Granada e Siviglia: perle andaluse
Prima di volare nella calda e vivace terra di Andalusia, in Spagna, lancio un paio di consigli per trascorrere al meglio le ore di avvicinamento alla partenza. Se infatti, come noi, l’aereo Easyjet per Granada da Milano Malpensa decolla il mattino presto, potete pernottare al Moxy hotel. La posizione a 200 metri dal Terminal 2, assieme gli ambienti moderni e insonorizzati, lo rendono ideale per il soggiorno di una notte. Noi ci siamo arrivati dopo aver trascorso un pomeriggio al vicino e nuovissimo centro commerciale ‘Il Centro’, ad Arese, ispirato alle antiche corti lombarde e perfetto da vivere anche con i più piccoli. Nostro figlio di quasi tre anni si è scatenato nell’area bimbi e nei tanti negozi di giocattoli.
GIOVEDI’ 7 MARZO
Dopo l’inciso ‘lombardo’ voliamo a GRANADA, dove atterriamo alle 10 del mattino. Il bus impiega circa 45 minuti per raggiungere la Gran Via de Colon, cuore cittadino, e il costo è di 3 euro a tratta. Il nostro albergo Granada five senses sorge a pochi passi dalla fermata di fronte alla Cattedrale. Hotel di design, offre camere semplici ma accoglienti, una colazione varia e ricca, una piscina sul tetto (chiusa d’inverno) e una spa di cui sfortunatamente non abbiamo avuto il tempo di usufruire.
La voglia di scoprire la città è moltissima e camminiamo entusiasti tra le piazze e le calle (strade) del nucleo storico affollate di bar, ristoranti, negozi, fino ad arrivare al cospetto della facciata principale della Cattedrale, su Plaza de las Pasiegas. L’esterno non impressiona, né per decorazioni, né per imponenza. L’edificio appare inglobato, quasi soffocato, dalle case circostanti e non può esprimere appieno la sua bellezza.
Incarna il simbolo della supremazia cristiana sull’impero mussulmano. Il 2 gennaio 1492 infatti si concluse la Riconquista, un periodo di ben 750 anni durante il quale si susseguirono sanguinose guerre, massacri e rivolte, e al termine del quale i re cristiani Ferdinando e Isabella espulsore l’ultimo governatore dei regni moreschi mussulmani, sancendo la vittoria della cristianità.
Finita nel XVIII secolo dopo decenni e decenni di lavori e interruzioni, la cattedrale è il frutto di un susseguirsi di stili e progetti. Così l’influenza rinascimentale si mischia all’opulenza delle decorazioni barocche della cappella maggiore, e tutto è esaltato dal candore delle volte e dei pilastri.
Accanto alla chiesa si ergono le linee gotiche della Cappella Reale. Nella cripta al suo interno sono custodite le tombe delle regine e dei re cattolici Ferdinando, Isabella, Giovanna la Pazza, Filippo il Bello e del piccolo Miguel.
Le entrate alle attrazioni sopra descritte sono compresi nella Granada Card, la carta turistica del costo di 40 euro, valida cinque giorni consecutivi dal momento dell’attivazione, e comprendente pure nove tratte sugli autobus cittadini. Si acquista facilmente su internet e subito si riceve una mail con l’allegato da stampare e mostrare agli ingressi. Per usufruire dei trasporti pubblici invece bisogna inserire un codice specifico in una delle macchinette che si trovano alle fermate degli autobus; in tal modo si ottengono delle tessere da vidimare sul mezzo a ogni salita. La Granada Card consente inoltre l’accesso alla famosissima Alhambra e in particolare ai Palazzi Nasridi, per i quali è obbligatorio scegliere un orario di accesso e i cui biglietti sono difficili da trovare sul sito, sebbene li si cerchi con ampio anticipo.
