Katia e dany in giro per il messico

KATIA E DANY IN GIRO PER IL MESSICO Quello che segue è il diario di viaggio in Messico fatto da me, Katia e da mio marito Daniele; è la prima volta che scrivo un diario, quindi spero di essere abbastanza chiara e precisa . In un primo momento abbiamo deciso di scrivere per non dimenticare col passare del tempo i particolari, avendo subito il...
Scritto da: Katia Casciola 1
katia e dany in giro per il messico
Partenza il: 18/08/2003
Ritorno il: 01/09/2003
Viaggiatori: in coppia
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KATIA E DANY IN GIRO PER IL MESSICO Quello che segue è il diario di viaggio in Messico fatto da me, Katia e da mio marito Daniele; è la prima volta che scrivo un diario, quindi spero di essere abbastanza chiara e precisa . In un primo momento abbiamo deciso di scrivere per non dimenticare col passare del tempo i particolari, avendo subito il furto, in albrego delle viodecassette del filmino girato, ma poi devo dire che forse non tutti i mali vengono per nuocere, infatti in un secondo momento abbiamo pensato di poter essere d’aiuto a chi come noi prima di partire per un viaggio va alla ricerca di più notizie possibile. E dove pubblicare un racconto di viaggio se non su “Turisti x caso”? LUNEDI‘ 18 agosto 2003 La sveglia è prima dell’alba, alle 3:45 per la precisione, l’aereo ALITALIA partirà alle 6:10 da Palermo, quindi calcolando 1 ora di strada e 1 ora di anticipo all’aeroporto non ci resta che la levataccia.

La partenza internazionale la facciamo a Roma, non avendo trovato niente di diretto per Città del Messico, optiamo per uno scalo a New York da dove poi proseguiremo con la CONTINENTAL AIRLINES.

Il primo tratto è stato davvero ottimo, infatti mi aspettavo un completo disastro da parte dell’ALITALIA avendone sentito parlare male da molti, ma invece siamo partiti in orario, cioè alle 9:30 circa; il servizio a bordo è stato buono e l’aereo che non aveva neanche due anni di vita, era davvero confortevole, pensate che aveva un televisorino per ogni passeggero, il quale poteva decidere se giocare, ascoltare musica vedere un film. Dopo otto ore di volo eccoci a NEW YORK; i controlli che fanno sono pazzeschi, ci hanno fatto togliere perfino le scarpe e i sandali a Daniele. Comunque dopo estenuanti peripezie per farci e per capirli siamo riusciti ad imbarcarci con la CONTINENTAL e dopo circa 4 ore di volo siamo arrivati al grande D.F., questo è il modo con cui i messicani chiamano CITTA’ DEL MESSICO che sta x Distretto Federale. Ad aspettarci abbiamo trovato ALVARO DOMINGUEZ, quello che poi sarebbe stato la guida x l’intero tour, un ragazzo molto simpatico con i tipici tratti somatici che sono delle popolazioni maya, infatti lui era originario dello stato del TABASCO a sud del MESSICO in quella zona chiamata appunto la “zona maya”. In aeroporto abbiamo cambiato l’euro con il nuovo pesos che vale circa 12 centesimi. Arrivati in albergo verso le 10 di sera siamo andati a letto distrutti in quanto con il nostro orario erano le 5 del mattino, ah dimenticavo i cellulari non funzionano se non trial-band e le prese tipo americano con corrente 110v, per fortuna eravamo provvisti di presa e il carica batterie funzionava anche a 110v. MARTEDI’ 19 agosto 2003 La sveglia è alle 7 dopo un’abbondante colazione, usciamo x telefonare a casa e riaccorgiamo che fuori fa freddo, infatti non facendo caso che Città del Messico è a 2200 m, quindi fa freddino, non ci siamo premuniti di pesanti indumenti, ma comunque, soffrendo un po’ abbiamo cominciato quello che sarebbe stato il nostro tour. Per prima cosa siamo andati a vedere il grande “ZOCALO”, ovvero l’immensa piazza dove si affaccia il palazzo NAZIONALE eretto dal conquistatore CORTES nel 1524. E’ la piu’ grande piazza al mondo dopo quella di Pechino e al centro ospita la piu’ grande bandiera al mondo delle dimensioni di circa 110mx60m che viene issata ogni mattina con tanta di cerimonia. Ci spostiamo poi all’interno del palazzo del governatore dove possiamo ammirare gli stupendi murales di DIEGO RIVERA “PANZON” ovvero il marito di FRIDA la pittrice. Rimaniamo affascinati difronte a questi, forse perché in aereo abbiamo visto il film “FRIDA” e conosciamo la storia di questi due personaggi cosi strani. Nei murales Rivera racconta del Messico, delle sue origini, quando vi vivevano solo indigeni, fino ai suoi tempi, toccando anche temi molto delicati come la politica socialista che è stata poi motivo di problemi x lui. Una delle cose piu’ interessanti è la storia di come stata fondata Città del Messico. Si racconta che un gruppo di ATZECHI guidati dal sacerdote Tenoch andarono in cerca del posto ideale dove fondare la loro città e prima di partire un indovino disse loro che per capire il posto giusto, avrebbero avuto un segnale ,cioè avrebbero visto un’aquila mangiare un serpente su un pianta di ficodindia. E’ cosi’ dopo tanto girare arrivarono in una vallata circondata da montagne e fu li che videro il segnale ed eressero la loro citta’ “TENOCHTIUACAN”. Ma c’era un problema, l’aquila si era posata su un ficodindia che era al centro di un grande lago. Dapprima costruirono sugli isolotti esistenti e crearono una serie di collegamenti tra di loro, poi col passare dei secoli riempirono il lago x arrivare all’odierna Citta’ del Messico. Ai nostri giorni i risultati di quella follia soni ben visibili ,infatti essendo un terreno molto instabile x la presenza d’acqua, alla prima grande prova ovvero il terremoto del 1986, i danni furono disastrosi, molti palazzi crollarono, molti sprofondarono e quelli rimasti in piedi vennero letteralmente accorciati di parecchi piani. Oggi passeggiando per la citta’ sembrera’ di avere disturbi visivi, ma è proprio vero quello che si vede, una grande Pisa, con migliaia di palazzi pendenti di qua’ e di la’ come la cattedrale che siamo andati a visitare. Al centro di essa era posto un filo a piombo che mostrava il movimento che aveva fatto da quando era stata costruita e il restauro, che aveva subito e vi assicuro che era davvero impressionante, per non parlare che a camminarci dentro veniva il mal di mare per la forte pendenza del suo pavimento e