto per lo spettacolo, grazie alla sua facciata esterna, in stile neoclassico, con molti riferimenti alla mitologia greca.

Luoghi meno noti che ho visitato ed apprezzato:

  • il Giardino Alexandrovksy, in prossimità del muro del Cremlino, per una pausa in relax;
  • Palazzo Lubyanka e prigione, sede del KGB, immersione nella storia ai tempi del regime sovietico;
  • il museo Gulag, che offre una visione dettagliata della storia della repressione di massa, del lavoro forzato e della mancanza di libertà politica ai tempi dell’URSS e che sentirete fin dentro lo stomaco;
  • Hotel Metropol, il più grande hotel di Mosca costruito prima della rivoluzione bolscevica del 1917;
  • Gli stagni del patriarca con la casa-museo di Bulgakov, gioiellino in cui ho lasciato il cuore perché qui appare il diavolo in Il maestro e Margherita;
  • La casa di Gogol’ e il quartiere Arbat, bellissimo per me che ho amato Gogol’;
  • La riserva naturale di Vorobyovy Gory, uno dei sette colli di Mosca;
  • il Bunker-42, conosciuto anche come “Tagansky Protected Command Point”, o “GO-42”, nel quartiere Tagansky, costruito 65 metri sottoterra come rifugio segreto che sarebbe servito in caso di un attacco nucleare; anche qui, lo sentirete fin dentro allo stomaco.

In giro per Mosca

La guida metteva in guardia, ripetutamente, dalla polizia: non fatevi avvicinare dai poliziotti, altrimenti vi diranno che qualcosa non va nei documenti e faranno in modo di spillarvi dei soldi per lasciarvi andare. Certo, dopo ore e ore di documenti compilati è ben possibile che qualcosa non vada bene sul serio, ma non è questo il punto. Ci troviamo in terra russa, ci teniamo alla larga dalla polizia e giriamo per la città. Come mezzo per spostarci, usiamo la metro.

La metropolitana di Mosca è la più bella che abbia visto nella mia vita, nonostante ami girare per tutte le metro delle città che visito. Le fermate sono diverse tra di loro e sono come delle opere d’arte, con quadri, statue, illuminazioni ben studiate, falce e martello un po’ ovunque. Il primo giorno, essendo ancora inconsapevole del clima che avrei percepito, ho anche scattato delle foto! È proibito, non lo fate o avrete a che fare col solito poliziotto che questa volta avrà anche un motivo valido per chiedervi la tangente. La metropolitana di Mosca è popolata di gente che corre da una parte all’altra, si arrampica su scalinate che portano a soppalchi che sovrastano i binari, percorre corridoi angusti che collegano linee diverse, si muove incessantemente conoscendo perfettamente la destinazione e non guardandosi mai intorno. Io invece, in mezzo a questo fiume incessante di gente, non ho fatto altro che guardarmi intorno, studiare le persone, ammirare le decorazioni e sentirmi anche un po’ persa. Già, perché questo innato senso di accoglienza a Mosca si respira anche con le scritte della metro, che sono in cirillico. Quelli che hanno studiato greco al classico possono gioire: finalmente un uso pratico dell’alfabeto greco (che è molto simile) per orientarsi in questo labirinto di scritte ostili.

Superata, in un mix di ammirazione e distacco, l’esperienza della metro, passeggiamo per uno dei viali della città. Qui vedo tutta la gente che in metropolitana non esisteva, vedo i russi che la caduta del regime ha ridotto alla fame, vedo le persone sedute per terra che vendono forchette, piatti, bicchieri, pigiami e qualsiasi altra cosa che sia loro appartenuta, sperando di trovare i soldi per poter mangiare. Tantissima gente sui marciapiedi a vendere utensili più o meno essenziali, mentre per strada sfrecciano SUV e macchinoni costosissimi ed enormi. Eccola qui, la società russa, che mi schiaffeggia già dal primo giorno: poveri e ricchi, poverissimi e ricchissimi, in un mondo in cui non individuo la classe media. Dopo questo tuffo nel cuore della società russa e dopo aver fatto fuori bicchieroni di mirtilli pagati un euro, scegliamo un ristorante per la cena. È un ristorante sotterraneo, con ottime recensioni a dire il vero, ma polveroso e con arredamento da regime sovietico. Provo a concordare un pasto vegetarian friendly senza grande successo e così, rinfrancata dai mirtilli che saranno poi il mio pasto principale in Russia, me ne vado a dormire.