Il bus numero 8 ci conduce in periferia per scoprire il Monastero della Cartuja. Visto dal fuori niente lascia immaginare cosa nascondano le sue sale. La struttura appare spoglia, priva di decorazioni e quasi decadente. Poi pian piano si entra nel cortile selciato, si supera lo scalone, si accede al piccolo chiostro con tanto di siepi e piante di aranci e allora si comincia a intravedere la bellezza del luogo. La calma e la serenità trasmesse da questo spazio intimo e silenzioso sono un valore aggiunto, ma le ricchezze materiali sono ben celate dietro alle pareti lisce e bianche del colonnato e agli alti muri in pietra color ocra. Gli interni celebrano il trionfo dello stile barocco. Sculture in marmo, affreschi, dipinti, statue, decorazioni di ogni genere e colore riempiono ogni centimetro quadrato degli ambienti di culto. Gli ornamenti sono talmente fitti che gli occhi non riescono a focalizzarne i dettagli e ne rimangono abbagliati. Il tutto appare incredibile e meraviglioso.
Un secondo convento attende i visitatori, stavolta nel centro della città: sto parlando del Monastero di San Jeronimo. Il grande edificio si presenta possente ed elegante da qualunque prospettiva lo si guardi. L’ampio chiostro selciato pullula di pianticelle di aranci ben tenuti e disposti in file ordinate. Una serie di doppi e tripli loggiati si affacciano su di esso regalando raffinatezza a tale spazio, chiuso su un lato dalla possanza della chiesa. In quest’ultima le forme gotiche si concretizzano nelle splendide volte con costoloni e nell’altare slanciato verso il cielo.
Dopo tante meraviglie la fame si fa sentire e il bar Los Diamantes, in Calle Navas, consigliatoci in hotel, si rivela una buona scelta per riempire le pance di fritto di pesce e tapas. Preparatevi però a una gran folla perché questo locale è gettonatissimo e se sbagliate orario rischiate di rimanere a bocca asciutta. Noi, andandoci intorno alle diciannove, siamo riusciti a cenare senza troppe attese. In Spagna infatti si cena più tardi e l’orario di punta slitta verso le nove della sera.
VENERDI’ 8 MARZO
Finalmente è arrivato il giorno, per tanto tempo agognato, in cui esploreremo la magnifica Alhambra.
Questo Patrimonio UNESCO si formò nel corso dei secoli a partire dall’Alcazaba, ovvero un recinto fortificato con funzioni militari all’interno di una cittadina, esistente già nel IX secolo, e senza mai svilupparsi secondo un asse ben preciso. Raggiunse il massimo splendore alcuni secoli dopo con i regni di Yusuf I e del figlio Muhammad V, e man mano vennero inglobati e uniti fra loro palazzi e giardini.
La storia narra di Berberi nordafricani comandati da arabi che invasero la penisola spagnola, conquistandola, dando inizio alla fase di maggior splendore dell’islam andaluso. A seguito della sconfitta del califfato agli inizi del 1200 dall’unione tra castigliani, crociati, navarri e aragonesi, ci furono anni di instabilità, sino alla creazione del regno di Granada nel 1246 da parte di Muhammad ibn al-Ahmar ibn Nasr. Questi ebbe la saggezza di stringere un patto con i cristiani aristocratici e, dopo la prima fase di consolidamento del regno durante la quale venne completata la fortezza dell’Alcazaba, seguì un periodo di splendore. Era il 1300 e i forti influssi islamizzanti dettero vita ai meravigliosi Palazzi Nasridi, e vennero conclusi il Partal e il Generalife. Il destino non risparmiò la decadenza della dinastia, avvenuta nel XV secolo con la sconfitta nel 1492 da parte dei re cattolici Ferdinando e Isabella. In seguito per l’Alhambra si aprì l’epoca cristiana con la costruzione del Palazzo Carlo V, l’Alcazaba venne unita al resto del complesso colmando il burrone ed edificando una piazza, la Moschea Maggiore diventò la Chiesa di Santa Maria e si edificò un convento di francescani. Tuttavia i successivi periodi di guerre unitamente allo spostamento dell’interesse verso il nuovo continente segnarono di nuovo il futuro dell’Alhambra che fu abbandonata e dimenticata fino al XIX secolo, quando il romanticismo sensibilizzò gli animi di alcuni uomini per le bellezze del monumento.
Ciò che si visita oggi si può suddividere essenzialmente in quattro parti: l’Alcazaba, il Palazzo Carlo V, i Palazzi Nasridi e il Generalife.
L’Alcazaba è, come accennato prima, il nucleo originario del complesso e appare come una fortezza medievale. Merita salire in cima alle torri, in particolare quella della Vela, per ammirare il panorama sulla città sottostante, vedere il candore del quartiere Albaicin sulla collina di fronte, e abbracciare con la vista la grandezza del complesso in cui ci si trova.