non tralasciando il fatto che era sprofondata di circa 1,50 cm a causa della sua pesantezza. Sempre nei paraggi abbiamo visto delle rovine di templi, ovvero il tempio Mayor che era stato scoperto negli anni 80 x caso mentre si scavava x la costruzione di un edificio. Il tempio era costruito con pietra lavica,quindi nero, grazie alla presenza nei dintorni di 2 vulcani il Popocatepati e il Ixsccihvati. Fatta la pausa pranzo, con angolo folcloristico, siamo diretti al centro archeologico di TEOTIHUACAN “la città dove nascono gli dei”. All’ingresso quello che si presenta alla nostra vista è un grande viale in fondo al quale si trova un grande piazza sulla quale si affaccia il tempio della LUNA, sul quale possiamo salire solo in parte in quanto stavano facendo lavori di restauro. Alvaro ci racconta che ogni 55 anni si faceva una gran festa per celebrare un nuovo periodo e si rompevano tutti i suppelletti x rifarsi tutto nuovo e ricominciare; lungo il viale a terra si può notare oltre a sassolini neri anche pezzetti di terra cotta frutto appunto di questi riti. Proseguiamo poi verso la piramide del sole che è la più grande è alta circa 64 mt e vista da sotto è davvero gigantesca. Ci mettiamo d’impegno e cominciamo la scalata, non senza difficoltà, in quando i gradini sono stretti e alti senza poi contare che siamo a 2200 mt e che non siamo abituati a queste altitudini con l’aria cosi’ rarefatta. Alvaro ci spiega che i gradini sono fatti cosi ripidi x un motivo ben preciso ovvero: salendo viene comodo zigzzagare non a caso come un serpente “sacralità”, e a scendere sempre zigzagando si evita di dare le spalle al DIO che stava in cima. Infatti all’epoca in cima a queste due piramidi si trovavano dei tempi, ma siccome erano di legno col tempo sono andati distrutti, cosa che invece non è successo nei siti di PALENQUE,CAMPECE e CHICHEN ITZA perché in pietra. Al rientro in città ci troviamo intasati in un traffico anomalo x l’ora, solo l’indomani scopriremo che era causato dall’allagamento di alcuni sottopassaggi, e che la notizia era stata data dai TG italiani come Città del Messico allagata. Prima di rientrare in albergo facciamo tappa al santuario della Madonna di Guadalupe, un sorta di San Giovanni Rotondo Messicano. Sull’enorme piazza fatta x raccogliere la massa di fedeli si affacciano la vecchia basilica e la nuova realizzata negli anni 70 x sopperire alla mancanza di spazio e ai cedimenti strutturali della vecchia. Alvaro racconta la storia, dice che il 9 dicembre 1533 la vergine appare ai piedi di una collina ad un indio di nome Juan e gli chiese di andare dal vescovo perchè fosse edificata una cappella in suo nome. Cosi Juan andò ma non fù creduto e gli furono chieste delle prove, allora la Madonna il 12 dicembre gli disse di salire sulla collina e di raccogliere un fascio di rose, cosa impossibbile x il periodo, cosi Juan andò le raccolse e le mise nel suo poncio. Arrivato dal vescovo lasciò il poncio e fece cadere le rose x terra come prova, ma quello che si presentò alla vista del vescovo fù ben + impressionante di quelle rose, infatti sul poncio bianco di Juan comparve l’immaggine della Madonna bella + che mai, cosi la chiesa dovette riconoscere il miracolo e fu eretta una chiesa in suo onore. Il poncio con l’immaggine della madonna l’abbiamo visto all’interno della nuova basilica, incorniciato e posto sull’altare in posizione centrale, era stupendo, sembrava un quadro dipinto da un pittore. Per vederlo da vicino siamo scesi al piano interrato dove 4 tapis roulant evitavano l’ammassarsi della gente facendole scorrere ininterrottamente. Veramente molto bello, Alvaro ci ha anche detto che il 12 dicembre x l’oro è la festa + importante dell’anno dura circa 2 settimane non si va a scuola e praticamente nessuno lavora. Ritornati in albergo essendo troppo stanchi x andare in giro, piovendo e facendo decisamente freddino, decidiamo di prendere dei panini nel chiosco sotto l’albergo, devo dire che io non ne ero tanto convinta ma poi ho ceduto e in realtà non sono stati poi cosi male. MERCOLEDI’ 20 agosto 2003 Chiuse le valigie si parte con volo AIR CARIBE alla volta di TUXTLA GUTIERREZ e dopo circa 1 ora si arriva nella capitale del Chiapas. Ci dirigiamo spediti verso il CANYO DEL SUMITERO dove ad aspettarci c’è una motolancia x fare una traversata del fiume che solca il canyon. E veramente molto bello, le pareti rocciose cadono a strapiombo sul fiume, l’ungo il tragitto, riusciamo a vedere diversi coccodrilli che appollaiati sulle rive quasi fossero finti, imbalsamati, prendono il sole. Riusciamo a vedere tra l’altro scimmie, avvoltoi, pellicani, aquile ecc. Da incanto alla fine del percorso una cascatella che con le sue rocce macchiate di verde “alghe” gli dava la forma come di un abete e x questo chiamata la cascata dell’albero di natale, dove passandoci sotto ci siamo piacevolmente bagnati visto il caldo che faceva. Siamo passati dal freddo del D.F. Al caldo pazzesco di qui e stasera torneremo di nuovo al freddo andando a SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS che si trova a 2000 mt. Alvaro continuava a dirci di goderci il fresco perché dopo SAN CRISTOBAL avrebbe fatto veramente caldo, e fù cosi’. Facciamo la pausa pranzo in un ristorante carinissimo a CHIAPA DE GORZO dove all’uscita ci sorprende un forte acquazzone, ma che dura non più di 10 minuti, del resto è normale x questo periodo. Quindi ripartiamo e dopo circa 3 ore di salita fra la Sierra Madre arriviamo a SAN CRISTOBAL, una cittadina coloniale, troppo carina, con le stradine strette sulle quali si affacciano le coloratissime casette e la stupenda cattedrale color ocra. Scesi dall’autobus, ad aspettarci c’erano schiere di donne nei l’oro vestiti tipici, gonne di lana nera, provenienti da greggi di pecore quasi tutte nere, e golfini colorati, che tentano in tutti i modi di venderci braccialettini, cinture, foulard tutti fatti a mano e coloratissimi e ai quali non riesco a resistere. L’albergo è proprio incentro, su una strada pedonale, è molto bello e rispecchia l’architettura tipica del luogo; il freddo si fa sentire anche perché a piovuto, in fatti la notte abbiamo dormito con le coperte.