Il giorno dopo è il grande giorno: si vede la Piazza Rossa. Lo ammetto, questo luogo vale in sé il viaggio ed è imperdibile, senza dubbio. L’importanza storica, la maestosità degli edifici, l’atmosfera che si respira nei vasti spazi vuoti della piazza sono tutti elementi che contribuiscono a renderla magica. La Cattedrale di San Basilio con le cupole di marzapane (a me danno quell’impressione, scusate) stride con l’austerità del mausoleo di Lenin, cui si accede dopo aver fatto una fila lunghissima. Poco distante da questo luogo così ben tenuto, un centro commerciale che la guida consiglia di visitare, il GUM. Un centro commerciale triste, grigio, da regime, che non lascia spazio ad emozioni e colori, che non è libero di esprimersi.

L’accoglienza a Mosca. Un giorno abbiamo deciso di andare a una festa in piazza, un mercatino in cui si vendevano mele e altri prodotti locali. È sembrata una cosa semplice, da fare come quando da noi si va alla sagra e semplicemente si passeggia per le strade del Paese. E invece no! Per entrare alla festa in piazza occorreva superare un recinto, passare sotto un metal detector, subire l’ispezione dello zaino e del corpo e godersi gli sguardi insistenti delle numerosissime guardie presenti. Del resto, in Russia l’ingresso in qualsiasi centro commerciale e in qualsiasi stazione della metro avviene sempre dopo un passaggio dal metal detector.

Ad avermi molto colpita, nei giorni seguenti, sono stati gli Stagni del Patriarca. Il luogo è in sé tranquillo, tranquillissimo, con il laghetto e la gente che sorseggia un tè pagato a caro prezzo. Ma è qui che il diavolo appare ne Il maestro e Margherita, è qui che si svolgono le scene che mi hanno tolto il sonno mentre leggevo il libro ed è qui che mi sento emozionatissima al pensiero che sono in questo luogo anche io.

Per un’esperienza storica torci-budella, visitate il Bunker 42 e il museo Gulag. La sensazione di oppressione e di repressione che sentirete sono un ottimo modo per riflettere sulla storia passata e attuale. Non ve ne pentirete.

Infine, il mio momento di relax a Mosca l’ho avuto nel Gorky Park e soprattutto al Teatro dei gatti. Io sono una gattara e non ho perso l’occasione di assistere, insieme a tanti altri bambini, allo spettacolo insolito di gatti ammaestrati che eseguono esercizi a comando, guidati da una ricompensa succulenta. A fine spettacolo, i gatti si lasciano ammirare nei loro sontuosi salottini. Lo so, è una cosa triste, ma per me che non riesco a imporre a Tigro nulla è stato come scoprire che esiste un luogo in cui anche l’animale più indipendente può essere ridotto a un esecutore di ordini.

Tra le cose che mi hanno colpita della Russia, c’è il fatto che i portoni delle case non sono chiusi da una chiave comune, ma da un sensore magnetico o da un codice. Le porte suonano ogni volta che vengono aperte, col rumore di un allarme, e si richiudono immediatamente in modo automatico. Spesso ai portoni si giunge tramite un cancello di ferro, chiuso anch’esso con un sensore, una chiave magnetica o un codice. Un controllo ossessivo che dà tanta tanta claustrofobia.

