Iran, il nostro primo Hijab

Tour del'Iran di venti giorni accompagnati da guide
Scritto da: ollygio
iran, il nostro primo hijab
Partenza il: 04/11/2019
Ritorno il: 25/11/2019
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
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L’Iran è… la culla dell’ antica civiltà degli Achemenidi, con i fasti di Persepoli e la grandezza di Dario e Serse…

L’Iran è… lo sfarzo dei Safavidi nell’armonia di una delle piazze più grandi al mondo…

L’Iran è… la solitudine di grandi deserti, che in estate si arroventano e la sera si tingono di rosa…

L’Iran è… la religiosità di mille moschee e santuari dalle cupole arrotondate, gli alti minareti e maioliche e stucchi dalle infinite sfumature d’azzurro e di blu…

L’Iran è… la complessità delle sue fortezze sassanidi, castelli, torrioni, stanze color della sabbia…

L’Iran è… la bellezza e l’ eleganza delle donne, dalla pelle olivastra, gli occhi scuri truccati con cura, e i lucidi capelli neri che talvolta escono ribelli dallo hijab…

L’Iran è… l’ odore di spezie, lo scintillio degli oggetti in rame e il colore dei tappeti dei suoi bazar…

L’Iran è… lo stupore di un lago di smeraldo nel cuore del deserto…

L’Iran è… ospitalità e cortesia, è il sorriso delle persone che ti accolgono, ringraziandoti di aver scelto il loro paese per la nostra vacanza.

L’Iran è… ora, un pezzetto del nostro cuore!

Diario di viaggio

  • PERIODO: dal 4/ 11/2019 al 25 /11/2019
  • PARTECIPANTI: Maura, Giò, Simona e Roberto
  • TOUR OPERATOR: Iranfree Tour (Kashan)
  • COMPAGNIA AEREA: Pegasus
  • SPESA: 1380 € tour
  • 290 € volo
  • 350 € pasti, ingressi e souvenirs

LUNEDÌ 4/11/2019

Mai più ferie a novembre! È un mese che corro per lasciare tutto in ordine, sistemare le ultime verdure rimaste nell’orto, concentrare tutti i controlli della mamma, il lavoro; nell’ultima settimana avrò dormito, sì e no 4 ore per notte, e , il fatto di non aver più fatto ferie, tranne alcuni giorni di riposo consecutivi, da febbraio, ha fatto sì che arrivassi veramente stanchissima a fare questo viaggio .

Ieri ho ancora lavorato tutto il giorno , Enrico e Giorgia ci hanno invitato a cena per salutarci, quindi alle 23 circa mi sono accinta a risistemare, per l’ ennesima volta, le valigie , impresa veramente ardua perché bisogna portare un po’ di tutto, dall’ abbigliamento quasi invernale per il Nord e il deserto, più leggero per le altre città, anche se le maniche devono essere lunghe almeno al gomito e le gambe coperte fino alle caviglie con pantaloni non aderenti e fascianti; ho messo un buon numero di sciarpe per coprirmi il capo ma tutto sistemato alla rinfusa senza alcun abbinamento… sicuramente avrò portato troppe cose che non indosserò!

Sveglia alle 6 per sistemare casa e le ultime cose, seduta dall’ estetista per non sembrare un cinghiale ( dal parrucchiere non sono andata perché avrò la testa coperta per l’ intera durata del viaggio ), quindi alle 12,30 siamo andati a prendere Simo e Roby a Noli , abbiamo raggiunto l’ aeroporto di Orio al Serio senza incontrare traffico; fatto il check in ,allo stand di Franciacorta abbiamo acquistato un bottiglia, , abbiamo ordinato 2 taglieri i salumi , cibi che per 3 settimane non potremo che sognare,quindi, , ci siamo accomodati per consumare la succulenta merenda ma dopo 3 minuti hanno comunicato l’ imbarco. Abbiamo trangugiato il Franciacorta senza gustarlo, abbiamo buttato giù un po’ di salumi, quindi essendo veramente tardi, abbiamo sistemato gli avanzi in un vassoietto e siamo partiti di corsa verso il gate, raggiunto proprio mentre facevano l’ ultima chiamata. Preso posto sull’aereo abbiamo finito il nostro aperitivo. Il volo è partito puntualissimo alle 17,20 e, malgrado sia una compagnia low cost l’ aereo è abbastanza comodo, abbiamo fatto scalo ad Istanbul, in un aeroporto internazionale , pieno zeppo di boutique , abbiamo bevuto un tè, primo di una lunga serie, in un bar perché tutti quei salumi buttati giù in fretta ci avevano fatto venire una sete tremenda, poi alle 23,50 ci siamo imbarcati destinazione Teheran.

MARTEDÌ 5/11/2019 – TEHERAN

Con quasi un’ora di anticipo l’aereo, alle 3 circa, è atterrato a Teheran ed abbiamo dovuto subito scontrarci con la burocrazia iraniana! Avevamo già ricevuto da parte dell’ agenzia il numero per la richiesta del visto, quindi ci siamo recati all’ufficio preposto per ritirarlo. Per entrare in Iran è necessario stipulare una polizza assicurativa, noi, come sempre prima di partire, ne stipuliamo una,e, nel farlo abbiamo ben prestato attenzione che fosse valida anche per l ‘Iran, ma, malgrado ciò, il funzionario non l’ ha ritenuta valida perché sul contratto era specificato per tutto il mondo tranne USA, Canada e Cuba, senza menzionare nello specifico l’ Iran, quindi, mi chiedo, forse l’ Iran non fa parte del mondo?

Onde evitare assurde ed interminabili lungaggini , peggiorate dal fatto di parlare un inglese poco più che scolastico, abbiamo pagato i 14 € per l’ assicurazione; secondo step è stato all’ ufficio bancario per pagare i 75 € del visto più 3 €, non si sa bene per cosa; abbiamo consegnato tutto ad un terzo sportello dove ci hanno detto che verrà inviato il tutto per via telematica alla postazione del controllo passaporti .

Dopo aver fatto una fila per 10 minuti l’ impiegata ci ha detto che avevamo sbagliato sportello e ci ha indirizzato verso un altro settore dell’ aeroporto, altra coda dove ci siamo sentiti dire che non avevamo ancora pagato la tassa per il visto, mostrata la ricevuta ci hanno fatto attendere più di mezz’ora perché, a video, non risultava la concessione del visto.

Stanchi e irritati siamo tornati al primo sportello per chiedere spiegazioni, quindi, visto che la via telematica qui è così lenta, ci hanno fatto una copia cartacea del visto, quindi dopo più di un’ ora siamo finalmente potuti entrare legalmente in territorio iraniano !

La paura più grande, mentre passavamo da un ufficio all’ altro era che i nostri bagagli, a forza di girare sul nastro fossero stati ritirati , quindi ritrovarli posati in un angolo di fianco al nastro è stata una piacevole sorpresa .

All’ uscita, malgrado il ritardo accumulato, c’ era il nostro autista ad attenderci, quindi, con un nuovissimo e spazioso van siamo partiti direzione Teheran. L’ aeroporto dista circa 30 km dal centro, a quest’ ora le strade sono scorrevoli anche se tutt’ altro che deserte; sembrava fosse andato tutto per il meglio , quando a Roby è venuto in mente di non aver recuperato una delle valigie! Oramai eravamo praticamente in hotel e farci capire dal nostro autista è un problema perché parla pochissimo inglese , abbiamo cercato di spiegare il problema all’ impiegato dell’ hotel ma poi abbiamo deciso che cercheremo di ovviare al problema in mattinata quando ci raggiungerà la nostra guida che parla italiano. Il “Persian Enghelab” ha un ingresso sontuoso anche se un po’ datato ma le camere sono state ristrutturate di recente, sono comode e spaziose. Ci siamo coricati nel grande soffice letto e ci siamo addormentati subito come sassi ; abbiamo riposato per un paio d’ ore e alle 9,30 siamo andati a fare colazione perché affamati come lupi, ieri, in fondo, abbiamo mangiato solo un tagliere di salumi in tutto il giorno!

Alle 11 abbiamo incontrato Ellah, la nostra guida, una bellissima trentenne che parla un buon italiano . Si è subito prodigata per recuperare la valigia dimenticata, pare che quest’ultima non facesse parte del gruppo di valigie e non sia mai arrivata. Recarci in aeroporto per verificare significava, con il traffico diurno, rinunciare alla visita della città, siamo rimasti quindi in contatto telefonico con l’ aeroporto sperando in buone notizie. Come prima cosa siamo andati in cerca di un cambio; nella via delle ambasciate si trovano molte agenzie di cambio ma abbiamo dovuto girarne molte prima di trovarne una disposta a cambiare i nostri soldi. Qui si parla di milioni come noccioline, 1 € equivale 120.000 rial ! Il rial è la moneta ufficiale iraniana ma per semplificare, o complicare a seconda delle opinioni, si commercia in toman, ovvero 1 toman è uguale a 10 rial, bisogna quindi far estrema attenzione con quale valuta si acquista!

Gli iraniani sono pessimi autisti e altrettanto pessimi osservanti delle regole della strada: attraversare una strada equivale a rischiare la vita, anche sulle strisce pedonali o con semaforo verde, le auto e, soprattutto le moto raramente rallentano e mai danno la precedenza ai pedoni, che, se tentano di farsi largo tra le auto vengono guardati di storto e spesso presi a male parole. La nostra prima tappa è Museo Nazionale che custodisce reperti , manufatti e opere d’ arte delle varie epoche storiche e dinastie che hanno governato in Iran nel corso della storia. Il primo piano è dedicato tutto alla preistoria, il piano terra ai popoli che vissero nell’antica Persia, fino ai tempi moderni. Si comincia con la sezione dedicata agli elamiti (XIV – XI sec a.C.), la cui maggior opera giunta fino a noi è la ziggurat Choca Zanbil, di cui oggi rimangono in piedi solo i primi 2 gradoni ed un leone in pietra posto davanti all’ accesso principale. Dal VI sec al III sec a, C il paese viene dominato dagli Achemenidi, governati da Ciro il Grande che estese i suoi confini fino alla Grecia, l’India e il Pakistan; sono esposti basso rilievi di pregio provenienti da Persepoli, alcuni dei quali mantengono ancora i colori originali. Dopo la distruzione della città ad opera di Alessandro Magno governarono i seleucidi, ovvero i discendenti di uno dei generali del condottiero macedone che ci lasciarono manufatti e sculture su cui sono raffigurati dei della tradizione greca. Si passa cosi alla dinastia dei Sassanidi che combatterono contro Valeriano, condottiero romano e, durante questa dinastia comparvero i primi mosaici, creati per loro da schiavi romani.

Governarono poi gli Ilkhanidi, mongoli discendenti di Gengis Khan, qui rappresentati da una statua bronzea a grandezza naturale. In un edificio adiacente a questo c’ è una sezione dedicata all’ arte islamica con ceramiche bellissime, altari cesellati e decorazioni di pregio; tappeti, iscrizioni del Corano scritte in arabo con sotto la traduzione in farsi e bellissimi gioielli. Passiamo così a visitare il Museo del Gioiello che si trova nel caveau della Banca Centrale ; nelle teche di vetro antisfondamento sono esposti un numero impressionante di preziosi, cascate di diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi che adornano oggetti di uso comune come spade, cinture, tessuti, corone e poi spille, collane, bracciali, anelli, tiare, uno sfarzo mai visto prima. I pezzi di maggior valore sono le corone usate dall’ ultimo scià e dalla moglie Farah Diba, il diamante rosa più grande al mondo, detto il”Mare di Luce” del peso 182 carati, gemello forse del “monte di Luce” il diamante giallo più grande al mondo appartenente al tesoro della Corona Britannica. C’ è inoltre lo spettacolare mappamondo in oro del peso di 34 kg e tempestato con oltre 51000 pietre preziose, i mari son costituiti da smeraldi, le terre emerse da rubini, l’Iran, la Francia, la Gran Bretagna da diamanti.

Uscendo possiamo ammirare il grandioso Trono del Pavone del XVIII sec. che ha la forma tipica dei divani utilizzati nelle case da tè, decorato in oro e oltre 26000 pietre preziose; è sormontato da u grande sole tempestato di diamanti; all’ inizio è stato nominato Trono del Sole ma cambiò il suo nome quando lo scià sposò quella che, per il suo stemma nobiliare ,venne definita la Signora del Pavone. Abbiamo fatto richiesta ad Ellah che ci portasse a vedere il museo “Covo dello spionaggio americano”, ovvero quello che resta dell’ambasciata americana assaltata nel 1978 dai rivoluzionari che presero in ostaggio 52 diplomatici e li tennero prigionieri 444 giorni.

Costoro,in cambio degli ostaggi chiedevano l’ estradizione dello scià Mohamed Pahlavi che aveva chiesto asilo politico agli USA per poterlo giudicare e, quindi giustiziare secondo le leggi iraniane. Alcuni giorni prima della partenza avevamo visto il film premio Oscar “Argo” che narra proprio questa vicenda storica e ci interessava vedere di persona i luoghi in cui si svolge gran parte della trama. Gli uffici e il quartier generale conservano ancora gli arredi dell’ epoca, i primi enormi computer, documenti top secret che i diplomatici non sono riusciti a distruggere prima del sequestro, tele scriventi per comunicare in tempo reale con i servizi segreti statunitensi, avevano già scanner digitali, quando noi, comuni mortali avevamo ancora il telefono con disco mobile !

In un piccolo auditorium proiettano filmati di repertorio per mostrare la falsità delle notizie diffuse dal governo americano; sulle pareti sono appesi manifesti di propaganda antiamericana e così sul muro di cinta. Ci siamo poi buttati nel traffico per raggiungere il ponte Tabiat, o ponte della Natura, detto così perchè mette in comunicazione 2 parchi cittadini. Mai visto tanto traffico! Si procede a passo d’ uomo su strade a 5 corsie, ovunque ci sono auto ferme; non so quanto tempo abbiamo impiegato a raggiungerlo e soprattutto quanto distasse dalla zona delle ambasciate .

Abbiamo raggiunto il Parco di Taleghani al tramonto; il parco è ricco di sculture moderne, panchine l’ una diversa dall’ altra . Il ponte è una struttura in acciaio a spirale a più livelli , lungo 270 m , illuminato da fasci di luce colorata e attraversa un’ autostrada congestionata dal traffico fino a raggiungere il parco di Abo- Atazh . È opera di una architetto iraniana ed è uno dei monumenti più amati dagli abitanti della capitale che passeggiano qui ancora numerosissimi alle ultime luci della sera.

Trovare una strada non intasata per raggiungere l’ hotel è stata un’ impresa veramente ardua, malgrado Ellah consultasse continuamente le notizie sul traffico cittadino. Verso le 7 abbiamo raggiunto il nostro hotel ma , affamati come lupi, non siamo neppure saliti in stanza ma siamo andati subito a cena . Il ristorante è vicino all’ hotel e cucina carne alla brace, abbiamo ordinato un piatto a testa ma le porzioni erano davvero enormi, malgrado la fame abbiamo comunque avanzato del cibo. La cosa più triste della serata è la birra analcolica, unica bevanda possibile con quei succulenti piatti di carne, bere aranciata o coca cola, o peggio ancora il “dugh”, una bevanda a base di yogurt, acqua ,sale ed erbe aromatiche che tutti bevono con gusto, per noi è realmente impossibile! Abbiamo fatto 4 passi per digerire , per le vie affollate e con i negozi ancora tutti aperti malgrado fossero passate le 21 e poi, finalmente a letto !

MERCOLEDÌ 6/11/ 2019 – TEHERAN – QAZVIN

Ho dormito pochissimo malgrado stessi bene ma, probabilmente l’adrenalina dell’inizio del viaggio non mi ha lasciato prendere sonno. Partenza alle 9, malgrado noi avessimo espresso il desiderio di partire di buona mattina, ma Ellah, ha detto che i siti aprono solo alle 9 e non è necessario fare levatacce. Oggi visitiamo il Palazzo Golestan, ovvero “giardino di rose”, che prese questo nome perché sorgeva in una zona ricca di piantagioni di melograni, oggi inglobato nel centro della città attorniato da brutti palazzi che sovrastano il complesso costruito dallo scià Naser el Din alla metà dell’ 800. Egli viaggiò spesso in Europa e decise di costruire il suo palazzo a modello di quelli europei, le maioliche dalle sfumature del blu e del verde diventano più vivaci , tendendo al giallo e al rosso; tra i motivi geometrici e floreali compaiono raffigurazioni di panorami tipicamente europei, talvolta anche con immagini di campanili. Il complesso è costituito da 9 edifici disposti attorno a giardini fioriti e fontane, ogni edificio ha un proprio biglietto d’ ingresso, noi, per questioni di tempo abbiamo optato per visitarne 3. La sala del trono di marmo è un ambiente che si affaccia sul giardino ed è quasi tutto occupato dall’imponente trono in alabastro che poggia su colonne abbellite con statue di leoni ed angeli su cui il sovrano si sedeva e concedeva udienze. Le pareti sono tutte un gioco di specchi. Da qui passiamo alle sale principali, al piano terreno c’ è la pinacoteca che raccoglie i ritratti di molti principi qagiari mentre al piano superiore si trova la sontuosa sala degli specchi , le cui pareti sono rivestite completamente di piccole porzioni di specchio,che formano complicate geometrie simili alla faccia di un diamante . Qui è custodito il museo privato dello scià, in cui sono raccolti, vasi e suppellettili preziose acquistati durante i suoi viaggi per il mondo o dono degli altri sovrani che venivano qui in visita.