Il vicino Palazzo Carlo V in stile rinascimentale appare come un quadrato monumentale, dalle linee pulite e imponenti, e incarna la volontà dei re cattolici di demolire l’eredità mussulmana. Al proprio interno si apre un cortile circolare con doppio colonnato e ospita il Museo delle Belle Arti, visitabile in dieci minuti. Non è infatti l’attrattiva dell’Alhambra.
Il Generalife è un tripudio di acqua, piante e fiori, ben integrato nei bianchi edifici. A dir la verità sembra che i palazzi si siano dovuti adattare alla natura e alla sfavillio delle fontane, e non il viceversa. Per arrivarci si superano l’auditorium e i lunghi giardini bassi sorvegliati dai cipressi. I regnanti lo utilizzavano come un rifugio dalla stressante vita di corte, con la comodità di non essere troppo distanti dalla stessa, nel caso fossero comparse delle urgenze da dover gestire. Qui si respiravano pace e serenità, e appena se ne varca la soglia si viene investiti dalla stessa sensazione di benessere vissuta dagli antichi abitanti. I sensi possono rilassarsi e sembra davvero di essere distanti da tutto e da tutti. I bassi padiglioni abbracciano i cortili dove gli zampilli d’acqua si combinano alle siepi e ai fiori, dando vita a meravigliosi parchi in stile ispano-musulmano. I portici e le colonne alleggeriscono e arieggiano l’intero complesso e, mentre si sale, la vista sull’Alhambra si apre maestosa. I gradini della scala dell’acqua affiancati dallo scorrere del vitale elemento conducono alla loggia romantica, punto più alto della visita, dal quale poi comincia la discesa verso l’uscita e al ritorno alla vita reale.
I Palazzi Nasridi sono la perla dell’Alhambra. Chiamati casa Reale Antica, comprendono tre nuclei, Mexuar, Comares, Leoni, e possono rappresentare di per sé il motivo di un viaggio a Granada. Gli ingressi (massimo 6000 al giorno) sono regolamentati dall’orario scelto in fase di prenotazione che non è possibile variare, perciò consiglio di esse puntuali altrimenti si rischia di non accedervi.
I Palazzi esprimono l’apice dell’espressione mudejar. Le colonne che sostengono le arcate finemente decorate sono talmente sottili da dare l’impressione di doversi spezzare, ma è proprio la loro finezza a regalare la percezione di leggerezza dello spazio. L’acqua anche qui è presente ovunque, rappresenta l’ospitalità e incarna l’elemento d’origine della vita. Secondo il Corano infatti il Paradiso è ‘un giardino attraverso il quale scorrono ruscelli’. Le decorazioni in gesso e marmo sono di una raffinatezza incredibile. I disegni si ripetono all’infinito, volendo raffigurare in tal modo uno spazio riempito dall’eternità, inoltre i particolari sono curati in uguale misura per non sopraffarsi a vicenda. E’ l’insieme quello che conta e non il singolo pezzo. Vedrete moltissimi mocarabes, ovvero gli elemento decorativi di varie forme e dimensioni che pendono dall’alto, imitando le stalattiti. Sono intrisi di significato simbolico religioso in quanto Maometto, in un episodio particolare del Corano, riuscì a salvarsi dai nemici rifugiandosi nella grotta di Hira, piena di tali formazioni calcaree. Infine la disposizione delle stanze cela uno studio approfondito della luce al fine di ricevere più sole d’inverno rispetto all’estate.
Fra le varie parti della residenza il Patio de los Arrayanes (cortile dei mirti), Salone degli Ambasciatori e il Cortile dei leoni sono a mio parere le parti che raggiungono lo splendore estremo. Hanno la capacità di commuovere ed entusiasmare allo stesso tempo, e di far materializzare davanti ai nostri occhi principi e ancelle grazie al loro impatto emozionale e visivo. Nel primo ambiente l’acqua è utilizzata come specchio, nella vasca centrale infatti si riflette la sagoma del palazzo che fluttua tra le increspature della superficie, impalpabile eppure così reale. Un tale utilizzo dell’acqua verrà ripetuto molti anni dopo nella costruzione del famosissimo Taj Mahal in India.