GIOVEDI’ 21 agosto 2003 Oggi visiteremo la comunità indigena di SAN JUAN CHAMULA e ZINACANTAN che si trovano a pochi chilometri da SAN CRISTOBAL, ma radicalmente diverse fra di l’oro. La prima tappa è SAN JUAN e prima di entrare in paese ci fermiamo a vedere il cimitero e la vecchia chiesa cattolica distrutta in un incendio qualche decennio fa, continuiamo e appena arriviamo nella piazza principale dove si affaccia la nuova chiesa, rimaniamo incantati dalla moltitudine di colori e forme sparse qua e là infatti si sta svolgendo il mercato, è davvero magnifico. Si vedono tantissime persone che vanno avanti ed in dietro, donne indaffarate a portare carichi in spalla tenuti fermi dalla tradizionale fascia sulla fronte, mentre gli uomini con ponci bianchi e cappelli da cowboy, discutevano sul dafarsi. Alvaro ci chiede di lasciare macchine fotografiche e videocamere sul pulman x evitare tentazioni che potrebbero creare problemi in quanto all’interno della chiesa è proibito filmare e fotografare, vi assicuro che è stato davvero un peccato. Alvaro ci dice che a SAN JUAN, ZINACANTAN e SAN CRISTOBAL possiamo notare tre diversi livelli di evangelizzazione, ossia a San Juan gli sforzi fatti dai missionari spagnoli hanno appena scalfito la loro religione che è rimasta quasi integra avendo acquisito solo alcuni aspetti del cattolicesimo dovuto dovuta al fatto che il primo missionario dopo avergli insegnato il primo sacramento cioè il battesimo, morì così la popolazione continuò a esercitarei propri riti maya all’interno della chiesa rinominando la loro comunità SAN JUAN CHAMULA in onore di San Giovanni Battista. Qui si trova la situazione più disastrosa, e il tutto si rispecchia sulla condizione economica, sociale ma è anche la più affascinante x la sua complessità, diversità e aria di mistero. Un gradino più sopra abbiamo ZINACANTAN, dove praticano anche loro i riti maya, ma conoscono tutti i sacramenti e si vede anche dal punto di vista socio-economico. Infine nell’ultimo livello troviamo SAN CRISTOBAL dove i missionari sono riusciti quasi completamente nella loro opera di evangelizzazione. Tornando a SAN JUAN, decidiamo di entrare in chiesa, fuori è tutta bianca e ha dei decori molto colorati, passiamo la soglia del portone principale e rimaniamo a bocca aperta, lo scenario che ci si presenta alla vista ci fa venire la pelle d’oca, è tutto buio, dalle finestre alte entrano dei fasci di luce che con candele e lumini sparsi dappertutto creano un’atmosfera lucrube e allo stesso tempo magica. Il pavimento è cosparso di aghi di pino che servono contemporaneamente come profumante x l’ambiente e come tappeto di preghiera. Non vi sono banchi o sedie i fedeli puliscono un quadrato di pavimento accendono le candele di diverso colore a secondo del favore si inginocchiano e pregano. Uno dei riti più frequenti è qello di passare una candela sul corpo di una persona più volte, in modo che ne assorba tutto il male. Altri strumenti di preghiera sono galline che vanno usate come la candela, la Coca Cola che sostituendo l’acqua col bicarbonato permette di ruttare e fare uscire il male, uova bollite e “Posch” un distillato di canna fortissimo che si beve tra una formula “magica”e una preghiera.

In sottofondo si sentono le litanie della gente che a terra prega e chiede favori a qualche santo. Di fronte a noi al centro dell’altare è posto San Giovanni mentre Cristo si trova lateralmente più in basso. Entrando a sinistra si possono vedere 3 santi all’interno di una vetrinetta, spogli senza offerte e senza candele, sono i santi puniti x non aver salvato dall’incendio la chiesa vecchia. Curioso è il fatto che questi santi vengono puliti, vestiti, parrucca compresa da un uomo scelto dalla comunità x un anno, facendo a proprie spese anche le rispettive feste, uscendosene se tutto è andato bene con onore e rispetto da tutto il paese. Le teche dei santi sono addobbate con fiori, candele, nastrini e il santo porta al collo uno specchietto, in modo tale che quando si parla con lui con sincerità e se dice la verità, si abbia il coraggio di guardarsi negli occhi. A Zinacantan la chiesa assomigliava a quella di San Juan esternamente ma non all’interno che somigliava più alla nostra. La gente aveva degli abiti più raffinati e a differenza di San Juan non si vedevano bambini in giro a vendere, perché andavano a scuola, qui abbiamo comprato dei coloratissimi riquadri tessuti a mano. Siamo poi ritornati a San Cristobal e siamo andati al mercato, uno dei più tipici e folcloristici della regione, dove ogni giorno fino al tramonto si ritrovano centinaia di indigeni x vendere i loro prodotti. È stato bellissimo, con tutto il pomeriggio a disposizione ci siamo buttati tra le bancarelle a comprare di tutto, borse in cuoio, dipinti su cuoio, sciarpette, maschere di legno, altro ancora e dovunque ti giravi c’era qualcosa da comprare. Di rito è il classico mercato della frutta e verdura, acceso di colori, profumi e molto coreografo, infatti la gente sistemava la mercanzia con molta cura a formare piccole piramidi rendendo tutto quasi finto. Al tramonto, sfiniti siamo andati in un localino dove Dany ha mangiato messicano, “tacos e burritos” con le pale di ficodindia, io ho preferito una pizza, molto buona. VENERDI’ 22 agosto 2003 Sveglia presto, si parte ed appena fuori il paese si entra in una zona che a fatto parlare del Messico x parecchio tempo, si tratta dei rivoluzionari “Zapatisti” che prendono il nome del primo rivoluzionario Emiliano Zapata capeggiati dal mitico CHE GUEVARA, simbolo di un Messico ancora oggi con delle discriminazioni contro gli indios e tanta povertà tra i contadini. Dell’Emiliano Zapata c’e’ né ha parlato Alvaro quando abbiamo visto i murales di Rivera dicendoci appunto che quest’uomo fu il primo in Messico con un esercito di “peones” agli inizi del secolo a battersi contro i grandi feudatari dicendo ”la terra è di chi la lavora” predicando il rispetto e libertà x gli indios, che erano trattati come bestiema che in realta erano i veri padroni del Messico. Attraverso la Sierra Madre siamo scesi a valle impiegando 3 ore