In giro per la nostra Europa
Per l’intenso traffico e la pioggia battente, accumuliamo notevole ritardo sulla tangenziale nord di Milano e prima della galleria del Gottardo in Svizzera così che la visita di Metz, capoluogo della Lorena, prevista per le ore 16, slitta alle ore 20.
La guida, raggiunta da noi telefonicamente, ci aspetta davanti alla Cattedrale di St-Etienne, detta anche la “Lanterna di Dio”, dove ci illustra brevemente le caratteristiche della chiesa parlandoci soprattutto delle stupende vetrate (6500 mq che ne fanno una delle cattedrali più luminose di Francia) che riusciamo in parte ad ammirare grazie ad un sistema di illuminazione notturna (peccato non si riescano a vedere quelle di Chagall).
Tira vento e fa freddo: dalle 20.30 la guida ci accompagna per una mezz’ora (troppo poco per apprezzare la bellezza di Metz) in un giro panoramico in pullman e, malgrado il buio e la nostra stanchezza dovuta al lungo trasferimento della giornata, riesce ad infonderci un’ottima impressione di questa città, forse fino ad oggi un po’ dimenticata dai giri turistici, ma che è molto suggestiva in mezzo al suo verde (27 mq per abitante) e alle sue acque (confluenza della Seille nella Mosella).
Metz, collegata a Parigi con il TGV da quest’anno e destinata ad accogliere il futuro Centre Pompidou-Metz, è una città, come ci dice la guida , con vestigia gallo-romane, un quartiere medioevale d’influenza italiana che attraversiamo, piazze francesi settecentesche (come Piazza della Commedia, dove abbiamo parcheggiato per raggiungere a piedi la cattedrale), e il quartiere imperiale che risale a quando la Lorena era annessa alla Germania (ne ammiriamo i palazzi e soprattutto la stazione ferroviaria lunga più di 300 metri, fatta costruire da Guglielmo II tra il 1905 e il 1908 quale simbolo prestigioso dell’architettura tedesca).
Arriviamo in albergo, il Novotel di Maizieres les Metz, verso le 21.30 dove stanchi prendiamo subito posto ai tavoli, ma la cena si fa attendere per una buona mezz’ora: per fortuna ci viene servito un ottimo filetto ed un gustosissimo pane integrale. Subito dopo ognuno si ritira nella sua stanza per un meritato riposo.
27 SETTEMBRE Dalla Lorena francese alla Renania tedesca: arrivo sotto la pioggia a Worms prima delle 11 per una breve visita alla cattedrale, dove il tardo-romanico tedesco, come nelle cattedrali di Spira e Magonza, raggiunge il suo massimo splendore.
La sagoma della Cattedrale di Worms ancora oggi sovrasta i tetti della città e si può scorgere da lontano: per questo viene chiamata “La corona della città”.
================================================================= Worms assunse importanza in seguito al Concordato stipulato nel 1222 tra papa Callisto II e l’imperatore Enrico V: Esso pose termine alla lotta per l’investitura, riconobbe la piena autonomia del Papato ed escluse il diritto all’imperatore di entrare negli affari della chiesa; in particolare stabilì che le consacrazioni dei vescovi avrebbero dovuto precedere la loro investitura temporale, eccezione fatta per quelli della Germania nei confronti dei quali il Pontefice “concedeva” che l’investitura precedesse la consacrazione. L’imperatore inoltre si impegnava a restituire alla Chiesa tutti i beni confiscati.
Worms è stata anche importante per la Dieta del 1521, assemblea dei principi del Sacro Romano Impero presieduta dall’imperatore Carlo V d’Asburgo: L’aspetto storicamente più rilevante della dieta fu l’audizione di Martin Lutero, convocato per ritrattare le sue tesi. Dal 16 al 18 aprile Lutero parlò davanti all’assemblea, ma invece di abiurare difese la sua riforma protestante. Lutero fu dichiarato un fuorilegge; per proteggerlo dall’arresto il Principe Federico il Saggio lo catturò e lo nascose a Eisenach, nel castello di Wartburg, dove Lutero tradusse dal Bibbia in tedesco dal greco. ================================================================= Alle 12.15 siamo a Magonza dove pranziamo in un ristorante nella Piazza Gutenberg, in pieno centro, a due passi dalla Cattedrale e dal Museo a lui dedicato. Alle 14.30, con la nostra guida, iniziamo a piedi la visita di questa città ai primi posti in Germania per quanto riguarda reddito e produttività, dopo essere stata distrutta per l’80% dai bombardieri britannici durante la seconda guerra mondiale.
Davanti al ristorante il Teatro comunale e, più lontano, la vecchia Università. Attraverso la “Ludwigstrasse” giungiamo alla Piazza Schiller con i suoi palazzi barocchi e una fontana che illustra il carnevale, poi le strade e le piazzette del centro storico, in particolare “Kirschgarten” con il ben conservato complesso di edifici con facciata a travatura di legno, per arrivare infine alla Piazza della Cattedrale. La cattedrale si erge al centro della città a simboleggiare il potere della Chiesa cattolica che qui a Magonza, per molti secoli, fu anche potere politico: l’arcivescovo della città era principe-elettore, uno dei sette preposti alla scelta e all’incoronazione dell’imperatore.
La storia della cattedrale è funestata da una lunga serie di incendi, il primo dei quali avvenne addirittura la notte prima della consacrazione della chiesa, ma a questi incidenti e alle conseguenti ricostruzioni si deve un incrocio di diversi stili esteticamente molto riuscito. Da notare nel duomo della città le sei torri che le conferiscono una silhouette inconfondibile, i due cori (in quello di sinistra si sedeva il vescovo ed in quello di destra l’imperatore) e la splendida serie di monumenti funerari (A Magonza sono stati incoronati ben otto Imperatori del Sacro Romano Impero).