Se a un certo punto della visita penserete di non poter ammirare qualcosa che superi in bellezza e leggiadria le sale appena attraversate, verrete smentiti entrando nel Salone degli Ambasciatori, nucleo del potere nasride. Qui dominano i mosaici e il colore dorato, e i vetri colorati riempiono di una luce fantastica lo spazio. Il soffitto poi è un capolavoro di artigianato con i suoi 8017 pezzi di legno di cedro incastrati fra loro. Centro dell’abitazione privata del Sultano è invece il Cortile dei leoni con la fontana sorretta dalle statue,12 per la precisione, di questo felino. Una selva di colonne circonda lo spazio centrale, creando la sensazione di trovarsi in una foresta incantata.
Come avrete capito dalle descrizioni, visitare l’Alhambra è un’esperienza unica, pazzesca e inimitabile che ognuno di noi una volta nella vita dovrebbe potersi concedere.
C’è ancora tempo prima della cena e un’altra attrazione compresa nella Granada Card che vogliamo visitare. Si tratta del Museo della Scienza, raggiungibile in circa dieci minuti con gli autobus numero 11 o 21 direttamente dal centro.
La struttura è moderna e costruita per soddisfare la curiosità dei bambini e per stimolare le menti degli adulti. Classiche sale espositive e sperimentali a parte, ci colpisce l’ampio spazio esterno ricco di alberi e distese verdi. C’è un percorso botanico, un frantoio per le olive, un lago con divertenti sculture dinamiche, un giardino astronomico, un parco giochi intelligente e una torre di osservazione. Molto interessante la casa delle farfalle e l’edificio col pendolo di Foucault dove pannelli interattivi istruiscono le persone sul fragile equilibrio del pianeta.
La chicca del parco è, a mio parere, il Biodomo. Vi si accede pagando un piccolo supplemento ma ne vale la pena. Si è proiettati nell’ecosistema della foresta tropicale e si possono osservare molte specie animali fra cui i lemuri, il bradipo e le tartarughe.
Una cena veloce al Burger King in centro per la gioia di nostro figlio e poi un’altra serata in giro per la città, con tappa in uno dei tanti baretti per uno spuntino a base di croquetas (crocchette) con besciamella e prosciutto. Tanti giovani e gente per le strade fino a tarda sera nonostante le temperature scendano di molto durante la notte. Questa è Granada, questa è la vivacità andalusa.
SABATO 9 MARZO
Questa mattina ci attende l’autobus per SIVIGLIA, con partenza alle 10 e arrivo alle 13 dopo oltre 200 chilometri di autostrada in un paesaggio da prima collinare e poi completamente piatto, riempito da infinite piantagioni di ulivi e campi coltivati. Il contesto è piuttosto brullo, arido, ma ha comunque un suo fascino, e le tre ore di viaggio passano in fretta.
L’albergo scelto dista nemmeno dieci minuti a piedi dalla stazione di arrivo Prado San Sebastian e spicca nel quartiere di Nervion: è l’hotel Sevilla Center. Essendo un po’ fuori dal centro ed avendo un bimbo piccolo per comodità includiamo la mezza pensione. Ovviamente se vi spostate in coppia non consiglio tale soluzione perché i locali tipici nel Barrio Santa Cruz sono davvero moltissimi e invitano a entrare per gustare le specialità del posto.
Sbrigate velocemente le formalità del check-in saliamo sul comodo e unico tram elettrificato che collega la zona d’affari al centro storico, al costo di 1,40 euro a tratta. L’alternativa è di camminare per circa 20 minuti, troppi per la nostra brama di conoscere le bellezze della capitale dell’Andalusia.
Non appena le porte del mezzo si aprono rimaniamo letteralmente a bocca aperta. A differenza di quella di Granada, la cattedrale compare elegante, imponente e meravigliosa al centro della piazza. Si può girarle attorno per ammirarla da moltissime angolazioni, sempre diverse e affascinanti, ed è emozionante fermarsi ai piedi della Torre della Giralda col naso all’insù per riempirsi gli occhi della sua bellezza. Un tempo era un minareto, mentre oggi è il campanile della cattedrale. Quest’ultima è stata costruita sulle macerie di una moschea a partire dal XV secolo e i lavori terminarono alla fine del XVIII secolo. Si tratta di uno dei complessi gotici religiosi più grandi al mondo. In effetti colpisce per le dimensioni, e non solo per il tripudio di archi, guglie, torrette, vetrate, decorazioni che contraddistinguono tale stile architettonico.
