Malesia: Langkawi e Kuala Lumpur
Dopo un volo notturno KLM Amsterdam – Kuala Lumpur, arrivo in Malesia nel primo pomeriggio, Fabio mi aspetta agli arrivi, ci spostiamo al terminal dei voli nazionali e poi via, ripartiamo con AirAsia per Langkawi.
Langkawi è un arcipelago di 99 isole situato nel mare delle Andamane, a circa 30 Km dalla costa nordoccidentale della Malesia. Le isole fanno parte dello stato di Kedah che confine con la Thailandia. L’isola maggiore, dove atterriamo, si chiama Pulau Langkawi.
L’aria è caldissima, che meraviglia! Saltiamo su un taxi addobbato come un albero di natale: tappeti, drappeggi, cuscini e statuine e ci facciamo accompagnare al Frangipani Hotel, un fantastico resort direttamente su una delle spiagge più belle dell’isola, Pantai (spiaggia) Tengah. Ci sistemiamo nel bungalow e poi andiamo a cena. Prima di lasciare l’albergo, però, faccio una veloce ispezione: un giardino tropicale, una grande piscina, un ristorante sulla spiaggia… e che spiaggia! Bianchissima e finissima, le palme che la incorniciano sembrano toccare il cielo e il mare è limpido e pulito come non mai.
Affittiamo uno scooter per tutti i giorni in cui rimarremo qui e finalmente andiamo a cena: ci sono molti locali, ristoranti e bars, scegliamo un thai e ci rilassiamo davanti a un bel boccalone di birra, eh sì, perché sebbene la Malesia sia uno stato mussulmano, gli alcolici si possono trovare quasi ovunque. Noto subito che i malesi tendono a non usare le posate, mio cugino mi spiega che durante gli ultimi anni il nuovo re Mizan Zainal Abidin sostiene il ritorno alle tradizioni e ad un islamismo più integrale. In effetti, anche se l’islam è la religione di stato, una buona percentuale della popolazione è buddista (17%), induista (7%) e anche cristiana (6,4%), il motivo di questa varietà di fede va ricercato nel fatto che la Malesia e’ un mix di etnie e culture che vivono in armonia e tolleranza: la popolazione è formata principalmente da Malesi, Cinesi ed Indiani. Fabio mi fa capire che qui i cinesi sono gli uomini d’affari, coloro che investono e gestiscono l’economia del paese, gli indiani sono la manovalanza, spesso sfruttata e sottopagata e i malesi sono “i padroni di casa” protetti e agevolati da molte leggi e quindi un pochino più accidiosi. Mi lancio letteralmente a letto e, distrutta, mi addormento subito.
TOUR ISOLE MERDIONALI Oggi abbiamo prenotato un tour delle isole meridionali e, dopo una splendida colazione servita di fronte al mare, un taxista ci viene a prendere e ci accompagna al porto, dove un piccolo motoscafo ci aspetta, saliamo a bordo ed incontriamo la nostra guida, Jeh Jeh (questo è il nome che capisco) insieme al comandante, che mi ricorda vagamente il pirata Jack Sparrow.
Partiamo subito e, allontanandoci dalla costa, vedo nel porto una vedetta molto particolare: un’enorme statua a forma di aquila, chissà perché un’aquila?! Ma certo, l’aquila è il simbolo dell’arcipelago e addirittura il nome Langkawi significa aquila marrone (helang aquila e kawi marrone)! Qui vivono moltissime aquile di mare e la nostra prima attività oggi, sarà proprio cibare le aquile pescatrici. Jack Sparrow ci porta in un golfo dell’isola Pulau Singa Besar e poi, insieme a Jeh Jeh inizia a pasturare; all’improvviso intorno a noi si materializza uno stormo di aquile, le quali si tuffano in acqua all’unisono e recuperano il pesce che la nostra guida scaglia. Anche noi ci cimentiamo in qualche lancio, ma il mio tiro non va a buon fine; le aquile ovviamente non sono addestrate, ma credo che conoscano bene queste visite così generose e probabilmente molto frequenti, poco dopo, infatti, arrivano altre barche, con altri turisti e altro cibo e noi prendiamo il largo.
La barca salta tra le onde a tutta velocità, il sole è caldissimo e non abbiamo neanche una goccia di crema solare, pazzi! Ci stiamo ustionando la schiena, questa notte sarà impossibile chiudere occhio.
La visuale è veramente spettacolare, le isole sono ricoperte dalla foresta equatoriale, da palme e mangrovie, le piccole spiagge che s’intravedono sono candide e incontaminate.
