L’Islanda grida sussurrando

È bella... perché è bella
Scritto da: angela&marco
l'islanda grida sussurrando
Partenza il: 02/08/2011
Ritorno il: 16/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Siccome sono già due anni che i diari letti sul sito “Turisti per caso” ci aiutano nei viaggi, quest’anno abbiamo deciso anche noi di raccontare questo favoloso viaggio in una terra così bella! Quindi, incominciamo.

2 Agosto 2011

Dopo un volo tranquillo via Copenhagen, l’Islanda ci dà il benvenuto con un bell’acquazzone. Dieci minuti dopo c’è di nuovo il sole che si alternerà alle nubi per il resto del pomeriggio.

Di corsa a ritirare la macchina (abbiamo preferito una 4×4, Suzuki Gran Vitara) e poi via verso Reykjavik e verso il primo assaggio dell’isola.

Appena fuori dall’aeroporto notiamo tante “fumarole” sparse qua e là (ne vedremo tantissime altre, ma questo non lo sappiamo ancora)

Arriviamo all’albergo Cabin (minuscolo è la parola giusta – le valigie entrano giusto giusto…) e poi fuori a esplorare la città.

Cena in un ristorantino sul porto, e quando usciamo… ecco la sorpresa. Ma come, siamo entrati che il sole era ancora alto, usciamo dopo due ore e il sole è ancora lì? Sembra che a un certo punto della sera non abbia più voglia di tramontare, se ne sta lì tranquillo tranquillo a illuminare un cielo così bello. Oh forse anche lui vuole godere ancora per un po’ della bellezza del paesaggio?

3 Agosto 2011

Dopo un inizio di mattinata passato, ahi noi, in un centro commerciale (l’Iceland Air ci ha perso una valigia, scopriremo poi che non ha mai lasciato Milano), finalmente partiamo, destinazione Parco Nazionale di Thingvellir.

Usciamo da Reykjavik nella direzione sbagliata e dopo vari tentativi di trovare la strada giusta (ovviamente senza successo) vediamo le indicazioni per la statale n° 1, la mitica Ring Road! Decidiamo quindi di prenderla (abbiamo alternative? No, ci siamo persi a Reykjavik…). Alla fine ci è andata comunque bene, perché cammin facendo, sulla strada siamo attirati da una serie di fumarole molto grandi, che scopriamo essere la Centrale Geotermica di Hveragerdi con un bel centro visitatori e un simpatico signore che ci spiega qualcosina. Una fetta di torta (molto buona) e un caffè (lasciamo perdere…) e siamo pronti per Thingvellir. Anche qui ci accoglie un bel centro visitatori. Il posto è bello, e carico anche di significati storici e geologici. Visitiamo l’Almanajà camminando in mezzo alla frattura che divide la dorsale medio-atlantica da quella euro-asiatica. Qui nel 930 è nato il parlamento islandese, il primo parlamento che ci sia mai stato in Europa, e la bandiera islandese issata sulla Logberg (roccia della legge) lo ricorda. Scopriamo anche che ai margini del lago si trova la casa estiva del primo ministro islandese. Anche se ci fosse non lo potremmo sapere, perché, come scopriremo poi, non esistono presidi di polizia o altro. Ma che nazione meravigliosa!

La seconda tappa è a Geysir. Anche qui tante fumarole (la passione di Marco), un piccolo geyser e subito dopo il famoso Stokkur, che a intervalli abbastanza regolari (circa 5-7 minuti) lancia in aria un getto di vapore e acqua. Ma è il momento appena precedente al getto che ci lascia forse ancora più impressionati. L’acqua si gonfia come se fosse un enorme bolla, di un bellissimo colore azzurro-blu e tu sei lì a guardare e aspettare (E anche a guardare da che parte tira il vento per non farti una bella doccia–che magari quando fa freddo la faresti anche volentieri, visto che è caldina…)

Lasciamo questo posto (che paragoniamo a un’enorme pentola a pressione che sta bollendo – ne troveremo tante altre in seguito) e andiamo a visitare Gullfoss, la cascata più famosa d’Islanda, con un doppio salto. C’è talmente tanto vento che ci bagniamo già a distanza (e questa volta l’acqua non è calda come a Geysir).