x arrivare alle cascate di AGUA AZUL, che prendono il nome dal loro colore; purtroppo a causa delle forti piogge avevano un colore che più che azzuro era marrone, è stata una grossa delusione, sia x lo spettacolo delle cascate sia x il bagno mancato. Nonostante tutto si vedeva che erano belle, cosi siamo saliti fino in cima e x strada abbiamo fatto i soliti acquisti. Poi ha cominciato a piovere e visto l’orario ci siamo rifugiati al ristorante dove abbiamo pranzato. Diciamo che come ristorante non è stato il massimo, era completamente all’aperto il tetto fatto con foglie di una palma tipica del luogo che nonostante l’acqua che veniva giù era impressionante non ne lasciava passare una goccia. Scendendo da San Cristobal abbiamo assistito al cambiamento del paesaggio, natura e clima, infatti siamo passati da un paesaggio tipico di montagna a un paesaggio caraibico con palme e animali più esotici tipo pappagalli e iguane x non parlare del caldo,tanto che le gonne delle donne non sono più di lana ma di cotone e le bluse pesanti diventano leggere camicie. Ci mettiamo in marcia e dopo 2 ore arriviamo a PALENQUE, il nostro albergo che si chiama ”Camino Real” è davvero bello, immerso nella natura, tutto in legno e il ristorante è sotto una gigantesca tettoia in paglia. Alla reception troviamo una simpatica scimmietta che sembra quella della “Kipling”, 3 piccoli coccodrilli, delle tartarughe e un pappagallino che ci dice “CIAO”. Essendo ancora presto e il sole alto, si va tutti in piscina, Dany si diverte giocando a pallavolo e io mi rilasso su un’amaca circondata dai pavoni.

SABATO 23 agosto 2003 Al mattino si parte e dopo un’oretta di autobus arriviamo al sito archeologico di Palenque, uno fra i più misteriosi e suggestivi, immerso nella foresta tropicale. All’ingresso troviamo una riproduzione del sarcofago di PAKAL e Alvaro ci racconta un po’ di storia. Ci dice che all’interno di questo sito si trova la “Piramide delle Iscrizioni” ed è l’unica dove è stata scoperta un camera funeraria qualche metro sotto terra con appunto il sarcofago originale che non può essere tolto visto le dimensioni. Quando fu scoperto, fu scambiato x un enorme altare, infatti al lastra che ricopriva il sarcofago era davvero impressionante, tutta scolpita ed enorme, ma quando capirono di cosa si trattava e riuscirono ad alzare la lastra lo spetacolo che si presentò ai loro occhi fu il corpo di un uomo tutto adornato di gioielli di giada e ambra col viso coperto da una maschera preziosissima di giada verde oggi visibile nel museo di Città Del Messico. Sulla lastra è scolpito il rè sacerdote Pakal di profilo, si nota la forma della testa allungata, tipica della gente di questi luoghi, si dice che ai bambini si fasciava la testa tra due pezzi di legno x farla allungare e si metteva un ciondolo in mezzo agli occhi x fargli venire lo strabismo, tutto questo era segno di bellezza; Alvaro essendo x metà, da parte di padre maja aveva proprio la testa con questa forma allungata. Ritornando alla lastra, dicevo che era scolpito Pakal di profilo seduto e sopra di lui l’albero della vita; cosa molto interessante è che dal naso proprio di Pakal si vedeva una cosina triangolare uscire, si dice che sitratta dell’anima che abbandona il suo corpo nel momento della morte, secondo alcuni invece è una navicella spaziale aliena, vi diro’ che a guardare quell’oggetto la teoria dell’ufo non è x niente stramba, ma chissà… Durante tutto il giro una schiera di bambini ci sono venuti dietro cercando, con successo, di venderci delle collanine di pelle con il ciondolo di terracotta riportante dei simboli maya a seconda della data di nascita una sorta di ”zodiaco maya”. Dopo una lunga passeggiata lungo la foresta, abbiamo ripreso l’autobus e siamo andati a pranzo, poi dopo circa 2 ore di strada siamo arrivati a CAMPECHE. L’autobus ci a lasciato fuori delle mura e poi abbiamo proseguito a piedi fino all’hotel. Infatti Campece è un antica città coloniale circondata da torri e fortificazioni che un tempo servivano, essendo sul mare, a difendersi dai pirati. L’albergo non è un gran chè, doveva essere stato molto bello ai suoi tempi, cioè negli anni 70 ma nonostante ciò rimaneva sempre un 4 stelle. La sera siamo usciti x andare a mangiare, abbiamo preso 2 tacos e 2 amburgher x andare sul sicuro, poi vedendo che si avvicinava un acquazzone siamo tornati in camera. DOMENICA 24 agosto 2003 Un’oretta di viaggio e siamo a UXMAL. Non so x quale motivo, ma Alvaro cede la guida ad un tipo del luogo molto simpatico. Il sito si trova immerso nella foresta, e questo fa si che accentui il suo fascino. Qui troviamo ricorrente sulle facciate delle costruzioni immagini che ci dicono che veniva praticato il culto del dio CHAAC ”Dio della pioggia”, del serpente piumato QUETZACOALT e di TIALOC. Uxmal si trova in una zona caratterizzata da rilievi collina ri detti “puuc”, questo termine darà nome allo stile architettonico della regione, uno dei più ricchi di elementi decorativi che trova proprio a Uxmal il suo massimo splendore. Lo stile puuc, detto “barocco Maya” imperversa negli edifici soprattutto nella parte superiore, mentre nella inferiore è quasi sempre disadorne. Molto singolare era la loro costruzione degli archi, in fatti non conoscendo la tecnica, elaboravano un sistema di ”falsa volta” cioè facevano inclinare i due stipiti fino a quasi congiungersi e poi mettevano sopra di loro un blocco a chiudere. Addentrandoci nel sito la prima tappa è la ”Piramide dell’Indovino” l’opera più maestosa. Una leggenda narra che questa piramide venne eretta in una sola notte da un nano (personaggio magico x la cultura mesoamericana) con l’aiuto dei poteri magici della madre. È un grande edificio a forma semiellittica alto 35 mt dove si notano 5 fasi di costruzioni sovrapposte dovuta all’abitudine Maya di costruire nuovi monumenti inglobando le costruzioni già esistenti in occasione di eventi ritenuti eccezionali x la storia della comunità. La facciata principale è ornata da un ampia scalinata a tre rampe e da numerosi mascheroni del dio Chac, il Dio dal nasi lungo, legato al culto