Ci intrufoliamo con la barca all’interno di una grotta: è buio e lo spazio non è molto, il soffitto della cava è parecchio basso, improvvisamente la guida accende una torcia e la punta verso l’alto, la grotta è completamente ricoperta di pipistrelli giganti addormentati che penzolano a testa in giù; sinceramente non mi sento proprio tranquilla e chiedo di uscire subito, per tutta risposta sento una fragorosa risata. Arriviamo a Pulau Dayang e dalla barca vediamo una montagna, la cui forma ricorda il profilo di una donna incinta sdraiata, andremo a visitare un lago d’acqua salata chiamato appunto lake of pregnant mother. Yeh Yeh ci narra una leggenda: Putera Tejra, principe del regno di Langkawi, s’innamorò e sposò una ninfa scesa dal cielo. Dal matrimonio nacque un bambino, che purtroppo morì poco dopo. Le spoglie del piccolo vennero lasciate alla fonte del lago della madre incinta, dove oggi vanno ad abbeverarsi le coppie nella speranza di avere un figlio. Anche se questo non è il nostro scopo, non vedo l’ora di arrivare al lago. Attracchiamo ad un molo piccolissimo e, guidati da Yeh Yeh, ci incamminiamo nella jungla. Finalmente vedo le mie prime scimmie, sono tantissime e troppo carine, molte hanno il piccolo aggrappato alle spalle, mi avvicino ad una di loro, vorrei accarezzarla, ma mio cugino mi allontana, sono molto aggressive, dispettose e curiose, è sempre meglio mantenere una certa distanza. Poco dopo, infatti, assisto ad una scena esilarante: una signorona americana con due borse strapiene di patatine e dolciumi e’ costretta a correre in tondo inseguita da una scimmietta che ha adocchiato le leccornie. Facciamo un bel bagno nel lago e ritorniamo alla barca, Jack ci ha preparato il pranzo a base di spiedini di pesce e riso, lo divoriamo e poi ripartiamo.
Arriviamo a Pulau Beras Basah, che meraviglia! Il mare è caldissimo e l’acqua è cosi blu, la spiaggia è da cartolina…Rimarrei qui a bagno tutto il giorno.
Nel primo pomeriggio rientriamo in Hotel direttamente via mare, saltiamo sullo scooter e ci lanciamo verso nordovest diretti all’Oriental Village, il paese in cui è possibile prendere la funivia che s’inerpica sul monte Mat Cincang, la seconda vetta più alta dell’isola. La salita con la funivia, così come la passeggiata sul ponte sospeso fanno venire i brividi, soprattutto se si soffre di vertigini, ma ne vale veramente la pena perché la vista sull’arcipelago è mozzafiato e davvero indimenticabile.
Rientrando attraversiamo la vera Langkawi, la Langkawi senza hotels, bars o ristoranti, la Langkawi fatta di palafitte e baracche dove, in condizioni molto disagiate, vive la popolazione locale; la Langkawi fatta di campi di riso e piantagioni di the, la Langkawi fatta di boschi di alberi della gomma.
Stanchi ma felici, facciamo un riposino in albergo e poi usciamo per cena.
PULAU PAYAR Questa mattina ci accompagnano nuovamente al porto ma oggi non siamo soli, il tour avverrà con una barca più grande e in compagnia di altri turisti, tra cui anche una coppia di pensionati genovesi (ci incontriamo ovunque!).
Pulau Payar è un parco marino composto da quattro isole situate a circa 35km a sud di Langkawi. Le isole non sono abitate, ma sono visitate da turisti armati di maschera e boccaglio o di bombole e tute.
Pulau Payar è un vero paradiso: La spiaggia è meravigliosa e il mare verde smeraldo è ricco di pesci colorati, squali e pure barracuda! Passiamo tutta la giornata con la faccia sott’acqua e il sedere all’aria e rientriamo nel pomeriggio.
Prima di andare a cena ci facciamo fare un rilassantissimo massaggio ai piedi e ci addormentiamo entrambi sulle poltroncine.
LGK – KUL Oggi passo la mattinata e il primo pomeriggio a crogiolarmi sulla spiaggia dell’albergo, fino a quando (ahimè) non prendiamo il taxi per l’aeroporto.
Arriviamo a Kuala nel tardo pomeriggio e andiamo a casa. Questa sera mi faccio un piano per i prossimi giorni, quando da sola visiterò la città e i suoi dintorni.