E’ giunta l’ora di cercare la fattoria dove dormiremo e ceneremo (forse…). Arriviamo un po’ tardi a Stora Mork (e ci siamo anche dimenticati di prenotare la cena) ma la signora molto gentilmente ci prepara qualche cosa da mangiare e ci porta pure il gelato. La loro fattoria si trova non lontano del “famoso” vulcano dal nome impronunciabile (anche se gli islandesi dicono che è facilissimo) Eyafjallayokult, ma sembra che non abbiano avuto grossi problemi durante l’eruzione dell’anno scorso. Una fattoria è stata invece evacuata e semi – distrutta, ma di questo ne parleremo più avanti. Le camere, come in tutte le fattorie, sono davvero molto graziose, modeste ma calde e accoglienti, sono lo specchio dei titolari.

4 Agosto 2011

Il tempo non è bellissimo, piove a sprazzi. Prima meta la cascata di Seliandafoss, e lì comincia a piovere veramente bene. La cascata è molto carina, scende drittissima e volendo si può passare dietro. Marco il temerario decide di provare il brivido, io molto meno coraggiosa decido di starmene sotto la pioggia a riprendere la grande impresa.

Si riparte per fermarci poco più avanti al Centro visitatori del Eyafjallayokul. Ci fanno vedere un documentario girato nei momenti immediatamente successivi all’eruzione. Cenere e lava, ma soprattutto l’eruzione aveva fatto sì che la calotta di ghiaccio si sciogliesse, quindi oltre alla lava hanno avuto anche un’inondazione glaciale. E ovviamente grossi danni alla fattoria che si trova proprio sotto. Ci emoziona il filmato, ma soprattutto la moglie del proprietario che dopo aver raccontato quello che è successo (hanno dovuto lasciare la fattoria per un po’ di giorni, alcune parti distrutte ecc. ecc) dice: “dopo qualche giorno abbiamo saputo che mezzo mondo è stato bloccato, e ci è veramente dispiaciuto, ci siamo quasi vergognati”.

Il solito pranzo a base di caffè e torta e via verso la cascata Skogafoss. Una salita di dieci minuti (per noi molto atletici diventano anche 20) ci porta abbastanza vicino alla sommità della cascata. Sotto di noi il verde del prato e il contrasto del campo di lava.

Ripartiamo e una deviazione ci porta in una strada sterrata per arrivare ai piedi del ghiacciaio Mirskajokult, dove facciamo una camminata in un bel paesaggio lunare per arrivare a toccare il ghiaccio. Continua a piovere a sprazzi, e si alza il vento, ma il paesaggio è talmente bello che non ci interessa nulla di tutto il resto…

Prossima tappa Dolhaery, un bellissimo promontorio con una vista stupenda sulle spiagge nere di Dolahery e Vik, ma soprattutto tanti pulcinella di mare. Il vento adesso è veramente forte, ma ci dobbiamo abituare, sono veramente pochi i giorni in cui non c’è stato vento. La notte la passiamo alla fattoria Laki a Kirkjuberjarklaustur, fattoria che sembra più un albergo, comunque sempre carina e isolata.

5 Agosto 2011

E’ stata in assoluto la giornata con il tempo più inclemente (per usare un eufemismo). Piove dalla sera precedente, ogni tanto s’intravede un pezzo di azzurro. Decidiamo di andare subito alla Laguna glaciale di Jokulsarlon, uno dei posti più interessanti e magici che abbiamo visto (e ne abbiamo visti davvero tanti). Lo scioglimento del ghiacciaio Vatnajokul (il più grande d’Europa) ha formato una laguna dove gli iceberg girano liberi e belli prima di incanalarsi vero il mare. Affascinante! Prendiamo il mezzo anfibio che rotola sul terreno prima di entrare in acqua, e zigzaghiamo tra gli iceberg. La gita dura mezz’ora, l’unica mezzora in tutta la giornata dove non ha piovuto. Sarà fortuna? Al rientro (dopo una bella cioccolata calda) ripartiamo, ma non riusciremo più a vedere nulla, tranne velocemente il centro visitatori del Vatnajokul. Nuvole nere basse, il vento è talmente forte che piove orizzontalmente, non si riesce a scendere dalla macchina (purtroppo Marco dovrà farlo per fare benzina…). Ma anche questo tempo ha un suo fascino (non so se pensano la stessa cosa tre ragazzi in bicicletta, addirittura legati uno all’altro). Gli unici esseri viventi che non sono per nulla toccati da questo tempo sono le pecore. Continuano imperterrite a brucare tranquillamente sotto il diluvio. A nanna presso la fattoria Brunnholl dove fanno un gelato veramente molto buono e la titolare assomiglia moltissimo a Margherita Hack…