Due aneddoti del mio viaggio a Mosca e i treni notturni

Una mattina, quando già di Mosca ne avevo abbastanza e anche i parchi e le fontane danzanti non mi bastavano più, ho deciso di prendere l’autobus fino al capolinea. È una cosa che in passato facevo spesso, per riposarmi un po’ osservando la città e la gente che ci vive. Ecco, a Mosca non è stata proprio una buona idea. A mano a mano che ci allontanavamo dal centro, i palazzoni diventavano sempre più bui e decadenti e si vedeva poca gente in giro. Arrivati a una fermata in estrema periferia, un uomo è salito saltando in modo evidentissimo il tornello presente sul bus, che consente l’accesso solo con il biglietto. Nessuno ci ha badato, neanche il controllore. Dopo un poco quest’uomo ha iniziato a discutere con un altro uomo che era già sul bus, in un russo strettissimo, e le voci si sono alzate sempre di più. A quel punto l’autista ha fermato il bus ed è sceso insieme ai due litiganti, si è unito a una zuffa che ho solo intravisto in preda a una crisi di panico e poi è risalito come se nulla fosse, lasciando a terra i due che se le davano di santa ragione. Sono stata sprovveduta e molto fortunata, ora lo so. Come ho detto, Mosca mi ha stancata dopo qualche giorno, per questo cirillico onnipresente, la povertà estrema che lasciava tutti indifferente e l’atmosfera tesa che vi si respira. Per questo, quando è arrivato il momento di prendere il treno per San Pietroburgo ero a dir poco felicissima.

Il treno lo avevo prenotato direttamente in russo, con il copia-incolla da Google Translate aperto su un’altra schermata, perché avevo notato che i prezzi erano molto più bassi se si faceva tutto in cirillico. La data del treno l’avevo segnata con partenza all’1, dimenticando che l’1 c’è sia a.m. che p.m.. Mentre ero in stanza pensando al treno dell’indomani mattina, con la valigia ancora sfatta, un promemoria del cellulare mi annuncia che in due ore il treno sarebbe partito.

Panico. Ho due ore di tempo per chiudere tutto e raggiungere la stazione. Dormivo vicino a una stazione, ma ovviamente il mio treno partiva da un’altra stazione, molto più periferica, da raggiungere in taxi. Con la valigia fatta alla meno peggio e il terrore di dover restare ancora a Mosca, mi lancio per strada. È tardi e di taxi in giro non se ne vedono. Un poliziotto passeggia guardingo dall’altro lato del marciapiede e mi osserva, creandomi non poca agitazione. Infine, passa un taxi che fermo praticamente mettendomi al centro della strada e mi carica. Mostro il nome della stazione stampato in cirillico e gli spiego che ho fretta perché il treno sta per partire. L’autista, che guida una macchina scassatissima che di giorno non ho mai visto circolare, mi guarda in segno di intesa e inizia a sfrecciare. Da mezz’ora scende una leggera pioggerella che rende l’asfalto viscido e fa sì che a ogni ripartenza le ruote lisce del rottame girino a vuoto come il mio gatto quando sgomma sulle piastrelle. Inizio a pensare che perdere il treno o parlare con un poliziotto siano cose da nulla, rispetto a morire lì a Mosca. Superato il centro compaiono tutti i cani randagi che non avevo visto fino a quel momento, cani che attraversano impunemente nei grandi incroci russi su asfalto viscido solcato da ruote liscissime che neanche col balsamo Pantene. L’autista corre come se stessi per partorirgli sul taxi e non comprende le mie richieste insistenti, in inglese, che lo pregano di rallentare e magari anche di non passare con il semaforo rosso. Alla fine, nel mezzo di un incrocio che attraversiamo come se ci stesse inseguendo la polizia, ovviamente con il rosso, inizio a piangere per la paura e lì il russo capisce, mi guarda, rallenta. Dopo 10 minuti, arrivo – miracolosamente integra – in stazione, dove posso leggere che il mio treno ha due ore di ritardo.

La seconda classe dei treni notturni russi è infinitamente migliore di quella italiana. I letti sono larghi, comodi, con un materasso più comodo di quello che ho a casa. All’interno della cabina c’è un lavandino grande, non quello microscopico delle carrozze letto di Trenitalia, e in dotazione vengono dati un asciugamano e sapone liquido. I bagni sono puliti e hanno anche la doccia. Prima di andare a letto è servita la cena, mentre al risveglio è offerta una bella colazione a base di pappa d’avena (che ho lasciato).