KUALA LUMPUR Durante queste giornate, guida alla mano, visito in lungo e in largo la capitale. Inizio dalle torri Petronas, impressionanti torri gemelle alte 452 metri costruite dalla compagnia petrolifera Menara Petronas e diventate il simbolo dello sviluppo economico della Malesia. Le torri hanno 32000 finestre ed un ponte che le collega a 171 metri di altezza. E possibile attraversarlo, ma l’attesa è tale che viene consigliato di prenotare la visita (prendendo il numero proprio come al supermercato) già dal mattino presto. La pianta di ogni torre è costruita seguendo una precisa simbologia islamica che significa unità, armonia, stabilità e razionalità. La Torre Uno è occupata dalla compagnia petrolifera Petronas, la Torra Due dalle compagnie associate, mentre lo spazio restante è affittato da varie multinazionali. Le Petronas sono imponenti durante il giorno e incantevoli con l’illuminazione notturna, che dona loro un’atmosfera misteriosamente lunare. Nella zona attigua alle Torri si trova un grande teatro e il KLCC Aquarium. Non amo molto i giardini zoologici e gli acquari, preferisco vedere gli animali in libertà, ma decido comunque di fare un giretto in quest’acquario, considerato una delle maggiori attrazioni della città. Effettivamente è molto interessante e curato: oltre al percorso in un tunnel che attraversa la vasca degli squali e delle razze e che quindi permette di passeggiare circondati da pescecani e con razze fluttuanti sopra la testa, straordinarie sono le vasche contenenti dei pesci enormi, dei mostri marini tra cui la cernia gigante. Terrificanti, infine, le teche con gli smisurati ragni malesi. Non lontano dall’acquario si trova Il Suria KLCC, un gigantesco centro commerciale, la zona esterna è caratterizzata da giardini molto curati, fontane e piscine. Quest’area è pulitissima, modernissima e ricchissima, però io preferisco il Central Market. Mercato chiuso, esistente dal 1936, rinnovato in stile art-deco e pitturato con colori pastello; il mercato contiene più di cento negozi, in cui si possono trovare abiti tradizionali, tessuti colorati con la tecnica batik, oggetti fatti a mano, gioielli, spezie e molti altre cose interessanti.
Se si hanno i nervi saldi, un altro posto speciale per fare acquisti è Petaling Street, direttamente a Chinatown; la strada è pedonale e straborda di bancarelle ricche di abiti cinesi, copie di orologi, bigiotteria, cd, dvd, borse, cinture e ogni sorta di cineseria immaginabile. I venditori sono troppo insistenti ed io non resisto a lungo, scappo nel vicino distretto coloniale, sempre così affascinante! Una veduta a 360 gradi della città si può avere dalla torre Menara KL, alta 421 metri e situata su di una collina. All’ultimo piano della Torre si trova un ristorante che ruota, un’esperienza particolare. Molto bella è Merdeka Square, una grande piazza con un prato verdissimo, e degli antichi e importanti costruzioni, tra cui il Palazzo del Sultano Abdul Samad, un lungo edificio a strisce bianche e rosse risalente alla fine del 1800.
Assolutamente interessanti sono i luoghi di culto e, dato che qui le religioni diffuse sono principalmente tre, per la par condicio decido di visitare una Moschea mussulmana, un Monastero buddista ed un Tempio induista.
La Moschea Masjid Jame sorge nel punto d’incontro dei due fiumi della città e cioè il Klang e il Gombak. La Moschea venne costruita nel 1909 e si trova precisamente nel punto in cui Kuala Lumpur fu fondata nel 1857.
All’ingresso mi vengono dati una tunica con cui coprire interamente il corpo ed un velo per il capo; è la prima volta che vedo una moschea, quindi vorrei riuscire ad osservare e capire più cose possibili.
Entro un pochino timorosa, intorno vedo solo uomini, per le donne e i bambini esiste una sezione specifica dove pregare; il minareto (la torre dalla quale il mu’adhdhin richiama i fedeli alla preghiera) è a righe bianche e rosse, la musalla (l’area della preghiera) è coperta, rettangolare, di marmo bianco con una serie di colonne al centro. Io non posso mettere piede sulla musalla, altrimenti la renderei impura e, proprio al fine di pulirsi da ogni sozzura i fedeli, prima di salire sulla musalla, si lavano i piedi (e non solo) alle fontane presenti nel giardino della Moschea. Gironzolo un pochino e poi esco, proprio nel momento in cui solco i cancelli iniziano i richiamo per la preghiera (perché la preghiera sia valida deve essere compiuta in precisi momenti della giornata) e molti mussulmani raggiungono la Moschea. Il Monastero buddista Chan See Shu Yuen è il più grande tempio cinese della zona. I colori che predominano nel monastero sono il rosso, il verde e l’oro, ci sono diversi altari ricchi di fiori, incenso, vasi e statue a forma di leoni, draghi e figure mitologiche: credo che pregare e meditare qui trasmetta un grandissimo senso di gioia e serenità. Il Tempio induista Sri Mahamariamman è semplicemente fantastico, venne fondato nel 1873 ed è il più grande e sfarzoso di tutta la Malesia,; la facciata esteriore, a mio avviso “il pezzo forte”, comprende una torre alta 22,9 metri ed è completamente ricoperta di sculture ed immagini divine. Vicino all’entrata c’e’ una bancarella che vende corone di fiori freschi, le quali vengono donate agli dei in segno di ringraziamento. Lascio le scarpe sul marciapiede accanto all’ingresso ed entro. Questo tempio ha la forma di un corpo umano straiato sulla schiena, con la testa verso ovest e i piedi rivolti ad est; al centro si trova l’area principale per la preghiera, sovrastata da un soffitto decorato e circondata da moltissime statue colorate.