6 Agosto 2011

Ci svegliamo con il sole e il Vatnajokult si presenta in tutto il suo splendore. Decidiamo di andare a Dulgopivir da dove partono i traghetti per l’Isola di Papey. Purtroppo c’è un solo traghetto che ritorna alle cinque del pomeriggio, troppo tardi per noi. Lasciamo quindi l’Islanda del Sud per cominciare la visita dei Fiordi Orientali. Il paesaggio è sempre bello (ma quando mai è stato brutto?), le pecore sono sempre tante e Marco il temerario le rincorre per fotografarle. Temerario certo, perché ad un certo punto il vento ci porta via la cartina e lui, sprezzante del pericolo scende da una scogliera per recuperarla! Ci dirigiamo verso Egillstadir, passando per il lago Lagarfliot e andiamo a cercare la cascata di Henfigoss. Una bella camminata ci porta alla prima delle due cascate (alla seconda rinunciamo!). La cascata non è molto grande, ma si trova tra le colonne laviche di basalto, molto belle. Alle otto di sera arriviamo infine alla fattoria Svartiskogur (appena in tempo per la cena – è strano in Islanda diventa buio molto tardi, ma loro mangiano presto).

7 Agosto 2011

Ci sveglia una telefonata dell’aeroporto di Linate che ci informa che hanno trovato la nostra valigia che verrà subito (si fa per dire) spedita a Reykjavik. Dopo questa bella notizia decidiamo di esplorare un po’ l’interno dell’Islanda, e di andare quindi al vulcano Askja. La strada è stupenda, passa in mezzo a dune di lava, diventando sempre più stretta e solitaria fino a quando… arriviamo ad un guado. Siamo indecisi sul da farsi, sono già tre ore che siamo in viaggio, ci spiace tornare indietro, ma non sappiamo se possiamo proseguire. Dopo 10 minuti passati a buttare sassi in mezzo al fiume per capire la profondità, ecco arrivare una macchina con una famigliola francese. Scambiamo due battute, e il marito ci chiede se è il nostro primo guado (ma si capisce così tanto?). E qui assistiamo ad una scena carina. La moglie (non lui!) si toglie le scarpe, mette un paio di scarpe di gomma ed entra nel fiume. Non ha fatto neanche due metri che esce praticamente urlando (le sono venuti i crampi perché l’acqua è gelata). Comunque loro decidono di guadare; a questo punto non dobbiamo mica essere da meno dei francesi, e quindi… si parte! Marco studia come mettere le ridotte (o qualche cosa di simile) io mi armo di telecamera per immortalare. Ce l’abbiamo fatta, siamo passati! Arriviamo finalmente all’Askja un posto veramente affascinante. Il nero della lava, il verde del prato, il bianco del ghiaccio, il rosso di un altro tipo di lava. Il paesaggio è lunare (e difatti scopriamo poi che Armstrong e Aldrin si sono allenati qui per l’allunaggio). Una facile camminata ci porta al cratere Viti (che vuol dire inferno). Sul fondo c’è un piccolo lago tiepido, qualcuno (i francesi di prima) scende, noi rimaniamo lì intorno a rimirare anche il lago più grande. Il tempo è bello, il posto è fantastico (ma forse l’ho già detto).