dell’acqua e della pioggia qui di vitale importanza, essendo una zona molto calda e priva di risorse idriche. Per sopperire a questa mancanza vennero costruiti numerosi Chultunes, grandi cisterne che assicurano una riserva d’acqua continua. L’immenso cortile di fronte a questa piramide è chiuso sui quattro lati dagli stupendi edifici del così detto ”quadrilatero delle monache” chiamato in questo modo dai Conquistadores, perché caratterizzato da 88 piccole camere tipo quelle conventuali. Le quattro facciate degli edifici che danno sul cortile interno, sono decorate nella parte superiore con una moltitudine di decori geometrici costituiti da maschere di Chac, greche, trapezi, serpenti a due teste e nicchie che contenevano statue, di cui solo una oggi è visibile, rappresentante un Bacab, una delle divinità che sostenevano i quattro angoli della terra. Ognuno dei 4 edifici è orientato verso un punto cardinale e un tempo ognuno di loro era di un colore diverso con un significato ben preciso, in fine al centro del cortile si trova una colonna di pietra che simboleggia la Ceiba, ovvero l’albero della vita. Proseguento all’interno del sito, incontriamo x la prima volta un campo di “Gioco della Pelota” , io rimango un po’ delusa forse per le sue dimensioni un po’ ridotte o forse perché non ci sono più i caratteristici anelli e la guida mi spiega che che a Chichen Itza ne vedremo uno molto più grande e completo, così mi sento un po’ confortata e continuaimo fino ad arrivare al ”Palazzo del Governatore” cosi chiamato perché si pensa che viste le dimensioni e le stupende decorazioni, vi dovesse abitare la massima autorità di Uxmal dell’epoca. Nel piazzale di fronte si trova l’altare del Giaguaro a due teste,dedicato probabilmente al pianeta venere. Più avanti si trova “la casa delle tartarughe” una piccola costruzione tutta adornata da rilievi raffiguranti delle tartarughe. Sparsi x tutto il sito troviamo numerosi altri edifici come la colombaia, il complesso del cimitero ed altri in parte ancora nascosti dalla giungla. Terminata la visita sudati fino alle mutandine abbiamo pranzato in un ristorante nei pressi del sito, molto carino e all’ingresso cera un tipo che vendeva Sombreros fatti con una palma del luogo che permette nonostante le dimensioni di arrotolarli e portarli in valigia x poi acquistare la forma originale in un secondo momento:inutile dire che abbiamo fatto anche qui i nostri acquisti con ben 3 sombreros. Ripreso l’autobus siamo arrivati a Merida la città bianca e capitale dello Yucatan. Siamo rimasti delusi, c’è l’aspettavamo più bella. Dapprima scesi nella piazza principale ”lo zocalo” abbiamo visitato il palazzo del governo al cui interno ci sono dei murales che non anno niente a che vedere con quelli di Rivera pur raccontando sempre le vicende del Messico dagli atzechi ai conquistadores; Sapendo che là vicino cera un mercato dell’artigianato non avevo testa a seguire i racconti di Alvaro. Appena liberi, 1 ora, con 3 coppie, ci siamo addentrati nelle vie di Merida x andarlo a cercare e devo dire che abbiamo avuto una vera delusione, strade sporche, brutte e non vi dico il mercato, una coppia a comprato dalle amache in quanto Merida è detta la città delle amache ma x altro niente. Una bella sorpresa è stato l’albergo”Ayatt” molto lussuoso, il tempo x la doccia e subito fuori x la tanto attesa “cena degli sposini” al ristorante “Albertos Continental”. Prendiamo i taxi non molto cari, il ristorante è molto bello, praticamente un patio molto rustico e caratteristico, il tavolo al centro sotto le stelle. Abbiamo mangiato bene, un consommè di fagioli che x averlo mangiato io vuol dire che era davvero buono, antipasto prosciutto e melone e poi una bistecca stile fiorentina ai ferri con contorno di patatine fritte e verdurine. Abbiamo conosciuto un po’ meglio i ragazzi e alcuni di loro erano davvero simpatici, peccato che siamo alla fine del tour, infatti domani sarà l’ultimo giorno. LUNEDI’ 25 agosto 2003 Dopo la prima colazione siamo partiti x la visita di CHICHEN ITZA. Arrivati all’ingresso del sito, abbiamo fatto scorta di cartoline, sistemato cerottini (e si proprio cerottini così imparo a mettere per la prima volta scarpe nuove quando parto), Alvaro ci ha messo al polso un braccialetto di carta giallo che serviva in caso ti fosse successo qualcosa dentro il sito, un malessere ecc. E cominciamo a camminare. Si giunge davanti al “Complesso delle mille colonne”, appunto una moltitudine di colonne più tosto basse che tenevano un tetto oggi inesistente. In questo edificio si riunivano i guerrieri Itza e proprio adiacente si eregge il “Tempio dei guerrieri” che sorge su una bassa piramide a 4 livelli. La gradinata centrale conduce al tempio dove si trovano colonne con l’immaggine del dio serpente piumato Kukulkàn-quetzalcoalt. Purtroppo l’accesso era chiuso x restauro e non siamo potuti salire x vedere la bellissima statua posta all’ingresso del tempio. Durante tutta la spiegazione, ascoltavamo a stento perchè la nostra attenzione era attirata dall’imponenza del “Castillo” il più famoso complesso di Chichen-itzà. Questa piramide venne eretta inglobando un più antico edificio sacro Maya alto 17mt ed elevando sulla sommità un tempio, all’interno del vecchio tempio sono stati trovati un Chaac-mool e un trono a forma di giaguaro dipinto di rosso e decorato con dischetti di giada x simulare le macchie del manto. La piramide, che ha una base di 55 mt per lato e 30 metri di altezza, è legata al culto del sole e dell’osservazione astronomica, è la celebrazione in pietra del divino kukulkàn-quetzalcoatl, come rivela il simbolismo che governa le proporzioni stesse della costruzione: le 4 gradinate ai lati della piramide contano ognuna 91 gradini x un totale di 364, se vi sommiamo l’unico gradino del tempio il totale è 365 come i giorni dell’anno solare. Ogni facciata presenta 52 pannelli come gli anni del secolo tolteco, mentre i 9 piani della piramide originano 18 elementi corrispondenti ai mesi del calendario Atzeco. Il monumento oltre ad essere luogo di culto, funzionava come una gigantesca meridiana che