Si accede pagando un biglietto di 9 euro comprendente pure la salita alla Giralda, la visita al patio degli aranci e alla vicina chiesa del Salvador. Stavolta niente carte turistiche, sarebbero sconvenienti per ciò che vogliamo visitare, e inoltre non vi sono né lunghe code e nemmeno l’obbligo di prenotazione.
Se l’esterno non lascia indifferenti, l’interno ammalia grazie all’elevazione dei pilastri nervati dai quali si diramano i costoloni che sostengono gli archi e le volte fittamente decorate. Sotto di esse si rivelano i gioielli della cattedrale: il meraviglioso altare maggiore, il coro e il retrocoro ornato di sculture, i dipinti e le cappelle, gli organi, le sagrestie e una tomba sorretta da quattro sculture in pietra. Quest’ultima è l’attrattiva più fotografata del complesso in quanto conserva i resti, sebbene non l’intero scheletro, dell’esploratore Cristoforo Colombo, provati con un esame del dna nel 2006.
Alla sommità della Giralda si arriva superando una serie infinita di rampe in salita che seguono la pianta quadrata della torre, non vi sono scale infatti, eccezion fatta per una manciata di gradini nel tratto finale per accedere al terrazzo sotto le grandi campane. Da qui si schiude una vista incredibile su Siviglia.
Ultima attrazione è il patio degli aranci dal quale si possono scattare delle magnifiche foto artistiche sulla Giralda e sulla porzione esterna, settentrionale, del complesso religioso, con un tocco dell’arancione dei frutti più diffusi in Andalusia.
Una volta usciti dalla cattedrale si viene nuovamente gettati nell’allegra confusione cittadina. Nessuno a fretta, d’altronde il clima caldo annulla ogni tentativo di affanno, eppure per le vie c’è molta vita, tanti giovani e visitatori, qualche ballerina di flamenco si esibisce per strada, si ascoltano musiche spagnole provenire dai bar e i venditori dei biglietti della lotteria emettono urla acute. C’è caos, però è un caos rilassato e non stressante come quello di Milano, per intenderci.
Tra un tavolino stracolmo di tapas e l’altro ci ritroviamo senza accorgercene alla Plaza de Toros, o teatro della Maestranza. Come avrete intuito si tratta dell’arena dove si tengono le corride. Il basso edificio circolare alterna il bianco al colore ocra e si mescola alle abitazioni circostanti. E’ possibile visitarlo ma a noi non interessa proprio, così puntiamo alle rive del canale Siviglia-Bonanza, le cui acque derivano dal Guadalquivir, e da dove la Torre dell’Oro ci fa l’occhiolino. Eretta nel XIII secolo dai mussulmani come elemento del complesso difensivo, oggi ospita un piccolo eppure interessante museo navale e le sue pietre si riflettono nelle onde del fiume. Vi si accede per soli 3 euro e sebbene non sia particolarmente alta, poco più di 30 metri, la cima offre una vista alternativa sulla città e verso il quartiere Triana sull’altra riva del canale.
La sera, dopo l’abbondante cena a buffet in albergo, è dedicata alla scoperta di una Siviglia illuminata dalle luci dei lampioni. Plaza de Espana è la prima a farci emozionare e innamorare di lei.
Un edificio semicircolare chiude un incredibile spazio progettato dall’Architetto Annibale Gonzalez e realizzato tra il 1914 e il 1928. La piazza fu inaugurata in occasione dell’Esposizione Iberoamericana del 1929. E’ impossibile non farsi catturare da questo importante monumento sivigliano che ricorda un po’ Venezia, per via del canale lungo 515 metri e dei 4 decoratissimi ponti simboleggianti gli altrettanti antichi regni di Spagna. Due alte torri delimitano l’edificio che si sviluppa come un abbraccio alle colonie spagnole e guarda verso il Guadalquivir, via d’accesso al mare e verso il nuovo continente.