Sulla strada del rientro (mangiucchiando pesce secco – è buonissimo e leggero) ci accorgiamo che la Gran Vitara ha un pezzo di plastica sotto la macchina che è mezzo staccato. Niente di grave, il problema è che non si stacca del tutto. E a questo punto ci succede una cosa troppo simpatica, che raccontiamo a tutti gli amici. Dopo tre ore di nulla (e avremo altre tre ore di altro nulla), il solito guado. Torniamo indietro perché vediamo una fattoria. C’è questa ragazza giovane e carina che in tono perentorio ci dice di fermarci, si sdraia sotto la macchina e dopo aver provato con vari attrezzi che prende da un enorme container, a mani nude ci toglie il pezzo di plastica. Dopo di che sempre a mani nude disegna sulla terra lavica i prossimi tre guadi che incontreremo, spiegandoci come fare ad attraversarli. Il tutto, ovviamente, in un inglese perfetto. Marco, incurante del fatto che si trova lì con la moglie (che sarei io), vorrebbe sposarla all’istante. Se è poi tornato in Italia con me, c’è una sola ragione: lei non ha accettato. Verso sera arriviamo a Myvatn, dove passeremo tre notti, la prima in una fattoria che fatichiamo a trovare, perché ha lo stesso nome di un’area intorno al lago, ma si trova da un’altra parte, le altre due in albergo. Stanchi morti ceniamo (scambiando dell’aglio per fagioli…) e a nanna.

8 Agosto 2011

Al mattino visitiamo l’imponente cascata di Dettifoss e il Canyon Asbyrgi, un canyon a ferro di cavallo che si è formato a causa (ma guarda un po’) di un enorme inondazione glaciale. Al pomeriggio andiamo a Husavik per l’avvistamento della balene. Visitiamo prima il Museo della Balena, veramente interessante e ben organizzato, così capiamo tutto (o quasi) delle balene. Finalmente alle 17 partiamo con il peschereccio per cercare di avvistare le balene. Fa freddo, gli impermeabili che ci hanno dato riparano dalla pioggia (che per fortuna non c’è stata) ma ahinoi non dal freddo! Dopo due ore finalmente avvistiamo le megattere. Un’emozione fortissima, vedi lo spruzzo e dopo ti appare la balena (ne abbiamo viste 4) Siamo tornati tutti bambini, corriamo da una parte all’altra del peschereccio (e in quei momenti non sentiamo più neppure il freddo). Ritorniamo a Myvatn dove dormiremo per ben due notti consecutive nello stesso posto (Hotel Reyhalid).

9 Agosto 2011

Dopo aver recuperato la valigia (finalmente!) all’aereoporto di Akureyri, passiamo la mattinata girovagando per gli pseudo crateri del lago Myvatn. Al pomeriggio visitiamo la zona geotermale di Hverir (piena di fumarole e odore di zolfo, manca solo il demonio), posto comunque davvero bello. Dopo tutto questo girovagare, la piscina calda naturale è una vera goduria. Dopo l’inferno… il Paradiso. Il momento in assoluto più piacevole è quando si entra nell’acqua calda, dopo che si è usciti dagli spogliatori e ci si trova all’aperto in costume. Dopo due ore a mollo, prendiamo l’ardua decisione di uscire. Sarà meno traumatico di quello che pensiamo; per almeno 30 secondi ti senti ancora caldo, e in quei trenta secondi devi recuperare l’asciugamano e correre negli spogliatoi. Esperienza davvero comunque molto bella.

10 Agosto 2011

Al mattino visita al Krafla e al suo cratere Viti (ma danno sempre gli stessi nomi ai crateri?). Il Krafla è il vulcano responsabile del lago di Myvatn e di tutte le fumarole e pozze calde. Appena prima della centrale geotermica una strada ci porta a Lejrnjukur (zona post-apocalittica), con una bella distesa di lava nera (l’ultima eruzione del Krafla è del 1984) e le solite immancabili fumarole. Al pomeriggio visita a Dimmubogir con i camini lavici e poi via, verso Hofstadir (nel fiordo di Skagafjordur) dove passiamo la notte in una piccola fattoria con una bellissima vista sul fiordo, che al tramonto diventa spettacolare!