assolveva alle necessità pratiche della popolazione, sapere quando seminare x sfruttare i periodi di pioggia x i naviganti conoscere fasi lunari x evitare tempeste ecc. Il rilevamento della posizione del sole nei confronti della piramide risponde contemporaneamente a un criterio di alta spettacolarità, infatti il divino Kukulkan fa la sua apparizione nei giorni degli equinozi (marzo e settembre) quando l’ombra delle 9 terrazze si proietta sul muro nord-ovest creando l’immaggine del corpo di un serpente che striscia lungo la scalinata centrale e che si congiunge con la testa di pietra che si trova alla base. Questo purtroppo non l’abbiamo potuto vedere perché noi ci siamo stati il 25 agosto, ma abbiamo comprato le foto. Finita la spiegazione, siamo prima saliti in cima alla piramide 30mt e visitato il tempietto, la vista ti toglieva il fiato si riusiva a vedere granparte del sito, poi x entrare a vedere il trono; ci siamo poi messi in fila per entrare a vedere il trono, quei 15 minuti di attesa sotto il sole di mezzogiorno sono sembrati interminabili, io gocciolavo sudore da tutte le parti, poi è arrivato il nostro turno, abbiamo percorso un corridoio strettissimo e poi salita una scaletta ripidissima quanto strettissima e siamo arrivati al tempio della vecchia costruzione e dietro una grata di protezione c’era il trono, peccato che non si poteva usare il flasc cosi non abbiamo neanche una foto. Soffocati dal caldo incredibile che faceva la dentro e dall’umidità che doveva essere almeno del 150%, corriamo (si fa per dire) all’esterno dove ci aspetta Alvaro per andare a vedere il prossimo edificio, il “Caracol” o “Osservatorio astronomico” si tratta di un edificio a pianta circolare con un diametro di 11mt, costruito in più fasi, a 2 piani dove nella stanza superiore ci sono 7 piccole finestre, orientate x determinare solstizi ed equinozi e al centro una scala a chiocciola (caracol) che dà il nome all’edificio. La loro precisione nel nel calcolare lo scorrere del tempo li aveva portati a basarsi su un calendario solare di 365 giorni con uno scarto piccolissimo su quello stabilito dai moderni astronomi. Alvaro ci racconta che uno dei motivi della ricchezza dello Yucatan è la presenza di numerosi pozzi naturali dove si raccoglieva l’acqua piovana chiamati “Cenotes”. Ed è proprio qui che si trova il più famoso cenote dello Yucatan, quello sacro ed e da questo che prende il nome Chichen-Itza cioè “sul ciglio del pozzo”. Andiamo a vederlo e mi fa subito uno strano effetto, mi sembra un luogo misterioso, pieno di segreti e mi fa quasi paura in quanto conosco la sua storia. Qui venivano gettati i resti dei sacrifici umani che si facevano, al suo interno sono stati ritrovati ossa, teschi e oggetti di culto. Una volta in tv avevo sentito che uno dei possibili motivi di estinzione di questo popolo erano stati appunto i cenotes,nel senso che, avendo due cenotes, la popolazione ne utilizzava uno appunto per gettare i resti dei sacrifici umani e uno l’utilizzavano per bere e per tutti gli usi quotidiani. Col tempo a furia di gettare resti umani nel 1° cenote l’acqua di quest’ultimo si avvelenò ed essendo i cenote collegati sotto terra fra di loro si avveleno anche l’acqua del 2° cenote provocanco lentamente la morte di tutta la popolazione,ma x Alvaro questa è solo una delle tante ipotesi che si sono fatte nel tempo. L’ultima tappa ci riserva un posto che già avevamo visto, ma che qua si presentava nella sua maestosità, il “Campo del gioco della pelota”. Qui lo troviamo gigantesco a differenza di quello di Uxmal ed è proprio come me lo aspettavo, nella sua maestosità. Misura 170mt di lunghezza e 50mt di larghezza, mentre i muri laterali sono alti quasi 8mt, e sono ornati da una fascia rappresentante un serpente; gli anelli sono fissati ad una altezza di 7mt, e ricordando come si gioca sembra incredibile che potessero lanciare la palla di caucciù (2-3 Kg) a quell’altezza con gomiti e fianchi. Questo gioco, non era ritenuto uno sport, ma bensi un rito religioso a cui assistevano come pubblico solo i sacerdoti; si fronteggiavano due squadre che dovevano per primi fare entrare la palla di caucciù con l’aiuto di fianchi e gomiti negli anelli posti in alto, non si conoscono tutt’oggi le regole e neanche il numero preciso di componenti che si possono vedere sui rilievi alla base dei muri, dove possiamo notare alcune scene con uomini protetti nelle parti vulnerabili, braccia e ginocchia con paracolpi e talvolta caschi con sopra raffiguranti un giaguaro segno di potenza, ed in alcune scene si può vedere anche il rituale del sacrificio del capitano della squadra vincitrice, ossia la sua decapitazione, infatti il capitano aveva l’onore di potersi presentare difronte il grande Dio, ma ci si poteva presentare solo in un modo, cioè morto. A questo punto la visita a Chichen-itza termina qui compreso il tour, devo dire che quest’ultimo è stato il più bel sito visitato forse x la spettacolarità dei suoi edifici, mentre ad esempio Uxmal è il sito più affascinante in quanto immerso in quella lussureggiante foresta tropicale, ma poi nel complesso è stato tutto bello e particolare. Stanchi e accaldati pranziamo, con l’autobus dopo un’ora arriviamo al nostro hotel di Cancun il “Fiesta Americana Condesa”, il primo impatto ci toglie il fiato tanto è il lusso, e che in 3 anni di viaggi mai abbiamo incontrato tanto splendore. All’ingresso si trova una tettoia in legno e foglie di palma enorme alta circa 30mt e larga 50mt e ricopre la recepsion lasciando tutto all’aperto, a terra giochi di marmo spettacolari salotti in vimini e una splendida vetrata dove si poteva vedere a soli 10mt il cristallino Mar dei Carabi. Saliti in camera altra sorpresa, una stanza bellissima con un lettone enorme con dei cuscini morbidissimi, un copriletto bianco candido che richiama le lampade e un bellissima chise-longue. Indossato il costume voliamo x la spiaggia a tastare il mar dei carabi, l’acqua caldissima anche se un po’ agitata, la sabbia di un bianco fuori dalla nostra fantasia. Non ci poteva mancare un tuffo in una piscina che x girarla ci voleva