A ridosso della parete occidentale si trova la copia del trono del Pavone (l’originale si trova al museo dei gioielli) su cui sono stati incoronati l’ ultimo Scià di Persia e sua moglie Farah Diba. Attraversiamo altre sontuose sale di rappresentanza: quella dell’avorio, quella del consiglio, quasi tutte decorate con specchi. Abbiamo ammirato dall’esterno molti edifici uno dei quali alto 5 piani ,simile a quelli europei, sulla facciata c’ è l’ immagine del leone che era sulla bandiera dell’ Iran , prima che diventasse “repubblica islamica dell’Iran”. Sotto il tiepido sole raggiungiamo il Palazzo delle Torri del Vento, un ambiente piuttosto piccolo rispetto ai precedenti, con vetrate colorate che davano accesso ad una grande piscina, oggi sostituita dalle aiuole del giardino. Ai lati del palazzo si trovano le 4 torri del vento rivestite con maioliche; le torri del vento, con larghe ferritoie sulla cima, convogliavano all’ interno delle abitazioni l’ aria che scendendo giù si rinfresca, facendo diminuire di diversi gradi la temperature all’interno, una sorta di antico condizionatore. In tarda mattinata abbiamo terminato la visita ed è strano camminare per strade quasi deserte confronto al traffico di ieri sera !

Teheran è una capitale che conta oltre 12 milioni di abitanti ma è molto pulita, viva, con bei negozi ed eleganti ristoranti e, siamo stati piacevolmente sorpresi dalle donne, che, secondo ciò che avevamo letto, pensavamo fossero represse e schive, soggiogate dalla superiorità maschile, invece , tolto l’ obbligo di indossare lo haijab , da cui per lo più spuntano ciocche di capelli, sono curatissime, truccate con gusto, eleganti, lavorano , studiano, le donne iscritte ai corsi universitari son ben più degli uomini, escono sole o con le amiche vanno nei locali pubblici a bere un tè o a cena.

Essendoci così poco traffico, siamo andati a vedere la Torre Azadì, ovvero la torre della libertà a forma di Y rovesciata, considerata oggi il simbolo di Teheran; fu eretta nel 1971 per festeggiare i 2500 anni della nascita del regno achemenide e si trova al centro di un grande parco cittadino. Da qui abbiamo raggiunto l’aeroporto per scoprire che fine avesse fatto la valigia di Simo, che ha puntualmente trovato nel deposito, dove è sempre stata da martedi mattina quando l’ abbiamo dimenticata. Ely è saltata su tutte le furie, dopo aver passato l’ intero pomeriggio di ieri a telefonare cercando di capire dove fosse finita , nessuno si è preoccupato di controllare se era realmente lì o se vagasse ancora tra gli aeroporti di Istanbul e Bergamo.

Oggi avremmo dovuto raggiungere Masuleh , un tipico borgo abbarbicato sulle pendici della montagna ma , visto il traffico che si riversa sulle strade nei giorni di festa, oggi sarebbe stato impossibile raggiungerlo così ci siamo fermati a Qazim. Lasciata la capitale la strada si staglia diritta attraverso zone per lo più desertiche, pochi sono gli appezzamenti coltivati mentre molte sono le radure su cui pascolano enormi greggi di pecore. Qazim è stata capitale dell’ Iran, dopo Tabriz, oggi conta 500.000 abitanti e degli antichi fasti non rimane più nulla. L’ unico edificio storico è il Palazzo Chehel Satun , residenza reale dell’ epoca qagiara ,è di forma ottagonale con bellissime vetrate colorate ed è sede del museo della calligrafia . Altra attrattiva della città è il caravanserraglio di Sal ‘el Saltaneth, bellissimo con numerose gallerie in mattoni su cui si aprono un’ infinità di negozi di artigiani , con alte cupole circolari illuminate a giorno. L’ hotel è più piccolo e semplice di quello di Teheran ma pulito e confortevole. Affamati come lupi, abbiamo cenato in un ristorante sito al primo piano , e, come di consueto abbiamo fatto avanti e indietro un paio di volte prima di trovarlo! La cena di quest’ oggi è stata un ottimo agnello alla brace e, il bicchiere della staffa si è tramutato in …un tè bollente ! Che tristezza !

GIOVEDÌ 7/11/ 2019 – QAZIM – ZENJAN

Sveglia alle 7, anche stanotte, non so per quale motivo, ho dormito pochissimo. Abbiamo lasciato Qazim sotto un cielo splendente ma l’ aria è decisamente fredda, Qazim si trova a 1200 m s.l.m . Ben presto abbiamo lasciato il centro animato della città per inoltrarci nelle campagne non così densamente coltivate percorrendo una strada dritta che si protende all’ infinito. In 2 ore e mezza abbiamo raggiunto Soltanijeh celebre per il mausoleo del re mongolo Oljettu, patrimonio dell’ UNESCO. Questa, pare, sia la terza cupola più grande al mondo , ha un diametro di 26 m ed è ricoperta di maioliche azzurre. Il mausoleo è tutto ciò che resta di una fiorente città fondata dai mongoli nel XII secolo. Il mausoleo fu costruito per accogliere le spoglie di uno dei 12 Imam Sciiti , attualmente sepolto in Iraq ma fu , però impossibile traslarne qui i resti . Ha forma ottagonale e agli angoli si trovano 8 piccoli minareti ; irregolarmente , lungo uno dei lati, si protende una sezione triangolare , dove pare , sia stata riempita di terra santa, proveniente dal luogo in cui sono sepolti 2 Imam,in cui è stato poi sepolto il re con la consorte anche se non sono mai state trovate le tombe. L’ interno ,è decorato con dipinti e maioliche ma è andato quasi interamente perduto ed è tutto ingombro da una fitta intelaiatura di impalcature ; tramite una scala si accede a 2 camminamenti, uno inferiore all’ interno dell’ edificio, mentre il superiore è una terrazza che percorre il perimetro della cupola , decorato con stucchi ed incisioni dalle sfumature bianche e color mattone.

A questo punto, attorno a mezzogiorno, il programma della giornata è pressoché finito, Zenjan la meta odierna, dista poco più di un’ ora d’ auto e la città non offre nulla di interessante da vedere. Ely ha fatto tutto ciò che poteva per impegnare le ore rimaste: ci ha accompagnato in giro per la città, abbiamo visitato gli antichi lavatoi, dove attorno ad una grande vasca al coperto sono posizionati manichini con abiti tipici dell’ epoca che vogliono simulare donne e bambini che si accingono a fare il bucato. Abbiamo passeggiato per il grande bazar, tra il via vai di persone, dove, probabilmente eravamo gli unici stranieri, ma la maggior parte dei negozi è di oggetti d’ uso comune o di abbigliamento, quindi molto simile ai nostri mercati settimanali. Unica cosa interessante è stata la visita ad un forno che cuoceva un pane, sottile come una piadina, su un sondo fatto con piccoli sassolini, il “sangak”. Un po’ delusi della giornata in cui le cose interessanti visitate sono state davvero poche alle 17 siamo andati a riposare in hotel.

L’hotel “Dadamari” è un piccolo gioiello, è un’ antica casa nobiliare ristrutturata, con un piccolo giardino interno con una fontana al centro e attorno si aprono le stanze, che sono piccoline ma arredate secondo il gusto persiano, veramente graziose. Abbiamo cenato all’ interno del bazar al “Haji Dadash”, un locale tipico dove si mangia seduti su una specie di trono ricoperto da tappeti , a gambe incrociate, come abitualmente si mangia nelle case iraniane. Io ho mangiato una zuppa di pomodoro veramente squisita, ma abbiamo dovuto capitolare veloci perché, vista l’età e il fatto di non essere abituati a stare in tale posizione, le nostre ginocchia, dopo poco gridavano vendetta!

VENERDÌ 8/11/2019 – ZANJAN – TABRIZ

Stanotte verso le 2 sono stata svegliata da una sorta di scoppio, il letto a preso a tremare per alcuni secondi, il lampadario oscillava; ho pensato subito al terremoto ma, non avendo sentito nessuno allarmarsi o uscire dalle camere ho atteso sveglia un po’, quindi tornato il silenzio, ho ripreso a dormire. Giò non si è accorto di nulla e quando gli ho detto cosa avevo sentito ha controllato il notiziario che confermava un terremoto pari al grado 5.9 con epicentro a circa 200 km da qui! Dopo la colazione e dopo un bellissimo gesto d’accoglienza ricevuto da una famiglia ospite nell’hotel che ci ha offerto del pane caldo simbolo di benvenuto, alle 9 siamo partiti destinazione Tabriz.

La strada da percorrere oggi, avrebbe dovuto essere tra le montagne “colorate” ma abbiamo imboccato un’ autostrada, dove abbiamo visto solo qua e là qualche montagna rossa con striature più chiare ma, probabilmente, ben poca cosa rispetto a quello che avremmo dovuto vedere. Ieri, rileggendo il programma, ci siamo accorti che oggi è una giornata vuota quasi quanto quella di ieri quindi ci siamo un minimo documentati su cosa fare per renderla un po’ più interessante anche se Ely non ci ha aiutato molto nel modificare il percorso… anzi! Abbiamo letto e riletto la Lonely Planet per capire quale deviazione fare per vedere uno dei tanti siti di interesse che ci sono nella zona ma a detta di Ely erano troppo distanti per raggiungerli in giornata e poi, ci ha detto che una volta comunicato al ministero del turismo il programma di viaggio è impossibile variare il tragitto in corso d’opera. Forse abbiamo sbagliato ad insistere per farci portare a Mareqeh perché è stata una delusione totale. La città è assolutamente priva di attrattive, tranne 4 mausolei in mattoni, stretti tra le case, risalenti al XII secolo; l’ interno è vuoto, sotto la cupola c’ è un foro da cui filtra la luce solare e funge da meridiana.

Ripresa la strada per Tabriz abbiamo riversato su Ely tutto il nostro malcontento per aver cancellato una meta importante dal nostro tour 2 giorni prima della partenza adducendo, come scusa che il traffico era troppo intenso e, soprattutto non avendolo sostituto con nulla, con il risultato di aver sprecato 2 giorno passando da una città all’altra, una più insignificante dell’altra, quando, oggi, bastava partire alle 7, anziché, sempre alle 9, per poter raggiungere il sito del trono di Salomone! Non è il primo viaggio che facciamo ed è la prima volta che ci troviamo di fronte a persone così poco elastiche nel venire incontro alle esigenze dei turisti! Abbiamo battibeccato un po’, quindi si è attaccata al telefono, parlava in farsi, quindi non potevamo capire ciò che dicesse, abbiamo avuto l’impressione che chiamasse Fatima, comunque, pare che domani ci abbiamo costruito una giornata piena, perché, come abbiamo ribadito più volte, non siamo venuti in Iran per riposare! Abbiamo raggiunto Tabriz alle 16.30, che è la quarta città per grandezza dell’Iran, è stata capitale nel sec XIV. È tutta una distesa di case a pochi piani o palazzi alti ma tutti del color della sabbia, che, al tramonto assumono sfumature dorate. Siamo alloggiati all’hotel “Shahariar”, un 5 stelle con una hall grande quanto un campo da calcio ma poi il più scadente trovato fin’ ora : la cassaforte che non si chiude, il servizio di cortesia minimale, una lampada che non si accende. Doccia veloce come il fulmine , quindi alle 18,30 siamo andati a passeggiare nel parco di Elgoli, che si sviluppa attorno ad un laghetto artificiale, con fontane illuminate da luci colorate. Nel parco c’ è una folla incredibile malgrado sia notte fonda e faccia un freddo polare; ci sono gelaterie, bancarelle che preparano cibo espresso, persino un luna park. Al centro del lago si trova una grande costruzione che ha un ristorante vista lago al piano terreno, mentre al primo piano c’ è un fast food. Abbiamo cenato proprio lì, io ho mangiato un’enorme polpetta con carne d’agnello, verdure e ripiena di noci e cipolle. Ely, dopo la strigliata di oggi, ci ha illustrato il programma variato di domani, speriamo vivamente abbia capito !

SABATO 9/11/2019 – TABRIZ – JOLFA – TABRIZ

Oggi, finalmente partenza alle 7. Subito dopo la colazione, ci siamo avviati verso la valle delle montagne colorate,le cui sfumature spaziano dal rosa al bianco ghiaccio, al rosso, al violetto. Anche la strada che percorriamo per raggiungere questa zona montuosa è tutta un tripudio di colori dati dalle chiome autunnali dei numerosi alberi che la attorniano. In prossimità della catena montuosa, abbiamo sfidato le temperature polari ed abbiamo passeggiato lungo una strada quasi deserta sotto un cielo terso e un sole splendente che, però, non riusciva ad avere la meglio sul gelo. Siamo tornati sui nostri passi, verso Tabriz, abbiamo imboccato la strada per Jolfa, città porto franco perché sul confine con l’Azerbaijan , Armenia e Turchia . All’ imbocco della valle dell’ Aras , sull’altra sponda del fiume, si scorge una recinzione di filo spinato ed una ferrovia che si snoda in territorio dell’ Azerbaijan. Sulla strada abbiamo visitato la chiesa ortodossa di Chupan , una piccolissima chiesa di pietra del XIII secolo , fatta costruire da un pastore e, sul lato opposto del fiume pare che il fratello ne avesse fatta costruire una identica ma oggi rimane solo un cumulo di pietre. È di forma quadrata con una piccola cupola conica centrale; l’ interno, che ci è stato aperto da un custode previo obolo, è spoglio, c’ è solo un piccolo altare in pietra. Proseguiamo per questa strada tortuosa che costeggia il fiume tra alte montagne fino alla chiesa di Santo Stefano, patrimonio dell’ UNESCO. Si trova all’interno di una cinta di mura con torrioni, quelle che appartenevano un tempo al monastero, all’ interno del quale si trovava anche una scuola d’arte. La chiesa risale al XV secolo e conta diverse incisioni e bassorilievi sulla facciata esterna, fatta da grossi blocchi di pietra delle varie sfumature di rosa e arancio, ricavati dalle cave locali,ha una grande cupole e un bel campanile aereo.

L’interno è piuttosto spazioso, rimangono parti di affreschi sulle pareti e sulla cupola e posto sull’altare si trova un dipinto della Vergine con il bambino. Di fianco alla chiesa, dove un tempo doveva esserci il chiostro su cui si aprivano le celle dei monaci c’ è un piccolo museo con tomi antichi e pochi arredi sacri. Siamo rientrati a Jolfa, Ely ed Amir sono andati a pranzare , noi seduti al sole abbiamo sgranocchiato un pacchetto di patatine ed abbiamo bevuto la birra più cattiva mai assaggiata… aromatizzata alla pesca, un insulto veramente al buon gusto! Jolfa è una città ricca,ci sono tante villette ad un paio di piani con il giardino e, in periferia si trovano tutta una serie di negozi , boutique di pregio e qualche piccolo centro commerciale. Abbiamo così preso la strada che porta al confine armeno, il terreno è desertico e brullo, le montagne sono rosate e sopra di esse si staglia un’ altra catena di montagne più alte e ricoperte di neve , tra queste montagne si trova anche il celebre monte Ararat, sul quale si arenò l’ arca di Noè.. Asijab è un luogo ameno dove gli iraniani vanno a fare il pic nic nei giorni di festa , un sentiero pietroso porta alla cascata del mulino, che oggi non esiste più. Questa non è una cascata vera e propria ma un sottile salto d’ acqua tra la vegetazione che va a cadere nel fiume , poco più che un rigagnolo. Siamo tornati al pulmino mentre il sole tramontava e le rocce sembravano di rame, uno spettacolo bellissimo. Abbiamo impiegato circa 2 ore a tornare a Tabriz , quindi siamo andati subito a cenare prima di tornare in hotel . Stasera per la prima volta non abbiamo mangiato bene, io ho preso uno sformato di riso e pollo sicuramente riscaldato, Simona un pesce che sapeva solo di limone e i maschietti polpette di verdura di dubbio gusto, unica consolazione, abbiamo pagato meno di 4 € a testa! Oggi è stata una giornata finalmente piena, come concepiamo noi i nostri itinerari di viaggio; siamo rientrati in hotel prendendo un taxi perché sia Ely che Amir, dopo averci lasciato al ristorante sono corsi a letto, erano veramente distrutti !