11 Agosto 2011

Dopo una buona colazione in compagnia della proprietaria della fattoria, ci dirigiamo verso Holmavik, piccolo paese di pescatori, dove passeremo la notte. Facciamo una deviazione verso Hvammastangi, dove scopriamo esserci il Centro Islandese delle Foche e un barcone per l’avvistamento di questi simpatici animali. Ovviamente lo prendiamo. Siamo noi, due ragazze finlandesi e una famiglia islandese (amici dei proprietari del barcone) tutti molto simpatici, parliamo con loro dell’Islanda e di come si vive. Vediamo tante foche in fervente attività (sdraiate al sole…) una addirittura con un piccolino, e in acqua riusciamo a vedere anche un delfino. Arriviamo a Holmavik giusto in tempo per cenare e dormire, il paesino non offre molto di più.

12 Agosto 2011

La prima meta è Isarfjordur, la capitale dei fiordi occidentali. Arriviamo dopo una stupenda strada panoramica che entra ed esce dai fiordi. Per fortuna il tempo è bello, immaginiamo cosa possano essere queste strade, sterrate e senza guard rail, quando piove… ma non è il nostro caso! Isarfiordur è una bella cittadina all’interno di un fiordo, sembra che sia un’esperienza particolare arrivarci in aereo. In effetti il fiordo è molto stretto. Una passeggiatina per il centro e via verso nuovi posti. Decidiamo di andare a Brondalik, un paesino in fondo al fiordo, molto isolato, che è diventato famoso perché è stato girato il film ‘Noi Albinoi’. Appena fuori dal paese c’è una ricostruzione di un piccolissimo villaggio dei pescatori di qualche secolo fa, un simpatico pescatore vestito con pelli di foca ci spiega tutto (aiutato da una ragazza islandese che traduce in italiano quasi perfetto…).

La notte la passiamo alla fattoria di Kirkjubiol, carina, sperduta, dove la simpatica signora ci prepara una buona cena, con a fine pasto una fetta di torta “paradisiaca”. Marco vorrebbe sposare anche lei (ah, ma allora è un vizio…..).

13 Agosto 2011

Oggi la nostra meta è Breidavik con la scogliera di Latrabjarg, il punto più occidentale d’Europa. Ma prima di nuovo dentro e fuori dai fiordi, quello di Dyrafjordur e subito dopo lo stupendo fiordo di Arnafjordur, grande e con tantissimi fiordi secondari. Ci fermiamo per visitare la cascata di Dinringy e fare una passeggiata fino alla sommità, dove finalmente riusciamo a vedere un arcobaleno. Decidiamo di andare a Bidudalur, dove c’è un’altra strada panoramica che porta fino alla fine del fiordo. Bidudalur è un piccolo paesino, ma tenuto veramente bene. Purtroppo non faremo la strada panoramica, sono 25 km di strada ai limiti della praticabilità e non abbiamo tempo. Ci fermiamo solo per il solito “buonissimo” caffè. In serata arriviamo alla fattoria di Breidavik. E’ un po’ più grande delle altre, ci sono aree attrezzate per i campeggiatori (due tende) e i camper (uno), una chiesetta, la spiaggia, enormi prati e ovviamente pecore! La fattoria è un ex riformatorio, dove portavano nei tempi passati i ragazzini un po’ ribelli, in quanto da quel posto era impossibile fuggire. Dopo cena, intorno alle 22, andiamo alla scogliera di Latrabjarg (circa mezz’ora di macchina). La scogliera è un enorme “albergo” per molte specie di uccelli, dai gabbiani alle gazze marine, ma quelli più caratteristici sono i pulcinella di mare. La sera è il momento migliore, perché dopo una faticosa giornata di lavoro, tornano alla scogliera. Non c’è il via vai di turisti, e loro sono tranquilli (oltretutto è vietata, per fortuna, la caccia). E’ uno spettacolo emozionante, ci si può avvicinare tranquillamente. Tranquillamente fino ad un certo punto, siamo sulla scogliera e 400 metri sotto di noi c’è il mare, loro volano ma noi no. Sono le 23 e il sole sta quasi per tramontare, il cielo si colora di rosa, i pulcinella si lasciano quasi toccare, la gente che c’è parla a bassa voce. Che momento quasi surreale! Ogni tanto ci pensano i gabbiani a risvegliarci con le loro grida. Ritorniamo alla fattoria che sono le 23.45, il cielo è ancora rosa e azzurro, non si decide proprio a imbrunire.