Plaza de Espana si ispira allo stile rinascimentale e barocco, è decorata con marmo, ceramiche, mattoni a vista e sfoggia un lunghissimo porticato sorretto da sottili colonne. Ai muri sottostanti si addossano delle panche separate da 48 spazi, quante sono le province spagnole. Le pareti sono adornate con piastrelle colorate che narrano dei momenti storici delle provincie di Spagna e sul pavimento compaiono delle mappe.
Se questa piazza vi sembra di averla già vista, sebbene non abbiate mai visitato Siviglia, non siete in errore. E’ infatti comparsa in alcuni film famosi come Lawrence d’Arabia e Star Wars Episodio II-l’attacco dei cloni.
E’ difficile abbandonare una tale visione, ma la movida spagnola di Barrio Santa Cruz ci attende. Lo raggiungiamo con una piacevole passeggiata e non appena ci infiliamo fra il suo intrico di stradine veniamo fagocitati da una marea di persone allegre, gremite fuori dai bar caratteristici, sedute ai tavolini all’esterno dei ristoranti, o in giro a zonzo come noi senza una meta precisa. Ci sono tanti, tantissimi giovani: Siviglia è una città viva ed entusiasta della vita e questo quartiere, tra tapas e alberi di arance amare, ne è il simbolo. E’ piacevole perdersi tra gli edifici bianchi, guardare all’interno in legno dei locali tipici dove i prosciutti appesi sono un must, sbirciare attraverso una finestra e vedere un anziano che legge il giornale nel salotto di casa. Turisti e gente del posto si mischiano, condividono le serata e la stessa e unica bellezza del luogo, adagiato ai piedi della Giralda e di una magnifica cattedrale illuminate.
E’ già mezzanotte ma a Siviglia la festa sembra appena iniziata. Noi però cominciamo ad accusare un po’ di stanchezza e per concludere la serata ammiriamo le abitazioni su Plaza de San Francisco per poi arrivare in Plaza Nueva dove salire sul tram e raggiungere il meritato riposo in albergo.
DOMENICA 10 MARZO
L’intera giornata dedicata alla capitale dell’Andalusia comincia con un giro nella parte storica ancora inesplorata. Da Plaza San Francisco partiamo alla scoperta di viuzze un po’ meno turistiche, non caratteristiche come quelle del Barrio Santa Cruz ma comunque gradevoli da percorrere. Le piazzette non mancano neppure qui, così come le chiese. Una su tutte è quella del Salvador, un capolavoro barocco che esalta il culto della Madonna con altari e decori sfarzosi in modo quasi ostentato. D’altronde anche questa è la Spagna, un popolo molto credente e ligio alle cerimonie religiose.
Più avanti il moderno edificio del Metropol Parasol compare un po’ ingombrante a fare ombra su Plaza Encarnacion. Ideato dall’architetto tedesco Jurgen Mayer e concluso nel 2011, è entrato a far parte con pieno diritto nella lista delle attrazioni cittadine. La costruzione somiglia a dei grandi alberi le cui chiome si aprono a ombrello per riparare dall’acqua e soprattutto dal sole lo spazio sopraelevato sottostante, usufruibile da grandi e pure dai più piccoli grazie a un piccolo parco giochi. Al di sotto si nascondono dei resti archeologici, un mercato e altri spazi commerciali. Realizzata in legno di colore chiaro, nella parte superiore ospita una passerella da cui godere di una vista sulla parte vecchia di Siviglia. Se pur non paragonabile al panorama dalla Giralda merita una puntatina.
Tornati in zona cattedrale i nostri occhi sono attratti dalle mura del Real Alcazar. Solo una breve coda (e 9,50 euro di biglietto) ci separa dai giardini del Principe, primo spazio del complesso. Quando mettiamo piede tra le siepi curate e davanti a noi si apre il signorile Patio de la Monteria, la curiosità di scoprire cosa celano i palazzi esplode all’ennesima potenza.
Il Real Alcazar è suddiviso in diverse aree, contraddistinte in taluni casi da un proprio stile architettonico, mentre altre mischiano lo stile mudejar agli influssi rinascimentali e barocchi. Si potrebbe pensare a una gran confusione, eppure gli ambienti si fondono bene gli uni accanto agli altri, tra loro si armonizzano e si esaltano. La costruzione iniziò nel X secolo su volere dell’allora Califfo di Cordoba, nel 1248 il territorio fu conquistato dai Castigliani che trasferirono qui la residenza reale e il fulcro politico, e da quel momento in poi vennero innalzati nuovi palazzi e creati nuovi spazi giunti fino a oggi.