una canoa, calda più del mare, siamo rimasti a mollo fino a tardi. Fatta poi una doccia abbiamo deciso di uscire x andare a mangiare dal McDonald’s e x vedere un po’ di Cancun, cosi prendiamo un autobus e sotto indicazione di un passante andiamo a “Plaza La Isla” il centro di divertimento della zona. C’erano negozi bellissimi e anche costosi, erano in pratica delle stradine pedonali dove poter passeggiare, guardare vetrine, bere e mangiare e il bello è che se piove sopra le strade vi sono poste delle coperture altissime che garantivano passeggiate asciutte. Dopo aver cenato e fatto una bella passeggiata ci siamo avviati x l’albergo e x nostra fortuna non abbiamo beccato un temporale x un pelo. MARTEDI’ 26 Agosto La sveglia l’abbiamo messa più tardi del solito, alle 8 oggi, è il nostro 1° giorno libero. Fatta colazione e qui non si bada a spese, siamo andati alla reception e fatto come ci aveva detto Alvaro il giorno prima, ovvero non avendo il trasferimento incluso x Plaia del Carmen (x nostra scelta perché costava 45 euro a testa), abbiamo aspettato la navetta che veniva a prendere gli altri ragazzi, abbiamo chiesto ad un autista se aveva 2 posti liberi e dopo una breve contrattazione ci siamo accordati x 300 pesos (30euro) portati fino all’Hacienda Maria Bonita compreso il facchinaggio, la prossima volta prima di prenotare un trasferimento dall’Italia ci penseremo 2 volte. Comunque alle 11:30 siamo arrivati, dopo circa 1 ora di viaggio e un tempo bruttissimo. La camera non era ancora pronta cosi approfittando di una temporanea tregua del tempo, siamo usciti a fare un giro e praticamente abbiamo capito che bastava fare 100mt x essere nella centralissima 5^ avenue che in ogni minuto della giornata era strapiena di gente in quanto vi si concentravano la maggior parte di negozi e ristoranti. Devo dire che Plaia mi è piaciuta molto più di Cancun, l’ho trovata più a portata di mano, più x ragazzi, mentre Cancun mi sembra il luogo ideale x ricchi americani che non badano a spese. Ha poi ricominciato a piovere, cosi ce ne siamo tornati in hotel e abbiamo atteso che ci dessero la camera. Per tutto il giorno ha piovuto ininterrottamente e ci siamo fatti una scorta di tv Messicana sperando nel miglioramento del giorno dopo. MERCOLEDI’ 27 agosto 2003 Svegliandomi x caso alle 8, ho visto che fuori il sole spaccava le pietre, cosi ho tirato giù dal letto Dany, messo il costume, fatto colazione e dopo aver chiesto informazioni alla reception ci siamo catapultati in spiaggia a ”plaia tukan” x il nostro 1 giorno di mare. Il mare era stupendamente azzurro cristallino, essendo arrivati presto non c’era ancora nessuno, abbiamo preso 2 lettini e siamo rimasti a crogiolarci al sole fra un tuffo e l’altro x smozzare il caldo, fino alle 4 di pomeriggio. Al rientro in hotel il sole di un intera giornata si e fatto sentire sulle pelle arrossata, nonostante i quintali di crema che ci siamo spalmati, non dimentichiamoci che siamo sotto il tropico del cancro e poi non badando a metterla sui piedi o dovuto ricorrere alla Foil. Dopo aver cenato in un posticino carino tipo McDonald’s alla messicana, abbiamo fatto un giro nella zona non turistica dove bbiamo trovato un grande supermercato “San Francisco“ che chiudeva alle 10:30 e qui vendevano di tutto, siamo rimasti stupiti dalle confezioni tutte stile ristorante (Maxi), al reparto frutta abbiamo trovato oltre a frutta che noi non conosciamo ,anche le foglie dei fichidindia come verdura e che Daniele aveva già mangiato. Approfittandone abbiamo comprato banane, acqua, ecc.,quindi ci siamo fatti un giro nel centro dove abbiamo notato che x nostra fortuna avevamo comprato tutti i souvenir durante il tour, perché qui c’era tutto ma prezzi raddoppiati.

GIOVEDI’ 28 agosto 2003 Approfittando della bella giornata ci siamo alzati presto e siamo andati alla fermata dei taxi collettivi che con 30pesos a testa ci a portati a Tulum (circa 80km a/r) dove l’ingresso e costato altri 30pesos a testa e pensate che l’agenzia di Plaia pubblicizzava il giro x 290 pesos a testa. Il sito era bello non per le rovine maya che ne avevamo viste di molto più belle, ma x il contesto, infatti questo è l’unico sito a strapiombo sul mare con delle mura di difesa e con una spiagetta dentro il sito che tra palme e banani era un sogno. Tulum proprio x la sua posizione col suo “castello” a picco sul mare è stata la prima città ad essere avvistata e conquistata dagli Spagnoli nel 1517 e quindi primo teatro di scontro con il popolo maya, che visse le prime crudeltà della guerra. Finita la visita e vista l’alta temperatura ci siamo buttati in acqua e siamo rimasti sulla spiaggia fino a verso le due, poi abbiamo deciso di ritornare a Playa. Arrivati nel piazzale d’ingresso dopo un ennesimo giro x i negozi abbiamo assistito all’esibizione di alcuni uomini in costume tipico. Si tratta di un antico rito detto “rito dei voladeros” dove su un alto palo 4 indigeni appesi a testa in giù, compiono 13 giri ciascuno che x 4 uomini fa 52 cioè il numero degli anni che x gli indios Tolteci formano un secolo. Ripreso il taxi, lungo la strada del ritorno abbiamo visto l’insegna che indicava “cenote azul” abbiamo chiesto ad un ragazzo che ci ha detto che è il paradiso dello snorkeling, cosi abbiamo pensato che sabato ci avremmo fatto una capatina. Arrivati in albergo dopo un riposino siamo ritornati nella spiaggia a noi più vicina e verso le 6 ritornando in camera abbiamo avuto una bella sorpresa. Cercavamo il carica batterie della videocamerae non trovandolo abbiamo pensato di averlo dimenticato a Cancun, ma poi dopo alte scoperte abbiamo capito che ci avevano derubati. A prescindere dal carica batterie, bijotteria varia, lettore cd, x noi stupidate,il dispiacere vero e proprio è stato scoprire che mancavano le cassette dove avevamo registrato tutto il tour, una catastrofe specialmente x Dany che ci tiene veramente molto ai suoi filmini. Per nostra fortuna sapevamo che in giro c’erano dei nostri compagni di viaggio e dopo averli trovati e raccontato quello che era successo, siamo rimasti che ci mandavano il loro filmino.