DOMENICA 10/11/2019 – TABRIZ – KANDOVAN

Siamo tornati alla consuetudine, partenza alle 9, abbiamo attraversato la città ancora addormentata, e in un’ora di viaggio, abbiamo raggiunto Kandovan, un villaggio caratterizzato dalle abitazioni site in pinnacoli di roccia simili ai “Camini delle Fate” della Cappadocia. Kandovan si trova a 1600 m s.l.m ,per raggiungerlo si attraversa una vallata di boschi di noci, che in autunno hanno foglie giallo acceso; la popolazione è di origine turca, le donne indossano chador colorati che legano alla vita, in contrasto con le iraniane che lo indossano nero lungo fino ai piedi. Abbiamo camminato a lungo tra stradine in salita, strettoie, scale dai gradini altissimi (come ovunque in Iran!). Abbiamo girato in largo e in lungo variando la visuale del singolare paese dal basso e dall’alto, peccato solo per la presenza di alcuni “ecomostri “moderni che deturpano il panorama da favola; ci sono uomini che vanno in campagna trainando asinelli con pesanti basti, le donne battono la lana di pecora e poi la stendono su palizzate ad asciugare. Molte di queste abitazioni o stanze sono diventate negozi di oggetti d’ artigianato: come resistere alla tentazione di fare acquisti ? Abbiamo fatto man bassa di grandi foulard in cotone (i loro chador), abbiamo comprato un altro piatto in ceramica, 2 buffi copricapi di lana grezza per Giò e Roby, qui i prezzi sono veramente irrisori! Molte donne sedute davanti a casa non appena scorgono un turista, si avvicinano sorridenti e ti invitano ad entrare in casa loro ma molte hanno veramente poco da offrire! Attorno a mezzogiorno abbiamo fatto ritorno a Tabriz, abbiamo visitato la moschea Blu, risalente alla metà del 400, completamente ricoperta da maioliche blu. Nel 1700 un terremoto la distrusse quasi completamente ,oggi del primitivo rivestimento rimangono solo pochi frammenti, mentre le cupole e i muri di cinta sono stati ricostruiti in mattoni . L’ interno , completamente ricoperto da tappeti è pio piuttosto disadorno. Abbiamo fatto l ‘ immancabile giro nel bazar della città, anche questo è affollato, caotico ma pulito, e gli unici odori che si sentono sono quelli delle spezie . Ely si è dilungata in spiegazioni sulle spezie, dolci, formaggi, frutta ; la parte più interessante del mercato, anche perché ubicata nella parte più antica è quelle dedicata alla vendita di tappeti ma, purtroppo oggi è chiusa

Abbiamo visitato un’ altra moschea che si trova al centro del bazar e poi, alle 16, dopo aver acquistato un po’ di generi di conforto, ci siamo avviati alla stazione ferroviaria, Per prendere posto sul treno bisogna aspettare la chiamata, controllano i documenti, proprio come si fa per un volo, quindi è possibile accedere all’ interno dei vagoni ed occupare i propri posti. Trovato il nostro scompartimento è stato un problema riuscire ad incastrare tutti i nostri bagagli nel piccolo vano. Appena partito ,verso le 6 ci hanno servito il tè , un dolcino e un succo di frutta mentre la televisione trasmettevano episodi di Mr. Bean. Ely ci aveva detto che il treno era fornito di vagone ristorante, abbiamo così prenotato la cena, giusto per uscire un po’ dallo scompartimento e far passare un’ oretta prima di coricarci. Alle 19.30 siamo andati in cerca del ristorante ma abbiamo ben presto scoperto che era solo una cucina dove riscaldavano cibi precotti, stile aereo . Siamo così tornati nel nostro scompartimento decisi a cenare con biscotti e frutta secca ma ben presto sono venuti a redarguirci che avendo effettuato una prenotazione non potevamo esimerci dal consumare il lauto pasto : riso senza sale e polo grigliato. Roby non lo ha neppure toccato, noi 3 abbiamo sbocconcellato qualcosa, quindi ci siamo preparati le cuccette, io e Simo ci siamo arrampicate in quelle in alto e alle 21,30 abbiamo spento le luci.

LUNEDÌ 11/11/2019 – TEHERAN – KASHAN

Notte veramente faticosa, ho girato come una trottola perché non riuscivo a trovare la posizione giusta e poi, lassù faceva un caldo veramente soffocante. Alle 5 siamo scesi perché Ely ci aveva detto che sarebbero venuti a ritirare lenzuola e coperte ma ciò è avvenuto solo dopo le 6 e dopo che il treno si è fermato in mezzo al nulla per permettere alle persone di scendere, recarsi alla moschea per dire le preghiere del mattino. Verso le 6,30 siamo arrivati a Teheran dove c’ era un pullmino ad attenderci con un autista nuovo, Amir ci raggiungerà domani a Kashan. In un paio dì ore d’ autostrada raggiungiamo Qom , seconda città sacra dell’ Iran, dopo Mashhad perché qui è morta nel IX secolo e qui è sepolta Fatima, sorella di Reza uno dei 12 Imam Sciiti sepolto a Mashhad. Attraversiamo l’ immensa piazza pavimentata con lastre di marmo scuro dove si affacciano diverse moschee e il santuario; è tutto un via vai di donne coperte dallo chador nero e di mullah con le lunghe vesti, il turbante in testa e le folte barbe nere. Il santuario dove è sepolta Fatima che è costituito da 5 cortili e da una cupola d’ oro massiccio sotto la quale c’ è il sepolcro della santa. La moschea ed i minareti sono ricoperti di maioliche e stucchi dalle sfumature verdi e blu, mentre la porta usata dalle donne è ricoperta di frammenti di specchio, tanto da farla sembrare un’ enorme diamante. Essendo un luogo tanto sacro le donne non possono essere truccate ed avere le unghie laccate, Ely prima di entrare si è tolta il rossetto, a noi turiste ciò è concesso ma all’ interno del santuario abbiamo dovuto indossare il chador , che, però era colorato, mentre le iraniane lo indossano rigorosamente nero; anche le bambine piccole lo indossano e le scolaresche hanno una divisa che prevede un velo bianco. All’interno dell’ ultimo cortile c’è anche una scuola coranica tra le più prestigiose di tutto il paese. Siamo stati accompagnati durante la visita da una religiosa che ci ha dato spiegazioni sulla costruzione del santuario in inglese, abbiamo girato per i vari cortili, ma per i non mussulmani è vietato entrare all’ interno del santuario. Un altro centinaio di chilometri e raggiungiamo Kashan, una piccola cittadina (così dicono gli iraniani !) di 400.000 abitanti.

Abbiamo raggiunto subito il Darbe Bagh hotel, una graziosa casa storica trasformata in hotel con un piccolo grazioso giardino interno con al centro una fontana e tavolini e sedie per riposarsi al sole. Le stanze , 6 in tutto, si aprono a sul cortile. Qui abbiamo incontrato Fatima e Mustafà i titolari dell’ agenzia Iranfree Tour, coloro che ci hanno organizzato il viaggio e a cui dovevamo ancora consegnare l’ intera somma di denaro del costo del nostro viaggio. Costoro parlano correntemente inglese, molto meglio di noi ma comunicare non è stato un problema, Ci hanno donato un tappeto di cotone tessuto a mano, tipico di Kashan, un dono davvero prezioso, chissà se sarà così per tutti i clienti o se a noi lo hanno donato per scusarci dei disagi causatoci i primi 3 giorni . I proprietari dell’ hotel ci hanno offerto datteri, uvetta e dolcetti con l’ immancabile tè. Siamo andati quindi a fare una doccia perché dopo la notte trascorsa in treno ci sentivamo veramente sporchi.

Verso le 14,30 siamo partiti per visitare la città vecchia ; anche se il nostro hotel dista poco dal centro storico, lo abbiamo raggiunto in pulmino. La casa di Khan-e Tabatabaei, era la casa di un ricco mercante di tappeti costruita nel XIX secolo con più di 70 stanze. E’ divisa in 3 zone, ognuna delle quali si affaccia su di un cortile centrale. La prima parte che incontriamo è la più grande e sontuosa ed è quella riservata agli ospiti e ai visitatori, decorata con incisioni, bassorilievi e dipinti, grandi vetrate colorate colonne e archi. Al centro del cortile c’ è una grande fontana. Questa zona è comunicante con le stalle in cui i commercianti trovavano ricovero per i loro animali. Da qui si passa alla zona riservata alla servitù, il cortile è di dimensioni minori e vi è una grande cucina dai muri anneriti con un forno ed un grande camino, grandi giare dove conservavano le granaglie e un acquaio per lavare le stoviglie. Si passa quindi alla residenza della famiglia; c’ è una grande stanza, probabilmente usata come soggiorno illuminato da 4 finestroni dai vetri colorati. Quando la luce filtra attraverso i vetri, il pavimento diventa un caleidoscopio di colori. C’ è una zona seminterrata dove attraverso bocchette veniva convogliata l’ aria proveniente dai bagdir, rendendo la zona particolarmente fresca durante la canicola estiva. Kashan è detta la città delle rose perché coltivate in abbondanza nelle campagne circostanti e qui è celebre la sua acqua di rose ; uscendo dalla casa ci siamo imbattuti in una serie di negozi che vendevano rose essiccate e tutti i suoi derivati. Abbiamo acquistato oli, creme e tisane. Poco distante si trova l’ hammam del Sultano Mir – Ahmed del XVI secolo. Prima che il sole tramonti saliamo sul tetto dove si trovano tutta una serie di cupole con formelle di vetro che servivano a illuminare gli ambienti sottostanti. L’interno è sontuoso con maioliche che vanno dal blu al celeste, al giallo, al bianco. La prima grande sala che incontriamo è lo spogliatoio con nicchie in cui mettere le scarpe e , panchine su cui sedersi a chiacchierare, quindi si passa all’ hammam vero e proprio, dove i nobili venivano a fare il bagno nella vasca centrale la cui acqua è scaldata da una caldaia a legna ed è diviso in 2 parti; il più grande era quello per donne e bambini, il più piccolo per gli uomini. C’ è anche una zona dedicata alla depilazione. Ultima visita della giornata è quella della moschea Agha Bozorg del XVIII secolo, semplice, con la cupola in mattoni,un cortile su 2 livelli e con la facciata ricoperta di maioliche. È sede di un’importante scuola coranica. L’interno non è ricoperto di tappeti perché non viene usata per la preghiera giornaliera ma solo in occasione di particolari festività. Anche qui per accedervi abbiamo dovuto indossare il chador.

È ormai notte quando rientriamo in hotel per prepararci per la cena . Verso le 19 abbiamo fatto una passeggiata per le vie affollate del centro dove i negozi sono ancora tutti aperti e le famiglie passeggiano e fanno la spesa. Abbiamo cenato al “Manouchehri House “, un elegantissimo ristorante che si trovo anch’esso in una casa storica ma più grande e lussuosa del nostro hotel. Stasera ho mangiato un piatto di pollo con noci e melograno. Veramente buonissimo !

MARTEDÌ 12/ 11/ 2019 – KASHAN

Sveglia alle 7 … per essere in pista alle 9 ! Abbiamo fatto colazione in un’ elegante sala tappezzata di foto di famiglia di un centinaio d’ anni fa ma, la disorganizzazione, qui, regna sovrana ! Abbiamo dovuto pressoché apparecchiare noi la tavola, andando a cercare quello che serviva all’ interno delle credenze e, quando ,abbiamo chiesto un’omelette, ci hanno portato un uovo strapazzato con il pomodoro. Il giardino di El – Fin ,si trova un po’ discosto dal centro cittadino ed è uno dei 12 giardini persiani patrimonio dell’ UNESCO. E’ caratterizzato da simmetrie di aiuole e corsi d’ acqua , tra cui svettano alti cipressi, simbolo della vita; nel centro si trova una fontana rettangolare con bocchette che creano zampilli d’ acqua; la fontana d’ acqua corrente è alimentata da una piscina rivestita da mattonelle turchesi che si trova dinnanzi al padiglione centrale. Lateralmente ci sono padiglioni coperti usati come zone relax, decorati con scene tratte da leggende iraniane, in bianco e blu, simili alle nostre ceramiche di Albissola. La costruzione del giardino è iniziato in epoca sassanide (XVI sec) ed è stato ampliato in epoca qagiara (XIX sec), è delimitato da mura in mattoni con ai lati 2 torri di guardia. All’ interno c’è anche un hammam con maioliche dalle mille sfumature di blu. Rientrati in città abbiamo visitato l’edificio scorico Khan -e Abbassein , più piccolo bello quanto quello visitato ieri ma…era tutto un cantiere ! Abbiamo visitato i cortili tutti ingombri d’ impalcature e stralci di decorazioni in fase di restauro. 4 passi nel bazar lasciandoci trasportare dalla folla e dal caso, fermandoci ad annusare profumi, rimanendo stupiti nel vedere negozi che vendevano solo chador, apparentemente tutti uguali ma, osservandoli attentamente si possono notare le differenze di trama dei vari tessuti ; gioiellerie con oggetti ridondanti, il luccichio del rame e rigattieri dagli oggetti polverosi ; scopriamo all’ interno tante piccole piazzette con una piccola fontana al centro e con i negozi attorno.

Spuntino nel giardino del nostro hotel seduti al sole mentre l’ acqua della fontana gorgogliava. Alle 13 sono venuti a prenderci con 2 jeep per l’ escursione nel deserto : 2 rottami , sporche luride, con i sedili che non si sollevano e talmente strette che io, con il mio metro e mezzo d’ altezza, non so dove mettere le gambe; ci guida un ragazzo gentile che parla un inglese scolastico ma per noi facilmente comprensibile. A 8 KM da Kashan si trova Nashahabad che custodisce una città sotterranea scavata 1500 anni fa a scopo difensivo. Nashahabad si trovava sulla Via della Seta , era quindi una città molto ricca ed essendo sorta in una landa pianeggiante era difficilmente difendibile da predoni e nemici , quindi gli ingegnosi abitanti hanno scavato questa rete di gallerie per nascondersi in caso d’ attacco. Ogni casa aveva un accesso per accedervi, nascosto in una stalla o in una cantina. Nei sotterranei ci sono pozzi per l’ approvvigionamento dell’ acqua, nicchie in cui posizionare candele per l’ illuminazione, una sorta di piccole stanzette in cui vivere in famiglia, una piazza più grande dove si riunivano per mettere a punto strategie difensive e camini per il ricambio dell’ aria . La città si articola su 3 livelli e per passare da uno all’ altro ci sono pozzi a forma di U. La città fu definitivamente abbandonata dopo 2 rovinose inondazioni nel 1800 e all’ inizio del 900, quindi fu praticamente dimenticata, solo pochi anziani ricordavano di averne sentito parlare. Una quindicina d’ anni fa, durante una perforazione per il ripristino della rete fognaria ,questa città tornò alla luce.. Proseguiamo per uno dei 3 deserti iraniani, il deserto del Maranjab, un deserto sassoso con arbusti secchi; la strada è ovviamente sterrata ,dissestata e con grandi buche; tra mille sobbalzi arriviamo al lago salato, ovvero una zona ricoperta da un sottile strato di sale. Il sole sta calando e raggiungiamo le dune di sabbia color nocciola,siamo saliti su una per ammirare il tramonto ; ne abbiamo visti tanti ma un tramonto nel deserto è sempre emozionante . Appena il sole si è nascosto dietro la duna più alta si è fatto buio, un buio totale ma spezzato dalla luce bianca di una luna piena grande come un pallone…

Rientrati in hotel abbiamo salutato Ely , che nella notte rientrerà a Teheran , domani incontreremo Mariam , la nostra nuova guida, che, pare abbia studiato all’università di Torino. Abbiamo cenato in un ristorante a pochi metri dall’hotel, sito in una bellissima casa storica , con giardino interno, piscina e divani e tappeti su sui sorseggiare il tè, peccato faccia troppo freddo per poterne godere. Io ho mangiato il pesce, un pesce d’ acqua dolce ma saporito; Giò e Roby hanno assaggiato il “dizi” un piatto a base di carne di montone e verdure, la parte liquida si separa dalla solida, la liquida viene mangiata come brodo con un pane sottile e croccante, tipo pane carasau, mentre la parte solida viene pestata e ridotta in purè. Quindi spalmata su un tipo differente di pane,morbido, una sorta di crepes. Dopo cena siamo andati a prendere un tè in una graziosa caffetteria all’ interno del bazar , la proprietaria parlava correntemente inglese e… abbiamo preso una sonora fregatura! Io ho preso un tè alla rosa , di rosa sapeva poco , aveva solo un forte aroma erbaceo ma il meglio è stato il tè mela e cannella ordinato dagli altri 3 : 3 splendide tisaniere piene d’ acqua calda . 3 fettine di mela disidratata e una stecca di cannella. Hanno atteso quasi mezz’ ora che l’ acqua si insaporisse, poi hanno cominciato a pestare con il cucchiaio le mele, spesso rovesciando anche un po’ d’ acqua sul tavolo ma nulla! Hanno finito per bere una tazza d’ acqua calda senza alcun sapore . Abbiamo ordinato anche una fetta di torta al cioccolato da cui abbiamo mangiato tutti e il conto è stato di oltre 1.000.000 di rial mentre per l’ ottima cena non abbiamo raggiunto i 3.000.000, decisamente troppo caro !