Si ammirano così il Palazzo Gotico, la Casa del Asistente, la Casa de la Contratacion, il Palzzo del Yeso. Il gioiello del complesso è però il Palazzo del Rey Don Pedro, in piena estetica mudejar. Ne fa parte l’incantevole Patio de las Doncellas che ci ricorda molto l’Alhambra di Granada, così come le sale sviluppatesi nel suo intorno. Il nome ‘cortile delle fanciulle’ deriva da una leggenda seconda la quale i mussulmani abitanti della regione di al-Andalus reclamavano ogni anno dai regni cristiani spagnoli 100 vergini.
L’altro pezzo forte del Real Alcazar è il giardino: immenso, disseminato di aranci, palme, fontane e laghetti. E’ impreziosito dal bel porticato rialzato detto Galleria delle Grottesche e dal Padiglione Carlos V. Non manca neppure un labirinto. Merita trascorrervi un intero pomeriggio, sorseggiando una bibita fresca nella caffetteria del parco, riposando e passeggiando senza fretta sino all’orario di chiusura, proprio come abbiamo fatto noi.
E dopo la cena ripetiamo un giro a piedi per la città, per imprimerci nella mente le bellezze di Siviglia illuminate dalle luci calde e tenui dei lampioni.
LUNEDI’ 11 MARZO
La mattina della terza giornata a Siviglia siamo curiosi di ammirare Plaza de Espana sotto gli abbaglianti raggi del sole. Se infatti le incursioni notturne ci hanno regalato scorci romantici, adesso vogliamo conoscere la vivacità del giorno. Appena varcati i cancelli scopriamo che la bellezza della piazza non è per nulla diminuita, ma soltanto cambiata, complice pure la presenza di molte persone. Turisti e abitanti, entrambi a passo lento, attraversano l’enorme spazio al centro del quale esplodono gli spruzzi della fontana. Per la gioia dei bambini, compreso il nostro, una ragazza crea delle grandi bolle di sapone offrendo la possibilità di scattare delle fotografie uniche e divertenti. Vi sono poliziotti su purosangue, carrozze trainate dai cavalli, bancarelle coloratissime con giochi e ombrellini per ripararsi dall’esagerato calore del sole (il termometro segna già 30 gradi). Barchette a remi navigano pigre nel canale, mentre sui punti e nella lunghissima loggia si affollano schiere di scolaresche.
L’antistante Parco Maria Luisa offre riparo dalla calura nei suoi viali riparati da piante altissime. Tra fontane, vasche, cascatelle, sculture, musei e il Padiglione Reale è piacevole trascorrere un paio d’ore distanti dal rumore delle auto e dalla calca dei turisti. Costruito nel 1849 su volere del duca di Montpellier, nel 1893 la moglie Maria Luisa di Borbone lo donò alla città. Iniziò un lungo periodo di degrado e abbandono, conclusosi solo nel 1929 quando in occasione dell’Esposizione Iberoamericana subì l’importante opera di restauro grazie alla quale si è mantenuto sino a oggi.
Il Paseo de Las Delicias divide il parco dagli omonimi giardini in riva al canale Siviglia-Bonanza. Sulle sue sponde è stato costruito l’acquario, piccolo, direi a misura di bambino. Non è certo una delle attrazioni principali della città ma se viaggiate con figli al seguito può essere interessante visitarlo. Leonardo si è divertito molto a seguire con gli occhi le tartarughe e gli squali che nuotavano nella grande vasca attraversata da un breve tunnel pedonale.
Alle 14:30 saliamo sull’autobus, alla stazione Prado San Sebastian, con destinazione Granada, e dopo tre ore di tranquillo viaggio in autostrada eccoci di nuovo sulla Gran via de Colon.
Stavolta alloggiamo all’hotel Eurostars Catedral, proprio di fianco alla cattedrale, sfruttando una super offerta dell’ultimo minuto presente sul sito della catena Eurostars. La struttura è elegante, le camere sono ampie e la posizione è eccezionale, si tratta di un quattro stelle ben meritate ed è molto più confortevole del Granada five senses.