Una caratteristica di Magonza a partire dal 1853 sono i suoi cartelli stradali: le strade contrassegnate con la segnaletica rossa hanno un andamento prevalentemente ortogonale al Reno, mentre le strade parallele al Reno sono indicate con cartelli blu. I nomi delle vie minori, specialmente se lontane dal Reno, sono invece scritti su cartelli bianchi.
Vento e pioggerellina insistono su di noi, cosicché verso le 17, dopo un caldo caffè ristoratore servito in pullman, partiamo per Rudesheim am Rhein, al di là del Reno, dove pernotteremo. C’è tempo, per chi vuole, prima di cenare all’hotel Rudesheimer Hof, di fare una passeggiata per questa cittadina di diecimila abitanti che, in rapporto al numero dei suoi cittadini, è la città della Germania con il maggior numero di turisti; c’è tempo di guardare il Reno scorrere grigio sotto la pioggia; c’è tempo per percorrere la stradina più famosa, la Drosselgasse, con le sue birrerie, le sue taverne, dove si trinca e si canta fino a notte fonda; c’è tempo di raggiungere a piedi il castello “Bromserburg” che ospita oggi il Museo del vino.
28 SETTEMBRE Alle 9.00 ci imbarchiamo sul battello che ci porterà per una sessantina di chilometri da Rudesheim a Coblenza, dove arriveremo alle 13.15 (dal 2002 questo tratto del Reno, chiamato Mittelrhein, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco).
Sulle sponde si succedono ridenti villaggi; nell’acqua un fittissimo viavai di battelli e di chiatte, più o meno lunghe, che trasportano container, carbone, legname, ecc. (200 milioni di tonnellate di merci e 1,5 milioni di passeggeri trasportati annualmente). Il Reno, lungo 1320 Km, affronta da Rudesheim il tratto più pittoresco della sua corsa, un cammino tortuoso tra speroni rocciosi e ripidi pendii che strozzano il fiume in più punti costringendolo a improvvise evoluzioni: è questo il cosiddetto Reno romantico, quello della mitica Loreley e delle decine di antichi manieri che vegliano il fiume dall’alto delle rupi, dei poetici isolotti e dei pendii terrazzati a vigneti.
Uno scenario che induce il viaggiatore a tornare indietro nei secoli con la fantasia ed evoca le tante leggende ispirate da queste terre.
Quella dell’ “Oro del Reno” per il quale si accapigliarono i Nibelunghi (il tesoro sarebbe stato gettato in qualche parte del fiume dall’astuto e fiero Hagen, vassallo del re Gunther di Worms, che non rivelò mai il luogo –e per questo gli fu mozzata la testa-, ma di fatto nessuno l’ha mai trovato).
O quella del misterioso personaggio della Loreley: si narra che questa splendida fanciulla se ne stesse accoccolata su una ripida roccia nel punto più stretto e pericoloso del fiume. I battellieri che la scorgevano pettinarsi i lunghi capelli ne restavano ammaliati ed il più delle volte finivano per sfracellarsi contro le rocce.
La storia durò finché la stessa Loreley, innamorata del solito principe, con il solito padre contrario alle nozze, impazzita dal dolore per la morte del giovane, maledicendo il padre si gettò dalla rupe. ================================================================= Tutto è bello, colà. Le cupe scarpate delle due rive si specchiano in grandi chiazze d’acqua. La ripidezza del pendio fa sì che la vite venga coltivata sul Reno come lo è l’olivo sulle coste della Provenza. Ovunque cada il raggio meridiano, se la roccia fa appena una sporgenza, il contadino vi reca a braccia sacchi e cesti di terra e, in quella terra, pianta un olivo in Provenza e pianta un piè di vite sul Reno; poi rafforza il terreno di riporto con un muretto a secco, che trattiene la terra e lascia sfuggire l’acqua.
Da Victor Hugo-Reno romantico ================================================================= Poco dopo la partenza incontriamo la “Mauseturm” (Torre dei topi) costruita su un isolotto del Reno, e sulla destra la rocca “Ehrenfels”.
Poi sulla sinistra si affacciano sul fiume i castelli di “Rheinstein” e di “Sooneck”.
In mezzo al fiume un altro castello, lo “Pfalz”, mai caduto in mano nemica nei 650 anni della sua esistenza; ancora sulla sinistra il castello di “Rheinfels” sopra St.Goar e la cittadina di Boppard, con il castello oggi Museo civico.
Sulla destra il “Marksburg” sopra Braubach, dal 1899 proprietà dell’Associazione tedesca delle roccaforti e dei castelli che ancora oggi ha qui la sua sede.
E prima di arrivare a Coblenza sulla destra il castello di “Lahneck” sopra Lahnstein e sulla sinistra il castello di “Stolzenfels”, capolavoro di architettura romantica.
A Coblenza, l’antica “Confluentes” romana, come ci dirà la guida, di fronte al “Deutsches Eck” (Angolo tedesco-punto di confluenza della Mosella nel Reno) possiamo ammirare, in alto, imponente, la fortezza di “Ehrenbreitstein”, dalla quale si gode uno dei più bei panorami della regione.
Fortunatamente la mattinata si è presentata senza pioggia, con deboli e brevi sprazzi di sole, così che il viaggio in battello sul Reno romantico rimarrà un ricordo indelebile in ognuno di noi.
Allo sbarco vediamo da lontano il nostro autista che puntuale era arrivato con il pullman (e le nostre valigie).
Insieme ci avviamo per il pranzo al ristorante “Altes Brauhaus” in pieno centro e nel primo pomeriggio partenza del giro pomeridiano, a piedi, con la guida, una signora pugliese, là trapiantata, che ci ha parlato più di come un italiano vede la città che dei monumenti e delle caratteristiche della città medesima. Partiamo dal “Deutsches Eck” e dalla imponente mole dell’enorme piedistallo del monumento equestre all’imperatore Guglielmo I per proseguire con l’edificio dell’antica Commenda dell’Ordine teutonico che ospita oggi il Museo d’arte moderna e la vicina basilica romanica di S.Castore; sulla piazza della chiesa l’interessante fontana, la cui iscrizione ricorda la fine dell’epoca napoleonica a Coblenza.