MERCOLEDÌ 13/11/2019 – KASHAN – ISFAHAN

Alle 8,30 , dopo colazione, incontro con la nostra nuova guida, Mariam. È una ragazza rubiconda dai capelli arancioni e dal sorriso contagioso, parla un italiano perfetto perché ha studiato urbanistica all’ università di Milano e si è dimostrata subito molto più intraprendente di Ely. La prima tappa odierna è stata Abyane , un paesino che si trova sulle montagne a 2200 m s.l.m . Lasciata Kashan la strada si staglia dritta su per un altopiano con scarsa vegetazione e contornata da alte montagne, quasi spopolato, da un nucleo abitativo e l’ altro possono passare anche 10 minuti d’ auto, cosa inverosimile rispetto alla densità italiana. Lasciata l’ autostrada e presa la strada verso la montagna Mariam si è raccomandata di non mostrare le macchine fotografiche perché stavamo costeggiando una centrale nucleare , passando si vedono solo un paio di piccoli caseggiati perché la centrale vera e propria è sotto terra a 10 m di profondità ma a guardia ci sono carri armati e missili. Poi la strada comincia a serpeggiare in salita, la vegetazione dai brillanti colori autunnali si trova sul fondovalle. probabilmente sulle sponde di un ruscello, ogni tanto superiamo un villaggio e dopo 35 km giungiamo a destinazione. Abyane è un paese antichissimo, fondato dai Sassanidi 1500 anni fa , prima della dominazione araba, Questo paese è rimasto fedele alle proprie tradizioni, parlano un dialetto molto simile al persiano antico e tutti gli abitanti indossano i costumi tipici.: le donne indossano foulard fiorati dalle sfumature di rosso e fucsia, altrettanto colorate le ampie gonne che , però arrivano sotto il ginocchio, le gambe sono coperte da spesse calze nere. Gli uomini indossano ampissimi pantaloni neri, con una trama differente a seconda che siano sposati o scapoli. Visto l’isolamento del paese e le condizioni climatiche davvero rigide , durante l’ inverno la popolazione si riduce a 300 anime , quasi tutti anziani che sopravvivono vendendo ai turisti poche merci distese sui tappetini davanti alla loro porta di casa. Mariam ci ha consigliato di comprare qual cosina qua e là perché questo popolo possa sopravvivere e perché Abyane non diventi una città fantasma. La caratteristica di questo villaggio son le case rosse costruite con il fango della zona ricco di minerali ferrosi. E’ bellissimo camminare in questo dedalo di viuzze fatte di case con balconcini in legno, con le piccole finestre con le grate, passare sotto archi stretti e portici; abbiamo visitato un santuario, che differisce dalla moschea perché custodisce il corpo di un famigliare di uno degli imam sciiti. Terminata la passeggiata Mariam si è fermata al forno del paese ed ha acquistato per noi il pane tipico aromatizzato con sesamo ed erbe di montagna, da gustare caldo caldo.

In 2 ore di autostrada abbiamo raggiunto Isfahan , la seconda città dell’ Iran, che conta 4 milioni di abitanti, è stata capitale nel 1500 ed è attraversata dal fiume Zayandeh. Il lungo fiume da entrambe le sponde è un parco pieno di aiuole , prati, fiori, alberi e panchine dove le famiglie si ritrovano nei giorni di festa o alla sera , terminato il lavoro a fare un pic nic. Ci sono moltissimi ponti che mettono in comunicazione le 2 sponde del fiume , molti sono moderni ma 2 sono i veri gioielli, quello dei 33 archi e quello di Khaju . Il ponte dei 33 archi unisce le 2 sponde nel punto di maggior larghezza del fiume , è lungo più di 300 m.e fu costruito alla fine del 1500; sotto le sue arcate inferiori si ritrovano le persone per un pò d’ ombra in estate e per un po’ di intimità. La parte superiore è percorribile solo a piedi e dai suoi archi si gode una bella vista sul fiume; questo era il ponte usato dal popolo. Il ponte di Khaju è posteriore di una cinquantina d’ anni e, a differenza dell’ altro unisce il fiume nel suo punto più stretto ed è costituito da 2 doppie arcate ; veniva usato dai nobili e dai reali, per questa ragione è decorato con maioliche e ha 2 padiglioni per il relax come quelli che si trovano nei giardini ; sotto le arcate, per l’ ottima acustica spesso si ritrovano gruppi o solisti a cantare. La luce poco prima del tramonto era fantastica , i ponti riflettevano nelle acque del fiume come su di uno specchio ed assumevano una colorazione dorata, abbiamo scattato centinaia di foto . Siamo alloggiati all’ hotel “Pirroozy” , abbastanza centrale, grande, confortevole ma anonimo , il letto enorme ma le rifiniture del bagno molto approssimative… Verso le 19 ci siamo ritrovate con Mariam per andare a cena, abbiamo percorso il grande viale pedonale detto “4 Giardini” ,detto così perché delimitato da 4 file di alberi, tutti i negozi sono ancora aperti, la strada è affollatissima di giovani che si ritrovano prima del giorno di festa, di famiglie . Abbiamo raggiunto il ponte dei 33 che è tutto illuminato e al buio è ancora più suggestivo,quindi siamo andati a cena in un ristorante dalle decorazioni ridondanti, quasi pacchiane . Abbiamo mangiato, come sempre, molto bene, il collo d’ agnello delicato come il burro poi Mariam ci ha fatto assaggiare un dolce fatto con zafferano, yogurt e ,,,carne d’ agnello! Se Mariam non ce lo avesse detto non avremmo mai scoperto l’ ingrediente misterioso che omogeneizzato ed amalgamato con gli altri 2 era irriconoscibile !

GIOVEDÌ 14/11/2019 – ISFAHAN

Giornata dedicata alla visita della città di Isfahan . Isfahan significa metà del mondo, perché ,secondo lo scià Abbas I, colui che fondò la città, qui si trovavano metà delle opere d’ arte di tutto il mondo. Ci siamo avviati a piedi verso la piazza principale, che dista dal nostro hotel circa 10 minuti di cammino, Strada facendo abbiamo cercato un cambio e questa volta, al secondo tentativo è andata bene. Abbiamo fatto la prima tappa presso il palazzo seicentesco, detto delle 40 colonne, di epoca safavide, costruito da scià Abbas II che si trova al centro di un bellissimo giardino con un’ enorme vasca, Antistante l’ ingresso c’ è una veranda sostenuta da 20 sottili colonne di legno di platano con il soffitto decorato a motivi geometrici e floreali. Malgrado le colonne siano solo 20 viene definita 40 colonne perché il 40 per la cultura persiana significa un numero illimitato. La sala delle udienze è tutta affrescata con colori ad olio su gesso ; i 6 grandi dipinti raffigurano la vita di corte , con il sovrano persiano raffigurato grosso il doppio rispetto alle altre figure del quadro, segnale che allora in Iran non si conosceva l’ uso della prospettiva. Altri 2 affreschi sono immagini di battaglie, una contro l’ esercito turco , finita in mattanza per i persiani perché i primi conoscevano già l’ uso delle armi da fuoco, l’ altra contro l’ impero indiano. Sotto i grandi affreschi ci sono una serie di miniature i cui personaggi hanno tratti orientaleggianti. Su richiesta di Simona che desidera acquistare un tappeto, Mariam ci ha accompagnato a fare spese. In un elegante negozio di oggettistica ci hanno descritto le caratteristiche del turchese, quello iraniano è il più prezioso al mondo. Quello di maggior valore è quello di Ney Sahbur seguito da quello di Kerman ; quando ci hanno mostrato quelle pietre meravigliose non abbiamo resistito dall’ acquistarne una! Siamo andati poi al negozio di tappeti e dopo averci offerto un delizioso tè ci hanno mostrato l’ intera collezione di tappeti, da quelli in cotone e in lana fatti dalle popolazioni nomadi, a quelli tipici di ogni città, quelli di Qom, , di Isfahan fino all’ ultimo tessuto completamente di seta, leggerissimo dai colori sgargianti e cangianti simili a quelli di un foulard . Simona ne ha acquistato uno di medie dimensioni e di media qualità sul rosso e blu. Siamo così passati al negozio che vende zafferano , Ci hanno offerto una tisana buonissima fatta con zafferano, petali di rosa, cardamomo, bacche di goji e zucchero grezzo ; ci hanno fatto odorare e vedere le varie qualità di zafferano, la miglior qualità ha il pistillo dal diametro più grande e più lungo ed è integro ma, costa 9 € al grammo . Ne abbiamo comprato 3 grammi a testa non della qualità migliore ma sicuramente eccellente rispetto alle bustine che vendono nei nostri supermercati .Finiti gli acquisti abbiamo raggiunto piazza Naqsh – e- Johan che significa “modello del mondo “ . è lunga 512 m e larga 163 m , L’ ha commissionata lo scià Abbas I all’ inizio del 600 per mostrare la magnificenza della città a tutto il resto del mondo . Sui 4 lati si affacciano i 4 cardini della società : il palazzo Ali Qapu , che rappresenta il potere politco,la moschea Massjed Shah , rappresenta la cultura, la moschea del califfo Letfollah che rappresenta il potere religioso e il Bazar –e Bazorg che rappresenta il commercio… Questa piazza veniva utilizzata come campo da polo , ai 2 estremi sono ancora visibili i 4 pilastri che delineavano le porte. Oggi l’enorme piazza, una delle più grandi al mondo , è tutta zona pedonale con grandi aiuole e prati dove gli iraniani stendono tovaglie a terra mangiano tutti insieme , si crogiolano al tepore del sole, mentre i bambini giocano a calcio e fanno volare gli aquiloni ; l’ unico mezzo consentito è la carrozza trainata da cavalli stanchi , Il perimetro della piazza è delineato da portici pieni di negozi d’ artigianato. Ci accingiamo a visitare i 4 grandi monumenti della piazza : il palazzo Ali Qapu , ovvero la porta di Alì del 1600 fatto costruire da Abbas I e svetta sulla piazza con i suoi 6 piani . Nell’ atrio d’ ingresso notiamo subito i soffitti della cupola decorati con elaborati motivi geometrici pressoché identici a quelli riprodotti sui tappeti che avevamo appena visto in negozio . Si accede ai piani superiori mediante una scala ripidissima dai gradini altissimi ( chissà poi perché gli scalini in Iran sono sempre così alti ?) ; al terzo piano troviamo una grande terrazza sorretta da esili colonne di legno da cui si può ammirare dall’ alto immensità della piazza. Proseguiamo verso l’ alto mediante una scala a chiocciola fino al VI piano dove c’ è la sala della musica con una decorazione di stucchi con piccole nicchie a forma di anfora per dare una migliore acustica alla sala e agli ambienti circostanti.

E’ da poco passato mezzogiorno, le moschee chiudono ai turisti per permettere ai fedeli di fare la preghiera, Mariam è andata a pranzare e noi rimaniamo seduti ad ammirare il via vai della piazza seduti su di una panchina sbocconcellando un mandarino e godendo dei raggi tiepidi del sole. Abbiamo così attirato l’ attenzione di un gruppo di ragazzini , il più intraprendente di loro è venuto a parlare con noi con il pretesto di offrirci una sigaretta iraniana, pian piano si sono anche avvicinati gli altri ed abbiamo cominciato a parlare un inglese quasi incomprensibile! La visita è proseguita alla moschea “Nusjed –e- Shah”, (o moschea reale) fatta costruire nel 1620 dallo scià Abbas I . L’ imponente portale d’ ingresso è ricoperto da maioliche da motivi geometrici e floreali sui toni del blu si trova esattamente di rimpetto all’ entrata del bazar . Altissima con 2 piccoli minareti ai lati , nicchie con stalattiti di gesso rivestite di maiolica , la porta presenta volutamente alcune asimmetrie che vogliono appositamente contrapporre l’ opera imperfetta dell’ uomo rispetto alla perfezione divina.. La posizione della moschea è perfetta per la simmetria della piazza ma non è in direzione della Mecca . L’ architetto per ovviare al problema ha costruito la sala di preghiera rivolta verso la Mecca poi ha creato un buio corridoio a forma di U che la uniscono al portale d’ ingresso , anch’ esso decorato con maioliche dalle sfumature del blu. Dal buio della galleria si esce alla luce che inonda il cortile , delimitato da una doppia fila di archi e 4 iwar con decorazioni simili .L’ iwar meridionale dà accesso alla sala ipostila di preghiera sormontata da un’ enorme cupola dipinta con disegni floreali che convergono al centro. La cupola venne posata 3 anni dopo il termine dei lavori perché l’ architetto voleva far assestare per bene le pareti della sala prima di far gravare su di esse il peso di tanta cupola . Per alleggerire il tutto ha ideato la tecnica del doppio livello , ovvero una cupola interna di 36 m di diametro e una esterna di 51 m di diametro; tra le 2 cupole una sorta di intercapedine con delle finestre che mettono in comunicazione le 2 strutture . La voce di chi sta esattamente sotto il centro della cupola passa attraverso le finestre e rientra formando una forte eco. Bellissimo il pulpito scolpito in un unico pezzo di alabastro. Ad est e ad ovest del cortile centrale si ci immette in altri 2 cortili dove sono ubicate 2 scuole coraniche , da qui il simbolo della cultura della città. Malgrado non fosse contemplata dal nostro programma siamo andati a visitare la bellissima moschea del califfo Lofthollah che fu costruita alla metà del 600 dallo scià Abbas I per il suocero studioso libanese di teologia . Ha una cupola a bulbo di un delicato color crema con motivi floreali scuri; il portale rappresenta uno dei mosaici più raffinati dalle tipiche sfumature di blu , un corridoio ricoperto da mattonelle blu scure conduce alla sala di preghiera, non troppo ampia. La cupola di un giallo dorato ha un lucernaio al centro posto esattamente allo zenith su cui è appollaiato un pavone . Dalla porta d’ ingresso si può ammirare un fascio di luce che entra dal lucernaio stesso e si allarga a triangolo proprio sotto le zampe del pavone formando una lunga coda di luce dorata , che, a mezzogiorno arriva fino a toccare il bordo della cupola . È detta la moschea delle donne perché pare qui venissero a pregare le mogli e le concubine del re. A differenza di tutte le altre moschee il mirhab non è interrato ( il mirahb si trova circa 30 cm più profondo del pavimento della moschea perché l’ uomo che prega deve mettersi in una posizione di inferiorità rispetto al divino) e poi contiene la firma dell’ autore di questo piccolo capolavoro, cosa insolita perché i maestri d’ arte considerano un atto immodesto lodarsi davanti al mondo del loro operato firmandolo. Le volte turchesi sono delineate da colonne attorcigliate le une alle altre .

Sotto la sala principale c’ è una sala interrata , semplice, senza decorazioni, che viene usata durante i mesi estivi perché più fresca. Terminata la visita ci siamo concessi un tè all’ Azadegan Teahouse ,arredato con un guazzabuglio di oggetti in ottone , lampade di ogni forma e dimensione, teiere, fotografie che non lasciano libero neppure un cm di pareti e soffitto. Tornati sulla piazza abbiamo scattato una miriade di foto alla luce che andava via via affievolendosi, davanti alla fontana che dopo le cinque comincia a zampillare e poi ancora una passeggiata sotto i portici al coperto tra il via vai incessante di persone e, qualche turista, per ripararci dal freddo , a quest’ ora veramente pungente. Verso le 6 siamo rientrati in hotel intirizziti, ci siamo concessi un lungo bagno bollente prima di cena. Abbiamo raggiunto a piedi il ristorante che dista poche centinaia di metri dall’ hotel che ha un bel giardino ma ci hanno messo a mangiare fuori fotto una specie di gazebo chiuso con dei teli di nylon e malgrado ci fossero stufette elettriche per riscaldare l’ ambiente , faceva un freddo bestiale e il menù era costituito quasi interamente da kebab, non avevano neppure la birra analcolica. Poco dopo le 9 eravamo già in stanza a sorseggiare un tè bollente per riscaldarci .