San Pietroburgo

San Pietroburgo mi ha riconciliata con il mondo. È stato come uscire finalmente dal tunnel, vedere l’arrivo della primavera dopo un inverno rigidissimo o passare l’ultimo esame. Quanto è bella San Pietroburgo! Intanto è più accogliente: le scritte sono in cirillico e in inglese e anche lo straniero che non ha fatto il classico sa come orientarsi.

Poi è attraversata dalla Prospettiva Nevski che tanto avevo letto nei libri russi e che ho percorso e ripercorso fino a consumarla, vedendola ogni volta diversa. Comitive di ragazzi che si divertono, famiglie, persone che vivono la loro vita in tranquillità e finalmente la classe media che a Mosca non era comparsa. Persino i poliziotti mi sono sembrati più simpatici, anche se li ho tenuti sempre lontani.

San Pietroburgo: cosa vedere

Iniziamo dai luoghi imperdibili:

  • Museo Ermitage, che si articola in cinque palazzi tra loro collegati (Palazzo d’Inverno, Piccolo Ermitage, Grande Ermitage, Nuovo Ermitage, Teatro Ermitage). Le opere ammontano a circa 3 milioni e vanno dalla preistoria alla prima metà dell’Ottocento.
  • La piazza davanti al Palazzo d’Inverno dell’Ermitage, teatro di uno dei sommovimenti più importanti del XX secolo: l’assalto che, tra il 23 e il 24 ottobre 1917, permise ai bolscevichi di prendere il potere in Russia, defenestrando il governo provvisorio in carica dopo l’abdicazione dello zar.
  • la Cattedrale di Sant’Isacco, con la cupola alta 101 metri, il punto panoramico più bello della città. Per raggiungerlo, però, occorre salire oltre 200 scale e pagare un biglietto a parte rispetto a quello che dà diritto alla visita della chiesa.
  • La Nevsky Prospekt, principale via dello shopping cittadino, dominata da palazzi mirabili e cuore della vita cittadina. Da vedere Palazzo Singer, sede dell’omonima azienda di macchine da cucire che aprì la propria filiale a San Pietroburgo nel 1904; Bolshoy Gostiny Dvor, uno dei grandi magazzini più antichi al mondo; Kupetz Eliseevs. La lista, come è facilmente immaginabile, è piuttosto lunga.
  • la Chiesa della Resurrezione di Cristo, conosciuta col nome “Salvatore del Sangue Versato” (“Spas na Krovi”) poiché sorge esattamente nel luogo in cui perse la vita lo zar Alessandro II vittima di un attentato anarchico. Si nota per le sue cupole decorate, molto simili a quelle della chiesa di San Basilio a Mosca. All’interno, marmi e mosaici con scene del Nuovo Testamento che si alternano a immagini sacre di santi venerati dalla chiesa ortodossa.
  • Le sue 42 isole, la moltitudine di ponti e, soprattutto, l’intricato sistema di canali attorno il fiume Neva;
  • Il Museo russo, degno di nota per le opere di arte e cultura russa.

Luoghi che ho visitato e sono meno noti:

  • Campo di Marte e fiamma perenne, in onore del milite ignoto;
  • Giardino d’estate e palazzo d’estate
  • Castello Mikhailovsky, una maestosa costruzione in stile neoclassico dove è esposta la collezione di ritratti del Museo Russo;
  • Palazzo Stroganov, uno dei palazzi più belli della prospettiva Nevskij;
  • Pushinskaya 10, centro d’arte;
  • Museo Nabokov;
  • Naso del maggiore Kovalyov, che troveranno quelli che hanno letto Gogol’;
  • Isola Vasil’evskij.