14 Agosto 2011

Alla sera avremo il traghetto da Brianslaekur a Stykkysolmur. Mentre decidiamo cosa fare e cosa vedere, passiamo davanti all’imbarco. C’è un traghetto alle 12,30, e riusciamo a cambiare i nostri biglietti. Bene, così alle 15.30 stiamo a Stykkysolmur, e per prima cosa decidiamo di andare a visitare Il Museo dello Squalo. E’ praticamente la solita fattoria, dove però il proprietario si occupa della preparazione della carne di squalo, e ovviamente anche della preparazione dello “squalo putrefatto” (tipico piatto islandese) che fa bella mostra di sè su un tavolino. Potevamo non mangiarlo? Assolutamente no, quindi lo assaggiamo. Beh, era stato prospettato come un cibo assolutamente immangiabile, non è così. Sarà il posto, sarà il pane scuro, sarà che siamo in sintonia perfetta con l’Islanda… ma ne mangiano volentieri due o tre pezzetti. Lasciamo il Museo dello Squalo per dirigerci verso Olmavik e girare un pochino la zona. Anche qui crateri, lava, cascate. Ma ci fidiamo troppo di quanto indicato sulla guida e ci ritroviamo dove non dovremmo essere. Boh? Scopriamo, poi, dopo che il percorso veniva descritto all’inverso di quello che abbiamo fatto. Ah, ecco spiegatone il motivo!

15 Agosto

Sarà l’ultimo giorno prima di tornare a Rejkiavik. Decidiamo per prima cosa di seguire la nostra guida tascabile che parla di una favolosa sorgente vicino ad una cascata, sembra che l’acqua sia curativa. Peccato che troviamo solo la cascata, ma non la sorgente. Oltretutto vento e un bell’acquazzone. Decidiamo quindi di andare nella zona di Borganes, dove si trova l’aerea geotermale che, per potenza, è la più grande d’Islanda. Inutile dire che anche qui ci sono tante fumarole con dei getti di vapore caldo, che, vista la giornata, fanno pure piacere! Un salto a vedere le cascate di Hraunfossar (cascata di lava) e Barnafoss (cascata dei bambini) e ci dirigiamo verso Reykjavik. Alla sera decidiamo di mangiare in centro, i locali che ci piacciono sono al completo, troviamo un ristorante molto carino (è la casa natale dello scrittore Einar Benediktsson). Cibo delizioso, conto salato. Ma per l’ultima sera ne vale veramente la pena!

16 Agosto

Ci svegliamo un po’ tristi perché è il nostro ultimo giorno. Al mattino giro turistico per Reykjavik: la cattedrale (non bisogna pensare a un duomo tipo quello di Milano, è piuttosto una chiesa raccolta). Lì vicino c’è la sede del Parlamento. Lo sappiamo perché è indicato sulla nostra guida, non ci sono poliziotti, metal detectors, nulla di nulla, si può entrare tranquillamente e passeggiare nel giardino. Al pomeriggio visita all’aerea geotermale di Reykjanes (è inutile dire cosa troviamo). Come ultima tappa, visitiamo il “Ponte Intercontinentale”. Lungo 12 metri, si trova proprio sopra la dorsale medio atlantica. Un cartello segna esattamente dove ci si trova in quel momento, se sul continente americano o quello europeo. E poi per finire in bellezza due ore in ammollo alla Laguna Blu. Bella, ma a noi è piaciuta di più quella di Myvatn, più piccola e meno turistica. All’una di notte saliamo sull’aereo per rientrare in Italia.

Sapete la sensazione che vi assale quando pensate di aver dimenticato qualche cosa e non vi ricordate cosa? Poi capiamo: in Islanda abbiamo lasciato il cuore. Atterriamo a Milano il mattino successivo, con un po’ di tristezza, ma con negli occhi e nella mente quello che abbiamo visto, e che difficilmente dimenticheremo.

Per concludere: se la bellezza salverà il mondo, l’Islanda è già sulla buona strada!



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