Montenegro 2011

Montenegro 2011 – Diario di viaggio In questo diario di viaggio ho cercato di raccontare nel modo più sincero possibile le esperienze, i luoghi, le opinioni sul nostro viaggio in Montenegro, sperando che possa essere utile a qualcuno. Quella che però non si può raccontare è la sensazione che abbiamo provato nello “scoprire” una zona così incantevole, vicina e poco conosciuta dal turismo italiano, e la voglia di non andare più via.
4 agosto
Arriviamo a Dubrovnik con il traghetto alle 7:30, ci dirigiamo verso sud lungo la costa e arriviamo alla dogana Croazia-Montenegro verso le 8:45. Dopo aver pagato la tassa ecologica (10 euro) e aver fatto una fila molto breve, viaggiamo per poco più di un’ora lungo la strada che costeggia la baia di Kotor, verso Tivat. I primi centri abitati che si incontrano lungo la costa, cioè nel versante nord delle bocche di Cattaro, sono i più poveri e i meno curati, e rischiano di offrire una brutta prima impressione del Montenegro. Proseguendo invece, soprattutto a partire dal piccolo paesino di Perast, fronteggiato dalle due isolette S. Giorgio e della Madonna dello Scoglio (o Scarpello), ci si rende conto del perché l’Unesco abbia dichiarato questa zona patrimonio dell’umanità. Per ora diamo solo un’occhiata sbrigativa alla baia, proseguiamo verso la città fortificata di Kotor, costeggiandone le mura esterne ornate di bandierine colorate, per poi giungere alla nostra meta finale: l’appartamento che abbiamo prenotato per 6 notti nelle vicinanze della cittadina di Tivat, precisamente nel sobborgo residenziale di Gradiosnica. La zona è un po’ isolata, ma è abbastanza vicina a Kotor (10 min. in macchina), i proprietari sono giovani e gentili e l’appartamento grande. Dopo pranzo ci dirigiamo verso Tivat (5 min. in macchina) per ritirare il soldi al bancomat e dare un’occhiata al posto, ma decidiamo che sarà la prima e ultima passeggiata per le strade arroventate e un po’ desolanti di questa cittadina che non sembra aver molto da offrire oltre ad un molo deserto e un piccola spiaggia cittadina. Ripercorriamo la strada verso Kotor, parcheggiamo gratuitamente poco distanti dall’ingresso ed entriamo nelle mura cittadine. L’impatto è stupefacente: davanti a noi si apre la piazza principale, pavimentata con ciottoli bianchi e rossi levigati, palazzi in pietra bianca in stile veneziano, caffè all’aperto, vicoli che si diramano e si snodano in tutte le direzioni, e in alto le montagne che spiccano, altissime. Ci perdiamo per le stradine tra chiese, palazzi maestosi e piazzette brulicanti di bar e negozietti: si riconosce netta l’influenza del dominio veneziano, tipica di tutta la costa dalmata. Kotor è meravigliosa, si potrebbero passare ora a camminare per le sue strade, o semplicemente seduti in un caffè a guardare la piazza e la gente che passa. E’ quello che facciamo fino all’ora di cena, quando decidiamo di sederci ai tavolini all’aperto dello Stari Grad, un ristorante consigliato dalla Lonely Planet. Mangiamo un piatto di (salatissimi) formaggi e prosciutti del posto e un abbondante piatto di maiale ripieno di prosciutto e formaggio, spendendo 50 euro in due. Facciamo un altro giretto fino alla piazza, piena di gente accorsa per il carnevale di Kotor (che evidentemente è stato spostato anche in estate), che questa sera è dedicato ai bambini (ce ne sono numerosissimi, tutti in maschera). Torniamo all’appartamento percorrendo i 10 minuti di strada, che al buio sembrano un po’ di più.