Il luogo sacro induista più caratteristico, però, si trova a Batu Caves. Batu Caves sono delle grotte (tre principali ed alcune minori) formatesi (forse 400 milioni di anni fa’) in una collina di pietra calcarea situata 13 Km a nord di Kuala Lumpur. Queste cave sono uno dei luoghi di culto induista più importanti al di fuori del territorio indiano ed attirano moltissimi devoti durante il festival di Thaipusam (io l’ho mancato per poco), quando i fedeli, in segno di offerta, trasportano e consegnano agli dei i kavadi. I kavadi posso essere semplici caraffe contenenti latte o piccoli baldacchini di legno, molti devoti, però, praticano anche la mortificazione della carne incidendosi e infilzandosi il corpo, la lingua e le guance con aghi, spilloni e addirittura spade; per far ciò senza sentire dolore e senza sanguinare, la maggior parte di loro raggiunge lo stato di trance. Arrivando al sito, un’enorme statua dorata della dea della guerra Murugan da’ il benvenuto. A destra della statua si trova un piccolo tempio, così come a sinistra; mi avvicino al tempio di Shiva e rimango incantata dai riti che il Bramino compie, sono molto incuriosita, ma non voglio accostarmi troppo per non disturbare con la mia presenza. Osservo, osservo fino a quando il Bramino stesso non mi chiama con un gesto della mano e non mi segna la fronte con il bindi (pallino rosso) … Per entrare nella Cathedral Cave, la grotta principale, bisogna salire 272 ripidi scalini e, soprattutto, evitare gli agguati delle scimmie che si lanciano dalle pareti. All’estrema sinistra si trova un’altra cava con moltissime statue e dipinti colorati raffiguranti le divinità e le loro vicissitudini: davvero interessante! Una giornata intera la dedico alla visita dei Lake Gardens ed in particolare il Bird Park e il Giardino delle orchidee e degli hibiscus. Il parco degli uccelli è molto emozionante, sebbene sia triste vedere degli uccelli in gabbia o in un recinto. Le specie sono moltissime e includono la maggior parte degli uccelli tropicali: dai tucani ai pavoni, dai pappagalli ai pellicani.
Il giardino delle orchidee e degli hibiscus è incantevole: una delicatezza, ed un profumo unici! Kuala Lumpur in sé è invivibile: il traffico è spaventoso, le auto sfrecciano ovunque e trovare dei marciapiedi o dei passaggi pedonali è un’impresa eroica, quindi il modo migliore per spostarsi è la metro.
Il caldo, ma soprattutto l’afa e l’umidità rendono difficile ogni movimento, perciò è assolutamente necessaria una scorta di acqua in borsa.
La città non è particolarmente pulita, soprattutto i quartieri popolari dove in molte case non esistono fognature, quindi camminare con i sandali o le infradito (come faccio io) non è sempre piacevole.
I ristoranti sono tanti, per ogni tasca: cinesi, thailandesi e, i miei preferiti, giapponesi. Mio cugino ed i suoi amici mi fanno assaggiare, a tradimento, il durian, un frutto tipico, famoso per la puzza pestilenziale che emana (è talmente puzzolente che ne è vietata l’esportazione!); il gusto, però non è così male, è dolce e raffinato e poi dicono che sia afrodisiaco… che sia una scusa per farlo mangiare nonostante il fetore?! Fantastici, invece, sono i massaggi: classici o thai, completi o plantari, un vero toccasana! Kuala Lumpur è una città viva anche by night, la Bintang walk e’ costellata di bars, ristoranti, locali, discoteche e, immancabili in Asia, Karaoke! Sul volo di ritorno e, soprattutto, all’arrivo nella fredda Europa piango e mi prometto di tornare presto in Asia, magari in Thailandia, alla scoperta di Krabi e Koh Phi Phi!