VENERDI’ 29 agosto 2003 Ci svegliamo alle 7 perchè nonostante tutto andiamo a vedere l’isola di Cozumel, ma piove a dirotto quindi ci rimettiamo a letto. A piovuto x tutto il giorno e dopo un massiccia dose di tv in spagnolo usciamo verso sera x mangiare. Rientrati in camera abbiamo sentito che qualcuno ha cercato di sforzare la maniglia per entrare così ci siamo decisi ad andare alla polizia turistica che poi ci a mandati al ministero pubblico dove abbiamo sporto denuncia dopo non poche difficoltà x la lingua. SABATO 30 agosto 2003 Per fortuna una splendida giornata, cosi dopo essere di nuovo andati alla polizia x novità, abbiamo preso il traghetto x Cozumel che è isola dove fanno la tappa Messicana le navi da crociera. Scesi dal traghetto decidiamo di affittarci uno scooter e x 20 euro ci danno assicurazione, caschi e pieno di benzina. Partiamo alla scoperta dell’isola partendo dal lato destro dove il mare è calmo, limpido, una cartollina da sogno, ci fermiamo a “playa San Francisco” la spiaggia free, parcheggiamo il motorino e subito un signore si offre di guardarci il motorino in cambio della mancia. Troviamo una bellissima spiaggia di sabbia bianca ma un po grossolana con innumerevoli banani e palme da cocco fin quasi al mare. Ci siamo divertiti, non c’era quasi nessuno, abbiamo cercato conchiglie e coralli (anche se non si può fare), foto di rito e verso le 3 abbiamo ripreso lo scooter x continuare il giro dell’isola. Per strada s’incontravano tantissime iguane che ti attraversavano la strada e quasi non né schiacciavo una, quindi procedento siamo arrivati sull’altro lato dell’isola, qui lo scenario è talmente diverso che neanche sembra la stessa isola infatti oltre alle rocce a strapiombo e molto scoscese, il mare è molto agitato con onde anche di 3-4mt, uno spettacolo x l’occhio e x i serfisti. Riportato indietro il motorino alle 16:30, anche se scottati da un’intera giornata di sole cocente, ci facciamo un giro x i negozi, carissimi, d’altronde qui ne approfittano con i turisti che scendono dalle navi da crociera, ma nonostante tutto trovo qualcosa da comprare cioè un sombrero un po’ più piccolo di quelli già comprati, più rigido, con una fascia di stoffa coloratissima, alle 5 ripreso il traghetto siamo tornati a Playa. Fatta la doccia e sistematele valigie (domani si parte), siamo usciti perché ci restava ancora qualcosa da comprare e poi a letto presto. Verso l’una di notte vengo svegliata da un’assordante musica tipica messicana, l’indomani scopro che erano i Mariaci i musicisti in affitto che suonavano la serenata ad una ragazza che faceva il compleanno. DOMENICA 31 agosto 2003 Ci svegliamo alle 3:45, rassegnati al fatto che non avremmo più trovato le videocassette, una navetta ci è venuta a prendere x portarci all’aeroporto a Cancun e durante il tragitto abbiamo fatto amicizia con dei signori che facevano lo scalo di Houston con noi e parlavano un po’ d’inglese. Al chek-in ci hanno fatto aprire le valigie, dopo averle rovistate le abbiamo imbarcate, ma sull’aereo avevamo i posti separati, con Dany davanti a me. Ci hanno servito la colazione e dopo circa 1 ora e 30 siamo arrivati a Houston, qui non vi dico il casino, gli Americani ossessivi ci anno fatto togliere pure i sandali, controlli e stracontrolli e finalmente imbarcati x Ework nel New Jersy. Anche qua con tanta fortuna pure i posti separati ma fortunatamente un ragazzo ci ha ceduto il posto e cosi ci siamo seduti insieme anche perchè il volo è durato 3 ore. L’aereo della Continental era nuovo e bello, con i televisorini negli schienali, film in italiano, giochi ecc., potevi vedere ma x ascoltare dovevi comprarti le cuffie 5 dollari abbiamo rinunciato e ci siamo fatti una dormita vista la mattinata. Arrivati a Ework credevamo di dover prendere i bagagli come a Houston e siamo caduti nel panico quando non li abbiamo visti arrivare insieme agli altri del nostro volo, soltanto dopo 1 ora e gesti indecifrabili in inglese abbiamo capito che arrivavano a Palermo. Al chek-in Alitalia c’era una fila interminabilesiamo stati ad aspettare circa 2 ore ma in compenso abbiamo avuto i posti vicini sia x Milano che x Palermo. Stavolta a differenza dell’andata l’aereo faceva pena, era piccolo e vecchio, poi nel nostro lato non funzionavano neanche le cuffie cosi dopo aver cenato buona notte. Dopo 8 ore siamo arrivati a Milano, dove abbiamo preso il 4 ed ultimo volo che ci ha portati a Palermo. E’ stato terrificante e straziante, avevo le gambe e i piedi talmente gonfi che non potevo stare quasi in piedi e x giunta raffreddata, infatti come se non bastasse l’aria condizionata tenuta al massimo proprio in testa. Tirando le somme possiamo dire che nonostante la disavventura avuta a Playa, è stato proprio un fantastico viaggio, il Messico era proprio come c’è lo immaginavamo, allegro, pieno di colore e fascino e siamo veramente contenti di esserci stati.



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