5 agosto
Verso le 10 ci mettiamo in cammino verso sud, sulla strada litoranea (che da Tivat prosegue lungo la costa per Budva, Petrovac, Bar e Ulcunj). Sperimentiamo subito la guida “spericolata” dei montenegrini, che sembrano pretendere che si viaggi a velocità elevate, rispondendo in caso contrario con una tendenza al sorpasso molto, molto facile. Dopo aver superato la caotica Budva, dopo qualche km arriviamo a Sveti Stefan. Come tutti conoscevo questa isoletta, collegata alla terra ferma da un istmo, in quanto soggetto fotografico d’eccezione, usato spessissimo per rappresentare le bellezze del Montenegro. In effetti quello che appare dall’alto è spettacolare, anche se, in un periodo di altissima stagione come quello scelto da noi, è inevitabile l’affollamento delle due spiagge e del relativo parcheggio. Scendiamo seguendo l’indicazione e incontriamo per prima la località balneare di Przno, una bella ma affollatissima mezzaluna di sabbia circondata dal verde e da numerosi residence e ristoranti. Proseguiamo lungo una stradina immersa nel verde, mentre sulla destra appaiono, attraverso gli alberi, le due paradisiache spiaggette di Milocer e Queen’s beach (che a noi sono sembrate blindate e irraggiungibili, anche se poi siamo venuti a sapere che era possibile affittare un ombrellone anche lì, peccato). Ci avviciniamo a Sveti Stefan e veniamo fatti obbligatoriamente entrare in un parcheggio a pagamento abbastanza caro (2 euro l’ora). Le due spiagge di Sveti Stefan (una a sinistra, l’altra a destra della strada che collega l’isola alla terra ferma) sono un sogno: minuscoli sassolini di tonalità bianca-rossastra e mare verde-azzurro, sullo sfondo delle case con i tetti rossi dell’isola (chiusa al pubblico in quanto sede di un resort di lusso). La sponda destra è deserta, e capiamo subito perché: è riservata ai facoltosi clienti dell’hotel situato sull’isola, o in alternativa a chi sia disposto a pagare 50 euro. Nella sponda sinistra una piccola parte è lasciata “libera”, mentre la maggior parte è occupata da grandi ombrelloni bianchi, disposti a distanza l’uno dall’altro e dotati di due sdraio (o meglio, veri e propri letti di legno con materassi bianchi): scegliamo la seconda alternativa (30 euro) , esasperati dal caldo micidiale che rende indispensabile un posto all’ombra. Il tuffo nell’acqua ripaga di tutto lo stress e il caldo: l’acqua è un’immobile distesa trasparente attraverso la quale, nuotando verso il lago, si vede il fondale scendere ripido sotto i propri piedi. Passiamo qualche ora tra acqua e ombrellone (stare al sole non è sopportabile) e decidiamo di muoverci in direzione sud. In mezz’ora raggiungiamo Petrovac, lungo la litoranea che all’ora di pranzo comincia ad intasarsi di macchine, in stragrande maggioranza montenegrine e serbe (pochissime tedesche, francesi o italiane), dirette a Budva e a Bar, i grandi centri balneari, meta delle vacanze estive, ma anche dei week end o delle giornate di mare, degli abitanti della zona. Petrovac è un paesone che si affaccia sul mare attraverso la sottile ed incredibilmente affollata spiaggia cittadina. Percorriamo il lungomare e ci fermiamo in un Konoba consigliato dalla guida, all’ombra di un pergolato. Mangiamo calamari fritti e insalata ascoltando Abano e Ramazzotti, beviamo una birra e un ottimo caffè spendendo 25 euro in due (sembra che scendendo verso sud i prezzi diminuiscano..). Ripartiamo, sempre in direzione sud, verso Stari Bar, la città vecchia situata a 2 km da Bar dirigendosi verso l’interno. Parcheggiata la macchina, attraversiamo una ripida stradina pedonale lastricata di ciottoli su cui affacciano diversi ristoranti, tra cui alcuni dall’evidente stampo orientale (abbiamo poi scoperto che buona parte dei pochissimi attuali cittadini di Stari Bar sono di etnia Rom). La città abbandonata è una distesa di rovine coperte di edera circondate da spiazzi erbosi, che domina la costa dall’alto. L’ingresso costa un euro e vale la pena girare un’oretta intorno alle macerie in cui si riconosce l’impianto della vecchia città: le strade lastricate, gli archi, i palazzi, le piazze, le chiese, un acquedotto e le fortificazioni che la circondano. Nonostante il caldo umido e il sole cocente la visita si rivela affascinante. Terminato il giro ripercorriamo a ritroso la strada verso Tivat, incontrando un traffico notevole, specialmente nelle vicinanze di Budva, impiegando un’ora e mezza.