In giro per San Pietroburgo

Quando sono stata a Pietroburgo non avevo ancora viaggiato molto e non avevo visto alcuni dei musei di cui poi mi sarei innamorata. Potete quindi capire quale sia stato il mio stupore quando, dopo due ore di fila sotto la pioggia di agosto, sono entrata finalmente nell’Ermitage. Era pieno di gente e senza aria condizionata, ma non importava: le opere d’arte che vi sono custodite valgono da sole il viaggio. In più, è un museo popolato da gatti e per una gattara come me questo non può che essere un super plus.

Sono stata in Russia ad agosto, per cui non ho potuto vedere le notti bianche che la caratterizzano a giugno. Questo però non mi ha impedito di passare una sera su una panchina, con il tramonto delle 23:00, a vedere il cielo farsi scuro ma mai del tutto nero e a rileggere contemporaneamente, per l’ennesima volta ma con lo stesso spirito innamorato, le Notti Bianche di Dostoevskij.

San Pietroburgo si impone per i numerosissimi canali che la attraversano, collegati tra loro da ponti e ponticelli che la rendono in parte simile a Venezia. Ci sono dei punti della città che sono collegati da ponti che di notte poi vengono alzati per far passare le navi: se si resta al di là del ponte, bisogna attendere la mattina dopo per tornare indietro. Noi ci siamo stati di sera, ma abbiamo preferito rientrare prima che i ponti si alzassero. Ci sono però ragazzi che vanno di proposito a passare la notte in questi luoghi isolati e durante la notte bianca di certo deve essere un’esperienza bellissima. Inoltre, i ponti che si alzano sono ormai un’attrazione turistica e troverete facilmente dei traghetti che fanno il giro per farveli ammirare dalla Neva.

Noi abbiamo girato tantissimo in bici e siamo arrivati, dopo una passeggiata di 10 km, fino al golfo di Finlandia. Lo ammetto, tutto lo sforzo l’ho fatto per vedere il mare aperto, ma mi sono trovata davanti a un golfo chiuso in modo artificiale. Comunque, l’esperienza è valsa la fatica.

A San Pietroburgo abbiamo visitato molti locali che facevano musica dal vivo e che erano pieni di ragazzi e di studenti (Fish fabrique e Jazz Hall sopra tutti). L’atmosfera giovane era molto più bella che a Mosca, dove siamo riusciti a trovare un po’ di vita notturna solo nelle ultime due sere, quando siamo rientrati da Pietroburgo e abbiamo cambiato quartiere.

Un viaggio di due settimane non può non includere tanta cultura. E così, oltre ai musei degli scrittori russi mi sono dedicata anche al museo della Resistenza di Leningrado. Lo ammetto, non sapevo ancora cosa fosse questa storia e ancora oggi a volte mi viene da pensare a questo popolo che così strenuamente si difese e resistette nonostante tutto. Vi posso dire solo che siamo arrivati col museo in chiusura, ma abbiamo corrotto il custode e lo abbiamo potuto visitare tutto per noi. Questo lo ha reso più vivo e inquietante, anche perché fuori pioveva e faceva freddo. Con l’audioguida abbiamo potuto conoscere tutti i dettagli di ciò che vedevamo e abbiamo scoperto come la gente ha potuto sopravvivere con le scorte alimentari che mancavano. Non mi ha stupito tanto il fatto che siano scomparsi col tempo uccelli, gatti, cani e topi (in fondo in Amazzonia i topi li mangiano come nulla fosse), quanto il pane fatto con poca farina e segatura. Se penso al freddo e alla fame che hanno sofferto quei poveretti, così ben rappresentata nelle ricostruzioni del museo, ho ancora i brividi.

Aneddoti del viaggio a San Pietroburgo

San Pietroburgo mi è sembrata talmente bella che ho deciso di girarla in bici. Ho contattato una società e ho prenotato la bici, pagando online con la carta di credito. Fin qui nulla di particolare. Poi sono andata al negozio in cui noleggiavano le bici, entrando da un portone blindato e percorrendo un corridoio e un cortile. Dopo aver preso la bici, sono tornata indietro e nel cortile mi sono trovata davanti a questa scena: un uomo giaceva a terra, probabilmente già svenuto, mentre due uomini lo prendevano a calci in viso e una donna gli urlava contro. Sono rimasta paralizzata per la paura, ma per fortuna ero a distanza e il ragazzo che era con me mi ha spinta in avanti e mi ha condotta fuori, mentre probabilmente il mio volto restava pietrificato in un’espressione di terrore e orrore. La violenza vista dal vivo è brutta, soprattutto contro un corpo inerme e ancor di più se sei in una terra straniera, nel cortile di un palazzo chiuso da un portone blindato.