Poi la piazze Joseph Gorres, con una fontana moderna che rappresenta la storia della città, e quella dei Gesuiti con la bella facciata manieristica della Chiesa omonima ed infine il Municipio (in restauro), nei paraggi alcune case Jugendstil e il “Kowwelenzer Lausbub”, il ragazzino in bronzo che si erge sulla fontana Schangel (che ci sputa addosso), simbolo della città, e che rappresenta un po’ il modus vivendi vivace e frizzante degli abitanti di Coblenza. Ancora qualche angolo tipico della città, come la faccia di Heitger che da un palazzo, ad una certa ora, ci fa la lingua e l’incrocio con le quattro case d’angolo tutte e quattro a sporto.
Verso le 18 partiamo da Coblenza per Colonia dove ceniamo (buffet) all’hotel Park Inn in Belfortstrasse che scopriamo si trova a meno di km 1,5 dal centro città; così verso le 21.40, in un folto gruppetto, raggiungiamo a piedi la cattedrale, per una visita in notturna. La Cattedrale di Colonia, con i suoi 157 metri di altezza, è la seconda chiesa più alta della Germania (dopo il duomo di Ulm) e dal 1880 al 1888 è stata anche l’edificio più alto del mondo. Ha tuttora il primato della più grande facciata per un edificio religioso ed è inoltre la maggiore attrattiva turistica della Germania: ogni anno viene visitata da circa 6 milioni di persone.
Questo grandioso tempio in stile gotico fu iniziato nel 1248 per ospitare le reliquie dei Re Magi portate un secolo prima dall’imperatore Federico Barbarossa da Milano e la sua costruzione richiese più di seicento anni.
La Cattedrale venne colpita quattordici volte durante i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, ma fortunatamente non collassò; i lavori di restauro terminarono nel 1956. Nel 1996 venne inserita nell’elenco dei patrimoni dell’umanità, ma venne rimossa dalla lista nel 2004, a causa delle alte costruzioni vicine e dell’impatto visivo da esse causato (facendo il giro della chiesa ci accorgiamo subito di quanto sopra, soprattutto ci chiediamo come sia stato possibile costruire la stazione ferroviaria così a ridosso della cattedrale). Nel 2006, dopo che le autorità decisero di limitare per legge l’altezza degli edifici in costruzione nei pressi del monumento, la cattedrale fu reinserita nell’elenco dei patrimoni dell’umanità (ma il danno in parte era già fatto). Il 18 agosto 2005 la Cattedrale di Colonia è stata visitata da Papa Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù richiamando oltre 1 milione di persone; anche noi stasera possiamo entrare in chiesa in quanto vi si svolgeva una suggestiva cerimonia di giovani a lume di candela (un colpo di fortuna). Rientriamo in albergo, sempre a piedi, stanchi ma contenti: una giornata che, secondo le previsioni meteo della TV tedesca del mattino, doveva essere pessima, così non è stata ed abbiamo potuto godere delle bellezze del Reno, di Coblenza e di Colonia. Non bisogna dimenticare che (anche se, nella nostra fugace visita, Colonia, a parte la Cattedrale, non ci ha impressionato favorevolmente) la città è una delle capitali mondiali dell’arte moderna e contemporanea e vanta un incredibile patrimonio di chiese: è l’unica città tedesca ad ospitare, all’interno dello stretto tracciato delle mura medioevali, dodici grandi chiese romaniche, gioielli assoluti dell’architettura medioevale ed annoverate tra i più importanti edifici sacri dell’Europa occidentale. =================================================================== “Warum ist es am Rhein so schön?” (perché sul Reno tutto è così bello?) è la strofa di una vecchia canzone molto amata. La risposta al quesito è il Tanzbrunnen, parco culturale e ricreativo di Colonia posto direttamente sulla riva del Reno, con una vista da sogno sulla città e la sua cattedrale.
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29 SETTEMBRE Il trasferimento da Colonia ad Amsterdam avviene sotto la pioggia che purtroppo ci accompagnerà per tutta la giornata. Dopo una difficile entrata in città a causa di molti sottopassi troppo bassi per il ns. Pullman, arriviamo alle 13 davanti alla Stazione Centrale, grandiosa opera di Cuypers, lo stesso architetto del Rijksmuseum; ognuno di noi può scegliere di pranzare a suo piacimento in attesa di essere raggiunti dalla guida italo-olandese che starà con noi tutto il pomeriggio e l’indomani. ================================================================= Questa non è una città romantica e meno che mai una città decadente, non mette in vetrina il suo meraviglioso passato, lo usa, come una famiglia che abbia in tavola tutti i giorni le posate d’argento. Stare qui fa venire voglia di esserne una parte operativa, secondo la tradizione della vecchia e buona borghesia che non sta con le mani in mano e che tra il Cinquecento e il Seicento ha fatto di questa città, e in pochissimo tempo, la concorrente di Londra, di Parigi, delle maggiori capitali del mondo, e questo al di là del folklore degli zoccoletti e delle cuffiette inamidate.
Da Marta Morazzoni-La città del desiderio: Amsterdam ================================================================= Cominciamo così la nostra visita di Amsterdam (anticamente Amstelledamme = sbarramento sull’Amstel) a piedi, sotto l’acqua, con ombrelli e impermeabili, dietro alla nostra guida che per più di tre ore e mezza riuscirà a guidarci fra le vie della città in mezzo ad un traffico che ci è parso caotico, soprattutto per le biciclette che escono da tutte le parti e che ci sfrecciano accanto come saette, non senza aver scampanellato per farci spostare (e a molte biciclette mancano i freni perché sono quelle di vecchio tipo con il freno a pedale, più pericoloso).
================================================================= LE BICICLETTE La bicicletta è il mezzo di trasporto più diffuso: si calcola che le biciclette di Amsterdam siano più di 800.000 (400 Km le piste e vie a lei riservate). Si può vedere un’incredibile varietà di biciclette. Alte, nere, robuste, molte vecchie e senza gingilli superflui perché tutti le rubano a tutti; alcune, dipinte a colori vivaci, hanno seggiolini per i bambini, il posto per il cagnolino, cestini per la spesa o rimorchi; altre possono portare due o più persone, altre ancora grandi rimorchi a fondo piatto sul davanti,vere “station wagon” ecologiche. Spesso le piste ciclabili vanno contromano rispetto alle corsie automobilistiche e sovente portano a destinazione per un’altra via da quella che si percorrerebbe a piedi.
– – – – – “Sul Leidscheplein sfrecciavano i ciclisti: ragazzine, vecchi, giovani fischiettanti, tutti disordinatamente, frettolosamente, muovendo il pedale con frenesia. Abel si stupiva ogni giorno di quanti ciclisti ci fossero in questa città; la vita pubblica, come quella privata, si svolgeva qui per lo più su due ruote. Benjamin sospettava addirittura che le giovani coppie si scambiassero le prime effusioni amorose su questi piccoli, agili mezzi di locomozione. Tra l’altro l professor Abel aveva il terrore di questi “fietsern”, come vengono qui chiamate le biciclette; a causa della loro presenza di massa, l’attraversare la strada si trasformava ogni volta in una rischiosa avventura” Da Klaus Mann – La svolta ================================================================= Dopo essere passati davanti alla Chiesa di S.Nicola, patrono dei marinai, raggiungiamo la “Torre delle lacrime” , eretta nel 1480 come parte della cinta muraria. La tradizione vuole che le mogli dei marinai salissero qui per osservare la partenza delle navi su cui erano imbarcati i mariti. Poi arriviamo nella Piazza del Mercato Nuovo, grande piazza che un tempo era il centro di un quartiere abitato in prevalenza da ebrei (dopo lo sterminio nazista la popolazione ebraica si è ridotta dell’80%). Isolata sorge la Porta di Sant’Antonio, del 1488, trasformata in pesa pubblica (“Waag”) nel 1617 e più tardi chiusa fra cinque pittoresche torri.
E’ in questa piazza che scopriamo orinatoi (a quattro posti) completamente all’aperto e vediamo che un signore fa la pipì sotto l’ombrello che la signora gli tiene aperto. Passiamo poi davanti alla casa di Rembrandt sulla “Jodenbreestraat”, la strada principale dell’antico quartiere ebraico, dove il pittore abitò dal 1639 al 1660 (tra queste pareti visse gli anni più felici della sua vita privata e creativa) e poi da lui venduta per ristrettezze economiche, per arrivare nella Piazza Waterloo, grande piazza con una chiesa cattolica neoclassica, la sinagoga portoghese, ispirata all’architettura del Tempio di Salomone a Gerusalemme (quando fu costruita nel 1675 era la più grande sinagoga sefardita del mondo), un Museo dedicato alla storia degli ebrei in Olanda (che occupa il sito di altre vecchie sinagoghe) e il moderno complesso architettonico che comprende il Municipio ed il Teatro della Musica.
Familiarmente gli abitanti di Amsterdam lo chiamano “Stopera” (dalla contrazione di Stadthuis e Opera), ma anche con riferimento ironico alla campagna degli anni ’60 contro la costruzione del complesso (Stop the Opera).
In piazza Rembrandt ammiriamo la statua del pittore (del 1852) e la ricostruzione in bronzo a grandezza naturale dei personaggi di uno dei suoi quadri più famosi: “La ronda di notte”. Splendido ciak di quello che oggi è il capolavoro assoluto del Rijksmuseum, ma che, a suo tempo, per l’eccessivo realismo e per l’incertezza della distribuzione gerarchica dei personaggi, ottenne una tiepida accoglienza e conobbe l’assurdo destino di non essere capito.
La pioggia non smette un attimo: arriviamo ad un pittoresco incrocio di strade e canali sotto la Torre della Zecca dove possiamo fare acquisti nel vasto “Bloemenmarkt”, il mercato dei fiori di Amsterdam, dove si vendono bulbi, semi, fiori recisi, piante in vaso e souvenir di tutti i tipi.
Raggiungiamo poi il “Begijnhof”, un’oasi indisturbata di tranquillità nel cuore della città.
=================================================================== IL BEGIJNHOF Quando il Begijnhof fu fondato nel 1346 era un convento di Beghine, appartenenti all’ordine religioso fondato da Lambert de Begué a Liegi nel XII secolo. L’ordine, molto diffuso nei Paesi Bassi e in Germania, permetteva alle donne di vivere in un convento, dedicandosi ad opere di carità, ma senza necessariamente dover prendere i voti di povertà, ubbidienza e castità. Le appartenenti rimanevano proprietarie dei loro beni ed erano libere di lasciare il convento e sposarsi. Dopo il 1578, quando le istituzioni cattoliche passarono in mano i protestanti, alle Beghine fu permesso di continuare la loro opera di educazione dei poveri e di assistenza agli ammalati. Potevano però pregare soltanto in segreto, così nel 1671 fu eretta una cappella clandestina, la Begijnhofkapel, nascosta dietro la facciata della casa al n°30, che noi visitiamo e dove sostiamo per una mezz’oretta riparandoci dalla pioggia. Al n.34, con frontone in legno, è la più antica casa di Amsterdam, che risale al 1420.
L’ultima delle beghine è morta nel 1971; le case vengono oggi affittate con un canone simbolico alle signore anziane sole ed alle studentesse.
=================================================================== Attraversando la Galleria della Guardia Civica (passo pedonale pubblico che attraversa il Museo Storico di Amsterdam), arriviamo davanti al “Magna Plaza”, grande centro commerciale sotto le volte neogotiche della vecchia sede delle Poste, per poi girare finalmente a destra verso il Dam, il più importante spazio pubblico della città. Sulla nostra sinistra la protestante Chiesa Nuova, oggi gestita da una fondazione che la utilizza spesso per mostre, concerti, conferenze. Malgrado ciò, rimane la chiesa nazionale olandese, dove la stessa Beatrice fu incoronata nel 1980. Magnifico l’organo e tutti gli arredi risalenti al Secolo d’Oro.
A destra il cosiddetto Palazzo Reale, il monumento architettonico più prestigioso, destinato a fungere originariamente da municipio, costruito quando la città era all’apice della potenza marittima e commerciale (1648/55). Quello che doveva essere allora il municipio più grande d’Europa è stato costruito su 13.659 piloni lignei , ognuno della lunghezza di 18 metri. Di fronte a noi l’obelisco alto 22 metri facente parte del monumento nazionale che commemora i caduti olandesi della seconda guerra mondiale e il Grand Hotel Krasnapolsky.
Percorrendo tutto il Damrak (Dam=sbarramento, rak=tratto diritto), l’arteria animata che unisce il Dam alla Stazione Centrale, e ammirando il Palazzo della Borsa, lungo 140 metri, un quarto della lunghezza del Damrak, raggiungiamo il pullman che ci porterà in albergo, nella parte ovest della città, l’hotel Tulip Inn-City West. Dopo il pomeriggio sotto la pioggia siamo distrutti: l’albergo diventa un miraggio per tutti.
Il tempo di fare una doccia, riposarsi e scaldarsi un po’, poi la cena.
================================================================= LA VITA SUI CANALI I canali sono senza dubbio il tratto distintivo della città: qui le vie d’acqua sono ancora abitate. Dopo una radicale opera di depurazione durata dieci anni, sono tornati nei canali anche cigni, anatre e pesci.
Periodicamente vengono dragati i fondali, per liberarli dai detriti e dagli oggetti che vi si depositano, dalle biciclette abbandonate alle auto di guidatori un po’ distratti. Fino a che non è stata costruita la diga sull’Ijsselmeer, i canali venivano invasi due volte al giorno dal flusso naturale delle maree, mentre oggi il livello dell’acqua è tenuto sotto controllo da un complesso sistema di chiuse e pompe meccaniche. Ogni notte un terzo dell’acqua dei canali viene sostituito con acqua fresca dall’Ijsselmeer, e nel caso di piogge abbondanti, che rischiano di alzare il livello dei canali oltre misura, si interviene pompando nel mare l’acqua in eccesso. In città ci sono 160 canali separati, che messi in fila formerebbero una lunghezza totale di 75 km; sono attraversati da 1281 ponti, molti dei quali illuminati di notte. La maggior parte dei ponti sono fissi, ma rimangono alcuni vecchi ponti levatoi in legno, come il “Magere Brug” (Ponte Magro) sull’Amstel, cui fanno da contrappeso due enormi bilancieri di legno, che permettono di sollevarlo agevolmente al passaggio delle barche a vela (trattasi del ponte più famoso di Amsterdam). Ad Amsterdam circa cinquemila persone abitano nelle duemilaquattrocento barche ormeggiate lungo i canali, quasi tutte costituite da vecchie chiatte coperte trasformate in simpatiche abitazioni dai colori vivaci con giardini pensili sul tetto. Gli scafi di cemento danno pochi problemi di manutenzione, mentre i proprietari di barche dallo scafo in acciaio e ferro devono verificarne la corrosione ogni tre o quattro anni; di norma l’operazione porta ad un costoso trasferimento al cantiere navale. Qui, la barca viene tirata in secco e lo scafo ripulito, mediante un idrante ad alta pressione, da piante acquatiche e molluschi. I ribattini vengono consolidati, e vengono saldate nuove tavole d’acciaio nei punti dove la corrosione ha ridotto lo scafo a meno di 4 mm. Di spessore. Oltre ai costi di manutenzione e di ancoraggio, è necessario anche pagare il collegamento alla rete fognaria.
Fino a pochi anni fa, i gabinetti delle case galleggianti scaricavano direttamente nel canale; l’acqua sporca dei canali veniva immessa, tramite pompe, nel Mare del Nord, e sostituita da acqua pulita proveniente dallo Jisselmeer, il lago artificiale, un tempo collegato al mare, che si estende ad est della città. Considerate tutte le spese (più le imposte sul patrimonio e i costi del carburante, acqua corrente, elettricità, telefono e Tv via cavo) vivere sull’acqua non è più conveniente che sulla solida terra, ma per chi lo sceglie si tratta di uno stile di vita dal sapore particolare ed inimitabile. ================================================================= 30 SETTEMBRE Appuntamento con la guida alle 9 sempre davanti alla Stazione Centrale per dirigerci allo Zaanse Schans. Subito dopo la stazione ammiriamo dal pullman il Museo NEMO (Nuovo Centro Scientifico e Tecnologico metropolitano), l’edificio costruito dall’architetto Renzo Piano nel 1997, dalla silhouette allusiva della tradizione marittima della città (una nave verde in procinto di salpare dal porto), visibile da molti punti della città.
Lo Zaanse Schans é quasi un museo etnografico, un villaggio le cui case e costruzioni, tutte ristrutturate, risalgono al XVII e XVIII secolo e provengono da diverse località circostanti, in particolare da Zaandam, ma contrariamente ai musei etnografici qui le case sono normalmente in uso (trattasi di un quartiere abitativo e lavorativo, non di un museo all’aria aperta).
Il villaggio si estende lungo una diga fiancheggiata da un fossato attraversato da ponticelli a dorso d’asino. La maggior parte delle case sono in legno, di color verde o ricoperte di catrame, mentre le porte, le finestre e i frontoni sono incorniciati di bianco, secondo l’uso della regione dello Zaan; alcune costeggiano i canali secondari. Sulla cime dei frontoni si erge un piccolo ornamento di legno, il “makelaar”.
Visitiamo parecchie case e negozi, in particolare assistiamo alla trasformazione, con macchine pantografo, in meno di cinque minuti, di pezzi di legno fresco (pioppo o salice) in zoccoli che saranno poi messi ad asciugare per quasi un mese, e alla lavorazione del formaggio, entrambi prodotti tipici dello Zaanse.
Bellissimi anche i mulini intorno a noi.
Dio ha fatto la Terra, ma gli Olandesi hanno fatto l’Olanda. In parte è vero. L’uomo ha cambiato il corso dei fiumi, ha fermato e respinto il mare (e ci vuole una bella tempra per sconfiggere questo Mare del Nord), ha dovuto fabbricarsi un ambiente per sopravvivere. Perciò ha inventato le dighe sul Mare del Nord, ha condotto una guerra brutale e secolare contro i flutti, ha trasformato l’avventura incerta e primordiale in una esistenza ordinata e programmata.
Partiamo dallo Zaanse Schans alle 11.15 per raggiungere mezz’ora più tardi Edam, tranquilla ed affascinante cittadina attraversata da canali sui quali si affacciano ancora belle case del XVII secolo.
Edam è famosa per il suo formaggio preparato con latte leggermente scremato, molto simile al Gouda per la sua pasta tenera, ma differente per il suo sapore più secco e per la forma ben nota di una palla con crosta gialla (ricoperta da una pellicola rossa se il prodotto è destinato all’esportazione).
Poco prima delle 13 siamo a Volendam (sulla porta del ristorante “De koe” ci attende l’oste, all’interno ci servirà una giovanissima cameriera in costume locale).
Volendam, porto molto conosciuto dell’antico Zuiderzee, è diventato importante sito turistico da quando la costruzione, nel 1932, della grande diga di chiusura tra la costa frisona e l’antica isola Wieringen ha chiuso l’Ijsselmeer. La strada che percorre la cima della diga è un susseguirsi di negozi di souvenir; dietro la diga , ad un livello inferiore, pittoresche stradine strette si insinuano ancora tra le piccole case in mattoni con frontoni di legno. Nel primo pomeriggio raggiungiamo Marken, posta di fronte a Volendam, fino al 1957 un’isola a 2,5 km dalla costa, oggi collegata alla terraferma.
Marken, la cui popolazione è protestante, ha sempre costituito una comunità chiusa. Grazie alle sue case di legno, ha conservato un aspetto antico. Per proteggersi dall’acqua alta, le case sono raggruppate su piccole alture artificiali. Queste abitazioni, in genere di legno dipinto in verde scuro, hanno frontoni laterali leggermente in aggetto; alcune sono catramate e coperte di tegole.
Si riparte per Amsterdam; la cena è anticipata alle 19.00 in quanto alle 21.15, da un molo vicino alla Stazione Centrale, inizia la nostra crociera a lume di candela (Candlenight cruise) per i canali della città.
I tavolini sono apparecchiati con piatti ricolmi di formaggi di vario tipo, uva, wusterl, pane, uvetta, frutta secca (il tutto ricoperto con pellicola) e due bottiglie di vino (bianco e rosso). Se l’avessimo saputo, avremmo mangiato meno quella sera.
Le luci si spengono, si parte: rimane accesa solo una candela su ogni tavolino.
Passiamo di canale in canale, sotto parecchi ponti e tutti siamo soprattutto colpiti di vedere tutte le abitazioni illuminate, senza imposte, senza tapparelle, molte senza tende: si distinguono bene i luminosi interni, il bianco abbagliante e l’arredamento elegante che caratterizzano tantissime case di Amsterdam e che sembrano invitare i forestieri a condividere la loro allegra intimità.
================================================================= LA CASA OLANDESE La parte anteriore delle case è composta in genere da cinque piani sormontati da una travatura ricoperta di tegole ondulate; il pianterreno, o piano nobile, è rialzato rispetto al molo, poiché il seminterrato non poteva essere profondo. Ciò spiega la presenza di scalinate che sormontano l’accesso al seminterrato.
La facciata è generalmente stretta, perché le tasse locali erano calcolate in funzione della larghezza, inclinata in avanti per impedire che le casse sospese urtassero le finestre, e solitamente di mattoni, poiché la legge impose questo materiale verso la metà del XV secolo per limitare i rischi d’incendio. Larga in genere tre campate, la facciata ha subito nel corso dei secoli una notevole evoluzione dal punto di vista della decorazione, evidente in alcuni dettagli, quali il tipo di finestre e la forma del frontone. Il frontone, parte superiore della facciata, chiudeva il sottotetto, utilizzato come deposito, il che spiega la presenza del paranco che permetteva di issarvi le merci.
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La crociera finisce verso le 23 e pertanto non ci è possibile (l’autista del pullman deve fare un numero obbligatorio di ore di riposo), con la delusione di molti di noi, di visitare a piedi il famosissimo quartiere a luci rosse, parte integrante delle attrattive turistiche di Amsterdam (la legalizzazione delle droghe leggere è un fatto piuttosto recente, la prostituzione autorizzata è quasi antica quanto la città: nel Seicento, i pubblici ufficiali di pochi scrupoli radunavano bei gruzzoli grazie alle gestione dei postriboli).
Oggi le prostitute (circa 5000) hanno una regolare licenza, la loro salute viene controllata, il loro reddito sottoposto a verifica e tassato. L’affitto di una vetrina a luci rosse costa circa 150,00 Euro al giorno.
================================================================= ”Qui nessuno mi osserva, nessuno mi infastidisce” (Cartesio, 1631) Tolleranza è la ricetta della felicità di Amsterdam e dei Paesi Bassi: far buon viso a cattivo gioco, avere comprensione per i problemi degli altri, vivere e lasciar vivere, “verboden te verbieden” (vietato vietare). Qui la trasgressione rimane un culto, la provocazione una regola. “Piccolo Paese e grande Nazione, la più democratica che io conosca” disse De Gaulle.
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1 OTTOBRE La mattinata è dedicata alla visita del Museo di Van Gogh, tappa obbligata dei tour nella capitale olandese, situato in un edificio bianco di cemento dalla severa semplicità progettato nel 1963 dal modernista olandese Gerrit Rietveld.
Trattasi del museo con la maggior collezione esistente al mondo di opere di Vincent Van Gogh: più di 200 dipinti, tra i quali famosissimi capolavori che tutti abbiamo già visto nelle varie mostre di questo pittore, ma che tutti rivediamo con piacere.
http://www.Vangoghmuseum.Nl/ Raggiungibile con un sottopassaggio, dal 1999 è stato aggiunto un edificio in pietra grigia e superfici metalliche, opera dell’architetto giapponese Kurokawa, che la guida, Sarita, ci fa vedere dall’ultimo piano della prima costruzione. Per recarci al ristorante, dove è prenotato il pranzo, abbiamo l’opportunità di vedere la nuova Piazza dei Musei, sulla quale si affacciano, oltre al Van Gogh Museum, anche lo Stedelijk Museum (in ristrutturazione), il Rijksmuseum (importantissimo soprattutto per le opere di Rembrandt, di Hals e di Vermeer) e l’Auditorium (Concertgebouw).
================================================================= A volte, prima di entrare al concerto, mi è capitato di dare uno sguardo alla spianata che sta davanti al teatro, oltre la strada: nell’ultimo ancora lucido sole del tramonto, il verde stacca contro l’azzurro del cielo, si scontra con il rosso del vecchio Rijksmuseum e si accomoda accanto al bianco del nuovo Van Gogh in una pulizia irreale. Da Marta Morazzoni-La città del desiderio: Amsterdam ================================================================
Dopo aver attraversato la verde campagna olandese sotto la pioggia, alle 16 attraversiamo il confine tra i Paesi Bassi e il Belgio; subito notiamo i nuovi mulini a vento, le pale eoliche, numerose in tutti i paese del nord. Entriamo a Gand, dove il nostro autista ci condurrà con il pullman a meno di 500 metri dal centro storico per una breve visita, dato il tempo limitato.
Nonostante ciò, riusciamo a cogliere il fascino della città, con le belle facciate in pietra delle sue chiese, in particolare la Cattedrale di S.Bavone (purtroppo è già chiusa: all’interno avremmo potuto vedere una delle opere più importanti del Belgio, il polittico “L’adorazione dell’agnello mistico (1432) di Jan Van Eyck) e la chiesa di San Nicola. Bellissimi i palazzi delle corporazioni sul “Graslei”, la pittoresca strada che domina il fiume Leie proprio dove un tempo c’era il porto medioevale, il Municipio, uno dei più antichi e belli di tutto il Belgio, il Palazzo del Mercato dei tessuti e la Torre campanaria.
Arriviamo in serata a Bruxelles dove ceniamo e pernottiamo al Bedford Hotel di rue du Midi, a meno di cinque minuti dalla Grand Place, cuore della città: un’occasione unica per vedere la piazza illuminata e fare un giro nelle vie circostanti.
In una decina di persone usciamo, passiamo davanti al Manneken-Pis (Una leggenda vuole che nel XII secolo il figlio di un duca fosse colto mentre stava urinando contro un albero nel bel mezzo della battaglia. La statua divenne il simbolo del coraggio militare del Paese – Un’altra leggenda racconta di un bambino che avrebbe spento la miccia di una bomba che stava per esplodere davanti al municipio – Un’altra ancora che in quest’angolo ci fosse la casa di una strega che sorprendendo un bambino a far pipì lo impietrì all’istante) e, in pochi minuti, siamo nella Grand Place.
Subito ci colpiscono il Municipio con la sua guglia alta 96 metri, la Casa del Re, la Casa dei Duchi del Brabante, ma non ci sfuggono le cioccolaterie (sulla piazza Godiva e Neuhaus) e a poca distanza ne troviamo una ancora aperta dove facciamo acquisti.
Il cioccolato belga è considerato da molti il migliore del mondo: l’industria del cioccolato prese il via alla fine del secolo XIX grazie alle piantagioni di cacao africane del Congo belga.
2 OTTOBRE La guida Rudi ci raggiunge alle 9.00 in albergo e a piedi visitiamo il centro storico.
Dapprima il Manneken-Pis, il monumento più caro ai brussellesi, poi la statua giacente di Everard’t Serclaes che perse la vita per la difesa della città (si dice che toccare il suo braccio porti fortuna – tutti facciamo la coda per toccarlo). Arriviamo alla Grand Place, una delle più celebri piazze europee, dove Rudi ci segnala le più belle case: quella di Cornet (con un frontone a forma di fiocco di fregata-corporazione dei battellieri), quella del Re di Spagna (con il busto di Carlo II di Spagna al terzo piano e una figura danzante dorata sulla cupola ottagonale), quella del Piccione (residenza di esilio dello scrittore francese Victor Hugo), quella del Cigno (corporazione dei macellai), ecc. (le case della piazza sono una più bella dell’altra).
Rudi si ferma poi davanti ad una vetrina con diverse bottiglie di birra per raccontarci che il Belgio produce più birra di qualunque altro paese, in una varietà incredibile di stili e sapori: le fabbriche della nazione ne producono più di quattrocento diverse. All’inizio del 1900 ce n’erano in Belgio ancora tremila, oggi attive sono solo un centinaio. Arriviamo alle Galleria S.Uberto, la prima galleria commerciale d’Europa, inaugurata da Leopoldo I nel 1847, elegantissima, disegnata in stile neorinascimentale da Cluysenaar, il tetto di vetro a volta che copre entrambe le sezioni, quella del Re e quella della Regina, che ospitano una serie di negozi, librerie e caffè di lusso (qui c’è anche la cioccolateria Neuhaus dell’inventore della “pralina”).
Percorriamo poi la Via dei Macellai, che un tempo ospitava i venditori di carne e che oggi è conosciuta come la “pancia di Bruxelles” per i numerosi ristoranti che servono soprattutto pesce che viene esposto nelle vetrine su montagne di ghiaccio.