VENERDÌ 15 /11/ 2019 – ISFAHAN

Dopo 10 giorni di sole splendente stamattina il cielo è coperto e fa un freddo polare . La prima visita odierna è alla moschea del venerdì che si trova all’ estremità opposta del bazar rispetto all’ ingresso principale sulla piazza. La denominazione moschea del venerdì deriva da una errata traduzione arabo di una parola farsi che significa cattedrale e che differisce di pochissimo da un’ altra che significa , appunto, venerdì; quindi non implica che vengano necessariamente fatte qui le preghiere il venerdì, giorno di festa. E’ la moschea più antica di Isfahan risale al VII sec e sorse sulle rovine di un tempio zoroastriano , tutte le dinastie che seguirono apportarono modifiche ed ampliamenti a quello che diverrà uno dei complessi più grandi del paese : oltre 20.000 m2. Dapprima costruirono il portico con le sale di preghiera , quindi in epoca selgiuchide (900 anni fa) costruirono le 2 cupole , a distanza di 50 anni l’ una dall’altra, quindi in epoca mongola costruirono i 2 padiglioni con 2 grandi sale ipostile , le cui colonne e soffitti hanno come decorazione il rivestimento di mattoni posti in posizione da formare motivi geometrici l’ uno diverso dall’ altro ; una parte della sala è stata ricostruita perché bombardata dagli iracheni durante la guerra del golfo. Le cupole circolari poggiano su grandi e pesanti colonne e da oltre 900 anni hanno resistito a guerre, bombardamenti e terremoti. Il grande cortile interno ha al centro una fontana di epoca qagiara di forma rettangolare come la Kashba alla Mecca . In questo luogo venivano i pellegrini in procinto di partire per la Mecca ad imparare i complicati rituali di preghiera. Sul cortile si affacciano 4 grandi irwan di epoca timuride (XV sec.) rivestiti di stucchi ed intarsi colorati , quello settentrionale è affiancato da 2 minareti con maioliche blu, mentre quello meridionale è ricoperto di maioliche color crema con decori geometrici ed ha un padiglione sopraelevato da dove il muezzin chiamava i fedeli alla preghiera.. Nella sala del Sultano Mijeitu si trova uno degli esempi più mirabili dell’ arte islamica: un mihrab di gesso finemente decorato con un serie di piccole ed eleganti iscrizioni prese dalle sure del Corano e motivi floreali. Di fianco al mihrab ci sono 3 pulpiti lignei di epoche differenti. Da qui una scala in discesa porta alla sala d’ inverno senza alcun decoro ma con lucernai in alabastro che conferiscono alla sala una luce soffusa.

Lasciata la moschea raggiungiamo il quartiere armeno di Jolfa, omonimo della città del Nord del paese. Gli armeni si sono completamente integrati con gli iraniani e convivono pacificamente malgrado il differente culto religioso.. La prima sosta è stata al museo della musica un museo privato che espone tutti gli strumenti tipici iraniani, antichi e moderni, strumenti che ricordano chitarre, violini, flauti e soprattutto tamburi . Ci hanno accolti in un piccolo teatro dove alcuni studenti hanno tenuto per noi un breve concerto utilizzando questi particolari strumenti; poi, siamo scesi nelle stanze sottostanti dove sono esposti questi strumenti e la guida che ci accompagna ci ha descritto e detto i nomi dei più importanti e ci ha mostrato brevi video per farci conoscere i loro suoni ; all’ interno del museo stesso c’ è un laboratorio ebani stico dove si costruiscono le antesignane delle chitarre. A piedi abbiamo raggiunto la cattedrale ortodossa di San Giuseppe d’ Arimatea costruita nel 1605, poi rifatta circa 50 anni dopo. Esternamente ha l’ aspetto di una moschea con la cupola a bulbo ma con in cima una croce , i portici sono rivestiti da maioliche verdi e blu con decorazioni floreali mentre l’ interno è completamente dipinto con scene tratte dal vecchio e dal nuovo Testamento; la parete d’ ingresso è raffigurato il giudizio universale con immagini di diavoli veramente truci. Sul cortile si trovano anche 2 piccoli musei, uno dedicato alla vita quotidiana degli armeni, l’ altro con opere d’ arte , manoscritti, quadri, paramenti sacri e un toccante video dell’ eccidio del popolo armeno da parte dell’ esercito turco nel 1915 . Abbiamo passeggiato un po’ per le strade di Jolfa , quartiere residenziale con belle case e negozi eleganti , oggi quasi tutti chiusi e molti ristoranti e bar ; attratti dall’ insegna “Illy” abbiamo preso un caffè ma … non era un granchè .

Il nostro tour odierno è finito , prima di lasciare libero Amir, ci siamo fatti portare in piazza Naqsh – e- Johan per andare a fare quattro passi nel bazar ma oggi , venerdì è tutto chiuso , solo i negozi sotto i portici, quelli maggiormente frequentati dai turisti sono aperti. Abbiamo passeggiato per scaldarci ai pallidi raggi di un sole velato lungo le aiuole della grande piazza, affollatissima di famiglie in festa . Siamo stati fermati da una scolaresca di ragazzini dell’età apparente di 12/13 anni, accompagnati dal loro insegnante, che armati di blocco per gli appunti hanno tentato di intervistarci in inglese; ci hanno bombardato con un mare di domande, spesso incomprensibili, eccitati dal poter interagire con degli europei; il tutto si è concluso con una bella foto di gruppo! A questo punto, per scaldarci siamo andati a prendere una cioccolata calda alla cannella, quindi per rientrare in hotel abbiamo utilizzato un tunnel di luci che ci ha portato dalla grande piazza fino quindi in hotel. Bagno bollente poi siamo andati a cena in un ristorante sito in una casa storica nei pressi della grande piazza: stasera verdura, io una zuppa calda per scacciare il freddo che mi attanaglia , gli altri insalatina. Abbiamo assaggiato anche il gelato allo zafferano ma è strano, gommoso, diversissimo dal nostro.

Siamo tornati un ‘ ultima volta sulla piazza per imprimere nei nostri occhi e nel nostro cuore l’ immagine di questa piazza unica al mondo, tutta illuminata ma deserta vuoi perché domani ricomincia la settimana lavorativa, vuoi per le temperature polari.

Le ultime bellissime foto e di corsa in hotel a preparare le valigie, domani si riparte !

SABATO 16/11/2019 – ISFAHAN – FARAHZAD

Alle 8 abbiamo lasciato Isfahan e usciti dalla città la strada passa attraverso un altopiano brullo contornato da alte montagne quasi del tutto disabitato. Facciamo una tappa a Naim per visitare una delle moschee più antiche del paese, risalente al X / XI sec , ha una forma particolare: il cortile interno non ha iwan ma solo alte colonne in mattoni con decorazioni ad incastro l’ una diversa dall’altra . La moschea è priva di decorazioni in maioliche, unico tocco di colore è una cornice azzurra in cima al minareto; le pareti delle sale di preghiera sono intonacate di bianco, uno scempio fatto in epoca qagiara mentre le originali decorazioni timuridi erano di stucco chiaro e crema, oggi visibili solo nel mirahb; pregevole anche il pulpito ligneo. Dal cortile, per mezzo di una ripida scala a 5/6 m . di profondità si trova la sala d’ estate usata per difendersi dalla calura estiva. È stata scavata interamente nella roccia , l’ unica sala è divisa da una fila di pesanti colonne ed è illuminata da spesse lastre di alabastro poste nel cortile della moschea. La bella cupola risale al XII secolo ed è spostata rispetto alla moschea stessa, internamente ha una bellissima decorazione a motivi geometrici.

Oggi, se è possibile, fa anche più freddo di ieri, abbiamo fatto 4 passi per il paesino di 15.000 abitanti dove c’ è il rudere di una fortezza, alcune torri del vento e una cisterna. Per scaldarci abbiamo preso il primo tè della giornata e qui abbiamo scoperto il “korsi”, ovvero un ingegnoso sistema per scaldarsi durante le fredde giornate d’ inverno: è un tavolino ricoperto da una pesante trapunta, sotto cui è posta una fonte di calore, una volta era un braciere, oggi è una lampada elettrica . Le persone si sedevano attorno al tavolino, ricoperte dalla trapunta e scaldate dalla brace… Non avrei voluto più alzarmi da lì. Lasciata Naim abbiamo ripreso la strada che taglia in 2 l’altopiano desertico fino ad Anarak ,un paesino di 5000 abitanti, sorta in epoca qagiara che si abbarbica sulla collina con case fatte di fango, dello stesso colore del terreno. Sulla cima della collina svettano 2 torri di guardia cilindriche; abbiamo passeggiato un po’ per le piccole stradine tortuose ma purtroppo la maggior parte delle case versa in uno stato d’ abbandono, in parte sono crollate, solo qualche arco, poche decorazioni e finestre ricordano gli antichi splendori della città, molte sono le case malamente ristrutturate e tanta sporcizia a terra. Siamo sulla antica via della Seta ed è facile imbattersi in qualche caravanserraglio, qui ce né uno divenuto oggi guest house , noi abbiamo trovato rifugio dal freddo bevendo l’ ennesimo tè bollente e sgranocchiando dolcetti mentre aspettavamo Mariam ed Amir che erano andati a pranzo. Siamo ripartiti in direzione del deserto del Mesr, un panorama brullo sempre uguale; ogni tanto la spessa coltre di nubi si stracciava e lasciava passare un raggio di sole che andava ad illuminare le montagne facendo sì che i colori cambiassero nettamente. Svoltando verso il deserto di Mesr, il deserto roccioso lascia il posto ad un deserto sabbioso, anche se è ben diverso dalle dune del Sahara, la strada ben presto diventa una pista sabbiosa e al tramonto raggiungiamo Farahzad, un borgo fatto di poche case e pochi alberi di melograno.

Siamo alloggiati all’ecolodge “Barandaz” , 2 antiche case di fango ristrutturate , ha circa 15 camere divise tra le 2 abitazioni e tutte si aprono sul cortile interno. Le stanze non hanno letti ma solo materassi a terra ma sono scaldate benissimo con termosifoni elettrici ed hanno il bagno . Nel cortile, ad accoglierci c’ era un braciere acceso su cui bolliva una teiera ed un piatto di succulenti datteri, nell’iwan un “korsi” riscaldato. Siamo rimasti sotto la coperta al calduccio, sorseggiando tè e chiacchierando amabilmente con Mariam ed Hussein il giovane proprietario del lodge… Verso le 19 ci hanno accompagnato nei pressi dell’ altra casa di loro proprietà dove ardeva un falò e sotto di esso…la nostra cena! Ci hanno cucinato un “dizi” alla maniera tradizionale dei nomadi cioè messo a cuocere in una pentola coperta posta sotto la cenere e lasciata lì per almeno 5 ore . Il “dizi” è veramente ottimo, il brodo bollente ci ha scaldato anche l’anima mentre la carne pestata era morbida e saporita come il burro.

Dopo cena abbiamo ripreso la postazione del pomeriggio ma, oltre al tè, ci hanno procurato un narghilè con tabacco alla mela. In Iran il narghilè si fuma solo in casa , esistono case da tè ma per lo più sono bandite ai turisti e soprattutto alle donne, quindi procurandocelo stasera abbiamo fatto una digressione alle regolez Qui è pace pura , nel silenzio totale rotto solo dalle nostre parole e risate e dal canto di una civettac, sotto un cielo stellato nero come la pece , con il vento gelato che sferza i nostri visi, un’emozione unica ! Alle 20.30 ci siamo ritirati, abbiamo preparato i nostri letti e coperti fino al naso siamo andati a nanna.

DOMENICA 17 /11/2019 – FARAHZAD – YAZD

Sveglia alle 5 per andare a vedere l’alba nel deserto. La camera era caldissima e sul materassino abbiamo dormito benissimo. Alle 5.45 abbiamo attraversato i cortili bui e ci siamo spinti nel deserto mentre il cielo via via schiariva. Stanotte è piovuto, la sabbia è compatta così riusciamo a salire senza sforzo su una duna ma da lassù soffiava un vento talmente freddo che ci ha costretti a scollinare. Il cielo è sereno velato solo da una lieve coltre di nubi all’ orizzonte, diventa via via più rosa ma, quando il sole riesce ad oltrepassare le nuvole è ormai alto nel cielo, facendoci perdere l’ attimo in cui fa capolino all’orizzonte. Infreddoliti siamo tornati nella calda cucina per la colazione, come da tradizione ci hanno preparato una zuppa di lenticchie fumante e poi formaggio, pane, uova, tutto salato. Abbiamo salutato e ringraziato Hussein per l’ ottima ospitalità, abbiamo percorso a ritroso la strada percorsa ieri, stamane il sole rende dorato il suolo sabbioso…

Dopo 3 ore di viaggio abbiamo raggiunto Kharanaj, un paese ormai disabitato le cui origini risalgono al 300 d. C ma che prosperò fino in epoca qagiara. Prima di visitare la cittadella, siamo saliti sulla terrazza di un caravanserraglio da cui si può ammirare il sito e la campagna circostante. Le case sono costruite tutte in fango e paglia, di molte non rimangono che porzioni di muro, scale dagli scalini consumati che portano sui tetti, il tutto senza protezione alcuna.. L’edificio meglio conservato è una torre, forse un minareto che pare oscilli , c’ è una moschea, un hammam, rivestito da piastrelle bianche probabilmente usato fino all’ inizio del secolo scorso.

Nel primo pomeriggio raggiungiamo Meybod, una cittadina di 50.000 abitanti, un tempo capoluogo della regione di Yazd, un importante crocevia sulla via della Seta , pare che le sue origini risalgano a 4000 anni fa . Ci siamo fermati subito nel caravanserraglio ,nel cui cortile interno si aprono alcuni negozi d’ artigianato ed un ristorante in cui Mariam e Amir hanno pranzato e noi abbiamo preso l’ ennesimo tè. Abbiamo visitato la cisterna le cui acque erano mantenute limpide e fresche dalla sovrastante torre del vento. Di fronte alla cisterna c’ è una ghiacciaia, forse la più grande di tutta la regione con una grande cupola circolare. L’interno è una grande vasca scavata nel terreno dove si mettevano le lastre di ghiaccio che si formano in bacili nelle fredde notti invernali e poi venivano sovrapposte le une sulle altre separate da uno strato di paglia fino al completo riempimento della vasca. In estate il foro d’ aerazione che si trova sulla sommità della cupola veniva chiuso così che la temperatura all’ interno della ghiacciaia rimanesse sempre attorno allo zero. Le strutture visitate finora si trovavano tutte all’ interno della cittadella che è andata per la maggior parte distrutta , ne rimane solo una parte, detta il castello di Nerim, le cui origini pare arrivino a 2300 anni fa , all’ epoca dei medi la prima popolazione che si stabilì nel territorio dell’ attuale Iran. Ciò che resta oggi però fu costruito dai sassanidi nel 700 / 800 d.C ; è una struttura imponente che si erge su 5 piani, 2 dei quali interrati, era per lo più una struttura difensiva, ci sono camminamenti di ronda e stanze con feritoie da cui i soldati potevano lanciare frecce pur rimanendo protetti. Da quassù si gode un meraviglioso panorama della città, in cui il tessuto urbanistico è stato rispettato fedelmente con case basse color del fango, si ergono sui tetti solo le cupole delle numerose moschee e i minareti. Ultima tappa è alla torre piccionaia, una torre cilindrica con finestrelle sulla cima per permettere ai piccioni di entrare e trovare ricovero, che , qui non vengono allevati per scopi alimentari, infatti vengono considerati animali quasi sacri, ma vengono allevati per il guano, il miglior fertilizzante naturale . All’ interno sono ricavate una miriade di cellette , da terra fino al tetto ,poteva contenere fino a 700 piccioni; in città ce n ‘ erano molte altre e anche nelle campagne circostanti.

Domani il nostro programma prevede una giornata decisamente intensa e ricca di visite, onde evitare di farle in modo sbrigativo abbiamo anticipato a stasera la visita al tempio zaorastriano del Fuoco. Il zaorastrismo risale 1700 anno a. C , i parti e le popolazioni precedenti professavano religioni animiste con un pantheon di numerosi dei e, nel 1700 a, C , quando arrivò Zaratustra predicò una religione monoteista, il cui Dio Ahura Mazda è l’unione tra lo spirito del bene e quello del male. Il zoroastrismo si diffuse in Iran e poi in India soprattutto nella zona di Calcutta e Mombay, nel territorio dei parsi. Durante l’invasione araba molti si convertirono all’ islamismo; oggi, in Iran si contano circa 30.000 persone di fede zoroastriana, e le festività legate a questa religione, malgrado tutto sono quelle più sentite in tutto l’ ambito nazionale anche dai mussulmani stessi. Abbiamo raggiunto Yazd che era ormai notte , il tempio del Fuoco è un luogo sacro in cui è custodito un braciere acceso dal 470 d, C ; solo alcuni sacerdoti possono attizzarlo solo dopo aver indossato una cuffia ed una mascherina per non contaminarlo con il respiro e con capelli caduti. Di fianco al tempio c’ è un museo che illustra le tradizioni e le varie credenze della religione monoteista più antica al mondo.

Arriviamo al nostro hotel il “Laleh” che si trova nel centro storico di Yazd ed è una casa storica con un paio di cortili interni su cui si affacciano le stanze, un ristorante ed un bar. A noi hanno assegnato un appartamento con 2 camere da letto ( 5 posti letto in totale ), un salotto ed il bagno . Doccia calda, io, malgrado i tempi fossero piuttosto stretti ne ho approfittato per lavarmi i capelli, visto che le prossime 2 notti le passeremo nel deserto. Abbiamo cenato di nuovo in un ristorante di buon livello, lo stinco che ho condiviso con Roby era veramente eccellente. Sfidando il gelo notturno abbiamo fatto 4 passi fino alla moschea del venerdì, di notte illuminata , con una luce blu veramente suggestiva e poi sulla piazza Amr Chakhmaq che sul lato destro ha una porta con diversi livelli di arcate che servivano da spalti da cui assistere agli spettacoli teatrali che si svolgevano nella piazza . Al centro della piazza c’ è una grande fontana e un parallelepipedo di dubbio gusto in cui è sepolto il milite ignoto della guerra contro l’Iraq . Eravamo veramente intirizziti,abbiamo fermato un taxi al volo e ci siamo fatti riportare al calduccio delle stanze del nostro hotel.

LUNEDÌ 18/11/2019 – YAZD – ZEIN-O-DIN

Oggi visitiamo la bellissima città di Yazd, sorta in epoca sassanide , attorno al 1100 d. C , viene definita il centro del mondo perché si trova più o meno al centro dell’ Iran e, l’ Iran , secondo alcuni , si trova al centro del pianeta. Sembra un’ appendice del deserto perché le sue case, almeno nel centro storico, sono costruite in mattoni crudi, con la sabbia del deserto stesso. Amir ci ha accompagnato fino alla piazza Amir Chakhmaq, quindi abbiamo raggiunto a piedi il museo dell’ acqua , ma , prima abbiamo fatto una sosta nella pasticceria storica della città che produce una varietà di dolcetti tipici , che, naturalmente, abbiamo acquistato per gustare stasera con li tè nella solitudine del deserto.

Il museo dell’ acqua, illustra la complessa rete di canali sotterranei, i qanat, che hanno permesso ad una città come Yazd sorta nel deserto di continuare a vivere e prosperare. La loro costruzione iniziò circa 5000 anni or sono, si scavavano dei pozzi in prossimità delle sorgenti d’ acqua, solitamente in vicinanza delle montagne , quindi trovata l’ acqua si scavano gallerie, non troppo grandi e con poca pendenza che portavano l’ acqua in città prima nelle case dei nobili che avevano così l’ acqua corrente sempre fresca, quindi quella in eccesso veniva convogliata i cisterne da cui si approvvigionava tutto il popolo. Il museo è sito in una di queste belle case con giardino centrale ed eleganti stanze restaurate. Nel museo si trovano foto che mostrano lo scavo di questi canali e gi strumenti usati ; gli operai indossavano sempre una tunica bianca perché essendo un lavoro molto pericoloso a rischio crolli , se fossero rimasti sepolti sotto le macerie erano già avvolti nel loro sudario, che, per i zoroastriani , deve essere bianco. C’ è anche un esempio di orologio ad acqua che veniva usato per la ripartizione dell’ acqua..

Poco distante si trova la moschea del venerdì, del secolo XI, sorta sulle rovine di un tempo zoroastriano. Pregevole l’ altissimo portale d’ ingresso d’ epoca timuride ( 1500) decorato con maioliche e mosaici dalle sfumature del blu ed azzurro. Lateralmente all’ingresso svettano 2 minareti alti 37 metri; il cortile interno ha un solo iwan, con decorazioni finissime , rosoni con scritte in lingua cufica, sull’alta cupola della sala di preghiera compaiono delle svastiche, che , qui non hanno eccezione negativa, come per i nazisti , ma sono il simbolo del sole che gira. C’ è anche un piccolo museo che conserva piccole parti decorative della moschea , ma soprattutto un grande telo tessuto a mano che andò a coprire la kasbah. Dalla moschea ci siamo inoltrati a piedi nel cuore della città vecchia,un dedalo di stradine, passando sotto archi e gallerie costruite per ripararsi dal solleone estivo , dove si trovano angoli davvero ameni , su cui svettano i baghdir. I primi furono costruiti 3000 anni fa e sono alte torri con aperture sulla cima da cui entra il vento che discendendo si raffredda e rinfresca le abitazioni durante le giornate torride estive , un antesignano del condizionatore ! Simbolo della città di Yazd sono i melograni che vengono coltivati qui in abbondanza , abbiamo deciso di assaggiare il succo in un bar sito sul tetto di una casa . Oggi fa veramente freddo, forse è il nostro giorno più freddo in Iran, il cielo è grigio e tira un vento gelido, da lassù abbiamo potuto ammirare la città con la sua selva di bagdir, abbiamo fatto un giro nei negozi di ceramiche sulla piazza, quindi ci siamo rifugiati al tepore del nostro pulmino che ci ha condotto appena fuori città dove troviamo le torri del silenzio , ovvero i luoghi di sepoltura per i zoroastriani, che credono che la terra non debba essere insudiciata da un corpo in decomposizione, quindi i cadaveri venivano trasportati qui, in un luogo un po’ discosto dal centro cittadino, e cadaveri venivano lasciati lì in pasto agli avvoltoi.

Le torri del silenzio venivano costruite sulla sommità di una collina, fuori dal centro cittadino, all’ interno delle mura c’ è uno spiazzo con dei massi su cui venivano lasciati i corpi affinché gli avvoltoi si cibassero delle loro carni.Al centro dello spiazzo si trova una sorta di pozzo poco profondo dove vengono poi buttate le ossa . quindi cosparse con succo di limone o altri acidi per poterle quindi sciogliere, questo però, solo per le ossa del popolo, mentre quelle di nobili e dignitari venivano traslate in ossari. Questo rituale non veniva eseguito in caso di epidemie o guerre, quando i cadaveri erano veramente troppi, quindi, per ragioni igieniche venivano cremati. Sotto le torri del silenzio rimangono piccole costruzioni che servivano ad accogliere i famigliari del defunto mentre aspettavano che il rituale si concludesse. Questo rituale macabro si è svolto fino alla metà degli anni 60 fino a che i Palehvi lo hanno proibito. Coloro che trasportavano a spalle la salma fino alla torre del silenzio, erano denominati nassa-salar e l’ ultimo , che viveva proprio in una di queste casette è morto ultranovantenne un paio d’ anni fa. Oggi i zoroastriani vengono sepolti nel cimitero che si trova sotto le torri del silenzio in fosse rivestite di cemento.

Lasciata Yazd, dopo circa un’ ora raggiungiamo Saryazd, che significa “capo di Yazd” perché molto più antica e, allora più importante di Yazd in epoca sassanide. Rimane oggi la fortezza che era considerata la cassaforte della città, infatti a piano terra si trovano tante piccole stanzette ( piccoli caveau ) con grandi giare dove venivano custodite, granaglie, soldi e preziosi , di questa ricca città sulla Via della Seta. La fortezza era difesa da un fossato pieno d’ acqua, nascosto sotto uno spesso strato di paglia, aveva quindi un ponte levatoio e 2 cerchia di mura con torrioni d’ avvistamento. La fortezza è su 3 piani , è molto suggestiva con le ripide scale che portano da un piano all’ altro , i corridoi, le stanze, molte delle quali, parzialmente crollate, con finestre ed archi a sesto acuto. Nella visita bisogna però prestare attenzione perché ci sono buche ovunque! Prima di ripartire abbiamo preso un tè da Hussein, il custode del sito, che, in una delle piazzette ha allestito un grande fornello su cui bolle sempre tè e caffè iraniano aromatizzato con cardamomo e acqua di rose.

Il cielo è scuro carico di nuvoloni, tra una nebbia sottile si intravedono solo le montagne bianche di neve, all’imbrunire raggiungiamo il caravanserraglio di Zein-o –Din , dove trascorreremo la notte. È una struttura circolare con torrioni di guardia, una fortezza vera e propria per difendersi dai predoni che solevano attaccare le carovane cariche di merci provenienti dall’oriente. Questo è uno dei 999 caravanserragli fatti costruire da Abbas I in epoca safavide. Dopo aver palesato la nostra presenza battendo con un pesante batacchio di ferro, l’imponente portone in legno, si apre e noi entriamo nello spazioso cortile interno. La maggior parte delle stanze si trova nella zona delle stalle ; non sono stanze vere e proprie ma piattaforme in legno su cui sono appoggiati dei materassi, divise da pesanti tendoni damascati . Noi , stasera, siamo gli unici avventori quindi siamo ospitati nelle poche stanze che si affacciano sul cortile interno, quelle che erano riservate ai commercianti più abbienti. La nostra stanza è piccola ma dotata di brande e caldissimi piumoni; è riscaldata da un termosifone elettrico; i bagni e le docce sono in comune anche se probabilmente non le utilizzeremo, viste le temperature, sul tetto c’ è una grande terrazza da cui si può godere di un suggestivo panorama dell’ altopiano ma il vento polare che arriva dalle montagne ha fatto sì che scendessimo velocemente in cerca di tepore nel salone ristorante abbellito da specchi , tappeti, lampade a olio, orci e giare, con un tè bollente. Riposino e alle 19,30 siamo andati a cena stasera piatto tipico con pollo alla piastra, pasta scotta (gli iraniani la mangiano così, aborriscono la pasta al dente !), insalata cruda, purtroppo contaminata dal cetriolo, sottaceti e yogurt. Abbiamo terminato la cena bevendo l’ ennesimo tè bollente accompagnato dai dolcetti acquistati stamattina a Yazd , quindi partita a calcetto Iran contro Italia, finita 6 a 2 per noi, ancora un po’ di chiacchiere con Mariam e alle 21,30 eravamo già chiusi al calduccio sotto le coperte. Chissà quando ci capiterà mai più di passare la notte in un caravanserraglio!

MARTEDÌ 19/11/2019 – ZEIN-O-DIN – DESERTO DI LUT

Abbiamo trascorso una notte piacevolissima, sotto le calde coperte, avvolti dal silenzio più totale, rotto all’ alba dal cinguettio degli uccelli. Abbiamo lasciato il caravanserraglio ammantato da un lieve strato di nebbia, sembra un maniero scozzese. Abbiamo viaggiato per 3 ore attraverso il solito altopiano arido e pressoché deserto fino a Sirch, un paesino a 2600 m d’ altitudine contornato da una catena montuosa con almeno 12 cime che superano i 4000 m,le cui rocce hanno sfumature che passano dal grigio al rosa ; i cespugli sembrano spruzzati con vernice dorata. Nel fondovalle alberi da frutto dalle mille sfumature di giallo e rosso, un tripudio d’ autunno!

Entriamo finalmente nel deserto di Dash-e- Lut , al confine con l’ Afganistan ,uno dei deserti più caldi al mondo. In estate è impossibile visitarlo perché le temperature diurne possono arrivare anche a 70 ° ; finalmente possiamo togliere giacche a vento e maglioni, il clima è piacevolmente primaverile. Abbiamo fatto pausa pranzo con il solito tè in un ecolodge con un bel giardino quindi ci siamo addentrati all’ interno. Una particolarità di tal deserto sono i “vasi del deserto” protuberanze a forma di semisfera con in cima un albero di tamerici, che rilasciando la sua resina , fa sì che la terra sopra le loro radici diventi dura come la roccia. Mariam ci ha fatto una bella sorpresa, ci ha portato in un posto, in cui , a marzo ,dopo una rovinosa alluvione si sono formati due bellissimi laghi salati. Il più piccolo ha le acque di un brillante verde smeraldo, il più grande , in cui si inabissa la strada, lasciando intravedere solo la parte terminale dei pali elettrici, è celeste; le rive di entrambe i laghi sono rivestite di sale bianchissimo. Tornati sui nostri passi ci siamo spinti in quella parte di deserto caratterizzata dai kalut , ovvero i castelli del deserto. Sono grandi picchi di arenaria rossa che si ergono alti sulla sabbia e si sono formati grazie all’ azione congiunta dell’ acqua degli oceani che ricoprivano l’intera zona, quindi, ritiratosi le acque, dall’azione del vento… Abbiamo camminato a lungo tra i pinnacoli rocciosi, anche se abbiamo potuto esplorare una zona alquanto ridotta, probabilmente questa zona fatta con un fuoristrada avrebbe potuto essere unì esperienza magica… Non fa il freddo di ieri ma il cielo è nuovamente tutto coperto , quindi niente tramonto nel deserto.

Abbiamo raggiunto Shahdad dove pernotteremo in un ecolodge e, dopo l’ ecolodge di Hussein ,le aspettative sono davvero alte ma…. Che delusione! Il Nebka ecolodge è la casa in cui abitano 2 figuri, vestiti di nero con le facce lunghe ; il patio è completamente occupato da un trattore ,carabattole piene di polvere occupano ogni angolo della casa , tappeti macchiati, 2 bagni uno così vecchio e malandato in cui l’ acqua era solo tiepida ; l’ altro più nuovo ma con portasaponi già rotti, mattonelle sbeccate e scorrevoli della doccia… ben poco scorrevoli. La nostra stanza ha 4 letti singoli più uno matrimoniale , senza lenzuola, senza federe solo con un telo piccolissimo ricopre il materasso e, di conseguenza anche il cuscino, con solo una coperta polverosa , non c’ era neppure un angolo per appoggiare le valigie, se ho voluto aprirle ho dovuto usare uno dei letti vuote per appoggiarle . Il telecomando del condizionatore nascosto in cucina , la signora è venuta personalmente ad accenderlo e poi, lesta lesta se l’ è riportato via per paura che consumassimo troppa corrente. Veramente uno dei posti più squallidi in cui abbiamo dormito nei nostri viaggi, nemmeno in Mali! Ci hanno offerto un distillato, naturalmente analcolico di palma da datteri dal sapore di medicina , anche il tè non era buono! Per cena crema di melanzane , pollo stufato e riso, nulla di che, speriamo che il conto sia congruo. Dopo cena siamo rimasti ancora un po’ davanti alla tv che continuava a trasmettere le stesse immagini della manifestazione a Teheran contro i i ribelli che un paio di giorni fa hanno dato alle fiamme un istituto bancario dopo che il prezzo del carburante è triplicato , passando da 8 centesimi al litro a 24 , evento che ha bloccato internet per tutto il paese ( noi sono ormai 3 giorni che non riusciamo a comunicare con casa !) e la morte di un militare da parte di spacciatori di droga.

Alle 21, annoiati a morte ci siamo ritirati nelle nostre stanze , almeno le altre sere impiegavamo quei 10 / 15 minuti in più percorrendo la strada da ristorante all’ hotel.

MERCOLEDÌ 20 /11/2019 – SHADAD – KERMAN

Notte terribile: il ventilatore faceva un rumore assurdo, abbiamo dovuto spegnerlo; verso le 5 mi sono svegliata tutta intirizzita ,stesa sul materasso,lo straccio che fungeva da lenzuolo, troppo piccolo chissà dove era finito ! Mi sono alzata, ho disfatto uno dei numerosi letti che erano in camera, ho usato altri 2 lenzuola e un’altra coperta per coprirmi ma non sono più riuscita a riprendere sonno. La colazione nella norma , con zuppa di lenticchie ed un dolce tipico della zona ; la cena di ieri sera ci è costata 2.000.000 di rial, la cifra che paghiamo quasi ogni sera mangiando nei migliori ristoranti , questo posto è stata un reale caduta di stile , non appena riavremo internet lo farò presente a Fatima. Percorriamo la strada a ritroso tra le montagne ; oggi finalmente c ‘ è un po’ di sole e le stesse , a seconda che siano illuminate o coperte dalle nubi, assumono una colorazione rosata o grigio piombo.

Dopo un paio d’ ore arriviamo a Rayen, la seconda città di fango più grande al mondo dopo Ban, che , però è stata quasi rasa al suolo dal terremoto del 2003; i lavori di restauro di quest’ ultima stanno procedendo celermente ma, a detta di Mariam, ha perso molto dell’ antica autenticità. La cittadella, con annessa fortezza , fu costruita in epoca sassanide ( 300- 500 d, C) ma subì numerosi rimaneggiamenti in varie epoche fino all’ epoca qagiara , è delimitata da una cinta di mura con torrioni d’ avvistamento ben restaurate . La cittadella è suddivisa in 2 parti : la parte più esterna era abitata dai nobili ed i cittadini più abbienti, al centro lo scià con la sua famiglia mentre il popolo viveva al di fuori delle mura. L’ edificio più imponente è la dimora del governatore e davanti ad esso si apre una vasta piazza. Il palazzo,di epoca qagira rispetta l’ iconografia tipica delle case persiane: c’ è un lungo corridoio in cui i mercanti esponevano le loro merci , in modo che il signore fosse il primo nelle scelta, quindi si arriva ad un piccolo atrio ottagonale da cui partono 4 corridoi che portano nelle 4 sezioni del palazzo : una per la famiglia dello scià, una per gli ospiti,una per chi amministrava la giustizia, l’ ultima per la servitù. Poco lontano si trova un’ altra abitazione a 2 piani che pare fosse la prima abitazione del governatore. Sono ancora ben visibili le parti dedicate al bazar , ai templi del fuoco, una diventata fontana in epoca islamica; abbiamo camminato a lungo tra un dedalo di passaggi e corridoi, tra muri in parte crollati, un nicchie ed arcate. Saliti sulle mura abbiamo potuto ammirare dall’alto l cittadella ed è stato bello immaginarla come appariva un migliaio d’ anni fa, animata da mercanti, animali, cammelli, soldati in un via vai di persone abbigliate con vesti colorate e svolazzanti. Terminata la visita Mariam ci ha offerto un vero espresso italiano, caldo , forte aromatico , proprio come quello di casa. Un’altra ora di strada , dopo essere passati attraverso un posto di blocco sulla strada proveniente dall’Afganistan, che è uno dei primi produttori al mondo d’ oppio e di hashish , siamo arrivati a Mahen, dove si trova uno dei 9 giardini persiani patrimonio dell’UNESCO. E’ stato costruito dai qagiari ed è diviso da una grande fontana a più livelli che forma piccole cascatelle, ci sono 2 padiglioni, uno all’ entrata, l’ altro più o meno ai ¾ del giardino, residenza del governatore . Attorno alla fontana che scende verso il basso come un fiume ci sono roseti ora sfioriti , cipressi, simbolo di eternità e un’ infinità di alberi da frutto, molti ormai spogli, altri con foglie gialle o rosse che svolazzavano ad ogni folata di vento.

Un tè bollente per scaldarci e via fino a Kerman. Questa strada lunga una trentina di chilometri è detta “7 giardini “ perché le 2 corsie sono contornate da 3 file di alberi più una centrale ed è abbellita da tutta una serie di sculture moderne. Kerman conta 500.000 abitanti , quindi, nel pomeriggio il traffico è congestionato allo spasimo. Prima di andare in hotel abbiamo fatto un giro nel bazar che è il più antico dell’ Iran e viene definito “senza fine “ perché attraversa tutta la città vecchia per un tratto di 1,2 km. È quasi tutto ricoperto da soffitti a volte, al centro c’è una grande piazza su cui si affaccia il museo della moneta , una bella torre del vento e una piccola moschea , di soli 125 m2 , poi caravanserragli e piazzette minori. La qualità delle merci esposte è più scadente rispetto a quella trovata nei bazar delle altre città perché qui gli acquirenti sono per lo più belushi, che vivono nelle campagne e pakistani . Abbiamo acquistato un po’ di spezie e dei dolci tipici e poi, a notte fatta siamo arrivati al nostro hotel il Kerman Tourism, che paragonato al postaccio di ieri ci è sembrata una reggia . Le temperature, fuori sono gelide, è anche caduta un po’ di pioggia ma la stanza è caldissima, quasi troppo, abbiamo fatto una doccia rigenerante quindi siamo andati a cena in un ristorante molto chic a poche centinaia di metri dal nostro hotel . Mariam ci ha consigliato il loro ricco buffet ma consultato il menù non abbiamo resistito davanti ad un bel piatto di pesce, dopo quasi 3 settimane di carne ! Cena ottima, ambiente raffinato, aperitivo di benvenuto il tutto per 2.300.000 rial; ieri sera ½ petto di pollo e 2 cucchiai di crema di melanzane ne abbiamo pagati 2.000.000! Dopo cena ci siamo accomodati nella sala fumatori del nostro hotel dove Mariam ci aveva detto che era possibile fumare il narghilè ma, non hanno voluto portarcelo, Abbiamo dovuto così ripiegare su una fumante cioccolata calda con musica rock americana degli anni 80 come sottofondo,

GIOVEDÌ 21/11/2019 – KERMAN – SHIRAZ

Il tempo oggi è veramente pessimo, su Kerman che si trova a1600 m d’ altitudine, piove, ma, man mano che ci allontaniamo dalla città e la strada si dirige verso la montagna , la pioggia si è trasformata in neve. Tutto i cespugli erano imbiancati da piccoli soffici fiocchi gelati, veramente la neve nel deserto ! Ieri, in televisione, ci è parso di capire che i disordini a Teheran erano proteste per l’ aumento del carburante con conseguente razionamento, infatti , ai distributori c’ era una fila esagerata di autovetture; Amir si è fermato ben 2 volte per fare il pieno. Oggi è una tappa quasi tutta dedicata al trasferimento: dovremo percorrere oltre 600 km per arrivare a Shiraz; il paesaggio è brullo e monotono. Appena si scende un po’ ha smesso di nevicare, il cielo si è aperto facendo spazio ad un pallido sole ,ma le temperature rimangono gelide. Verso le 13 ci siamo fermati per permettere ai nostri accompagnatori di pranzare e di fare la preghiera mentre noi siamo andati a prendere un caffè in una caffetteria . Il proprietario ci ha mostrato orgoglioso le numerose miscele ma, quello bevuto ieri a Rayen era migliore . Fino alla caffetteria ci h accompagnato il proprietario del ristorante dove si sono fermati a mangiare Mariam ed Amir e, gentile come tutti gli iraniani si è intrattenuto a parlare con noi finché non sono venuti a riprenderci per proseguire il viaggio . Da qui in poi il paesaggio cambia , ci sono piantagioni infinite di fichi selvatici e , sparse qua e là, le case occupate dagli agricoltori in epoca di raccolto. Ci son poi frutteti , soprattutto di melograni, uliveti, campi di mais . L’unica visita prevista oggi è al villaggio di una popolazione di nomadi. In Iran i nomadi son circa un milione e possono essere di origine araba , persiana o turca . Malgrado il governo abbia tentato più volte di convertirli ad una vita stanziale la maggior parte di loro, in inverno, vivono nelle vicinanze dei paesi mentre in estate migrano con le loro greggi verso pascoli montani. Abbiamo visitato il popolo Sarvestan Khamset che si è stabilito nelle campagne a circa un centinaio di chilometri da Shiraz.

Costoro vivono in tende fatte, fino ad alcuni anni fa con pelli di capra, oggi vengono utilizzati, per lo più, materiali plastici più impermeabili e isolanti . Ogni nucleo familiare dà origine ad un villaggio, all’ interno del quale c’ è la scuola elementare per i piccoli membri della comunità; le scuole medie e superiori i ragazzi le faranno in città alloggiati in un collegio. L’interno della tenda è un unico ambiente spazioso ricoperto da tappeti , dove si trascorrono le giornate davanti ad un focolare centrale quasi sempre acceso che emette un fumo denso che non riesce a scaldare l’ ambiente. A sera dormono su materassi messi a terra. L’intera famiglia è venuta ad accoglierci, Mariam parlava con loro e ci traduceva ciò che avevano detto anche se è stato un po’ come essere spettatori di un dialogo incomprensibile. Ci hanno offerto tè bollente, biscotti, datteri e poi ci hanno fatto assaggiare il loro formaggio che fanno stagionare nelle pelli di capra. La matriarca è vestita con abiti tradizionali, ovvero un’ ampia lunga gonna decorata con lustrini sul bordo, un camicione e un lungo foulard in testa , le altre donne, più giovani, vestono all’ occidentale. Dopo poco più che mezz’ora di permanenza sotto la tenda io battevo i denti dal freddo, non so proprio come quella povera gente possa trascorrere l’ inverno così.

Abbiamo lasciato il villaggio a notte fonda sotto un cielo stellato che era una meraviglia del creato, ancora un’ ora di strada e siamo finalmente a Shiraz, la 5° città dell ‘ Iran che conta 1.500.000 abitanti. Abbiamo, quindi preso possesso delle nostre stanze all’ hotel “Karim Khan” , stanze spaziose e confortevoli , la nostra ha anche un’ angolo cottura . Stasera abbiamo finalmente accesso ad internet, abbiamo così chiamato i ragazzi , soprattutto per tranquillizzarli, visto che non sappiamo quali notizie sulla situazione attuale iraniana siano giunte in Italia. Abbiamo cenato, vista l’ora, in un piccolissimo ristorante a pochi metri dal nostro hotel la cui specialità è la crema di melanzane affumicata, un vera bontà!

VENERDÌ 22/11/19 – SHIRAZ

Stamattina, finalmente, c’ è il sole ! Le temperature restano rigide ma i tiepidi raggi accarezzano dolcemente il nostro viso. Ci avviamo a piedi in una città quasi deserta : è venerdì e la gente poltrisce un po’ più a lungo ; in 10 minuti raggiungiamo la cittadella di Karim el Khan , di pianta quadrata con 4 torrioni ai lati, uno dei quali visibilmente pendente perché poggiava su di un hammam , che, nel corso dei secoli ha ceduto .

La fortezza è di epoca Zend ed è stata fatta costruire da Karim el Khan nel 1750 , il quale spostò la capitale dell’ Iran da Isfahan a Shiraz. Egli, inoltre fece costruire moltissimi palazzi e moschee per cercare di eguagliare per splendore Shiraz ad Isfahan. Karim Khan visse nella fortezza non fece costruire per sé nessun palazzo principesco e non volle mai adottare per sé l’ appellativo di re ma solo quello di “vakil” ovvero “il reggente”. Non abbiamo visitato l’ interno perché molto simile a tutte le altre fortezze visitate nei giorni scorsi e in parte distrutta dai qagiari e utilizzata come carcere dai Pahlevi. Approfittando del sole abbiamo scattato foto tra le aiuole fiorite e davanti alla grande scritta “Shiraz”; è la prima città iraniana dove venditori ambulanti ti tediano perché tu acquisti qualcosa, sono per lo più afgani, da cui i persiani prendono il largo e non condividono il modo di fare. La moschea del venerdì era chiusa , abbiamo così visitato l’hammam e Vakil a pochi metri da quest’ ultima e dall’ingresso del bazar. Oltre alle belle decorazioni e agli stucchi pregevoli, i vari ambienti sono popolati da manichini a grandezza naturale che mostrano come gli abitanti della città utilizzassero questi spazi comuni.

Amir è venuto a prenderci ed abbiamo attraversato la città fino al “Giardino dei Bergamotti” . E’ una casa qagiara, appartenuta da un ricco commerciante, con lunghi filari di bergamotti che delineano il giardino interno ; al centro c’ è una grande fontana e il rivestimento interno è decorato da splendide rose. Il palazzo ha sale adornate di specchi, altre con affreschi che raffigurano paesaggi tipicamente europei e busti di donne con i capelli sciolti ed abiti scollati decisamente troppo discinte per il costume persiano.

Per ingannare il tempo, in attesa che Amir e Mariam pranzassero, ci siamo fatti fare un reportage fotografico con addosso i costumi tipici d’ epoca qagiara… abbiamo riso come matti nel cercare gli angoli più ameni per farci immortalare sotto gli sguardi stupiti degli altri turisti. Dopo il solito tè siamo andati a visitare uno dei luoghi più suggestivi di Shiraz : il mausoleo del poeta Hafez. Si dice che l’80 % dei persiani siano poeti e che il loro amore verso la poesia sia profondissimo. Hafez, con Sa’di , è uno dei poeti più amati e sembra, che in ogni casa iraniana che si rispetti non debba mai mancare una copia del Corano e una delle raccolte di poesia di Hafez. Il mausoleo si trova al centro di un grande giardino tra aiuole piene di fiori, Il sarcofago in alabastro ha inciso sul coperchio i versi di una delle sue poesie ed è stata posta in questo luogo da Karim Khan nel XVIII secolo.; i Pahlevi hanno fatto erigere un tempietto come copertura alla tomba, sorretto da esili, alte colonne decorate con maioliche bianche e nere, i colori dell’ Iran che simboleggiano il giorno e la notte; blu e azzurro, i colori del cielo, ocra e bourdaux i colori della terra e del vino. Questo è un luogo mistico dove gli abitanti di Shiraz vengono a pregare e a meditare ; si dice , infatti che se si desidera la soluzione ad un problema , si venga qui, con il libro delle poesie di Hafez in mano, lo si apra a caso e si comici a leggere la poesia; spesso la soluzione del nostro arcano sta racchiuso in quei versi.

Ci siamo seduti anche noi attorno al mausoleo, Mariam ci ha letto alcune poesie, tradotte i italiano mentre lievi melodie aleggiavano nell’aria: i versi del sommo poeta in musica. Siamo andati a visitare il santuario di Ali-Ebn-e Hamzeh , l’ unico santuario in cui sono ammesse persone di non fede islamica, in cui è sepolto il fratello dell’ Imam Reza. Abbiamo indossato il chador, sistemato per bene i capelli in modo che non sfuggissero da sotto il velo e siamo entrati nella grande sala di preghiera adibita agli uomini. Le pareti sono tutte ricoperte di specchi, perché lo specchio è l’ immagine dell’ anima ma, essendo piccoli frammenti, impediscono all’ immagine di riflettersi per intero, ricordando all’ uomo la sua imperfezione di frontea Dio. Al centro della sala c’è la tomba del Santo, protetta da una grata in ottone , su cui è posato zucchero cristallizzato, il Corano e 2 lampade dalla luce verde… Di fianco i fedeli lasciano cadere le offerte perché le loro preghiere vengano esaudite.. Siamo, quindi stati accolti nella sala dell’ ufficio rapporti internazionali del Santuario ,ci hanno offerto tè caldo e biscotti ed abbiamo approfittato di questa pausa per poter ampliare la nostra conoscenza della religione islamica. Mariam ci ha parlato della scissione dei mussulmani tra sciiti e sunniti e che in Iran la maggior parte della popolazione è sciita; i luoghi sacri sono quelli che custodiscono un santuario con la tomba di uno dei 12 imam sciiti; in Iran ce n’è solo uno, a Mashhad, dove è sepolto l’ 8° , mentre gli altri sono sepolti in Iraq o Arabia Saudita. Il volontario che ci ha accolto è un aviatore che ha combattuto durante la guerra contro l’Iraq, ci siamo intrattenuti con lui a parlare, usando,naturalmente Mariam come interprete, soprattutto sulle affinità dell’ islamismo con il cristianesimo, ce lo ha dimostrato anche facendoci leggere alcune sure su un Corano tradotto in italiano.. Terminata la visita i nostri accompagnatori sono andati a riposarsi, noi ci siamo fatto lasciare sulla piazza della fortezza per fare ancora 4 passi, i negozi sono quasi tutti chiusi così decidiamo di andare alla Moschea Rosa per scattare qualche foto al tramonto… Seguendo la cartina della Lonely Planet l’ abbiamo trovata facilmente ma… che delusione! E’ una piccola moschea decorate con mattonelle il cui colore dominante è il rosa in fondo ad una stradina stretta e buia , noi la immaginavamo una magnificenza! Alle 6 il sole è tramontato, siamo rientrati in hotel per una doccia , quindi siamo andati a cena nei pressi della moschea del Venerdì in un ristorante tipico dove abbiamo mangiato pesce deliziati da un gruppo musicale che utilizzava anche alcuni degli strumenti conosciuti durante la visita al museo della Musica.

23/11/2019 – SHIRAZ – PERSEPOLI – SHIRAZ

Oggi finalmente , si arriverà a Persepoli , ma prima facciamo la visita della Moschea Rosa. È detta Moschea Rosa perché i decori delle maioliche sono per lo più rose, garofani, peonie dalle sfumature rosa e lilla,simili a quelle che si trovano nel giardino dei Bergamotti. Risale all’ epoca qagiara, nel XIX secolo ed era una moschea destinata alla nobiltà, ha un grande cortile interno con 2 iwan, uno poco profondo con 2 bassi minareti. Il vero gioiello è la sala di preghiera, neppure così grande con colonne a torciglioni ma, all’ alba la luce del sole illumina le vetrate colorate che creano un tappeto di luce dalle tinte sgargianti, veramente bellissimo. Questa è l’ora migliore per assistere a questo spettacolo di luce, quindi la sala è gremita di turisti, già è difficile riuscire a trovare un angolo sgombro per scattare una foto, quasi impossibile quando si è attorniati da un gregge di cinesi che si muovono in gruppo come le pecore e starnazzano più di un intero pollaio! Sono tutti equipaggiati con macchine fotografiche professionali sono supportati dalla loro sciocca guida che si atteggia da modella ,urlano e strepitano se passi loro davanti e si accaparrano gli angoli più suggestivi ; per poter scattare qualche foto abbiamo dovuto litigare! Di fianco alla moschea c’ è un piccolo santuario, anch’ esso con i vetri colorati e le pareti a specchio, quando il sole illumina le vetrate sembra di essere all’ interno di un caleidoscopio. Un’ora di strada e arriviamo a Persepoli, una delle 3 capitali del regno achemenide: Persepoli era il centro cerimoniale, Susa la capitale invernale e Ektaban la capitale estiva. Fu edificata per volere di Dario I attorno al 500 a. C e prosperò per circa 200 anni quando fu devastata da un incendio , forse di origine dolosa per mano di Alessandro Magno , quindi fu definitivamente abbandonata.

La fortezza della città di Persepoli è l’ unica cosa giunta a noi, è delimitata su 3 lati da un muro di cinta , mentre posteriormente era difesa dalla parete di roccia. Entriamo nel sito attraverso la porta delle Nazioni delimitata da 2 grandi statue androcefale, ovvero tori da volti umani fatta erigere da Serse. All’ingresso abbiamo noleggiato dei particolari occhialoni che mostrano in 3 D i resti come erano in origine, colori inclusi: puntando lo sguardo si possono vedere i palazzi e le piazze rendendo veramente l ‘idea di come fossero nel pieno del loro splendore… Sparsi qua e là, tra le rovine si trovano capitelli a forma di grifoni (simbolo della compagnia aerea di bandiera) e con una doppia testa di toro che sorreggono le travi portanti del soffitto. La sala delle 100 colonne è un’ enorme padiglione usato da Dario come sala delle udienze e contava realmente 100 colonne ma di molte di esse oggi rimane solo la base. Dario fu uno dei più grandi condottieri della storia e .conquistò tutti i territori confinanti fino all’ impero cinese ; fu un sovrano molto giusto e tollerante, le popolazioni conquistate venivano trattate alla stregua di popoli alleati; per una più facile gestione il regno venne diviso in 30 satrapie, ovvero province, ognuna governata da un satrapo. Ogni anno, in occasione del capodanno iraniano che si festeggia il 21 marzo, faceva una grande festa dove venivano invitati tutti i satrapi per mantenere rapporti cordiali e di collaborazione con tutti. Dalla sala delle 100 colonne si passa nella sala delle udienze utilizzata da Serse . l’Apodana. Le pareti rimaste sono coperte da basso rilievi che rappresentavano i generali dell’ esercito dei 1000 soldati che erano sempre mille, perché venendone a mancare uno veniva subitamente rimpiazzato ; a seconda dell’ abbigliamento e del copricapo si capisce se il generale in questione era un achemenide o un Medio , popolo assoggettato dagli achemenidi e poi divenuti alleati.. Le file dei generali sono speculari, tutti rappresentati di profilo che guardano al re che viene ritratto al centro molto più grande. L’unica figura di fronte è quella del leone, simbolo di forza e calore, che azzanna il toro simbolo di forza e di freddo. Quest’ immagine spesso ricorrente su molte pareti dei vari palazzi simboleggia l’ inizio della primavera quando il caldo prevale sul rigido inverno :Dalla sala delle udienze parte una scalinata spettacolare in cui vengono rappresentati tutti i popoli che costituiscono l’impero in procinto di avvicinarsi al sovrano per rendergli omaggio e a portargli doni.. Ogni popolo è rappresentato con le proprie caratteristiche fisiche e l’ abbigliamento tipico; ogni gruppo di persone è diviso dall’ altro da un cipresso, simbolo dell’ eternità. Molti visi sono lucidi e neri perché toccati da migliaia di mani che sfregando hanno tolto lo strato di polvere ormai compatto che protegge i bassorilievi ridando loro il colore originale il nero, ovvero l’ Apadana. Lo scalone porta alla dimora privata di Serse detta delle 72 colonne , alte anche 20 metri nella parte centrale con capitelli simili a quelli ionici. Passiamo quindi al palazzo di Dario, detto palazzo degli specchi perché pare avesse le pareti stuccate talmente lucide in cui si ci poteva specchiare ;qui non c’ erano colonne ma solo portali per tenere su il soffitto. Pare che gli achemenidi professassero già la religione zoroastriana, lo fa supporre le molte immagini del Fravahar incise sulle pareti di molti palazzi. Il Fravahar, che significa Gloria di Dio , è presa come simbolo del Dio Ahura Mazda, il Dio della religione zoroastriana , ovvero colui che non può essere rappresentato. Il Fravahar è costituito da 2 grandi ali, simbolo di equilibrio, un anello centrale, il, sole, che simboleggia la potenza divina e la giustizia, il mezzo busto umano che rappresenta la saggezza , che tiene in mano un anello che simboleggia il potere che Dio dà all’ uomo .

Ciro il Grande probabilmente era un mitaista ma tollerava anche l’ adorazione di altri dei. Nell’ Hadish, il palazzo privato di Serse , c’ è l’ unica immagine del sovrano pervenuta a noi, mentre passeggia e 2 servi lo riparano dalla calura estiva con una sorta di largo parasole.. Da qui molti sono gli edifici andati quasi completamente distrutti , un’ altra sala con centinaia di colonne ed un piccolo ambiente, quasi certamente l’ harem ; possiamo quindi ammirare un bassorilievo gemello di quello che si trova al museo di Teheran che raffigura Dario seduto in trono tra 2 incensieri. Sulla parete rocciosa alle spalle di Persepoli ci sono le tombe scavate nella roccia di Artaserse II e Artaserse III . Siamo saliti fino alla tomba di Artaserse II la cui facciata è decorata con numerosi bassorilievi mentre l’ interno non è visitabile. Da quassù si gode uno splendido panorama di tutto il sito.

Pausa pranzo nel bar adiacente al complesso archeologico , ho mangiato un gelato allo zafferano, specialità iraniana , colloso , denso e dello zafferano aveva solo il colore. A circa una decina di chilometri da Persepoli si trova il complesso di Nasq-e Rostam una necropoli con 4 tombe monumentali scavate nella roccia, appartenute , probabilmente a Dario, Serse, Artaserse e Dario II. Sotto l’ingresso di queste tombe ci sono bellissimi bassorilievi posteriori, di epoca sassanide che raffigurano scene di battaglie e vittorie. Siamo rientrati a Shiraz attraversando la Porta del Corano, una delle antiche porte d’accesso alla città; in essa veniva custodita una copia del Corano che avrebbe dovuto benedire le persone che entravano o lasciavano la città. Abbiamo fatto un giro nel bazar El Vakil, costruito nel 1750 dal reggente Karim Khan; solito via vai di gente, bei negozi di tappeti ma nulla più ; molti sono negozi d’ oggetti d’ uso comune o di abbigliamento mentre quelli d’ artigianato sono quelli ormai visti e rivisti. Avevamo adocchiato una lampada d’ antiquariato ma ci hanno chiesto 50 €, una follia per i prezzi iraniani ! Stasera cena in famiglia. Siamo stati accolti in un elegante appartamento un po’ in periferia dove 2 sorelle coadiuvate dalla mamma, una delle quali guida turistica e docente universitaria, organizzano cene e corsi di cucina persiana a casa loro.

In Iran molte sono le abitazioni private in cui si può andare a cenare e sono tutte certificate dall’ente turismo. Sono venute ad aprirci la porta indossando il grembiule con il logo della loro scuola e ci hanno fatto accomodare in questa grande sala con una cucina modernissima, con ogni tipo di accessorio , un bancone per la preparazione dei cibi e una grande tavola apparecchiata con le stoviglie in rame. L’ambiente è moderno ma con alcuni mobili ed accessori della tradizione iraniana. Ci hanno fatto accomodare su un divano ci hanno dato il benvenuto con tè bollente , biscotti di Shiraz e confetti. Quindi abbiamo preparato insieme a loro un dolce fatto con acqua di rose, zucchero, farina, zafferano e olio. Le ragazze parlano un inglese perfetto e, quando non riuscivamo a comprenderci, Mariam traduceva direttamente dall’italiano al farsi.. Ci hanno preparato un’ insalata di cetrioli (che non abbiamo neppure toccato), crema di melanzane, patate con cipolle e lime, riso con verza e polpettine d’ agnello e vitello, capperi e lime sottaceto. Da bere un’ intruglio dal gusto di medicina… stasera mancava più che mai un bel bicchiere di vino ! Ovviamente, come dolce, il dolce cucinato insieme. Ci hanno raccontato di aver intrapreso quest’ attività da 13 mesi e noi siamo il primo gruppo di turisti italiani che ospitano. Abbiamo parlato a lungo del nostro circolo enogastronomico e Simona della sua attività di gelataia, e loro si sono interessate moltissimo a queste nostre passioni; ci siamo scambiati gli indirizzi di posta elettronica tanto da condividere le ricette e le foto dei nostri convivi. È stata una serata piacevolissima ed è stato estremamente interessante venire a conoscenza della vita domestica di questo straordinario popolo.

24/11/2019 – SHIRAZ – TEHERAN

Ultimo giorno in Iran. Senza alcuna fatica, ci siamo svegliati alle 7, questo ,infatti non è stato un viaggio stancante, raramente siamo partiti prima delle 9, anche perché i siti aprono solo a quell’ ora e poi, perché, tutti i nostri accompagnatori sono molto attenti a non superare l’ orario lavorativo giornaliero .

Dopo colazione abbiamo fatto ancora 4 passi per il centro di Shiraz , il sole splende e la temperatura è decisamente primaverile, ma, non poteva essere il tempo così la settimana scorsa ?

Abbiamo bighellonato un po’ per i negozi , abbiamo acquistato frutta secca e poi siamo rimasti seduti davanti alla fortezza a goderci il tepore del sole. Molte persone che passavano di lì ci salutavano con un “welcome in Iran” , mentre quelli che conoscevano qualche parola d’ inglese cercavano di intavolare un discorso . Abbiamo parlato con una guida/autista che ci ha offerto i suoi servigi ma, ohinoi, la nostra permanenza in Iran è quasi terminata .

Alle 11 abbiamo lasciato l’ hotel ed abbiamo fato tappa presso il lago Maharloo , ovvero il Lago Rosa , un lago salato che dista circa una decina di chilometri dal centro di Shiraz.

Il lago , per le piogge copiose dei giorni scorsi è ricco d’ acqua, la percentuale di sale è diluita quindi le sfumature di rosa e di viola sono molto più pallide..

Attorno al lago c’ è una spessa crosta di sale, e attorno ad esso cumuli alti come collinette, così bianchi che sembrano neve , Al centro del lago sono ormeggiati bruttissimi pedalò, usati come svago dalle famiglie nei giorni di festa. In inverno vengono qui a nidificare fenicotteri e altri uccelli .

Stamattina niente tè ma biscotti e melograni, quelli che Hussein , al castello di Seyazd , ci ha regalato.. Alle 13 abbiamo raggiunto l’ aeroporto di Shiraz , forse in anticipo per un volo domestico, ci siamo accomiatati da Amir, ringraziandolo per la professionalità e gentilezza,quindi abbiamo aspettato il volo per Teheran. Abbiamo atteso quasi 3 ore prima di partire, un’ ora suonata di ritardo, assolutamente consueto per un volo domestico; alle 17 .30 siamo atterrati a Teheran e qui abbiamo dovuto congedarci da Mariam, nostra fantastica guida. In genere siamo sempre stati fortunati con le nostre guide in giro per il mondo ma Mariam è sicuramente una delle migliori, una che ti fa amare ancora di più un paese fantastico come l’ Iran; preparatissima, pronta a capire di che cosa avevamo bisogno in ogni singolo momento del nostro viaggio, simpatica, brillante, ottima compagna di avventure … CIAO GRANDE MARIAM e… grazie per tutto quello che hai fatto per noi!

L’autista che ci attendeva dinnanzi all’ aeroporto usato per i voli interni, ci ha portato direttamente in hotel ; ci abbiamo impiegato un’ ora abbondante , altro che andare a visitare il luccicante mausoleo di Komeini che si trova nei pressi dell’ aeroporto internazionale! Alle 19 abbiamo preso possesso delle nostre stanze presso l’ Ibis hotel sito proprio di fronte all’ aeroporto, da cui è unito da un ponte sopraelevato sull’autostrada. La stanza è bella, nuovissima, un po’ impersonale come tutti i grandi hotel usati da persone che li utilizzano per spostamenti di lavoro. Siamo scesi nel bar della hall per mettere qualcosa sotto i denti prima di andare a dormire anche se non avevamo un granchè fame perché sul volo da Shiraz ci hanno dato una cena leggera con pollo, frittata e dolcino. Qui, connettendoci al resto del mondo abbiamo appreso di forti alluvioni in Liguria e il crollo di un altro ponte dell’ autostrada, seguito da centinaia di messaggi per sapere come stavamo . Alle 20.30 ,dopo una rapida doccia, ci siamo buttati sotto le candide coltri,per un breve sonnellino fino alle 0.30 quindi siamo scesi nella hall per una rapida colazione a base di muffin e tè messi a disposizione per i clienti dell’ hotel,quindi la navetta ci ha portati in pochi minuti in aeroporto.

L’aeroporto è facilmente raggiungibile anche a piedi ma trasportare 3 valigie a coppia lungo il ponte avrebbe potuto essere un po’ più faticoso.. Volo Pegasus puntuale alle 2.40; alle 7,30 siamo atterrati ad Istanbul, dove abbiamo pagato 22€ per 5 brioches ,1 tè, 2 cappuccini e 1 caffè . Alle 10.40 abbiamo lasciato Istanbul e alle 11.30 siamo atterrati a Bergamo ; un viaggio di 3 ore molto comodo perché il 3 sedile di fianco ai nostri era libero. Dopo i disastri fatti dal maltempo nei giorni scorsi tocchiamo il suolo italico sotto un sole splendente e con temperature quasi primaverili, che ci scaldano le ossa dopo il gelo sopportato in Iran!

27/03//20

Sono 4 mesi che abbiamo lasciato l’Iran, un paese straordinario, ricco di cultura , di opere d’ arte , abitato dal fiero popolo persiano, guai chiamarli arabi ! Agli arabi sono solo accomunati dalla religione, anche se in Iran c’ è molto più rispetto e tolleranza nei confronti degli altri credo religiosi. Come dimenticare il blu delle maioliche che rivestono maestose cupole che sovrastano piazze e città, il lieve fruscio dell’ acqua che scorre nei giardini persiani, gli altissimi baghdir che rinfrescano le case dalla calura estiva, l’ allegro chiacchiericcio dei bazar , la bellezza delle donne che nascondono , alcune solo in parte le loro chiome corvine sotto l’ HIjab, i deserti aridi disseminati di caravanserragli , un’ alta rimembranza di un glorioso passato fatto di ricchezze che esportavano in tutto il mondo conosciuto fino alla lontana Cina .

Poco più che un mese fa , il mondo è stato colpito da questo “Flagello di Dio” che porta il nome di Covid-19 e che ha chiuso all’ interno delle proprie pareti domestiche tutta l’ Italia per cercare di arginare il più possibile il contagio; oggi più che mai mi manca viaggiare, mi manca conoscere altre culture altri popoli, parlare con loro, condividere un abbraccio , una stretta di mano sincera , sentirmi libera di essere una cittadina del mondo. Non posso far altro, nei momenti di inattività , di rileggere i miei diari scritti nei momenti più belli della mia vita, viaggiando, conoscendo culture, sfogliando album di bellissime foto e… resto seduta sul divano con gli occhi assorti in una foto che rievoca episodi unici ed irripetibili, ferma, perché è l’ unico modo che conosco per ovviare a questa tragedia che sta colpendo noi, e, se non facciamo attenzione si spargerà per tutto il mondo, facendo un numero di vittime veramente enorme se raggiungerà i paesi in cui è già problematico sfamare la maggior parte della popolazione. Sto in casa, mi sposto solo per andare al lavoro in ospedale, lo faccio, anche se mi sento un leone in gabbia, perché voglio che torni tutto alla normalità, perché voglio organizzare un altro viaggio, perchè voglio abbracciare un amico senza provare timore e baciare i miei cari. E’ un grande sacrificio ma, toccato il fondo, non si può che risalire e torneremo ad essere liberi, a muoverci, a spostarci, a viaggiare ….



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