Per la cena dobbiamo accontentare nostro figlio, gran divoratore di pizza, perciò raggiungiamo il ristorante Pizzametro distante 600 metri dall’albergo. Lo so, essendo in Spagna non si dovrebbe frequentare locali italiani, tuttavia quando si viaggia con bambini piccoli vi assicuro che rappresentano la salvezza! Il proprietario napoletano ci fa sentire a casa e la pizza nel forno a legno è davvero buona, così come il conto, onesto.
Le luci e il movimento del quartiere Albaicin sembrano attendere proprio noi. Così, dopo aver ammirato le fontane nei Giardini del Trionfo, davanti all’ospedale Reale, ci tuffiamo tra le vie brulicanti di persone del posto. Si tratta di una delle zone più autentiche di Granada, costruite sui fianchi della collina di fronte all’Alhambra, ed è perciò assolutamente da visitare perché serve a comporre il quadro perfetto di una visita in questa città. Dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, mischia l’antico stilo arabo, mudejar, a costruzioni più recenti. Sebbene molte vie siano aperte alla circolazione e vi transitino auto e motorino, sembra non interessare a nessuno. Tutti stanno per strada, camminano, fanno comunella, bambini e cani giocano e corrono senza problemi.
Procedendo in direzione della cattedrale il quartiere diviene via via più turistico e si passeggia tra due ali di botteghe piene zeppe di souvenir che riescono a esprimere ugualmente qualcosa di caratteristico. Ci sono pure bar, ristoranti e locali dove si può fumare con il narghilè. Si sente parlare solo arabo, turisti a parte, e si ha la sensazione di essere stati teletrasportati in Marocco.
MARTEDI’ 12 MARZO
Ultimo giorno in terra andalusa addolcito dalla deliziosa colazione in albergo e segnato da un pizzico di malinconia per il rientro in Italia del pomeriggio. Vogliamo salutare Granada ammirando il simbolo di questa meravigliosa città dal Mirador San Nicolas, nel cuore dell’Albaicin. Se in Italia esiste il detto ‘tutte le strade portano a Roma’, qui tutte le calle del caratteristico quartiere arabo conducono alla terrazza con vista spettacolare sull’Alhambra. La salita è piacevole, all’ombra delle basse case bianche, fra stretti vicoli, scalinate, piazzetta dove si trovano ancora fontane che sputano acqua fresca. Quando le porte delle abitazioni vengono aperte è possibile intravedere cortili pieni di alberi, fiori e terrazzini in ferro battuto. Una volta in cima gli occhi vengono letteralmente catturati dalla collina verdeggiante sopra cui si incastonano le torri e i palazzi di uno dei complessi architettonici più visitati al mondo, il tutto reso ancora più fascinoso dalle cime innevate della Sierra Nevada sullo sfondo.
Ancora due passi tra le vie attorno alla cattedrale e uno sguardo alle vetrine dei negozi: fatichiamo proprio ad andarcene.
Lì vicino il Palazzo della Madraza, di fronte alla Cappella Reale, ci invita a entrare. I due euro del prezzo d’ingresso sono spesi benissimo. Nel XVI secolo vi si riunivano i Cavalieri per governare la città e l’importanza del posto è celebrata dall’incredibile soffitto in legno del Salone. Lo stile artistico del mudejar si mischia a quello rinascimentale e al gotico, dando vita a una sorta di puzzle di intagli e pitture. L’ambiente si trova al primo piano della parte barocca del palazzo che si sviluppa attorno a un patio, e accanto al quale al pian terreno si conserva l’unica testimonianza dell’edificio islamico del XIV secolo: la sala di preghiera. Le sue splendide decorazioni in gesso, floreali e le iscrizioni del Corano, ricordano l’Alhambra. Il Mihrab, elemento architettonico per dirigere la preghiera verso la Mecca, presenta decori dorati e con conchiglie davvero splendidi.
Con quest’ultima immagine salutiamo Granada e l’Andalusia, lasciandoci alle spalle un viaggio che si è rivelato al di sopra delle nostre aspettative e serbando nel cuore i ricordi di giornate emozionanti e meravigliose.