Saliti poi in pullman, continuiamo il giro per Bruxelles dirigendoci verso Laeken, con il grande parco creato nel 1850 da re Leopoldo II (detto il re “costruttore”) intorno al castello divenuto poi Residenza reale, con la villa Belvedere, attuale residenza dei sovrani, immersa nel verde, il castello di Stuyvenberg, le Serre reali, la riproduzione della fontana del Nettuno a Bologna, il Padiglione cinese (costruito da Leopoldo II per ospitare una importante collezione di porcellane), la Torre giapponese (in restauro) e l’Atomium, l’ardita costruzione eretta nel 1958 in occasione dell’Expo (la nebbia ci impedisce di vederlo in tutta la sua maestosità).
L’Atomium si compone di nove sfere d’acciaio, coperte d’alluminio, del diametro di m.18, collegate con tubi d’acciaio lunghi m.29 e del diametro di m.3; l’altezza è di m.100.
Rappresenta una molecola di cristallo di ferro ingrandita 165 miliardi di volte.
Ritornando verso il centro, passiamo davanti ad innumerevoli palazzi, sedi di musei, chiese, numerosi edifici della Comunità europea e il più bel palazzo Liberty di Bruxelles.
Dopo il pranzo al ristorante del Bedford Hotel, ci attende un lungo viaggio di trasferimento che ci porterà a Strasburgo, dove arriviamo alle 19.45, dopo una lunga sosta, per il riposo obbligato dell’autista, in una stazione di servizio in Lussemburgo.
3 OTTOBRE Mattinata dedicata alla visita di Strasburgo. Dapprima in pullman ci dirigiamo verso i quartieri di nord-est dove sono dislocati la Sede del Consiglio d’Europa, il Parlamento Europeo ed il Palazzo dei Diritti dell’Uomo (di Richard Rogers); attraversiamo poi il quartiere tedesco, ancora oggi raro esempio di architettura prussiana, ed in particolare Piazza della Repubblica, punto d’incontro tra la città vecchia e quella nuova, l’antica piazza imperiale con al centro un grande giardino circolare alberato. Alla nostra destra ci fermiamo davanti al Palazzo del Reno, l’antico palazzo imperiale (1883/88), per vedere successivamente, sulla stessa piazza, il Teatro nazionale e la Biblioteca. Più avanti la guida ci indica la Sinagoga della Pace prima di giungere vicino al centro storico. Proseguiamo a piedi attraversando l’Ill sul Ponte del Corvo dove ammiriamo sul fiume il lungo Palazzo della Vecchia Dogana, ex magazzino del commercio fluviale della città (ricordiamo che il Reno passa a pochi chilometri da Strasburgo) e le statue coloratissime rappresentanti la testa di giovani alsaziane con la loro tipica cuffia. Fermandoci nella bella Piazzetta del Mercato dei maialini da latte, davanti a tante case a graticcio, la guida ci spiega il significato dei disegni formati dalla diversa disposizione delle travature, del perché le case medesime si allargassero dal primo piano in su (artifizio per pagare meno tasse) e i tetti siano così spioventi e provvisti di finestrelle (non per la neve, ma perché servivano come magazzini per le merci). Siamo ora davanti alla Cattedrale di Notre Dame che deve molto del suo fascino all’arenaria rossa dei Vosgi con cui è stata costruita. Il portale centrale, sormontato da un magnifico rosone di 15 metri, è quello più riccamente decorato.
La guida ci racconta che all’epoca della Rivoluzione fu ordinato di abbattere tutte le statue: ne vennero distrutte duecentotrenta, mentre ad altre furono sostituite solo le teste .
L’orologio astronomico, grande curiosità dell’interno della cattedrale, è stato concepito da alcuni matematici e realizzato da orologiai svizzeri tra il 1550 e il 1574.
Alle 12.30 si può assistere ad una grande sfilata di personaggi nella nicchia in cima all’orologio, ma purtroppo noi a quell’ora avevamo la prenotazione per il pranzo. Ma la quintessenza di Strasburgo è la “Petite France”, dove si trova il Ristorante “Au Pont St.Martin”, una delle più caratteristiche case del quartiere che deve il suo nome all’ospedale costruito nel XVI secolo per i soldati di Francesco I che avevano portato dall’Italia il vaiolo o il “mal francese” (come sostengono altre guide). Ma la “Petite France” era soprattutto il quartiere dei pescatori, dei mugnai e dei conciatori.
Lungo uno dei canali della città, riccamente ornate di fiori, si specchiano numerose case a graticcio (che dopo pranzo avremo il piacere di vedere) risalenti alla fine del ‘500 o del ‘600: la più celebre è quella dei Conciatori edificata nel 1572.
Finalmente è apparso un bel sole, ma purtroppo il nostro giro in questo pittoresco angolo di Strasburgo è brevissimo in quanto dobbiamo prendere la strada del ritorno.
Per distrarci durante le lunghe ore di permanenza sul pullman, assistiamo alla proiezione di due film, alcuni attenti, altri appisolati ed altri ancora chiacchierando sottovoce.
Prima di giungere a Milano, la nostra capogruppo fa una breve sintesi del viaggio effettuato ringraziando tutti della partecipazione ed auspicando di ritrovarci insieme in un prossimo viaggio.
================================================================ Strasburgo? Una questione di feeling Visitare Strasburgo non significa solo immergersi in un’incredibile scenografia da cartolina postale, ma anche entrare in relazione con gli abitanti, molto più simpatici e aperti di quanto se ne dica. Gli Alsaziani sono stati segnati da molti secoli di invasioni e per questo hanno sviluppato un umorismo particolare, molto vicino a quello ebraico, che traduce nel contempo l’orrore della violenza e la ricerca d’identità. Quando chiederai un’informazione ad un passante o chiacchererai con il padrone di una taverna sentirai l’amore che gli abitanti provano per la loro città e il piacere che hanno a fartela scoprire.
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