La sera del giorno dopo, mentre svolazzavo leggera con la mia bici sulla Prospettiva Nevsky, ho visto un ragazzo riverso per terra, svenuto, con la schiuma che usciva dalla bocca. Nessuno badava a lui. Io sono rimasta pietrificata e avrei voluto chiamare i soccorsi o la polizia, ma in che lingua e con quali conseguenze? Se vuoi aiutare qualcuno e non puoi chiamare la polizia perché rischi grane maggiori, cosa puoi fare? Ecco, in Russia non mi sono mai sentita al sicuro, neppure nella bellissima San Pietroburgo.

Cucina russa

Intanto non è una cucina che ama vegetariani e vegani ed è comunque essenzialmente a base di zuppa e cipolle. Tutti i piatti sono accompagnati dalla panna acida che a Mosca è immancabile. Ovunque si beve la vodka, schietta e non alla frutta, da bere a stomaco vuoto prima di ogni pasto. Per un aperitivo tipico sono da provare i blini, una specie di pancake salati, accompagnati spesso da salmone affumicato, caviale e ovviamente panna acida. Piatti tipici, indicati soprattutto per il periodo invernale sono il golubtsy, involtini di cavolo con vari condimenti e i pirozhki, gnocchi di pasta acida ripieni. Se siete carnivori convinti assaggiate il manzo stroganoff, filetto tagliato a strisce e cotto nella panna con cipolle e funghi.

Tutti i piatti sono pensati per affrontare il rigido freddo russo. Troverete comunque cucina più europea e cose più leggere e, in ogni caso, potrete depurarvi con i mirtilli, buonissimi e succosi, che vengono venduti ovunque per strada.

Perché andare in Russia?

Come avrete capito, la Russia mi è sembrata diffidente, distante, a tratti ostile, iper-controllata e poco empatica. Questi sono indubbiamente dei contro, ma sono superati dai pro: un luogo che trasuda storia e cultura, la terra di tanti romanzi e racconti meravigliosi, un posto che ha sofferto e soffre con una storia contemporanea, un luogo in cui cercare e scoprire la vita autentica di chi ci è nato. Sì, consiglio la Russia, magari in un periodo di maggiore tranquillità internazionale.

Nota della redazione: il Ministero degli Esteri sconsiglia in questo momento (ottobre 2023) i viaggi verso la Federazione Russa, sebbene non siano esplicitamente vietati. Sul sito viaggiaresicuri.it è possibile trovare informazioni aggiornate circa la situazione contingente.

Guarda la gallery
10547985_276491559212711_6201417323181066130_o

screenshot_2023_09_20_12_44_46_177_com.facebook.katana

screenshot_2023_09_20_12_44_41_658_com.facebook.katana

1900436_272550239606843_5664817059136374152_o

1548002_276164809245386_7052713760855220503_o

1517869_276491535879380_6409744605049134495_o

10619976_276164489245418_7133266395341971211_o

10606194_274299859431881_2726438762003926876_n

10603714_272220039639863_6064035828981185629_n

10599194_274594472735753_5269004863065715776_n

10584101_274193556109178_2409327999016199881_n

10322660_271744489687418_818102179619745049_n

10547786_276491732546027_2856884021009152233_o

10535578_272370819624785_9007849268130063521_o

10531349_276164229245444_349681118266896950_o

10498292_276164275912106_2032342308581086896_o

10486305_273150872880113_4858725816307302151_n

10480072_276164159245451_8183680313064004778_o

10413362_274299899431877_2048277563814465219_n

10380294_274067496121784_4048326046427226012_n

10355664_276165505911983_3446078596454975952_o



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari